APhEx 11, 2015 (ed. Vera Tripodi) Ricevuto il: 27/10/2014 Accettato il: 23/12//2014 Redattori: Claudio Calosi & Pierluigi Graziani N°11 GENNAIO L e t t u r e 2015 C r i t i c h e Carola Barbero, Filosofia della letteratura, Roma, Carocci, 2013, pp.128. di Micaela Latini Quando, nel 1774 uscì in Germania il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther una tragica ondata di suicidi emulativi dell’eroe si abbatté sulla sensibile popolazione di giovani lettori tedeschi. Per questa ragione ben presto al successo riscontrato dall’opera di Goethe si associò un acceso dibattito sulla moralità del Werther o di Werther: se alcune letture condannavano in tronco il suicidio dell’eroe, altri autori si schierarono subito dalla parte dello spessore culturale del romanzo. Alcuni illustri lettori che presero parte alla querelle – come ad esempio lo scrittore lettone Jakob Michael Reinhold Lenz [1775] – ribadirono nei loro testi la necessità di tracciare una netta linea di Periodico On-line / ISSN 2036-9972 M. Latini – Lettura Critica di Barbero, Filosofia della letteratura demarcazione tra l’etica e l’estetica del Werther, tra il valore letterario del romanzo (la sua estetica) più incendiario della letteratura tedesca e il messaggio morale che sembra voler veicolare (una presunta esaltazione del suicidio). Parto da questo esempio paradigmatico per introdurre alcune questioni centrali del lavoro di Carola Barbero, dal titolo Filosofia della letteratura, ed edito per la casa editrice Carocci di Roma nel 2013. Uno dei punti fondamentali toccati da questo studio riguarda infatti proprio la connessione tra etica ed estetica letteraria. La letteratura deve comunicare valori morali? È questa solo una delle tante questioni affrontate in questo bel libro, un interrogativo che si intreccia con altri importanti nodi problematici. Se la letteratura è falsa, quale diritto ha di incidere sulla vita? Ma siamo sicuri che la letteratura sia falsa? E come deve essere interpretato quello strano processo di empatia (o persino di emulazione) che spinge il lettore a identificarsi con il protagonista dell’opera appena letta, a soffrire per i suoi dolori, a gioire delle sue felicità? Non è allora forse patologico provare delle emozioni vere per delle figure fittizie, ad esempio piangere per Anna Karenina, simpatizzare per Ottilia nelle Affinità elettive di Goethe, o anche detestare Francesco Moor nei Masnadieri di Schiller? Perché, ancora e in altre parole, seguiamo con tanta partecipazione la narrazione di eventi che sappiamo essere frutto di invenzione? La risposta di Barbero è significativa: «una delle cose che l’arte ci permette di fare è esplorare modi di pensare, di comportarsi e di vedere il mondo molto diversi rispetto a quelli che solitamente adottiamo. In questo senso le opere letterarie che trasmettono valori morali problematici possono contribuire in maniera maggiore rispetto ad altre opere ad aumentare la nostra conoscenza e comprensione. Lungi dall'avere un valore artistico inferiore, le opere d'arte immorali potrebbero essere Periodico On-line / ISSN 2036-9972 M. Latini – Lettura Critica di Barbero, Filosofia della letteratura considerate come di valore maggiore (…) proprio perché consentono al lettore di mettere momentaneamente tra parentesi le sue certezze e di esplorare quell'altra metà del cielo che, per varie ragioni, è bene lasciare in ombra nella vita di tutti i giorni » (ivi, p. 111). Una posizione, questa, che considera con attenzione quel senso della possibilità così caro a Robert Musil nell’Uomo senza qualità che può essere definito come «la capacità di pensare a tutto ciò che potrebbe essere e di non considerare ciò che è più importante di ciò che non è» (vedi Musil 1930-33, p. 42). La riflessione portata avanti da Barbero in questo suo studio prende le mosse da una rassegna dei princìpi e degli assunti che sono a fondamento delle opere letterarie. Sin da subito, l’autrice rivendica il diritto alla parzialità del suo libro, che si schiera sul versante di un’ottica estetologica, benché distante dagli scenari aperti negli anni Novanta in Italia da Emilio Garroni [1996], e successivamente esplorati dai suoi allievi Giuseppe Di Giacomo [1999] e Paolo D’Angelo [2013]. Emilio Garroni aveva infatti riconosciuto alla letteratura un’istanza non eludibile di definizioni, che tuttavia non può e non deve essere soddisfatta in termini definitori. L’autrice predilige qui invece un approccio dichiaratamente orientato verso la filosofia analitica, che adotta metodi e che si pone obiettivi nettamente distinti da quelli chiamati in causa in una prospettiva tipica della critica letteraria. Per questa ragione Barbero dedica il primo capitolo del suo libro a definire le colonne d’Ercole all’interno delle quali si muove la sua indagine, e a tentare di illuminare da questa visuale il rapporto tra filosofia e letteratura. Una sfida niente affatto facile oggi che la questione della narrazione è venuta a occupare una posizione di primo piano nella riflessione filosofica. A partire dal binomio filosofia e letteratura si è infatti delineatala strada del decostruzionismo o anche quella che Periodico On-line / ISSN 2036-9972 M. Latini – Lettura Critica di Barbero, Filosofia della letteratura conduce al post-strutturalismo, entrambe intente a trasformare la filosofia in letteratura, e a contrapporre quest’ultima alla verità (vedi Cavell 1979; Derrida 1967; Rorty 1979). Secondo questa lettura la letteratura costituisce un comportamento artistico il cui fine è imitare la realtà nella finzione. Vi è però anche una terza possibilità che consiste nel considerare la distinzione originale tra filosofia e letteratura, e nel trattare la filosofia della letteratura alla stregua di altre filosofie (vedi, ad esempio: Ferraris 1986; Lamarque 2009). In questo senso Barbero inserisce la filosofia della letteratura all’interno del sottoinsieme delle teorie dell’arte, e lo fa seguendo la lezione di Aristotele e poi di Hegel. Dipanando una lunga serie di ragionamenti, il libro prende in esame le diverse definizioni di letteratura, per tentare di enucleare quelle proprietà che valgono come essenziali di un’opera letteraria, e quindi di definirla. Barbero, che dimostra negli snodi argomentativi di questo libro di conoscere perfettamente il dibattito della filosofia analitica degli ultimi quarant’anni ricorda soprattutto la posizione di John Searle [1975] circa la categoria della finzione e la posizione “allografica” di Nelson Goodman [1968]. Vengono così ripercorsi in queste pagine (pp. 14-21 e pp. 51-53) i momenti più significativi di incontro, confronto, scontro tra filosofia e letteratura. Ma Barbero tratta anche il tema cruciale dell’esperienza estetica, dalle posizioni classiche di Kant ed Hegel fino a quelle di Peter Lamarque, Stein Haugom Olsen e Robert Stecker. Il secondo capitolo del libro viene invece dedicato ad analizzare il rapporto che vige tra autore e lettore, tracciando anche i profili caratteristici essenziali delle due figure. In questo quadro Barbero indaga la connessione tra opera e intenzione, e si sofferma sul sottile legame tra l’opera, il contesto in cui è stata creata, e quello in cui viene recepita e interpretata. Vengono così passate in rassegna posizioni come quelle della cosiddetta Periodico On-line / ISSN 2036-9972 M. Latini – Lettura Critica di Barbero, Filosofia della letteratura Scuola di Costanza (Hans Robert Jauss e Wolfgang Iser), di Umberto Eco, di Gérard Genette e di Eric D. Hirsch. Ma il testo non manca di considerare anche la tesi di Arthur C. Danto, per cui le intenzioni dell’autore reale sono di scarso rilievo per interpretare l’opera, dal momento che questa viene considerata semplicemente il punto di partenza per il libero corso delle interpretazioni, che devono comunque rispettare criteri minimi di plausibilità, leggibilità e interesse. Nel terzo capitolo del suo libro Barbero si sofferma ad esaminare gli oggetti della letteratura, partendo proprio dalla domanda metafisica “che tipo di cose sono le opere letterarie?”, e come vengono create. A tale questione si collega la domanda sullo statuto ontologico-metafisico dei personaggi, in quanto entità create nelle opere letterarie. È sbagliato – si chiede l’autrice – riferirsi a Madame Bovary o ad Anna Karenina come se si trattasse di persone vere, attribuendo loro stati d’animo? E siamo sicuri che questi personaggi non esistano? Forse esistono proprio in quello spazio utopico di incontro in cui autore e lettore si confrontano, e forse le possibilità che sono narrate sono del mondo pur non essendo nel mondo. Al centro del quarto capitolo è invece una riflessione su alcuni paradossi della letteratura come finzione. Rafforzando le sue argomentazioni con riferimenti a Colin Radford (allievo di Gilbert Ryle a Oxford), Jerrold Levinson (noto soprattutto per i suoi studi di estetica musicale) e Noël Carroll (di cui sono degni di noti i contributi alla filosofia del cinema in chiave analitica), Barbero s’interroga in queste pagine sulla legittimità del provare emozioni per eventi rappresentati in un testo che sappiamo essere frutto di immaginazione. Siamo sicuri che queste emozioni possano essere intese come vere, pur essendo scaturite dalla finzione? Qui Barbero considera due posizioni Periodico On-line / ISSN 2036-9972 M. Latini – Lettura Critica di Barbero, Filosofia della letteratura esemplarmente divergenti: se infatti in Italia Maurizio Ferraris confida nella realtà di queste emozioni [2012], l’autore statunitense Kendall Walton [1990] invece le riconduce all’ambito della finzione. Nel quinto capitolo viene affrontata la questione del valore della letteratura, ossia, in ultima analisi, quello dei requisiti a cui un’opera letteraria deve ottemperare per essere considerata tale. Di particolare rilievo appare l’analisi della disputa tra i cosiddetti cognitivisti (da Catherine Wilson a Martha Nussbaum) ˗ ossia coloro che ritengono che la letteratura possa aprire le porte a una qualche forma di conoscenza concernente delle verità generali sul mondo ˗ e i cosiddetti anticognitivisti (come Jerome Stolnitz o Terry Diffey) ˗ per i quali le espressioni artistiche non sarebbero in grado di comunicare verità sul mondo paragonabili a quelle offerte dalla conoscenza scientifica. Il libro di Barbero, che tra l’altro vanta una scrittura di non comune chiarezza, presenta analisi puntuali e spunti di discussione interessanti anche per un lettore non specializzato. Ma soprattutto credo che il valore di questo volume sia da rintracciare nella profondità delle questioni evocate, in quell’incalzare di domande filosofiche, che – come in un’azione parallela di musiliana memoria – fa emergere nodi concettuali anche di ambito letterario, e comunque artistico, eludendo così i problemi in cui alcune recenti teorie della finzione si imbattono. BIBLIOGRAFIA Cavell S. (1979), The Claim of Reason: Wittgenstein, Skepticism, Morality, and Tragedy, Oxford University Press, Oxford. Tr. it. di B. Agnese e D. Sparti Periodico On-line / ISSN 2036-9972 M. Latini – Lettura Critica di Barbero, Filosofia della letteratura (2001), La riscoperta dell'ordinario: la filosofia, lo scetticismo, il tragico, Carocci, Roma. Derrida J.(1967), L'écriture et la différence, Éditions du Seuil, Paris. 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