Capitolo 9 - Il consumo nell’infanzia e nell’adolescenza PER SAPERNE DI DENARO, STRUMENTO E SIMBOLO DI CONSUMO Prima di entrare nel merito del rapporto tra bambini e denaro occorre soffermarsi brevemente sul concetto e sulla natura della moneta. Oggi ancor più che in passato il denaro occupa un ruolo unico nella vita personale e sociale di ciascuno. Il denaro è il più evidente simbolo di quella opulenta società dei consumi che conosciamo. Ma che cos’è davvero il denaro? Quali relazioni simboliche con la realtà esso veicola? Cos’è rimasto di originale dalla sua nascita e cosa si è modificato? E in che modo è possibile educare i giovani consumatori all’uso del denaro? Da strumento è divenuto fine ultimo, da mezzo di scambio ha assunto un principio onnipotente, da unità di misura si è trasformato in unico valore condiviso nella società postmoderna. Il denaro si è andato via via smaterializzando, divenendo così tanto più astratto sul piano simbolico quanto più influente all’interno delle relazioni interpersonali e sociali (Bustreo e Zatti, 2007). Il denaro sostiene le motivazioni, influenza il benessere e guida le relazioni con sé e con gli altri (Furnham e Lewis, 1986); è un segno carico di un valore emozionale con cui connota diversi significati, strettamente legati a un universo valutativo e moralistico (Wernimont e Fitzpatrick, 1972). Il denaro è un’idea, un artifizio sociale, una pratica simbolica diventata codice degli scambi interpersonali, linguaggio universale e transculturale, espressione della reciproca dipendenza tra gli uomini, dei quali determina atteggiamenti, comportamenti, ritmi e progetti di vita. È la rappresentazione di una relazione tra individui – come tra mercato e consumatori – che attraverso la moneta attestano il proprio potere sociale, prima che economico. È un significante sociale, in quanto prodotto della rottura e del riassestamento di atavici legami interpersonali e intertribali, attraverso lo svolgersi delle modalità e delle ritualità delle pratiche simboliche che legittimano i rapporti interpersonali. Il denaro è una promessa simbolizzata in una moneta comune che fa agire il futuro sul presente. Ed è nel futuro il valore del denaro: nella disposizione di chi lo usa ad accoglierlo come fiducia, come mezzo per ottenere un qualcosa che avverrà. La moneta scambiata è una promessa di credito che agisce su ciò che ancora non c’è: è lo strumento della progettualità unica del genere umano. Chi la riceve acquista un segno per la realizzazione dei propri desideri; chi la cede s’impegna a trasformare questo segno in una reale concretizzazione dei propri sogni. E se questo impegno viene a mancare, il mercato – non meno dei consumatori – entra in crisi: l’effimero potere incarnato dal denaro sfuma, svanisce, scompare. La moneta si volatilizza, così come la promessa di credito. È nel rapporto sociale di identificazione come di attestazione di un’identità che il denaro esiste. Quando il consumatore indugia innanzi a un oggetto che brama comperare, le sue motivazioni muovono dal valore che egli attribuisce a quel determinato oggetto e dal desiderio di consumarlo. Così egli può esprimere efficacemente tale desiderio solo attraverso un secondo oggetto che offre in cambio per quello (Simmel, 1998). In questo modo, il processo soggettivo – nella cui differenziazione e frequente tensione tra funzione e contenuto il significato si trasforma in “valore” – si sviluppa in un rapporto oggettivo quindi sovrapersonale tra gli oggetti. Qui il denaro, come oggetto scambiabile autonomo, funge da veicolo privilegiato di valore. Come oggetto visibile – dunque moneta – esso è il corpo di cui si è rivestito il valore economico una volta che questo si è astratto dagli oggetti dotati di valore. Il denaro è rilevante per il consumatore soltanto nella misura in cui trasmette un simbolo, un significato, un contenuto. Il suo valore è dato dalla particolare realizzazione del rapporto reciproco tra oggetti di scambio dotati – in sola ed esclusiva virtù di questo rapporto di scambio – di un valore perfettamente psicosociale. Il valore del denaro è indissolubilmente intrecciato con la capacità umana di astrazione cognitiva e con un sentimento: tutta la massa di denaro circolante esiste in funzione dell’indebitamento dei consumatori, il quale varia con la loro rappresentazione del tempo, del futuro e delle prospettive in esso riposte. Così e solo così, il tempo si fa denaro. Ma quando tale particolare capacità si afferma nello sviluppo individuale dei piccoli consumatori? Nel caso del rapporto tra bambini e denaro la letteratura evidenzia come l’esperienza diretta e i processi di socializzazione © Jaimie Duplass - Fotolia.com ■ ■ Parte II - Processi sociali e influenza sul consumatore degli individui conducono a una percezione del denaro caratteristica (Sartori e Ongari, 1999). Una fonte di tali influenze è rappresentata dal ruolo sociale e professionale assunto (Lau, 1998) e l’attitudine verso il denaro è positivamente correlata con la personalità individuale (Goldberg e Lewis, 1978) e l’orientamento valoriale dei consumatori. Nei bambini, quindi, è documentata una visione maggiormente funzionale del denaro e le monete sono associate al loro essere strumento di acquisto in mancanza di una chiara corrispondenza di valore (Bruner e Goodman, 1947). Nel panorama della società dei consumi contemporanea le questioni legate alla socializzazione e all’educazione economica dei bambini sono investite di un’importanza sempre maggiore (Ruspini, 2008), anche in considerazione del fatto che i bambini e gli adolescenti di oggi desiderano, hanno accesso a (e quindi negoziano) una quantità di denaro di gran lunga superiore a quella di cui disponevano i coetanei delle generazioni precedenti. In tal senso, alcune ricerche hanno approfondito le dinamiche percettive e comportamentali dei bambini nei confronti del denaro. In particolare la ricerca curata dalla Fondazione IARD (2000) sulle rappresentazioni infantili ha evidenziato come le dinamiche emotive che accompagnano le immagini legate alle possibilità di acquisto di oggetti-simbolo tipici dei consumi giovanili aprano a un mondo assai complesso e molteplice, caratterizzato dalla compresenza di vissuti di diversa polarità. La ricchezza viene associata all’immagine di uno stato di onnipotenza, di prestigio e di importanza, che giustifica il sentimento di orgoglio provato e che viene giustificato dalla disponibilità monetaria secondo quei valori che vengono comunicati dalla società attuale. Accanto a questo, nelle immagini di ricchezza dei bambini sono presenti delle emozioni di timore legate a un senso di rischio e di pericolo, proveniente tanto dall’esterno (smarrimenti, furti, rapimenti) quanto dall’interno (difficoltà di gestione del denaro, sentimenti di colpa nei confronti di chi non ne ha, insoddisfazione). Come conseguenza del piacere di possedere del denaro proprio emerge la percezione della gestione dello stesso come fatto riservato, almeno per le somme contenute nel salvadanaio, strumento prediletto per la conservazione della paghetta e delle mance, grazie alla sicurezza offerta dall’inamovibilità dei risparmi, la gioia dell’accumulo e la non secondaria possibilità di un controllo periodico “a vista” sui propri averi. Tale attività di controllo si inserisce in quella relazione quotidiana tra genitori e figli all’interno della quale i movimenti di denaro costituiscono una sorta di gioco delle parti in forza dello scambio simbolico dei ruoli familiari. I bambini, in questo, appaiono come elementi forti di una negoziazione economica all’interno delle esigenze della famiglia: prestando denaro ai genitori per gli acquisti di casa, cambiando banconote con monete per la spesa quotidiana, offrendosi come fonte di liquidità immediata. Inoltre, la possibilità di gestire i propri risparmi senza il ricorso alla collaborazione dei genitori si manifesta come un appagante sentimento di autonomia, di indipendenza e di libertà di scelta. Ciò per le piccole somme da gestire, perché se le spese sono cospicue (il valore di un compact disc acquistato per la sorella o di un anello per la mamma) nascono anche nei bambini sentimenti ambivalenti che danno origine a vissuti incerti e ansiogeni, oscillanti tra la soddisfazione e la tristezza, tra l’idea dello spreco e quella dell’esaurimento come aspetto contrario al comportamento di accumulo e di conservazione tipici dell’infanzia. «Usare autonomamente il denaro appare un’esperienza piacevole e avvertita come eticamente corretta, finché mantiene le caratteristiche ludiche del gioco del “far finta”. Di questo significato psicologico i bambini sono consapevoli, grazie alla presenza di abilità metacongitive che consentono loro di […] rendersi conto della propria difficoltà a gestire il denaro in modo adeguato alle esigenze del mondo esterno» (Ongari, 2002). I bambini dimostrano una capacità di riflettere sul proprio atteggiamento economico anche in forza delle sperimentate abilità nella gestione delle informazioni relative ai costi e alle merci loro destinate da un mondo dei consumi sempre più indirizzato al target infantile e giovane. Infatti, per quanto concerne l’utilizzo della plastic money, accanto a una conoscenza chiara del meccanismo esecutivo pratico che consente l’utilizzo di carte di credito e bancomat, i bambini coinvolti nello studio rivelano delle concezioni ingenue e delle confusioni relative alla logica economica che sottende a questo utilizzo e che costituisce la natura e il funzionamento degli istituti bancari. Tali concezioni si inseriscono opportunamente nella prospettiva piagetiana che identifica simili modalità di comprensione della realtà come tipiche del funzionamento mentale nello stadio delle operazioni concrete e rispondenti all’applicazione del criterio di reversibilità (Piaget, 1973; Vygotskij, 1984). A questo punto appare evidente come il processo di socializzazione economica sia necessariamente connesso con l’elaborazione e l’assimilazione di specifiche informazioni formali diverse dal processo osservativo e intuitivo, e come esso sia influenzato dal contesto familiare e sociale in cui il bambino viene educato, dagli stili di vita assunti come modelli comportamentali, dalla disponibilità o meno di informazioni e di esperienze vissute in modo diretto in campo economico e finanziario. In questo senso, la ricerca condotta da Bustreo et al. (2006) ha avuto come obiettivo quello di esplorare i fattori predominanti nel comportamento individuale di fronte al denaro, attraverso differenti momenti di studio che hanno permesso una comparazione tra la percezione propria dei bambini in confronto con quella degli adulti. Questo partendo dalla considerazione che lo sviluppo cognitivo individuale sia cumulativo, attraverso la costruzione di nuovi concetti sulla base di quelli già assunti e riorganizzabili in nuove strutture cognitive. Capitolo 9 - Il consumo nell’infanzia e nell’adolescenza Attraverso tale indagine quanti-qualitativa (“Coin Test” di Marshall e Magruder, 1960; “Money Rating Test” di Lau, 1985; “Tipicality Test”, adattato da Snelders et al., 1992; “Value Survey” di Rokeach, 1973 e Schwartz, 1994) è stato osservato che al concetto di “denaro” i bambini associano con maggiore frequenza le categorie semantiche di bisogno, valore e desiderio. Il denaro appare così in primo luogo come strumento funzionale necessario per comprare quanto desiderato, principalmente beni necessari (cibo) e accessori (scarpe nuove, giochi); quindi come espressione dei valori presenti nella loro vita quotidiana (altruismo, sicurezza, libertà, onestà); infine, come mezzo di differenziazione sociale (chi ha denaro è diverso da chi non ne ha). Nell’analisi del livello di competenza nel processo di categorizzazione dei prototipi concettuali della dimensione “denaro” è emerso che anche se i bambini si riferiscono in primis alla natura concreta del denaro (quantità, utilità e circolazione) e meno al livello astratto, sono tuttavia presenti molti riferimenti espliciti ai significati simbolici dello stesso, quali: indipendenza (dalla famiglia), responsabilità (come tappa del loro processo di crescita), autonomia (nella gestione della paghetta), colpa (riferita al possesso di beni non necessari), controllo (degli altri e dell’ambiente), relazione e conflitto (con gli adulti). Quest’ultima dimensione, in particolare, è collegata alla duplice modalità attraverso cui la famiglia educa economicamente i figli: da un lato, i bambini ricevono dai genitori insegnamenti sugli aspetti funzionali del denaro (modalità e strumenti di gestione) e su quelli simbolici (dimensione morale e valoriale) secondo una dinamica normativa; dall’altro, e in minor misura, il denaro è uno strumento con cui i genitori educano i figli (attraverso premi e punizioni). Tali studi hanno permesso di evidenziare una volta di più come l’atteggiamento verso il denaro sia strettamente correlato al contesto familiare, al processo di socializzazione e allo sviluppo individuale. Come dimostrato da lavori precedenti (Lau, 1998), i bambini di 5 anni non dimostrano reazioni emotive nel momento in cui vengono stimolati a parlare di denaro, dinamica che invece è agita nei bambini tra i 9 e gli 11 anni, in quella fase dello sviluppo in cui la relazione con il denaro si fa più complessa e profonda, atta a rendersi ancora più problematica con l’entrata nell’età adulta e con l’appartenenza a ruoli socioeconomici e professionali diversi, business oriented piuttosto che people oriented (Bustreo e Zatti, 2007). Da un punto di vista psicosociale, i vissuti nei confronti del denaro e le dinamiche che sottendono le relazioni veicolate dalla moneta appaiono strettamente correlati con l’adeguatezza delle informazioni e delle conoscenze economiche e finanziarie condivise nella famiglia di appartenenza. Gli adulti differiscono dai bambini nell’attribuzione di senso al denaro, al quale associano un contenuto più negativo e moralistico. Per gli adulti il denaro è meno “buono, sincero, affidabile e piacevole” che per i bambini, ma occupa un ruolo centrale nella vita individuale fin dalla giovane età. L’atteggiamento nei confronti del denaro, del suo universo simbolico come del suo utilizzo, cambia durante lo sviluppo individuale, dall’infanzia fino all’età adulta e matura, passando da una predominanza funzionale a una complessa dinamica relazionale e metaforica. Tale processo sembra essere quindi influenzato da diversi fattori, tra cui l’educazione familiare, le esperienze sociali, il contesto, i differenti ruoli professionali agiti e i modelli socio-economici assunti come riferimento. Per questo insistere verso un’affermazione sempre più responsabile del ruolo educativo degli adulti nella pedagogia riferita alla dimensione economica della quotidianità dei bambini può rappresentare un’efficace prevenzione precoce alla relazione problematica con il denaro. È utile quindi far comprendere ai bambini in età scolare l’importanza del denaro, ricordando loro il suo legame con il lavoro necessario per ottenerlo e, l’importanza del risparmio (evitando di assecondare i loro desideri in modo incondizionato e insegnando a gestire in modo affidabile la paghetta). La dimensione sociale del benessere dev’essere rappresentata non legata alla ricchezza monetaria ma relazionale, non dipendente dal possesso della tecnologia e della moda ma del loro utilizzo maturo e responsabile, dimensionato con le proprie possibilità e gli obiettivi condivisi ed equilibrati. Le nuove prospettive d’indagine su questo tema si concentrano sul ruolo della socializzazione del consumatore come fattore d’influenza primaria nell’atteggiamento verso il denaro. Tale aspetto caratterizzante la società postmoderna si consolida nel ruolo centrale che il denaro come dimensione complessa e problematica agisce nella gestione della vita quotidiana dei consumatori stessi. Il denaro, in tutte le sue forme concrete e virtuali (monete, banconote e plastic money, salario e reddito, sopravvivenza, ricchezza e benessere), può essere a ragione considerato un fattore determinante nella dinamica individuale e sociale che sottende al sistema di valori condivisi e agiti dall’individuo, dal gruppo di riferimento, dalla cultura condivisa e dalla società dei consumi. Massimo Bustreo Università IULM ■