- 64 - - 65 - E. Il campo magnetico Vi è un importante effetto che accompagna sempre la presenza di una corrente elettrica e si manifesta sia all’interno del conduttore sia al suo esterno: alla corrente elettrica è sempre associata la presenza di un campo magnetico. Ne affronteremo ora lo studio, esaminando pri­ ma le forze con cui si manifesta la sua presenza e considerando poi come esso venga prodotto dal movimento delle cariche elettriche. 1. Le forze tra magneti Già nell’antichità si conosceva la magnetite, un ossido di ferro (Fe3O4) che possiede naturalmente la capacità di attirare piccoli pezzi di ferro (il nome alla città di Magnesia nell’attua­ le Turchia, nei cui pressi si trovava con particolare abbondanza). Si sapeva anche che pezzi di ferro o di altri materiali, se avvicinati a pietre di magnetite o meglio se posti a contatto con esse, vengono magnetizzati, ossia acquistano la stessa proprietà di attrarre altri pezzi di ferro (trasfor­ mandosi in quelli che oggi chiamiamo magneti o calamite). Solo alcuni materiali possono essere magnetizzati: il ferro, il nichel, il cobalto e alcune loro leghe. A questi materiali si dà il nome di sostanze ferromagnetiche. Vengono prodotte calamite di forme molto diverse: le più comuni sono le calamite rettilinee a forma di sbarra rettilinea, quelle a forma di ferro di cavallo e gli aghi magnetici, costituiti da una sottile laminetta di acciaio magnetizzata sospesa al suo pun­ to centrale, intorno al quale può ruotare (figura 1 e 2). Figura 1. Una calamita attira della limatura di ferro. Figura 2. Un ago magnetico. Nell’antichità si sapeva anche che le pietre di magnetite tendono a orientarsi nella dire­ zione nord-sud, come testimonia l’uso della bussola per la navigazione. Ogni magnete ha due regioni, dette poli magnetici, nelle quali le proprietà magnetiche sono più intense. Uno dei poli tende a dirigersi nella direzione del nord ed è detto polo nord del magnete, mentre l’altro, che tende a dirigersi verso il sud, è detto polo sud del magnete. Si verifica che il polo nord di un magnete respinge il polo nord di un altro magnete e lo stesso avviene per i due poli sud, mentre il polo nord di un magnete e il polo sud di un altro magnete si attraggono l’uno con l’altro (figura 3). Il motivo per il quale i magneti tendono a orientarsi nella direzione nord-sud è che la Terra stessa è un gigantesco magnete, con il polo sud magnetico nelle vicinanze del suo polo nord geografico, e il polo nord magnetico nelle vicinanze del polo sud geografico: un qualsiasi pezzo di materiale magnetizzato tende quindi a orientarsi con il suo polo nord nella direzione del polo sud magnetico della Terra (e quindi verso il suo polo nord geografico) e il polo sud nella direzione opposta. - 66 N S S b) N a) S S N N Figura 3. a) Poli magnetici di segno contrario si attraggono; b) poli magnetici dello stesso se­ gno si respingono. Figura 4. Una bussola è costituita da un ago magnetico appoggiata su un perno verticale con attrito minimo. L’ago magnetico si dispone approssimativamente nella direzione nord-sud. Gli altri punti cardinali possono essere ricavati allineando opportunamente la scala graduata della bussola. S S S N N N Figura 5. Dividendo una barra magnetizzata in due parti, si originano due nuovi poli magnetici opposti nel punto di divisione, in modo che si ottengono due barre ognuna con due poli magne­ tici opposti: non è possibile separare i poli magnetici di un magnete. Non sono mai stati osservati poli magnetici isolati. Se si taglia a metà un magnete a forma, per esempio, di sbarra con i due poli magnetici alle estremità, nel punto di divisione si generano due nuovi poli magnetici in modo che ciascuno dei due frammenti ottenuti costituisce un nuovo magnete, con il suo polo nord e il suo polo sud (figura 5). La direzione e il verso del vettore induzione magnetica Il fatto che un polo magnetico eserciti delle forze su pezzi di ferro o su altri poli magneti­ ci posti nelle sue vicinanze manifesta la presenza di un campo magnetico nello spazio circo­ stante il polo magnetico. Per definirne la direzione e il verso occorre tener presente che i corpi magnetizzati presentano sempre due poli magnetici e il campo magnetico esercita su di essi un’azione rotatoria dovuta alla presenza non di una singola forza, ma di una coppia di forze. Consideriamo allora un magnete a sbarra come quello mostrato nella figura 6, nella quale è indicato in verde il polo nord del magnete e in rosso il polo sud. Avviciniamo al polo nord del magnete un piccolo ago magnetico sospeso per il suo baricentro e libero di ruotare. L’ago magnetico si orienterà in modo che il suo polo sud, attratto dal polo nord del magnete, punti verso di esso. Se muoviamo l’ago magnetico, allontanandolo dal polo nord del magnete e ponendolo in altri punti dello spazio, osserveremo che in ogni punto l’ago magnetico si orien­ - 67 ta in una ben determinata direzione. Risulta naturale scegliere questa direzione, per ogni punto dello spazio, come la direzione del vettore utilizzato per descrivere il campo magnetico. Sempre utilizzando l’ago magnetico di prova, è possibile definire anche un verso per il vettore utilizzato per descrivere il campo magnetico: concretamente, si attribuisce a questo vettore il verso che va dal polo sud al polo nord dell’ago magnetico di prova. S N F − F Figura 6. Il campo magnetico esercita su un ago magnetico di prova un’azione rotatoria dovuta alla presenza di una coppia di forze. B B B B S N B B B B Figura 7. In ogni punto dello spazio il vettore induzione magnetica B ha la direzione e il verso in cui si dispone un ago magnetico posto in quel punto. Definiamo quindi un vettore detto induzione magnetica, indicato con il simbolo B , in maniera tale che in ogni punto dello spazio la direzione di B coincide con quella in cui si orienta un ago magnetico di prova e il suo verso è quello che va dal polo sud al polo nord dell’ago magnetico di prova. Vedremo più avanti come si definisce l’intensità di questo vettore e qual è la sua unità di misura nel Sistema Internazionale. Le linee di flusso del campo magnetico Con lo stesso procedimento che abbiamo utilizzato per tracciare le linee di flusso del campo elettrico, è possibile disegnare le linee di flusso del campo magnetico: a partire da un punto P ci si sposta di un piccolo tratto ∆l nella direzione e verso indicati dall’ago magnetico di prova, portandosi al punto P’. Si sposta l’ago magnetico di prova in P’ e ci si porta nel punto P”, e così via. Si ottiene così una linea spezzata che, per ∆l tendente a zero, coincide con la linea di flusso del campo magnetico passante per P (figura 8). L’andamento delle linee del campo magnetico all’esterno del magnete può essere vi­ sualizzato con una semplice esperienza. Si colloca il magnete in posizione orizzontale su un piano e si pone sopra di esso un sottile foglio plastica o di cartoncino. Si sparge poi su questo foglio della limatura di ferro. Questa si dispone secondo le linee del campo magnetico. Infatti ogni granello di limatura, che ha una forma allungata, si magnetizza per effetto del campo ma­ gnetico del magnete e si comporta come un piccolo aghetto magnetico, disponendosi nella dire­ zione della linea del campo magnetico passante per quel punto. La figura 9 mostra l’andamento delle linee di campo di un magnete a forma di sbarra: le linee di campo escono dal polo nord del magnete e, dopo aver descritto un percorso curvo, entrano nel polo sud del magnete. - 68 - B(P ) B(P ′ ) B(P ′′ ) P” P’ P Figura 8. Costruzione delle linee di flusso del campo magnetico. Figura 9. Linee del campo magnetico prodotto da un magnete a sbarra visualizzate dalla lima­ tura di ferro. Utilizzando magneti di forma diversa si possono ottenere configurazioni diverse del campo magnetico. Un caso particolarmente interessante è quello del campo magnetico all’ester­ no di un magnete a forma di C, i cui due poli corrispondano a due superfici piane affacciate l’u­ na all’altra come nella figura 10: le linee del campo magnetico in questa regione sono dei seg­ menti di retta perpendicolari alle superfici che costituiscono i poli del magnete, dirette dal polo nord al polo sud del magnete. Il campo magnetico al centro di questa regione non ha soltanto la stessa direzione in tutti i punti, ma anche la stessa intensità: si tratta di un campo magnetico uniforme. N B S Figura 10. Tra le superfici piane parallele che costituiscono i poli di un magnete a forma di C si ha un campo magnetico uniforme diretto dal polo nord al polo sud. 2. Le forze tra magneti e correnti elettriche L’esperimento di Oersted La scoperta dell’interazione tra correnti elettriche e magneti si deve al fisico danese Hans Christian Oersted (1777-1851). Nei suoi esperimenti, effettuati nel 1820, Oersted ottenne i seguenti risultati: - 69 - un ago magnetico posto nelle vicinanze di un filo rettilineo percorso da una corrente elettrica si dispone perpendicolarmente al filo (figura 11); - se l’ago magnetico viene spostato con continuità nella direzione verso cui pun­ ta, si mantiene perpendicolare al filo descrivendo una circonferenza intorno ad esso; - l’inversione del verso della corrente che percorre il filo provoca una rotazione di 180° dell’ago magnetico. B B B i B B B Figura 11. Esperimento di Oersted: gli aghi magnetici si dispongono perpendicolarmente a un filo percorso da corrente, descrivendo una circonferenza intorno ad esso. Se si inverte il verso della corrente tutti gli aghi magnetici ruotano di 180°. Veniva così dimostrato che non solo i magneti, ma anche le correnti elettriche pro­ ducono un campo magnetico. L’esperimento di Oersted mostra che le linee di flusso del cam­ po magnetico generato da un filo rettilineo percorso da una corrente elettrica sono delle circon­ ferenze concentriche al filo, disposte su piani perpendicolari ad esso. Il verso di questo campo magnetico dipende dal verso della corrente che percorre il filo. Per individuarlo viene utilizzata la regola della mano destra così formulata: posto il pollice della mano destra nella direzione e verso della corrente che percorre il filo, le altre dita indicano il verso in cui sono orientate le linee di flusso del campo magnetico che ruotano intorno al filo. B i Figura 12. Regola della mano destra per la determinazione del verso del campo magnetico prodotto da un filo percorso da corrente. - 70 L’intensità del vettore induzione magnetica Si verifica sperimentalmente non solo che un filo percorso da corrente elettrica genera un campo magnetico, ma anche che un campo magnetico esercita una forza su un filo percorso da corrente elettrica. Immaginiamo di sospendere a un dinamometro un filo rettilineo di lunghez­ za l, in modo che resti disposto orizzontalmente, collegato a un circuito elettrico. Inseriamo quin­ di il filo, sospeso al dinamometro, tra i poli di un grosso magnete a forma di C, in modo che ri­ sulti perpendicolare alla direzione delle linee del campo magnetico che in questa regione, come sappiamo, è uniforme (figura 13). Potremo osservare che l’allungamento del dinamometro varia al variare dell’intensità della corrente che percorre il filo: il campo magnetico esercita sul filo una forza F diretta verticalmente, verso l’alto o verso il basso a seconda del verso della corrente che percorre il filo. L’intensità F di questa forza, che è indicata dalla variazione di lunghezza del dinamometro, risulta direttamente proporzionale all’intensità i della corrente che percorre il filo e alla lunghezza l del filo. Possiamo quindi scrivere F = Bil (1) dove B è una costante di proporzionalità che non dipende dalle dimensioni del filo e dall’intensi­ tà della corrente elettrica che lo percorre, ma soltanto dalle caratteristiche del campo magnetico in cui il filo si trova. Se si ripete l’esperienza collocando il filo tra i poli di un altro magnete, sem­ pre mantenendo il filo perpendicolare alla direzione delle linee del campo magnetico, si otterrà un valore diverso per la costante di proporzionalità B: maggiore se il magnete è più “forte”, mi­ nore se il magnete è più “debole”. La costante di proporzionalità B, che dipende soltanto dal magnete utilizzato, può quindi essere utilizzata come intensità del vettore induzione magneti­ ca B nella regione in cui è stato posto il filo. + - F N S B i Figura 13. Misura della forza esercitata da un campo magnetico uniforme su un filo rettilineo percorso da corrente. Come potremmo utilizzare un metodo di questo genere per misurare l’intensità del cam­ po magnetico in un caso più generale? Consideriamo un punto P qualsiasi nello spazio. Ponen­ do in P un piccoloago magnetico possiamo determinare la direzione e il verso del vettore indu­ zione magnetica B in questo punto. Collochiamo quindi in P un conduttore rettilineo di lunghez­ za l, piccola, disposto perpendicolarmente alla direzione del vettore induzione magnetica B , e misuriamo l’intensità F della forza a cui il conduttore è soggetto quando è percorso da una cor­ rente elettrica di intensità i. D’accordo con la formula (1) il rapporto - 71 - B= F il (2) ci dà allora l’intensità del vettore induzione magnetica B nel punto P. La relazione (2) può essere utilizzata per definire l’unità di misura dell’induzione magne­ tica B : nel Sistema Internazionale l’unità di misura dell’induzione magnetica corrisponde a un campo magnetico nel quale un filo della lunghezza di un metro percorso da una cor­ rente elettrica con intensità di un ampere e disposto perpendicolarmente alle linee di flusso del campo magnetico è soggetto a una forza di un newton. A questa unità di misura si dà il nome di tesla (simbolo T) in onore del fisico croata Nikolaj Tesla (1856-1943). Il tesla è un’unità di misura piuttosto grande, che corrisponde a un campo magnetico di notevole intensità. I magneti più potenti producono campi magnetici con un’intensità di alcuni te­ sla, mentre il campo magnetico terrestre, responsabile dell’orientamento verso il nord geografi­ co dell’ago delle bussole, ha nei diversi punti della superficie terrestre un’intensità compresa al­ l’incirca tra 10-5 e 10-4 T. La forza esercitata da un campo magnetico su un filo rettilineo percorso da corrente Consideriamo ora come l’intensità e della direzione della forza esercitata dal campo magnetico su un filo rettilineo percorso da corrente elettrica dipendono dalla disposizione del filo rispetto alla direzione delle linee del campo magnetico. Torniamo a considerare il dispositivo sperimentale illustrato nella figura 13. Quali sono la direzione e il verso della forza F esercitata dal campo magnetico sul filo? Sia il filo, sia la li­ nee del campo magnetico giacciono in un piano orizzontale, mentre la forza F è diretta vertical­ mente, verso l’alto o verso il basso. Quindi la forza esercitata dal campo magnetico sul filo ha direzione perpendicolare a quella del piano contenente il filo e il vettore induzione ma­ gnetica B . Per quanto riguarda il verso di questa forza, vale la regola della mano destra formulata in questo modo: se poniamo il pollice della mano destra nella direzione e verso della corrente i che percorre il filo e l’indice della mano destra nella direzione e verso del vettore induzione ma­ gnetica B , allora il dito medio risulta diretto nel verso della forza F (figura 14). Se poi, sempre mantenendo orizzontale il filo, lo ruotiamo in modo da variare l’angolo θ tra la direzione del filo e quella del campo magnetico (figura 15), allora l’intensità F della forza diminuisce fino a ridursi a zero quando θ = 0. Si trova che vale la relazione F = ilB sen θ (3) B i F Figura 14. La regola della mano destra per la forza esercitata da un campo magnetico su un filo percorso da corrente: posto il pollice della mano destra nella direzione e verso della corren­ te i che percorre il filo e l’indice nella direzione e verso di , il medio disposto perpendicolar­ B mente alle altre due dita individua il verso della forza F . - 72 - + F B θ i S N Figura 15. L’angolo θ tra la direzione individuata dal filo e le linee di flusso del campo magneti­ co. Le forze esercitate da un campo magnetico su una spira percorsa da corrente La formula (3) fornisce l’intensità della forza F che un campo magnetico uniforme B esercita su un filo rettilineo di lunghezza l percorso da una corrente elettrico i. In molti casi, però, possiamo avere a che fare con fili di forma qualsiasi, non necessariamente rettilinei, posti in un campo magnetico non uniforme. Come è possibile in un caso del genere determinare la forza che il campo magnetico esercita sul filo quando è percorso da una corrente elettrica? Per calcolare la forza esercitata da un campo magnetico su un filo percorso da corrente nel caso più generale, possiamo suddividere il filo in un grande numero di trattini ciascuno di lunghezza ∆l e calcolare la forza esercitata dal campo magnetico su ciascun trattino di filo utiliz­ zando la formula (3), come mostra la figura 16. In generale il circuito potrà essere deformato da questo sistema di forze. Se però il circuito è sufficientemente rigido da non deformarsi, il siste­ ma di forze ad esso applicato potrà essere ridotto a una forza risultante F e a una coppia di forze di momento M . i i ∆l i F B Figura 16. La forza esercitata dal campo magnetico su un filo di forma qualsiasi percorso da corrente si ottiene dalla composizione delle forze esercitate su ciascun elemento di filo di lun­ ghezza ∆l. - 73 - FEF - + E F HE i i F 90° + θ i θ θ H i FFG θ B G N 270° + θ FGH S Figura 17. Le forze esercitate da una campo magnetico uniforme su un circuito rettangolare percorso da corrente. Consideriamo per esempio il caso di un circuito indeformabile di forma rettangolare EFGH posto in un campo magnetico uniforme B in modo che la normale al piano che lo contie­ ne formi un angolo θ con le linee del campo, come mostra la figura 17. Indichiamo con x la lun­ ghezza dei lati orizzontali EF e GH e con y la lunghezza dei lati verticali FG e HE. Consideriamo quindi le forze esercitate dal campo magnetico su ciascun lato del circuito quando esso è per­ corso da una corrente di intensità i. - Il lato EF del un angolo (90° + θ) con il campo circuito di lunghezza x forma magnetico B . L’intensità della forza F EF esercitata su di esso dal campo ma­ gnetico risulta quindi, per la formula (3), pari a FEF = |ixB sen (90° + θ)| Applicando la regola della mano destra e considerando il verso della corrente che percorre il lato EF del circuito come mostrato dalla figura 17, risulta che questa forza è diretta verticalmente verso l’alto. - Anche il lato GH ha lunghezza x. È percorso dalla corrente in verso opposto a quello del lato EF e forma quindi un angolo (270° + θ) con il campo magnetico B . L’intensità della forza F GH esercitata su di esso dal campo magnetico ri­ sulta uguale a quella di F EF: FGH =FEF = |ixB sen (270° + θ)| = |ixB sen (90° + θ)| - Poiché però la corrente che percorre GH ha verso contrario rispetto a quella che percorre EF, la forza F GH è diretta verso il basso. Le due forze F EF e F GH hanno la stessa retta di azione e si equilibrano l’una con l’altra: F EF + F GH = 0. La forza F FG che il campo magnetico esercita sul lato FG del circuito di lun­ ghezza y ha modulo FFG = iyB - 74 e forma un angolo θ con il piano individuato dal circuito, come mostra la figura 18. La forza F HE esercitata sul lato HE del circuito ha la stessa intensità - FHE = FFG = iyB e verso contrario rispetto a F FG. Le due forze F FG e F HE costituiscono una coppia di forze il cui braccio è pari a y sen θ. Il momento M di questa coppia ha quindi modulo pari a M = FFG x sen θ = ixyB sen θ = iAB sen θ (4) dove A = xy è l’area del circuito. La direzione del vettore M è quella verticale, perpendicolare a quella del piano contenente le forze F FG e F HE. Quindi le forze esercitate dal campo magne­ tico sul circuito rettangolare percorso dalla corrente tendono a ruotare il circuito, portan­ dolo verso il piano perpendicolare alla direzione del campo magnetico. Si può dimostrare che questo avviene per qualsiasi circuito costituito da una linea chiusa piana, qualsiasi sia la sua forma, e che il modulo del momento meccanico che agisce sul circuito è sempre dato dalla formula (4) nella quale con A è indicata l’area del circuito. Se il circuito è costituito da una bobi­ na composta da n spire tutte di area A, si sommano vettorialmente i momenti meccanici eserci­ tati su ciascuna spira, tutti uguali tra loro, e quindi l’intensità del momento meccanico M eserci­ tato sulla bobina risulta moltiplicato per n: M = inAB sen θ (5) Il fatto che il momento meccanico M esercitato sulla bobina mobile risulti direttamente proporzionale all’intensità della corrente elettrica i che la percorre è sfruttato per la realizzazione del galvanometro, il dispositivo da cui dipende normalmente il funzionamento degli amperome­ tri. Il galvanometro è costituito da una piccola bobina di filo conduttore libera di ruotare nel cam­ po magnetico prodotto da un magnete o da un’altra bobina fissa. Il passaggio nella bobina mo­ bile della corrente di cui si vuole misurare l’intensità genera un campo magnetico e per questo sulla bobina agisce una coppia di forze che tende a farla ruotare. Questa rotazione è contrasta­ ta da una molla: l’angolo di cui la bobina e l’indice ad essa fissato risultano ruotati è tanto mag­ giore quanto maggiore è l’intensità della corrente. FHE θ E b B N S i F θ 90° + θ θ x sen θ FFG Figura 18. Vista dall’alto delle forze esercitate da una campo magnetico uniforme su un circuito rettangolare percorso da corrente rappresentate nella figura 17. - 75 - 3. Il moto di una carica elettrica in un campo magnetico Sappiamo che la corrente elettrica è dovuta al moto ordinato delle particelle dotate di carica elettrica presenti all’interno dei conduttori. Risulta naturale allora ipotizzare che la forza che osserviamo quando un conduttore percorso da una corrente elettrica è posto in un campo magnetico sia la risultante delle forze esercitate dal campo magnetico sulle singole cariche elet­ triche in movimento. A partire dall’espressione (3) della forza esercitata da un campo magnetico su un filo rettilineo percorso da una corrente elettrica possiamo allora ricavare l’espressione del­ la forza esercitata dal campo magnetico su una carica elettrica in movimento. Come vedremo, il risultato che si otterrà è in accordo con le traiettorie osservate per il moto di particelle dotate di carica elettrica poste in un campo magnetico. La forza esercitata dal campo magnetico su una carica elettrica in movimento Consideriamo un filo metallico di lunghezza l percorso da una corrente elettrica di inten­ sità i, posto in un campo magnetico B diretto perpendicolarmente rispetto al filo. Sappiamo che se θ è l’angolo compreso tra il filo e le linee del campo magnetico, sul filo agisce una forza F la cui intensità è data dalla formula (3): F = ilB sen θ (3) La corrente elettrica che percorre il filo metallico è dovuta al moto degli elettroni di con­ duzione presenti nel metallo e la sua intensità i è data dalla formula i = neqSvd (6) nella quale ne è la densità di elettroni di conduzione nel metallo, q è la carica elettrica dell’elet­ trone, S è l’area della sezione trasversale del conduttore e vd la velocità del moto di deriva degli elettroni di conduzione nel metallo. Nella relazione (6) il prodotto Sl dell’area della sezione trasversale del filo per la sua lunghezza è il volume V del filo. Moltiplicando il volume V del filo per la densità ne di elettroni di conduzione si ottiene il numero totale N di elettroni di conduzione presenti nel filo: N = neV = neSl Si ha quindi il = Nqvd (7) che inserita nella formula (3) dà F = NqvdB sen θ (8) L’intensità F della forza che il campo magnetico esercita sul filo percorso da corrente è, come dicevamo, la risultante delle forze esercitate sui singoli elettroni di conduzione in moto ciascuno con una propria velocità v. Dividendo la formula (8) per il numero N di particelle cari­ che in movimento presenti nel filo si ottiene la seguente espressione per la forza esercitata da un campo magnetico B su una particella dotata di carica elettrica q: F = qvB sen θ (9) B B q>0 q<0 F v v B F B Figura 18. Direzione e verso della forza esercitata dal campo magnetico su particelle in movi­ mento con carica elettrica positiva (a sinistra) e con carica elettrica negativa (a destra). - 76 - B B B q<0 v B B F B F q>0 v B B B Figura 19. Traiettorie di due particelle cariche, una positiva (a sinistra) e l’altra negativa (a de­ stra) in moto perpendicolarmente rispetto alle linee di flusso di un campo magnetico uniforme. Possiamo quindi dire che la forza esercitata da un campo magnetico su una parti­ cella carica in movimento è sempre diretta trasversalmente rispetto alla direzione del campo magnetico e a quella del moto della particella così come quella esercitata dal campo magnetico su un filo percorso da corrente è diretta trasversalmente rispetto alla direzione del campo magnetico e quella della corrente, e che la sua intensità è proporzionale al prodotto della velocità per l’intensità del campo magnetico. Il suo verso dipende dal segno della carica elettri­ ca della particella (figura 18). Il moto di una particella carica in un campo magnetico uniforme La forza che un campo magnetico esercita su una particella dotata di carica elettrica in movimento ha un effetto che differisce per un aspetto importante da quelli degli altri tipi di forze che abbiamo incontrato fino ad ora. Normalmente, infatti, una forza compie un lavoro agendo su un corpo in movimento e la sua azione sul corpo ne fa variare il valore assoluto della velocità, oltre che eventualmente la direzione. Nel caso del campo magnetico, però, la forza è sempre diretta perpendicolarmente ri­ spetto alla velocità del corpo a cui è applicata e perciò anche allo spostamento del corpo. Quin­ di, il lavoro compiuto dal campo magnetico è sempre nullo. La forza magnetica che agisce su una carica elettrica in moto in un campo magnetico non compie lavoro e non può quindi far variare l’energia cinetica della particella: l’azione del campo magnetico non può modificare il modulo v della velocità di una particella carica, ma solo la sua direzione. Consideriamo allora una particella dotata di una carica elettrica q in moto con velocità v perpendicolarmente a un campo magnetico uniforme B . Poiché il modulo v della velocità della particella non viene modificato dal campo magnetico, la forza che il campo magnetico esercita sulla particella ha intensità F costante che per la formula (9) risulta pari a F = qvB (10) Questa forza è sempre diretta perpendicolarmente rispetto alla traiettoria della particel­ la. Sappiamo dallo studio della dinamica che un corpo su cui agisce una forza costante diretta in ogni punto perpendicolarmente rispetto alla sua traiettoria descrive una traiettoria circolare. Nel nostro caso si può calcolare che il raggio R di questa traiettoria è dato da R= mv qB (11) dove con m è indicata la massa della particella. La traiettoria di una particella dotata di carica elettrica in moto in un campo magnetico B uniforme con velocità v perpendicolare al campo - 77 magnetico è quindi una circonferenza posta nel piano perpendicolare al campo magnetico, che ha un raggio R direttamente proporzionale alla quantità di moto mv della particella e inversa­ mente proporzionale alla sua carica elettrica q e all’intensità B del campo magnetico (figura 19). 4. Il campo magnetico generato da un filo percorso da corrente Abbiamo visto che un filo rettilineo percorso da una corrente elettrica genera nello spa­ zio circostante un campo magnetico le cui linee di flusso sono circonferenze poste in piani per­ pendicolari al filo. L’intensità di questo campo magnetico è specificata dalla legge di Biot e Sa­ vart, secondo la quale l’intensità del vettore induzione magnetica B nelle vicinanze di un filo rettilineo risulta direttamente proporzionale all’intensità i della corrente elettrica che percorre il filo e inversamente proporzionale alla distanza r dal filo. Questa legge è valida purché la distanza r dal filo sia piccola rispetto alla lunghezza l del filo. Nel definire le relazioni tra le grandezze fisiche che compongono il Sistema Internazio­ nale di unità di misura si è scelto di esprimere in forma matematica la legge di Biot e Savart come B= µ i 2π r (12) dove µ è una costante, detta permeabilità magnetica. La forza magnetica tra due fili rettilinei paralleli Consideriamo ora un conduttore A percorso da una corrente elettrica: sappiamo che esso genera un campo magnetico. Sappiamo anche che questo campo magnetico esercita una forza su un qualsiasi altro conduttore B percorso anch’esso da una corrente elettrica. Quindi tra due conduttori A e B, percorsi da corrente elettrica, deve esercitarsi una forza. Consideriamo due lunghi fili rettilinei paralleli, A e B, separati da una distanza r piccola rispetto alla lunghezza l dei fili e percorsi da correnti elettriche di intensità rispettivamente iA e iB che abbiano lo stesso verso, per esempio dirette verso l’alto come nella figura 20. Il filo A gene­ ra un campo magnetico il cui vettore induzione magnetica B ha un’intensità, nei punti posti alla distanza r alla quale si trova il filo B, data dalla relazione (12): B= µ iA 2π r (12) La direzione del vettore B è perpendicolare al filo B, con un verso che, nel caso rap­ presentato nella figura 20, è rivolto verso l’interno del foglio. iA r A iB F iA r B B B iB A F B Figura 20. La forza di attrazione tra due fili paralleli percorsi da corrente nello stesso verso (a sinistra) e la forza di repulsione tra due fili paralleli percorsi da corrente in verso contrario (a de­ stra). Un tratto di lunghezza l del filo B, percorso dalla corrente di intensità iB e posto in questo campo magnetico, è soggetto a una forza la cui intensità è data dalla formula (1): - 78 F = BiBl (1) Sostituendo in questa relazione l’intensità di induzione magnetica B data dall’espressio­ ne (12), si ottiene F = µ i AiBl 2π r (13) Per quanto riguarda il verso di questa forza, vale la seguente regola: due fili rettilinei paralleli percorsi da correnti elettriche nello stesso verso si attraggono, mentre due fili rettilinei paralleli percorsi da correnti elettriche in verso contrario si respingono. La definizione dell’ampere e il valore della permeabilità magnetica del vuoto Giunti a questo punto, siamo in grado, finalmente, di precisare come nel Sistema Inter­ nazionale è definito l’ampere, ossia l’unità di misura dell’intensità della corrente elettrica. Consi­ deriamo la formula (13) che fornisce l’intensità della forza che si esercita tra due fili rettilinei A e B percorsi da corrente elettrica. In questa formula compaiono, oltre alle intensità iA e iB delle cor­ renti che percorrono i fili, solo grandezze meccaniche facilmente misurabili e di cui sono state già definite le unità di misura: la lunghezza l dei fili, la loro distanza r e l’intensità F della forza con cui si attirano o si respingono. Per questo la formula (13) è stata utilizzata per definire l’am­ pere come unità di misura dell’intensità di corrente elettrica nel Sistema Internazionale, nel modo seguente: considerati due fili rettilinei paralleli di lunghezza infinita posti a una di­ stanza di un metro nel vuoto, percorsi da correnti elettriche di uguale intensità, si defini­ sce l’ampere come quel valore dell’intensità di corrente comune ai due fili in corrispon­ denza del quale si misura tra di essi una forza che ha intensità pari a 2 × 10-7 N per ogni metro di lunghezza dei fili. -7 FB = 2 × 10 N B iB = 1 A iA = 1 A A -7 FA = 2 × 10 N 1m 1m Figura 21. Definizione dell’ampere: due fili paralleli di lunghezza infinita posti a una distanza di un metro e percorsi da entrambi da una corrente di un ampere esercitano uno sull’altro una for­ za pari a 2 × 10-7 N per ogni metro di lunghezza. L’ampere risulta così, nel Sistema Internazionale, l’unità di misura fondamentale per le grandezze elettromagnetiche. Dall’ampere si ricavano, come unità di misura derivate: il cou­ lomb, ossia la carica elettrica per attraversa in un secondo un conduttore percorso da una cor­ rente elettrica di un ampere; il tesla, ossia l’intensità del vettore induzione magnetica di un cam­ po magnetico che esercita una forza di un newton su un filo rettilineo della lunghezza di un me­ tro percorso da una corrente di un ampere; e così di seguito per tutte le altre grandezze fisiche che stiamo considerando in questi capitoli. Una volta definita l’unità di misura per l’intensità della corrente elettrica, resta fissato an­ che il valore della costante di proporzionalità µ che compare nelle formule (12) e (13). Esplici­ tandola dalla formula (13), e inserendo in essi i valori di distanza, forza e intensità di corrente corrispondenti alla definizione dell’ampere, si ha - 79 - µ= 2πrF 2π × 1 m × 2 × 10 −7 N = = 4π × 10 −7 N/A 2 i AiBl (1 A ) 2 × 1 m (14) Poiché la definizione dell’ampere si riferisce alla forza che si esercita tra due fili posti nel vuoto, questo valore si indica come µ0 = 4π × 10-7 N/A2 e viene detto permeabilità magnetica del vuoto. Non si tratta di un valore approssimato che deriva da un’operazione di misura, ma di un valore esatto fissato dalla definizione dell’ampere e dalla scelta di esprimere nella forma (12) l’intensità del campo magnetico generato da un filo percorso da corrente. Se, anziché nel vuoto, ci si trova all’interno di un mezzo materiale, il valore della per­ meabilità magnetica µ differisce da quello della permeabilità magnetica del vuoto µ0. Come ve­ dremo, in generale questa differenza è molto piccola, tranne nel caso delle sostanze ferroma­ gnetiche. Il campo magnetico generato da un solenoide Consideriamo ora un importante caso particolare: quello del solenoide, ossia di un av­ volgimento composto da un numero N grande di spire circolari disposte su una superficie cilin­ drica, percorso da una corrente elettrica. Una proprietà del solenoide per la quale esso è particolarmente interessante ai fini pra­ tici è che il campo magnetico nella regione centrale di un solenoide risulta praticamente uniforme e diretto lungo l’asse del solenoide mentre è invece molto debole al suo ester­ no. Queste condizioni si realizzano tanto meglio quanto maggiore è il rapporto l/R tra la lun­ ghezza l e il raggio R del solenoide e quanto più è fitto il solenoide, ossia quanto più vicine tra loro sono le singole spire che lo compongono. La figura 22 mostra l’andamento delle linee del campo magnetico generato da un solenoide: si tratta di un campo magnetico molto simile a quello prodotto da un magnete rettilineo che abbia la forma di una sbarra cilindrica. All’interno di un solenoide il verso del campo magnetico è individuato dalla regola della mano destra: poste le dita piegate della mano destra nel verso in cui la corrente circola nelle spire del solenoide, il pol­ lice indica il verso del vettore B (figura 23). l R i B + - Figura 22. Il campo magnetico generato da un solenoide. - 80 - i B - + Figura 23. Regola della mano destra per la determinazione del verso del campo magnetico ge­ nerato da un solenoide. Nel caso di un solenoide ideale, ossia di un solenoide di lunghezza l infinita le cui spire siano molto fitte, si ha B = 0 all’esterno del solenoide e B=µ Ni = µni l (15) all’interno del solenoide. In questa formula N è il numero delle spire del solenoide e n il numero di spire per unita di lunghezza del solenoide. Quindi l’intensità del campo magnetico all’inter­ no di un solenoide ideale è direttamente proporzionale all’intensità i della corrente che lo percorre e al rapporto N/l tra il numero N di spire che compongono il solenoide e la sua lunghezza l. 5. Le proprietà magnetiche delle diverse sostanze Fino ad ora ci siamo interessati dei campi magnetici generati dalle correnti elettriche e delle forze esercitate dai campi magnetici sulle correnti elettriche. Il nostro studio dei fenomeni magnetici è però iniziato con l’osservazione delle forze magnetiche tra corpi materiali come le calamite e gli aghi magnetici. Ce ne occuperemo ora. La forza magnetica sui diversi tipi di sostanze L’esperienza ordinaria ci permette di osservare che i poli di un magnete esercitano un’intensa forza di attrazione soltanto su sostanze che abbiamo chiamato ferromagnetiche: ferro, nichel, cobalto e alcune loro leghe. Con strumenti di misura sensibili, però, è possibile rile­ vare che tutte le sostanze, se poste nelle vicinanze di un magnete, sono soggette a forze di de­ bole intensità, e precisamente: alcune sostanze, dette diamagnetiche, sono respinte dai poli di un magnete, mentre le altre sostanze, dette paramagnetiche sono attirate dai poli dei magneti. S Alluminio Oro N Oro Alluminio Figura 24. Sostanze diamagnetiche come l’oro sono debolmente respinte dai poli di un magne­ te, mentre sostanze paramagnetiche come l’alluminio sono debolmente attratte. - 81 Possiamo dare una spiegazione di queste forze ricorrendo a un’ipotesi, formulata per la prima volta dal fisico francese Ampère, secondo la quale le proprietà magnetiche delle diverse sostanze possono essere spiegate dalla presenza al loro interno di correnti elettriche microsco­ piche che oggi sappiamo essere dovute al moto degli elettroni intorno ai nuclei degli atomi. Consideriamo un cilindro composto da una sostanza ferromagnetica. Quando la sostan­ za non è magnetizzata le piccole spire corrispondenti alle correnti elettriche microscopiche sono disposte a caso in tutte le direzioni. Se però il cilindro viene posto in un campo magnetico ester­ no che abbia induzione magnetica B o , le correnti elettriche microscopiche tendono ad allinearsi nella direzione di Bo , come mostra la figura 25. All’interno del cilindro le correnti microscopiche adiacenti si annullano l’una con l’altra e complessivamente il loro effetto è equivalente a quello di una corrente che circola lungo la superficie del cilindro. Il cilindro magnetizzato si deve allora comportare come un solenoide percorso da corrente. Possiamo indicare con B m il vettore indu­ zione magnetica, diretto nello stesso verso di B o , che è prodotto da questa corrente e che cor­ risponde alla magnetizzazione del materiale. Bm i Figura 25. Le correnti microscopiche allineate all’interno di una sostanza magnetizzata. Ogni celletta quadrata corrisponderebbe a un singolo atomo. S N B F i F i Figura 26. Correnti superficiali e forze su un materiale paramagnetico (in alto) e un materiale diamagnetico (in basso) posti in un campo magnetico non uniforme. Supponiamo ora che il campo magnetico esterno B o non sia uniforme, come avviene per esempio nelle vicinanze del polo di un magnete. Il campo magnetico esterno interagisce con la corrente che circola sulla superficie del cilindro magnetizzato, in modo tale che su di esso agisce una forza diretta verso le regioni di campo magnetico più intenso: il polo di un magnete quindi attira un corpo composto da una sostanza ferromagnetica. L’attrazione esercitata dal polo di un magnete su una corpo composto da una sostanza paramagnetica si spiega in modo - 82 analogo, con la differenza che nei materiali ferromagnetici l’effetto è molto più intenso ed è inol­ tre permanente: nei materiali ferromagnetici la magnetizzazione permane anche dopo che è stato rimosso il campo magnetico esterno da cui è stata prodotta, mentre nei materiali parama­ gnetici la magnetizzazione dura solo finché è presente un campo magnetico esterno. Il fatto che le sostanze diamagnetiche siano respinte dal polo di un magnete indica inve­ ce che il campo magnetico B m indotto nel materiale dalla presenza di un campo magnetico esterno Bo è diretto in verso contrario rispetto al campo magnetico esterno, come è mostrato nella figura 26. La forza che agisce su un materiale diamagnetico tende quindi a spostarlo verso regioni dove il campo magnetico è meno intenso. Come nel caso delle sostanze paramagneti­ che, la magnetizzazione delle sostanze diamagnetiche è temporanea e viene meno una volta ri­ mosso il campo magnetico esterno. La permeabilità magnetica relativa Il comportamento magnetico dei diversi tipidi sostanze può quindi essere interpretato prendendo in considerazione il campo magnetico B m indotto nel materiale da un determinato campo magnetico esterno B o . La somma di questi due campi magnetici fornisce il vettore indu­ zione magnetica totale B all’interno del materiale: (16) B = Bo + Bm Il campo magnetico indotto B m risulta legato al campo esterno B o tramite un coeffi­ ciente di proporzionalità χ, in modo che (17) Bm = χ Bo e B = (1 + χ) Bo = µr Bo (18) Sono così definite due costanti caratteristiche del materiale: la suscettività magnetica χ e la permeabilità magnetica relativa µr. I loro valori della permeabilità magnetica relativa per diverse sostanze sono riportati nella tabella 1. Si può notare che i materiali diamagnetici hanno una permeabilità magnetica µr di poco inferiore a 1, i materiali paramagnetici hanno una per­ meabilità magnetica µr di poco superiore a 1, mentre i materiali ferromagnetico hanno una per­ meabilità magnetica µr molto più grande di 1. Analogamente a quanto avviene nel caso delle forze che si esercitano tra cariche elet­ triche poste all’interno di un materiale dielettrico, per le quali la costante dielettrica ε risulta pari al prodotto tra la costante dielettrica relativa εr del mezzo e la costante dielettrica assoluta del vuoto ε0, anche nel caso magnetico la permeabilità magnetica µ che compare nella legge di Biot e Savart (1) e nelle altre formule relative al campo magnetico è pari, nel caso in cui ci si trovi al­ l’interno di un mezzo materiale, al prodotto della permeabilità magnetica relativa µr del mezzo per la permeabilità magnetica assoluta del vuoto µ0: µ = µrµ0 (19) Supponiamo ora di porre un cilindro di materiale ferromagnetico in un campo magneti­ co esterno B o . Il campo magnetico all’interno del materiale risulterà incrementato di un fattore pari alla permeabilità magnetica relativa µr. Le linee di flusso del campo magnetico saranno allo­ ra addensate all’interno del materiale, come mostrato nella figura 27.a. Nel caso dei materiali paramagnetici, che hanno una permeabilità magnetica µr di poco superiore a 1, le linee di flusso del campo magnetico sono solo leggermente addensate all’inter­ no del materiale (figura 27.b), mentre i materiali diamagnetici, che hanno una permeabilità ma­ gnetica µr di poco inferiore a 1, si oppongono lievemente alla penetrazione delle linee di flusso del campo magnetico (figura 27.c). - 83 Tabella 1. Permeabilità magnetica relativa per diversi tipi di sostanze. Sostanze Diamagnetiche: Bismuto Oro Mercurio Argento Diamante Piombo Rame Acqua Sodio Idrogeno3 Azoto4 Anidride carboni­ ca4 Vuoto: Permeabilità magneti­ ca relativa µr 0,999834 0,999964 0,999968 0,999974 0,999978 0,999983 0,9999902 0,9999912 0,9999976 0,9999999901 0,9999999950 0,9999999977 Sostanze Paramagnetiche:1 Aria4 Ossigeno4 Magnesio Alluminio Tungsteno Titanio Platino Uranio Ferromagnetiche:2 Ferro Permalloy4 Mumetal5 Permeabilità magneti­ ca relativa µr 1,0000004 1,0000021 1,000012 1,000023 1,000068 1,000071 1,000360 1,000400 5.500 25.000 100.000 1 a) B b) B c) B Figura 27. Linee di flusso del vettore induzione magnetico B attraverso un materiale (a) ferro­ magnetico; (b) paramagnetico; (c) diamagnetico. 1 Alla temperatura di 20 °C. Valori massimi approssimati, che dipendono dalle condizioni di magnetizzazione. 3 Alla pressione di 760 torr. 4 Lega formata da 55% di ferro e 45% di nichel. 5 Lega formata da 77% di nichel, 16% di ferro, 5% di rame e 2% di cromo. 2 - 84 La magnetizzazione delle sostanze ferromagnetiche Il comportamento dei materiali ferromagnetici, che conservano la loro magnetizzazio­ ne anche dopo che è stato rimosso il campo magnetico esterno che l’ha prodotta, è dovuta al fatto che in queste sostanze gli atomi vicini tendono ad allinearsi in modo che le correnti elettri­ che microscopiche dovute al moto dei loro elettroni si rafforzano l’una con le altre. Questo alli­ neamento viene mantenuto all’interno di piccole regioni, dette domini magnetici, che hanno di­ mensioni dell’ordine di 0,1 mm. Normalmente i singoli domini hanno direzioni di magnetizzazio­ ne diverse e la magnetizzazione complessiva di un campione di materiale di dimensioni macro­ scopiche risulta nulla (figura 28.a). Se però il materiale è posto in un campo magnetico esterno dei B o , i domini inizialmente orientati nella direzione di Bo aumentano di dimensioni a spese domini contigui, finché tutti gli atomi del materiale risultano orientati nella direzione di B o (figure 28.b e c). In queste condizioni il campo magnetico interno al materiale, risultante dalla somma dei momenti di dipolo magnetico di tutti i suoi atomi, può essere considerevolmente più intenso di B o . Quando il campo magnetico esterno viene rimosso il materiale tende a conservare que­ sta magnetizzazione. Il fatto che le sostanze ferromagnetiche tendono a conservare la loro magnetizzazione anche quando il campo magnetico esterno B o viene rimosso comporta che non è possibile de­ finire un valore costante per la loro permeabilità magnetica relativa µr. Per uguali intensità del campo magnetico esterno Bo , infatti, l’intensità del campo di magnetizzazione B m del materia­ le può essere anche molto differente. Assenza di campo esterno Campo esterno debole Campo esterno intenso Figura 28. Domini magnetici in un materiale ferromagnetico: all’aumentare dell’intensità del campo magnetico esterno, i domini allineati con esso si allargano a spese dei domini adiacenti. - 85 Supponiamo di inserire un cilindro di ferro non magnetizzato in un solenoide e di au­ mentare progressivamente l’intensità della corrente che lo percorre, in modo che l’intensità di in­ duzione magnetica B o all’interno del solenoide risulti progressivamente incrementata (figura 29). La magnetizzazione del cilindro di ferro aumenterà come indica il ramo OA della curva rap­ presentata nella figura 30. Quando però l’intensità del campo B o risulta sufficientemente eleva­ ta, la maggior parte dei domini magnetici risulta orientata nella stessa direzione, e un incremen­ to dell’intensità di B o non provoca un ulteriore incremento di B m : si è raggiunto un valore di sa­ turazione Bs, corrispondente al punto C del grafico. Se a questo punto diminuiamo l’intensità di B o , i domini magnetici del ferro tendono a restare allineati e la situazione è rappresentata dalla curva CD, che resta sempre al di sopra del ramo di curva OAC: anche quando il campo esterno è nullo il ferro mantiene una magnetizza­ zione residua a cui corrisponde una intensità di induzione magnetica Br (punto D del grafico). Per annullare la magnetizzazione del cilindro di ferro è necessario applicare un campo magneti­ co esterno B o con verso contrario a quello di B m , la cui intensità è chiamata campo coerciti­ vo Bc (punto E del grafico). Continuando ad aumentare l’intensità del campo magnetico esterno si raggiunge nuovamente una situazione di saturazione (punto F del grafico). Se il campo ma­ gnetico esterno continua ad assumere alternativamente valori in un verso e nell’altro, la situa­ zione di magnetizzazione del cilindro di ferro risulta descritta dai punti che compongono la curva chiusa CDEFG. Poiché i domini magnetici “resistono” a variare la loro orientazione e tendono a conser­ vare il loro stato di magnetizzazione, il materiale ferromagnetico “reagisce in ritardo” alle varia­ zioni del campo magnetico esterno B o . Per questo la curva chiusa rappresentata nella figura 30 viene detta ciclo di isteresi magnetica, dal verbo greco “usterein” che significa “venire dopo”. Bo i - + Figura 29. Solenoide con nucleo di ferro. Bm C Bs Br C A Bc E O G B0 -Br F -Bs Figura 30. Ciclo di isteresi di una sostanza ferromagnetica. - 86 - a) b) Bm Bm Br Br Bc Bc O B0 O B0 Figura 31. Ciclo di isteresi (a) di un materiale ferromagnetico duro e (b) di un materiale ferro­ magnetico dolce. L’ampiezza del ciclo di isteresi dipende dal materiale. Nei cosiddetti materiali magnetici duri, come per esempio l’acciaio al carbonio, il ciclo di isteresi è largo e i valori della magnetiz­ zazione residua Br e del campo coercitivo Bc sono elevati: questi materiali tendono a conservare il loro stato di magnetizzazione è possono essere utilizzati per realizzare magneti permanenti. Se invece il ciclo di isteresi è stretto, come nel caso del ferro dolce, si parla di materiali magneti­ ci dolci: in questo caso la magnetizzazione residua e il campo coercitivo possono essere quasi nulli. Un solenoide avvolto intorno a un cilindro di materiale magnetico dolce costituisce un elet­ tromagnete, che risulta magnetizzato solo quando è percorso da corrente. Il fenomeno del riallineamento dei domini magnetici di un materiale ferromagnetico sotto l’azione di un campo magnetico esterno è un fenomeno non reversibile, a cui corrisponde una dissipazione di energia sotto forma di calore. Si può dimostrare che il calore prodotto in ogni unità di volume di un materiale ferromagnetico durante un ciclo di isteresi è proporzionale all’a­ rea racchiusa dalla curva di isteresi. Per questo, quando si utilizzano materiali ferromagnetici in presenza di campi magnetici rapidamente variabili, come nel caso dei nuclei dei trasformatori, è necessario fare ricorso a materiali magnetici dolci se si vogliono limitare le perdite di energia do­ vute al riscaldamento del materiale. Notiamo infine che i materiali ferromagnetici possono mantenere una magnetizzazione permanente solo se la temperatura è non supera un valore critico TC, diverso per i vari materiali, detto temperatura di Curie. Per il ferro si ha TC = 770 °C. Al di sopra della temperatura di Curie il materiale cessa di essere ferromagnetico e si comporta come una sostanza paramagnetica. Figura 32. Un elettromagnete utilizzato per sollevare rottami di ferro.