Francesco Di Paola
FONDAMENTI DI URBANISTICA
Teorie e storia
con un contributo di Antonluca Di Paola
ARACNE
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ARACNE editrice S.r.l.
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via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–1922–1
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: luglio 2008
a Francesco, Giangio, Luiz e Maria Pace
VII
Indice
Prefazione
1
I Le condizioni di partenza
Il fenomeno urbano
.
3
La prima rivoluzione urbana, 3. Le capitali di un impero, 5. La città Stato, 7. La metropoli dell’antichità, 10. La seconda rivoluzione urbana, 14. La città mercantile, 16.
Le città mondo, 19. Le città capitali, 21. La città borghese, 23.
La città europea alle soglie dell’era moderna
24
La morfologia della città medioevale, 25. Firenze, 27. Palermo, 28. Le città di fondazione, 29. L’Aquila, 31. Le regole della prospettiva, 32. I trattati di architettura, 34. Le
trasformazioni urbane di epoca rinascimentale, 37. La città reale, 41. La città ideale,
42. La città fortezza, 44. L’arte del rettifilo, 46.
La città preindustriale
49
Londra, 50. Parigi, 53. La città come foresta, 56. Illuminismo e progettazione urbanistica, 58. Territorio e città di antico regime, 60.
Progetti d’insieme precedenti la dissoluzione della forma
61
La ricostruzione di Londra, 62. Pietroburgo, 63. La ricostruzione di Lisbona, 64.
Edimburgo, 66. La ville de Chaux, 67. Ferdinandopoli, 67. Città nuove in Sicilia e Calabria, 69. La ricostruzione della Val di Noto, 70. La città di Noto, 72. La ricostruzione della Calabria Ulteriore, 73.
Scheda n.1 Il catasto
86
Premessa, 86. Definizioni e cenni storici, 86. Il Nuovo Catasto Terreni, 89. Il Nuovo
Catasto Edilizio Urbano, 91. Le modifiche apportate dalla riforma, 94.
II Le origini della disciplina moderna
Le trasformazioni urbane in epoca industriale
97
L’età delle macchine, 97. L’emigrazione, 99. Le trasformazioni territoriali, 100. La
città come macchina, 101. La questione dell’abitazione, 101. Riformatori e utopisti,
102. La città dell’utopia, 103. Charles Fourier, 104. Jean Baptiste Godin, 106. Il socialismo utopico, 106. Le soluzioni ai problemi della città moderna, 107. La città
reale, 108.
I contributi delle nazioni europee
112
La Francia e l’Italia occupata dai francesi, 113. L’Inghilterra, 119. La Germania, 123.
VIII
Indice
I manuali di tecnica urbanistica
128
La città come organismo vivente, 129. Il piano regolatore e il regolamento edilizio,
130. Lo schema radiale, 133. L’edilizia residenziale, 133.
I piani urbanistici dell’Europa del XIX secolo
134
I grands travaux di Parigi, 135. Il sistema haussmanniano, 136. La città moderna, 138.
L’espediente finanziario, 140. Il Rig di Vienna, 140. L’Ensanche di Barcellona, 143.
Scheda n. 2 La rendita urbana
154
Premessa, 154. Definizioni e cenni storici, 154. La rendita fondiaria urbana, 158. I
correttivi agli effetti distorcenti della rendita, 160.
Scheda n. 3 L’esproprio
164
Premessa, 164. Definizioni e cenni storici, 164. La legge per la casa, 168. La legge sul
regime dei suoli, 169. Il regime degli immobili, 171. La perequazione, 173.
III La cultura della città
La lezione della storia
175
La cronaca di pietra, 175. Le sette lampade dell’architettura, 176. L’ethos popolare
della tradizione artigiana, 178. L’apologia del gotico, 179. L’approccio pluridisciplinare agli studi urbani, 179. Patrcks Geddes, 181. Urbanistica: scienza e arte insieme,
182.
L’estetica urbana
184
L’arte di costruire le città, 184. Dall’estetica alla salvaguardia della città storica, 186.
L’evoluzione della critica dell’arte, 189. Teorie estetiche tra Ottocento e Novecento,
191. L’estetica della città metropolitana, 195. L’estetica Beaux–Arts, 197. City Beautiful, 199.
Il paradigma del patrimonio architettonico
204
Da monumento a monumento storico, 204. Il museo cartaceo e la figura dell’antiquario, 206. La preservazione dell’oggetto d’arte, 208. Valore d’arte e valore di originalità, 210. Il patrimonio tra conservazione e trasformazione urbanistica, 213. La figura
della conservazione devota, 213. La figura storica con un ruolo propedeutico, 214. La
figura storica con un ruolo museale, 215. La figura storicizzante, 218. La catalogazione del patrimonio architettonico, 219.
Lewis Mumford. “The culture of cities”
221
La tecnica e i diversi stadi della vita urbana, 222. Organico e meccanico tra polis e
necropolis, 223. L’azione attraverso la pianificazione, 225. Il regionalismo di Mumford, 227
Scheda n. 4 La morfologia urbana
234
Premessa, 234. Definizioni e cenni storici, 234. La prescrittività dell’operante storia di
Saverio Muratori, 235. L’autonomia della scienza urbana di Carlo Aymonino e Aldo
Indice
IX
Rossi, 237. La descrittiva formale del paesaggio di Vittorio Gregotti, 239. L’analisi
morfologica, 242. Nuovi contenuti del piano, 244.
IV Teorie urbanistiche e sviluppo disciplinare
La formazione dell’urbanistica
245
Una concezione pragmatica dell’urbanistica, 245. Significato e funzione del piano regolatore, 248. L’azzonamento funzionale, 249. La sostituzione delle regole al progetto
urbanistico, 250.
Città moderna e città esistente
251
La ricerca della continuità con la città esistente, 253. La città giardino, 254. La città
lineare, 260. L’importanza della strada nel progetto urbanistico, 262. La città industriale, 263. Alcune considerazioni conclusive, 264.
La disurbanizzazione
265
La città satellite, 266. L’idea di città giardino a la poetica verde, 267. L’architettura
domestica e il valore della piccola città, 269. La ruralizzazione nella nazione tedesca,
271. La poetica verde nelle altre nazioni europee, 274. La pratica della progettazione
urbana, 276. Lo sviluppo in America del sobborgo giardino, 278.
Da città ad area metropolitana
282
La diffusione urbana, 282. Il grattacielo per uffici e la trasformazione del centro, 284.
La metamorfosi metropolitana, 287. Dal progetto urbanistico alla pianificazione regionale, 289. Il movimento dei parchi e lo sviluppo metropolitano, 291. Specializzazione
delle analisi e corpus disciplinare dell’urbanistica, 292. La pianificazione regionale,
293. Il contributo di Geddes, 294. Alcune considerazioni conclusive, 296.
Il Movimento moderno
297
Le Corbousier, 297. I congressi internazionali di architettura moderna, 301. Il sistema
Radburn e le unità di vicinato, 303. Frank LLoyd Wright, 304. Opposte utopie interpretate come modello, 307.
Scheda n. 5 La zonizzazione funzionale
315
Premessa, 315. Definizioni e cenni storici, 315. Il regolamento edilizio, 317. Le zone
territoriali omogenee, 318. Lo standard urbanistico, 320.
Scheda n. 6 La tipologia edilizia
322
Premessa, 322. Definizioni e cenni storici, 323. Le tipologie residenziali, 325. L’edilizia residenziale pubblica, 328. Lo standard edilizio, 330.
V La formazione della disciplina in Italia
I piani urbanistici della seconda metà dell’Ottocento
331
Gli strumenti della pianificazione urbanistica, 331. I principali casi di applicazione
degli strumenti di piano, 333. Strumenti e trasformazioni per Milano, 333. La morder-
Indice
X
nizazione di Roma, 337. Il risanamento di Napoli, 340. Il piano di Giuseppe Poggi per
Firenze, 344.
Il Novecento tra continuità e innovazione
347
Le trasformazioni urbane e territoriali, 348. Le riforme di supporto alla pratica urbanistica, 350. La revisione dei piani delle principali città, 353.
La cultura urbanistica in Italia
358
Le influenze esterne, 359. Giovannoni, 361. Piacentini, 363. Piccinato, 365. L’affermazione nelle scuole e nelle istituzioni, 368. La fondazione dell’istituto Nazionale di
Urbanistica, 369. Il contributo per la redazione della legge urbanistica, 371. L’urbanistica dal punto di vista del regime, 372.
Urbanistica di regime, ruralesimo e fondazione di città nuove 374
Le contrastanti interpretazioni dell’urbanesimo, 375. La ripresa delle trasformazioni
urbane, 377. Le opere commemorative del regime, 381. Ruralesimo, 384. La bonifica
delle paludi pontine, 386. Città di fondazione, 388. La necessità di salvaguardare
l’ambiente, 389.
Centro storico e regione urbana
392
Il diradamento edilizio, 392. L’opinione degli urbanisti nei confronti della città storica, 393. Gli urbanisti scoprono la regione urbana, 394. Il concorso per la redazione del
piano di Milano del 1926, 395. La legge urbanistica n.1150 dell’agosto del 1942, 397.
Scheda n. 7 La rappresentazione del territorio
410
Premessa, 410. Definizioni e cenni storici, 410. La georeferenziazione, 413. La cartografia numerica, 414. La fotointerpretazione, 415. I sistemi informativi geografici
(Gis), 416. La cartografia storica, 417.
Scheda n. 8 Il piano regolatore generale
419
Premessa, 419. Definizioni e cenni storici, 420. I programmi urbani complessi, 424.
La nuova forma del piano regolatore, 426. La sostenibilità ambientale, 429. La valutazione ambientale strategica (Vas), 430. Lo statuto dei luoghi e il quadro conoscitivo territoriale, 431.
Bibliografia
433
Indice dei nomi
439
1
Prefazione
Scrivere un testo di fondamenti di urbanistica, volendo cogliere l’atto
fondativo, assieme alle teorie e ai metodi che hanno supportato questa disciplina, nella sua evoluzione sino ai tempi più prossimi ai nostri in cui si è
consolidata, significa occuparsi contemporaneamente, non solo del suo apparato concettuale e strumentale, ma anche di storia della città e di storia della
stessa prassi istaurata dallo specifico disciplinare. Questo credo sia uno sforzo da compiere se si vuole restituire una più esauriente interpretazione di una
vicenda che attraversa principalmente tre secoli e di un significato che si avvicina all’idea contemporanea solo nei primi due decenni del secolo appena
trascorso. Disciplina incompiuta in Italia, ancora adesso in evoluzione, soggetta ad un contrastante dibattito intorno alla sua efficacia e al suo destino.
Il testo nasce dall’esperienza dell’insegnamento di Fondamenti di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria, nel corso di laurea
in Storia e Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali; insegnamento per studenti meno interessati, quindi, alla redazione del piano urbanistico
e orientati da una formazione che li rende sensibili al valore delle preesistenze storico–culturali e dell’ambiente, da conservatori. Sensibilità al valore
delle preesistenze, tuttavia, intrinseca nella tradizione italiana degli studi di
architettura e della città, a partire da Gustavo Giovannoni.
I riferimenti alla storia sono limitati, necessariamente, a cenni degli episodi più salienti, ridotti ad una estrema sintesi; mentre quelli alle teorie hanno un maggiore spazio organizzati secondo un classico taglio di lettura: dalle
utopie al progetto urbano, dall’estetica della città alla città giardino e da questa alla dimensione regionale del planning; aspetti affrontati parallelamente
allo sviluppo urbano: dalla città di vecchio regime alla città moderna e da
questa alla metropoli e alla diffusione urbana.
A questo percorso si intreccia l’analisi di alcuni piani significativi che
segnano le tracce dell’evoluzione disciplinare individuati, tralasciando gli
albori della progettazione urbanistica, attraverso i nomi dei loro principali
protagonisti: Haussmann, Cerdà, Poggi, Berlage, Olmsted, Le Corbusier.
Naturalmente non sono solo i piani a segnare una evoluzione, sono anche i
contributi dei teorici e dei manualisti: Ruskin, Sitte, Poete, Riegl, Buls, Geddes, e Stubben, Eberstadt; contributi che incidono sull’apparato concettuale
della disciplina, a loro volta esito degli studi sulla città provenienti da altri
settori scientifici.
I primi quattro capitoli sono un esteso preambolo che ha lo scopo di ap-
2
profondire le provenienze e i legami culturali della formazione in Italia della
disciplina urbanistica. L’ultimo capitolo ne affronta la formazione attraverso
una lettura, anche in questo caso, incrociata tra storia, teorie, sviluppo urbano, attori e piani significativi. Alla fine di ogni capitolo sono inserite le
schede riconducibili ad aspetti della trattazione, su argomenti di interesse generale che incrociano la pratica urbanistica; le schede contengono una disamina più tecnica complementare alle finalità formative del testo: il catasto, la
rendita urbana, l’esproprio, l’analisi morfologica, la zonizzazione funzionale,
la tipologia edilizia, la rappresentazione del territorio, il piano regolatore.
La trattazione si ferma all’emanazione della legge fondamentale n. 1150
dell’agosto del 1942, che si ritiene conclusione di un difficile percorso e pietra miliare dei successivi sviluppi. Quello che è seguito è una maggiore complessità della disciplina che credo possa essere affrontata per segmenti, vista
la vastità degli argomenti e la variegata presenza di attori e esperienze. Vorrei occuparmi a completamento di questo testo del segmento che può essere
ascritto al tema della città storica e dei modi, seguiti in Italia negli ultimi cinquanta anni, per la sua tutela e conservazione; ma questo spero sarà il prossimo lavoro.
Il libro è dedicato al gruppo degli amici più cari del tempo degli studi
universitari nella facoltà di architettura di Firenze. Negli anni della nostra
frequenza gli insegnamenti della Storia e della disciplina erano affidati a
Leonardo Benevolo, Edoardo Detti, Leonardo Ricci e Leonardo Savioli.
Come si vede una serie quasi completa di “Leonardo” che ha influenzato in
maniera determinante il modo di sentire l’urbanistica, molto vicino alla storia, alla cultura delle città, e nel rapporto stretto con il disegno urbano e l’architettura.
Capitolo I
Le condizioni di partenza
Il fenomeno urbano
E’ stato sottolineato che “città” e “civiltà” sono termini con una evidente
affinità etimologica che indicano due fenomeni strettamente dipendenti l’uno
dall’altro; la civiltà si sviluppa, infatti, quando gli uomini decidono di vivere
in comunità stabili. All’iniziale accumulo di beni corrisponde una equivalente aggregazione sociale, condizione determinante per lo sviluppo dei caratteri di una civiltà che sono l’aumento della conoscenza e la trasmissione della
esperienza; non appare casuale che nella Storia umana l’invenzione della
scrittura e il sorgere della vita nella città siano fenomeni concomitanti.
I mezzi e i modi per accumulare e conservarne il surplus in un luogo determinato si scoprono in seguito al raggiungimento di una produzione alimentare eccedente rispetto al fabbisogno dei produttori. Nello stesso tempo,
l’affrancamento dell’individuo dalla produzione delle sue stesse necessità
alimentari rende possibile lo svolgimento di attività professionali e il mantenimento di classi dirigenti specializzate in grado di ampliare e trasmettere
la tradizione sociale.
Il fenomeno urbano può svilupparsi in presenza di alcune condizioni del
sito. La vicinanza di una vasta pianura fertile e di un corso d’acqua navigabile che oltre a garantire l’irrigazione, faciliti la concentrazione dell’eccedenza della produzione agricola agevolandone il trasporto; l’uso di alcuni
mezzi che incrementino la produzione: i metalli, la fabbricazione dei vasi in
terracotta e l’invenzione dell’aratro; o che facilitino i trasporti, come l’addomesticamento degli animali a scopo di traino, l’invenzione della navigazione
a vela, l’applicazione della ruota ai mezzi di trasporto.
La prima rivoluzione urbana
Le zone ad agricoltura irrigua nella bassa valle del Nilo, nei delta all’estremo superiore del golfo Persico e nelle pianure dell’Indo, permettono la
coltivazione dei cereali, favorita dell’alta fertilità prodotta dalle alluvioni stagionali dei fiumi. La condizione fisica dei luoghi, abbinata all’uso dell’aratro, incrementa la produzione rendendo possibile l’accumulazione di notevoli scorte alimentari. Accumulazione che consente il mantenimento di una
quantità cospicua di uomini che non sono produttori, ma che svolgono funzioni specializzate, rese possibili dalle tecniche acquisite, e che si concentra-
3
4
Capitolo I
no per organizzare e svolgere i loro servigi.
Nelle prime manifestazioni di vita urbana gli abitanti creano un nuovo tipo di ambiente, artificiale, in cui si svolge una vita sociale articolata, separata dall’immediato rapporto con il territorio agricolo e la natura. Da uno stadio in cui, alla crescita della popolazione corrisponde ancora la presenza di
insediamenti dalle dimensioni del villaggio, si passa a quello contrassegnato
dalla presenza di centri protourbani di maggiore dimensione. A questo passaggio di scala viene associato l’emergere di aristocrazie politiche e religiose
assieme all’aumento delle stratificazioni sociali e della specializzazione del
lavoro. Le prime città che sorgono in Medio Oriente, nel quarto millennio
a.C., nei paesi che ora sono l’Egitto, l’Iraq e il Pakistan sono il prodotto della
prima “rivoluzione urbana” caratterizzata da questa accelerazione del progresso civile.
Il termine “rivoluzione”, mutuato da quella “industriale” del XIX secolo,
e coniato dal paleontologo inglese Gordon Childe negli anni Quaranta del
XX, non sembra adeguato all’uso che se ne fa nel caso del fenomeno urbano. Le innovazioni nel progresso delle tecnologie e dei modi di produzione,
infatti, non sono così rapidi come è implicito nel concetto che la storiografia
gli attribuisce. Si può, comunque, condividere il parere che se tale processo
si è sviluppato nell’arco di alcuni secoli può essere considerato “rapido” se
confrontato ai lunghi millenni che lo precedono o che lo seguono (Liverani
1998). C’è inoltre da ricordare che la transizione dallo stadio primitivo del
neolitico a quello dell’era urbana non è unilaterale. E’ stato dimostrato che
l’evoluzione della civiltà è policentrica. Concezione ormai acquisita assieme
al principio che l’evoluzione debba essere considerata in quanto tale senza la
ricerca di priorità. Che le varie culture si siano evolute secondo tempi cronologicamente difformi e che, nonostante le riconoscibili influenze di un centro
su di un altro, debba considerarsi il fattore dello sviluppo endogeno quale
preminente.
I centri urbani più antichi hanno una base economica locale e un territorio
da cui dipendono per i loro rifornimenti alimentari. Sono città costituite da
gruppi concentrati di insediamenti con dimensioni limitate. Le società che le
governano sono società semplici legate ad un determinato territorio che difendono, differenziate da un idioma, contrassegnate da una rigorosa gerarchia e dalla presenza di una autorità centrale sacrale. La città ha una forma
definita e riconoscibile, il cui valore simbolico è preponderante.
L’axis mundi, ossia la linea immaginaria di unione tra cielo e terra, passa
nel suo punto focale, coincidente con il palazzo del re o con il tempio; punto
contrassegnato dallo ziggurat, o da altro elemento totemico, quale riferimento cosmico magnetico (Della Pergola 2000). Uruk in Mesopotamia e Çatal
Le condizioni di partenza
5
Höyük in Anatolia sono considerate le prime città, ed è noto che le popolazioni mesopotamiche, per emigrazione, si spostano prima in Anatolia e poi
sulle coste del Mediterraneo. Di Çatal Höyük è pervenuta una rappresentazione in cui la città è ripresa ai piedi di un vulcano in eruzione. Il suo
aspetto è simile agli aggregati urbani labirintici delle attuali medine.
Uruk è la città antica paradigmatica che ha consentito, attraverso il raffronto tra i dati della ricerca archeologica e la documentazione scritta, la definizione delle fasi e delle sue modalità evolutive. Il ritrovamento, inoltre, e
la decifrazione di documenti amministrativi arcaici, precedenti alla stessa
scrittura cuneiforme, ha permesso in forma più esplicita la ricostruzione dell’economia (produzione, trasformazione e scambio) e del processo di formazione; ciò ha reso possibile circostanziare le condizioni su cui si è fondata la
prima rivoluzione urbana (Liverani 1998). Emerge l’importanza dei fattori
religiosi e magici, quali catalizzatori della associazione tra individui, e il protagonismo del tempio nell’esercizio di quei fattori economici che ne hanno
consentito lo sviluppo (accumulazione, distribuzione e prestito). Secondo gli
archeologi le città sumére della Mesopotamia (l’attuale Iraq) tra il Tigri e
l’Eufrate, non superano una popolazione compresa tra sette e ventimila abitanti.
La possibilità di ottenere eccedenze della produzione agricola è rintracciabile solo in alcuni luoghi con specifiche caratteristiche ambientali, vista la
generale arretratezza dei sistemi produttivi in uso presso gli uomini primitivi; ciò fa si che, prima dell’uso di sistemi di aratura in profondità, nel Nord
Europa non è possibile ottenere il surplus necessario per garantire maggiori
densità di popolazione concentrate in un luogo, per le condizioni climatiche
e per le condizioni del suolo. Così come accade in quelle parti del mondo
dove, ancora nell’età moderna, prevalgono economie primitive basate sulla
caccia, sulla raccolta dei prodotti naturali della terra e su modi ancestrali di
coltivazione.
Le capitali di un impero
In una fase più evoluta della prima fondazione di città, intorno alla fine
del terzo millennio a.C., l’esigenza di estendere il controllo dell’economia in
ampie estensioni di territorio dà luogo alla formazione dei primi imperi in
Egitto e in Mesopotamia, con una maggiore concentrazione di popolazione
nelle città ed una loro maggiore estensione in termini di superficie. La dimensione urbana non doveva comunque essere rilevante, se si pensa che viene indicata come soglia massima di riferimento la capacità di insediare meno
di ottantamila abitanti.
6
Capitolo I
La città di Ur in Caldea, restituita dagli scavi archeologici condotti nel
primo dopoguerra da Leonard Wolley, ha una dimensione che copre ottanta
ettari, e una popolazione presunta tra trenta e cinquantamila abitanti. Capitale della Mesopotamia meridionale in periodo protodinastico (2900–2400
a.C.) raggiunge l’apogeo della sua grandezza, anche di immagine, con la costruzione del grande ziggurat (2200–2100 a.C.). Come è noto si tratta di un
edificio archetipo, diffuso in altre civiltà orientali e centro americane che ha
una funzione di osservatorio astronomico; ma anche una funzione sacrale legata alle celebrazioni della comunione con la divinità e alla percezione più
ravvicinata del cosmo.
L’impianto urbano della città murata, con al centro l’area sacra, ben rappresenta l’importanza religiosa della città e l’inseparabile polarità di clero e
monarchia. Dando corpo alle tesi che attribuiscono l’urbanizzazione alla
centralizzazione e organizzazione del potere, e che riconoscono il prevalere
delle idee religiose nella progettazione urbana e nella organizzazione stessa
delle gerarchie sociali. Alla forma della città è attribuito il corrispondente significato della rappresentazione del cosmo. Si riconoscono nelle forme adottate, che sono quelle delle geometrie semplici rapportabili al cerchio o al
quadrato, le affinità rituali e formali con il Mandala strumento buddista, appunto, di percezione del cosmo (Jones 1993, Della Pergola 2000).
Babilonia descritta da Erodoto (V secolo a.C.) è una città murata di forma
quadrata, divisa in due parti dal fiume Eufrate, con strade dritte perpendicolari al corso d’acqua. In ognuna delle due parti vi è un presidio fortificato: da
un lato la reggia e dall’altro il santuario. In mezzo a quest’ultimo vi è una
grande torre a pianta quadrata, soprastata da altre otto di minori dimensioni
scalate verso l’alto. Si tratta dello ziggurat, la presunta Torre di Babele, con
una base di 100 m ed un’altezza di 91. Capitale di un vasto impero su cui
esercita il potere, raggiunge il massimo splendore nel VI secolo a.C; ai
tempi di Nabuccodonosor II occupa diecimila ettari e ha una cinta muraria lunga undici chilometri (Jones 1993).
Una città metropolitana del suo tempo che svolge un ruolo di organizzazione e gestione del territorio accumulando ricchezze la cui rappresentazione esplica nelle architetture: i giardini pensili, i palazzi, i
templi. Questi ultimi concepiti come luoghi di identità dell’ambito urbano: vi si rivolge la maggiore attenzione creativa in quanto residenza
della divinità e deposito della plusvalenza delle risorse comuni e,
quindi, base importante della capacità produttiva.
L’insediamento umano comincia a distribuirsi secondo delle gerarchie e
già dal secondo millennio a.C., prima dell’era del bronzo, appaiono le prime
Le condizioni di partenza
7
città commerciali. Città che non basano la loro esistenza sulla produzione
esclusiva di un surplus alimentare, ma sulla produzione di servizi. Sfruttano
le loro localizzazioni favorevoli allo sviluppo di attività di scambio e distribuzione, basando la loro specializzazione sullo sfruttamento e il commercio
dei minerali e di materie prime.
Si sviluppa l’insediamento umano stabile in alcune isole e fasce costiere
del Mediterraneo, dove sorgono città in coincidenza di approdi che svolgono
attività artigianali e commerciali rifornendo i più importanti mercati. Questi
centri di costa hanno bisogno, per sopravvivere, di un entroterra pianeggiante compreso tra il mare e i retrostanti rilievi, adatto alla coltivazione
agricola. L’esistenza di condizioni ambientali per una base produttiva alimentare ne limitano la diffusione, per questo motivo, quando la popolazione
eccede rispetto alla produzione alimentare, si forma per emigrazione un'altra
città dall’altra parte del mare.
A questa esigenza viene ricondotta la motivazione delle fondazioni urbane avvenute ad opera dei Greci (VIII e VII sec. a.C.), dei Fenici e degli
Etruschi (VIII sec. a.C.). La colonizzazione si estende dall’Egeo verso le zone costiere dell’Asia Minore, della Sicilia e dell’Italia del Sud, del Nord
Africa e anche in zone estreme, come il bacino occidentale del Mediterraneo
nel caso della fondazione della città di Marsiglia (Seicento a.C.). Si tratta di
nuclei urbani di ridotte dimensioni che, pur costituendo elementi essenziali
dello Stato, non coincidono con le città così come concepite nella Grecia di
età classica. Sono insediamenti strettamente legati ad un entroterra che ne
costituisce la base economica (Morachiello2003).
La città Stato
Nel panorama dei fermenti mediterranei la civiltà greca si differenzia sostanzialmente per la concezione della politica e della città stessa. Risultato di
una lunghissima evoluzione che si ipotizza partita con la colonizzazione dell’Egeo da parte di pastori e agricoltori provenienti da località orientali, nelle
isole e nelle estreme propaggini della penisola balcanica (VIII millennio
a.C.). L’impulso alla civilizzazione, e l’avvicendamento di varie popolazioni
durante millenni, con il concorso, quindi, di varie culture, elaborano a conclusione un ordine sociale nuovo, basato sulla reciproca cooperazione e «sull’esercizio dell’intelligenza e della libertà individuali» che diviene fondamento del mondo occidentale (Morachiello2003).
Attraverso le civiltà cretese, cicladica, micenea e dorica, e dopo tre secoli
di oscurantismo succeduto al crollo del dominio di Micene, si sviluppa una
fioritura urbana dalla coesione dovuta al senso religioso, coagulato intorno
8
Capitolo I
alla presenza di una costellazione di santuari, e dal sinecismo dei villaggi. I
nuovi centri fondati sorgono intorno al tempio o in prossimità della tomba di
un antico capo, così la divinità e il capostipite ne diventano i protettori.
Un nuovo ordinamento giuridico, basato sulla formalizzazione di regole
interne alle varie comunità, e delle pattuizioni che ne siglano l’unione, si
evolve in una forma partecipata in cui le rappresentanze dei ceti dei mercanti, degli artigiani e dei piccoli proprietari, accanto ai ceti aristocratici (famiglie più ricche di riconosciuta capacità intellettuale e morale che vantano
ascendenze dai vecchi capi) eleggono annualmente i magistrati preposti al
governo della cosa pubblica (Morachiello 2003).
Si afferma, quindi, una particolare forma di Stato con una base territoriale
costituita dalla conurbazione tra un centro principale e i villaggi con i relativi
territori agricoli. Tutore della pace, mai invadente nella vita economica e privata, preposto alla raccolta di tributi e alla difesa in caso di pericolo. A questa forma politica si annette la presenza di un capoluogo, nella unione tra città e Stato cui corrisponde il concetto di Pòlis, per cui i greci non considerano
mai con questo termine un territorio senza una città e viceversa una città che
non ne abbia la giurisdizione.
La società greca assieme a quella romana è la più urbanizzata del mondo
antico, con centinaia di nuclei urbani di varia dimensione. La popolazione
urbana stimata dagli archeologi, tuttavia, tra l’VIII e il IV secolo a.C., oscilla
in media tra i cinquemila e i diecimila abitanti e complessivamente nel IV
secolo viene valutata in un milione per i centri urbani e in tre milioni per le
aree agricole (Morachiello2003).
Atene si forma per lo sviluppo e la fusione di nuclei urbani micenei, nella
regione del vecchio regno di Argo; nuclei agglomerati in una fertile vallata
delimitata dai rilievi montuosi, dai corsi d’acqua e dal mare; emerge come
città–Stato dalle lotte per la supremazia contro Sparta e Corinto. Forte di un
numeroso esercito e di una flotta navale rappresenta, nel momento della sua
massima espansione, una concentrazione rilevante di popolazione assieme al
porto del Pireo, di circa sessanta–settanta mila persone tra residenti rurali e
urbani. Un centro principale di politica, di mercato e di produzione agricola,
quindi, collegato ad uno distante sette chilometri, industriale, commerciale e
di scambio. L’acropoli e l’agorà sono i poli principali urbani, e cioè la fortezza con i templi sormontata dal Partenone (Pericle ne affida il progetto all’architetto Ictino nel 447 a.C.) e la piazza del mercato, fulcro sociale e politico del consorzio civile.
All’esercizio del potere e all’accumulazione della ricchezza fa riscontro
l’elaborazione di nuove acquisizioni nel campo della scienza, dell’etica e
dell’arte che si rivelano fondamentali per lo sviluppo della civiltà occiden-
Le condizioni di partenza
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tale. Anche la forma urbana subisce un’evoluzione guidata da un pensiero
razionale che inserisce regole e qualità geometrica alla spontanea aggregazione delle cellule abitative.
Nelle città “primeve” alla geometria della forma complessiva, corrispondente al perimetro delle mura, e all’altrettanto geometrica concezione degli
edifici principali, religiosi e politici, si contrappone l’irregolarità del tessuto
residenziale assemblato secondo regole implicite solo nelle esigenze particolari di ogni cellula. Così nell’urbanizzazione delle isole e delle coste dell’Egeo le città sorgono senza regole che possano ricondurre l’impianto ad un
disegno preordinato. Deliberatamente le comunità lasciano crescere i centri
urbani intorno a capisaldi riconosciuti per morfologia e antica visitazione;
secondo logiche determinate solo dai caratteri del sito, e dalla convergenza
di interessi ed esigenze proprie di ogni singola entità familiare.
Nel caso invece di fondazioni in terreni vergini l’approccio appare del
tutto diverso; la colonizzazione avviene secondo impianti rigidamente geometrici imperniati sul tracciato di uno o più assi stradali principali e da assi
trasversali, inclinati o ortogonali, che delimitano le fasce regolari degli isolati. La stessa cellula abitativa assume, quindi, una forma geometrica, determinata dall’accostamento di unità delimitate dalla cadenza modulare del parallelismo stradale (Morachiello2003).
Questa innovazione si deve al desiderio dei coloni di costruire una nuova
patria, con una casa propria e un terreno da coltivare; obiettivo primario raggiungibile nell’immediato tramite la suddivisione in parti uguali, e quindi regolari, del terreno da coltivare e da urbanizzare. Nel corso del VII e VI secolo a.C. si diffonde, quindi, la consuetudine tra i greci di fondare le proprie
città secondo degli impianti semplici e regolari; un modo altrettanto pragmatico di costruire basato su di una logica elementare che presto si converte in sistema. Questa ulteriore evoluzione urbanistica si deve, secondo
tradizione, agli abitanti della città di Mileto e al ruolo determinante assunto
da Ippòdamo nel dirigerne la ricostruzione.
La città nel 494 a.C. viene distrutta dai Persiani e ricostruita dai cittadini
secondo un impianto a scacchiera. La forma della penisola determina la suddivisione della città in tre quartieri aggregati attraverso la disposizione di
uno spazio pubblico a forma di L attestato ai due porti naturali di approdo.
Aristotele (Politica) considera la regolarità geometrica dell’impianto urbano
come trasposizione nello spazio del principio dell’ordine e della giustizia che
regola la convivenza nella società civile. L’uguaglianza dei cittadini di fronte
alla legge si trasforma, dunque, nell’isotropia dell’impianto a scacchiera che,
oltre a regolare un ordinato sviluppo urbano, afferma l’uguaglianza di condizioni nella costruzione delle abitazioni (forma, dimensione, orientamento,
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Capitolo I
salubrità e accessibilità). La scoperta attribuita ad Ippòdamo da Mileto consiste nello aver reso canonica una regola corretta e pratica; applicabile in
ogni tempo e luogo, che si basa su un principio di ordine riproducibile all’infinito (Morachiello2003).
A questa regola geometrica, che determina la parte fisica della città, viene
abbinata l’idea di razionalizzare la società. Necessità che svela l’insoddisfazione verso la città reale confermata dall’apparire di un nuovo genere letterario che partendo, appunto, da una constatazione di inadeguatezza approda nell’utopia. La città ideale di Platone ne è la prima conosciuta elaborazione e primo sintomo di decadenza della Pòlis che transita verso un nuovo
dominio: quello delle città greche del periodo ellenistico. Dalla città ellenica
si passa alla metropoli ellenistica e quindi, alla megalopoli alessandrina
(Mumford 1997).
La metropoli dell’antichità
I successi militari e le conquiste di Alessandro il Grande, e ancor più l’estensione dell’Impero con le imprese militari dei Romani, consentono di intensificare ed estendere i rapporti commerciali e quindi, lo sviluppo degli insediamenti urbani. Vengono fondate città ad opera di Alessandro in Medio
Oriente, come colonie di ufficiali, commercianti e veterani, e lo stesso processo viene continuato ad opera dei Romani ad Ovest e nel Nord Europa,
questi basano le loro conquiste e il loro dominio sull’estensione dell’urbanesimo.
Alessandria, fondata nel 332-331 a.C. secondo un impianto ippodameo, a
differenza di Atene che è una città–Stato, è la capitale di un impero. Nuovo
caposaldo dell’urbanizzazione greca che ormai comprende nella sua influenza l’Oriente e parte del Nord d’Africa. La sua localizzazione, nel delta del
fiume, coincide con un punto facilmente difendibile da cui si controllano i
flussi delle merci della valle del Nilo. La città produce manufatti e scambia
prodotti in tutto il Mediterraneo, provenienti dai suoi territori d’influenza,
controllando il commercio dell’intero mondo allora conosciuto. Centro di
produzione culturale (nella sua biblioteca si contano settecentomila papiri) e
crocevia di molte etnie nel punto di unione di due civiltà importanti, quella
greca e quella egiziana. Al suo carattere di metropoli si aggiungono le dimensioni che sono straordinarie per l’epoca: vi risiedono secondo stime prudenziali settecentomila abitanti nel II secolo a.C. tanto da farla considerare
una megalopoli dell’antichità (Jones 1993).
Alessandria resta sotto il dominio greco sino al Trenta a.C. e prospera
sotto l’impero romano, subendo un declino solo con l’invasione degli arabi