PIETRO OMODEO Evoluzione della cellula un approccio multidisciplinare NATURALMENTE 1 scienza NATURALMENTE scienza Segretario di redazione: Enrico Pappalettere ([email protected]) Direttore responsabile: Luciano Luciani Impaginazione: Vincenzo Terreni Registrato il 25 febbraio 1989 presso il Tribunale di Pisa al n. 6/89 Informazioni: 050 /7213020; fax: 06/233238204 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi microfilm, foto e scansioni digitali e copie fotostatiche) sono riservati. Immagine di copertina di Pietro Omodeo www.naturalmentescienza.it In copertina Fig. 1.1 - Schema della storia dei vari regni dei viventi sulla Terra. Gli archi colorati indicano l’ordine di comparsa dei viventi. All’interno la crescita del contenuto di ossigeno dell’atmosfera è espressa in scala logaritmica. Le date sono in miliardi di anni. 2 Indice 6 Prefazione Capitolo 1 - Introduzione 7 1.1. Perché questa ricerca? 7 1.2. I precedenti storici 10 1.3. Contributi recenti Capitolo 2 - Metodi 12 2.1. Macroevoluzione e microevoluzione, cioè evoluzione progressiva ed evoluzione adattativa 13 2.2. Interazione popolazione/ambiente 14 2.3. Evoluzione e dialettica 15 2.4. Impiego delle teorie dell’informazione e del controllo 15 2.5. Problemi particolari 16 2.6. Ancora sul metodo comparativo Capitolo 3 - Esame comparativo dei primi tre compartimenti della cellula 18 3.1. La membrana plasmatica dei procarioti 21 3.2. La membrana plasmatica degli eucarioti 23 3.3. Il sostegno della cellula procariote 25 3.4. Il sostegno della cellula nei bassi eucarioti 26 3.5. L’apparato enzimatico e il flusso di energia nella cellula procariote 28 3.6. Fotosintesi ossigenica, circolazione del Carbonio e dell’Azoto 31 3.7. Gli organelli sede del ricambio energetico della cellula eucariote 32 3.8. Problemi di dimensioni Capitolo 4 - Il più grande salto evolutivo: la ristrutturazione del genoma 37 4.1. Il genoma dei procarioti e la sua replicazione 40 4.2. Perché il genoma dei procarioti è rimasto tanto piccolo? 42 4.3. Implicazioni del principio della non ripetibilità delle sequenze nucleotidiche nei procarioti 42 4.4. Difficoltà relative al principio di Thomas 43 4.5. Il controllo dell’erogazione dell’informazione genetica e i suoi problemi 3 45 47 4.6. La soluzione dei vincoli che inibiscono l’accrescimento del genoma dei procarioti 4.7. Ripercussioni funzionali della ristrutturazione del genoma Capitolo 5 - Il controllo del flusso di informazione genetica 48 5.1. Il lac-operone esempio di autocontrollo nella cellula batterica 50 5.2. Le priorità nella utilizzazione delle fonti energetiche della cellula 51 5.3. Autocontrollo sulla sintesi proteica 52 5.4. Regolazione cronologica dell’attività cellulare 55 5.5. Operoni e reguloni 56 5.6. Morfologia funzionale del gene operatore e delle proteine regolatrici 58 5.7. Chi controlla il controllore? ovvero: contare le molecole Capitolo 6 - Comparsa del nucleo eucariote e scomparsa di altri vincoli presenti nella biologia molecolare dei procarioti 60 6.1. L’involucro nucleare 62 6.2. Disaccoppiamento di trascrizione e traduzione dell’RNA messag gero 63 6.3. Le modifiche del genoma richiedono ulteriori adattamenti strutturali 65 6.4. I presupposti della mitosi 65 6.5. L’accrescimento del genoma degli eucarioti 67 6.6. Quale impiego per l’ accresciuta capacità di memoria? 69 6.7. DNA ridondante, una memoria olografica? 70 6.8. Per concludere questa parte Capitolo 7 - La cellula proto-eucariote 73 7.1. Origine delle cellule eucarioti 73 7.2. Digressione sulla semplicità primitiva o per regressione dei funghi eumiceti 75 7.3. Rapporti filogenetici ed ecologici tra funghi eumiceti e alghe rosse 77 7.4. Altri proto-eucarioti? 78 7.5. Organizzazione funzionale della cellula proto-eucariote Capitolo 8 - Cariologia e sessualità della cellula proto-eucariote 82 8.1. Cariologia della cellula proto-eucariote 4 82 86 87 89 90 91 8.2. Mitosi e citodieresi nelle alghe rosse 8.3. Presso gli eucarioti la sessualità implica la cariogamia e la successiva meiosi 8.4. Il complesso sinaptonemale 8.5. La parasessualità 8.6. Tendenza alla multicellularità. 8.7. Conclusione Capitolo 9 - Il passaggio da cellula proto-eucariote a cellula eucariote 93 9.1. Differenze funzionali tra cellule proto-eucarioti ed eucarioti 94 9.3. L’apparecchiatura per la motilità e le tassìe 95 9.4. L’apparato flagellare della cellula eucariote 96 9.5. Ipotesi sull’origine del flagello 98 9.6. I chitridi, prime cellule munite di flagello 98 9.7. L’acquisizione della contrattilità citoplasmatica 99 9.8. Evoluzione dell’apparato flagellare 100 9.9. L’apparato fototattico Capitolo 10 - Trend evolutivi dei protisti 107 10.1 Mitosi e meiosi nelle cellule dei protisti 109 10.2 Tutto chiaro nell’evoluzione del genoma? 111 10.3 Endosimbiosi e trasferimento laterale dei geni 113 10.4 Tendenze alla multicellularità nei protisti 118 10.5 E per ultima venne l’apoptosi 120 Bibliografia 5 Prefazione Ho seguito il problema dell’evoluzione della cellula durante molti decenni. I decenni che hanno visto lo sviluppo della microscopia elettronica, della microbiologia, della biologia molecolare e della genomica, che hanno visto la nascita delle teorie dell’informazione e del controllo, nonché lo studio delle antiche rocce che conservano i documenti della geocronologia e i fossili di un’epoca tanto remota che ci si smarrisce nel tentativo di farsene un’idea. Ho evitato di drogarmi con le novità, perché so che il lavoro dei biologi e dei naturalisti che ci hanno preceduti ha fornito tante notizie che attendono di essere comprese, rivalutate e utilizzate. So anche, però, che occorre saper rinunciare, quando bisogna, a vecchie convinzioni accettate dalla comunità scientifica e anche a idee che ci sono care. Ho resistito alla tentazione di pubblicare conclusioni affrettate che il susseguirsi delle scoperte poteva vanificare, limitandomi a pubblicare di quando in quando i risultati che ritenevo, ed ancor adesso ritengo, sicuri. Oggi, prima di tirare i remi in barca, credo opportuno pubblicare i risultati della lunga ricerca che ho portato in forma riassuntiva al convegno sulla macroevoluzione organizzato da Felicita Scapini a Firenze nel 2006. Sono grato ai colleghi che mi hanno dato una mano e ringrazio in modo particolare Marcello Buiatti, Giovanni Cercignani, Renato Fani, Simonetta Gribaldo e mio figlio Eugenio che mi hanno aiutato a migliorare il testo; Emilia Rota che mi ha aiutato a rintracciare la bibliografia e mi ha dato sostegno nel redigere queste pagine Federico Marri che ha curato le immagini e Gabriella Bonifazi per l’assistenza tecnica. Ringrazio infine la redazione di NATURALMENTE che ha preparato il testo per la stampa in modo impeccabile. Siena, Settembre 2010 6 Capitolo 1 Nescio quo pacto antiquus fit animus. Tito Livio Introduzione 1.1. Perché questa ricerca? La ricerca metodica degli avanzi fossili delle più antiche cellule è iniziata intorno alla metà del Novecento. Non è stata impresa facile poiché le rocce sedimentarie formatesi nei tempi più remoti e non modificate dal calore e da altri agenti fisici sono rare e debbono essere studiate con apparecchiature molto sofisticate. È risultato che i più antichi batteri sono riconoscibili in rocce databili intorno a 3,45 miliardi di anni (Schopf & Barghoorn 1967, Schopf 2006, Brasier et al. 2006) e che sostanze di origine biogena sono ancor più antiche, di circa 0,35 miliardi di anni. D’altra parte i più antichi fossili di animali sono stati trovati in sedimenti datati 0,6 miliardi anni fa, la loro comparsa può essere retrodatata a non più di 0,7 miliardi di anni1 mentre le piante superiori sono comparse molto dopo2. Un semplice calcolo ci dice quindi che per circa l’80% del tempo la vita sulla Terra è stata rappresentata solo da organismi unicellulari e per circa il 20% anche da animali e piante (fig. di copertina). Tale dato indica che l’evoluzione dei viventi ha coinciso per la maggior parte del tempo con l’evoluzione della cellula, che è la più piccola e semplice struttura che si deve considerare dotata di vita. Nonostante l’emergere di tante novità, per molti decenni lo studio dell’evoluzione della cellula è stato compiuto episodicamente, non in modo sistematico ed accurato come è avvenuto invece per l’ evoluzione di animali e piante. Tanto è vero che nei più importanti trattati di citologia se ne fa solo un breve cenno o non se ne parla affatto. Scelta non giusta poiché l’evoluzione della cellula comprende eventi di estremo interesse, qual è, ad esempio, il passaggio dall’organizzazione di tipo procariote all’organizzazione di tipo eucariote del genoma. Fortunatamente recenti ottime pubblicazioni hanno rilanciato l’intera questione3. 1.2. I precedenti storici Verso la fine dell’Ottocento R. Altmann (1890) avanzò l’ipotesi che i mitocondri, descritti come componenti delle cellule animali, fossero stati, in 7 origine, batteri endosimbionti di quelle cellule. L’idea venne approvata e rilanciata da C. Mereschkowsky (1910), che la estese ai cloroplasti, organelli delle cellule vegetali; secondo lui derivavano da alghe azzurre (oggi: cianobatteri). Entrambe le ipotesi sono state rifiutate, perché basate soltanto su vaghe analogie di forma e dimensioni. Wallin (1922, 1927), tuttavia, ha riproposto che la fusione di batteri con una cellula ospite era la principale fonte di novità genetiche per la speciazione. Infine, quando la genetica è giunta a riconoscere che esisteva un’ereditarietà propria dei cloroplasti e dei mitocondri, e quando la microscopia elettronica e la fisiologia cellulare hanno stabilito la struttura e le funzioni di detti organelli cellulari, nonché la presenza in essi di DNA di tipo batterico, le idee rifiutate sono apparse quasi profetiche e sono state rilanciate, soprattutto per merito di Lynn Margulis. continua ... 8 Capitolo 2 Metodi La logica da adottare in un’indagine di tipo storico, qual è quella che riguarda l’evoluzione della cellula, è la logica induttiva. Nel caso specifico questa logica prescrive di ricercare documenti di ogni tipo relativi all’oggetto dell’indagine e ogni indizio che paia utile a collegarli tra loro, entro un quadro funzionale fornito dalla fisiologia cellulare ed entro un quadro cronologico fornito dagli studiosi di una disciplina indipendente, la geocronologia. 2.1. Macroevoluzione e microevoluzione, cioè evoluzione progressiva ed evoluzione adattativa L’evoluzione della cellula per la sua vastità e durata andrebbe catalogata, secondo i criteri in uso, come macroevoluzione. Tuttavia, intorno alla diade macroevoluzione/microevoluzione sono sorte controversie che vertono su tre questioni: dove termina la microevoluzione e dove incomincia la macroevoluzione? Quali sono i processi coinvolti nell’uno e nell’altro caso? Come viene innescata la macroevoluzione? Le controversie sono nate, io credo, dal fatto che le due dotte parole sono state introdotte nel lessico scientifico senza adeguata definizione, sicché ognuno le ha usate a modo suo. Conviene quindi abbandonare le anticaglie e usare termini e locuzioni più puntuali e criteri più stringenti, che conservino tuttavia un po’ di elasticità. Ho suggerito tempo addietro (1985) di parlare di evoluzione adattativa per i casi in cui un più affidabile e meno costoso adeguamento della specie a nuove condizioni ambientali è stato conseguito attraverso la somma di mutazioni qualitative del patrimonio ereditario collettivo. In quella occasione ho anche proposto di parlare invece di evoluzione per complessificazione o evoluzione progressiva quando il processo evolutivo ha realizzato una complessificazione dell’organismo mediante mutazioni quantitative del patrimonio ereditario di una specie, dando così un durevole vantaggio selettivo alla sua discendenza. L’evoluzione adattativa per mutazioni qualitative puntiformi di geni strutturali e regolatori è quella che ha contribuito in larga misura all’evoluzione del vasto insieme degli organismi procarioti ed è anche quella universalmente accolta da tutti gli specialisti. 9 L’evoluzione progressiva -che è quella che un più numeroso pubblico cita nell’osservare che il pesce è più evoluto dell’anfiosso e la quercia più del muschio- avviene per aggiunte innovative di geni strutturali e regolatori al patrimonio ereditario di una specie. Il repertorio delle modalità con cui ciò avviene è molto vasto e Ohno (1970) ne ha dato un importante resoconto; dopo di lui, Ohta ha chiarito che per questo tipo di mutazione i processi selettivi entro le popolazioni procedono secondo le regole accertate dai molti studi sulla genetica e l’ ereditarietà. In precedenza lo studio della sessualità nei procarioti aveva reso noto che, mediante i fenomeni di trasformazione, un ceppo batterico può acquisire geni di specie diverse. Altri studi hanno chiarito che, presso i protisti, intere batterie di geni di un organismo endosimbionte possono passare nel genoma della cellula ospitante. Insomma, le “macromutazioni” tanto cercate nel passato sono state identificate in un incremento del numero di geni del patrimonio ereditario. È opportuno quindi convincersi della validità delle tesi di Ohno che Gregory Bateson (1979) così sintetizza: “Ogni passo dell’evoluzione è un’aggiunta di informazione al sistema già esistente” e le terrò presenti durante questa indagine. continua ... 10 Capitolo 3 Esame comparativo dei primi tre compartimenti della cellula Al fine di non trascurare alcun fatto di rilievo relativo alla cellula, conviene prendere in considerazione ciascun compartimento di cui essa è composta, le funzioni che ciascun compartimento assolve, i materiali di cui esso è fatto. I compartimenti funzionali che si individuano in ogni e qualunque cellula sono quattro. Il primo è quello che delimita la cellula stessa e presiede ai suoi scambi di materiali e di informazioni; si tratta della membrana plasmatica (o cellulare) che consta di una doppia lamina lipidica contenente nel proprio spessore molte e varie molecole proteiche con funzioni di trasduttori di materiali e di energia, nonché di segnali chiave per il comportamento della cellula. Il secondo è quello che presiede al metabolismo energetico e materiale e consta di proteine con funzioni catalitiche e di molecole a base di pirofosfati che possono immagazzinare e poi cedere un quanto di energia chimica. Il terzo compartimento è quello che conferisce forma alla cellula e sostegno alle sue strutture: se questo compartimento compare come scheletro interno risulta formato da polimeri filamentosi di speciali proteine, se compare come parete cellulare esterna può avere natura varia e composita. L’ultimo compartimento è quello del genoma (o patrimonio genetico) che via via immagazzina e dispensa l’informazione genetica e dispone degli strumenti necessari alla produzione di tutti i materiali che provvedono alla crescita, alla riparazione e alla riproduzione della cellula. Questo compartimento consta, chimicamente, di polimeri degli acidi ribo- e deossiribonucleico (RNA, DNA) e di molecole proteiche ad essi associate. I quattro compartimenti, ripeto, esistono in tutte le cellule anche se non sempre appaiono fisicamente separati ed anche se il confronto ci dice che la loro composizione e la loro struttura sono mutate nel corso dell’evoluzione. 3.1. La membrana plasmatica dei procarioti La disposizione dei gruppi idrofili su entrambe le facce della membrana cellulare consente alla cellula di stabilire stretti rapporti fisici tanto col medium acquoso circostante quanto col citosol interno e favorisce l’ingresso di molecole dotate di cariche di entrambi i segni, quali sono gli amminoacidi. Favorisce 11 anche l’inserimento nel proprio interno di molecole proteiche o di porzioni di molecole proteiche che sulla loro superficie presentino una forte prevalenza di gruppi idrofobi. D’altra parte la membrana lipidica si oppone al transito tanto di molecole idrofile quanto di ioni metallici. All’ingresso e all’uscita di queste molecole e di questi ioni indispensabili alla crescita e al funzionamento della cellula provvedono speciali molecole o gruppi di molecole proteiche inserite nella membrana stessa. In questa sede non è il caso di entrare nei dettagli ma è certamente opportuno accennare al fatto che l’attività dei canali di trasporto ionico per Na+ e K+ nonché il comportamento di alcuni altri ioni fanno sì che cariche elettriche positive e negative si distribuiscano in modo asimmetrico sulle due facce della membrana plasmatica e quindi compaia una differenza di potenziale elettrico tra l’esterno e l’interno della cellula. Tale fenomeno genera l’eccitabilità della cellula che risponderà in un qualche modo a ogni variazione del potenziale transmembrana comunque provocata. continua ... 12 Capitolo 4 Il più grande salto evolutivo: la ristrutturazione del genoma L’esame comparativo dei primi tre compartimenti cellulari rivela che: 1) La composizione della membrana plasmatica varia nella procellula in modo cospicuo per quanto riguarda le specie dei lipidi, e in modo non evidente per quanto riguarda le specie di proteine in essa presenti. Per l’eucellula l’evoluzione della membrana plasmatica è stata molto importante, sia per l’aumentata varietà di molecole che intervengono nella composizione di detta membrana, sia perché partecipa all’acquisizione di nuove importanti attività fisiologiche: endocitosi, esocitosi, moto ameboide. 2) Il compartimento relativo alla protezione e al sostegno della cellula eucariote ha subìto trasformazioni grandi: in vari casi rimane oscuro in quale direzione sia avvenuta l’acquisizione delle varianti biochimiche. Presso le piante superiori il ruolo della parete cellulare è divenuto decisivo anche per la morfogenesi. 3) Il compartimento del metabolismo cellulare è molto vario per quanto riguarda le sorgenti di energia che i batteri possono sfruttare, risulta invece molto meno vario presso gli archei; e si restringe ancor più presso le cellule eucarioti; queste, per ciò che riguarda l’organicazione dell’azoto, dipendono da batteri e archei, mentre per la respirazione e per la fotosintesi dipendono dall’endosimbiosi con specie batteriche. L’eucellula, peraltro, nel corso dell’evoluzione, è divenuta capace di ricavare energia dal substrato organico nel modo più completo ed esente da sprechi. Ciò stabilito, rimane da considerare il più grande salto evolutivo della storia dei viventi: la ristrutturazione del genoma a seguito della quale esso diviene capace di prestazioni assai superiori a quelle del genoma dei procarioti. 4.1. Il genoma dei procarioti e la sua replicazione Il genoma batterico (fig. 4.1 a) consiste, tipicamente, di un cromosoma anulare o di un cromosoma lineare formato da uno-otto milioni di coppie di nucleotidi1 (bp) avente 0.25-2 millimetri di lunghezza, affiancato spesso da uno o pochi minicromosomi anulari chiamati plasmidi, di dimensioni molto varie, da 1.5 a 600 Kbp. 13 Il quoziente tra numero di nucleotidi e numero di geni è di regola superiore a 1000. Presso le specie di batteri divenute parassiti endocellulari, anche se lontane dal punto di vista filogenetico, le dimensioni del cromosoma si riducono di circa un ordine di grandezza, il valore più basso sinora riscontrato è quello di Carsonella ruddii: 160 Kbp. Presso le procellule che svolgono attività ana aboliche complesse a bassa resa energetica e che realizzano forme complicate (cianobatteri, streptomiceti, batteri azoto-fissatori) il genoma può raggiungere invece dimensioni maggiori, fino a 9 Mbp e oltre. Va notato che in questi ultimi prevalgono i cromosomi lineari. Il genoma degli archei (fig. 4.1 b) non differisce in modo evidente da quello dei batteri: il numero di nucleotidi è mediamente minore di un terzo, il A quoziente tra numero di nucleotidi/numero di geni è spesso inferiore a 1000. Importante è il rapporto del loro DNA con le molecole degli istoni (vedi § 4.6), che negli archei sono comuni e talvolta formano nucleosomi, masserelle globulari intorno alle quali si avvolge il DNA, si ritiene siano evoluti per difesa contro la denaturazione termica. continua ... 14 Capitolo 5 Il controllo del flusso di informazione genetica All’inizio dell’Ottocento il grande anatomista tedesco Samuel Thomas Sömmering chiedeva: “kann eine Flüssigkeit animirt sein?” chiedeva cioè : “ può un flusso essere qualcosa di animato?”. La polemica domanda di Sömmering derivava da considerazioni di ordine filosofico e mistico, comunque la biologia moderna può dare ad essa una risposta precisa che va a toccare il fondo delle conoscenze sulla vita: ogni organismo vivente è sede di un perenne flusso di energia, materia ed informazione, quest’ultimo dipende da materia ed energia e, a sua volta, regola il proprio flusso e quello delle altre due grandezze fisiche. Proprio per queste considerazioni la capacità di autoregolazione si situa tra le proprietà di base di tutti i viventi. Simile modo di intendere i viventi -e quindi anche la cellula- deriva da una folla di nozioni relative alla fisiologia, alla genetica, alla termodinamica, alla teoria dell’informazione ed ha trovato negli sviluppi della biologia molecolare conferme estremamente importanti che permettono di utilizzarlo in modo rigoroso e produttivo per il problema che stiamo affrontando (v. Omodeo, 1996). Lo scambio di informazioni tra il genoma e il citoplasma si svolge attraverso una rete complessa di canali in modo assai preciso. Ciò fa sì che l’insieme dei geni in cui è suddiviso il patrimonio ereditario non funzioni come un’accozzaglia di solisti, come diceva Dobzhansky, bensì come una disciplinata orchestra. In questo capitolo ne esamineremo due esempi molto istruttivi e questo esame gioverà anche a valutare meglio quanto prima esposto. 5.1. Il lac-operone esempio di autocontrollo nella cellula batterica Il primo modello riguardante il modo in cui il genoma dei batteri regola il flusso di energia che di esso deriva, è scaturito dalle ricerche di F. Jacob e J. Monod sul metabolismo del lattosio nel batterio Escherichia coli. Il modello è stato pubblicato nel 1961, poco prima del completo chiarimento del codice genetico e del modo in cui vengono sintetizzate le proteine; esso è stato prontamente apprezzato per il suo valore e può essere così riassunto: in 15 condizioni di riposo la batteria dei geni strutturali (operone) che specifica un gruppo di proteine che intervengono nel metabolismo del lattosio è preceduta lungo il cromosoma da un gene regolatore, indicato come operatore il quale è preceduto a sua volta da un altro gene indicato come promotore nel cui sito si colloca la RNA-polimerasi (fig. 5.1A). In assenza di substrato la RNApolimerasi non può avanzare e provvedere alla trascrizione del gruppo di geni strutturali poiché sul gene operatore è collocata una molecola proteica che funge da repressore. Se però nella cellula entrano alcune molecole di lattosio -il substrato su cui deve agire il gruppo di proteine enzimatiche- una di queste molecole si lega al repressore che a seguito di ciò si deforma1 e si distacca dall’operatore. La RNA-polimerasi trova così via libera ed effettua la trascrizione dei geni che provvedono a produzione le proteine occorrenti sia alla introduzione del substrato nella cellula sia alla sua demolizione (fig. 5.1B). continua ... 16 Capitolo 6 Comparsa del nucleo eucariote e scomparsa di altri vincoli presenti nella biologia molecolare dei procarioti 6.1. L’involucro nucleare Il più vistoso attributo della cellula eucariote è il nucleo, costituito da un involucro di notevole complessità contenente la cromatina . La sua origine è stata ricostruita più volte da vari autori, me compreso, in modo simile postulando alcune tappe successive: 1) L’introflessione della membrana plasmatica, questa introflessione si riscontra per le procellule che sono sede di una attività metabolica che richiede un’ampia superficie di sostegno per i propri apparati enzimatici. 2) L’introflessione avrebbe avuto inizialmente la forma di una coppa e poi si sarebbe chiusa come una palla, munita di un gran numero di pori nucleari, varchi selettivi di grande complessità, attraverso i quali il genoma comunica col citoplasma trasferendovi ribosomi, mRNA, tRNA, e ricevendo da esso sia macromolecole proteiche sintetizzate nel citoplasma -tra le quali gli istoni parte integrante della cromatina- sia varie specie di proteine che regolano l’espressione genica. 3) In rapporto al ruolo di sostegno dell’apparato mitotico, l’involucro nucleare ha acquisito un robusto strato interno formato da una rete di filamenti intermedi (lamine nucleari) ed uno analogo esterno, meno robusto; questi filamenti intermedi evolveranno in seguito acquistando ruoli sempre più importanti per il sostegno della cellula. La comparsa dell’involucro nucleare è facile da immaginare, meno facile è capire perché, come e quando si sia differenziato il sistema di varchi selettivi di grande complessità, ciascuno dei quali è formato da non meno di 50 specie proteiche disposte secondo una precisa geometria ottagonale. In effetti la ricostruzione proposta presenta un punto debole: un nucleo a forma di coppa non ha bisogno di pori, di conseguenza l’idea che i pori nucleari, che controllano in modo puntiglioso il traffico delle molecole che entrano ed escono dal nucleo (uno dei più bei capitoli della fisiologia cellulare), siano evoluti d’emblée subito dopo la chiusura della coppa ci lascia increduli. 17 Tanto più che ciascuna macromolecola abilitata ad entrare porta un segnale di riconoscimento per l’ingresso (nuclear localization signal) mentre ciascuna macromolecola abilitata ad uscire porta un segnale diverso. Bisogna credere che l’evoluzione dei pori e l’evoluzione dei segnali per il traffico abbiano proceduto di pari passo e in tempi lunghi. Conviene quindi supporre che gli eventi chiave per l’evoluzione della cellula eucariote abbiano seguito un ordine diverso, che può essere il seguente: 1) formazione della cromatina e conseguente comparsa di una nuova meccanica per la separazione dei cromatidi, basata sul citoscheletro e assistita da proteine motrici; 2) introflessione della membrana plasmatica in corrispondenza della zona ove aderiscono i ribosomi deputati a produrre le strutture che provvedono all’ingresso e all’uscita di macromolecole: si forma così il reticolo endoplasmico (di questo evento dovrebbe rimanere traccia nella composizione molecolare dei pori nucleari e del reticolo endoplasmico); 3) subentra l’endosimbiosi col precursore dei mitocondri il quale conserva la propria parete e con essa tutte le proprie prerogative genetiche; 4) segue lo sviluppo del nucleo e il reciproco adattamento dei due simbionti durante il quale evolvono i pori e i segnali di localizzazione nucleare delle molecole e si giunge infine 5) al completamente dell’involucro nucleare che racchiude i cromosomi lasciando fuori i microtubuli e alla perdita della parete da parte del batterio endosimbionte (fig. 6.1). continua ... 18 Capitolo 7 La cellula proto-eucariote 7.1. Origine delle cellule eucarioti Secondo la tesi discussa e accolta all’ inizio di questo libro, la prima cellula eucariote sarebbe derivata da quella di un archeo che aveva inglobato una cellula batterica capace di utilizzare l’ossigeno per la respirazione cellulare. A favore della proposta che la cellula ospitante sia stata quella di un archeo depongono molte caratteristiche che accomunano il dominio degli archei a quello degli eucarioti (altre, meno rilevanti, vengono omesse): 1) alcune famiglie di proteine sono condivise da archei ed eucarioti, ma mancano o sono poco rappresentate nei batteri; 2) la struttura della RNA polimerasi nei batteri consta di 4 subunità, mentre negli archei è costituita da 8-12 subunità, come negli eucarioti, in questi ultimi, peraltro, se ne conoscono tre varianti che coesistono entro la medesima cellula; 3) la tripletta di mRNA che dà inizio alla traduzione in tutti gli organismi è AUG, ma negli archei e negli eucarioti essa specifica l’amminoacido metionina, mentre nei batteri specifica l’amminoacido Nformil-metionina; 4) la composizione dei ribosomi degli archei somiglia di più a quella degli eucarioti che a quella dei batteri (v. Lecompte et al. 2002); 5) negli archei si rinvengono istoni le cui molecole somigliano a quelle degli eucarioti e che, come queste, in alcune specie formano nucleosomi attorno ai quali si avvolge il DNA (fig. 4.4); le proteine istoniche sono rare presso i batteri. È da sperare che il rinvenimento e lo studio di altre specie di archei rivelino che nel loro citoplasma sono presenti altre proteine che sono proprie degli eucarioti e svolgono in essi ruoli determinanti, soprattutto nella dinamica della mitosi: tubulina e dineina Se ciò accadrà, la tesi, di per sé solida, potrà essere accolta come fatto accertato. Si ripresentano a questo punto le domande: quali erano le caratteristiche della prima cellula eucariote? Quali delle tante eucellule oggi note conserva meglio queste caratteristiche? Per rispondere a queste domande bisogna prima sciogliere il nodo della posizione da assegnare ai funghi nella scala evolutiva. 7.2. Digressione sulla semplicità primitiva o per regressione dei funghi eumiceti Molti autori ritengono che la cellula dei funghi eumiceti abbia l’organizzazione più semplice tra gli organismi eucarioti, altri autori non sono espliciti a questo 19 proposito, ma non sollevano obiezioni. Tuttavia, sulla primitività di questo tipo di cellula (come già detto al § 2.5) quasi tutti i citologi dissentono e sostengono che la semplicità organizzativa e funzionale è dovuta ad evoluzione regressiva da antenati prossimi al regno animale e più evoluti dei protisti.1 Certo, fenomeni di regressione sono noti da tempo presso molti animali parassiti. Il caso più clamoroso riguarda i crostacei endoparassiti del genere Sacculina i quali allo stadio vegetativo somigliano al micelio dei funghi. Questi animali, tuttavia, conservano integro nel proprio patrimonio genetico l’apparato per una morfogenesi da crostaceo, ed in effetti dalle uova schiudono semplici nauplii i quali si trasformano in larve cipridiformi, tipiche dei Cirripedi. Casi di regressione meno vistosi riguardano i Branchiuri, crostacei ectoparassiti dei pesci, i quali conservano solo un’incerta affinità con i Copepodi. Altri casi ancora riguardano i Pentastomidi derivati da artropodi prossimi ai crostacei e i Mizostomi, anellidi policheti parassiti di echinodermi, qualche mollusco, molti insetti. Questi animali, però, conservano sempre tratti strutturali propri della famiglia o dell’ordine a cui appartengono. Altrettanto accade per Orobanche, Rafflesia e Cuscuta, generi di piante erbacee incapaci di fotosintesi parassite di altre piante. continua ... 20 Capitolo 8 Cariologia e sessualità della cellula protoeucariote 8.1. Cariologia della cellula proto-eucariote Nei funghi e nelle alghe rosse il nucleo della cellula è piccolo, contiene un nucleolo di forma globulare, o discoidale, talvolta adeso all’involucro nucleare; questa struttura, che non ha precedenti nella procellula, è sede dell’assemblaggio dei ribosomi. I ribosomi della proto-eucellula somigliano a quelli degli archei, hanno dimensioni pressoché eguali e sono composti da un maggior numero di filamenti di RNA e di molecole proteiche dei ribosomi batterici. Vengono estrusi attraverso i pori dell’involucro nucleare e vanno poi a decorarne la superficie esterna; vanno inoltre a fissarsi sulle cisterne del reticolo endoplasmico. I cromosomi aderiscono, mediante il centromero, alla parte interna dell’involucro nucleare; sono numerosi, sottili e molto piccoli, quasi invisibili al microscopio ottico; durante la mitosi si condensano in modo limitato. Il genoma ha dimensioni modeste negli eumiceti: 9.2-88.6 Mbp (fig. 6.5)1 e nelle alghe rosse cianidioficee: 14-47 Mbp; nelle specie parassite le dimensioni possono essere minori. Le conjugali hanno cromosomi piccoli, condensati, talvolta con centromero diffuso; la loro genomica è ignota. Gli introni, di regola, mancano, o la loro presenza è eccezionale. 8.2. Mitosi e citodieresi nelle alghe rosse 8.2.1. Nelle cellule delle alghe rosse la mitosi si svolge interamente all’interno dell’involucro nucleare; questo processo inizia subito dopo la fase S (cioè di sintesi del DNA) e per questo motivo i cromosomi risultano formati da due cromatidi solo nel breve intervallo tra fase S e mitosi. All’inizio della profase i pori nucleari migrano verso i due poli del nucleo ove si forma una protuberanza conica (Dave & Godward, 1982). In corrispondenza di questa protuberanza (fig. 8.1) compare una struttura anulare a simmetria ottogonale che racchiude una masserella centrale; il diametro di questa struttura, che ha nomi diversi, varia, ma di poco, da specie a specie ed anche nel corso della mitosi. I pori nucleari situati presso i poli si dilatano e si trasformano in piccole finestre attraverso le quali i tubuli del fuso mitotico penetrano nel nucleo 21 mettendosi in rapporto con i cromosomi dicromatidici in corrispondenza del centromero che è un tratto specializzato del DNA che contiene l’istone H3 modificato. Quindi i cromosomi, piccoli e numerosi, si dispongono a formare una piastra equatoriale. Alla fine della metafase scompaiono gli anelli polari e all’anafase il nucleo si allunga, i cromatidi si separano, mentre il nucleolo si divide a sua volta. Durante la telofase il nucleo si strozza al centro, presumibilmente per l’intervento di filamenti di actina. Questa dinamica risulta molto importante, poiché rende la divisione nucleare indipendente dalla crescita della parete cellulare che invece interviene in modo decisivo per la citodieresi dei batteri e delle zygmematali. Va anche notato che questa dinamica rende possibile la comparsa di cellule plurinucleate, inesistenti nelle zygmematali, ma comuni presso le alghe rosse e i funghi eumiceti. Infine la parete cresce a mo’ di diaframma, verso il centro della cellula. Nelle specie unicellulari il diaframma si chiude del tutto e le due cellule figlie si distaccano. Nelle specie multicellulari filamentose la chiusura del diaframma si arresta, come detto prima, per l’interposizione di materiale citoplasmatico, residua quindi un foro che mette in comunicazione le cellule adiacenti. continua ... 22 Capitolo 9 Il passaggio da cellula proto-eucariote a cellula eucariote 9.1. Differenze funzionali tra cellule proto-eucarioti ed eucarioti L’evoluzione da proto-eucellula a eucellula, che corrisponde alla comparsa dei protisti, è contraddistinta in primo luogo dalla evoluzione dei flagelli e della contrattilità citoplasmatica. L’evoluzione coinvolge anche l’aumento delle dimensioni del genoma e quindi la complessità cellulare, specialmente la complessità relativa alle strutture sensoriali e ai rispettivi programmi comportamentali: le tassie. Cambia anche, definitivamente, la parete cellulare che, ad eccezione di alcune chlorococcali primitive, è sempre aperta o manca del tutto Seguire le linee evolutive della cellula dei protisti è impegnativo a causa dei molti trend evolutivi e della complessità che la cellula può raggiungere anche a causa dei non rari fenomeni di endosimbiosi. Per tale motivo in questa sede verranno approfondite la comparsa e l’evoluzione delle strutture di sostegno, l’evoluzione della contrattilità e della motilità, insieme agli sviluppi dell’apparato sensoriale che le accompagnano; l’evoluzione di mitosi e meiosi. Si concluderà trattando la comparsa e il trend evolutivo dell’apoptosi. 9.2. Il sostegno della cellula nei protisti più evoluti Del sostegno della cellula proto-eucariote fornita sempre di un guscio ben chiuso è stato detto; nelle molto più grandi cellule dei protisti più evoluti questo sostegno è diverso. In Chlamydomonas e generi affini la cellula è racchiusa in un sottile guscio cellulosico aperto all’apice anteriore per l’uscita dei flagelli. Negli euglenoidini, nei ciliati e in alcuni gruppi minori, in luogo del guscio esterno esiste una pellicola proteica piuttosto robusta situata sotto la membrana plasmatica. Questa pellicola negli euglenoidini è formata da moduli strutturali che determinano l’architettura elicoidale della cellula (fig. 9.1). Nei ciliati la pellicola dà sostegno alle innumerevoli “ciglia” che ricoprono questi organismi. Nei protisti e in particolare in quelli a struttura ameboide, il sostegno è interno ed è formato da cilindri di tubulina e da lunghi filamenti di actina che si accorciano o allungano assecondando la morfologia varia ed incerta delle loro cellule. 23 Altri protisti mostrano la più straordinaria fioritura di strutture che dànno sostegno e protezione alla cellula. Il guscio di molti Sarcodini filosei nonché la capsula centrale degli Eliozoi sono fatti di chitina. Gli Eliozoi sono muniti di spicole radiali di silice o di Stronzio solfato. I Foraminiferi hanno un guscio calcareo, mentre Radiolari e Diatomee sono provvisti di uno scheletro rispettivamente di silice e di silicati. Nella cellula dei protisti lo scheletro interno è formato da actina, filamenti intermedi, nonché da tubulina, tra loro connessi mediante speciali proteine, in modo da costituire sia una robusta impalcatura che definisce la forma della cellula stessa, sia una rete tridimensionale che collega i vari distretti cellulari. Nelle cellule ameboidi che producono pseudopodi e in quelle munite di delicati filopodi (Eliozoi ad es.) i cilindri di tublina e i filamenti di actina si allungano gradatamente e si accorciano bruscamente in rapporto alla cattura del cibo. È da notare, infine, che solo in casi eccezionali la cellula in fase vegetativa è chiusa del tutto entro un guscio inestensibile, sicché il suo contenuto idrico deve essere sempre controllato attivamente dai vacuoli pulsanti o dalle pulsule, nel caso dei dinoflagellati. continua ... ribosomi 2μm lente lente corpuscolo basale micro tubuli 24 rumposoma materiale elettron-opaco Capitolo 10 Trend evolutivi dei protisti 10.1 Mitosi e meiosi nelle cellule dei protisti La mitosi nelle cellule dei protisti procede in molti modi diversi e curiosi che Raikov (1982) ha diligentemente classificati e denominati. Le modalità più aberranti riflettono con ogni probabilità particolari adattamenti alla crescita della massa del genoma: si riscontrano nei tricomonadini, nei polimastigini, nei dinoflagellati, nei ciliati e nelle amebe. Riferirò solo i casi che hanno un significato per le grandi linee dell’evoluzione. Presso i protisti eteroconti la mitosi procede per lo più secondo lo schema della pleuromitosi chiusa o semiaperta che è proprio dei funghi eumiceti; compare però una variante: molto spesso al corpo polare è associato un centriolo (fig. 10.1); questo tipo di mitosi non esiste nelle cellule delle piante e degli animali. La eumitosi con lacerazione più o meno ampia dell’ involucro nucleare, e assenza di corpi polari, ricorda la mitosi delle zygnematali; la ritroviamo presso i protisti isoconti nei quali agli apici del fuso si situa spesso un centriolo. Infine, merita attenzione il fatto che in alcune specie di protisti polimastigini e nei dinoflagellati il fuso si forma all’esterno dell’involucro nucleare e che i cromatidi vengono trascinati da molecole che solcano l’involucro (fig. 10.2). Questa modalità della mitosi è forse primitiva. Presso le cellule degli animali si affermerà stabilmente la eumitosi con un centriolo associato a materiale amorfo per formare il centrosoma; presso le piante superiori centrioli e flagelli si formano solo nei gameti delle gimnosperme inferiori -cicadee e Ginkgo biloba-, poi spariscono, e la eumitosi si svolge in assenza di involucro nucleare e di centrioli (fig. 10.3). Presso gli Apicomplessi, i Polimastigini e i Dinoflagellati la meiosi è di tipo one step che si svolge con una sola divisione che separa le coppie di cromosomi monocromatidici. Questa peculiarità pone questi protisti nella linea di discendenza delle alghe rosse e delle zignematali. Presso gli altri protisti la meiosi è di tipo two steps: una prima divisione separa le coppie di cromosomi bicromatidici (tetravalenti) mentre la seconda separa i bivalenti in cromosomi monocromatidici. Questo tipo di meiosi persiste negli animali e nelle piante senza modifiche. 25 continua ... 26 Bibliografia Abrahamson S., Bender M.A., Conger A.D., Wolff S. (1973) Uniformity of radiationinduced mutation rates among different species. Nature 245:460-462. Akifyev A.P., Grishanin A.K. (2005) Some conclusion on the role of redundant DNAand the mechanism of eukaryotic genome evolution inferred from studies of chromatin diminution in Cyclopida. Russian Journal of Genetics 41:366-377. Alberts B., Johnson A., Lewis J., Raff M., Roberts K., Walter P., (2002) Molecular biology of the cell. Garland Science, N.Y. Usa. Altmann R. (1890) Die Elementarorganismen und ihre Beziehungen zu den Zellen. Leipzig. Andersson J.O. (2008) Genomic evolution of anaerobic protists: metabolic adaptation via gene acquisition. In: Katz L.A. & Debashish Bhattacharya, (eds.) “Genomic and evolution of microbial eukaryotes”, Oxford U.P. Oxford, New York. Attardi G., Amaldi F. 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