STORIA DEI CIRCUITI CIRCUITO CABLATO è uno dei primi che nasce, si tratta di un circuito realizzato collegando con dei fili i vari componenti. I contatti vengono realizzati uno ad uno. Pregi: Grande facilità nella modifica del progetto e in fase di produzione. (Grazie a questa caratteristica ancora oggi esistono i cablaggi dei circuiti sulle basette millefori le quali hanno il vantaggio di poter essere trasportate e inserite nei computer.) Difetti: Dimensioni elevate In fase di costruzione richiede molto tempo per essere portato a termine Elevate possibilità di errore in fase di cablaggio Elevati costi di controllo e collaudo CIRCUITO STAMPATO E’ un circuito il cui cablaggio è realizzato su una basetta di materiale isolante sulla quale è stata applicata una lamina molto sottile di rame. I collegamenti si ottengono per asportazione del rame in eccedenza. In passato il circuito veniva disegnato con inchiostro o con i trasferibili sul rame della basetta, successivamente questa veniva immersa in un acido il quale corrodeva le parti di rame non protette da inchiostro o dai trasferibili, per cui il risultato finale era la basetta con tanto di collegamenti in rame. Per concludere il lavoro restava soltanto da lavare il tutto e applicarci i vari componenti. Oggi il sistema è rimasto praticamente invariato solo che il circuito viene disegnato a computer e stampato su carta a lucido, successivamente il disegno viene sovrapposto alla basetta a sua volta cosparsa di un prodotto fotosensibile e il tutto viene esposto alla luce di una lampada apposita. A contatto con la luce il prodotto fotosensibile si degrada e perde il suo scopo protettivo. Nei punti protetti dal disegno invece rimane integro e protegge il rame. A questo punto viene immersa la basetta nell’acido, bisogna attendere che questo compia il suo lavoro poi si lava la basetta e gli si applicano sopra i componenti richiesti. Pregi: Bassi costi di produzione (poca mano d’opera per il cablaggio) Bassi costi di controllo e collaudo Dimensioni estremamente ridotte (miniaturizzate) Riduzione degli errori di montaggio Difetti: Alta difficoltà a modificare il progetto 1 CIRCUITI INTEGRATI E’ un componente unico che racchiude al suo interno un intero circuito già pronto, creato su un minuscolo frammento di silicio con tecnologie e macchinari molto sofisticati e costosi. Si tratta di un unico componente che compie il lavoro di un circuito intero. Questi componenti sono nati dalla necessità di ridurre ancora di più le dimensioni dei circuiti. Come si costruiscono? Una ditta, con tecniche molto sofisticate e grandi investimenti riesce a costruire sopra a un dischetto molto sottile di silicio detto “wafer” molti circuiti dalle dimensioni estremamente ridotte, successivamente questo wafer viene suddiviso in tanti piccoli circuiti che a loro volta vengono appoggiati su di un supporto chiamato “forchetta” il quale ha due funzioni fondamentali, in primo luogo fa da supporto al silicio e in secondo luogo dissipa il calore che il circuito produce per effetto joule durante il suo funzionamento. Uno degli inconvenienti che è nato durante la progettazione di questo componente era realizzare i collegamenti per l’esterno, infatti da questi piccoli circuiti di silicio, partono piccoli fili delle dimensioni di un capello che a loro volta vengono saldati con le apposite apparecchiature a piste di rame più grosse chiamati piedini. Una volta fatto ciò si ricopre il tutto con una resina nera lasciando fuori solamente i piedini sui quali sarà possibile lavorare. Pregi: grande miniaturizzazione, riduzione di tempo di montaggio e materiali e quindi risparmio. Difetti: una volta realizzato il circuito interno è impossibile modificarlo, alti costi di produzione. alti costi di progettazione. Approfondimento: La rivoluzione dei circuiti integrati Il transistor è alla base di tutti i circuiti elettronici attuali. I chip presentano al loro interno migliaia di transistor miniaturizzati. Nel 1958, gli ingegneri americani J.C. Kilby (Texas Instruments) e Robert Noyce (FairChild Semiconductor) aprirono l'era della miniaturizzazione dei circuiti elettronici riuscendo a combinare diversi componenti elettronici su una piastrina di silicio di dimensioni più piccole di un francobollo. Dal 1961 la produzione industriale dei circuiti integrati costituisce la chiave di volta che porterà alla realizzazione di calcolatori poco ingombranti, sempre più potenti e sempre più economici. I primi circuiti integrati comprendevano i componenti (transistor e altri elementi di supporto) sufficienti per realizzare solo alcune porte logiche, ma via via che il procedimento di integrazione si perfezionò, si ottennero circuiti integrati sempre più ricchi di componenti e dalle funzioni sempre più complesse, grazie ad una miniaturizzazione sempre più spinta. Il calcolatore IBM 360 e il PDP-11 della Digital Equipment Corporation furono i primi elaboratori ad adottare i circuiti integrati. Nel 1971, tre ingegneri della Intel, Federico Faggin, Ted Hoff e S. Mazer, realizzarono un ulteriore passo in avanti in fatto di miniaturizzazione: progettarono e costruirono il primo microprocessore, 2 cioè un’intera unità di calcolo (la CPU) in un singolo circuito integrato. Questo microprocessore fu denominato Intel 4004 e ad esso sono seguiti numerosi altri modelli, sempre più sofisticati e potenti che, grazie al loro basso costo, hanno determinato l'attuale enorme diffusione dei calcolatori. Fig. 1 Alcuni circuiti integrati. Fig. 2. Ingrandimento dell’Intel 4004. Su una piastrina 4 × 3 mm Faggin, Hoff e Mazer riuscirono ad inserire 2.250 transistor, che formavano il cuore di un intero calcolatore in grado di elaborare in parallelo 4 bit. Fig. 3 Ingrandimento della superficie di un circuito integrato con saldature e micro fili di collegamento. 3 Fig. 4 Microprocessore Intel con chip visibile. Fig. 5 Microprocessore Intel 80386 aperto. * * Fig. 6 Interno stilizzato di un C.I. E’ visibile il “ragno” * 4 Costruzione dei CIRCUITI INTEGRATI La realizzazione dei vari componenti elettronici su una singola piastrina si ottiene dopo numerosi passaggi: 1. Innanzitutto del minerale grezzo in forma cristallina viene polverizzato e fuso per realizzare un cilindro di silicio cristallino che poi viene tagliato in fette da 500 micron di spessore 2. Il disco di silicio (wafer ) viene ossidato tramite la vaporizzazione di ossigeno e silicio allo stato gassoso alla temperatura di 1100°C 3. Sul disco ossidato così ottenuto viene spalmata una resina fotosensibile 4. Sul wafer viene posta una maschera con riprodotto il circuito elettrico e il tutto viene esposto a raggi ultravioletti. In tal modo, seguendo una tecnica simile a quella fotografica, viene impresso sul wafer lo schema del circuito 5 5. La fotoresina e la patina ossidata viene poi lavata via con acquaforte, lasciando così scoperto, in corrispondenza dei circuiti, il silicio del wafer. 6. A questo punto avviene il drogaggio del silicio, con atomi di boro per il silicio di tipo p o di arsenico per il silicio di tipo n. Gli atomi di questi gas penetrano solo nel silicio puro. 7. In seguito vengono creati gli elettrodi vaporizzando alluminio ( attualmente comincia ad essere utilizzato il rame ) con elettroni. 8. Infine i vari chip ( da un wafer si ottengono ca. 200 chip ) vengono tagliati con una punta di diamante e controllati. Quelli funzionanti andranno assemblati nel definitivo circuito integrato. Retroscena della Storia dell'invenzione Il circuito integrato fu ideato da dall'ingegnere americano Jack St.Clair Kilby (nato 1923) della Texas Instruments di Dallas nell'estate del 1958. L'invenzione fu ufficialmente annunciata il 12/09/1958. Per un certo tempo la paternità dell'invenzione fu però incerta tra Kilby e il fisico Robert Noyce (1927-1990) della FairChild Semiconductor e fondatore dell’ Intel che nel gennaio del 1959 giungerà indipendentemente da Kilby alle stesse conclusioni e brevetterà l'idea nel 1961. Il progetto di Noyce sarà un perfezionamento di quello di Kilby e consisterà in un processo di diffusione planare a partire dal silicio monocristallino mediante processi fotografici. Una curiosità: se la comunità scientifica è unanime nell'attribuire ad entrambi i ricercatori l'invenzione del transistor, solo Kilby sarà ammesso nella Sala d'onore degli inventori nazionali insieme a Edison, Ford, Shockley, i fratelli Wright e pochi altri. 6 Immagini Fig1: Wafer già trattato con circuiti. Fig2: Wafer con evidenziato un singolo circuito integrato. (Notare le piccole dimensioni) 7 Fig3: Ingrandimento dei circuiti integrati. (Alcuni sono rovinati) Fig3: Ingrandimento di un Circuito integrato: Un solo transistor degli oltre 2000 contenuti nel circuito. Fig4: Ingrandimento di un Transistor: I piedini. Dimensioni in scala: __ questa linea vale 50 Nano metri 50 x 10-9 metri Cioè 50 milionesimi di millimetro. 8 PLD –PROM La tecnologia non si è fermata. Piccole industrie si ritrovano a dover ridurre ulteriormente le dimensioni del circuito o a combattere lo spionaggio industriale. Proprio a causa di quest’ultimo sono nati i PLD (PROGRAMABLE LOGIC DEVICE) dispositivi dove programmare circuiti logici, e le PROM, cioè memorie programmabili. PLD (Programmable Logic Device) Programmable Logic Device, è un circuito integrato programmabile utilizzato nei circuiti digitali. I PLD sono dispositivi in silicio senza circuito prefissato all’interno. Il “consumatore” di questo prodotto forma al suo interno il circuito desiderato fornendo, con una macchina apposita, opportune tensioni ai piedini della PLD vergine. Per quanto riguarda l’investimento da fare per l’utilizzo dei PLD si dovrà acquistare: computer, macchina per programmare i dispositivi dotata di BUS di trasmissione, software. A differenza di una porta logica tradizionale, che realizza una funzione logica predefinita e non modificabile, un PLD, al momento della fabbricazione, non è configurato per svolgere una determinata funzione logica. Prima di poter utilizzare un PLD in un circuito, esso deve essere programmato. Essi permettono la realizzazione di funzioni digitali combinatorie o sequenziali nello stesso integrato. Sono prodotti allo stato non programmato e le funzioni desiderate sono determinate e programmate dall'utente attraverso l’ interruzione di contatti detta “bruciatura di fusibili” all’interno del silicio, realizzata da tensioni prodotte da apposito dispositivo gestito da software. I PLD furono introdotti nel 1975; il primo dispositivo programmabile, non a memoria, fu realizzato dalla Signetics, che lo denominò Field-Programmable Logic Array (FPLA). Esso è costituito da una matrice AND e da una matrice OR, entrambe programmabili. PROM (Programmable Read Only Memory) La Programmable Read Only Memory, ovvero memoria di sola lettura programmabile è una tipologia di memoria a stato solido programmabile una sola volta. Nasce come evoluzione della ROM a maschera ed è volta a ridurne i notevoli costi di produzione dovuti alla progettazione delle maschere per l'impiantazione ionica. (C.I.Tradizionali) La ROM a maschera richiede infatti di cambiare l'intera linea di produzione ogni qual volta fosse necessario modificare anche una minima parte dei circuiti logici. La PROM invece contiene dei fusibili, che possono essere bruciati secondo le esigenze per implementare i circuiti logici richiesti, e richiede un'apparecchiatura speciale per le operazioni di scrittura. Esiste inoltre una tipologia di PROM in cui al posto dei fusibili vengono usati degli antifusibili, nei quali il collegamento viene creato invece di venire bruciato. Pregi: - Circuito esclusivo più difficile da copiare - ulteriore miniaturizzazione - riduzione dei costi di produzione grazie al minor tempo impiegato in fase di montaggio. Difetti: -Impossibilità di modifica una volta realizzato il circuito e quindi adatto in fase di produzione e non di progettazione. -Occorre un piccolo investimento iniziale. 9 EPLD - EPROM Sono dispositivi riprogrammabili e quindi in cui è possibile cancellare la precedente programmazione e renderli di nuovo vergini. EPLD (Erasable - Programable Logic Device) E-PDL: è una logica programmabile sulla quale è possibile più di una volta andare a modificare il circuito logico interno. Sono principalmente cancellabili elettricamente, qualcuna è cancellabile con raggi ultravioletti di una alta frequenza ben determinata. Eprom (Eresable - Programmable Read Only Memory) Memoria di sola lettura ri-programmabile cancellabile. In questo caso attraverso luce ultravioletta specifica. Occorre smontare il dispositivo e irradiarlo una ventina di minuti in appositi apparati con luce ultravioletta. Esistono quelle cancellabili elettronicamente che sono molto più comode in quanto si possono riprogrammare senza essere smontate. Si chiamano EEPROM (Electronically Eresable Programmable Read-Only Memory) Fig1: Cancellatore di Eprom Pregi: - si possono cancellare e riprogrammare quindi risulta essere molto comoda in fase di progettazione. Difetti: - più costosa della PDL - Prom 10