29 giugno 2016 – Messa della solennità dei SS

Documenti
Dom Bernardo Francesco Maria Gianni
29 giugno 2016 – Messa della solennità dei SS. Pietro e Paolo
Prima professione monastica di Dom Angelico Maria Piesie
Abbazia di San Miniato al Monte – Firenze
-Figlio carissimo che cosa chiedi a Dio e alla Sua Santa Chiesa?
-La misericordia del Signore e il dono di servirlo fedelmente nella vostra famiglia
monastica di S. Maria di Monte Oliveto
-Il Signore ti ammetta fra coloro che si è scelto
-Rendiamo grazie a Dio
-Un giorno l'Abate Ilarione venne dalla Palestina a trovare l'Abate Antonio sulla
montagna. L'Abate Antonio gli disse: “Sii benvenuto stella messaggera del giorno che
nasce” e l'Abate Ilarione rispose: “ Pace a te colonna di luce che sostiene l'universo”.
Carissimo figlio Angelico, voglio iniziare questa meditazione, offerta per una tua
maggiore consapevolezza nella scelta e nell'offerta di te quale monaco che ti accingi a fare
al Signore, con un brano della tradizione monastica, un detto di Ilarione che ci consegna
questo splendido, reciproco saluto fra due grandi monaci, Ilarione e Antonio. Qui,
carissimo Angelico e carissimi tutti, la tradizione monastica fa propria in realtà una
reciproca offerta di saluto che di fatto, secondo una certa tradizione, si scambiarono gli
stessi apostoli Pietro e Paolo qualificandosi l'un l'altro in questo modo mirabile: stella
messaggera del giorno che nasce e colonna di luce che sostiene l'universo.
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La tradizione monastica e la consapevolezza umile, ma nello stesso tempo forte, di questi
due monaci ha voluto far proprio questo straordinario epiteto, l'uno per l'altro, che oggi
con altrettanta umiltà, ma anche con altrettanta forte consapevolezza io consegno a te,
Angelico, perché davvero si possa dire anche di te, della tua vita, della tua dedizione al
Signore, essere stella messaggera del giorno che nasce e nello stesso tempo, colonna di luce
che sostiene l'universo.
Come è che due monaci abituati dal deserto all'umiltà, alla privazione, all'ascesi, alla
povertà, alla essenzialità, alla radicalità si sono potuti attribuire parole così importanti che
la tradizione ha attribuito niente di meno che ai due grandi Santi Apostoli, colonne della
Chiesa, che oggi solennemente celebriamo?
Forse è la hybris, l'orgoglio della vita monastica o non è forse piuttosto la consapevolezza
che la nostra vita, immersa nel mistero con cui Cristo ci chiama a sé, può farci definire in
questo modo altissimo la nostra esistenza?
Carissimo Angelico, per usare le parole che Paolo rivolge con forza a Timoteo, in realtà tu
sei anche fra coloro che attendono con amore la sua manifestazione, tu sei chiamato ad
essere uomo della vigilanza, uomo dell'attesa, uomo dell'ascolto, uomo della speranza,
proteso sul crinale di questa collina, da un lato ad annunciare alla città ancora immersa
nelle tenebra che si è svegliato il sole, profezia della giustizia e della misericordia che il
Signore viene a donare giorno dopo giorno al suo popolo e nello stesso tempo, quando
tramonta il sole, a dire a questa stessa città di restare col cuore rivolto a Gerusalemme, alla
vera Gerusalemme, perché non si dimentichi che la sua storia non è solo radicata nel
passato, ma soprattutto generata dal futuro di Dio.
Sei fra coloro che attendono con amore la sua manifestazione, sei fra coloro che vivono
perennemente l'avvento che ci ricorda come questa storia non sia conclusa in sé, come la
ferita che noi volutamente lasciamo che lo Spirito compia sul nostro corpo, scegliendo di
essere solo per il Signore vuole esprimere questa attesa incondizionata di un di più che
troppe volte la nostra contemporaneità dimentica, vuole ricordare l'eccedenza di mistero
con cui riconosciamo non compiuta in sé la nostra storia, ma perennemente aperta ad un
ulteriore di forza, ad un ulteriore segno, ad un ulteriore logos, quello che solo il Signore
può pronunciare per dare pieno adempimento alla nostra condizione umana.
Dunque davvero si possa e si debba dire di te, stella messaggera del giorno che nasce.
Ma ancora l'Abate Ilarione risponde: Pace a te, colonna di luce che sostieni l'universo.
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In questo bellissimo brano degli Atti, noi abbiamo contemplato la luce con cui nella
penombra, anzi nell'oscurità della prigione, assistiamo ad una nuova Pasqua che il Signore
riserva alla sua Chiesa nascente, prigioniera di disegni idolatrici che vorrebbero soffocare
la libertà e la dignità del Vangelo, donatoci per ricordare a ciascuno di noi la libertà e la
dignità del nostro cuore; un angelo, come tu porti il nome di un angelo, scende a liberare
Pietro, a fargli sperimentare quello che anche Paolo sperimenta con forza, il Signore
prossimo alla tua e alla nostra vita, il Signore che troppe volte riteniamo indifferente ed
estraneo ai nostri giorni e che, col prodigio del suo amore, si fa vicino al suo popolo,
soprattutto quando esso è nella prova e nella sofferenza.
La nostra vita è tentata di ritenersi appiattita su una orizzontalità estranea alla verticalità
dell'amore di Dio, al suo essere da parte sua, per noi, spinta verso l'ascesa, ma nello stesso
tempo anche esperienza con cui Lui, con amore, si inchina verticalmente sulla nostra
povera e fragile condizione umana. Si disegna così una verticalità che è davvero la colonna
di luce con cui Ilarione saluta Antonio, una colonna di luce che vorrei fosse una delle
qualifiche della tua testimonianza monastica. Tu possa essere davvero, anzitutto per i tuoi
fratelli, anche per tuo padre che ti parla, per la tua comunità, per coloro che qui salgono, il
segno di una verticalità tutta teologale, che abbia il sapore, il gusto, la bellezza, il profumo
dell'amore di Dio, che sollevi le nostre strade, i nostri percorsi, le nostre fatiche, in
quell'orizzonte che questo luogo e questa vita che qui si professa, vuole portare al mondo
intero.
Sappiamo che sono alti propositi, talvolta smentiti dalla nostra fragilità, dalla nostra
debolezza, dalla nostra mediocrità, non lo diciamo per falsa retorica e finta umiltà, lo
diciamo perché siamo consapevoli che quello che stai per dire e per compiere, Dom
Angelico, se non si situa nelle energie dello Spirito, resterebbe certamente un disegno
tanto grandioso quando necessariamente destinato a fallire, ecco il senso di questa
celebrazione che vede intorno a questo altare la comunità dei tuoi fratelli, ma anche la
comunità delle tante persone che vengono in questo luogo perché lo sperimentano quale
spazio verticale che è nello stesso tempo colonna di luce e stella che annuncia la luce
nuova del giorno.
E questa gente, questo nostro popolo amatissimo, che accogliamo nelle nostre liturgie e in
questi spazi di bellezza, è qui con noi ad invocare lo Spirito perché davvero tu possa
diventare saluto vivente con cui il cielo si inchina sulla terra.
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La santità degli Apostoli Pietro e Paolo garantisca e protegga questo tuo proposito, i padri
monaci che ci hanno preceduto si rallegrino nel vedere un nuovo figlio che intende seguire
la loro strada, questi nostri venerabili anziani, l'Abate Agostino e Don Nicola, che si
rallegrano di nuovi germogli con cui questa nostra avventura di fede continua, i tuoi
fratelli più vicini nell'età che si sentono confortati e consolati dalla tua gioiosa e brillante
presenza, il popolo di Dio che riconosce nei tuoi talenti, non solo di artista, ma soprattutto
di futuro monaco, quello che Ilarione e Antonio si sono detti per salutarsi in un giorno
lontano, essere l'uno per l'altro quello che tanto desidero tu sia per te, per noi, per tutti:
colonna di luce che sostiene l'universo, stella messaggera del giorno che nasce.
Amen.
Fonte: http://www.sanminiatoalmonte.it/node/526
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