6 ITALIA XIV-XV SECOLO appunti

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La situazione politica in Italia nel XIV- XV secolo
Dai Comuni, alle Signorie, ai Principati
Negli ultimi decenni del Duecento l’Italia comunale si era divisa tra città ghibelline, sostenitrici degli ultimi Svevi
(Manfredi e Corradino), e città guelfe, sostenitrici degli Angioini e del papa. Le due fazioni si contrapponevano anche
all’interno di ogni città: generalmente i capi della fazione sconfitta venivano esiliati e trovavano rifugio in altre città,
dove preparavano la “rivincita”.
Per esempio i ghibellini di Firenze, sconfitti ed esiliati dai guelfi, trovarono rifugio a Siena e fomentarono la rivalità
tra le due città. In tal modo le guerre fra città e all’interno delle città non cessavano mai... In genere dietro questo
conflitto tra Guelfi e Ghibellini c’erano rivalità familiari, sociali ed economiche. Spesso, ma non sempre, i ghibellini
erano i nobili che difendevano il loro potere nelle città, e i guelfi erano i nuovi borghesi che cercavano di scalzarli.
Su questa rivalità si innestò poi la grande crisi economica del Trecento la quale, come abbiamo visto, bloccò la
mobilità sociale, restrinse gli spazi di libertà e di partecipazione politica, divise la popolazione in due parti ben
distinte: nobili e ricchi borghesi al potere, popolo minuto escluso dal potere. La situazione di crisi economica esigeva
che i contrasti sociali e politici all’interno delle città venissero placati e che le rivendicazioni della “plebe” venissero
soffocate (non era possibile difendere i traffici commerciali, la produzione artigianale e le rendite agrarie in una
condizione di guerra perpetua), e per questo i ceti dominanti nei Comuni decisero di affidare tutto il potere a un
Signore, che generalmente era il personaggio più ricco e potente della città. Il Signore, valendosi del potere assoluto
conferitogli, doveva assicurare pace, tranquillità, sicurezza e benessere ai cittadini (almeno a quelli che “contavano”).
In genere le istituzioni comunali (assemblee, consigli ecc.) rimanevano in vita, e tuttavia il Signore assommava in sé
tante cariche e tanti poteri, che di fatto diveniva il padrone assoluto della città.
Questo processo di trasformazione dei Comuni in Signorie avvenne generalmente agli inizi del Trecento, con
l’eccezione di Firenze che conservò l’ordinamento comunale fino al Quattrocento (Cosimo de’ Medici conquistò il
potere assoluto a Firenze nel 1435). E’ bene precisare la Signoria veniva conferita dalla cerchia ristretta dei “patrizi” o
“magnati”, e che quindi il Signore era condizionato da questa élite cittadina; inoltre il titolo di Signore non era
ereditario. Il Signore però mirava a rendere ereditario il titolo, per conservare il potere nella propria famiglia e per
sganciarsi dal condizionamento dei “magnati”. Ovviamente l’esercizio di un potere incondizionato consentiva ai
Signori di incrementare i già ragguardevoli patrimoni familiari, di aumentare le influenze e il prestigio. Pertanto i
Signori nel Quattrocento cominciarono a comprare dall’imperatore il titolo di “vicario imperiale” (e più tardi il titolo
feudale di “duca” o “marchese”). In tal modo essi si riferivano al fatto che l’Italia, formalmente, apparteneva ancora al
Sacro Romano Impero, e chiedevano di reggere le città italiane “in vece” dell’imperatore. L’imperatore, concedendo i
titoli di vicari imperiali o di duchi, non pensava affatto di ripristinare la sua autorità in Italia, però realizzava ingenti
guadagni.
Il Signore, con il vicariato imperiale, otteneva una legittimazione dall’alto, quindi si liberava dal
condizionamento dei ceti dominanti, e rendeva ereditario il proprio potere: non era più Signore, ma Principe.
Contemporaneamente all’evoluzione istituzionale dei Comuni, che si trasformano in Signorie e poi in Principati, si
assiste nei secoli XIV e XV a una semplificazione del quadro politico italiano, perché le città-Stato più forti assorbono
e sottomettono quelle più piccole. E’ un fenomeno che si spiega sempre con la crisi economica e con le conseguenti
lotte per la conquista di risorse.
Quindi nel Quattrocento i Principati sono assai meno numerosi e più estesi dei Comuni del Duecento. Anche i
Principati sono però sempre in guerra fra loro, nel tentativo di impadronirsi di nuove province e di allargare i confini.
Un ulteriore fattore di instabilità e di guerra è costituito dalle “compagnie di ventura”, cioè da eserciti mercenari
comandati da condottieri abili e spregiudicati, i quali non si limitano a prestare i loro servigi all’uno o all’altro
principe, ma entrano attivamente nel gioco politico e cercano di conquistare posizioni di potere. Il caso più
emblematico fu quello del capitano di ventura Francesco Sforza, che costrinse il duca di Milano Filippo Maria
Visconti a concedergli la figlia in sposa, e poi, alla morte del Visconti, ottenne il dominio del ducato.
I Principati italiani a metà del Quattrocento
A metà del secolo XV° il quadro politico italiano è il seguente:
1) Ducato di Savoia, ritornato sotto l’antica casata feudale dei Savoia: comprende la Savoia e parte del Piemonte.
2) Repubblica di Genova (naturalmente è una repubblica oligarchica, come Venezia): comprende la Liguria e la
Corsica.
3) Ducato di Milano (comprende parte della Lombardia e parte dell’Emilia). Fino al 1447 appartiene ai Visconti, poi
passa a Francesco Sforza. Il Ducato di Milano, con Giovanni, GianGaleazzo e Filippo Maria Visconti, fu protagonista
di un’espansione territoriale senza precedenti: si pensava che i Visconti potessero addirittura unificare politicamente
tutta la penisola; tuttavia la reazione decisa degli altri Principati italiani (soprattutto di Venezia e di Firenze) che
temevano la rottura degli equilibri politici in Italia, portò al ridimensionamento del Ducato di Milano.
4) Repubblica di San Marco (Venezia): nel 1297 la “serrata del maggior consiglio” vietò l’accesso di uomini nuovi al
maggior consiglio che governava Venezia: in tal modo la Repubblica veneziana divenne uno stato oligarchico retto da
una aristocrazia ereditaria: nel Quattrocento, mentre si restringevano gli spazi politici ed economici nel Mediterraneo,
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Venezia si rivolse al suo entroterra, e assoggettò tutto il Veneto e le province (oggi lombarde) di Bergamo e di
Brescia.
5) Principati minori: ducato del Monferrato, ducato di Mantova (Gonzaga), Ducato di Ferrara (Estensi).
6) Firenze formalmente rimane un Comune, però nel 1435 la famiglia Medici detiene di fatto un potere assoluto, in
quanto controlla tutte le magistrature più importanti (criptosignoria). Firenze inoltre estende il suo dominio su tutta la
Toscana, eccettuate le piccole repubbliche di Siena e di Lucca.
7) Lo Stato della Chiesa comprende parte dell’Emilia Romagna, Marche, Umbria e Lazio; tuttavia molte città sono
dominate da Signori o Principi che governano con piena autonomia (Bentivoglio a Bologna, Montefeltro a Urbino,
Ordelaffi a Forlì, Da Polenta a Ravenna, ecc...)
8) Al sud il re Alfonso d’Aragona, già sovrano della Sicilia e della Sardegna, nel 1442, in seguito ad una crisi
dinastica degli Angioini, si impadronisce del Regno di Napoli.
La conquista turca di Bisanzio (1453) e le conseguenze in Italia: la pace di Lodi (1454)
Ripetiamo che le guerre fra i Principati italiani erano continue e portavano a cambiamenti dei confini e del quadro
politico generale molto rapidi e profondi. Tuttavia questa divisione e instabilità politica della penisola italiana metteva
i Principati italiani in condizioni di debolezza e di inferiorità rispetto ai grandi stati stranieri. Per questo nel 1454 i
Principi italiani stipularono la Pace di Lodi per porre fine ai continui conflitti e formarono la Lega Italica, che doveva
unire tutti gli Stati italiani contro eventuali aggressioni e ingerenze di Stati stranieri. La pace di Lodi fu stipulata nel
1454, un anno dopo la fine della Guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra e dopo la conquista di Bisanzio da parte
dei Turchi Ottomani: infatti dopo questi due eventi la Francia e l’Impero Turco Ottomano manifestavano capacità e
ambizioni di espansione e di conquista che preoccupavano i principi italiani (nel 1480 i Turchi conquistarono Otranto
in Puglia e ne uccisero o deportarono come schiavi tutti gli abitanti; dopo un anno furono però costretti a ritirarsi
dall’intervento di Alfonso d’Aragona).
La Pace di Lodi fu una pace dell’equilibrio, basata cioè sulla conservazione dell’equilibrio tra le forze degli Stati
italiani, equilibrio che impediva che un principato italiano potesse sconfiggere e sottomettere gli altri principati;
questo equilibrio fu mantenuto soprattutto grazie all’attività diplomatica di Lorenzo de’Medici (1449-1492) , signore
di Firenze, il quale strinse alleanze “variabili”, ma sempre finalizzate a mantenere la pace e a rintuzzare i tentativi di
espansione dei principi italiani più forti e ambiziosi.
La pace di Lodi resistette fino alla morte di Lorenzo de’ Medici (1492), poi ripresero le rivalità tra i Principi italiani
che non esitavano a chiedere l’aiuto dei francesi o degli spagnoli per battere i rivali italiani e ottenere vantaggi
territoriali. Nel 1494 il re di Francia Carlo VIII scese in Italia per conquistare il Regno di Napoli.
La conquista francese del Regno di Napoli (la “calata” di Carlo VIII in Italia 1494-95)
Unico figlio di re Luigi XI, Carlo VIII di Valois gli succedette nel 1483. La politica di Carlo VIII fu volta a
consolidare ed estendere il territorio del regno.
Pacificati i rapporti con le potenze europee, Carlo VIII, che vantava attraverso la nonna paterna, Maria d'Angiò (14041463), un lontano diritto ereditario alla corona del Regno di Napoli, indirizzò le risorse della Francia verso la
conquista di quel reame.
L’occasione gli fu offerta dal contrasto tra il re di Napoli Ferrante d’Aragona e Ludovico Sforza, detto il Moro, zio del
duca di Milano Gian Galeazzo II Sforza. Ludovico aveva usurpato il potere del giovane e gracile duca, che aveva
sposato la nipote di re Ferrante. Pertanto Ferrante minacciava Ludovico, pretendendo che il potere sul ducato venisse
restituito al legittimo duca. Ludovico allora chiese l’aiuto del re di Francia. Carlo VIII mirava alla conquista
dell’Italia meridionale non solo per far valere i suoi diritti dinastici, ma anche per farne la base di partenza di una
nuova Crociata contro i Turchi Ottomani.
Carlo VIII scese in Italia nel 1494 con un esercito 30.000 soldati, dotato di un'artiglieria moderna. Fu accolto e
ricevuto con onori da tutti principi italiani (il duca di Savoia, Ludovico il Moro, Piero de’ Medici a Firenze, il papa
Alessandro VI) spaventati dalla potenza dell’esercito francese, ma i fiorentini, indignati per l’atteggiamento servile di
Piero de’ Medici, lo cacciarono e istituirono la Repubblica i.
Carlo VIII arrivò così a Napoli e sconfisse facilmente il re di Napoli (Ferrandino, succeduto a Ferrante), non riuscì
tuttavia a consolidare il dominio sull’Italia meridionale a causa della resistenza opposta da nobili e popolani fedeli agli
Aragonesi. Inoltre i principi italiani, temendo che Carlo VIII mirasse alla conquista di tutta la penisola, crearono una
Lega antifrancese a cui aderirono il papa, Venezia, Ludovico il Moro, l’Impero e la Spagna. Carlo VIII, che non
disponeva di una flotta che potesse garantire i collegamenti tra Napoli e la Francia, decise allora di risalire la penisola
per ritornare in Francia. A Fornovo di Taro (1495) avvenne lo scontro tra la Lega e l’esercito francese. Carlo VIII, pur
subendo gravi perdite, riuscì a superare lo sbarramento nemico e a rientrare in Francia. A Napoli Ferrandino
d’Aragona riprese il potere. Quindi il primo “attacco” all’Italia da parte di una potenza europea era fallito, ma aveva
comunque dimostrato che la penisola italiana, con la sua frammentazione politica, era una facile preda. Le aggressioni
e i tentativi di conquista, da parte della Francia e della Spagna, sarebbero ripresi dopo pochi anni, a partire dal 1500
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Infatti nel 1500 il nuovo re di Francia, Luigi XII attaccò e conquistò il ducato di Milano, scacciando Ludovico il
Moro; il suo intervento in Italia provocò la reazione della Spagna e diede inizio alle “guerre d’Italia”. Per 16 anni la
Francia e la Spagna combatterono sul territorio italiano, e tutti gli Stati italiani furono coinvolti nelle guerre come
alleati subalterni dell’una o dell’altra potenza europea. Nel 1516 si arrivò a un accordo (che però ebbe breve durata)
tra Spagna e Francia: con la Pace di Noyon (pronuncia: Nuaiòn) il Ducato di Milano andava alla Francia e il Regno di
Napoli andava alla Spagna.
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Con la restaurazione della repubblica fiorentina, nel 1494, il potere passò a un movimento popolare capegiato da Girolamo
Savonarola, un frate domenicano che si era creato un largo seguito nella città predicando con grande vigore contro il lusso della
signoria medicea e dei magnati fiorentini, e contro la corruzione della chiesa e del pontefice “nepotista” Alessandro VI Borgia.
Savonarola chiedeva una purificazione della società (esemplare fu il “falò delle vanità” attuato dai suoi seguaci il martedì grasso
del 1497) e un profondo rinnovamento della chiesa: i suoi seguaci erano detti “piagnoni” per il loro moralismo intransigente. Ma il
governo popolare fondato dal Savonarola non riuscì a radicarsi nella città: le sue riforme – soprattutto l’imposta fondiaria e
l’imposta progressiva sul reddito, che allora era considerata un provvedimento rivoluzionario – spinsero le famiglie magnatizie
(aristocratici e ricchi borghesi) e i sostenitori dei Medici a coalizzarsi contro di lui. Nel 1498 il papa scomunicò Savonarola
(perché aveva disubbidito al divieto di predicare), gli avversari del Savonarola allora approfittarono della scomunica per
screditarlo presso il popolo, imprigionarlo e processarlo. Fu condannato a morte come eretico, impiccato e bruciato nel maggio del
1498 in Piazza della Signoria. In seguito alla morte del Savonarola il potere passò alla borghesia, ma Firenze rimase una
repubblica fino al 1512, anno del ritorno al potere dei Medici. Nel periodo dal 1498 al 1512 fu segretario della Repubblica
fiorentina lo scrittore Niccolò Machiavelli.
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