schemi e schede 2

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10
Capitolo
Il processo di cognizione
davanti al tribunale
Sezione Prima
LA FASE INTRODUTTIVA
1Il processo di cognizione
CC Per disciplinare il processo di cognizione, ossia il processo nel quale il giudice è chiamato ad accertare la situazione di fatto esistente tra le parti, a individuare le norme giuridiche da applicare e a decidere con sentenza, il legislatore ha dettato una disciplina-tipo valida per ogni processo di cognizione davanti a ciascun giudice in tutti i gradi, integrata con le regole specifiche richieste dalle particolarità proprie dei singoli tipi di giudice o del singolo grado di
giudizio.
CC Per la disciplina tipica del processo di cognizione il legislatore ha scelto il
giudizio di gran lunga più frequente, che si svolge davanti al giudice la cui
sfera di competenza è più ampia, ossia il giudizio di primo grado davanti al
tribunale.
CC A questo giudizio è dedicato il Primo Titolo del secondo Libro del Codice.
Principi generali
CC Al primo Titolo segue un titolo secondo dedicato al procedimento davanti giudice di pace (artt. 311-322 c.p.c.). Tale procedimento, «per tutto ciò che non è
regolato nel presente Titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili» (art. 311 c.p.c.).
CC Pertanto, il procedimento davanti al giudice di pace è retto dalle norme che disciplinano il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica,
se il singolo istituto non è regolato espressamente da una disposizione ad hoc
dettata per il processo davanti al giudice di pace, oppure se la disciplina del
singolo istituto, in quanto contrastante con le caratteristiche generali della disciplina o della funzione del giudice di pace, risulti inapplicabile.
✃
CC Anche la disciplina dell’appello è limitata alle particolarità proprie di questa
fase di giudizio ed è integrata da una norma di richiamo generale (art. 359
c.p.c.) che dispone testualmente così: «Nei procedimenti d’appello davanti alla
Corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il
procedimento in primo grado davanti al tribunale, se non sono incompatibili
con le disposizioni del presente capo». La tecnica è la stessa di cui il legislatore si è servito per i giudizi innanzi al giudice di pace e al tribunale in composizione monocratica: la disciplina (paradigmatica) del procedimento innanzi al
tribunale in primo grado si applica in quanto non incompatibile con le disposizioni previste dalla disciplina specifica dell’appello e in quanto applicabile, ossia non in contrasto con la struttura e la funzione dell’istituto.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 107
Schema n. 14
Fasi del processo di cognizione
Fase preparatoria o introduttiva
Si svolge prevalentemente su attività delle parti e comprende la notifica dell’atto introduttivo del
giudizio e la costituzione delle parti
Fase istruttoria
Ha inizio con la prima udienza ex art. 183 c.p.c. e comprende le attività processuali necessarie
perché la causa possa essere decisa
Trattazione: attività diretta all’esposizione e discussione delle domande e delle
eccezioni che si suddivide in:
— momento preparatorio
— trattazione vera e propria
Istruzione probatoria: attività diretta
all’acquisizione delle prove
Fase decisoria
Caratterizzata dall’emissione della sentenza da parte del giudice
2 L’atto di citazione (artt. 163-164 c.p.c.)
CC L’atto di citazione è l’atto introduttivo del giudizio con il quale l’attore propone
la domanda chiedendo tutela di un proprio diritto nei confronti del convenuto (editio actionis), mettendo quest’ultimo in condizione di esercitare la propria difesa in
causa invitandolo a comparire a una determinata udienza fissata dall’attore stesso (vocatio in ius).
Generalità
CC Destinatario dell’atto di citazione non è solo il convenuto, nei cui confronti è proposta la domanda, ma anche il giudice, che su di essa deve pronunciarsi (Mandrioli).
CC La citazione deve essere portata a conoscenza del convenuto attraverso la notificazione e a conoscenza del giudice attraverso l’iscrizione a ruolo.
Contenuto
(art. 163 c.p.c.)
108 • CC La domanda si propone
mediante citazione a
comparire a udienza fissa e deve contenere:
Capitolo 10
1) l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2) il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale
dell’attore, il nome, il cognome, il codice fiscale, la
residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e
delle persone che rispettivamente li rappresentano
o li assistono. Se l’attore o il convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o
un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta con l’indicazione dell’organo o
dell’ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
CC La domanda si propone
mediante citazione a
comparire a udienza fisContenuto
sa e deve contenere:
(art. 163 c.p.c.)
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda, ossia il bene materiale di cui l’attore chiede l’attribuzione (c.d. petitum immediato);
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda (c.d. causa petendi), con le relative conclusioni, ossia il provvedimento che l’attore chiede al giudice di pronunciare (c.d.
petitum mediato);
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione
della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di
20 giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c., ovvero di 10
giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e
a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168bis c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.
CC L’atto di citazione deve poi essere consegnato all’ufficiale giudiziario, il quale lo
notifica a norma degli artt. 137 ss. c.p.c.
•la litispendenza, cui si ricollegano anche gli istituti della continenza e della connessione;
Notificazione
CC La notifica della citazione al convenuto segna
il momento iniziale
della pendenza della
lite. Da questo momento si determinano gli effetti dell’atto di citazione, quali, ad esempio:
•la
perpetuatio iurisdictionis, ossia la fissazione del
momento determinante per la valutazione dei presupposti di giurisdizione e competenza del giudice adito,
rendendo irrilevanti successive modificazioni dei presupposti di fatto o di diritto (art. 5 c.p.c.);
•l’interruzione della prescrizione (art. 2943 c.c.);
•la sospensione della prescrizione fino al passaggio in
giudicato della sentenza (art. 2945 c.c.);
•l’impedimento della decadenza (art. 2966 c.c.).
CC Nella scelta della data di prima udienza da indicare nell’atto di citazione, l’attore
deve rispettare i termini dilatori previsti dell’art. 163bis c.p.c., i quali hanno lo
scopo di garantire al convenuto un periodo minimo di tempo per la predisposizione delle proprie difese. Si deve trattare di termini liberi, per cui non deve calcolarsi né il termine iniziale né il termine finale.
Termini per
comparire
CC Tra il giorno della notifica della citazione e quello dell’udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di 90 giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, e di 150 giorni se si trova all’estero.
CC In caso di urgenza, il presidente può, su istanza dell’attore, abbreviare i termini di
comparizione fino alla metà, alla riduzione dei termini di comparizione consegue automaticamente anche la riduzione dei termini di costituzione di attore e convenuto.
✃
CC Per impedire condotte dilatorie dell’attore, il quale abbia indicato, per la prima
udienza, una data molto avanti nel tempo, l’art. 163bis, co. 3, c.p.c. prevede la
possibilità, per il convenuto, di chiedere l’anticipazione dell’udienza.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 109
•se manca o è assolutamente incerto uno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’art. 163 (indicazione dell’Autorità giudiziaria e delle parti);
CC La citazione è nulla, ai sensi dell’art. 164, co. 1, c.p.c.:
•se manca l’indicazione della data dell’udienza di
comparizione;
•se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge;
•se manca l’avvertimento previsto dal n. 7) dell’art.
163.
Vizi della vocatio in ius
CC In queste ipotesi, se il convenuto non si costituisce il giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. La rinnovazione sana i vizi, e gli effetti processuali e sostanziali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se, invece, la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’art. 307, co. 3, c.p.c., con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali della domanda non si produrranno.
CC Se il convenuto si costituisce, la costituzione sana i vizi della citazione. Tuttavia, se il convenuto ritiene, in concreto, di non aver potuto predisporre tempestivamente le proprie difese a causa dell’inosservanza del termine a comparire o della mancanza dell’avvertimento, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei
termini, ma se il giudice, nonostante l’eccezione del convenuto, omette di fissare
la nuova udienza, la sanatoria non si verifica e la nullità permane (Cass. 9150/2004).
CC La citazione è altresì nulla per omissione o assoluta incertezza dell’oggetto
della domanda (art. 164, co. 4, c.p.c.),
vale a dire dei requisiti di cui ai nn. 3 e 4
dell’art. 163, co. 3, c.p.c., che riguardano l’editio actionis (compresa l’individuazione delle parti e il petitum immediato),
la cui mancanza rende la domanda inidonea a far conoscere al convenuto l’ogVizi dell’editio
getto della domanda dalla quale deve diactionis
fendersi. In questi casi, il giudice:
•se il convenuto non si costituisce, assegna all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione, fissando anche il giorno dell’udienza;
•se il convenuto si costituisce, fissa
un termine perentorio per integrare
la domanda.
CC Se la rinnovazione o l’integrazione avvengono, la sanatoria opera ex nunc, ossia non ha efficacia retroattiva, con la conseguenza che alle decadenze maturate nel frattempo non è più possibile porre rimedio (Cass. 11149/1998).
CC Se, invece, la rinnovazione o l’integrazione non avvengono, si ha l’estinzione
del processo in caso di mancata rinnovazione, o la nullità nel caso della mancata integrazione.
Osservazioni
Se il vizio investe addirittura l’esistenza dell’atto, non è possibile alcuna sanatoria. L’unico caso di
citazione inesistente è la citazione priva di sottoscrizione. L’inesistenza dell’atto comporta che
(Cerino Canova):
— l’ufficiale giudiziario ha il dovere di rifiutare la notificazione;
— il cancelliere deve rifiutare di ricevere gli atti e i documenti necessari per la costituzione dell’attore a norma dell’art. 165 c.p.c., poiché la carenza della citazione li rende incompleti;
— il presidente della sezione al quale è presentato il fascicolo d’ufficio deve rifiutare la designare il giudice istruttore.
110 • Capitolo 10
La Cassazione esclude il difetto di sottoscrizione nel caso in cui il procuratore abbia sottoscritto
soltanto l’autenticazione della firma della parte (Cass. 293/1974), nonché nel caso in cui la firma
manchi solo nella copia notificata alla controparte (Cass. 802/1987).
Schema n. 15
schema generale del processo civile
Per disciplinare il processo di cognizione il legislatore ha dettato una disciplina-tipo valida per
ogni processo di cognizione davanti a ciascun giudice in tutti i gradi, integrata con le regole specifiche richieste dalle particolarità proprie dei singoli tipi di giudice o del singolo grado di giudizio
nonché integrata con la disciplina autonoma del giudizio di cassazione
Per la disciplina del processo di cognizione il legislatore ha scelto il giudizio più
frequente, che si svolge davanti al giudice la cui sfera
di competenza è più ampia,
ossia il giudizio di primo
grado davanti al tribunale:
Il titolo II è dedicato al procedimento davanti giudice di pace (artt.
311-322), retto dalle norme che disciplinano il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica se non si verifichi una
delle due seguenti circostanze:
— a questo giudizio il legislatore ha dedicato il titolo I del libro II del codice, includendo la disciplina delle eventuali vicende anormali del processo
— la disciplina del procedimento davanti al giudice di pace
e davanti al tribunale in composizione monocratica, nonché del giudizio d’appello, è stata condensata in alcune
norme dedicate a ciascuno di questi procedimenti, integrate da norme di richiamo alla disciplina del processo
di primo grado davanti al tribunale per tutti i casi in cui
non sia derogata dalle suddette norme particolari
— che il singolo istituto sia regolato espressamente
da disposizioni diverse che sostituiscono quelle
dettate per il procedimento innanzi al tribunale
— che la disciplina del singolo istituto, in quanto contrastante con le caratteristiche generali della disciplina o della funzione dei giudici unipersonali,
risulti in pratica non applicabile
L’art. 359 c.p.c. dispone che «nei procedimenti d’appello … si osservano, in quanto applicabili, le norme
dettate per il procedimento in primo grado davanti al
tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo». La disciplina del procedimento davanti al tribunale in primo grado si applica:
✃
Il titolo IV del libro II è dedicato alle «controversie
in materia di lavoro» nonché di previdenza e assistenza
— in quanto non incompatibile con
le disposizioni previste dalla disciplina specifica dell’appello
— in quanto applicabile, ossia non
in contrasto con la struttura e
la funzione dell’istituto
La disciplina di queste controversie configura un tipo particolare di processo di cognizione articolato con caratteristiche sue proprie, e ciò gli conferisce, nonostante la sua collocazione, i caratteri di un procedimento speciale
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 111
Schema n. 16
Casi di nullità degli atti introduttivi
L’atto di citazione è nullo
In caso di mera affermazione dell’esistenza di un credito senza indicazione dell’esatto ammontare
Nel caso in cui manchi l’indicazione del termine entro il quale deve avvenire la tempestiva costituzione in giudizio, sia l’avvertimento che la costituzione, oltre il termine stesso, determina la decadenza di eventuali domande riconvenzionali di eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio (art. 163, n. 7, c.p.c.)
Nel caso in cui manchi l’indicazione del termine entro il quale deve avvenire la tempestiva costituzione in giudizio, sia l’avvertimento che la costituzione, oltre il termine stesso, determina la decadenza di eventuali domande riconvenzionali di eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio (art. 163, n. 7, c.p.c.)
In caso di assoluta incertezza sull’oggetto della domanda, che si verifica quando manchino del tutto le conclusioni in ordine all’oggetto della domanda ma anche quando alcune indicazioni sono state fornite ma sono contraddittorie o insufficienti, tanto che da esse
è impossibile dedurre con precisione, secondo il libero apprezzamento del giudice, l’elemento della domanda attrice richiesto dalla legge
Allorché manchino del tutto o siano assolutamente indecifrabili le conclusioni o
quando siano contraddittorie
Nel caso di difformità tra la copia notificata e l’originale (ad es., per la diversa indicazione del giudice); infatti, la validità dell’atto deve essere valutata con riferimento alla
copia notificata, poiché la parte destinataria dell’atto non ha il dovere di eliminare le incertezze o di colmare le lacune dell’atto medesimo che le viene consegnato e deve riferirsi solo al contenuto di esso per svolgere le attività processuali conseguenti alla chiamata in giudizio, con l’effetto che, in caso di discordanza tra l’originale e la copia dell’atto notificato, assume rilievo il testo che risulta nella copia perché è su questa che la parte evocata regola il suo comportamento processuale
3 La costituzione dell’attore e del convenuto
CC La costituzione in giudizio è l’atto con cui l’attore e il convenuto, ossia i soggetti
che sono divenuti parti del processo a seguito della notifica dell’atto di citazione,
assumono la presenza ufficiale nel processo depositando in cancelleria il
fascicolo contenente gli atti introduttivi.
Costituzione in
giudizio
CC La parte non costituita è dichiarata contumace, mentre la parte che, pur essendosi costituita, non compare alle udienze, si dice assente.
CC La regolarità della costituzione è verificata d’ufficio dal giudice istruttore alla prima udienza.
112 • Capitolo 10
CC Per l’attore la costituzione in giudizio è l’ulteriore atto di impulso che deve compiere per far proseguire il processo dopo la notifica della citazione.
Costituzione in
CC La costituzione del convenuto è un atto analogo alla costituzione dell’attore, con
giudizio
la differenza che il convenuto entra in un processo il cui oggetto è già stato determinato dall’attore.
CC L’attore, entro 10 giorni dalla notifica della citazione al convenuto (o entro 5 giorni, in caso di abbreviazione dei termini), deve
costituirsi in giudizio a mezzo di
un avvocato, o personalmente
nei casi consentiti dalla legge,
depositando in cancelleria:
•la nota di iscrizione a ruolo;
•il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura rilasciata al difensore
e i documenti che intende utilizzare nel processo.
Costituzione CC Se si costituisce personalmente, l’attore deve dichiarare la residenza o eleggedell’attore (art.
re domicilio nel comune dove ha sede il tribunale.
165 c.p.c.)
CC Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere
inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione.
CC Ai sensi dell’art. 74 disp. att. c.p.c., la sottoscrizione dell’indice del fascicolo da
parte del cancelliere attesta la regolarità della esibizione degli atti e dei documenti che la parte vi inserisce, nonché la data dell’esibizione, con lo scopo di mettere
i documenti esibiti a disposizione della controparte in modo che la stessa possa
esercitare il diritto di difesa: l’omissione di tale attestazione, in mancanza di contestazioni sull’esibizione o sui documenti, costituisce una mera irregolarità formale, che non preclude l’utilizzazione dei documenti nel giudizio (Cass. 4898/2007).
CC Il convenuto deve costituirsi a
mezzo di un avvocato, o personalmente nei casi consentiti dalCostituzione
la legge, almeno 20 giorni pridel convenuto
ma dell’udienza di comparizio(artt. 166 e 167
ne fissata nell’atto di citazione
c.p.c.)
(o almeno 10 giorni prima, nel
caso di abbreviazione di termini), depositando in cancelleria il
proprio fascicolo contenente:
•la comparsa di risposta (art. 167 c.p.c.). Il deposito della comparsa di risposta è essenziale per la valida costituzione del convenuto;
•la copia della citazione notificata. Il deposito
della copia notificata dell’atto di citazione è
necessario solo se l’attore non si è costituito
o non ha depositato l’originale della citazione;
•la procura rilasciata al difensore;
• i documenti che intende utilizzare nel processo.
CC La comparsa di risposta è il primo atto difensivo del convenuto ed è, come la citazione, un atto doppiamente recettizio, poiché è indirizzato all’attore e al giudice.
•proporre tutte le sue difese, prendendo posizione sui
✃
Comparsa di risposta: funzione e contenuto
(art. 167 c.p.c.)
CC Nella comparsa di risposta il convenuto deve
(art. 167 c.p.c.):
fatti posti dall’attore a fondamento della domanda; la
non contestazione ha effetti vincolanti per il giudice,
il quale deve astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e ritenerlo sussistente, poiché l’atteggiamento difensivo del convenuto
esclude il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti (Cass. 5356/2009). La nuova formulazione dell’art. 115, co. 1, c.p.c. ad opera della L. 69/2009,
che prevede il dovere del giudice di porre a fondamento della decisione anche «i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita», conferma
l’onere, a carico delle parti, di prendere posizione in
maniera specifica sui fatti allegati dalla controparte;
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 113
•indicare
le proprie generalità e il codice fiscale, i
mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti
che offre in comunicazione;
•formulare le conclusioni;
•proporre, a pena di decadenza, le eventuali doman-
Comparsa di risposta: funzione e contenuto
(art. 167 c.p.c.)
CC Nella comparsa di risposta il convenuto deve
(art. 167 c.p.c.):
de riconvenzionali e le eccezioni processuali e
di merito non rilevabili d’ufficio. Se è omesso o
assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice assegna al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente all’integrazione;
•chiamare un terzo in causa, chiedendo la fissazione di una nuova udienza ex art. 269 c.p.c. Il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova
udienza per consentire la citazione del terzo nel processo, chiesta tempestivamente dal convenuto, è
discrezionale, potendo il giudice rifiutare di fissare
una nuova prima udienza per ragioni di economia
processuale e per motivi di ragionevole durata del
processo (Cass. 4309/2010).
CC L’art. 168bis, co. 5, c.p.c. prevede il potere del giudice di differire la data della
prima udienza fino a un massimo di 45 giorni, allo scopo di consentire al giudice di organizzare il suo ruolo e potersi presentare alla fase preliminare in cui
ha luogo il libero interrogatorio delle parti con la piena conoscenza degli atti inDifferimento
troduttivi e quindi del thema decidendum.
del­l’udienza
(art. 168bis, co. CC L’art. 168bis, co. 4, c.p.c. prevede invece che «se nel giorno fissato per la com4 e 5, c.p.c.)
parizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle
parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato». In questo caso, il termine di costituzione del convenuto rimane
ancorato al giorno dell’udienza originariamente fissata (Cass. 4030/2009).
4Notificazioni e comunicazioni (art. 170 c.p.c.)
Destinatari
CC L’art. 170 c.p.c. stabilisce che, dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al difensore, salvo che la legge disponga altrimenti. È sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto anche se il procuratore è costituito per più parti.
CC Le notificazioni e le comunicazioni alla parte costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto.
CC Le comparse e le memorie si comunicano mediante deposito in cancelleria, oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore.
Modalità
114 • CC Il giudice può autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio,
che lo scambio o la comunicazione avvengano a mezzo fax o posta elettronica certificata. A tal fine, il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica certificata presso cui dichiara di
voler ricevere le comunicazioni (ex art. 125 c.p.c., come modificato ex D.L.
138/2011, conv. in L. 148/2011).
Ai sensi dell’art. 136, co. 4, c.p.c., inserito ex D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011,
tutte le comunicazioni alle parti devono essere effettuate a mezzo telefax o a
mezzo posta elettronica.
Capitolo 10
Schema n. 17
Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento
Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni
e le comunicazioni si fanno al difensore, salvo che
la legge disponga altrimenti
È sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto
anche se il difensore è costituito per più parti
Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si
è costituita personalmente si fanno nella residenza
dichiarata o nel domicilio eletto
Le comparse e le memorie difensive si comunicano
— mediante deposito in cancelleria
— mediante notificazione
— mediante scambio documentato
con l’apposizione sull’originale, in
calce o in margine, del visto della
parte o del procuratore
Il giudice può autorizzare che lo scambio possa avvenire a mezzo fax o posta elettronica
5Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d’ufficio (art. 168 c.p.c.)
•iscrive la causa nel ruolo generale (art. 168 c.p.c.),
✃
Iscrizione a ruolo
CC All’atto della costituzione dell’attore o,
se questi non si è
costituito, della costituzione del convenuto, su presentazione di un’apposita istanza scritta
della parte (la c.d.
nota d’iscrizione a
ruolo), il cancelliere:
ossia il registro sul quale devono essere annotati cronologicamente dal cancelliere gli elementi di identificazione dei singoli affari contenziosi civili, ossia delle singole cause, con l’indicazione dei nomi delle parti e
dell’oggetto, in ordine cronologico e seguendo una numerazione progressiva che attribuisce alla causa un numero di ruolo, col quale la causa stessa potrà essere
facilmente individuata;
•forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce la nota
d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione, delle
comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente, i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del
dispositivo delle sentenze.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 115
CC Formato il fascicolo d’ufficio il cancelliere lo presenta al Presidente del
tribunale il quale designa il giudice istruttore davanti al quale le parti
devono comparire. Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice
istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è rimandata d’ufficio all’udienza immediatamente successiva tenuta dal
giudice designato.
Giudice istruttore
CC Il giudice istruttore può differire la data della prima udienza fino a un
massimo di 45 giorni e in tal caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza (art. 168bis c.p.c.).
Schema n. 18
Iscrizione della causa a ruolo
e formazione del fascicolo d’ufficio
L’iscrizione a ruolo è l’atto con cui si determina la presa di contatto
delle parti con l’ufficio presso il quale la causa viene incardinata
L’iscrizione a ruolo può avvenire su iniziativa dell’attore o del convenuto
Viene formato un fascicolo d’ufficio nel quale devono essere inseriti gli atti processuali
L’art. 168 c.p.c. consente che, in relazione a una determinata controversia,
abbia luogo una sola volta l’iscrizione a ruolo
6Ritardata costituzione delle parti
L’art. 171 c.p.c. disciplina le conseguenze della mancata o tardiva costituzione delle parti. Le ipotesi
prospettabili sono le seguenti.
Nessuna delle parti si costituisce
CC La causa non viene iscritta sul ruolo del giudice e, pertanto, la controversia non si incardina davanti ad alcun ufficio giudiziario, né vi può essere un giudice che sia titolare della cognizione della causa.
CC Il giudizio entra in uno stato di quiescenza (art. 307 c.p.c.) dal quale può
uscire se è riassunto nel termine perentorio di tre mesi a far data dal provvedimento del giudice. Il termine di tre mesi va calcolato tenendo conto
del termine di sospensione del periodo feriale di cui all’art 1, L. 742/1969.
CC Alla prima udienza il giudice ordina la cancellazione della causa dal
ruolo (artt. 171 e 307 c.p.c.).
Costituzione tardiva di
una parte e mancata co- CC Se l’attore si costituisce tardivamente, ma entro 20 giorni dalla data
stituzione dell’altra
della prima udienza, si dovrebbe escludere la cancellazione della causa dal ruolo.
116 • Capitolo 10
Costituzione tardiva di
una parte e mancata costituzione dell’altra
CC Nell’ipotesi in cui l’attore provveda a costituirsi oltre il termine dei 20
giorni ma in modo tale da consentire lo svolgimento della prima udienza, la cancellazione non è necessaria, poiché il convenuto potrebbe
comparire ed eccepire la tardività della costituzione dell’attore, ottenendo la fissazione di una nuova udienza.
Costituzione tardiva di
entrambe le parti
CC È esclusa la cancellazione della causa dal ruolo, poiché il vizio di costituzione è sanato dal raggiungimento dello scopo che la disciplina della
costituzione si prefigge, ossia la partecipazione delle parti al processo.
Costituzione tardiva del
convenuto e tempestiva
dell’attore
CC Il convenuto può costituirsi fino alla prima udienza, evitando la declaratoria di contumacia ma incorrendo nelle decadenze di cui all’art. 167
c.p.c. (proporre domande riconvenzionali ed eccezioni processuali e di
merito non rilevabili d’ufficio e chiamare in causa terzi).
Costituzione tardiva del­
l’attore e tempestiva del
convenuto
CC Se il convenuto si è costituito tempestivamente e ha, così, perfezionato la richiesta di iscrizione della causa sul ruolo del giudice, l’attore potrà costituirsi tardivamente fino alla prima udienza, evitando così la declaratoria di contumacia e l’estinzione del processo.
Osservazioni
Se solo una delle parti si è costituita tempestivamente, l’altra parte, se non si costituisce neppure
in udienza, è dichiarata contumace con ordinanza pronunciata dal giudice (art. 171, co. 3, c.p.c.).
Se non si costituisce il convenuto a causa di un vizio che ha determinato la nullità della notifica della citazione, il giudice dovrà assegnare all’attore un termine perentorio, entro il quale l’attore deve
rinnovare la citazione. La contumacia, pertanto, è la situazione di inattività che deriva dalla mancata costituzione di una parte, ossia la situazione nella quale si viene a trovare una parte che, dopo
aver proposto la domanda o, più frequentemente, dopo essere stata regolarmente citata, non si
costituisce neppure alla prima udienza.
La contumacia della parte non costituita può essere pronunciata dal giudice quando sia decorsa
almeno un’ora dall’apertura dell’udienza (art. 59 disp. att. c.p.c.).
Sezione Seconda
LA FASE DELL’ISTRUZIONE E LE SUE SOTTOFASI
1Istruzione e trattazione
CC Con la costituzione delle parti, o di una di esse, si esaurisce la fase introduttiva del processo di cognizione, con la quale si realizza il contatto giuridico
tra le parti e il giudice.
Generalità
CC A questa fase segue la fase di istruzione, che inizia nella prima udienza di
comparizione-trattazione ex art. 183 c.p.c. e comprende tutte le attività processuali compiute dalle parti e dal giudice prima della terza e ultima fase,
quella decisoria.
✃
CC La fase istruttoria consente di precisare i contorni delle domande delle parti
e di acquisire tutti gli elementi necessari per la decisione della causa, ossia
di rendere la causa matura per la decisione.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 117
CC la trattazione, che ha la particolare funzione della prima presa di conoscenza delle domande con l’impostazione dei relativi problemi, compresi quelli riguardanti l’eventuale necessità di precisazioni o di ampliamento nonché di
ulteriori atti per acquisire prove o altri elementi di giudizio;
CC l’istruzione probatoria, che consiste nell’attività di acquisizione di prove o di
altri elementi di giudizio; è soltanto eventuale, poiché già in sede di trattazioL’istruzione si arne la causa potrebbe risultare matura per la decisione, senza necessità di acticola in tre sottoquisizione di altri elementi; è detta anche «istruzione in senso stretto», con
fasi (Mandrioli):
un’espressione che palesemente si contrappone a quella di «istruzione in
senso ampio» che riguarda l’intera seconda fase del processo di cognizione;
CC la rimessione della causa in decisione, ponte per il passaggio alla terza fase
del processo, ossia alla fase di decisione che è affidata talora all’organo collegiale e talora allo stesso giudice istruttore in funzione di giudice unico, nel quale ultimo caso la riserva in decisione assorbe anche gran parte della terza fase.
2 La trattazione e la direzione del procedimento
CC La trattazione della causa comprende le attività processuali compiute dal giudice e dalle parti dalla prima udienza di comparizione-trattazione ex art. 183
c.p.c. al momento della decisione.
CC L’attività istruttoria in senso stretto (o di acquisizione delle prove) si inserisce
in essa come una parentesi soltanto eventuale, poiché la causa potrebbe essere «matura» (ossia, pronta per essere decisa) fin dalla prima udienza e, in
tal caso, non occorrerebbe acquisire alcuna prova.
Generalità
CC In particolare, la trattazione consiste nell’individuazione delle questioni nelle
quali si articola il giudizio. A tal fine, il giudice esamina i fascicoli delle parti e gli
atti in essi contenuti, specialmente l’atto di citazione e la comparsa di risposta.
CC Il «cuore» della trattazione risiede nel colloquio tra le parti e il giudice che si
svolge nelle varie udienze. La trattazione della causa, infatti, è essenzialmente orale (art. 180 c.p.c.).
Immutabilità del
giudice istruttore
CC Il giudice designato è investito di tutta l’istruzione della causa, non potendo
istruire solo una parte della causa e, quindi, conoscere solo parzialmente dei
fatti allegati.
CC In caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio, può essere
sostituito con decreto del Presidente del tribunale.
CC La sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il
compimento di singoli atti (art. 174 c.p.c.).
•esercita tutti i poteri finalizzati al sollecito e leale
Direzione del pro- CC Il giudice istruttore
cedimento
(art. 175 c.p.c.):
svolgimento del procedimento, impedendo alle
parti di procedere con richieste di rinvio ingiustificate e volte esclusivamente a procrastinare l’attività
processuale, indicando alle parti i punti della controversia da sviluppare, rimettendo la causa in decisione quando la ritenga matura ecc.;
•fissa le udienze e i termini entro i quali le parti devono compiere determinati atti processuali o produrre documenti.
118 • Capitolo 10
CC Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell’ordinanza (art. 176 c.p.c.), che rappresenta lo strumento tipico attraverso il quale il giudice istruttore esercita i suoi poteri all’interno del processo.
Forma dei provve- CC Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti predimenti
senti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori udienza
sono comunicate dal cancelliere nei tre giorni successivi anche a mezzo fax
o posta elettronica. A tal fine il difensore indica, nel primo scritto difensivo utile, il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la comunicazione.
CC Le ordinanze non possono mai pregiudicare la decisione della causa e possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate
(art. 177 c.p.c.). Ciò significa che, in sede di decisione, il giudice può sottoporre a riesame il contenuto dell’ordinanza.
Effetti e revoca
delle ordinanze
CC Non sono modificabili né revocabili dal
giudice che le ha pronunciate (art. 177, co.
3, c.p.c.):
•le ordinanze pronunciate con l’accordo delle parti
su materie delle quali possono disporre; esse sono
tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l’accordo di tutte le parti;
•le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge;
•le ordinanze per le quali la legge predisponga uno
speciale mezzo di reclamo.
3 L’udienza di prima comparizione delle parti e trattazione della
causa (art. 183 c.p.c.)
CC All’udienza di prima comparizione delle parti e trattazione della causa il giudice
istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti e dei documenti. In caso di mancanza o di irregolarità degli atti e dei documenti prodotti, invita le parti a completarli o a metterli in regola, adottando i provvedimenti opportuni, quali, ad es., l’ordine di integrazione del contraddittorio (art. 102, co. 2, c.p.c.),
l’ordine di rinnovazione o di integrazione della citazione (art. 164 c.p.c.), l’ordine
di integrazione della domanda riconvenzionale di cui all’art. 167 c.p.c. ecc.
Verifiche preliminari
CC Quando rileva un difetto di rappresentanza (ad es., per incapacità processuale), di assistenza (ad es., il ricorso proposto dall’inabilitato senza l’assistenza del curatore) o di autorizzazione (ad es., l’autorizzazione necessaria perché un ente pubblico possa agire o resistere in giudizio), il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia verificata una decadenza (art. 182, co. 2, c.p.c.).
CC Il giudice chiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e
indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Le attività del giudice e delle parti
•proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenCC L’attore può:
za della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto;
•chiedere
✃
di essere autorizzato a chiamare un terzo, se
l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 119
CC Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate.
•un termine di 30 giorni per il deposito di memorie limitate
CC Se richiesto, il
giudice concede alle parti i
seguenti termini perentori:
alle precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;
•un termine di ulteriori 30 giorni per replicare alle domande
ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande
e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi
di prova e produzioni documentali;
•un termine di ulteriori 20 giorni per le indicazioni di prova
Le attività del giudice e delle parti
contraria.
CC Il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova ammissibili e rilevanti. Se provvede con ordinanza emanata fuori udienza, questa deve essere pronunciata entro 30 giorni.
CC Se vengono disposti d’ufficio mezzi di prova con ordinanza emessa fuori udienza, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi, nonché
depositare memoria di replica nell’ulteriore termine perentorio assegnato dal
giudice.
CC Con l’ordinanza che ammette le prove il giudice può disporre, qualora lo ritenga utile, l’interrogatorio libero delle parti.
•se nessuna delle parti compare alla prima udienza, il
Mancata comparizione delle parti
CC L’art. 181 c.p.c.
stabilisce che:
giudice fissa un’udienza successiva, di cui il cancelliere dà
comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti
compare alla nuova udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo;
•se l’attore costituito non compare alla prima udienza e
il convenuto non chiede che si proceda in sua assenza, il
giudice fissa una nuova udienza, della quale il cancelliere
dà comunicazione all’attore. Se questi non compare neanche alla nuova udienza, il giudice, se il convenuto non chiede che si proceda ugualmente, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.
Osservazioni
La suddetta disciplina, dettata nell’ambito del procedimento davanti al tribunale, non si applica ai
procedimenti davanti al giudice di pace, attesa la peculiarità di questi ultimi, sebbene il giudice
di pace possa farvi ricorso quando ne ravvisi l’opportunità.
Ne deriva che, nel caso di mancata comparizione dell’attore alla prima udienza, qualora il giudice
di pace, non osservando il precetto dell’art. 181, co. 2, c.p.c., fissi una nuova udienza per la trattazione della causa, il cancelliere non ha l’obbligo di comunicare all’attore la data della nuova udienza, dal momento che opera la regola generale dell’art. 176, co. 2, c.p.c., a norma del quale i provvedimenti pronunciati dal giudice in udienza si considerano conosciuti dalle parti presenti, ovvero
da quelle che dovevano comparire (Mandrioli).
120 • Capitolo 10
Schema n. 19
Udienza di comparizione-trattazione (art. 183 c.p.c.)
Il giudice
verifica d’ufficio
la regolarità
del contraddittorio
effettua il libero
interrogatorio delle parti
e tenta la conciliazione
richiede alle parti
i chiarimenti necessari
e indica le questioni
delle quali ritiene opportuna
la trattazione
L’attore
può proporre le domande e
le eccezioni che sono conseguenza
della domanda riconvenzionale o
delle eccezioni del convenuto
può chiedere di essere autorizzato
a chiamare un terzo
Entrambe le parti
✃
possono precisare e modificare
le domande, le eccezioni e
le conclusioni già formulate
possono chiedere al giudice
i termini (30+30+20) per precisare e
modificare domande,
eccezioni e conclusioni
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 121
Schema n. 20
La richiesta di chiarimenti
e le questioni rilevabili d’ufficio dal giudice
Il giudice può chiedere chiarimenti alle parti e indicare le questioni rilevabili d’ufficio
Tale potere è delimitato dalle affermazioni delle parti, per evitare che il giudice introduca fatti non
allegati dalle parti in violazione del principio dell’allegazione
Il giudice può sollecitare le parti a introdurre in causa altre fonti di esame, quali fatti secondari o
fatti giuridici modificativi di domande ed eccezioni che, da sole o insieme alle altre già allegate,
siano idonee a chiarire i confini della controversia
L’art. 101 c.p.c. impone al giudice, che intenda porre a fondamento della decisione una questione
rilevata d’ufficio, di assegnare alle parti un termine non inferiore a 20 giorni e non superiore a 40
giorni dalla comunicazione per depositare in cancelleria memorie contenenti osservazioni sulla
medesima questione
Le questioni rilevabili d’ufficio sono:
— le questioni di diritto relative all’esatta individuazione e interpretazione della norma
applicabile;
— le questioni relative a fatti rilevanti ai fini della decisione (competenza, giurisdizione,
connessione ecc.).
122 • Capitolo 10
Schema n. 21
Tentativo di conciliazione
Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la comparizione
delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione
Il giudice, se lo ritiene opportuno, può fissare l’udienza di comparizione delle parti
anche per effettuare il tentativo di conciliazione a norma dell’art. 117
Le parti possono farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale
il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa
La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore
è valutabile coma argomento di prova ai sensi dell’art. 116, co. 2, c.p.c.
Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione
Quando le parti sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa.
Il processo verbale costituisce titolo esecutivo
4 L’assunzione delle prove
✃
L’art. 183, co. 7, c.p.c. stabilisce che il giudice si riserva di provvedere sulle richieste istruttorie delle
parti con ordinanza, da emettersi in udienza oppure fuori udienza entro un termine non superiore a 30
giorni, fissando anche l’udienza di assunzione delle prove ammesse (art. 184 c.p.c.).
L’assunzione dei mezzi di prova può avvenire anche nella prima udienza di comparizione-trattazione
ex art. 183 c.p.c., se il giudice ammette i mezzi di prova direttamente all’udienza ed è materialmente
possibile assumere le prove in quella sede (ad es., perché sono presenti i testimoni).
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 123
Schema n. 22
La fissazione dell’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova
Salva l’ipotesi in cui la causa risulti già matura per la decisione, l’art. 183, co. 6, c.p.c. prevede che
il giudice si riservi di provvedere sulle richieste istruttorie con ordinanza da emettere fuori udienza
entro 30 giorni, fissando, con lo stesso provvedimento, l’udienza per l’assunzione
dei mezzi di prova risultati ammissibili e rilevanti
Tale ordinanza deve essere comunicata alle parti a cura del cancelliere nei 30 giorni successivi
alla sua emissione, anche mediante fax o e-mail
Se il giudice ritiene di procedere all’acquisizione d’ufficio dei mezzi di prova non dedotti
dalle parti, deve assegnare alle parti un termine per il deposito di memorie contenenti
l’indicazione dei mezzi di prova la cui assunzione si rende necessaria in ragione dell’esercizio
d’ufficio dei poteri istruttori del giudice, e un secondo termine per consentire alle parti
di depositare memorie contenenti le repliche
Con l’ordinanza che ammette le prove dedotte dalle parti il giudice può ordinare l’espletamento o
la rinnovazione dell’interrogatorio libero delle parti
5 L’intervento in causa di terzi
L’intervento è l’ingresso di un soggetto in un processo già pendente tra altre parti, e può essere effettuato spontaneamente (intervento volontario), oppure su chiamata di una delle parti o del giudice (intervento coatto).
CC L’art. 105, co. 1, c.p.c. stabilisce che l’intervento
spontaneo può avvenire
da parte di un soggetto
che voglia far valere un
diritto oggettivamente
connesso con quello che
costituisce oggetto del
Intervento volonprocesso già pendente.
tario, principale e
Può trattarsi di una conlitisconsortile (art.
nessione relativa:
105, co. 1, c.p.c.)
•al petitum (ad es., Tizio rivendica un diritto sulla cosa che costituisce oggetto del processo
pendente tra Caio e Sempronio);
•alla causa petendi (ad es., Tizio afferma di aver
subito un danno dal medesimo fatto illecito commesso da Caio a danno di Mevio e per il quale
quest’ultimo ha già instaurato il processo contro Caio).
CC Se l’interveniente fa valere il suo diritto nei confronti di tutte le parti, si parla di
intervento principale. Caratteristica dell’intervento principale è l’incompatibilità del diritto del terzo con quello delle parti. Il terzo assume una posizione autonoma rispetto a tutte le parti, nel senso che fa valere un diritto incompatibile con quelli fatti valere dalle parti. L’esempio tipico è quello del terzo che afferma di essere proprietario della cosa contesa tra l’attore e il convenuto.
124 • Capitolo 10
CC Se l’interveniente fa valere il suo diritto soltanto nei confronti di alcune parti,
si parla di intervento litisconsortile (o adesivo autonomo). Il terzo assume
Intervento volonuna posizione autonoma soltanto nei confronti di una o più parti: si pensi, ad
tario, principale e
es., all’intervento, in un giudizio tra l’acquirente di un appartamento e il venlitisconsortile (art.
ditore costruttore dell’edificio, effettuato dall’acquirente di un altro apparta105, co. 1, c.p.c.)
menti dello stesso edificio per far valere lo stesso inadempimento di obbligazioni di identico contenuto (Cass. 6487/1981).
Intervento volontario, adesivo dipendente (art. 105,
co. 2, c.p.c.)
CC Il terzo può intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando
vi ha un proprio interesse (art. 105, co. 2, c.p.c.). Tale figura è l’intervento adesivo (o adesivo dipendente), caratterizzato dal fatto che l’interveniente non fa
valere un proprio diritto ma si limita a sostenere le ragioni di una parte, aderisce cioè alla domanda di una parte e cerca di favorirne la vittoria: è il caso,
ad es., dell’acquirente di un immobile oggetto di una precedente promessa
di vendita in favore di un altro soggetto (Cass. 6574/1980).
CC L’interesse ad agire del terzo è la generica aspettativa di un vantaggio che il
terzo può ripromettersi dall’accoglimento della domanda della parte adiuvata.
CC Per intervenire nel processo a norma dell’art. 105 c.p.c., il terzo ha l’onere di
costituirsi presentando in udienza, o depositando in cancelleria, una comparsa di intervento (formata sulla falsariga della comparsa di risposta ex art. 167
c.p.c.), con le copie per le altre parti, i documenti e la procura (art. 267, co. 1,
c.p.c.).
CC Se il deposito della comparsa avviene in udienza, le altre parti ne sono subito informate e il contraddittorio è già instaurato anche col terzo. Se avviene
fuori udienza, il contraddittorio col terzo si instaura quando il cancelliere comunica l’intervento alle parti costituite (art. 267, co. 2, c.p.c.).
CC L’intervento volontario è ammissibile, di regola, solo in primo grado.
Modalità dell’intervento volontario
CC In appello possono intervenire soltanto i terzi che sarebbero legittimati a proporre opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. (art. 344 c.p.c.).
CC In Cassazione l’intervento non è ammissibile per la particolare struttura di
questo giudizio.
CC In primo grado l’intervento può avere luogo finché non vengano precisate le
conclusioni (art. 268 c.p.c.). Poiché l’intervento del terzo non deve causare
un rallentamento del processo, il terzo subisce le preclusioni già verificatesi
nei confronti delle altre parti, per cui non può compiere gli atti che non sono
più consentiti alle altre parti (art. 268, co. 2, c.p.c.), ossia le richieste istruttorie (ad es., istanza di ammissione di una prova testimoniale); invece, al terzo
è consentita la formulazione di domande nuove (c.d. attività assertiva), poiché se il terzo non potesse proporle si priverebbe l’intervento di qualsiasi utilità processuale.
CC Ciascuna parte può chiamare in giudizio un terzo al quale ritiene comune la
causa o dal quale pretende di essere garantita (art. 106 c.p.c.).
✃
Intervento su istan- CC Se l’intervento avviene su istanza di parte, il terzo deve essere messo in conza di parte (art. 106
dizione di esercitare appieno il suo diritto di difesa. Ciò comporta la nec.p.c.)
cessità che la prima udienza venga differita oppure, qualora la prima udienza sia già stata celebrata, che venga fissata un’altra udienza di prima comparizione e che il terzo venga citato per questa nuova udienza.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 125
•se la parte che intende chiamare il terzo è il convenu-
Intervento su
istanza di parte
(art. 106 c.p.c.)
CC L’iniziativa per la
nuova fissazione
dell’udienza è assunta dalla parte
che intende chiamare il terzo:
CC La citazione del
terzo può avvenire
anche per la prima
udienza originariamente fissata,
a condizione che:
to, questi deve, a pena di decadenza rilevabile d’ufficio, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e
chiedere al giudice lo spostamento della prima
udienza, per consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’art. 163bis c.p.c. (art. 269, co.
2, c.p.c.). Se accoglie l’istanza di spostamento, il giudice fissa la data della nuova udienza di prima comparizione. Il provvedimento del giudice di fissazione di
una nuova udienza per consentire la citazione del terzo è discrezionale, potendo egli rifiutare di fissare una
nuova udienza per ragioni di economia processuale e
per motivi di ragionevole durata del processo (Cass.
S.U. 4309/2010);
•se la parte che intende chiamare il terzo è l’attore, la
chiamata del terzo è possibile solo se l’interesse alla
chiamata del terzo è nato dalle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta. Per la chiamata del
terzo da parte dell’attore occorre l’autorizzazione del
giudice, che implica una valutazione sulla comunanza di cause e sull’interesse a chiamare il terzo. Il giudice, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova
udienza per consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’art. 163bis c.p.c. La citazione è notificata al terzo a cura dell’attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
•la chiamata del terzo avvenga su istanza del convenuto;
•il convenuto abbia dichiarato di voler chiamare il terzo nella comparsa di risposta depositata nei termini;
•l’udienza
originaria sia sufficientemente lontana da
consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini a comparire.
CC Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di
un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l’intervento (art. 107 c.p.c.).
CC La chiamata iussu iudicis può essere ordinata solo in primo grado, in ogni
momento (art. 270, co. 1, c.p.c.).
Intervento per ordine del giudice
CC Il terzo non è chia(iussu iudicis)
mato direttamente
dal giudice ma da
una delle due parti. In particolare:
•il giudice dichiara che non giudicherà se non nei confronti anche del terzo e ordina alle parti di chiamare il
terzo in giudizio;
•la parte che ha interesse alla prosecuzione del giudizio (la parte più diligente), che di regola è l’attore, esegue l’ordine di chiamare in causa il terzo.
CC L’omessa attuazione dell’ordine comporta la cancellazione della causa dal
ruolo e l’estinzione del processo.
126 • Capitolo 10
CC Ai sensi dell’art. 271 c.p.c., al terzo si applicano, con riferimento all’udienza per
la quale è stato citato, le disposizioni degli artt. 166 e 167 c.p.c. (compreso il
comma 2 dell’art. 167, come sancito dalla sentenza n. 260/1997 della Corte costituzionale); ciò significa che al terzo sono attribuite le stesse facoltà previste
Intervento per orper il convenuto e, dunque, anche l’assegnazione di un termine perentorio fino
dine del giudice
a venti giorni prima dell’udienza successiva per proporre eccezioni processua(iussu iudicis)
li e di merito non rilevabili d’ufficio, così come previsto dall’art. 166 c.p.c.
CC Se il terzo intende chiamare in causa un altro terzo deve farlo, a pena di
decadenza, nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice
ai sensi dell’art. 269, co. 3, c.p.c.
Schema n. 23
L’intervento del terzo
Un soggetto può entrare in un processo spontaneamente, su chiamata di una delle parti o del giudice
A questo fenomeno si dà il nome di intervento, nelle due specie:
— dell’intervento volontario
— dell’intervento coatto
Colui che interviene nel processo assume la qualità di parte
Per l’ammissibilità dell’intervento di un terzo in un giudizio pendente tra altre parti è sufficiente che
la domanda dell’interveniente presenti una connessione o un collegamento implicante l’opportunità di un simultaneus processus
Con l’intervento il terzo propone una domanda giudiziale diversa, anche se connessa, da quella originaria, determinando, salvo il caso dell’intervento adesivo, un allargamento dell’oggetto del processo
Generalità
6Il processo contumaciale
CC La contumacia è la situazione di inattività della parte che, dopo aver proposto la domanda o, più frequentemente, dopo essere stata regolarmente citata, non si costituisce in giudizio, neppure alla prima udienza. L’art. 171,
co. 2, c.p.c. prevede, infatti, che se una delle parti si è costituita nel termine a
essa assegnato, l’altra può costituirsi successivamente fino alla prima udienza.
✃
CC La contumacia di una parte deve essere dichiarata dal giudice con ordinanza. A seguito di tale dichiarazione, la situazione di fatto diventa situazione di diritto, dalla quale deriva l’applicabilità delle norme sul procedimento contumaciale (artt. 290-294 c.p.c.), che si svolge, cioè, nella contumacia di una parte.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 127
CC Gli effetti della dichiarazione di contumacia sono limitati al grado di giudizio
nel quale la situazione si verifica.
Generalità
CC La dichiarazione di contumacia avviene, di regola, alla prima udienza, a seguito della mancata costituzione di una delle parti (art. 171, co. 3, c.p.c.).
•se il convenuto intende proseguire il processo, alla
Mancata costitu- CC In caso di mancata
zione dell’attore
costituzione dell’at(art. 290 c.p.c.)
tore:
dichiarazione di contumacia dell’attore segue il normale svolgimento del processo (contumaciale) sulla
domanda dell’attore, che potrebbe anche essere accolta, nonostante l’inerzia dell’attore, se l’attore abbia
già assolto (ad es., sulla base di documenti) il suo onere probatorio in ordine ai fatti costitutivi e il convenuto
non sia in grado di allegare e provare fatti estintivi o
impeditivi;
•se il convenuto non dichiara di voler proseguire il
processo, il giudice istruttore ordina la cancellazione
della causa dal ruolo, con estinzione immediata del
giudizio (art. 290 c.p.c.).
Mancata costituzione del convenuto (art. 291 c.p.c.)
CC In caso di mancata
costituzione del
convenuto, il giudice verifica d’ufficio
la regolarità della
notifica dell’atto
di citazione:
•se non rileva alcun vizio, dichiara la contumacia del
convenuto;
•se rileva un vizio della notifica, ne dispone la rinnovazione entro un termine perentorio (art. 291 c.p.c.).
Se entro tale termine il convenuto si costituisce, il vizio si sana retroattivamente (ex tunc) e il convenuto
evita ogni decadenza conseguente alla ritardata costituzione.
CC La verifica della regolarità della notifica non può riguardare eventuali ragioni
di forza maggiore che possano aver impedito al convenuto la costituzione.
CC Se dopo la nuova notificazione il convenuto non si costituisce, il giudice lo dichiara contumace (art. 291, co. 2, c.p.c.).
CC L’omessa rinnovazione della notifica comporta la cancellazione della causa
dal ruolo (art. 291, co. 3, c.p.c.).
CC La legge si preoccupa di facilitare l’ingresso del contumace nel processo, consentendogli la costituzione tardiva fino all’udienza in cui la causa è rimessa
in decisione.
Costituzione del
contumace (art.
293 c.p.c.)
CC La costituzione avviene mediante il deposito di una comparsa contenente la
procura al difensore e i documenti, oppure mediante la comparizione in udienza (art. 293, co. 1 e 2, c.p.c.), ferme le preclusioni maturate nel frattempo: il
contumace, cioè, non può compiere atti che, nel momento in cui entra, sono
già preclusi. Tuttavia, il giudice può ammettere il contumace a compiere attività che gli sarebbero precluse (rimessione in termini, art. 153 c.p.c.).
CC Se il contumace che si costituisce tardivamente non ottiene la rimessione in
termini, deve accettare il processo nello stato in cui si trova e non può compiere attività già precluse alle altre parti.
128 • Capitolo 10
Osservazioni
La parte costituita ha l’onere di notificare al contumace alcuni atti che prevedono, a carico della parte contumace, oneri particolarmente pesanti o conseguenze più o meno gravi. Pertanto, l’ordinanza che ammette l’interrogatorio formale o il giuramento e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte, sono notificate personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza (art. 292 c.p.c.).
7Rimessione della causa in decisione
CC La rimessione della causa in decisione è la terza e ultima sottofase dell’istruzione (Mandrioli), che fa seguito alla trattazione e all’istruzione probatoria
e introduce la fase della decisione.
CC Del resto, nel provvedimento di fissazione dell’udienza di precisazione delle
conclusioni è implicitamente contenuto quello di chiusura dell’istruttoria, che ne costituisce il presupposto logico-giuridico.
Generalità
CC Nelle cause di competenza collegiale (art. 50bis c.p.c.) il giudice istruttore trasmette la causa al collegio affinché decida; si verifica un vero e proprio trasferimento di tutta la causa dal giudice istruttore al collegio, con passaggio
dei relativi poteri dall’uno all’altro organo (art. 189, co. 2, c.p.c.).
CC Nelle cause di competenza del tribunale in composizione monocratica la rimessione in decisione avviene nell’ambito del medesimo organo (giudice
istruttore) che assume le funzioni decisorie di giudice unico, sicché è più esatto parlare di riserva in decisione.
CC Rimessione immediata per la decisione sul
merito senza bisogno
di istruzione probatoria. Il giudice istruttore,
se ritiene che la causa
è matura per essere
decisa, senza bisogno
di assunzione di mezzi
di prova, rimette subito
la causa in decisione
(art. 187, co. 1, c.p.c.).
Ipotesi nelle quali il
Ciò può accadere, ad
giudice può effetesempio, perché:
tuare la rimessione
•i fatti di causa risultano pacifici e si devono affrontare soltanto questioni di diritto;
•le parti non hanno indicato prove da assumere, né
il giudice ritiene di dover disporre prove d’ufficio;
•le parti ritengono sufficienti le prove documentali;
•le parti non sono in grado di offrire prove a sostegno delle loro affermazioni; in questo caso, la valutazione di maturità della causa implicherà il rigetto della domanda, in quanto sfornita di prova;
•il giudice istruttore ritiene la causa matura per la
decisione, pur in presenza di istanze di ammissione di prove che, però, sono inammissibili o irrilevanti.
CC Rimessione per la soluzione di questioni preliminari o pregiudiziali suscettibili di definire il giudizio. Tali questioni sono sollevate dalle parti mediante eccezioni il cui accoglimento renderebbe inutile l’istruttoria e consentirebbe di risolvere la controversia: si pensi, ad es., all’eccezione di prescrizione del diritto controverso. In tal caso, il giudice istruttore decide subito tali
questioni, anziché accantonarle fino alla chiusura dell’istruzione (art. 187, co.
2 e 3, c.p.c.).
✃
CC Rimessione dopo lo svolgimento dell’istruzione probatoria. È prevista
dall’art. 188 c.p.c., secondo cui «il giudice istruttore provvede all’assunzione
dei mezzi di prova e, esaurita l’istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione».
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 129
8 La precisazione delle conclusioni
CC Quando il giudice istruttore rimette la causa in decisione invita le parti a precisare le conclusioni (art. 189, co. 1, c.p.c.), ossia a formulare, in modo preciso e definitivo, le domande che rivolgono al giudice tenendo conto degli elementi emersi nel corso della trattazione e dell’istruzione probatoria.
CC Quando il giudice dichiara chiusa l’istruttoria e invita le parti a precisare le conclusioni, le parti decadono dai mezzi istruttori non assunti.
CC Le conclusioni possono essere inserite direttamente nel verbale d’udienza,
oppure essere contenute in un foglio separato allegato al verbale.
CC Le parti non possono modificare le domande e le conclusioni già effettuate negli atti introduttivi oppure in sede di precisazione/modificazione delle domande effettuate nei termini assegnati dal giudice all’udienza di comparizione-trattazione.
Generalità
•rinunciare a una o più domande;
•diminuire il petitum, oppure aumentarlo in caso di
CC Tuttavia, nel precisare le
loro conclusioni le parti
possono, tra l’altro:
sopravvenienza di norme o di fatti, ferma, naturalmente la causa petendi, oppure limitarsi a richiamare le conclusioni formulate in precedenza (ad
es., le conclusioni contenute nella citazione o nella comparsa di risposta o successivamente formulate in udienza e raccolte a verbale o con memorie); questo richiamo dovrà intendersi effettuato
implicitamente nel caso che una parte non ottemperi all’invito di precisare le conclusioni, ad es. non
comparendo all’udienza.
Osservazioni
L’importanza della precisazione delle conclusioni risiede nell’esigenza, per ciascuna parte, di conoscere la formulazione definitiva delle domande dell’altra parte. Questa esigenza implica che la mancata riproduzione di una specifica conclusione comporta l’abbandono della domanda cui la conclusione avrebbe dovuto riferirsi, a meno che le conclusioni non riproposte siano implicite o strettamente connesse con quelle mantenute o che, più in generale, dai comportamenti processuali della parte possa desumersi che, malgrado l’omessa riproduzione formale della domanda nelle conclusioni,
abbia inteso mantenerla ferma. In sostanza, la mancata riproposizione implica una presunzione di
abbandono che può essere contrastata solo con precise risultanze contrarie.
9 Comparse conclusionali e memorie (art. 190 c.p.c.)
Dopo la rimessione al collegio o, nelle cause da decidersi dal giudice unico, dopo la rimessione in decisione, la legge disciplina lo scambio, tra le parti, degli atti difensivi finali, nei quali si riassume l’attività difensiva. Tali atti sono le comparse conclusionali e le memorie di replica.
Nulla esclude, peraltro, l’accordo delle parti per rinunciare al deposito delle comparse e delle repliche.
Comparse conclusionali
130 • CC Le comparse conclusionali sono gli atti con i quali i difensori delle parti riassumono tutte le difese della parte assistita, anche contestando e contrastando
le conclusioni avversarie definitivamente formulate in sede di precisazione delle conclusioni.
Capitolo 10
CC Nel termine perentorio di 60 giorni dalla rimessione della causa in decisione le
comparse conclusionali (art. 190 c.p.c.) devono essere depositate in cancelleria: l’originale è inserito nel fascicolo di parte, una copia è destinata alla controparte, una al fascicolo d’ufficio e le altre agli altri componenti del collegio.
• le conclusioni già formulate davanti al giudice istrutCC Le comparse conclusionali devono contenere:
Comparse conclusionali
tore;
•le argomentazioni di fatto e di diritto su cui si fondano.
CC Poiché hanno la funzione di illustrare le conclusioni già precisate, non possono contenere domande nuove. Nonostante la natura meramente illustrativa della comparsa conclusionale, è possibile rinunciare, attraverso di essa,
a qualche capo della domanda, con conseguente restrizione del thema decidendum.
CC Allo stesso modo, il collegio non potrà tener conto di documenti prodotti con
la comparsa conclusionale. Tuttavia, qualora la parte che ha interesse a opporsi alla produzione di tali documenti non sollevi l’eccezione di tardività, la
produzione deve intendersi sanata.
CC La memoria di replica è un atto di risposta alle deduzioni avversarie, che illustra ulteriormente le tesi difensive già enunciate nella comparsa conclusionale.
Memorie di replica
CC Nelle memorie non possono essere esposte questioni nuove o formulare nuove conclusioni (Mandrioli).
CC La memoria di replica è presa in considerazione dal giudice soltanto se la parte l’ha comunicata all’avversario nei cinque giorni antecedenti l’udienza.
Sezione Terza
LA FASE DECISORIA
A seguito delle modifiche che hanno reso facoltativa la discussione della causa e hanno, nella maggior parte dei casi, attribuito i poteri decisori allo stesso giudice istruttore in veste di giudice monocratico, la fase di decisione della causa comprende:
— la rimessione della causa in decisione, che può consistere nel trasferimento della causa al collegio, nei casi di decisione da parte di quest’ultimo, o nella riserva in decisione da parte del giudice istruttore, qualora la causa debba essere decisa dal tribunale in composizione monocratica;
— l’eventuale discussione;
— le particolari modalità di deliberazione, nelle cause da decidersi dal collegio, e di deposito della
sentenza.
1Decisione del tribunale in composizione collegiale
CC L’art. 50bis c.p.c. stabilisce che il tribunale giudica in composizione collegiale:
Cause di competenza collegiale
(art. 50bis c.p.c.)
1)
2)
✃
3)
nelle cause nelle quali è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto;
nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti in materia fallimentare;
nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 131
4)
nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
5)
nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del
consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da
chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e
società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi;
6)
nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione
di legittima;
7)
nelle cause sulla responsabilità civile dei magistrati;
7-bis)nelle cause di cui all’articolo 140bis del Codice del consumo (D.Lgs.
206/2005), a decorrere dal 1°-1-2010.
Cause di competenza collegiale
(art. 50bis c.p.c.)
CC Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 ss. c.p.c., salvo che sia altrimenti
disposto.
CC Nelle cause di competenza collegiale, l’art. 275, co. 2, c.p.c. dispone che
«ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa
sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso … la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica».
•la discussione, a differenza di quanto accade davanti al giudice monocratico, non è alternativa allo
scambio delle memorie, ma eventualmente aggiuntiva;
CC Da questa disposizione
emerge che:
Discussione orale (art. 275 c.p.c.)
•la riproposizione della richiesta alla scadenza del
termine per lo scambio delle memorie lascia spazio all’eventualità che la parte richiedente, dopo
aver conosciuto la comparsa dell’altra parte, non
ritenga più necessaria la discussione, considerando sufficiente la replica con la memoria scritta.
CC «Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro sessanta giorni» (art. 275, co. 3, c.p.c.).
L’omessa fissazione dell’udienza di discussione non è causa di nullità della
sentenza, se non ha pregiudicato, in concreto, il diritto di difesa (Cass.
18618/2003).
CC Se nessuna delle parti costituite è presente, la causa va rinviata ad altra udienza per l’eventuale cancellazione dal ruolo (Cass. 5763/1983).
CC All’udienza di discussione, il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione il presidente ammette le parti alla discussione; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi (art. 275,
co. 4, c.p.c.).
Deliberazione
(art. 276 c.p.c.)
132 • CC La decisione è deliberata in camera di consiglio (art. 276, co. 1, c.p.c.). Alla
deliberazione possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla
discussione.
Capitolo 10
CC Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide dapprima le questioni preliminari di rito e poi le questioni di merito (art. 276, co. 2, c.p.c.).
•il primo a votare è il relatore, quindi l’altro giudice
e infine il presidente (art. 276, co. 3, c.p.c.);
•se intorno a una questione si prospettano più so-
CC La decisione è presa a
maggioranza dei voti:
Deliberazione
(art. 276 c.p.c.)
luzioni e non si forma la maggioranza alla prima
votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la
non esclusa e quella eventualmente restante, e
così successivamente finché le soluzioni sono ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva (art. 276, co. 4, c.p.c.);
•chiusa la votazione il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo su un foglio (c.d. minuta), che ha
funzione di documentazione interna e provvisoria,
poiché il testo completo della sentenza (che comprende la sua parte più ampia, la motivazione) viene steso successivamente dal relatore, che così diviene estensore, a meno che il presidente voglia
stenderlo egli stesso o affidarne la stesura a un altro giudice (art. 276, ult. co., c.p.c.), ad es. quando
l’opinione del relatore non è conforme a quella della maggioranza del collegio.
CC L’estensore predispone una minuta, che viene sottoscritta dal presidente e
dall’estensore e quindi consegnata al cancelliere, il quale scrive il testo originale a norma dell’art. 132 c.p.c. Il presidente e il relatore, verificata la corrispondenza dell’originale alla minuta, sottoscrivono la sentenza (art. 119 disp.
att. c.p.c.).
CC Il nuovo testo dell’art. 275, co. 1, c.p.c. dispone che il termine per il deposito
della sentenza è di 60 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle
memorie di replica.
Generalità
2Decisione del tribunale in composizione monocratica (artt.
281quater-sexies c.p.c.)
CC Nelle cause attribuite al
tribunale in composizione monocratica, ossia
nelle cause che non rientrano tra quelle attribuite al collegio dall’art.
50bis c.p.c.:
•la
discussione è prevista (art. 281sexies c.p.c.)
come modalità propria di una delle due vie che il
giudice può scegliere per la trattazione e la decisione;
•la decisione è presa dal giudice istruttore e dal giudice dell’esecuzione (art. 281quater c.p.c.).
•Gli artt. 281quinquies e sexies c.p.c. configurano, rispettivamente, due diverse
✃
modalità di decisione: la decisione a seguito di trattazione scritta o mista e la
decisione a seguito di trattazione orale. Si tratta di due alternative tra le quali
il giudice può scegliere in relazione alla natura della causa, alla sua complessità e a una serie di circostanze, da valutarsi caso per caso.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 133
CC Il giudice, fatte precisare le conclusioni alle parti, dispone lo scambio delle
comparse conclusionali e delle memorie di replica e deposita la sentenza in
cancelleria entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica (art. 281quinquies, co. 1, c.p.c.).
Trattazione scrit- CC Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali, fissa l’udienza di discussione orale non oltre 30 giorni dalta o mista
la scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata entro i 30 giorni successivi all’udienza di discussione (art.
281quinquies, co. 2, c.p.c.). A differenza di quanto accade nella fase di decisione davanti al tribunale in composizione collegiale, qui la discussione è sostitutiva della replica.
Trattazione orale
CC Se sceglie l’alternativa della decisione a seguito di trattazione orale, il giudice, fatte precisare le conclusioni, ordina la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva, e pronuncia sentenza al termine della discussione orale, dando lettura del dispositivo
e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (art.
281sexies, co. 1, c.p.c.).
CC La sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione, da parte del giudice,
del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria.
3Rapporti tra collegio e giudice monocratico (artt. 281septies281novies c.p.c.)
CC Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, rimette la
causa davanti al giudice istruttore con ordinanza non impugnabile (art. 281septies c.p.c.).
Rimessione della CC Il rinvio della causa dal collegio al giudice unico non produce alcuna consecausa al giudice
guenza sull’attività difensiva già svolta, la quale conserva piena validità, remonocratico
stando ferme tutte le preclusioni eventualmente maturate.
CC Il provvedimento dell’organo collegiale vincola il giudice e le parti; il giudice
monocratico, pertanto, non può disattendere la decisione del collegio, per cui
dovrà comunque pronunciare sentenza, mentre le parti potranno far valere il
loro dissenso in sede di impugnazione.
CC Nel caso in cui il tribunale in composizione monocratica rilevi che la causa assunta da lui in decisione in funzione di giudice monocratico non è di sua spettanza, invita le parti a precisare di nuovo le conclusioni per poi rimettere la
causa al collegio (art. 281octies c.p.c.). Se il tribunale collegiale non concorda con la valutazione del giudice istruttore relativa alla collegialità della deciRimessione della
sione, può revocare l’ordinanza di rimessione e restituire la causa allo stescausa al tribunaso giudice istruttore.
le in composizione collegiale
CC Allo scopo di evitare possibili contrasti di giudicato, il legislatore privilegia la
trattazione e decisione unitaria delle cause connesse affidandola al collegio.
Il provvedimento di riunione, avente la forma dell’ordinanza, spetta al giudice istruttore, ma è fatta salva la possibilità per il collegio di disporre la separazione delle cause.
134 • Capitolo 10
Schema n. 24
La decisione della causa
Trattazione scritta o mista
Trattazione orale
Se il giudice sceglie la via della decisione a seguito di trattazione scritta, fatte precisare le
conclusioni dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica
Se il giudice sceglie la via della decisione a seguito di trattazione orale, fatte precisare le conclusioni può ordinare la discussione orale
della causa nella stessa udienza o, su istanza
di parte, in un’udienza successiva
deposita la sentenza in cancelleria entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica
Se una delle parti lo chiede, il giudice, disposto lo scambio delle comparse conclusionali,
fissa l’udienza di discussione orale non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine per
il deposito delle comparse medesime
pronuncia sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che
la contiene ed è immediatamente depositata
in cancelleria
✃
la sentenza è depositata entro i trenta giorni
successivi all’udienza di discussione
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 135
Schema n. 25
Riunione delle cause
Se, relativamente alla stessa causa, sono proposti diversi procedimenti davanti allo stesso ufficio
giudiziario
— se i procedimenti pendono davanti allo stesso giudice-persona fisica, il provvedimento di riunione verrà pronunciato da quest’ultimo
il giudice deve ordinare la riunione
dei procedimenti
— se i procedimenti pendono davanti a giudici diversi della stessa o di
altra sezione dello stesso tribunale, la riunione verrà disposta dal
presidente
In presenza di cause connesse proposte davanti allo stesso ufficio giudiziario
— se le cause connesse pendono davanti allo stesso giudice-persona
fisica, la riunione può essere disposta da questo
il giudice può disporre, anche d’ufficio, la riunione delle cause
— se pendono davanti a giudici diversi della stessa o di altra sezione
dello stesso tribunale, il presidente ordina che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni
4Esecuzione provvisoria
La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti (art. 282 c.p.c.). Pertanto, fin
dal momento della sua pubblicazione vale come titolo esecutivo (art. 474 c.p.c.) e consente l’instaurazione di uno dei procedimenti di esecuzione forzata descritti nel Libro III del codice di Procedura civile. Tuttavia, la sentenza di primo grado non è definitiva, potendo essere riformata dalla sentenza
d’appello e, di conseguenza, la provvisoria esecutività (o esecutorietà) della sentenza può essere sospesa dal giudice d’appello, come prevede l’art. 283 c.p.c.
CC la sospensione dell’efficacia esecutiva (o dell’esecuzione, se è già iniziata)
della sentenza di primo grado è subordinata alla proposizione dell’appello ed
è disposta dal giudice d’appello qualora ricorrano gravi e fondati motivi;
CC la sussistenza dei gravi e fondati motivi di sospensione è affidata alla valutazione discrezionale del giudice d’appello;
In particolare:
CC non costituisce «grave motivo» la dannosità in sé dell’esecuzione, perché l’esecuzione forzata è sempre dannosa per chi la subisce. Occorre qualcosa di più,
ossia la fondatezza dell’appello (c.d. fumus dell’appello). Se il giudice d’appello ritiene probabile l’accoglimento dell’appello, ciò integra un motivo grave e
fondato per sospendere l’esecutività della sentenza;
CC l’esecutività della sentenza deve costituire effettivamente un pericolo di danno rilevante: se sono milionario e mi pignorano un televisore, non c’è danno
rilevante, e quindi non c’è spazio per la sospensione della sentenza;
136 • Capitolo 10
In particolare:
CC i «gravi e fondati motivi» di sospensione devono essere valutati anche in relazione alla possibilità che l’eventuale esecuzione della sentenza pregiudichi
la solvibilità di una delle parti. Ad es., se la sentenza ha condannato una
piccola impresa al pagamento di un’ingente somma di denaro, il giudice d’appello potrà sospendere la sentenza di condanna qualora la sua esecuzione
possa condurre l’impresa al fallimento.
L’art. 282 c.p.c. non pone alcuna distinzione tra le diverse tipologie di sentenze. Pertanto, deve ritenersi che tutte le sentenze di primo grado, siano esse dichiarative, costitutive o di condanna, sono
esecutive.
5 Pubblicazione e comunicazione della sentenza (art. 133 c.p.c.)
Pubblicazione
CC Il processo di primo grado si conclude con la pubblicazione della sentenza,
ossia con il deposito della sentenza in cancelleria, che è il momento ufficiale
in cui la sentenza diventa un atto ufficiale dello Stato. Del deposito il cancelliere dà atto in calce alla sentenza, apponendovi la firma e la data (art. 133,
co. 2, c.p.c.).
CC Con la pubblicazione la sentenza viene resa pubblica, e acquista la sua efficacia autoritativa di provvedimento idoneo a divenire immutabile se non impugnato. Solo con il deposito, dunque, la sentenza esiste come atto giuridico.
Comunicazione
CC Entro cinque giorni dalla pubblicazione il cancelliere comunica la sentenza
alle parti costituite, anche a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica (art.
133, co. 3, c.p.c.). A tal fine, il difensore indica nel primo scritto difensivo utile
il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso. Si tratta, ovviamente, di un adempimento facoltativo.
CC Mentre la data della pubblicazione della sentenza costituisce il termine iniziale (dies a quo) per la decorrenza del termine annuale di impugnazione in mancanza di notificazione (art. 327 c.p.c.), la data della comunicazione costituisce
il termine iniziale (dies a quo) per la proposizione del regolamento di competenza (art. 47, co. 2, c.p.c.) e per la riassunzione della causa (art. 50 c.p.c.).
Osservazioni
Ai fini del decorso del termine per la proposizione delle impugnazioni (ad eccezione del regolamento di competenza), il termine iniziale è quello della notifica della sentenza (art. 326 c.p.c.), ossia l’atto con il quale l’ufficiale giudiziario consegna la copia autentica della sentenza alla parte che
sarebbe eventualmente interessata all’impugnazione.
La notifica va effettuata (art. 285 c.p.c.), su istanza di parte:
✃
— a norma dell’art. 170 c.p.c., ossia al procuratore costituito;
— alla parte personalmente (art. 286, co. 2, c.p.c.) se si è verificato uno dei casi previsti dall’art.
301 (un evento che colpisce il procuratore e che dà luogo all’interruzione del processo), mentre se si è verificato un evento interruttivo che colpisce la parte dopo la chiusura della discussione, la notifica può essere effettuata a coloro ai quali spetta stare in giudizio (art. 286, co. 1,
c.p.c.).
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 137
6 Correzione delle sentenze e delle ordinanze (artt. 287-289 c.p.c.)
CC L’art. 287 c.p.c. prevede la possibilità di correzione dei provvedimenti affetti
da omissioni o errori materiali o di calcolo.
CC Per eliminare questo tipo di errori, per lo più dovuti a disattenzioni o sviste, la
legge si preoccupa di predisporre uno strumento semplificato rispetto a quello dell’impugnazione, la cui complessità sarebbe sproporzionata.
Generalità
CC La correzione della sentenza è un provvedimento di tipo amministrativo che
mira a ripristinare la corrispondenza tra quanto la sentenza ha inteso dichiarare e quanto formalmente dichiarato; provvedimento da pronunciarsi dallo
stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato la sentenza, salvo il caso dell’avvenuta proposizione dell’appello, nel qual caso la correzione compete al giudice dell’appello, che può provvedere anche d’ufficio.
•l’erronea indicazione della data di deliberaCC L’errore materiale consiste in
un errore di redazione della
sentenza, ossia in una disattenzione o in una svista occorsa nella stesuradell’atto. Tra i
Errore materiale
casi di errore materiale emened errore di caldabili rientrano, ad es.:
colo
zione della sentenza;
•l’errore del giudice nella determinazione della misura delle spese sostenute dalla parte
vittoriosa (Cass. 21012/2010);
•l’inesatta indicazione del nome di una delle
parti, nell’intestazione della sentenza purché
dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le
parti (Cass. 7343/2010).
CC L’errore di calcolo aritmetico consiste nella scorretta applicazione delle regole matematiche ma sulla base di presupposti numerici non contestati ed
esatti (Cass. 11333/2009).
CC L’omissione materiale consiste nella mancanza di uno o più elementi formali della sentenza dovuta a dimenticanza o svista.
•la
mancanza dell’intestazione «Repubblica Italiana – in
nome del popolo italiano»;
Omissione
CC Sono considerate omissioni
riparabili con la
correzione:
•l’erronea indicazione della data di deliberazione;
•l’omessa indicazione, nell’epigrafe della sentenza, del nome
di una delle parti, quando dal contesto della sentenza l’identità della parte emerge senza possibilità di equivoci;
•la mancata trascrizione di una o più conclusioni delle parti, purché siano state esaminate e non sia mancata la decisione su di esse, altrimenti si verificherebbe una nullità.
CC L’omessa sottoscrizione della sentenza da parte del giudice o, nel caso di
pronuncia emessa dal giudice collegiale, da parte di uno dei magistrati tenuti
a sottoscriverla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., determina (nel caso in cui l’impedimento del magistrato non risulti menzionato) la nullità insanabile della sentenza medesima, dovendosi escludere l’applicabilità del procedimento di correzione) (Cass. 12167/2009).
138 • Capitolo 10
Osservazioni
Se il difensore della parte anticipa le spese e poi chiede al giudice la liquidazione, a proprio favore, delle spese anticipate (c.d. istanza di distrazione delle spese), in caso di omessa pronuncia,
da parte del giudice, sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore il rimedio
esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma; la procedura
di correzione consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del
processo e garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo (Cass. S.U. 16037/2010).
CC L’art. 287 c.p.c., nel disciplinare l’istituto della correzione, si riferisce alla sentenza e alle ordinanze non revocabili (art. 287 c.p.c.). Sono correggibili, inoltre, i decreti non revocabili (ad es., il decreto ingiuntivo).
CC Il giudice competente a pronunciare sul procedimento di correzione è lo stesso giudice (inteso come «stesso ufficio giudiziario») che ha pronunciato il provvedimento correggibile.
•se tutte le parti concordano nel chiedere la correzione, il
Casi e procedimento di correzione
giudice provvede con decreto;
•se, invece, la correzione è chiesta da una delle parti, il
CC Ai sensi dell’art.
288 c.p.c.:
giudice fissa l’udienza nella quale le parti devono comparire davanti a lui. Sull’istanza il giudice provvede con
ordinanza, che deve essere annotata sull’originale del
provvedimento;
•se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno
✃
dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto devono essere
notificati alle altre parti personalmente.
Il processo di cognizione davanti al tribunale • 139
11
Capitolo
Vicende anomale del processo:
sospensione, interruzione ed estinzione
Il processo può entrare in uno stato di quiescenza, ossia arrestarsi temporaneamente.
Durante tale periodo il processo pende, ma non possono essere compiuti i normali atti della procedura.
La quiescenza è uno stato provvisorio che viene meno soltanto con il compimento di specifici atti di
impulso (in particolare, l’atto di riassunzione) in mancanza dei quali, alla scadenza di un determinato
periodo di tempo, il processo si estingue.
Il procedimento di cognizione può arrestarsi a causa di un provvedimento di sospensione, di interruzione o di cancellazione della causa dal ruolo.
1Sospensione (artt. 295-298 c.p.c.)
Definizione
CC La sospensione del processo è l’arresto dell’iter processuale a causa di un determinato evento e fino alla cessazione di quell’evento.
CC Di regola, la sospensione non si verifica automaticamente, ma a seguito di un provvedimento del giudice, non oltre la precisazione delle conclusioni.
CC Sospensione necessaria: il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni
caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa (art. 295 c.p.c.).
Tipologie
Disciplina
CC Sospensione su istanza delle parti: il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi, può disporre, per una sola volta, che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a tre mesi, fissando l’udienza per
la prosecuzione del processo medesimo (art. 296 c.p.c.).
CC Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione: se col provvedimento di
sospensione non è stata fissata l’udienza in cui il processo deve proseguire, le parti devono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione o dal passaggio in giudicato della sentenza che
definisce la controversia. L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in
mancanza, al Presidente del tribunale (art. 297 c.p.c.).
✃
CC Effetti della sospensione: durante la sospensione non possono essere compiuti
atti del procedimento. La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui all’articolo precedente (art. 298 c.p.c.).
Vicende anomale del processo: sospensione, interruzione ed estinzione • 141
Schema n. 26
La sospensione del processo (artt. 295-298 c.p.c.)
La sospensione del processo consiste in un arresto dell’iter processuale a causa di un determinato evento e fino alla cessazione di quell’evento
Sospensione necessaria
Sospensione su istanza delle parti
Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui occorre risolvere una
controversia dalla cui definizione dipende la
decisione della causa
Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi, può disporre, per una sola volta, che il processo
sia sospeso per un periodo non superiore
a tre mesi, fissando l’udienza per la prosecuzione del processo
Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l’udienza in cui il processo deve proseguire, le parti devono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa
L’istanza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione
L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale
Il ricorso, col decreto che fissa l’udienza, è notificato a cura dell’istante alle altre parti nel termine
stabilito dal giudice
2Interruzione (artt. 229-305 c.p.c.)
CC L’interruzione è l’arresto dell’iter processuale a causa di un evento che
compromette l’effettività del contraddittorio (ad es., la morte di una parte
o la perdita della sua capacità di agire).
Nozione ed effetti
142 • CC In caso d’interruzione non possono essere compiuti gli atti del processo
e restano interrotti i termini in corso. Gli atti eventualmente compiuti sono
nulli. A seguito della riassunzione i termini precedentemente interrotti riprendono a decorrere per intero e non soltanto per la parte residua (Satta) (artt.
298 e 304 c.p.c.).
Capitolo 11
CC Morte o perdita della capacità di stare in giudizio prima della costituzione (art. 299 c.p.c.): se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore sopravviene la morte (o la dichiarazione di morte presunta: art. 58 c.c.) o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle
parti (ad es., per interdizione), oppure la morte o la perdita di capacità del rappresentante legale della parte (il tutore dell’interdetto, il curatore dell’inabilitato, ecc.) o la cessazione di tale rappresentanza (ad es., a causa della revoca
dell’interdizione o dell’inabilitazione), il processo è interrotto immediatamente. L’interruzione, però, è esclusa, perché superflua, se l’evento interruttivo è
seguito immediatamente (o comunque prima della dichiarazione dell’interruzione) dalla ricostituzione dell’effettività del contraddittorio a seguito della costituzione spontanea di coloro ai quali spetta proseguire il processo (il successore, il rappresentante legale, il minore divenuto maggiorenne, ecc.) o della
loro citazione in riassunzione ad opera dell’altra parte.
CC Morte o perdita della capacità di stare in giudizio della parte costituita o
del contumace (art. 300 c.p.c.): se la morte o la perdita della capacità della
parte si avvera nei riguardi della parte costituita in giudizio, il difensore lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti, e da tale momento il processo è
interrotto. In caso di mancata dichiarazione della morte, il processo prosegue
Eventi interruttivi
nei confronti del defunto, da considerarsi processualmente ancora in vita.
Se la parte è costituita personalmente, il processo si interrompe dal momento dell’evento. Se l’evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall’altra
parte, è notificato o è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notifica di uno degli atti che devono essere notificati al contumace.
L’interruzione si verifica automaticamente al momento della dichiarazione,
notificazione o certificazione indipendentemente da un provvedimento del giudice, che però è tenuto a dichiararla non appena abbia avuto notizia di tali
eventi.
CC Morte o impedimento del difensore: se la parte è costituita a mezzo di un
difensore, il processo è interrotto dal giorno della sua morte, oppure dal giorno della radiazione o della sospensione dall’albo professionale. Non sono cause d’interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa (art. 301 c.p.c.).
CC La cancellazione volontaria dall’albo professionale non determina l’interruzione del processo, in quanto, mentre la morte, la sospensione o la radiazione dall’albo sono accomunate dal fatto di non dipendere, almeno in via diretta, dalla volontà del professionista o del cliente, la volontaria cancellazione è
assimilabile alla revoca della procura o alla rinuncia a essa (Cass. 12261/2009).
CC Il processo interrotto può essere proseguito (art. 302 c.p.c.) oppure riassunto (art. 303 c.p.c.). Si tratta di due mezzi idonei a far riprendere al giudizio il
suo corso.
Prosecuzione del
processo
CC La prosecuzione può essere chiesta dalla parte colpita dall’evento interruttivo. Se il processo è interrotto per la morte di una parte, deve proseguire nei
confronti di tutti gli eredi della parte deceduta.
CC La costituzione per proseguire
il processo può avvenire:
•all’udienza;
•a norma dell’art. 166 c.p.c.
✃
CC Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice
istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell’istante.
Vicende anomale del processo: sospensione, interruzione ed estinzione • 143
CC Il giudizio interrotto può essere proseguito dalla parte colpita dall’evento interruttivo, oppure può essere riassunto dalla parte estranea all’evento stesso. In
particolare, ai sensi dell’art. 303 c.p.c., se non avviene la prosecuzione del processo, l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza e, successivamente,
effettuare la notifica del ricorso e del decreto che fissa l’udienza a coloro che
debbono costituirsi per proseguire il processo.
CC In caso di morte della parte, la notificazione, entro un anno dalla morte, può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi nell’ultimo domicilio del
Riassunzione
defunto. Tutti gli eredi acquistano la qualità di parte e la mancata costituzione di
del processo
alcuni di essi non comporta la necessità di integrare il contraddittorio.
CC Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di
tre mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue (art. 305 c.p.c.). Il termine trimestrale decorre, in caso di morte o impedimento del difensore (art. 301
c.p.c.), da quando la parte rimasta senza difensore ha avuto effettiva conoscenza legale dell’evento (Corte cost. 139/1967). Il termine perentorio è rispettato se entro tre mesi il ricorso in riassunzione è depositato in cancelleria
(Cass. 6325/2010).
Schema n. 27
L’interruzione del processo (artt. 299-305 c.p.c.)
Morte o perdita della capacità di stare in giudizio di una
delle parti o del suo rappresentante legale prima della
costituzione in cancelleria
Morte o perdita della capacità di stare in giudizio di
una delle parti o del suo rappresentante legale dopo la
costituzione in giudizio
Morte o impedimento del
procuratore
il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l’altra parte provveda
a citarli in riassunzione
il difensore dichiara l’accadimento in udienza o lo notifica alle altre parti e il processo è interrotto
il processo è interrotto dal
giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore
se l’evento riguarda la parte contumace, il processo è
interrotto dal momento in
cui il fatto interruttivo è documentato dall’altra parte, o
è notificato o certificato
dall’ufficiale giudiziario
Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue
144 • Capitolo 11
3Estinzione (artt. 306-310 c.p.c.)
CC La fine del processo può essere causata anche da una vicenda che la determina senza che sia avvenuta la pronuncia della sentenza definitiva. Tale vicenda
è l’estinzione del processo.
Generalità
CC Funzione dell’istituto è quella di evitare la prosecuzione dell’attività processuale
quando tutte le parti, per accordo esplicito (rinuncia e relativa accettazione) o
per comportamento concludente (inattività), la ritengono inutile.
CC Neppure lo Stato, in tale situazione, ha interesse a tenere impegnati i propri organi
giurisdizionali, tra l’altro protraendo un’obiettiva situazione di incertezza; tanto più
che gli eventuali interessi dell’ordinamento alla prosecuzione del processo possono
essere tutelati dall’iniziativa del P.M, il quale, nei casi in cui ha proposto la domanda, non può rinunciare alla domanda stessa né provocare l’estinzione per inattività.
CC La rinuncia agli atti del giudizio è la dichiarazione dell’attore di non voler proseguire il processo e, quindi, di non volere che il processo giunga a una decisione di merito sulla domanda.
•può essere effettuata dall’attore (o dal convenuto in caso di domanda riconvenzionale), personalmente o a mezzo del difensore munito di procura speciale;
•è efficace soltanto se è accettata dalle parti costituite che poRinuncia agli CC La rinuncia:
atti del giudizio
(art. 306 c.p.c.)
trebbero essere interessate alla prosecuzione del giudizio.
Non occorre l’accettazione del convenuto contumace. L’interesse alla prosecuzione del giudizio sussiste quando il convenuto
ha la possibilità di ottenere un provvedimento finale che produce effetti più favorevoli di quelli discendenti dall’estinzione del
processo (Luiso).
CC La rinuncia e l’accettazione devono essere fatte con dichiarazione orale in udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti. Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione del processo.
CC Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra
loro.
CC Se, dopo la notifica della citazione, nessuna delle parti si costituisce entro il termine stabilito dall’art. 166 c.p.c., oppure se, dopo la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, ordina la cancellazione della causa dal ruolo, il
processo, salvo il disposto dell’art. 181 e dell’art. 290 c.p.c., deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di tre mesi dalla scadenza del
termine per la costituzione del convenuto (art. 166 c.p.c.) o dalla data del provvedimento di cancellazione; altrimenti, si estingue.
Inattività delle CC Il processo, una volta riassunto, si estingue se nessuna delle parti si costituisce
parti (art. 307
oppure se, nei casi previsti dalla legge, il giudice ordina la cancellazione della
c.p.c.)
causa del ruolo.
CC Il processo si estingue, altresì, qualora le parti, alle quali spetta rinnovare la citazione
o proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi hanno provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore a un mese né superiore a tre.
✃
CC L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del
giudice istruttore o con sentenza del collegio.
Vicende anomale del processo: sospensione, interruzione ed estinzione • 145
CC Salvo diversa previsione di legge, la riassunzione è fatta con comparsa, ai
sensi dell’art. 125 disp. att. c.p.c.
CC L’atto è valido, pur se formulato con citazione o ricorso (Cass. 21071/2009),
se contiene gli elementi previsti dall’art. 125 disp. att. c.p.c. ed esprime chiaramente la volontà della parte di riassumere il processo.
•il giudice di fronte a cui le parti devono comparire,
le parti e i loro difensori;
CC L’atto deve indicare:
•l’udienza alla quale devono partecipare le parti;
•il provvedimento sulla base del quale è fatta la riassunzione.
La riassunzione
del processo
•richiamare l’atto introduttivo del processo (non è neCC Inoltre, l’atto di riassunzione deve:
cessaria l’indicazione delle domande in esso proposte);
•contenere
l’invito a costituirsi nei termini previsti
dall’art. 163 bis c.p.c. o nei termini abbreviati (Cass.
3623/2004).
CC L’atto deve essere notificato alla parte personalmente, nel caso in cui essa
non si sia costituita nel processo.
CC La riassunzione è tempestiva quando la comparsa è regolarmente notificata entro il termine di tre mesi. Nel caso di mancata costituzione il termine
rilevante per valutare l’integrazione della fattispecie estintiva è, a norma
dell’art. 166 c.p.c., il ventesimo giorno antecedente all’udienza di prima comparizione. Nelle altre ipotesi il termine decorre dal provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo.
L’ordinanza
di estinzione
CC L’ordinanza che dichiara l’estinzione
(art. 308 c.p.c.):
•è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori udienza;
• è reclamabile nei modi di cui all’art. 178, co. 3, 4 e 5,
c.p.c.
CC Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l’accoglie.
CC Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice fissa una nuova udienza ex art. 181 c.p.c., comunicata alle parti costituite (art. 309 c.p.c.).
Diserzione
del­l’udienza
CC In caso di mancata
comparizione delle
parti alla seconda
udienza, il giudice:
•dispone, con ordinanza, la cancellazione della causa dal ruolo, e dichiara l’estinzione del giudizio.
CC Il provvedimento di cancellazione non deve essere comunicato alle parti.
146 • Capitolo 11
•non estingue l’azione. Pertanto, il diritto sostanziale oggetto del giudizio estinto resta integro, e
può essere fatto valere in un altro processo;
CC Ai sensi dell’art. 310 c.p.c.,
l’estinzione del processo:
Effetti
del­l’estinzione
•rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le sentenze pronunciate dalla Cassazione
in sede di regolamento di competenza, alle quali non possono assimilarsi quelle dei giudici di
merito in tema di competenza.
CC Anche le prove raccolte, come tutti gli atti del processo estinto, perdono efficacia. Tuttavia, l’art. 310, co. 3, c.p.c. stabilisce che le prove raccolte sono valutate dal giudice di un eventuale nuovo giudizio a norma dell’art. 116, co. 2, c.p.c.,
ossia come elementi di prova.
✃
CC Le spese del processo estinto sono a carico delle parti che le hanno anticipate.
Vicende anomale del processo: sospensione, interruzione ed estinzione • 147
12
Capitolo
Le impugnazioni
1In generale (artt. 323-338 c.p.c.)
CC Sono gli strumenti attraverso i quali una delle parti rimette in discussione, nei
confronti dell’altra, un provvedimento giurisdizionale ritenuto invalido o ingiusto.
•l’appello (il mezzo generale di impugnazione contro le
sentenze di primo grado);
I mezzi di impugnazione
CC Contro le sentenze i mezzi di impugnazione sono:
•il ricorso in cassazione (il mezzo di impugnazione contro le sentenze emesse in secondo o in unico grado);
•la revocazione;
•l’opposizione di terzo;
•il regolamento di competenza.
CC Sono tassativi, per cui non sono ammesse impugnazioni di provvedimenti
giurisdizionali all’infuori delle ipotesi previste dalla legge.
CC Ciascun mezzo di impugnazione si dirige contro un provvedimento del giudice.
Caratteristiche
CC Legittimati a impugnare sono coloro che hanno rivestito la qualità di parte nel
precedente grado di giudizio.
CC L’interesse a impugnare deriva dalla soccombenza.
•i mezzi di impugnazione mirano a eliminare la senten-
CC Mezzi di impugnazione e mezzi di gravame:
Classificazioni
za affetta da errores in iudicando (errori nell’individuazione o interpretazione della norma applicabile o nell’accertamento dei fatti controversi) o errores in procedendo (vizi di procedura non sanati o non sanabili, ad es. il
difetto di giurisdizione, di competenza, di legittimazione
ad agire, di litisconsorzio necessario);
•i mezzi di gravame si utilizzano contro una sentenza
ingiusta, in quanto costituisce il risultato di un’ingiusta
valutazione delle prove, dei fatti e, più in generale, di
tutto ciò che rientra nella libera valutazione del giudice,
e sono diretti a ottenere il riesame del rapporto controverso.
CC Mezzi di impugnazione a critica libera (appello) e mezzi di impugnazione a
critica vincolata (ricorso in Cassazione).
✃
CC Mezzi di impugnazione ordinari (appello, Cassazione, revocazione ordinaria), la cui proposizione nei termini (artt. 325 e 327 c.p.c.) impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, e mezzi di impugnazione straordinari,
proponibili indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza (revocazione straordinaria, opposizione di terzo).
Le impugnazioni • 149
CC L’interesse a impugnare è l’interesse a ottenere una nuova pronuncia
sul rapporto giuridico già oggetto del precedente giudizio. Tale interesse deriva dalla soccombenza, ossia la condizione nella quale si trova,
al termine di un giudizio, la parte quando la propria domanda non è stata accolta o quando è stata accolta una domanda della controparte
(Liebman).
CC La soccombenza può essere totale, se viene respinta l’intera domanda
della parte, oppure parziale, quando la sentenza accoglie solo parzialmente la domanda della parte o quando, pur accogliendo la domanda
della parte, accoglie anche una o più domande della controparte.
CC La legittimazione a impugnare
sussiste, di regola, a favore delle
parti del giudizio
concluso con la
sentenza da impugnare, ossia:
•le parti originarie (attore e convenuto);
•le parti nei confronti delle quali è stata ordinata l’integrazione del contraddittorio;
•i terzi intervenuti.
•l’opposizione di terzo (artt. 404 ss. c.p.c.), che è
Interesse e legittimazione a impugnare
un mezzo di impugnazione destinato a chi non è
stato parte del giudizio concluso con la sentenza impugnabile;
•il pubblico ministero è titolare di un autonomo
CC Eccezioni alla regola secondo la
quale le impugnazioni sono riservate a coloro i
quali hanno partecipato al giudizio sono:
diritto di impugnazione nell’ambito delle cause che
ha promosso o che avrebbe potuto promuovere;
egli è inoltre legittimato a impugnare le sentenze
relative alle cause matrimoniali (salvo quelle di separazione personale tra coniugi) e le sentenze che
dichiarano l’efficacia o l’inefficacia di sentenze
straniere relative a cause matrimoniali. La legittimazione a impugnare spetta sia al p.m. presso il
giudice che ha emesso la sentenza, sia al p.m.
presso il giudice competente per l’impugnazione
(art. 72 c.p.c.);
•la sentenza emessa nei confronti di una parte che
sia venuta a mancare può essere impugnata dal suo
successore universale (art. 110 c.p.c.);
•in caso di successione a titolo particolare, inter
vivos o mortis causa, la sentenza è impugnabile anche dal successore (art. 111 c.p.c.).
Passaggio in giudicato (artt. 324 c.p.c. e
2909 c.c.)
150 • Capitolo 12
CC La sentenza contro la quale non è più possibile esercitare il potere di
impugnazione — per mancato esercizio nei termini di legge o per esaurimento del potere stesso — si intende passata in giudicato formale.
CC Dal giudicato formale discende il giudicato sostanziale, secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza ormai incontrovertibile fa stato, a
norma dell’art. 2909 c.c., tra le parti, i loro eredi e i loro aventi causa. Si
tratta di due aspetti dello stesso fenomeno, costituito dalla incontrovertibilità della sentenza e dall’immutabilità dei suoi effetti.
•le sentenze di rito, di merito, definitive e non definiPassaggio in giudicato (artt. 324 c.p.c. e
2909 c.c.)
CC I provvedimenti
idonei al passaggio in giudicato sono:
tive, di primo e di secondo grado, contro le quali non
siano stati proposti i mezzi di impugnazione;
•l’ordinanza
che conclude il nuovo procedimento
sommario di cognizione (art. 702quater c.p.c.);
•il decreto ingiuntivo non tempestivamente opposto
(artt. 645 ss. c.p.c.);
•l’ordinanza di convalida di sfratto non tempestivamente opposta (art. 668 c.p.c.).
CC I mezzi di impugnazione ordinari, la cui proposizione impedisce il passaggio in giudicato del provvedimento giurisdizionale, sono il regolamento di competenza, l’appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione ordinaria (art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c.).
CC I mezzi di impugnazione straordinari sono proponibili anche dopo il
passaggio in giudicato formale della sentenza, e sono la revocazione straordinaria (art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6, c.p.c.), la revocazione del P.M. (art. 397
c.p.c.), l’opposizione di terzo, l’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo
e l’opposizione tardiva alla convalida di sfratto.
Mezzi di impugnazione (art. 323 c.p.c.)
•elementi turbativi del giudizio che possono essere
CC Con i mezzi di impugnazione straordinari si possono far valere:
conosciuti anche a distanza di molto tempo (revocazione straordinaria: art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6 c.p.c.)
e rendono impossibile far dipendere l’impugnazione da un termine prefissato;
•situazioni
particolari che conseguono a posizioni
soggettive diverse da quelle delle parti (l’opposizione di terzo), che rendono inopportuno far dipendere l’impugnazione da un termine rigorosamente prefissato.
•di 30 giorni per l’appello, la revocazione e l’oppoCC Ai sensi dell’art.
325 c.p.c., il termine breve per
impugnare è:
sizione di terzo revocatoria (art. 404, co. 2, c.p.c.)
contro le sentenze dei tribunali e dei giudici pace;
•di 30 giorni per la revocazione e l’opposizione di
terzo revocatoria (art. 404, co. 2, c.p.c.) contro le
sentenze della Corte d’appello;
•di 60 giorni per il ricorso per Cassazione.
Termini per impugna- CC I termini brevi sono perentori e decorrono dalla notifica della sentenza
re (artt. 325-327 c.p.c.)
eseguita a istanza di parte (art. 285 c.p.c.), oppure dalla scoperta del vizio o dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta il dolo del giudice nella revocazione straordinaria (art. 395 nn. 1, 2, 3, 6 c.p.c.), o, infine, dalla scoperta del dolo, della falsità o della collusione nella opposizione di terzo revocatoria (art. 404, co. 2, c.p.c.).
✃
CC I termini brevi sono così definiti in contrapposizione al termine lungo di
sei mesi che, per l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione ordinaria (art. 395 nn. 4 e 5 c.p.c.), decorrono, in mancanza di notificazione, dalla data della pubblicazione del provvedimento (art. 327 c.p.c.).
Le impugnazioni • 151
Osservazioni
L’atto che consente di verificare se essa sia stata tempestiva ai sensi della norma è la notifica
dell’impugnazione o il deposito dell’atto di impugnazione nella cancelleria del giudice competente nel caso di controversie che si introducono mediante ricorso, come l’appello in materia di controversie di lavoro o in materia di separazione e divorzio, che in appello segue il rito camerale.
2 L’acquiescenza (art. 329 c.p.c.)
CC Dall’impugnazione si può decadere anche indipendentemente dalla decorrenza di qualsiasi termine, per effetto dell’acquiescenza.
•nell’accettazione espressa della sentenza (acquiescenza esplicita);
•in un comportamento inequivocabilmente incompa-
L’acquiescenza
CC L’acquiescenza
può consistere
(art. 329 c.p.c.):
tibile con la volontà del soggetto di impugnare la decisione (acquiescenza implicita). Non basta, a tal
fine, un atteggiamento di mera tolleranza contingente e neppure il compimento di atti resi necessari o
opportuni, nell’immediato, dall’esistenza del suddetto provvedimento, in una logica di riduzione del pregiudizio, ma che non per questo escludono l’intenzione dell’interessato di agire per l’eliminazione degli effetti del provvedimento (Cass. S.U. 12339/2010);
• nell’impugnazione parziale della decisione, che comporta acquiescenza alle parti di sentenza non impugnate, purché autonome e non dipendenti da quella impugnata (acquiescenza impropria: art. 329, co. 2, c.p.c.).
3Il luogo di notifica dell’atto di impugnazione (art. 330 c.p.c.)
CC presso il domicilio eletto o la residenza indicata dalla parte nell’atto
di notificazione della sentenza, purché entrambi questi luoghi siano
situati nella circoscrizione del giudice che ha pronunciato la sentenza;
L’atto di impugnazione
(atto di citazione per
l’appello, la revocazione e l’opposizione di
terzo; ricorso per l’appello nelle controversie di lavoro, la cassazione, il regolamento
di competenza) deve
essere notificato:
CC presso l’ufficio
del difensore
a) manchi la dichiarazione di residenza o l’elezione di
costituito, la redomicilio nell’atto di notificazione della sentenza;
sidenza dichiaoppure:
rata o il domicib) non vi sia stata notificazione della sentenza; oppure:
lio eletto per il
c) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicigiudizio che si
lio siano effettuate fuori dalla circoscrizione del giuè concluso con
dice che ha pronunciato la sentenza;
la sentenza, nel
caso in cui:
CC presso la parte personalmente, nei luoghi degli artt. 137 ss. c.p.c., nel
caso in cui manchi la costituzione del difensore, la dichiarazione di residenza e l’elezione di domicilio, e quando l’impugnazione sia proposta
dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza.
152 • Capitolo 12
4Impugnazione principale e impugnazione incidentale (artt. 333335 c.p.c.)
CC L’impugnazione principale è quella proposta per prima, ossia l’impugnazione notificata prima delle altre, mentre le impugnazioni incidentali sono le impugnazioni successive alla prima, le quali devono
essere proposte nello stesso processo instaurato con l’impugnazione
principale. Pertanto, il criterio distintivo tra impugnazione principale e impugnazione incidentale è meramente cronologico.
Definizioni
CC In base al principio di unità dei mezzi di impugnazione, il procedimento di impugnazione, una volta aperto, deve fungere da «contenitore» di tutte le possibili impugnazioni di quella sentenza. Questo principio è espresso dall’art. 333 c.p.c., secondo cui le parti alle quali sono
state fatte le notificazioni dell’atto di impugnazione devono proporre, a
pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso
processo.
Pertanto, proposta l’impugnazione principale, le altre impugnazioni si devono fare nella forma dell’impugnazione incidentale, cioè nello stesso
processo.
CC L’interesse a proporre l’appello incidentale nasce in presenza della c.d.
soccombenza reciproca, ossia quando la sentenza ha dato torto in parte all’appellante principale e in parte all’appellante incidentale.
CC L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa
di risposta depositata nella cancelleria del giudice d’appello almeno 20
giorni prima dell’udienza di prima comparizione fissata dall’appellante
nell’atto d’appello.
Riunione delle impugnazioni
CC Può accadere che contro la stessa sentenza si propongano impugnazioni separate (ad es., ciascuna parte, parzialmente soccombente, notifica all’altra un atto d’appello). Qui si hanno due impugnazioni separate contro la stessa sentenza, per cui occorre ristabilire a posteriori l’unitarietà del procedimento di impugnazione. A questo provvede l’art. 335
c.p.c., secondo cui «tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo
processo».
CC La mancata riunione comporta l’inammissibilità delle impugnazioni separate o l’improcedibilità degli altri giudizi di impugnazione, salvo che
si tratti di cause scindibili, nel qual caso le distinte impugnazioni possono essere separatamente decise anche se non riunite.
Osservazioni
✃
La riunione d’ufficio è applicabile anche alle impugnazioni proposte contro sentenze diverse, quando si riferiscano a una stessa domanda e a giudizi svolti tra le stesse parti (Cass. 21349/2004),
qualora sussistano ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia o vi sia l’eventualità di soluzioni contrastanti, oppure quando si tratti di sentenze che, integrandosi reciprocamente, definiscano un’unica controversia di merito.
Le impugnazioni • 153
CC L’impugnazione incidentale tardiva è l’impugnazione proposta dalla parte soccombente parziale la quale, nel momento in cui gli viene notificata l’impugnazione principale, ha perso il potere di impugnare per decorrenza dei termini (ad es., perché
l’impugnazione principale gli viene notificata l’ultimo giorno utile) o per acquiescenza. In tal caso, la notifica dell’impugnazione la rimette in termini per proporre l’impugnazione, che sarà un’impugnazione incidentale (perché successiva alla prima) e
Impugnatardiva (perché proposta oltre i termini per impugnare il provvedimento entro i termizione incini, in via principale o in via incidentale tempestiva).
dentale tardiva
CC Nel caso dell’appello, l’impugnazione incidentale deve essere proposta, a pena di
decadenza, nella comparsa di risposta da depositarsi almeno venti giorni prima della prima udienza (art. 343 c.p.c.).
CC L’impugnazione incidentale tardiva può essere proposta nei confronti di qualsiasi
capo della sentenza, e non soltanto nei confronti dei capi della sentenza impugnati con l’impugnazione principale (Cass. S.U. 4640/1989).
5 Litisconsorzio in sede di gravame (artt. 331-332 c.p.c.)
CC In base al principio
dell’unità soggettiva del
processo di impugnazione contro la stessa
sentenza, al giudizio di
impugnazione devono
partecipare gli stessi soggetti che hanno partecipato al giudizio del grado
precedente, per evitare:
Cause inscindibili e
cause dipendenti
•che un processo che si è svolto tra più parti in primo grado si frantumi in più giudizi in sede d’appello;
•che la stessa sentenza che ha deciso posizioni tra loro
interdipendenti possa passare in giudicato nei confronti
di una parte soltanto e non di un’altra.
CC In attuazione del suddetto principio, l’art. 331 c.p.c. stabilisce che se la sentenza,
pronunciata tra più parti di una causa inscindibile o di cause interdipendenti, non
è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro il quale la notifica deve essere fatta e, se è necessario, l’udienza di comparizione.
CC L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato.
•la pluralità di parti, nel giudizio di primo grado, è stata
determinata dalla necessità del litisconsorzio (art. 102
c.p.c.), come, ad es., nel caso del giudizio riguardante
lo scioglimento di una comunione;
CC Causa inscindibile con
più parti è quella nella
quale:
•la pluralità di parti è imposta da eventi sopravvenuti, come,
ad es., la successione di più persone a una delle parti;
• la pluralità di parti in primo grado è stata determinata da ragioni processuali, come, ad es., l’ordine del giudice di chiamata di un terzo (che rende necessario il litisconsorzio, che
originariamente non era tale) o l’intervento di parti la cui posizione non può scindersi da quella delle parti principali.
CC Cause tra loro dipendenti sono le cause legate tra loro da un vincolo di pregiudizialità (la decisione dell’una costituisce il presupposto logico-giuridico della decisione dell’altra) o di garanzia.
154 • Capitolo 12
Schema n. 28
Cause scindibili e inscindibili
Cause inscindibili
Cause scindibili
Sentenza pronunciata tra più parti in una causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti
Sentenza pronunciata in cause scindibili
se non è impugnata nei confronti di tutte le
parti, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando, se necessario, l’udienza di comparizione
se l’impugnazione viene proposta soltanto da una delle parti o nei confronti di una
di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre fissando, se necessario,
l’udienza di comparizione
la notifica è disposta per consentire alle
parti l’eventuale partecipazione anche alla
fase d’impugnazione
l’impugnazione è dichiarata inammissibile
se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato
✃
se la notifica ordinata dal giudice non avviene, il processo rimane sospeso fino a
quando le altre parti, rimaste estranee,
siano decadute dall’impugnazione
6Effetto espansivo interno ed esterno (art. 336 c.p.c.)
Effetto espansivo interno
CC L’art. 336, co. 1, c.p.c. dispone che la riforma o l’annullamento parziale della sentenza in Cassazione ha effetto anche sulle questioni che dipendono da essa (effetto espansivo interno). Ad es., se una sentenza si pronuncia sull’an e sul quantum
in materia di risarcimento dei danni e viene impugnata soltanto sul punto che riguarda l’an, la riforma della pronuncia, nel senso che il risarcimento non è dovuto,
non può non travolgere anche la pronuncia sul quantum, sebbene non impugnata.
Effetto espansivo esterno
CC L’art. 336, co. 2, c.p.c. dispone, invece, che la riforma, con sentenza passata in
giudicato, o l’annullamento della sentenza in Cassazione estende i suoi effetti ai
provvedimenti e agli atti che sono dipendenti dalla sentenza riformata o cassata
(effetto espansivo esterno). Si pensi, ad es., a una sentenza non definitiva su una
questione pregiudiziale alla quale abbia fatto seguito una sentenza definitiva non
impugnata: se la sentenza non definitiva è riformata o cassata, ciò travolge anche la sentenza definitiva.
Ratio
CC La ratio della norma va individuata nell’intento del legislatore di bloccare i ricorsi
per cassazione meramente dilatori, ossia proposti al solo fine di differire gli effetti della riforma in appello.
Le impugnazioni • 155
7Sospensione dell’esecuzione e dei processi (art. 337 c.p.c.)
CC L’art. 282 c.p.c. sancisce l’esecutività delle sentenze di primo grado, ossia la possibilità di iniziare immediatamente l’esecuzione forzata sulla base
della sentenza. In linea con tale disposizione, l’art. 337 c.p.c. afferma che l’impugnazione non sospende automaticamente né l’efficacia esecutiva della sentenza né l’esecuzione già iniziata. Sono fatte salve le disposizioni che prevedono la possibilità, per il giudice dell’impugnazione e, in alcuni casi, per il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, di sospendere l’esecuzioL’impugnazione
ne della sentenza su istanza di parte (ad es., l’art. 283 c.p.c. per l’appello e
non ha effetto sol’art. 373 c.p.c. per il ricorso in cassazione).
spensivo
CC L’art. 282, co. 2, c.p.c. prevede la sospensione del processo quando venga
invocata l’autorità di una sentenza resa in un altro giudizio, che sia stata
impugnata e che sia in qualche modo pregiudicante l’esito del processo in cui
viene invocata. In tal caso il giudice può tenere conto della sentenza pronunciata nell’altro processo, sebbene impugnata, oppure sospendere il processo in attesa di conoscere l’esito dell’impugnazione.
Osservazioni
Secondo la giurisprudenza più recente, non c’è più spazio per una sospensione discrezionale del
processo, poiché si porrebbe in contrasto con il canone della durata ragionevole che la legge deve
assicurare nel quadro del giusto processo ai sensi dell’art. 3 Cost. (Cass. 25900/2006).
Schema n. 29
Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello
Il giudice d’appello
su istanza di parte proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale
quando sussistono gravi e fondati motivi anche in relazione alla possibilità
di insolvenza di una delle parti
sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata
con o senza cauzione
Presupposti della sospensione
156 • Capitolo 12
— valutazione sommaria della fondatezza dell’impugnazione
— valutazione del pregiudizio patrimoniale che il soccombente può subire dall’esecuzione della sentenza, anche
in relazione alla difficoltà di ottenere eventualmente la
restituzione di quanto pagato
8Effetti dell’estinzione del processo di impugnazione (art. 338
c.p.c.)
CC Mentre l’estinzione del giudizio di primo grado lascia impregiudicati i diritti delle parti (art. 310 c.p.c.), l’estinzione del giudizio di impugnazione comporta il
passaggio in giudicato della sentenza impugnata, salvo che gli effetti delPassaggio in giula sentenza impugnata siano stati modificati con provvedimenti pronunciati
dicato della sennel procedimento estinto (art. 338 c.p.c.). I provvedimenti pronunciati nel protenza impugnata
cedimento estinto che hanno modificato gli effetti della sentenza impugnata
e, pertanto, ne impediscono il passaggio in giudicato, sono le sentenze non
definitive, di rito o di merito, emesse nel processo estinto.
CC Proposta revocazione ex art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c., se il relativo giudizio si
estingue la sentenza impugnata passa in giudicato solo se non è ancora
decorso il termine per proporre ricorso in Cassazione, visto che questo
mezzo di impugnazione è concorrente con quello della revocazione.
Passaggio in giudicato della sen- CC Il provvedimento con cui si pronuncia l’estinzione è una sentenza (artt. 307,
tenza impugnata
ult. co., e 359 c.p.c.).
CC Il giudice competente a decidere sugli effetti dell’estinzione del giudizio di
appello o di revocazione sulla sentenza impugnata è il giudice davanti al quale la questione viene sollevata.
9 L’appello (artt. 339-359 c.c.)
CC L’appello è il mezzo di impugnazione che introduce il giudizio di secondo grado, ossia una fase del processo nella quale si ha un nuovo esame della causa, nei limiti delle censure contenute nella domanda d’appello.
Generalità
CC La struttura del giudizio di appello è la stessa del giudizio di primo grado (art.
359 c.p.c.).
CC Il principio del doppio grado di giudizio, inteso nel senso che ogni controversia deve poter passare, salvo casi eccezionali, attraverso due gradi di giudizio, non ha fondamento costituzionale (Corte cost. 301/1986). Ne deriva la
legittimità della previsione di sentenze non appellabili.
•ordinario, poiché deve essere proposto nei termini di
decadenza previsti dalla legge e la sua proposizione
impedisce il passaggio in giudicato della sentenza;
•a critica libera, ossia a motivi illimitati, in quanto si
possono denunciare al giudice d’appello tutti i vizi in
iudicando o in procedendo della sentenza impugnata;
Caratteri
CC L’appello è un mezzo di impugnazione:
•devolutivo,
poiché il giudice d’appello conosce lo
stesso rapporto sostanziale controverso in primo grado, nei limiti dei motivi specifici fatti valere dall’appellante (tantum devolutum quantum appellatum). L’effetto devolutivo non investe il giudice di secondo grado dell’intera causa già decisa in primo grado, ma soltanto delle questioni sollevate con l’atto di appello;
• sostitutivo, poiché la sentenza di secondo grado, di ac-
✃
coglimento o di rigetto, si sostituisce a quella di primo
grado nel determinare l’assetto di interessi tra le parti.
Le impugnazioni • 157
CC Possono essere impugnate con l’appello tutte le sentenze di primo grado del
tribunale e del giudice di pace, definitive e non definitive, di rito o di merito.
CC Per individuare i provvedimenti appellabili non si deve avere riguardo alla forma
ma alla sostanza del provvedimento. Sono dunque appellabili i provvedimenti di primo grado aventi contenuto decisorio, cioè contenuto sostanziale di senSentenze aptenza, anche se emessi in forma di ordinanza o decreto.
pellabili …
CC La natura del provvedimento non si ricava né dalla forma né dalla qualifica attribuita
dal giudice ma dagli effetti giuridici che il provvedimento è destinato a produrre.
CC Anche le ordinanze e i decreti possono essere appellabili se hanno contenuto
decisorio e dunque natura sostanziale di sentenza.
•le sentenze dichiarate inappellabili da specifiche dispo-
… e inappellabili
CC Sono, invece, inappellabili:
sizioni di legge, quali, ad es., le sentenze emanate all’esito di controversie individuali di lavoro di valore non superiore a 25,82 euro (art. 440 c.p.c.); di previdenza e assistenza di valore non superiore a 25,82 euro (art. 442 c.p.c.)
nonché di locazione, comodato e affitto di valore inferiore
a 50.000 euro (art. 447bis c.p.c.); le sentenze che decidono l’opposizione agli atti esecutivi (art. 618 c.p.c.); le ordinanze che si pronunciano solo sulla competenza (soggette a regolamento necessario di competenza); le ordinanze
che dichiarano la litispendenza, continenza o connessione
e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo (art. 295 c.p.c.); le sentenze pronunciate dalla Corte d’appello in unico grado (ad es., le sentenze emesse in
materia di antitrust ai sensi dell’art. 33, L. 287/1990);
•le sentenze rispetto alle quali le parti si sono accordate per
rendere impugnabili soltanto con il ricorso immediato per
cassazione (ricorso per saltum, ex art. 360, co. 2, c.p.c.);
•le sentenze pronunciate dal tribunale secondo equità a
norma dell’art. 114 c.p.c., ossia quando la causa riguarda
diritti disponibili e le parti gliene fanno concorde richiesta.
•Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo
equità a norma dell’art. 113, co. 2, c.p.c. sono appellabili
esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie o
dei principi regolatori della materia (art. 339, co. 3, c.p.c.).
Giudice competente
CC Giudice competente per l’appello è il
giudice di grado
superiore a quello che ha pronunciato la sentenza
di primo grado,
nella cui circoscrizione ha sede
quest’ultimo, ossia:
•la Corte d’appello rispetto alle sentenze del tribunale;
•il tribunale in composizione monocratica (art. 350, co.
1, c.p.c.) rispetto alle sentenze del giudice di pace (art. 341
c.p.c.).
CC Davanti alla Corte d’appello la trattazione dell’appello è collegiale e davanti al tribunale l’appello è trattato e deciso dal giudice monocratico (art. 350 c.p.c.).
158 • Capitolo 12
•immediatamente, nei consueti termini di decadenza che decorrono dalla notificazione o nel
termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c.;
•in via differita, se il la parte soccombente si riserCC Contro le sentenze
non definitive l’appello può essere proposto:
va di appellare la sentenza non definitiva in un
momento successivo, quando cioè sarà pronunciata la sentenza definitiva. Tale riserva deve essere effettuata entro il termine per appellare e,
comunque, non oltre la prima udienza (art. 340,
co. 1, c.p.c.) davanti al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza. La mancata dichiarazione di riserva nel termine suindicato comporta la decadenza dal diritto di appello differito ma non dall’appello immediato, purché non siano decorsi i termini per appellare.
•le sentenze di condanna generica, con le quali
si accerta soltanto l’esistenza del diritto, mentre
il processo prosegue per la determinazione del
quantum (art. 278, co. 1, c.p.c.);
•le sentenze che, oltre alla condanna generica,
Sentenze non definitive e riserva d’appello
CC Le sentenze non
definitive sono:
contengono la condanna al pagamento di una
provvisionale, nei limiti della quantità per cui il
giudice ritiene raggiunta la prova (art. 278, co. 2,
c.p.c.);
•le sentenze che decidono, senza definire il giudizio, le questioni relative alla giurisdizione o alla
competenza, le questioni preliminari di merito o
le questioni pregiudiziali relative al processo (art.
279, co. 2, n. 4, c.p.c.);
•le sentenze emesse dal collegio o dal giudice
monocratico soltanto sulle domande per le quali non occorre un’ulteriore attività istruttoria (art.
277, co. 2, c.p.c.).
•deve provenire dalla parte soccombente;
•deve essere formulata in modo chiaro e univoco;
•può essere fatta con dichiarazione verbale resa
in udienza o con atto notificato ai difensori delle
altre parti costituite in giudizio;
CC La riserva d’appello, ossia l’intenzione
di differire la proposizione dell’impugnazione:
•deve essere fatta entro il termine per appellare
e, in ogni caso, non oltre la prima udienza davanti al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza;
•impedisce la proposizione dell’appello immedia-
✃
to e impedisce la decadenza dal potere di appellare la sentenza non definitiva per decorso dei
termini d’appello, protraendo la possibilità del potere di impugnazione fino alla pronuncia della
sentenza definitiva insieme alla quale dovrà essere appellata.
Le impugnazioni • 159
CC Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che
non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate (art.
346 c.p.c).
CC La riproposizione deve avvenire, per l’appellante, con l’atto di appello, e per
l’appellato con la comparsa di risposta.
Onere di riproposizione delle doman- CC Anche le istanze istruttorie non accolte dal giudice di primo grado non possono ritenersi implicitamente riproposte in appello con le domande e le ecde e delle ecceziocezioni a sostegno delle quali erano state formulate, ma devono essere rini non accolte
proposte, laddove non sia necessario uno specifico mezzo di gravame, nelle forme e nei termini previsti per il giudizio di primo grado (Cass. 14135/2000).
CC La riproposizione si realizza in qualsiasi forma idonea a manifestare la volontà di ridiscutere, anche solo nel complesso, le ragioni esposte. Non è sufficiente il semplice richiamo alle difese precedenti.
•non possono proporsi domande nuove e, se proposte, devono essere dichiarate inammissibili
d’ufficio. Si configura domanda nuova in presenza di una pretesa diversa da quella fatta valere in
primo grado, che introduce cioè un nuovo tema
d’indagine (Cass. 8342/2010);
•non possono proporsi nuove eccezioni, che non
Divieto di domande, eccezioni e prove nuove (art. 345
c.p.c.)
siano rilevabili anche d’ufficio;
CC Nel giudizio d’appello:
•non sono ammessi nuovi mezzi di prova;
•non possono essere prodotti nuovi documenti,
salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini
della decisione della causa o che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa a essa non imputabile. Sono indispensabili, ai fini della decisione,
soltanto i documenti che riguardano fatti che acquistano rilevanza per la prima volta nel giudizio
di secondo grado;
•può sempre deferirsi il giuramento decisorio.
CC Le parti nel procedimento d’appello sono quella che propone l’appello (appellante) e quella che lo subisce (appellato). Quest’ultimo può anche assumere il ruolo di appellante in via incidentale.
CC Tuttavia, possono intervenire quei terzi che potrebbero proporre opposizione di terzo di cui all’art. 404 c.p.c., in quanto titolari di un diritto incompatibile che potrebbe essere pregiudicato dalla sentenza. Ad es., in un
giudizio avente ad oggetto la tutela delle distanze di un fabbricato, promosL’intervento in apso da soggetto che si affermi proprietario dell’immobile, sussiste la legittimapello
zione a intervenire, in grado di appello, da parte del terzo che assuma di essere proprietario esclusivo del medesimo bene, in quanto la sentenza costituisce una situazione giuridica incompatibile col diritto di proprietà vantato
dal terzo (Cass. 11420/2009).
CC L’interesse del terzo a intervenire in appello va valutato ex ante, al momento della proposizione della domanda e tenuto conto dell’astratta idoneità della pronuncia richiesta a ledere l’interesse diretto del terzo medesimo (Cass.
18560/2009).
160 • Capitolo 12
•l’esposizione
sommaria dei fatti relativi allo
svolgimento del giudizio di primo grado che siano rilevanti per la decisione d’appello: tale esposizione non è un requisito formale a sé stante, ma
può risultare anche indirettamente dalle argomentazioni utilizzate nell’esposizione dei motivi di impugnazione;
•i
CC L’appello si propone con
atto di citazione contenente:
Atti introduttivi
motivi specifici dell’impugnazione, per cui
l’appellante non può limitarsi a chiedere un generico riesame della controversia di primo grado ma
deve indicare le parti della sentenza che intende sottoporre al riesame del giudice d’appello (quantum appellatum) e le ragioni dell’appello (quia appellatum). La mancata indicazione dei
motivi specifici comporta l’inammissibilità
dell’appello (Cass. S.U. 16/2000);
•le indicazioni prescritte dall’art. 163 c.p.c., ossia il giudice e le parti, i mezzi di prova e i documenti che si offrono in comunicazione, il difensore e la procura, la sottoscrizione dell’atto, l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione,
l’invito all’appellante a costituirsi almeno 20 giorni prima dell’udienza e a comparire davanti al giudice designato e l’avvertimento sulle decadenze.
Le decadenze legate alla tardiva costituzione
dell’appellato non sono, però, quelle previste
dall’art. 167 c.p.c. per il convenuto nel giudizio di
primo grado, ma quelle previste dagli artt. 343
(decadenza dal diritto di proporre appello incidentale) e 346 (decadenza dalla facoltà di riproporre
le domande e le eccezioni non accolte o assorbite in primo grado).
CC Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’art. 163bis (art.
342 c.p.c.).
CC La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini previsti per
il procedimento davanti al tribunale. L’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata. Il cancelliere provvede a norma dell’art.
168 e richiede la trasmissione del fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice di primo grado (art. 347 c.p.c.).
CC L’appello è dichiarato improcedibile se l’appellante non si costituisce nei
termini.
Improcedibilità
CC Se l’appellante non compare alla prima udienza, benché si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa a una
prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’appellante.
CC Se anche alla nuova udienza l’appellante non compare, l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio (art. 348 c.p.c.).
✃
CC L’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge (art. 358 c.p.c.).
Le impugnazioni • 161
CC Davanti alla Corte d’appello la trattazione è collegiale, mentre davanti al tribunale l’appello è trattato e deciso dal giudice monocratico.
CC Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio, dichiara la contumacia dell’appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione (art. 350 c.p.c.).
Trattazione
CC Sull’istanza di sospensione della sentenza di primo grado (art. 283 c.p.c.) il
giudice d’appello provvede con ordinanza nella prima udienza, ma la parte può
chiedere che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell’udienza
di comparizione (art. 351 c.p.c.).
CC Se il giudice d’appello dispone l’assunzione di una prova o la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado o, comunque, dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli artt. 191 ss. c.p.c. (art. 356, co. 1, c.p.c.).
CC Esaurita l’attività istruttoria, il collegio della Corte d’appello o il tribunale in composizione monocratica, ove non provveda a disporre o a rinnovare prove ex art. 356
c.p.c., invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’art. 190 c.p.c.
CC La sentenza deve essere depositata entro 60 giorni dalla scadenza del termine
per il deposito della memoria di replica (art. 352, co. 1, c.p.c.).
CC Nei giudizi davanti alla Corte d’appello, ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente. La richiesta deve essere riproposta alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente fissa con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro
60 giorni e designa il relatore. La discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Decisione
CC Nei giudizi d’appello davanti al tribunale il giudice, quando una delle parti lo richiede,
dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali e fissa l’udienza di discussione non oltre 60 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse
medesime. La sentenza è depositata in cancelleria entro i 60 giorni successivi.
CC Se il giudice dell’appello ritiene di disporre l’assunzione di una prova (oppure la
rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado) o di
dare disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede all’assunzione della prova (art. 356, co. 1, c.p.c.).
CC La sentenza d’appello si sostituisce, nei limiti della domanda d’appello, a quella
di primo grado.
CC Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione (art. 353 c.p.c.): il
giudice di appello, se riforma la sentenza di primo grado riconoscendo sussistente la giurisdizione che era stata negata dal primo giudice, rimanda le parti davanti al primo giudice per la rinnovazione del procedimento.
Rimessione
della causa al
primo giudice
CC Le parti devono riassumere il processo nel termine perentorio di tre mesi dalla
notificazione della sentenza.
CC Rimessione al primo giudice per altri motivi (art. 354 c.p.c.): fuori dei casi previsti nell’art. 353 c.p.c., il giudice d’appello non può rimettere la causa al primo
giudice, tranne che dichiari nulla la notifica della citazione introduttiva o riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio o
non doveva essere estromessa una parte, oppure dichiari la nullità della sentenza di primo grado a norma dell’art. 161, co. 2, c.p.c.
CC Il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo.
162 • Capitolo 12
Schema n. 30
Il giudizio d’appello
— le sentenze pronunciate in primo grado, purché l’appello non sia
escluso dalla legge o dall’accordo delle parti a proporre direttamente ricorso per saltum in Cassazione
— le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a
norma dell’art. 113, co. 2, c.p.c., per violazione delle norme sul
procedimento, di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia
Possono essere impugnate con l’appello
Sentenze inappellabili
sentenze pronunciate secondo equità
su richiesta delle
parti (art. 114 c.p.c.)
sentenze rese dal
giudice del lavoro
nelle controversie di
valore non superiore a 25,82 euro
Termine per proporre appello
sentenze rese nei
giudizi di opposizione agli atti esecutivi
sentenze emesse
dalla Corte d’appello nei giudizi di impugnazione del lodo
arbitrale
— trenta giorni dalla notifica della sentenza di primo grado
— sei mesi dalla pubblicazione della sentenza
Contro le sentenze di condanna generica e le sentenze non definitive la parte può fare riserva
d’appello, ossia differire l’impugnazione della sentenza con quella definitiva
La dichiarazione di riserva deve essere effettuata dalla parte soccombente entro il termine per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza
(art. 340 c.p.c.)
✃
Competente per il giudizio
d’appello è il giudice superiore a quello che ha emesso la
sentenza di primo grado
— il tribunale decide l’appello contro le sentenze del giudice di pace
— la corte d’appello decide l’appello contro le sentenze del
tribunale
Le impugnazioni • 163
Schema n. 31
Il procedimento in appello
L’appello si propone
con citazione
— deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell’impugnazione
— non possono proporsi domande nuove, ossia che modifichino gli
elementi soggettivi o oggettivi della domanda di primo grado
— non possono essere proposte nuove eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio dal giudice
— possono essere riproposte le domande e le eccezioni non accolte in primo grado
Non sono ammessi
mezzi di prova diversi
da quelli proposti in
primo grado né nuovi
documenti
I nuovi mezzi di prova sono ammissibili quando:
— il giudice d’appello li ritenga indispensabili ai fini della decisione
— la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli in primo
grado per causa ad essa non imputabile
— venga deferito il giuramento decisorio
Divieto di reformatio in peius
Il giudice non può riformare in peggio la sentenza di primo
grado, a meno che accolga l’appello incidentale
L’appello incidentale è l’appello proposto dall’appellato che sia rimasto soccombente nel precedente giudizio
L’intervento in appello
Ai sensi dell’art. 344 c.p.c. l’intervento in appello è limitato a coloro che sarebbero legittimati a proporre l’opposizione di terzo di cui
all’art. 404 c.p.c.
La trattazione nel giudizio d’appello
davanti alla Corte d’appello è
collegiale
Provvedimenti sul­l’esecuzione
provvisoria
164 • Capitolo 12
davanti al tribunale invece è
trattato dal giudice monocratico
si osservano le norme dettate
per il procedimento di primo
grado davanti al tribunale, nei
limiti della compatibilità
L’appello non sospende automaticamente l’efficacia esecutiva della sentenza. L’appellante può proporre al giudice
dell’appello istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva
o dell’esecuzione della sentenza di primo grado (art. 283
c.p.c.)
Schema n. 32
Decisione della causa
Esaurita l’attività istruttoria il giudice
invita le parti a precisare le conclusioni
dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica
Se l’appello è proposto alla Corte di appello, ciascuna delle parti può chiedere che
la causa sia discussa oralmente dinanzi al
collegio
Se l’appello è proposto al tribunale, il giudice, quando una delle parti lo chiede, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e fissa l’udienza di discussione
La sentenza è depositata in cancelleria
10Il giudizio di Cassazione (artt. 360-394 c.p.c.)
CC È il giudice collocato al vertice dell’ordinamento giudiziario, ed è unico in tutto il
territorio dello Stato.
CC Ha sede in Roma.
La Corte di
Cassazione
CC Assolve la c.d. funzione di nomofilachia, ossia assicura l’esatta osservanza e
l’uniforme interpretazione della legge, l’unità dell’ordinamento e il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni (art. 65 ord. giud.).
CC Le decisioni della Cassazione costituiscono dei precedenti che, pur non essendo strettamente vincolanti per gli altri giudici, ne orientano l’attività decisionale, per la forza stessa delle argomentazioni giuridiche sulle quali si fondano le
pronunce della Cassazione oltre che per l’autorità del giudice dal quale promanano.
Osservazioni
✃
Benché non esista, nel nostro sistema processuale, una norma che imponga la regola dello stare
decisis, essa tuttavia costituisce un valore o una direttiva di tendenza, immanente nel nostro ordinamento, in forza della quale non ci si deve discostare da un’interpretazione consolidata del
giudice di legittimità, investito, istituzionalmente, della funzione di nomofilachia, senza una
ragione giustificativa.
Le impugnazioni • 165
•le sentenze pronunciate in grado d’appello;
•le sentenze pronunciate in unico grado;
•le sentenze appellabili del tribunale, se le parti
CC Possono essere impugnate in Cassazione:
sono d’accordo per omettere l’appello (ricorso per
saltum), ma in tal caso l’impugnazione può proporsi soltanto a norma dell’art. 360, n. 3, c.p.c.
•le sentenze non definitive, qualora sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente,
il giudizio.
Sentenze impugnabili
CC Inoltre, possono essere impugnate con ricorso per cassazione le decisioni in grado d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso (art. 360, co. 1, c.p.c.).
CC Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione (art.
362, co. 2, c.p.c.):
•i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari;
•i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.
10.1 •Il ricorso per Cassazione
Sospensione
dell’esecuzione (art. 373
c.p.c.)
CC Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia,
il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte, qualora dall’esecuzione possa derivare un danno grave e irreparabile, disporre, con
ordinanza non impugnabile, che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione (art. 373, co. 1, c.p.c.).
CC È un mezzo d’impugnazione ordinario, per cui deve essere proposto entro i termini di decadenza e la sua proposizione impedisce il passaggio in giudicato.
CC A differenza dell’appello non ha effetto devolutivo, nel senso che non introduce una rinnovazione del giudizio e perciò non può essere considerato un terzo grado di giudizio.
CC È un giudizio a critica vincolata, poiché si possono far valere soltanto errori
nello svolgimento del giudizio (errores in procedendo) o errori nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale (errores in iudicando) e non la generica ingiustizia della sentenza.
Caratteri
CC A differenza dell’appello, l’esame degli errori denunciati dal ricorrente dà vita a un
giudizio rescindente, in quanto tende alla cancellazione della sentenza impugnata, e di solito esaurisce l’attività di giudizio per lasciare l’eventuale giudizio
rescissorio a un altro giudice, il giudice di rinvio. In via eccezionale, se non sono
necessari ulteriori accertamenti, la Cassazione può effettuare direttamente anche il giudizio rescissorio (art. 384 c.p.c.).
CC Non ha effetto sospensivo della sentenza impugnata. Se, però, dall’esecuzione della sentenza può derivare un danno grave e irreparabile, l’art. 373 c.p.c.
consente, al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata col ricorso per
cassazione, su istanza di parte, di disporre con ordinanza non impugnabile che
l’esecuzione sia sospesa o che sia data congrua cauzione. Il requisito della gravità del danno sussiste in presenza di un’eccezionale sproporzione tra il vantaggio del creditore e il pregiudizio del debitore, mentre l’irreparabilità del danno riguarda tutte le ipotesi in cui il diritto del debitore subirebbe un pregiudizio non suscettibile di adeguata tutela.
166 • Capitolo 12
Motivi
CC Il ricorso può essere presentato (art. 360 c.p.c.):
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Sono i c.d. errores in iudicando, ossia
gli errori consistenti nell’erronea applicazione della legge che disciplina la fattispecie oggetto del giudizio;
4) per nullità della sentenza o del procedimento;
5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
I vizi indicati dai nn. 1, 2, 4 e 5 sono i c.d. errores in procedendo, consistenti
nell’erronea applicazione della legge processuale.
CC Ai sensi dell’art. 363 c.p.c., quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in Cassazione e non è altrimenti impugnabile, il procuratore generale presso
la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci, nell’interesse della
legge, il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi.
CC La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del
fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell’istanza, è rivolta al primo
presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se riPrincipio di
tiene che la questione è di particolare importanza.
diritto nell’interesse della CC Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando
legge
il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la
questione decisa è di particolare importanza.
CC La decisione non influisce sui rapporti tra le parti e viene provocata al solo
scopo di determinare una pronuncia nel solo interesse della legge, con l’enunciazione del principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi
e, quindi, con funzione di guida della giurisprudenza. In particolare, la pronuncia
della Cassazione viene chiesta dal procuratore generale per togliere valore di
precedente alla pronuncia impugnata e sostituirvi, sempre con tale funzione, la pronuncia della Cassazione.
Riserva di ricorso contro
sentenze non
definitive
CC Contro le sentenze di condanna generica (art. 278 c.p.c.) e contro quelle che decidono una o più domande senza definire l’intero giudizio, il ricorso per cassazione può essere differito qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena
di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso e, in ogni caso, non
oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa (art.
361 c.p.c.).
CC Qualora sia stata fatta riserva, il ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
✃
CC La riserva non può farsi — e se è fatta rimane priva di effetto — quando contro
la stessa sentenza sia stato proposto immediatamente ricorso da una delle altre
parti.
Le impugnazioni • 167
CC Il ricorso è indirizzato alla Cassazione e sottoscritto, a pena di inammissibilità, da
un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale (art. 365 c.p.c.).
CC Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità (art. 366
c.p.c.):
Contenuto
•l’indicazione delle parti;
•l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;
•l’esposizione sommaria dei fatti della causa;
•i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano;
•l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del
relativo decreto;
•la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.
CC Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni sono fatte presso
la cancelleria della Corte di cassazione.
CC Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli artt.
372 e 390 c.p.c. possono essere fatte al numero di fax o all’indirizzo di posta elettronica indicato nel ricorso dal difensore.
CC Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena d’improcedibilità, nel termine di 20 giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è
proposto (art. 369, co. 1, c.p.c.).
Osservazioni
L’art. 366 indica gli elementi che il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità, ciascuno dei
quali deve essere compiutamente, ancorché sinteticamente, esposto nel ricorso per il principio di
autosufficienza, il quale, pur non imponendo la ripetizione di tutte le circostanze di causa, e non
escludendo quindi la possibilità di utilizzare la parte espositiva della sentenza impugnata, inserendola per esteso nel testo del ricorso, esige che dal contesto dell’atto emergano con chiarezza i fatti rilevanti, in modo tale da permettere di comprendere le censure sollevate in sede di legittimità,
con la conseguenza che il rinvio ad altri atti (ad esempio, a quanto contenuto nella sentenza impugnata) espone il ricorrente al rischio di inammissibilità dell’impugnazione (Cass. 19100/2006).
• se intende contraddire deve farlo mediante controricorso,
CC La parte contro la quale il ricorso è diretto:
da notificarsi al ricorrente entro 20 giorni dalla scadenza
del termine stabilito per il deposito del ricorso. Il controricorso è depositato nella cancelleria della Corte entro 20
giorni dalla notificazione con gli atti e i documenti e con la
procura speciale, se conferita con atto separato;
•deve proporre, con il controricorso, l’eventuale ricorso
Controricorso
incidentale contro la stessa sentenza.
e ricorso incidentale
CC La parte alla quale è stato notificato il ricorso per integrazione a norma degli artt.
(artt. 370 e 371
331 e 332 deve proporre l’eventuale ricorso incidentale nel termine di 40 giorni
c.p.c.)
dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale.
CC Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli artt. 365, 366 e 369.
CC Per resistere al ricorso incidentale può essere notificato un controricorso a norma dell’articolo precedente.
CC Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata, non è necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente.
168 • Capitolo 12
Osservazioni
In Cassazione non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti
gradi del processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso (art. 372 c.p.c.).
Il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato, mediante elenco, alle altre parti.
CC Normalmente la Cassazione pronuncia a sezione semplice.
•i ricorsi in materia di giurisdizione. Tuttavia, il ricorCC Decide a sezioni unite (otto giudici più un
presidente):
La decisione
CC Se la sezione semplice non condivide un
principio di diritto
enunciato dalle sezioni unite, ha due alternative:
so può essere assegnato alle sezioni semplici se sulla
questione di giurisdizione si sono già pronunciate le sezioni unite;
•i ricorsi che presentano una questione di diritto già
decisa in senso difforme dalle sezioni semplici e su
quelli che presentano una questione di principio di
particolare importanza.
•può rimettere la decisione alle sezioni unite, le quali potranno riaffermare il principio già enunciato o mutare
orientamento ed enunciare un principio di diritto diverso;
•può decidere direttamente in senso difforme dal precedente delle sezioni unite, motivando la divergenza di
opinione.
•dichiarare
l’inammissibilità del ricorso principale e di
quello incidentale;
CC La Corte, a sezioni
unite e a sezione semplice, pronuncia con
ordinanza in camera
di consiglio, ai sensi
dell’art. 375 c.p.c.,
quando deve:
•ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che
sia eseguita o rinnovata la notifica dell’impugnazione;
•provvedere in ordine all’estinzione del processo in ogni
caso diverso dalla rinuncia;
•pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione;
•accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale
ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza.
CC Se la Cassazione accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione delle
norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art.
360, n. 3, c.p.c.), per la nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, n.
4, c.p.c.) o per la presenza di un vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.), annulla la sentenza impugnata (giudizio rescindente) e rimette la causa a un altro
giudice di pari grado di quello che ha pronunciato la sentenza annullata, affinché
si pronunci nuovamente (giudizio rescissorio).
Annullamento
con rinvio
CC Se la Cassazione rileva un vizio del procedimento di primo grado (ad esempio, violazione delle norme sul litisconsorzio necessario), dispone il rinvio al giudice di primo grado e il processo ricomincia a partire dal momento in cui si è verificata la nullità che non è stata rilevata dal giudice d’appello.
✃
CC Se si tratta di un vizio radicale, che compromette tutto il procedimento (ad es.,
nullità della citazione), la Corte dichiara la nullità dell’intero procedimento e annulla senza rinvio (art. 382, ult. co., c.p.c.).
Le impugnazioni • 169
CC La L. 18-6-2009, n. 69 ha introdotto l’art. 360bis nel codice di procedura civile, che prevede il c.d. «filtro» in Cassazione.
•quando il provvedimento impugnato ha deciso le
Il «filtro» di ammissibilità del ricorso
(art. 360bis c.p.c.)
CC Pertanto, ai sensi del­
l’art. 360bis c.p.c., il
ricorso è inammissibile:
questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre
elementi per mutare l’orientamento della stessa.
In realtà, più che di inammissibilità si dovrebbe
parlare di infondatezza, perché per sindacare
l’ammissibilità del rimedio la Corte deve esaminare il merito del ricorso e dichiararlo inammissibile
se è infondato. Pertanto, contrariamente a quanto prevede il dato letterale dell’art. 360bis, n. 1,
c.p.c., il ricorso, anziché essere dichiarato inammissibile, dovrà essere rigettato, perché manifestamente infondato, se la decisione di merito si
presenta conforme alla giurisprudenza della Cassazione e il ricorso non offre argomenti per modificarla (Cass. S.U. 19051/2010);
•quando è manifestamente infondata la censura
relativa alla violazione dei principi regolatori del
giusto processo.
CC I requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione previsti dall’art. 360bis
c.p.c. si applicano anche al regolamento di competenza.
•decide il ricorso proposto per violazione o falsa
CC La Corte enuncia il
principio di diritto
quando (art. 384
c.p.c.):
applicazione di norme di diritto e dei contratti
e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360,
co. 1, n. 3, c.p.c.);
•decidendo su altri motivi di ricorso, risolve una
questione di diritto di particolare importanza.
CC Se accoglie il ricorso, annulla la sentenza e rinvia la causa a un altro giudice, se sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, il quale dovrà uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte, oppure decide la causa nel
merito, con una pronuncia di accoglimento o di rigetto del ricorso, qualora
non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Enunciazione del
principio di diritto e Al fine di evitare decisioni «a sorpresa» e garantire l’effettività del contraddittorio tra le parti, se la Corte ritiene di porre a fondamento della decisione
decisione della cauuna questione rilevata d’ufficio, la Corte rinvia la decisione e assegna al
sa nel merito
pubblico ministero e alle parti un termine per il deposito di osservazioni (art.
384, co. 3, c.p.c.).
CC Se la Corte, nel rigettare il ricorso, rileva errori di diritto nella motivazione della sentenza impugnata, tali da non inficiare la correttezza del provvedimento impugnato e da non comportare quindi il suo annullamento, la
Corte si limita a correggere la motivazione (art. 384, co. 4, c.p.c.).
CC L’esercizio da parte della Cassazione, del potere d’ufficio di correzione della
motivazione della sentenza non è soggetto alla regola prevista dal 3° comma
dell’art. 384 c.p.c., che impone alla Corte di stimolare il contraddittorio delle
parti sulle questioni rilevabili d’ufficio che ritenga di porre a fondamento della
decisione (Cass. 22283/2009).
170 • Capitolo 12
CC La Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese (art. 385, co. 1, c.p.c.).
Provvedimenti sulle spese
CC Se annulla senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
CC Se, invece, rinvia la causa a un altro giudice, può provvedere sulle spese
del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.
CC Le sentenze della Cassazione non sono, di regola, impugnabili, attesa la
loro funzione di ultimo controllo di legalità nell’iter. Le sole eccezioni riguardano i vizi di inesistenza (che consentono la proposizione dell’actio nullitatis), la revocazione e l’opposizione di terzo (art. 391ter c.p.c.).
✃
Correzione degli errori materiali e revocazione
CC Se la sentenza o l’ordinanza pronunciata dalla Cassazione ai sensi dell’art.
375, co. 1, nn. 1), 4) e 5), c.p.c. è affetta da errore materiale (disattenzione o svista commessa nell’operazione di redazione dell’atto), da errore di
calcolo (erronea utilizzazione delle regole matematiche) o da errore di fatto, la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso da notificare entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza
stessa.
Le impugnazioni • 171
Schema n. 33
Ricorso per cassazione (artt. 360-394 c.p.c.)
Forma della domanda
Ricorso sottoscritto da avvocato, munito di procura speciale, iscritto nell’albo dei difensori presso la Corte di cassazione
Giudizio di legittimità
Caratteri
Nuovo processo
Rescindente
Vizi di giudizio
Motivi (art. 360)
Errori di diritto
Vizi di attività
Inammissibilità
(art. 360bis)
Questioni di diritto decise conformemente alla giurisprudenza della Corte e inesistenza di elementi
per confermare o mutare il suo orientamento
Infondatezza della censura sulla violazione dei
principi regolatori del giusto processo
Decisione
Camera di consiglio con ordinanza per:
Pubblica udienza
• inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, anche per
difetto dei motivi di cui art. 360
• integrazione del contraddittorio, ordine di notifica ex art. 332, ovvero
rinnovazione della stessa
• estinzione del processo in ogni caso
diverso dalla rinuncia
• decisione del regolamento di competenza e di giurisdizione
• accoglimento o rigetto del ricorso
principale e dell’eventuale ricorso
incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza
Ipotesi diverse da quelle previste
dall’art. 375 c.p.c.
Sentenza
Rettificazione
Rigetto, improcedibilità,
inammissibilità
Accoglimento
Cassazione della sentenza
Con rinvio
172 • Capitolo 12
Senza rinvio
11Il giudizio di rinvio (artt. 392-394 c.p.c.)
CC Il giudizio di rinvio è il giudizio che segue all’annullamento della sentenza, da parte della Cassazione, per un motivo di cui all’art. 360, n. 3 o 5, c.p.c.
CC Si tratta di una fase autonoma dell’originario processo civile, che si svolge davanti al giudice al quale la Cassazione, con una scelta discrezionale, ha rimesso la
causa: un giudice di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza cassata,
secondo quanto dispone l’art. 383, 1° comma c.p.c.
CC Il giudice del rinvio deve essere un giudice di pari grado, ma diverso da quello
che ha pronunciato la sentenza cassata. Questa diversità si sostanzia nella alterità delle persone fisiche dei singoli magistrati. Se il giudizio è collegiale, nessuno dei componenti del precedente collegio può partecipare al collegio che giudica sul rinvio.
CC La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Cassazione.
CC La riassunzione si fa con citazione notificata personalmente a norma degli artt.
137 ss. c.p.c. (art. 392 c.p.c.).
Generalità
•è la prosecuzione del giudizio di primo o di secondo
CC Il giudizio di rinvio:
grado concluso con la pronuncia della sentenza cassata. Perciò, la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura
al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio
di merito (Cass. 7983/2010);
•è un giudizio chiuso, nel quale non è ammessa la produzione di nuovi documenti (art. 394 c.p.c.). Tale divieto non
trova applicazione qualora fatti sopravvenuti o la stessa
sentenza di cassazione rendano necessaria un’ulteriore
attività (Cass. 21587/2009).
CC Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui sopra o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue, ma la sentenza della Cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.
Osservazioni
✃
In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo
che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.
Le impugnazioni • 173
12Revocazione (artt. 395-403 c.p.c.)
CC La revocazione è un mezzo d’impugnazione a carattere eccezionale che può
aggiungersi o sovrapporsi alla normale serie delle impugnazioni costituita dall’appello e dal ricorso per Cassazione (Mandrioli).
CC Appello e revocazione sono subordinati tra loro, perché la revocazione è ammissibile soltanto se l’appello è escluso.
CC È un’impugnazione a critica vincolata, poiché può essere proposta soltanto per
i motivi indicati alla legge.
•ordinaria (art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c.), se i vizi che la
Generalità
CC La revocazione può
essere di due tipi:
fondano sono rilevabili soltanto dalla sentenza. Il termine per proporla è di 30 giorni dalla notificazione della sentenza, come normalmente accade per le impugnazioni ordinarie;
•straordinaria (art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6, c.p.c.), se i vizi
che consentono la revocazione possono essere conosciuti soltanto dopo la pubblicazione della sentenza, a seguito della scoperta di fatti in precedenza sconosciuti.
CC Le sentenze pronunciate in appello o in unico grado.
CC Le sentenze pronunciate in primo grado purché sia scaduto il termine per
appellare e si tratti di revocazione straordinaria (art. 395, nn. 1, 2, 3, 6, c.p.c.).
La sentenza ancora appellabile non è suscettibile di revocazione perché i motivi di revocazione possono essere fatti valere con l’appello.
Provvedimenti
CC Le sentenze e le ordinanze della Cassazione viziate da errori di fatto e rese
impugnabili con
su ricorsi fondati su uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c.
la revocazione
CC Altri provvedimenti a contenuto decisorio, come il decreto ingiuntivo (per i
motivi di cui all’art. 395, n. 1, 2, 5 e 6, c.p.c.) e la sentenza arbitrale quando
non si può proporre l’azione di nullità (art. 831 c.p.c.).
CC L’ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione o per morosità emessa in assenza o per mancata comparizione dell’intimato.
Osservazioni
Con riferimento alle sentenze emesse dalla Cassazione, l’errore di fatto idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c. deve:
— consistere in un’errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto
accertato in modo parimenti indiscutibile;
— essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;
— non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;
— presentare i caratteri della evidenza e dell’obiettività, ossia non deve richiedere, per essere individuato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;
— non consistere in un vizio di assunzione del fatto né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo;
— riguardare gli atti interni, cioè quelli che la Corte esamina direttamente, con propria autonoma
indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e avere
174 • Capitolo 12
quindi carattere autonomo, nel senso di incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza della Cassazione, perché, se invece l’errore è stato causa determinante della decisione di
merito, in relazione ad atti o documenti che ai fini della stessa sono stati o avrebbero dovuto
essere esaminati, il vizio che inficia la sentenza dà adito agli specifici mezzi di impugnazione
esperibili contro le sentenze di merito (Cass. 8295/2005).
CC Dolo di una parte in danno dell’altra (art. 395, n. 1, c.p.c.). Il dolo revocatorio sussiste se la parte pone in essere artifici e raggiri tali da pregiudicare concretamente il diritto di difesa della controparte e la possibilità, per il giudice, di
accertare la verità.
CC Prove dichiarate false dopo la pronuncia del giudice (art. 395, n. 2, c.p.c.).
Deve trattarsi di prove che abbiano concorso alla formazione del convincimento del giudice. Può trattarsi di qualunque prova, ad eccezione del giuramento
decisorio, la cui falsità consente all’avversario del giurante soltanto di chiedere il risarcimento del danno.
Motivi di revocazione tassativi
CC Documenti decisivi (art. 395, n. 3, c.p.c.), ossia dai quali risultino fatti tali che
se il giudice avesse potuto valutarli, la decisione sarebbe stata diversa. Deve
trattarsi di un documento preesistente alla decisione impugnata che la parte
non abbia potuto produrre in giudizio per cause di forza maggiore o per fatto
dell’avversario.
CC Errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa (art. 395, n. 4,
c.p.c.). Deve trattarsi di un errore su un fatto non contestato sul quale la sentenza si è pronunciata, la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure di
un errore su un fatto ritenuto inesistente ma la cui verità è positivamente stabilita e accertata. Si tratta, quindi, di una fala percezione della realtà, di una
svista obiettivamente e immediatamente rilevabile che ha portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli
atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e dai documenti di causa risulta positivamente accertato (Cass. S.U.
26022/2008).
CC Contraddittorietà con un precedente giudicato (art. 395, n. 5, c.p.c.), ossia
incompatibilità della sentenza con un’altra sentenza passata in giudicato emessa tra le stesse parti.
CC Dolo del giudice (art. 395, n. 6, c.p.c.), ossia un comportamento volutamente
a favore di una parte, lesivo del dovere di imparzialità.
CC Le norme applicabili al procedimento di revocazione sono quelle che normalmente si osservano davanti al giudice adito in relazione a quel grado di giudizio, se non derogate dalla specifica disciplina della revocazione (art. 400 c.p.c.).
CC Giudice competente per il giudizio di revocazione è lo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato la sentenza impugnata (art. 398, co. 1, c.p.c.). Se la
sentenza impugnata è una sentenza della Cassazione, giudice competente è
la Cassazione stessa.
Procedimento
CC La domanda di revocazione si propone con atto di citazione. La revocazione
di una sentenza della Cassazione si propone con ricorso.
✃
CC Il termine per proporre la revocazione è sempre di 30 giorni, salvo che nei confronti delle sentenze della Cassazione, e decorre, nel caso della revocazione
ordinaria, dalla notifica della sentenza (come per le impugnazioni ordinarie),
mentre nel caso della revocazione straordinaria decorre dal momento in cui
viene scoperto il fatto o rilevata la circostanza eccezionale su cui si fonda il motivo di revocazione.
Le impugnazioni • 175
Procedimento
CC Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della
causa e dispone l’eventuale restituzione di ciò che è stato conseguito con
la sentenza revocata.
Decisione
CC Se per la decisione di merito il giudice ritiene di dover disporre nuovi mezzi
istruttori, pronuncia la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti al giudice istruttore (art. 402 c.p.c.).
Impugnazione
176 • CC La domanda di revocazione deve indicare, a pena d’inammissibilità, il motivo
della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai nn. 1,
2, 3 e 6 dell’art. 395, del giorno della scoperta o dell’accertamento del dolo e
della falsità, o del recupero dei documenti.
CC Ai sensi dell’art. 403 c.p.c., la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non può essere impugnata per revocazione, essendo contro di essa proponibili soltanto i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione; pertanto, la sentenza o l’ordinanza emessa dalla Cassazione nel giudizio di revocazione non è suscettibile di una nuova impugnazione per revocazione, né nei suoi confronti è proponibile il ricorso straordinario di cui all’art. 111 Cost., essendo tale rimedio consentito contro un provvedimento di merito avente carattere decisorio quando
l’ordinamento non preveda altri mezzi di impugnazione (Cass. S.U. 5055/2006).
Capitolo 12
Schema n. 34
Revocazione
se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra
se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza
Sono impugnabili per
revocazione le sentenze pronunciate in
grado di appello o in
unico grado
se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi
che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario
se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o
documenti della causa
se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa
eccezione
se la sentenza è effetto del dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato
Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello
possono essere impugnate per revocazione
se sono l’effetto del dolo di una parte o di prove dichiarate false, se sono stati scoperti documenti
che avrebbero prodotto una decisione diversa o se è l’effetto del dolo del giudice
purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza
affetta dal dolo del giudice siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto
✃
Con la sentenza che pronuncia la revocazione
il giudice
— decide il merito della causa
— dispone l’eventuale restituzione di ciò che è
stato conseguito con la sentenza revocata
se per la decisione del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori, il giudice revoca la sentenza impugnata e
rimette le parti davanti al giudice istruttore
Le impugnazioni • 177
13Opposizione di terzo (artt. 404-408 c.p.c.)
CC L’opposizione di terzo (artt. 404 ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione che
può essere esperito da chi non è stato parte nel giudizio sfociato nella sentenza da impugnare.
•ordinaria (art. 404, co. 1, c.p.c.), proponibile dal terzo
Generalità
CC Può trattarsi di opposizione di terzo:
contro una sentenza passata in giudicato o comunque
esecutiva, se la sentenza pregiudica un suo diritto autonomo e incompatibile con quello affermato dalla sentenza impugnata;
•revocatoria (art. 404, co. 2, c.p.c.), se è proposta dai creditori e dagli aventi causa da una delle parti che intendano sottrarsi all’efficacia di una sentenza emessa tra altri
soggetti allegando il dolo o la collusione a loro danno.
CC L’opposizione di terzo ordinaria può essere proposta in ogni tempo (a meno
che il diritto fatto valere sia prescritto), mentre l’opposizione revocatoria deve
essere proposta, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla scoperta del dolo
o della collusione.
CC L’opposizione è proposta davanti allo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato la sentenza impugnata, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui.
CC L’atto di opposizione di terzo (citazione o ricorso) deve contenere anche l’indicazione della sentenza impugnata e, nell’opposizione di terzo revocatoria, l’indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione e della relativa prova (art. 405 c.p.c.).
Procedimento
CC Al giudizio di revocazione si applicano le norme dettate per il procedimento davanti al giudice adito (art. 406 c.p.c.). Pertanto, se l’opposizione è proposta davanti al giudice di primo grado, si applicano gli artt. 163 ss. c.p.c., mentre se è
instaurata davanti al giudice d’appello si applicano gli artt. 339 ss. c.p.c., con
esclusione dell’art. 345 c.p.c.: tale norma, infatti, limita la possibilità di introdurre nuove eccezioni e nuovi mezzi di prova e comprimerebbe eccessivamente il diritto di difesa del terzo, il quale, invece, potrà richiedere tutti i mezzi di
prova rilevanti, così come le altre parti potranno addurre ogni prova idonea a
dimostrare l’infondatezza della pretesa del terzo (Verde).
CC Su istanza di parte il giudice dell’opposizione può disporre la sospensione
dell’esecuzione della sentenza opposta (art. 407 c.p.c.).
CC Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per
infondatezza dei motivi, condanna l’opponente al pagamento di una pena pecuniaria (art. 408 c.p.c.).
Concetto
14Il giudicato (art. 324 c.p.c.)
CC Nel nostro ordinamento i gradi di giurisdizione sono due (giudizio di primo
grado e giudizio di appello o di secondo grado), oltre a un ulteriore riesame
di solo diritto (giudizio di cassazione).
CC Dal loro esaurimento l’ordinamento fa derivare l’incontrovertibilità dell’accertamento contenuto nella sentenza.
178 • Capitolo 12
CC Questa incontrovertibilità è detta «cosa giudicata», la quale, pertanto, può essere definita come la situazione in forza della quale nessun giudice può pronunciarsi su quel diritto sul quale è intervenuta una pronuncia definitiva (perché i diversi gradi di giurisdizione si sono effettivamente svolti o perché non
sono stati attivati nei termini previsti dalla legge) (art. 324 c.p.c.).
Concetto
CC Il vincolo derivante dal giudicato non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando a evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem (= il giudice non può pronunciarsi due volte
sulla stessa domanda) corrisponde a un preciso interesse pubblico, sotteso
alla funzione primaria del processo, consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche attraverso la stabilità della decisione
(Cass. 8379/2009).
Osservazioni
L’intangibilità del giudicato non regge in caso di contrasto con il diritto comunitario. Infatti, il diritto comunitario impedisce l’applicazione dell’art. 2909 c.c., volto a sancire il principio dell’autorità di
cosa giudicata, qualora l’applicazione di tale norma impedisca il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilità con il mercato comune sia stata dichiarata con decisione della commissione divenuta definitiva (Corte di Giustizia 18-7-2007, n. 119/2005).
CC Il giudicato sostanziale è l’accertamento contenuto nella sentenza definitiva,
che ha efficacia giuridica tra le parti e nei confronti dei loro eredi o aventi causa (la res iudicium deducta dopo che è stata giudicata) (art. 2909 c.c.), mentre
il giudicato formale, presupposto logico-giuridico dell’art. 2909 c.c., consiste
nella definitività della sentenza, non più assoggettata ai mezzi ordinari di imGiudicato forpugnazione (art. 324 c.p.c.).
male e sostanCC L’attributo «formale» equivale quindi a «processuale», poiché è una regola di
ziale
diritto processuale — l’art. 324 c.p.c. — quella che stabilisce quando nessun
giudice può più giudicare, ossia quando sono stati esauriti tutti i possibili mezzi di impugnazione.
CC L’efficacia di accertamento della sentenza si verifica, quindi, con il suo passaggio
in giudicato, ossia nel momento in cui diventa definitiva e non è più impugnabile.
CC Il riferimento alle «parti, loro eredi o aventi causa» attiene al problema dei limiti soggettivi del giudicato. «Fa stato a ogni effetto» significa che il giudicato rende il diritto fatto valere in giudizio (ad es., il diritto di proprietà su un
bene) definitivamente conforme all’accertamento effettuato dal provvedimento
del giudice (ad es., quel diritto appartiene a Tizio sul bene X), salve le conseguenze di eventuali fatti successivi (ius superveniens).
Limiti oggettivi e
soggettivi del
giudicato.
Il giudicato implicito
CC Le parole «a ogni effetto» significano che, tra gli effetti che derivano dal provvedimento giurisdizionale, rientrano anche quelli che, pur non essendo conseguenza
diretta delle domande fatte valere in giudizio (ad es., il risarcimento del danno derivante dalla risoluzione del contratto), tuttavia rientrano nel contenuto sostanziale
dell’accertamento (ad es., il contratto, a seguito della sua risoluzione, è cancellato dal mondo del diritto e non può produrre alcun effetto nei confronti di chiunque).
✃
CC «Parti» del processo sono, in generale, i soggetti degli atti del processo (parte
in senso processuale: ad es., il genitore che fa valere il diritto del proprio figlio
minorenne) e i soggetti del rapporto sostanziale affermato (parte in senso sostanziale: ad es., il figlio minorenne titolare del diritto fatto valere, nel suo interesse, dal genitore). Le parti alle quali si riferisce l’art. 2909 c.c. sono le parti in
senso sostanziale.
Le impugnazioni • 179
CC «Eredi e aventi causa» sono coloro che sono divenuti tali dopo il giudicato, poiché a coloro che diventano eredi o aventi causa in pendenza di lite provvedono gli artt. 110 e 111 c.p.c., in base ai quali il terzo deve (nel caso della successione a titolo universale) o può (nel caso della successione a titolo particolare)
Limiti oggettivi e
essere fatto partecipare al processo.
soggettivi del
«Avente causa» è il soggetto che acquista un diritto a titolo derivativo.
giudicato.
Il giudicato im- CC Il principio secondo cui il giudicato copre «il dedotto e il deducibile» include non
plicito
soltanto le ragioni giuridiche e di fatto fatte valere in giudizio (il giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico della
pronuncia (giudicato implicito).
•interno, se si è formato nello stesso processo nel quale viene eccepito;
Il giudicato
può essere:
Giudicato interno ed esterno e
rilevabilità d’ufficio
180 • •esterno, se si è formato, tra le stesse parti, in un processo diverso da quello nel quale viene rilevato o eccepito. Il giudicato esterno ha la medesima autorità di quello interno, in quanto corrispondono entrambi all’unica finalità dell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche e della stabilità delle decisioni.
CC L’esistenza di un giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, e il giudice è tenuto a pronunciare sulla stessa qualora essa
emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito (Cass.
6326/2010). L’eccezione di giudicato interno ed esterno non può qualificarsi come
eccezione di merito in senso stretto, per cui non è rimessa alla disponibilità della
parte interessata, attenendo all’esigenza, di ordine pubblico, di assicurare certezza alla definizione dei rapporti giuridici e stabilità alle pronunce giurisdizionali, per cui trascende gli interessi di tale parte ed è rimessa alla valutazione
del giudice.
Capitolo 12
13
Capitolo
I riti speciali
1 Quadro generale
La funzione giurisdizionale, affidata in via esclusiva allo Stato, è strumentale all’attuazione dei diritti,
poiché in mancanza della necessaria cooperazione da parte dei consociati, le utilità che le norme di
diritto sostanziale attribuiscono ai soggetti possono essere ottenute soltanto mediante il processo.
A tale esigenza provvede, anzitutto, il processo ordinario di cognizione previsto dal Libro II del Codice di procedura civile, caratterizzato da una cognizione piena, ossia dalla predeterminazione delle forme e dei tempi del procedimento e da un’analisi tendenzialmente completa delle pretese delle parti in
contraddittorio tra loro, finalizzata al conseguimento di un provvedimento finale dotato di stabilità (c.d.
giudicato).
A tal fine il legislatore ha previsto una dettagliata sequenza procedimentale diretta all’accertamento
della verità processuale, e in particolari ipotesi ha previsto procedimenti più rapidi e semplificati rispetto al processo ordinario di cognizione al quale è affidata, in via generale, la tutela giurisdizionale dei
diritti. Tali procedimenti sono i c.d. riti differenziati, che costituiscono pur sempre dei procedimenti a
cognizione piena, come il giudizio ordinario di cognizione, ma sono soggetti a regole particolari improntate a una maggiore speditezza e semplicità di forme (ad es., il processo del lavoro o il giudizio davanti al giudice di pace).
Accanto a questi riti differenziati a cognizione piena sono previsti procedimenti caratterizzati non dalla mera snellezza del rito ma dall’incompletezza della cognizione, in quanto non definitiva, parziale o
superficiale. Si tratta dei c.d. riti sommari, diretti ad assicurare all’avente diritto una tutela anticipatoria, più sollecita rispetto a quella ordinaria, che mira a evitare che la durata del processo ordinario di
cognizione possa vanificare le tutele cui è preordinato.
2Il procedimento davanti al Giudice di Pace (artt. 311-322 c.p.c.)
CC Il giudice di pace, che la L. 374/1991 ha introdotto in luogo del conciliatore, è un giudice unipersonale.
Generalità
CC Il conciliatore assolveva, tra l’altro, la particolare funzione di conciliazione (di qui il
suo nome) che le parti gli potevano chiedere anche al di fuori dei limiti della sua
competenza. Queste funzioni non contenziose sono rimaste anche in capo al giudice di pace, la cui fisionomia è assai mutata rispetto a quella del conciliatore, poiché il giudice di pace è inserito in un ruolo diverso da quello dei giudici togati ed è
in possesso delle cognizioni che derivano dalla laurea in giurisprudenza oltre che
di una certa esperienza professionale in senso ampio. In questa diversa cornice,
l’attribuzione del potere di decidere secondo equità non trova altro fondamento che
nella modestia (relativa) dei limiti di valore della sua competenza.
✃
CC Gli artt. 316-321 c.p.c. disciplinano specificamente il procedimento contenzioso davanti al giudice di pace, a integrazione della disciplina del procedimento davanti al
tribunale.
I riti speciali • 181
CC La domanda può
essere proposta:
•mediante citazione a comparire a udienza fissa;
•verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo
verbale che, a cura dell’attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa.
CC Le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto, salvo
che il giudice ordini la loro comparizione personale. Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare.
CC La domanda deve contenere l’indicazione del giudice e delle parti, l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto.
CC Tra il giorno della notificazione della domanda e quello della comparizione devono
intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’art. 163bis c.p.c., ridotti alla
metà.
Forma della
domanda
CC Se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la
comparizione è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva.
CC Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione (o il verbale in
caso di domanda proposta oralmente), con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza.
CC A differenza di quanto avviene per i giudizi davanti al tribunale, per i quali la parte
che iscrive la causa a ruolo deve contestualmente costituirsi, nei giudizi dinanzi al
giudice di pace, caratterizzati da semplificazione di forme, gli artt. 316, 319 c.p.c. e
56 disp. att. c.p.c. delineano un sistema in cui la costituzione in giudizio dell’attore può anche non coincidere con l’iscrizione della causa a ruolo ed essere,
invece, formalizzata nella prima udienza di trattazione; pertanto, il deposito del
fascicolo di parte, con l’atto di citazione e gli altri documenti, effettuato in cancelleria contestualmente all’iscrizione a ruolo, deve intendersi finalizzato a tale iscrizione, e la citazione non può ritenersi nulla per carenza di procura, se quest’ultima sia
depositata nella prima udienza di trattazione, in tal modo perfezionandosi la costituzione in giudizio (Cass. 25727/2008).
CC Nella prima udienza il
giudice di pace interroga liberamente le parti e
tenta la conciliazione:
Trattazione
della causa
•se la conciliazione riesce, si redige apposito verbale;
•se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le
parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone
a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a
produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da
assumere.
CC L’omissione del tentativo di conciliazione alla prima udienza non è espressamente
sanzionata con la previsione di nullità e può produrre tale effetto soltanto qualora
abbia comportato, in concreto, un pregiudizio del diritto di difesa (Cass. 11411/2010).
CC Quando è reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova.
CC I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio ed ivi
conservati fino alla definizione del giudizio.
182 • Capitolo 13
Preclusioni
Decisione
CC Il procedimento davanti al giudice di pace é caratterizzato dallo stesso regime di
preclusioni che assiste il procedimento davanti al tribunale, le cui disposizioni
sono applicabili in mancanza di diversa disciplina. Pertanto, deve ritenersi tardiva
la completa articolazione della prova qualora l’indicazione del teste sia stata effettuata quando siano già maturate le preclusioni istruttorie: ad esempio, l’attore, pur
avendo articolato la prova orale in citazione, indica il nominativo del testimone solo
alla quarta udienza, ben oltre quindi l’udienza di trattazione prevista dall’art. 320
c.p.c., entro la quale, salva l’ipotesi di cui al 4º comma della medesima norma, vanno richieste le prove (Cass. 13250/2010).
CC Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le parti a
precisare le conclusioni e a discutere la causa. Il deposito di memorie conclusionali può essere consentito dal giudice ma non è previsto come dovuto; in caso di mancata concessione di tale termine, gli argomenti che le parti avrebbero potuto svolgere nelle memorie conclusionali, a sostegno delle domande proposte e delle eccezioni formulate, possono essere riportati senza alcuna preclusione nel giudizio di
appello (Cass. 17444/2006).
CC La decisione della causa non preceduta dalla precisazione delle conclusioni definitive, istruttorie e di merito, né dal semplice invito a provvedervi rivolto dal giudice
alle parti, comporta la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa (Cass.
5225/2006).
CC La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla discussione.
Osservazioni
Conciliazione non contenziosa
✃
L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa (art. 322 c.p.c.) è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio.
Il verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’art. 185,
ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.
Se la conciliazione non contenziosa non è raggiunta o non è stato possibile esperirne il tentativo
per la mancata presentazione di una delle parti, è consentita la prosecuzione del giudizio nella
forma ordinaria, a condizione che entrambe le parti (se presenti e concordi nella richiesta) o il ricorrente (se l’altra parte non si è presentata) avanzino un’istanza in tal senso.
I riti speciali • 183
Schema n. 35
Il procedimento davanti al giudice di pace
Davanti al giudice di pace la domanda si propone
mediante citazione a comparire a udienza fissa
verbalmente
Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa
La domanda deve contenere:
— l’indicazione del giudice e delle parti
— l’esposizione dei fatti
— l’indicazione dell’oggetto
Tra il giorno della notificazione di cui all’art. 316 e quello della comparizione devono intercorrere
termini liberi non minori di quelli previsti dall’art. 163bis ridotti alla metà
Se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la comparizione è
d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui all’art.
316 con la relazione della notificazione, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza
La costituzione in giudizio dell’attore può anche non coincidere con l’iscrizione della causa a ruolo ed essere, invece, formalizzata nella prima udienza
Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione
Se la conciliazione non riesce il giudice invita le parti a precisare definitivamente i fatti di causa, a
produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere
Quando è reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice fissa, per una
sola volta, una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova
Il giudice, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa
La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla discussione
184 • Capitolo 13
3Il processo del lavoro (artt. 409-447bis c.p.c.)
CC Il processo del lavoro, disciplinato dagli artt. 409 ss. c.p.c., ha ad oggetto
(art. 409 c.p.c.):
Controversie individuali di lavoro
1) i rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di un’impresa;
2) i rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale e altri rapporti di
collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4) i rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica;
5) i rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici e altri rapporti di lavoro pubblico, se non sono devoluti dalla legge ad altro giudice.
3.1 • Fase preliminare
CC Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti
dall’art. 409 c.p.c., può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la Commissione di conciliazione istituita presso la Direzione provinciale del lavoro.
CC La comunicazione della richiesta
di conciliazione
produce due effetti:
• interrompe la prescrizione del diritto fatto valere;
•sospende il decorso di ogni termine di decadenza, per l’intera durata del tentativo di conciliazione e
per i 20 giorni successivi alla sua conclusione.
•è sottoscritta dall’istante;
•è consegnata o spedita mediante raccomandata con
Tentativo facoltativo
di conciliazione (artt.
410 e 411 c.p.c., co­
CC La richiesta del
me sostituiti dalla L.
tentativo di con183/2010)
ciliazione:
avviso di ricevimento;
•è consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno alla controparte a cura della stessa parte istante;
•deve precisare i dati identificativi dell’istante e del convenuto, il luogo dove è sorto il rapporto, ovvero dove
si trova l’azienda, il luogo dove devono essere fatte
alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura e l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.
CC Se la controparte accetta la procedura di conciliazione, deposita presso
la commissione di conciliazione, entro 20 giorni dal ricevimento della copia
della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in
diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove ciò non avvenga, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria.
✃
CC Entro i 10 giorni successivi al deposito, la Commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi 30 giorni.
I riti speciali • 185
CC Davanti alla Commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.
CC Se la conciliazione riesce (anche limitatamente a una parte della domanda), viene redatto separato verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto.
Tentativo facoltativo
di conciliazione (artt.
410 e 411 c.p.c., co­
me sostituiti dalla L. CC Se la conciliazione non riesce, la Commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la
183/2010)
proposta non è accettata, i termini di essa vanno riassunti nel verbale con
indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze di questa proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio.
Osservazioni
Dal tentativo obbligatorio al tentativo facoltativo di conciliazione
Prima della L. 4-11-2010, n. 183 (c.d. Collegato lavoro), nelle controversie individuali di lavoro
l’espletamento preventivo del tentativo di conciliazione era obbligatorio, e costitutiva condizione di
procedibilità della domanda, la cui mancanza era rilevabile, anche d’ufficio, non oltre l’udienza di
discussione del giudizio di primo grado.
La L. 183/2010, in vigore dal 24-11-2010, ha posto fine, dopo poco più di un decennio, all’esperienza del tentativo obbligatorio di conciliazione presso le Direzioni provinciali del lavoro avviata
con il D.Lgs. 80/1998, e il tentativo di conciliazione è tornato a essere facoltativo, com’era prima
del 1998. Resta, tuttavia, l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione unicamente per i contratti
certificati in base al D.Lgs. 276/2003. La certificazione, si ricorda, è una procedura volontaria attraverso la quale le parti di un rapporto di lavoro possono far qualificare il proprio contratto ad opera di un organo terzo, tramite l’adozione di un provvedimento amministrativo di certificazione del
contratto idoneo a conferire chiarezza e stabilità alla pattuizione.
Altre conciliazioni
CC Il tentativo di conciliazione può anche essere esperito in sede sindacale,
ovvero con le modalità previste dai contratti e accordi collettivi di lavoro,
sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative (art.
412ter c.p.c.). In tal caso non trovano applicazione le disposizioni di cui al
novellato art. 410 c.p.c. Peraltro, anche laddove si scegliesse questa alternativa, il verbale di conciliazione può acquistare efficacia esecutiva mediante il deposito, a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale, dello stesso verbale presso la Direzione provinciale del lavoro, il cui direttore (o un suo delegato) previo un semplice accertamento di
autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui
circoscrizione è stato redatto perché, accertatane la regolarità formale, lo
dichiari esecutivo con decreto (art. 411, co. 3, c.p.c.).
CC L’art. 412quater c.p.c. prevede che le parti, ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, possono proporre la controversia davanti a un collegio di conciliazione e di arbitrato irrituale composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dai rappresentanti delle parti fra i professori
universitari di materie giuridiche e gli avvocati patrocinanti in Cassazione.
Se il tentativo sortisce esito positivo, trovano applicazione le disposizioni di
cui all’art. 411 c.p.c. circa l’efficacia del verbale di raggiunta conciliazione.
CC Anche per le controversie con i pubblici dipendenti trovano applicazione, a proposito dell’esperibilità del tentativo facoltativo di conciliazione, gli
artt. 410, 411, 412ter e 412quater c.p.c.
186 • Capitolo 13
3.2 • Fase introduttiva
CC Le controversie di lavoro sono, in primo grado, di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
CC Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto
il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
CC Tale competenza permane dopo il trasferimento dell’azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro
sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Competenza
CC Competente per territorio per le controversie previste dal n. 3) dell’art.
409 c.p.c. è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare di altri rapporti di
collaborazione di cui al predetto n. 3) dell’art. 409 c.p.c.
CC Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro
alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui
circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto.
CC Nelle controversie nelle quali è parte un’Amministrazione dello Stato non
si applica il c.d. foro erariale ex art. 25 c.p.c.
CC Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si
applicano quelle dell’art. 18 c.p.c.
CC Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.
CC La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere le indicazioni previste dall’art. 414 c.p.c. Il ricorso è depositato nella cancelleria del
giudice competente insieme con i documenti in esso indicati.
CC Il giudice fissa, con decreto, l’udienza di discussione, alla quale le parti sono
tenute a comparire personalmente. Tra il giorno del deposito del ricorso e
l’udienza di discussione non devono decorrere più di 60 giorni.
CC Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto. Tra la data di notifica e l’udienza di discussione deve
intercorrere un termine non minore di 30 giorni (art. 415 c.p.c.).
CC Il convenuto deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell’udienza, mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva nella quale devono esForma della domansere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenda e costituzione in
zionale (artt. 36, 418 c.p.c.) e le eccezioni processuali e di merito non rilegiudizio
vabili d’ufficio. Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, sui fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue
difese in fatto e in diritto ed indicare specificatamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare (art. 416 c.p.c.).
✃
CC In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il
valore della causa non eccede euro 129,11 (art. 417 c.p.c.) e nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, limitatamente al giudizio di primo grado, le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti
(art. 417bis, co. 1, c.p.c.).
I riti speciali • 187
3.3 • Fase istruttoria
CC Nell’udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva.
CC La mancata comparizione personale delle parti o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio.
•modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già
CC Le parti
possono:
formulate, previa autorizzazione del giudice, se ricorrono gravi motivi;
• farsi rappresentare da un procuratore, generale o speciale, il
quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte
del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.
CC Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Udienza di discussione della causa
CC Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la
decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva
dando lettura del dispositivo.
CC Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e
quelli che le parti non hanno potuto proporre prima, se li ritiene rilevanti, disponendo per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile, fissa un’altra udienza concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi,
un termine perentorio per il deposito in cancelleria di note difensive.
CC Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova la controparte può
dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi. Il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla
controparte e provvede alla loro assunzione.
CC L’assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso
di necessità, in un’udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.
CC Nel caso di chiamata in causa a norma degli artt. 102, 106 e 107 c.p.c., il giudice fissa una nuova udienza e dispone che siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione del convenuto.
CC Le udienze di mero rinvio sono vietate.
CC può indicare alle parti, in ogni momento, le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi;
Poteri del giudice.
Il giudice:
CC può disporre d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ammissione di ogni mezzo di
prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile (artt. 2721 ss. c.c.) — a
eccezione del giuramento decisorio (art. 2736 c.c.) —, nonché la richiesta
di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti;
CC può disporre, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, purché necessario al fine dell’accertamento dei fatti, e l’esame dei testimoni sul luogo stesso, se ne ravvisa l’utilità;
188 • Capitolo 13
CC ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci
di testimoniare a norma dell’art. 246 c.p.c. (o a cui sia vietato a norma dell’art.
247 c.p.c.);
CC può disporre, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, se necessario all’accertamento dei fatti, e l’esame dei testimoni sul luogo stesso (art.
421, co. 3, c.p.c.);
Poteri del giudice.
CC su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, può disporre con ordinanza il
Il giudice:
pagamento delle somme non contestate (art. 423 c.p.c.);
CC in ogni stato del giudizio, su istanza del lavoratore, può disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il
diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova (art. 423 c.p.c.);
CC può avvalersi di un consulente tecnico (art. 424 c.p.c.), che può nominare
in qualsiasi momento, d’ufficio o su istanza di parte.
Osservazioni
Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi
collettivi
Quando per la definizione di una controversia di lavoro è necessario risolvere in via pregiudiziale
una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o
accordo collettivo nazionale, il giudice decide tale questione con sentenza, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa fissando una successiva udienza in data non anteriore a novanta giorni. La sentenza è impugnabile con ricorso immediato per Cassazione da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza (art. 420bis c.p.c.).
3.4 • Passaggi di rito
CC Il giudice, quando rileva che una causa relativa a uno dei rapporti di cui
all’art. 409 c.p.c. è promossa davanti al tribunale nelle forme del rito ordinario di cognizione (artt. 163 ss. c.p.c.) anziché in quelle del rito del lavoro,
pronuncia l’ordinanza di mutamento del rito, con la quale fissa l’udienza di discussione ex art. 420 c.p.c. e assegna alle parti un termine perentorio entro il quale dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memoria e documenti di cancelleria
Passaggio dal rito
(art. 426 c.p.c.).
ordinario al rito
speciale (art. 426 CC La conversione del rito comporta la continuazione del processo secondo
c.p.c.)
le norme del rito del lavoro. Restano fermi gli effetti delle prove raccolte e le decadenze già maturate alla stregua della normativa del rito ordinario, poiché la trasformazione del rito non consente di ricondurre il processo a una fase anteriore a quella già svolta (Cass. 9559/2010).
✃
CC Se il giudice, esaurita l’udienza di discussione, ritiene la causa matura per
la decisione, potrà decidere, nella stessa udienza, anche sulla base del materiale acquisito e delle prove raccolte nel rito ordinario.
I riti speciali • 189
•se la causa rientra nella sua competenza per territorio
CC Se una causa è promossa nelle forme
del rito del lavoro ma
riguarda, sulla base
di quanto risulta
dall’atto introduttivo
del giudizio (Cass.
1916/1993), un rapporto diverso da
Passaggio dal
quelli previsti dall’art.
rito speciale al
409 c.p.c., il giudice
rito ordinario
ha due opzioni (art.
(art. 427 c.p.c.)
427 c.p.c.):
e per valore, dispone che gli atti siano messi in regola
con le disposizioni tributarie (le cause di lavoro sono
esenti dal contributo unificato previsto per le cause ordinarie). L’ordinanza di conversione non può essere
emessa prima di aver sentito le parti e, quindi, prima
dell’udienza di discussione. La conversione del rito fa
venir meno le preclusioni istruttorie verificatesi ai sensi
del rito del lavoro (artt. 414 e 416 c.p.c.) e l’applicazione del diverso regime delle preclusioni previste dall’art.
183 c.p.c. per il rito ordinario;
•se la causa non rientra nella sua competenza secondo
i criteri ordinari (materia, valore o territorio) il giudice la
rimette, con ordinanza, al giudice competente, fissando
un termine perentorio non superiore a 30 giorni per la
riassunzione con il rito ordinario. La mancata riassunzione della causa comporta l’estinzione del processo.
CC Le prove acquisite nel corso del processo che si è svolto secondo le regole del
rito speciale, avranno, nel giudizio che prosegue con il rito ordinario, l’efficacia
consentita dalle norme ordinarie. Pertanto, poiché il rito speciale del lavoro consente l’ammissione, anche d’ufficio, di prove che non sarebbero ammissibili secondo il rito ordinario, tali prove dovranno ritenersi inefficaci nel giudizio che prosegue secondo il rito ordinario (Proto Pisani).
3.5 • Fase decisoria
CC Ai sensi dell’art. 429 c.p.c., esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, il giudice pronuncia la sentenza con cui definisce il giudizio, dando lettura
del dispositivo e dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
CC In caso di particolare complessità della controversia il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a 60 giorni, per il deposito della sentenza.
CC Se lo ritiene necessario, su richiesta delle parti concede un termine per il deposito di note difensive, rinviando la causa all’udienza immediatamente successiva alla
scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.
Decisione
CC Quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per
crediti di lavoro, deve determinare il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.
CC La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti (art. 430 c.p.c.).
CC Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di lavoro sono provvisoriamente esecutive. All’esecuzione si
può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il
deposito della sentenza.
CC Il giudice d’appello può disporre, con ordinanza non impugnabile, che l’esecuzione
sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra parte gravissimo danno.
CC Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive. Il giudice di appello può disporre, con ordinanza non impugnabile, che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi (art. 431 c.p.c.).
190 • Capitolo 13
Schema n. 36
IL PROCESSO DEL LAVORO (artt. 410 e ss. c.p.c.)
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti di lavoro previsti dall’art. 409 c.p.c.
può promuovere un tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione
Se la conciliazione riesce, viene redatto un
verbale e il giudice lo dichiara esecutivo con
decreto
Se la conciliazione non riesce, la commissione di conciliazione formula una proposta
per la bonaria definizione della controversia
In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso
di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione anche parziale
sulla quale concordano, riconoscendo il credito che spetta al lavoratore,
e possono accordarsi per la soluzione della lite affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia
Giudice competente: tribunale in funzione di giudice del lavoro
Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente
Il giudice, entro 5 giorni dal deposito del ricorso, fissa l’udienza di discussione
Il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza sono notificati al convenuto
Il convenuto si costituisce almeno dieci giorni prima della udienza
depositando in cancelleria una memoria difensiva
✃
(Segue)
I riti speciali • 191
Verifica dell’integrità del contraddittorio e della regolare costituzione delle parti
Udienza di discussione
della causa
Interrogatorio libero delle parti e tentativo di conciliazione
Modificabilità di domande, eccezioni e conclusioni
Ammissione e assunzione dei mezzi di prova
Poteri istruttori del giudice
Indica alle parti
le irregolarità sanabili degli atti e
dei documenti
Ammette d’ufficio le prove se è opportuno integrare un quadro probatorio tempestivamente
delineato dalle parti
Richiesta di informazioni e osservazioni, orali o
scritte, alle associazioni sindacali
Dispone, su istanza di
parte e se lo ritiene
necessario, l’accesso
e l’esame dei testimoni sul luogo di lavoro
Esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti
pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio
dà lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
in caso di particolare complessità della controversia il giudice fissa un termine
non superiore a 60 giorni per il deposito della sentenza
su richiesta delle parti concede un termine non superiore a 10 giorni per il deposito di note
difensive e rinvia la causa per la discussione e la pronuncia della sentenza
Deposito
192 • Capitolo 13
Esecutorietà
3.6 •Appello
CC Le sentenze del tribunale pronunciate secondo il rito del lavoro sono appellabili davanti alla Corte d’appello, a eccezione delle sentenze che hanno deciso
una controversia di valore non superiore a @ 25,82 (art. 440 c.p.c.), assoggettate soltanto al ricorso ex art. 111 Cost.
Competenza
CC Sono appellabili anche le sentenze non definitive, per le quali è operante il sistema della riserva dell’appello di cui all’art. 340 c.p.c.
CC La Corte d’appello competente è quella nel cui distretto si trova il tribunale che
ha pronunciato in primo grado (art. 433 c.p.c.) e le forme del giudizio di appello sono le stesse del giudizio di primo grado.
L’atto di appello
CC L’appello si propone con ricorso.
Il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici dell’impugnazione e le indicazioni prescritte dall’art. 414 c.p.c. Ai fini della
specificità dei motivi d’appello, l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su
cui si fonda l’impugnazione deve risolversi in una critica adeguata e specifica
della decisione impugnata che consenta al giudice d’appello di percepire con
certezza e chiarezza il contenuto delle censure in riferimento a una o più statuizioni adottate dal primo giudice. Ne consegue, ad esempio, che l’onere di
specificazione non può ritenersi assolto dal mero dissenso avverso i conteggi
elaborati dal consulente tecnico d’ufficio attraverso l’allegazione di copiosi conteggi di parte, trascritti in molteplici pagine e materialmente spillati all’atto di appello, elaborati dalle associazioni sindacali su documentazione reperita successivamente alla pubblicazione della sentenza di primo grado, traducendosi
la contestazione in una censura per relationem che, oltre a introdurre inammissibili documenti nuovi nel giudizio di appello, è inidonea a consentire al giudice del gravame di percepire il contenuto delle contestazioni. Non vale, al riguardo, il rilievo, di mero buon senso ma processualmente irrilevante, di poter
desumere dalla discordanza tra i dati numerici ivi riportati e quelli elaborati dagli ausiliari del primo giudice le intrinseche ragioni del dissenso alle statuizioni
adottate, restando esclusa la possibilità di demandare al giudice dell’appello
un’operazione di comparazione dalla quale desumere le censure alla consulenza tecnica d’ufficio (Cass. 25588/2010);
CC non può contenere domande nuove. Si configura domanda nuova, inammissibile in appello, quando gli elementi dedotti in secondo grado comportano il
mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, integrando una pretesa diversa da quella fatta valere in primo grado, determinando l’introduzione di un nuovo tema di indagine e di decisione (Cass. 8342/2010). Non sono nuove, invece, le domande fondate sui medesimi fatti, come ad esempio la domanda di licenziamento per giustificato motivo rispetto alla domanda di licenziamento per
giusta causa (Cass. 837/2008);
CC deve essere depositato nella cancelleria della Corte di appello (art. 434 c.p.c.).
Adempimenti
ulteriori
CC A seguito del deposito del ricorso il presidente della Corte d’appello nomina il
giudice relatore e fissa l’udienza di discussione davanti al collegio. L’appellante provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato (art. 435 c.p.c.).
✃
CC L’appellato si costituisce depositando in cancelleria una memoria difensiva nella quale deve essere contenuta l’esposizione dettagliata di tutte le sue difese
(art. 436, co. 1, c.p.c.).
I riti speciali • 193
CC Nell’udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio,
sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo
nella stessa udienza.
Adempimenti ulteriori
CC Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio li ritenga indispensabili. Il giudizio di indispensabilità della prova nuova in appello implica
l’idoneità della prova a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi (Cass. 14133/2006).
CC Le parti possono deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della
causa.
CC Qualora ammetta nuove prove il collegio fissa l’udienza nella quale esse devono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza (art. 437 c.p.c.).
•nel merito, confermando o riformando parzialmente o
CC La sentenza d’appello può decidere:
La sentenza di
appello
totalmente la sentenza impugnata. La riforma della sentenza appellata è parziale se l’appello riguarda soltanto alcune statuizioni della sentenza impugnata o se l’appello, pur gravando su tutti i capi della sentenza, non
viene interamente accolto. La riforma ha effetto anche
sulle parti della sentenza impugnata che dipendono da
quella riformata (c.d. effetto espansivo interno);
•nel
rito, dichiarando l’inammissibilità, l’improcedibilità
dell’appello o l’estinzione del procedimento.
CC La sentenza d’appello è esecutiva ex lege. Si può procedere all’esecuzione
forzata sulla base del solo dispositivo in caso di sentenza di condanna a favore del lavoratore per crediti.
CC Contro la sentenza d’appello può essere chiesta la sospensione dell’esecuzione ex art. 373 c.p.c.
4 Controversie in materia previdenziale (artt. 442-447bis c.p.c.)
CC Per la disciplina delle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, l’art. 442 c.p.c. richiama la disciplina delle controversie individuali
di lavoro, integrandola con particolari regole riguardanti la competenza territoriale del tribunale in funzione di giudice del lavoro (art. 444 c.p.c.), il regime di
improcedibilità conseguente all’onere della previa proposizione del procedimento amministrativo (art. 443 c.p.c. e artt. 7 e 8, L. 533/1973), la consulenza
tecnica (art. 445 c.p.c.), l’audizione degli istituti di patronato e di assistenza sociale (art. 446 c.p.c.) e l’esecuzione provvisoria della sentenza (art. 447 c.p.c.).
Oggetto
194 • CC L’art. 442 c.p.c. stabilisce che si osservano le disposizioni sul processo del
lavoro «nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie
professionali, gli assegni familiari nonché ogni altra forma di previdenza e di
assistenza obbligatorie» e «anche per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi
collettivi». Nella disciplina rientra, pertanto, ogni controversia in materia di
sicurezza sociale del lavoratore e del cittadino (ad esempio, le controversie relative alla pensione sociale agli ultrasessantacinquenni).
Capitolo 13
Oggetto
CC Estranee all’ambito del richiamo sono le controversie aventi ad oggetto il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni per omissioni contributive (art. 2116,
co. 2, c.c.), che peraltro rientrano direttamente nella portata dell’art. 409 c.p.c.,
le cause di risarcimento contro il datore di lavoro per omissioni di cautele antinfortunistiche (Cass. 2689/1986) o contro l’INPS per errate dichiarazioni (Cass.
7445/1986). Tra queste controversie vanno incluse quelle per la restituzione di
contributi che si assumono indebitamente versati (Cass. 1401/1985), le controversie con le quali si chiede il versamento dei contributi dovuti e non prescritti (Cass. 503/1979) e le controversie relative allo sgravio di contributi previdenziali (Cass. 2474/1980).
Osservazioni
Il giudice competente per territorio per tutte le controversie indicate dall’art. 442 c.p.c. è il tribunale in funzione di giudice del lavoro, che ha sede nel capoluogo della circoscrizione del tribunale nella quale risiede il beneficiario della prestazione (art. 444, co. 1, c.p.c.).
Con riguardo alla competenza, la L. 69/2009 ha aggiunto all’art. 442 c.p.c. il co. 3, ove si dispone
che per le controversie di cui all’art. 7, co. 3, c.p.c. (controversie relative ad accessori e interessi
per ritardato pagamento) non si osservano le disposizioni sulle cause in materia di previdenza e
assistenza né la disciplina del processo del lavoro.
Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità, pensione di
inabilità e assegno di invalidità, chi intende agire in giudizio per il riconoscimento dei propri diritti
deve presentare, con ricorso al tribunale competente ai sensi dell’art. 442 c.p.c., istanza di accertamento tecnico preventivo per la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell’art. 696bis c.p.c. (art. 445bis, c.p.c., inserito ex D.L. 98/2001,
conv. in L. 111/2011).
CC Le leggi speciali che disciplinano i singoli istituti previdenziali possono attribuire all’ente previdenziale il potere di emanare atti amministrativi impugnabili nella medesima sede amministrativa (ad es., i provvedimenti dell’Inps sono impugnabili davanti al Comitato provinciale e al Comitato regionale), al fine di facilitare una definizione interna della vertenza.
CC L’art. 443, co. 1, c.p.c. stabilisce che la domanda relativa alle controversie di
cui trattasi è procedibile se sono esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi
speciali per la composizione in sede amministrativa o sono decorsi i termini per
il compimento dei procedimenti stessi o sono decorsi 180 giorni dalla data in
cui è stato proposto il ricorso amministrativo. Nella prima udienza di discussione, se il giudice rileva una delle suddette situazioni di improcedibilità, sospende il giudizio e assegna all’attore un termine perentorio di 60 giorni per la preRilevanza del
sentazione del ricorso in sede amministrativa (art. 443, co. 2, c.p.c.).
procedimento
CC Le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie sono di
amministrativo
competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore (art. 444 c.p.c.).
CC Nei processi relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali che
richiedono accertamenti tecnici il giudice può nominare uno o più consulenti
tecnici scelti in appositi albi (art. 445 c.p.c.).
CC Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti possono,
su istanza dell’assistito, in ogni grado del giudizio, rendere informazioni e osservazioni orali o scritte (art. 446 c.p.c.).
✃
CC Le sentenze pronunciate nei giudizi previdenziali e assistenziali sono provvisoriamente esecutive (art. 447 c.p.c.), fermo restando che la possibilità di agire in
executivis sulla base del solo dispositivo è riservata soltanto al lavoratore.
I riti speciali • 195
5Il processo locatizio (art. 447bis c.p.c.)
CC Le cause aventi ad oggetto materie locatizie, quelle relative a contratti di comodato su immobili urbani e affitto di aziende, escluse solo quelle relative a
immobili non urbani, introdotte con ricorso ex art. 414 c.p.c. o con le forme del
procedimento per convalida di licenza o sfratto, sono di competenza del tribunale del luogo nel quale si trova la cosa e sono disciplinate dalle disposizioni sul processo del lavoro (art. 447bis c.p.c.).
CC Il richiamo effettuato dall’art. 447bis c.p.c. agli artt. 414-423 c.p.c. comporta l’applicabilità delle norme sul rito del lavoro relative alla proposizione della domanda, all’instaurazione del contraddittorio, alla costituzione e alla difesa delle parti, alla proposizione della domanda riconvenzionale, all’intervento dei terzi, allo
svolgimento dell’udienza di discussione, ai poteri istruttori del giudice (limitatamente alle rilevazioni di irregolarità e fissazione di termini per la relativa sanatoria, ex art. 421, co. 1, c.p.c.).
Generalità
CC L’art. 423 è richiamato dall’art. 447bis c.p.c. solo con riguardo all’ordinanza di pagamento di somme non contestate. Non è richiamato il comma 2, ciò che peraltro non
impedisce la pronuncia dell’ordinanza ex art. 186ter in quanto non incompatibile.
Osservazioni
Il richiamo agli artt. 424-429 c.p.c. implica l’applicabilità integrale delle disposizioni sull’assistenza
del consulente tecnico, sulla richiesta di informazioni e sulle osservazioni alle associazioni di categoria, sul passaggio dal rito ordinario a quello locatizio e viceversa, sul rilievo dell’incompetenza
del giudice e dei relativi limiti, nonché sulla pronuncia della sentenza.
Il richiamo agli artt. 430-441 c.p.c. implica, infine, l’applicabilità di tutte le altre disposizioni del processo
del lavoro, dalla precisazione delle conclusioni al deposito della sentenza, fino all’intera fase di appello,
compreso l’appello con riserva dei motivi, ad eccezione del regime di esecutorietà della sentenza, disciplinato dall’art. 447bis, co. 4, c.p.c., che oltre a ribadire l’esecutorietà della sentenza di primo grado,
estende alla materia locatizia la possibilità di procedere esecutivamente sulla base del solo dispositivo.
6Il procedimento sommario-semplificato di cognizione (artt.
702bis-702quater c.p.c.)
Applicabilità
CC Il nuovo procedimento sommario di cognizione (artt. 702bis ss. c.p.c.), introdotto dalla L. 69/2009, si pone come modello di cognizione generalizzato, alternativo al processo ordinario di cognizione disciplinato nel Libro II, titolo I, del
Codice di rito, applicabile a ogni tipo di controversia (pagamento di somme
di denaro, consegna o rilascio di cose, ecc.), sempre che appartenga alla cognizione del tribunale in composizione monocratica: infatti, come emerge
dall’esordio dell’art. 702bis c.p.c., sussiste un preciso limite normativo all’ambito applicativo del procedimento sommario di cognizione, segnato dalla competenza dell’ufficio adito, il tribunale, e dalla composizione monocratica, e non collegiale, del giudice. Pertanto, è esclusa la competenza del giudice di pace, della Corte d’appello quale giudice di secondo grado (davanti al quale la trattazione e la decisione sono collegiali, ai sensi dell’art. 350 c.p.c.).
CC Inoltre, il rito sommario di cognizione non si applica alle cause d’appello contro
le pronunce del giudice di pace, pure attribuite alla competenza del giudice monocratico del tribunale (artt. 341 e 50ter c.p.c.), stante l’applicabilità della normativa sul processo d’appello (artt. 342 ss. c.p.c.) che, per motivi di specialità,
è incompatibile con quella in esame.
196 • Capitolo 13
Applicabilità
CC Il procedimento sommario di cognizione non è applicabile alle controversie in materia di locazione o di comodato di immobili urbani e di affitto di aziende, assoggettate, in quanto tali, al rito speciale di cui all’art. 447bis c.p.c., mutuato da quello del lavoro (Trib. Modena 18-1-2010). Qualora una domanda concernente una controversia soggetta al rito speciale locatizio sia stata introdotta, erroneamente, nelle
forme del procedimento sommario di cognizione, il giudice non può dichiararne l’inammissibilità, ma deve disporre il mutamento del rito da speciale sommario a speciale
ordinario, ai sensi dell’art. 426 c.p.c., fissando l’udienza di discussione e assegnando alle parti un termine per l’integrazione degli atti (Trib. Torre Annunziata 10-2-2010).
CC La domanda è proposta con ricorso al tribunale competente, contenente le indicazioni di cui all’art. 163 c.p.c., compreso l’avvertimento di cui al n. 7).
CC Il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al Presidente del
tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento.
CC Il giudice designato fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non
oltre dieci giorni prima dell’udienza.
CC Il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza sono notificati al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione.
La costituzione
CC Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di
delle parti
risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti
posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui
intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare
le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio.
Se intende chiamare un terzo in garanzia deve farne dichiarazione, a pena di
decadenza, nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo
spostamento dell’udienza. Il giudice fissa la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo.
CC Il giudice, se ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza.
CC Se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’art. 702bis, la dichiara inammissibile con ordinanza non impugnabile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale.
Il procedimento
CC Se occorre un’istruzione probatoria approfondita sui vari capitoli della prova testimoniale dedotti dal resistente e la necessità di consentire al ricorrente l’indicazione di prova contraria, il giudice fissa l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. per lo svolgimento della istruzione nelle forme della cognizione piena (Trib. Bologna 29-102009). Pertanto, la pluralità e la varietà dei mezzi istruttori richiesti (ad esempio, prove orali, consulenza tecnica, perizia fonica, acquisizione di documentazione bancaria e di scritture private) e la conseguente necessità di numerose udienze, impongono la fissazione dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. per lo svolgimento della istruzione nelle forme della cognizione piena (Trib. S. Angelo dei Lombardi 20-11-2009).
CC Se l’istruttoria può essere condotta in modo deformalizzato e con rapidità,
il giudice, alla prima udienza, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento
richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande.
✃
CC Nel procedimento sommario di cognizione il mezzo istruttorio della consulenza tecnica è compatibile col rito semplificato (Trib. Mondovì 5-11-2009).
È possibile, ad esempio, far ricorso al procedimento di cui agli artt. 702bis ss.
c.p.c. al fine di determinare il saldo del conto corrente, posto che, ove non
siano state dedotte prove testimoniali o altre istanze, l’accertamento in questione richiede lo svolgimento di una semplice c.t.u. (Trib. Brescia 10-2-2010).
I riti speciali • 197
CC L’ordinanza emessa all’esito del giudizio sommario di
cognizione:
La decisione e
l’appello
•è provvisoriamente esecutiva;
•costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e
per la trascrizione. Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli artt. 91 ss. c.p.c.;
•produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. se non è appellata entro 30 giorni dalla sua comunicazione o notificazione.
CC In appello sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa a essa non imputabile.
CC Il Presidente del collegio può delegare l’assunzione dei mezzi istruttori a uno
dei componenti del collegio (art. 702quater c.p.c.).
Schema n. 37
Procedimento sommario di Cognizione (art. 702bis c.p.c.)
Forma della domanda: Ricorso al tribunale monocratico
Il ricorso, sottoscritto a norma dell’art. 125 c.p.c., deve contenere tutti gli elementi
della citazione esclusa la data di fissazione della prima udienza
Deposito del ricorso in cancelleria.
Nomina del giudice da parte del Presidente del Tribunale
Il Giudice
Fissa con decreto la data
della prima udienza
Assegna al convenuto il termine
di costituzione in giudizio,
che deve avvenire non oltre
10 gg. prima dell’udienza
L’attore
Ritira in cancelleria il ricorso con il decreto che fissa la data dell’udienza e lo
notifica al convenuto, ma tra la data di notifica del ricorso e la data di
costituzione del convenuto fissata dal giudice
Devono
intercorrere
almeno 30gg.
Dichiara con decreto la propria incompetenza
oppure
Dichiara il ricorso inammissibile
Possibili contenuti del provvedimento che
chiude la prima udienza. Il giudice
oppure
Fissa l’udienza ex art. 183 c.p.c.
oppure
Procede all’istituzione della causa
198 • Capitolo 13
7Il processo di opposizione a decreto ingiuntivo
CC Se esistono le condizioni previste nell’art. 633 c.p.c. il giudice, con decreto motivato da emettere entro 30 giorni dal deposito del ricorso, ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o
Accoglimento
la somma di cui all’art. 639 nel termine di 40 giorni, con l’espresso avvertimendel decreto into che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che, in mancanza
giuntivo
di opposizione, si procederà a esecuzione forzata. Quando concorrono giusti
motivi il termine può essere ridotto fino a 10 giorni oppure aumentato a 60 (art.
641 c.p.c.).
CC L’opposizione a decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.) dà luogo a un giudizio ordinario di cognizione nel quale il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente, in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma deve accertare il
Finalità dell’opfondamento della pretesa fatta valere col ricorso per ingiunzione, pretesa
posizione
che può essere dall’attore eventualmente ridotta nel giudizio di opposizione.
CC Il giudice, pertanto, dovrà valutare l’an e il quantum della pretesa del creditore
entrando nel merito della controversia.
Il ruolo delle
parti
CC Nel giudizio di opposizione l’opposto riveste il ruolo dell’attore, poiché ha instaurato il procedimento mediante la richiesta di emissione di un provvedimento monitorio, e l’opponente, in qualità di destinatario del provvedimento di natura sommaria, si trova nella posizione sostanziale di convenuto.
CC L’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il
giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente.
Competenza
CC In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, ma i termini di comparizione sono ridotti a
metà (art. 645 c.p.c.).
CC L’art. 645, co. 2, c.p.c. prevede espressamente la riduzione a metà dei soli termini di comparizione e non menziona i termini di costituzione.
CC La Cassazione è consolidata nel ritenere che la riduzione a metà riguardi anche i termini di costituzione.
La riduzione dei
C
C
La riduzione alla metà del termine di costituzione dell’opponente, ai sensi dell’art.
termini di com645, co. 2, c.p.c., è un effetto automatico conseguente al solo fatto che l’oppoparizione
sizione sia stata proposta, indipendentemente dall’assegnazione all’opposto di
un termine a comparire inferiore a quello ordinario, e che si verifica, perciò, anche qualora l’opponente assegni un termine di comparizione pari o superiore a
quello legale (Cass. S.U. 19246/2010).
Osservazioni
✃
Nel caso in cui sia stato emesso decreto ingiuntivo per i compensi professionali di un avvocato, ai sensi degli artt. 28 e 29 L. 794/1942, al giudizio di opposizione si applica l’art. 30 della legge
e, per quanto non previsto da tale disposizione speciale, il processo è regolato dalle norme del Codice di rito sul giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. S.U. 4071/2010).
I riti speciali • 199
8I processi di separazione tra coniugi e di divorzio (artt. 706-711
c.p.c.)
CC La separazione personale dei coniugi è una situazione temporanea con la quale si allenta, ma non si scioglie, il vincolo matrimoniale.
•giudiziale, che è chiesta unilateralmente da uno dei co-
CC Può essere di due
tipi (art. 150 c.c.):
Generalità
niugi e ha, come presupposto, l’intollerabilità della convivenza o il grave pregiudizio per l’educazione dei figli (art.
151 c.c.), mentre l’eventuale violazione dei doveri che derivano dal matrimonio può costituire, a richiesta di uno o
dell’altro dei coniugi, fondamento di una pronuncia accessoria con cui viene dichiarato a quale dei coniugi la separazione è addebitabile (art. 151, co. 2, c.c.);
•consensuale, che si basa sul consenso dei coniugi (art.
150 c.c.).
CC Il diritto di chiedere la separazione spetta esclusivamente ai coniugi (art. 150,
co. 3, c.c.). Tale diritto è personalissimo, indisponibile, imprescrittibile e intrasmissibile agli eredi (non è consentita, pertanto, la prosecuzione del giudizio di separazione da parte degli eredi).
Separazione
giudiziale
CC Il giudizio di separazione giudiziale ha natura di accertamento costitutivo, poiché è finalizzato all’accertamento dei fatti che rendono intollerabile la convivenza e dell’addebitabilità della separazione e costituisce lo stato di separazione
tra i coniugi.
CC Il giudizio si propone con ricorso al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi. In mancanza, è competente il tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto.
CC Il procedimento di separazione giudiziale si articola in due fasi: fase presidenziale (o precontenziosa) e fase contenziosa (o istruttoria).
• l’esposizione dei fatti sui quali è fondata la domanda di se-
CC La domanda si propone con ricorso al
tribunale, che deve
contenere:
Fase
presidenziale
parazione, mentre i più specifici riferimenti al petitum, alla
causa petendi e alle prove offerte potranno essere contenuti nella memoria integrativa prevista dall’art. 709, co. 3, c.p.c.;
•la proposizione della domanda di separazione, inclusa
l’eventuale richiesta di addebito nonché l’eventuale richiesta di assegno di mantenimento.
•la sottoscrizione del ricorrente (art. 706, co. 1, c.p.c.);
•l’indicazione dell’esistenza di figli legittimi, legittimati o
adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio (art.
706, ult. co., c.p.c.).
CC Il Presidente fissa l’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé. All’udienza i coniugi devono comparire personalmente con l’assistenza del difensore (art.
707, co. 1, c.p.c.). Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non
ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un
nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e
del decreto gli sia rinnovata (art. 707, co. 2 e 3, c.p.c.).
CC Affinché il Presidente possa effettuare il tentativo di conciliazione con le maggiori
probabilità di successo, la legge dispone che «deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentando la conciliazione» (art. 708, co. 1, c.p.c.).
Possono essere interrogati anche i figli minori (art. 155sexies c.c.).
200 • Capitolo 13
CC Se i coniugi si conciliano, il Presidente fa redigere un verbale della conciliazione (art. 708, co. 2, c.p.c.).
CC Se il tentativo di conciliazione non riesce, ossia se i coniugi non trovano
neppure l’accordo per separarsi consensualmente, il Presidente dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza
di comparizione e trattazione davanti a questi.
Esito del tentativo CC Contro tali provvedimenti si può proporre reclamo alla Corte d’appello.
di conciliazione
CC Con l’ordinanza il Presidente assegna al ricorrente un termine per il deposito di una memoria integrativa. Perciò, il ricorso introduttivo può essere anche sintetico e parzialmente incompleto, e limitarsi a indicare genericamente le circostanze di atto tali da rendere intollerabili la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. Inoltre, con
la stessa ordinanza il Presidente assegna un termine al convenuto per la costituzione in giudizio e per la proposizione delle eccezioni processuali e di
merito non rilevabili d’ufficio.
Fase contenziosa
CC Fase contenziosa. All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni del processo ordinario di cognizione di cui agli artt. 180, 183, co.
1, 2, 4-10 e 184 c.p.c. Nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche,
il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso appello immediato (art. 709bis c.p.c.).
CC I provvedimenti temporanei e urgenti assunti dal Presidente possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore (art. 709, co. 4, c.p.c.), se sopravvengono giustificati motivi di tipo sostanziale (fatti nuovi) o processuale
(nuove allegazioni o nuove prove).
Osservazioni
L’art. 709ter c.p.c. prevede che, in caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio
al minore o ne ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, il giudice può:
— ammonire il genitore inadempiente;
— disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
— disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
— condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro.
Tale previsione disciplina un’ipotesi di responsabilità ordinaria ex art. 2043 c.c., con conseguente
obbligo di risarcimento del danno non patrimoniale arrecato dal genitore al minore.
CC Le parti possono sempre chiedere la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti alla separazione.
✃
Modificabilità dei
provvedimenti
CC Il tribunale, sentite le parti, provvede all’eventuale ammissione di mezzi istruttori e può delegare per l’assunzione uno dei suoi componenti.
CC Ove il procedimento non possa essere immediatamente definito, il tribunale
può adottare provvedimenti provvisori e può ulteriormente modificarne il contenuto nel corso del procedimento (art. 710 c.p.c.).
I riti speciali • 201
CC Nel caso di separazione consensuale il Presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli.
CC Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l’art. 706, ultimo
comma, c.p.c.
Separazione consensuale
CC Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso
dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la
prole.
CC La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del Presidente.
CC Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell’articolo precedente (art. 711 c.p.c.).
Schema n. 38
Separazione personale dei coniugi
La domanda di separazione, giudiziale o consensuale, si propone
con ricorso
al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza,
del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio
il presidente, o il giudice delegato, deve sentire i coniugi
prima separatamente e poi congiuntamente
tentando la conciliazione
se la conciliazione non riesce, il presidente dà con ordinanza i provvedimenti
temporanei e urgenti nell’interesse della prole e dei coniugi
nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione davanti a questi
202 • Capitolo 13
✃
Schema n. 39
Tipi di separazione
Separazione giudiziale
Separazione consensuale
La separazione può essere chiesta da uno
dei coniugi quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di
entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o
da recare grave pregiudizio alla educazione della prole
La separazione chiesta da entrambi i coniugi produce i suoi effetti soltanto con
l’omologazione del giudice
Il giudice, pronunciando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne
sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione
del suo comportamento contrario ai doveri
che derivano dal matrimonio
Quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l’interesse di questi, il
giudice riconvoca i coniugi indicando le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare l’omologazione
I riti speciali • 203
Schema n. 40
I provvedimenti del giudice in sede di separazione
adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse
morale e materiale di essa
valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati
determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore
prende atto degli accordi intervenuti tra i genitori, se non sono contrari all’interesse dei figli
adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole
può disporre l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori qualora ritenga che
l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore
Il giudice:
stabilisce, ove necessario, il pagamento di un assegno periodico a favore dei
figli, anche se maggiorenni ma non indipendenti economicamente
stabilisce, a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il
diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento,
qualora egli non abbia adeguati redditi propri
può disporre un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni dei
coniugi
attribuisce il godimento della casa familiare tenendo prioritariamente conto
dell’interesse dei figli
9Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno
CC Il soggetto maggiorenne e il minore emancipato che si trovino in condizioni di
abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione (art. 414 c.c.).
Presupposti
•il soggetto maggiorenne la cui infermità mentale non è talmente grave da far luogo all’interdizione;
CC Sono inabilitati:
•coloro che, per prodigalità (tendenza a dissipare il patrimonio) o abuso abituale di bevande alcoliche o stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi;
204 • Capitolo 13
•il sordo e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se
CC Sono inabilitati:
Presupposti
non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salva l’applicazione dell’art. 414 c.c. quando risulta che essi sono del
tutto incapaci di provvedere ai propri interessi (art. 415 c.c.).
CC La persona che, per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai
propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio (art.
404 c.c.).
CC I procedimenti di interdizione e inabilitazione sono contraddistinti da una peculiare natura e funzione pubblicistica, in quanto hanno ad oggetto la rimozione
(interdizione) o l’affievolimento (inabilitazione) dello stato di capacità della persona a fini di tutela del soggetto totalmente o parzialmente incapace (App. Milano 7-3-2001).
CC L’interdicendo o l’inabilitando possono stare in giudizio e compiere da soli
tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, anche quando è stato nominato il tutore o il curatore provvisorio (art. 716 c.p.c.).
CC La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della quale è proposta ha residenza
anagrafica (Cass. 17235/2006) o il domicilio (art. 712 c.p.c.).
Il ricorso deve indicare:
— i fatti sui quali la domanda è fondata;
— il nome e cognome e la residenza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell’interdicendo o dell’inabilitando.
Procedimento
CC Il ricorso è inoltrato, prima della notificazione, al Presidente, il quale ne ordina la
comunicazione al P.M. A richiesta di quest’ultimo il Presidente può pronunciare
un decreto di rigetto della domanda (art. 713 c.p.c.). Prima di pronunciare il rigetto il Presidente deve comunicare al ricorrente la richiesta del P.M. e disporre
la comparizione delle parti innanzi a sé (Corte cost. 87/1968). Se non dispone il
rigetto, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione davanti a lui del ricorrente, dell’interdicendo o dell’inabilitando e delle altre persone indicate nel ricorso, le cui informazioni ritenga utili.Il ricorso e il decreto sono notificati a cura del ricorrente, entro il termine fissato nel decreto stesso, alle persone indicate nel comma precedente; il decreto è comunicato al pubblico ministero (art. 713 c.p.c.).
CC All’udienza il giudice istruttore procede all’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando, sente il parere delle altre persone, interrogandole sulle circostanze
che ritiene rilevanti ai fini della decisione e può disporre anche d’ufficio l’assunzione di ulteriori informazioni (art. 714 c.p.c.). Tuttavia, se per legittimo impedimento l’interdicendo o l’inabilitando non può presentarsi davanti al giudice
istruttore, questi, con l’intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel
luogo dove si trova (art. 715 c.p.c.).
✃
CC Terminata l’istruzione, la causa è decisa con sentenza dal collegio (art. 50bis
c.p.c.). Tale sentenza:
— è costitutiva dello stato di inabilitazione o interdizione;
— produce i suoi effetti dal giorno della pubblicazione (art. 421 c.c.);
— può essere impugnata da tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre
la domanda, anche se non parteciparono al giudizio, o dal tutore o curatore
nominato con la stessa sentenza (artt. 718 s. c.p.c.).
I riti speciali • 205
Procedimento
CC Qualora dopo il passaggio in giudicato della sentenza di interdizione o inabilitazione vi sia un mutamento delle condizioni di salute dell’interdetto o dell’inabilitato tale da far cessare lo stato di fatto che aveva reso necessario il provvedimento, l’interdetto e l’inabilitato (Mandrioli) e i soggetti che possono presentare istanza di interdizione o inabilitazione (art. 429 c.c.) possono chiedere la revoca dell’interdizione o inabilitazione (art. 720 c.p.c.). La sentenza di revoca
produce i suoi effetti con il passaggio in giudicato.
Osservazioni
Il procedimento di interdizione, pur presentando numerose peculiarità, essendo caratterizzato dalla coesistenza di diritti soggettivi privati e di profili pubblicistici, dalla natura e non disponibilità degli interessi coinvolti, dalla posizione dei soggetti legittimati a presentare il ricorso, che esercitano
un potere di azione, ma non agiscono a tutela di un proprio diritto soggettivo, dagli ampi poteri inquisitori del giudice, dalla particolare pubblicità della sentenza e dalla sua revocabilità, si configura pur sempre come un procedimento contenzioso speciale, il che comporta l’applicazione ad esso
di tutte le regole del processo di cognizione.
CC Il procedimento per la designazione dell’amministratore di sostegno è strutturato con le forme dei procedimenti in camera di consiglio e inizia con ricorso dello
stesso beneficiario anche se minore, interdetto o inabilitato, nonché dei soggetti indicati dai commi 2 e 3 dell’art. 406 c.c. e ancora dall’art. 417 c.c. e cioè, oltre che dai parenti ivi indicati, dal coniuge nonché dalla «persona stabilmente
convivente» anche non more uxorio (art. 406 c.c.).
CC Anche in questo procedimento, come nel procedimento di interdizione o inabilitazione, la persona di cui si intende valutare l’autonomia decisionale ha piena
capacità processuale.
CC Trattandosi di un procedimento in camera di consiglio, non sussiste l’obbligo ma
soltanto la facoltà di avvalersi del difensore (Cass. 17421/2009).
CC Nel procedimento deve intervenire il pubblico ministero (art. 407, ult. co., c.p.c.)
e il giudice tutelare provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo,
Procedimento
previe le necessarie informazioni (art. 407 c.c.).
di nomina del­
l’amministrato- CC La scelta dell’amministratore deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e
re di sostegno
agli interessi della persona del beneficiario e comunque preferendo il coniuge
non separato, la persona stabilmente convivente e i parenti più prossimi (art. 408
c.c.). Il beneficiario può anche compiere una designazione in previsione della
propria eventuale futura incapacità. Ne deriva la possibilità di delegare all’amministratore di sostegno manifestazioni di volontà di contenuto paragonabile a quello del c.d. testamento biologico, cioè delegandogli il compito di esprimere il consenso al trattamento sanitario e alle decisione di «fine vita» in nome e per conto del beneficiario (Trib. Cagliari 22-10-2009).
CC L’art. 413 c.c. prevede la revoca e la cessazione dell’amministratore di sostegno,
indicandone i presupposti e le modalità.
CC Contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d’appello a
norma dell’art. 739 e contro il decreto della corte d’appello può essere proposto
ricorso per cassazione (art. 720bis, co. 2, c.p.c.).
206 • Capitolo 13
Schema n. 41
Nomina dell’amministratore di sostegno
La L. 6/2004 ha introdotto, tra le misure di protezione delle persone prive di autonomia, quella
dell’amministrazione di sostegno, la cui disciplina sostanziale e processuale è contenuta negli artt.
404-413 c.c. e nell’art. 720bis c.p.c.
Il ricorso per ottenere la nomina di un amministratore di sostegno può essere proposto dal soggetto
beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, o da uno dei soggetti indicati nell’art. 417 c.c.
L’amministratore di sostegno è nominato dal giudice tutelare del luogo in cui la persona beneficiaria ha la residenza o il domicilio
Il giudice tutelare può, in ogni tempo, modificare o integrare le decisioni assunte con il decreto di
nomina dell’amministratore di sostegno
✃
Il beneficiario:
• conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o
l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno
• può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana
I riti speciali • 207
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