BOLLETTINO U.C.F.I. (UNIONE CATTOLICA FARMACISTI ITALIANI) – SEZIONE DI VERONA LUNGADIGE SAMMICHELI, 3 C.A.P. 37129 VERONA TEL. 045/8034396 E-MAIL: ethical@brembenet .it N.13/02 Un contributo editoriale per lo studio della coscienza umana IL VALORE DELLA COSCIENZA E DELL’ESPERIENZA MORALE La coscienza continua ad essere oggetto di riflessione e di studio di filosofi e teologi moralisti. La cultura offre una pluralità di saggi e di monografie. Nella teologia cristiana la coscienza ha il fondamento etico nella parola di Dio. I teologi scolastici hanno elaborato trattati per rivelarne la natura, il valore del giudizio e la produzione etica. In rapporto alla legge, la coscienza ha il suo spazio di autonomia. Infatti il cristiano sa che la coscienza, rettamente informata, non può emettere mai un giudizio che contraddica il Vangelo e i suoi valori. Nell’esperienza pratica sorgono problemi quando è la legge positiva dello Stato a consentire o a imporre una scelta che per fede o motivi religiosi non si condivide; sorge allora l’obiezione di coscienza. Il caso più noto è quello relativo alla legge dell’aborto e dell’eutanasia. Un operatore sanitario onesto e fedele ai valori del Vangelo e alla dignità e diritti dell’uomo non accetterà mai di trasformarsi in esecutore o notaio di morte. I casi di obiezione di coscienza sono oggi considerati da non poche legislazioni anche nell’ambito militare. Sulla coscienza disquisisce Faustino Parisi nel libro “Il valore della coscienza e dell’esperienza morale”, Levante Editori Bari (euro 25,00). Il lavoro è maturato negli ultimi anni universitari a contatto soprattutto di docenti di cui Parisi è stato allievo. Ne ricorda principalmente due: Romeo Crippa a Genova e Domenico Capone a Roma. Questi due hanno fatto penetrare nella sua cultura due filoni o retaggi: quello filosofico e quello teologico-morale. Questa «dipendenza» è «rilevabile nella sua trattazione». A dir la verità la parte teologico-morale è una specie di excursus o di «ricognizione» nel patrimonio culturale cristiano, con particolare tendenza all’analisi del pensiero dei grandi Scolastici, come San Tommaso d’Aquino. Per il magistero sono stati studiati e approfonditi i Sommi Pontefici del ventesimo secolo, in particolare Pio XII e Giovanni Paolo II. Del primo si citano, quali fonti, i discorsi sulla coscienza, contro l’etica di situazione. Del secondo si citano le due Encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio. Spicca, ovviamente, il magistero del Concilio Vaticano II, che alla coscienza ha dedicato il n.16 della Gaudium et spes, trattandone pure in altri documenti. Parisi ha pure fatto riferimento a degli schemi preconciliari o delle commissioni preparatorie, che sono stati poi abbandonati né presentati. Nelle analisi considera altresì gli autori moralisti che sono stati emergenti sia immediatamente prima che dopo il Concilio Vaticano II. Il vasto spazio preso in esame lo ha costretto a seguire più l’estensione che la profondità del tema principale e dare adeguata attenzione alle correlazioni applicative. La coscienza infatti è chiamata, interpellata a pronunciare il suo giudizio nelle situazioni concrete, dove la persona umana impegna la sua responsabilità, dovendo dare scelte. Teologi scolastici di grido, come San Bonaventura, definiscono la coscienza «araldo di Dio» (praeco Dei) – per sottolineare il ruolo, la funzione propria della coscienza. Del resto anche Pio XII in un suo discorso definisce la coscienza il «sacrario dell’uomo». L’espressione è stata ripresa dal Concilio Vaticano II, che l’ha ulteriormente sviluppata. Afferma il Vaticano II: «La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» (Gaudium et spes, 16). In nota il testo conciliare rinvia a Pio XII e al suo discorso del 23 marzo 1952. La coscienza dunque è la «voce» autentica di Dio. Ma ad una condizione: che sia sintonizzata sulla lunghezza d’onda di Dio. Per questo i teologi moralistici scolastici e moderni specificano che per essere tale, deve essere libera da pregiudizi ideologici o da interessi inquinanti. E poi che sia «rettamente formata». Tale requisito reclama il riferimento alla Sacra Scrittura, al patrimonio che custodisce la parola di Dio, la Rivelazione. Ed inoltre che sia sempre docile al Magistero della Chiesa. La coscienza, che è una facoltà dell’individuo, senza questi due riferimenti rischia di essere sopraffatta dall’errore e così avallare la prevaricazione etica. Il Concilio Vaticano II, sempre nella Gaudium et spes, dedica un paragrafo alla verità oggettiva e alla necessità di superare l’etica individualistica. L’individualismo etico infatti può essere fattore di abominevoli delitti. Giustamente Parisi, esaminando la dottrina del Vaticano II, spiega che nel «sacrario della sua coscienza» l’uomo si trova solo con Dio. «Solo» non sta per solitudine, isolamento, autonomia, soggettivismo». Questa solitudine va intesa in senso di intimità profonda, di stretta relazione. «In questo locus intimitatis, afferma Parisi – mi pare ci sia qualcosa di più del trascendentale «uditore della parola», in attesa di un possibile e assai probabile messaggio da parte di Dio». Il significato reale dell’espressione di Pio XII e del Concilio Vaticano II va perciò considerato in rapporto alla dignità della persona umana, creata ad immagine di Dio e redenta da Cristo e corroborata dai doni e dalle grazie dello Spirito Santo. Sorge il dovere di considerare la relazione con Dio e con i fratelli creati da Dio e redenti da Cristo. Scrive Parisi: «L’essere in dialogo relazionale con Dio, da parte dell’uomo, è dunque consustanziale al suo esistere, fa parte ontologicamente della sua stessa natura, è costituito dal suo essere persona». Ed è anche per questa ragione che i teologi scolastici, con San Bonaventura, assegnano una priorità al giudizio della coscienza sulla legge positiva quando questa ordina di compiere una scelta in contrasto con il Vangelo. Facendo proprio l’insegnamento di San Pietro: «Si deve prima obbedire a Dio che agli uomini». Si deve obbedire solo a Dio, non agli uomini, quando i loro ordini sono illeciti o in contrasto con il Vangelo. L’evidenza era data, oltre che dalla ragione, dal confronto con la Parola di Dio e dai pronunciamenti del Magistero della Chiesa. Sottolineando l’aspetto cristocentrico della morale, Parisi sostiene che «la coscienza cristiana matura nell’incontro personale con il Cristo e nel rapporto con la comunità cristiana e la Chiesa. Si modella sul vissuto etico del Cristo così come offerto dai Vangeli e come compreso nella fede e nella teologia del popolo di Dio». Aggiunge che «si possa parlare di una morale cristiana di tipo filiale: il Cristo non è (solo) modello e legislatore di vita morale, ispiratore di comportamenti morali, in sintonia e coerenti con il suo messaggio evangelico, è la sua stessa esperienza di Figlio, il suo vissuto etico, a diventare riferimento per l’azione morale del cristiano». GINO CONCETTI (tratto da L’Osservatore Romano di sabato 7 giugno 2003)