tumori della vescica - Corso di Laurea in Infermieristica

I - 5-0610
TUMORI DELLA VESCICA
T LEBRET
I tumori
della vescica sono tumori dell’urotelio che possono associarsi a lesioni tumorali di tutta la via escretrice.
Qualunque ematuria macroscopica, anche se insorta sotto trattamento con anticoagulanti, richiede indagini
accurate. L’improvvisa comparsa di una minzione imperiosa in un uomo fumatore deve far ipotizzare un tumore
vescicale. Il tumore della vescica può essere diagnosticato solamente mediante endoscopia.
(D 2000 Editions
Scientifiques et Médicales Elsevier SAS.
INT ONE
patologia tumorale della vesdca comprende
entità istologiche molto eterogenee. In effetti, si può
trattare di polipi assolutamente benigni o, al
contrario, di neoplasie altamente maligne. Queste
lesioni vescicali sono quasi sempre patologie
dell’urotelio, che possono essere superficiali o, al
contrario, infiltrare i piani più profondi (muscolo e,
quindi, sierosa).È la combinazione di questi due
criteri (differenziazione istologica e grado di
infiltrazione), associata allo stato linfonodale e
metastatico, che determina la prognosi del tumore
La
della vesdca.
Identificato, nella maggior parte dei casi, per
ematuria, il tumore necessita sempre, in un primo
tempo, di una resezione endoscopica che permette
una diagnosi istologica precisa. Il trattamento viene
stabilito in base ai risultati anatomopatologici. In
di tumore superfidale, la norma vuole che il
sia sottoposto a controlli regolari per
identificare precocemente l’insorgenza della recidiva
o dell’infiltrazione, purtroppo frequenti. Nel caso di
un tumore che interessi le fibre muscolari della
vesdca, l’evoluzione metastatica è da temere e la
cistectomia totale rimane il trattamento di scelta.
Una volta confermata la presenza di un tumore
vescicale, è fondamentale ricercare altre
localizzazioni tumorali, in quanto questa patologia
della vescica è una vera e propria «malattia
dell’urotelio». I polipi possono infatti propagarsi su
tutte le vie urinarie, dai calici renali al meato uretrale.
caso
paziente
jj#.;g#
..
Ep~ GIAA
0 Alcuni dad
della sfera urologica, il cancro
della vescica è secondo soltanto al tumore della
prostata. Rappresenta il 5,5% di tutte le neoplasie
Tra le
neoplasie
diagnosticate.
È tre volte più frequente nelfuomo (è il quarto
tumore più
comune
dopo il cancro della prostata, del
Tutti i diritti riservati.
polmone
e
il cancro
colorettale),
che nella donna
(rappresenta solo il 2,3% dell’insieme delle neoplasie
femminili, situandosi all’ottavo posto).È responsabile
del 2,6% dei decessi nell’uomo e dell’l,4% nella
donna.
it cancro della vescica è approssimativamente
due volte più frequente nella razza bianca che in
quella di colore; tra i bianchi, le neoplasie superfidali
sono più frequenti. Questo è probabilmente dovuto
a fattori socioeconomici in relazione con le
possibilità di accedere alle cure mediche e alla
conseguente precocità della diagnosi.
L’uomo è colpito dal cancro della vescica nella
seconda metà della sua vita; attualmente, l’età
media della diagnosi è 65 anni. Esso recidiva molto
frequentemente ma non è necessariamente la causa
del decesso. Ciò spiega perché occupi il quarto posto
per incidenza nella popolazione americana, ma si
trovi al secondo posto per prevalenza nei soggetti di
età superiore ai 50 anni.
A partire dagli anni Cinquanta, l’incidenza del
tumore della vescica è aumentata approssimativamente del 50%, mentre il tasso di mortalità dovuto a
questo tipo di tumore è diminuito del 33% circa.
Questa diminuzione riguarda essenzialmente
l’uomo. Diversamente da altri tumori della sfera
urologica (prostata, rene), è riscontrato raramente in
maniera incidentale nelle casistiche autoptiche.
Fcrttori di rischio
Il principale fattore di rischio riscontrato è il
tabagismo. Il numero di sigarette fumate, il fumo
la durata del periodo di esposizione al
fumo sono fattori correlati alla comparsa delle
neoplasie vescicali. A partire da 15 pacchetti-anno il
rischio di tumore persiste fino a 20 anni dopo
l’interruzione dell’esposizione alfintossicazione da
fumo. A questo bisogna assodare i fattori di rischio
professionale: alcuni derivati di prodotti industriali, in
modo particolare quelli utilizzati nella fabbricazione
della gomma, di vernici e di coloranti, tra cui
principalmente l’anilina.
L’ingestione frequente di caffè e l’assunzione
ricorrente di analgesici locali sono stati ritenuti
responsabili della genesi del carcinoma uroteliale. La
presenza di calcoli nella vescica o il susseguirsi di
infezioni possono essere causa di una lesione della
aspirato
e
1
di displasie. Anche altre
la fenacetina oppure gli zuccheri
artifidali quali la saccarina o il ddamato, sono state
ritenute responsabili della carcinogenesi delle
neoplasie della vescica. Il loro ruolo esatto non è
stato ancora dimostrato.
La genesi del carcinoma della vescica è in realtà
dovuta, come molti altri tumori, a mutazioni
genetiche. La mutazione del gene p53, presente sul
cromosoma 17, è una delle mutazioni genetiche
riscontrate più di frequente in oncologia. La proteina
p53, che per sua natura protegge dall’eccesso di
mitosi bloccando le cellule anormali, è quindi mutata
e non permette più l’apoptosi cellulare. Il suo ruolo
esatto nella patologia tumorale della vesdca non è
ancora perfettamente noto ma, insieme ad altre
mutazioni genetiche, partecipa molto probabilmente
mucosa e
sostanze,
delfinsorgenza
come
all’oncogenesi.
Non è stato messo in evidenza alcun fattore
ereditario che possa essere considerato fattore di
rischio nelle neoplasie della vesdca.
ANATO LOGIA
A
Istologia del tumore
Cenni sull’urotelio normale
L’urotelio della vesdca è un epitelio transizionale
che comprende da tre a sette strati cellulari.
L’urotelio è situato su uno strato di cellule basali
sotto il quale si trova una sottomucosa detta anche
corion. Gli strati più profondi sono rappresentati da
due strati muscolari e, quindi, dalla sierosa che segna
il limite tra la vescica e il tessuto adiposo
perivescicale.
Lesioni istologiche dell’urotello
L’iperplasia epiteliale è un’anomalia istologica in
può notare un aumento del numero di strati
cui si
cellulari, senza anomalia del nucleo né della struttura
cellulare. Queste lesioni sono assolutamente
benigne e recidivano solo raramente.
La metaplasia uroteliale indica la presenza di un
epitelio non uroteliale alfintemo della vescica. Può
essere epidermoide (metaplasia squamosa), o
ghiandolare (metaplasia adenomatosa). Può trattarsi
in
Estensione e diffusione
questo caso di lesioni precancerose.
Le neoplasie uroteliali rappresentano più del
90% dei tumori della vescica. Sono carcinomi
epiteliali a cellule di transizione. I tumori epidermoidi
sono più rari e si verificano spesso in seguito a
schistosomiasi vescicale. Più rari ancora sono i
sarcomi o i tumori metastatici.
ti carcinoma a cellule di transizione si differenzia
dal normale urotelio per l’aumento degli strati di
cellule epiteliali con un aspetto papillare della
mucosa, per la perdita della polarità cellulare, per
un’anormale maturazione delle cellule (dalla lamina
basale alle cellule superficiali), per la presenza di
cellule giganti, per irregolarità del nucleo, per un
aumento dell’indice nucleopiasmico e della
grandezza dei nucleoli e, infine, soprattutto, per un
aumento del numero delle mitosi.
Le altre forme di neoplasie uroteliali sono
rappresentate dal carcinoma a cellule squamose
che compare spesso in seguito a schistosomiasi. In
Egitto, per esempio, l’80% dei carcinomi a cellule
squamose insorge in seguito o in concomitanza con
un’infezione da Schistosoma haematobium. Le altre
cause di carcinoma a cellule squamose sono le
irritazioni croniche della vescica, i calcoli urinari o le
cateterizzazioni a permanenza, le infezioni croniche
e i diverticoli vescicali. Questa neoplasia è
particolarmente temibile in quanto viene molto
spesso diagnosticata quando la malattia è già in fase
avanzata.
L’adenocarcinoma della vescica rappresenta il
2% di tutti i tumori della vescica ed è la neoplasia più
frequente in seguito a estrofia della vescica. Insorge
a seguito di un’irritazione o di un’infiammazione
cronica vescicale, ma può essere anche associato
alla schistosomiasi.
0
quelli infiltranti (pT2-pT4) richiedono un intervento
terapeutico più aggressivo come la cistectomia
radicale (figura 2).
1 1. profondità di infiltrazione della parete vescicale da parte del tumore. l. Mucosa; 2. corion; 3.
tonaca muscolare; 4. tessuto adiposo
perivescicale.
(figura 1). Lo stadio patologico pTa
corrisponde a un tumore limitato alla mucosa della
vescica, che non oltrepassa la membrana basale. Il
tumore pT1 rappresenta un tumore infiltrante il
corion (tessuto connettivo subepiteliale), il pT2 quello
infiltrante la muscolatura superficiale (2a metà
intema e 2b metà estema), il pT3 indica un tumore
infiltrante il tessuto adiposo perivescicale (3a
microscopicamente e 3b macroscopicamente) e,
infine, il pT4 indica invasione degli organi mntigui.
tumore
Il carcinoma in situ è una lesione rara, da
considerare a parte. Si tratta di un carcinoma a
cellule di transizione scarsamente differenziato e
limitato alfurotelio.È spesso associato a neoplasie di
grado elevato. Può quindi essere considerato come
un fattore prognostico sfavorevole.
Classificazione
i tumori della vescica sono classificati in base al
grado allo stadio istologico. Questi due parametri si
possono identificare sulle sezioni del pezzo
operatorio o sui frammenti bioptici.
e
I tumori superficiali della vescica del tipo pTa o
pT1 possono essere trattati localmente, mentre
Si verificano per via linfatica, ematica o urinaria.
La diffusione neoplastica per via linfatica è spesso
correlata all’entità dell’infiltrazione della tonaca
muscolare che, nei tumori superiori a pT3,
corrisponde a più del 50%. La diffusione linfatica
colpisce in primo luogo i linfonodi iliaci estemi, poi
quelli ipogastrici e infine raggiunge i linfonodi
lomboaortici.
La disseminazione metastatica è frequente ed è
anch’essa correlata all’entità dell’infiltrazione del
tumore primitivo. Riguarda essenzialmente le ossa, il
polmone e il fegato, ma può anche infiltrare la pelle
o il peritoneo.
li carcinoma uroteliale può diffondersi anche
lungo le vie urinarie per contiguità o per
disseminazione. Si tratta di un impianto di cellule
neoplastiche che può dunque interessare qualunque
zona dell’urotelio (dal rene all’uretra). Questa
disseminazione «urinaria» è peculiare dei tumori
uroteliali.
~
DIAGNO URA 3)
,a;:
Manifestazioni diniche
Circostanze della diagnosi
L’ematuria è molto spesso il primo segno che
rivela la presenza di un tumore della vescica.È
un’ematuria tipicamente terminale, ma in genere
totale in quanto abbondante e può talvolta
comportare la formazione di coaguli intravescicali.
L’accumulo di coaguli può determinare una
ritenzione acuta di urina. L’ematuria può essere
variabile nel tempo. Di solito scompare
spontaneamente con l’aumento dell’apporto idrico e
quindi della diuresi.
2 Iter terapeutico in base
allo stadio e al grado del
Grado cellulare
tumore.
Il grado istologico corrisponde alla differenziazione cellulare. È estremamente utile per classificare
il tumore e valutare il trattamento più appropriato.
Rappresenta il «potenziale aggressivo’ del tumore.
La classificazione più utilizzata è quella di Mostofi: le
cellule normali dell’urotelio rappresentano il grado 0,
le cellule ben differenziate ma anormali il grado 1, le
cellule mediamente differenziate il grado Il e le
cellule poco o non differenziate il grado 11L.
Contrariamente a molte altre neoplasie d’organo,
esiste una correlazione tra grado e stadio del
tumore. Più il tumore è indifferenziato, più è
probabile che esista un’infiltrazione estesa. Quando
su uno stesso tumore si rilevano gradi cellulari
differenti, si considera il grado più alto.
BCG: immunoterapia endovescicale con bacillo di
Calmette-Guérin.
Stadio tumorale
La stadiazione del tumore è definita dalla
classificazione T del TNM (tumore, linfonodi,
metastasi) dell’Unione Internazionale Contro il
Cancro (UICC). Il T corrisponde alla profondità di
infiltrazione della parete vescicale da parte del
2
Conferma della diagnosi
Il
Endoscopia: esame diagnostico fondamentale
L’endoscopia deve essere eseguita quando si
sospetta la presenza di polipi o di tumori della
vescica. Può essere eseguita con un cistoscopio
(rigido)
o meglio ancora con un fibroscopio
(flessibile). Questo esame viene effettuato
ambulatorialmente, dopo aver verificato che le urine
siano sterili. È quasi indolore e dura da 5 a 10 minuti.
Permette di visualizzare una lesione endovesdcale
che può essere una placca infiammatoria sospetta
oppure un polipo vesdcale, peduncolato o sessile. È
piuttosto difficile che l’esame possa permettere di
stabilire con certezza la natura del polipo, ma molto
spesso offre un orientamento sul carattere infiltrante
o meno di quest’ultimo. Generalmente il polipo
superficiale è peduncolato con stretta base di
impianto; frangiato, simile a un’alga fluttuante nelle
urine. Viceversa, il tumore infiltrante è sessile, a larga
base di impianto, talora necrotico, vegetante,
infiammatorio o biancastro. Il cardnoma in situ (CIS)
ha un aspetto peculiare che consiste generalmente
in zone con aspetto infiammatorio, iperemiche,
talvolta lievemente granulose.
3 Valutazione di un tumore della vescica.
UEV. urografia endovenosa; TC: tomografia computerizzata; Rx:
Va ricordato che in presenza d
ematuria macroscopica, anche
"1/j "."? .-..,
sotto ’ :-i_=_.:
-
"
trattamento con
anticoagulanti, è
’
sempre necessario rtcercarne la c ’
e, in particolare, è indispensabile ~ 1
’
-
1
verificare
la presenza o menoi6 un
.-
’
tumore
’
Altri sintomi possono far ipotizzare diagnosi di un
tumore della vescica: spesso sono presenti disturbi
della minzione che evidenziano un’irritazione
vescicale. Si manifestano di solito con pollachiuria
diuma, minzione imperiosa e talvolta con bruciori
alla minzione, nonostante le urine siano sterili.
Questi disturbi non sono specifici di una patologia
vescicale e possono far pensare a una patologia
prostatica. È necessario ricordare che la minzione
imperiosa di recente comparsa in un fumatore deve
sempre far ipotizzare la presenza di un tumore della
vescica.
Talora la diagnosi è più tardiva e il tumore è in
fase più avanzata: possono allora essere presenti
dolori lombari dovuti a un ostacolo a livello del
meato ureterale interessato dal tumore. Talvolta, la
diagnosi viene posta allo stadio di metastasi:
metastasi ossee o polmonari possono rivelare un
tumore primitivo della vescica fino a quel momento
asintomatico o misconosciuto.
La
diagnosi tardiva è frequente,
in
quanto i tumori vescicali colpiscono
spesso pazienti che abusano di alcolico
fumo, e come tali poco propensi a
sottoporsi a cure mediche.
radiografia.
Talvolta, nel corso di indagini generiche o
eseguite per ragioni non urologiche, può essere
diagnosticato un polipo della vescica. Grazie
all’ecografia addominale è possibile, quando la
vescica è repleta, diagnosticare polipi intravescicali.
Anche un’ematuria microscopica evidenziata nel
corso di esami di medicina del lavoro (mediante stick
urinario) può facilitare la diagnosi.
Sono attualmente in corso di valutazione nuovi
test diagnostici per i tumori dell’urotelio. Questi
esami (test urinari) sono finalizzati alla diagnosi dei
tumori dell’urotelio in fase asintomatica. Se uno di
questi test si rivelasse affidabile, dovrebbe essere
incluso nelle procedure di screening dei soggetti a
rischio.
Esame obiettivo
È molto spesso normale. Nei pazienti con grosse
neoplasie, l’infiltrazione tumorale può essere
palpata, sia dall’addome in caso di lesioni della
parete anteriore della vesdca, sia con l’esplorazione
del pavimento pelvico in caso di un’estensione
posteriore o laterale alla vescica. Nel primo caso la
palpazione dell’addome può identificare, a vescica
piena o vuota, una zona rigida al di sopra del pube.
Con l’esplorazione rettale (al di sopra della prostata)
o vaginale (anteriormente all’utero), in caso di
tumore molto esteso, si può riscontrare un
indurimento, segno di invasione extravescicale, se
non addirittura di un congelamento pelvico. In questi
casi il tumore è a uno stadio già molto avanzato,
senza possibilità terapeutiche curative.
Esami diagnostid
e
Si prefiggono due obiettivi:
diagnosi, valutare l’estensione.
3
confermare la
Il metodo più sicuro per confermare la diagnosi di
tumore della vesdca è esame istologico. La prima
fase della valutazione di una lesione endovescicale
consiste quindi nella resezione endoscopica del
tumore (o almeno delle biopsie). È necessario che le
urine siano sterili. La resezione viene effettuata in
anestesia locoregionale (anestesia spinale) o
generale, e permette di eseguire sezioni di tessuto
vesdcale che saranno analizzate dopo fissazione e
colorazione. Obiettivo della resezione endoscopica è
fasportazione di tutti i polipi; pertanto, il suo ruolo
non è solo diagnostico ma anche terapeutico
(sempre che la resezione tumorale sia radicale). La
resezione radicale è possibile in caso di polipi
superficiali, mentre in presenza di polipi con
maggiore infiltrazione parietale, la resezione non
può essere radicale. Soltanto la diagnosi istologica
potrà valutare con certezza se si tratta di polipi
superfidali o se, al contrario, il tumore infiltra i piani
più profondi.
Citologia urinaria
È un’indagine semplice che consiste nell’analizzare il sedimento del campione di urina. Il
sedimento permette di esaminare la desquamazione
delfurotelio e rileva l’eventuale presenza di cellule
neoplastiche. In passato, gli esami citologici
seguivano la dassificazione di Papanicolaou (dal tipo
1 al tipo 1N0. Attualmente la dassificazione più diffusa
è quella in tre gradi (più il CIS). La citologia urinaria
consente in genere di orientare la diagnosi ma senza
fomime la certezza assoluta. Si tratta inoltre di un
esame ripetibile e quindi utile per seguire nel tempo
il risultato del trattamento del polipo primitivo. Ha
una spedfidtà notevole ma una sensibilità limitata.
Quanto più la lesione è di grado elevato, tanto più
aumenta la desquamazione, e tanto più facilmente
la citologia urinaria avrà esito positivo. Invece, in
caso di lesione di basso grado, l’esame citologico è
diffidle da interpretare. Una citologia negativa non
esdude del tutto la presenza di una lesione vesdcale
neoplastica. AI contrario, l’esito positivo della
citologia in caso di cistoscopia negativa, deve far
sospettare la presenza di una lesione neoplastica
delfapparato escretore superiore.
11l
Ecografia vescicale
È la metodica
invasiva per mettere in
evidenza polipi della vescica. Non è raro
diagnosticare una lesione endovescicale durante un
esame ecografico. In tal caso è assolutamente
indispensabile eseguire un’endoscopia. L’ecografia,
praticata per ragioni extra-urologiche,
permette talvolta di diagnosticare un tumore della
vescica fino ad allora insospettabile.
spesso
Urografia endovenosa
L’urografia endovenosa (UEV) è un esame non
particolarmente specifico né sensibile per lo studio
dei tumori della vescica. Permette talora di
evidenziare un difetto di riempimento (sede della
neoplasia) o un’idronefrosi (conseguenza per
esempio di un’ostruzione neoplastica a livello del
meato ureterale).
Valutazione dell’estensione
Se si tratta di un polipo vescicale risultato non
infiltrante all’esame istologico, non sono necessarie
ulteriori indagini per la ricerca di metastasi. In caso di
tumore superficiale, infatti, si deve temere soltanto la
presenza di una seconda localizzazione della
neoplasia, e può essere richiesta una TC (spirale) se
fUEV non risulta abbastanza dimostrativa.
se la neoplasia non è superficiale, vale a
si tratta di un polipo che infiltra la tonaca
muscolare, va preso in considerazione un
trattamento più aggressivo e, prima ancora, è
indispensabile eseguire ulteriori accertamenti. Questi
devono comprendere una TC addominale e pelvica
che permetta di valutare:
Invece,
dire
-
se
l’estensione extravescicale, cioè l’infiltrazione
locoregionale;
-
la presenza di
adenopatie
livello
a
iliaco-otturatorio, che vanno considerate patologiche
quando hanno un diametro maggiore di 1 cm
soprattutto, quando si osserva un’asimmetria tra
e,
le
due lamine iliaco-otturato~e;
-
la presenza di
una
dilatazione sovrastante
quale un’ureteroidronefrosi;
metastasi epatiche o addominali.
La risonanza magnetica (RMN) non
maggiori elementi rispetto alla TC,
-
fornisce
viene
e
attualmente utilizzata soltanto per avere una
rappresentazione tridimensionale del piccolo bacino
o quando si sospetta la presenza di metastasi ossee
per contiguità (ossa del bacino).
La radiografia del torace e la TC toracica
consentono di identificare una localizzazione
secondaria a livello polmonare. In presenza di dolori
ossei, la scintigrafia ossea può essere utile per
diagnosticare metastasi ossee.
Deve essere sistematicamente eseguita una UEV
TC spirale per identificare la presenza di
un’altra localizzazione neoplastica. Infatti, i tumori
vescicali sono neoplasie dell’urotelio e pertanto un
polipo può sempre disseminarsi lungo le vie urinarie.
L’impianto delle cellule tumorali può aver luogo in
qualunque zona delfurotelio, dai calici renali fino al
meato uretrale. Queste due metodiche consentono
di visualizzare nel loro insieme le vie urinarie
superiori. Una lacuna a livello del bacinetto o
dell’uretere deve far sospettare la presenza di una
seconda localizzazione neoplastica.
o una
TÒ~A
meno
Il trattamento delle neoplasie vescicali dipende
dallo stadio istologico. Se si tratta di un tumore
superficiale (che non interessa la tonaca muscolare),
cioè Ta o T1, la resezione endoscopica è il
trattamento di scelta. Se al contrario si tratta di un
tumore infiltrante la tonaca muscolare, cioè da T2 a
T4, la terapia deve essere molto più aggressiva: nella
maggior parte dei casi è necessario eseguire una
dstectomia.
Tumore superfidale della vescica
Successivamente gli stessi esami verranno eseguiti
annualmente per altri 5 anni. Un controllo
ecografico annuale è consigliato per altri 5 anni.
Per i tumori a rischio intermedio, la cistoscopia e
la citologia urinaria devono essere eseguite allo
stesso modo per almeno 15 anni. Una UEV è
consigliata ogni qual volta si verifichi una recidiva o
quando esista il sospetto di una lesione associata del
tratto superiore dell’apparato urinario.
Per i tumori a rischio elevato, la cistoscopia e la
citologia urinaria devono essere eseguite ogni 3
mesi per 1 anno, ogni 6 mesi il secondo anno e
infine una volta all’anno per 15 anni, con una UEV
almeno una volta ogni 2 anni.
Terapia iniziale
Il trattamento di scelta consiste nell’asportare
totalmente il o i polipi visibili all’endoscopia. La
resezione deve essere radicale. Una volta eseguito
l’esame istologico, in assenza di infiltrazione della
tonaca muscolare (definizione di tumore
superficiale), in base al grado istopatologico, è
possibile classificare i tumori superficiali a seconda
del rischio di recidiva:
rischio basso: Ta G1 unico, Ta G1 G2 non
recidivato a 3 mesi;
rischio intermedio: Ta G2 multifocale, Ta
multirecidivante, T1 G2;
rischio elevato: Ta G3, T1 G3, CIS diffusi, T1
multifocale e T1 recidivato entro 6 mesi.
Per i tumori superficiali a rischio basso o
intermedio, la resezione endoscopica è una terapia
adeguata. Talora, in caso di recidive frequenti, è
possibile ricorrere a trattamenti endovescicali come
la mitomicina C.
Per le neoplasie vescicali a rischio elevato, è
indispensabile instillare per via endovescicale il
bacillo di Calmette-Guérin (BCG). Si tratta di
un’immunoterapia che permette di trattare le lesioni
non visibili all’endoscopia, di evitare l’infiltrazione
neoplastica e di ritardare la comparsa della recidiva.
Il trattamento viene eseguito una volta a settimana,
per 6 settimane. Al termine di questo ciclo di BCG
terapia, il paziente deve essere sottoposto a una
seconda valutazione endoscopica, per accertare
l’assenza di una recidiva precoce. Le instillazioni di
BCG comportano molto spesso conseguenze
funzionali urinarie (disuria, pollachiuria, ematuria),
più raramente sintomi sistemici (febbre, artralgia,
rash cutaneo) talora anche gravi. In questi casi
(febbre persistente oltre i 39 °C, sepsi, polmonite) si
deve sospettare una BCG-ite sistemica che richiede il
ricovero urgente in ospedale per poter iniziare una
triterapia antibiotica.
-
-
-
Follow-up
Per i tumori superficiali, dopo il trattamento
iniziale è assolutamente indispensabile porre il
paziente sotto stretto controllo. Infatti, i tumori
superficiali della vescica presentano un rischio
maggiore di recidiva (quasi il 60% dei casi) a breve o
lungo termine. Il secondo rischio è quello di una
progressione neoplastica che si può verificare negli
strati più profondi, trasformando il tumore
superficiale in tumore infiltrante, e che necessita
quindi di un intervento terapeutico molto più
aggressivo.
Per i tumori superficiali a rischio basso, si
raccomanda una cistoscopia dopo 3 mesi e, in caso
di normalità, dopo 6 mesi e poi dopo 12 mesi.
4
Tumore infiltrante
Cistectomia
Per le neoplasie vescicali infiltranti, la dstectomia
è il trattamento di scelta.
Durante l’intervento si esegue una linfoadenectomia iliaco-otturatoria allo scopo di conoscere lo
stato istologico dei linfonodi. Questo esame è di
solito praticato estemporaneamente. Nel caso di
invasione microscopica bilaterale o monolaterale dei
linfonodi iliaco-otturatori, la cistectomia è giustificata,
il più delle volte in associazione a una chemioterapia
adiuvante. Nel caso di infiltrazione linfonodale
macroscopica bilaterale, la cistectomia è indicata
solamente in caso di voluminose neoplasie
sintomatiche, a scopo palliativo (evita ematurie
persistenti e incoerdbili e la sintomatologia dolorosa
legata all’infiltrazione tumorale locale).
Nell’uomo le lesioni nervose e arteriose provocate
da una cistoprostatectomia determinano molto
spesso una grave insufficienza erettile che necessita
di un trattamento andrologico postoperatorio.
Iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi
(prostaglandine E,) consentono il recupero
dell’erezione.
Dopo un intervento demolitivo della vescica,
sono possibili vari tipi di derivazione urinaria.
a
Enterocistoplastica
Consiste nella sostituzione della vescica con un
di ileo. Il segmento di ileo viene
detubulizzato per confezionare una tasca. Questa
viene anastomizzata in basso all’uretra e quindi i due
ureteri vengono impiantati a livello delle estremità
destra e sinistra dell’enteroileoplastica. Questa
tecnica può essere adottata quasi nel 90% dei
pazienti sottoposti a cistectomia. Sono da
considerare controindicazioni la presenza di
un’estesa infiltrazione neoplastica, l’età superiore a
segmento
80 anni, e la volontà del paziente di non sottoporsi a
tale trattamento. Le nuove metodiche chirurgiche
hanno reso possibile questo tipo di intervento anche
nella donna per la quale, in passato, era
controindicato.
.
Ureterostomia transileale secondo Bricker
Se I’enterocistoplastica non è praticabile, la
soluzione più idonea è ricorrere alla derivazione
cutanea transileale di Bricker. Consiste nel prelevare
un segmento ileale di 10-15 cm che viene abboccato
direttamente alla cute con ileostomia. I due ureteri
vengono anastomizzati al segmento di ansa ileale
precedentemente chiuso alla sua estremità intema.
La derivazione cosi ottenuta permette un deflusso
continuo delle urine a livello della stomia cutanea. Il
paziente sarà quindi dotato di una tasca di raccolta
per le urine aderente alla cute a livello della stomia.
.
Altre derivazioni
Queste due derivazioni
(enterocistoplastica
Bricker)
e
costituiscono il 95% circa delle derivazioni
urinarie dopo cistectomia. Quando è impossibile
effettuare una delle due derivazioni, si possono
anastomizzare gli ureteri a livello del sigma. Le urine
vengono allora direttamente a contatto con le feci e
vengono evacuate al momento della defecazione.
Questa tecnica (Coffey) espone al rischio di infezioni
urinarie ricorrenti, di pielonefriti e di litiasi delle vie
urinarie superiori.
Infine, talvolta è possibile che il chirurgo debba
ricorrere a una derivazione cutanea diretta
(ureterostomia cutanea). Questo intervento consiste
nell’effettuare un’anastomosi dei due ureteri
direttamente alla cute. Si tratta di una tecnica molto
semplice che richiede però fimpianto di cateteri
ureterali che devono essere sostituiti ogni mese.
L’elevato rischio di pielonefriti e di infezioni delle vie
urinarie ne limita fortemente le indicazioni.
Alcune équipe utilizzano anche derivazioni
urinarie continenti. Si tratta di tasche confezionate
con un segmento di tubo digerente e suturate alla
cute con un meccanismo a valvola che assicura la
continenza (per invaginazione intestinale a livello
della stomia).I due ureteri vengono anastomizzati
alla tasca ileale che si riempie quindi progressivamente di urina. Quando la tasca è piena, il paziente
si cateterizza (autocateterismo) attraverso la stomia e
svuota il serbatoio. Le principali tasche continenti
sono quella di Kock e quella di Mainz (serbatoio
ileocecale).
Altre
associazioni che indudono il cisplatino.
In caso di metastasi, qualunque sia stato il
trattamento, la soprawivenza a 5 anni è sempre
inferiore al 15%.
.
Radioterapia
Nel
caso
di un’unica metastasi
ossea
dolorosa, si
può proporre un’irradiazione esterna a scopo
antalgico. La radioterapia non si è peraltro
dimostrata efficace sui tessuti molli della pelvi.
terapie oncologiche
[i ricorso sistematico alla radioterapia e alla
chemioterapia in fase pre o postoperatoria non ha
dato prova di reale efficacia. Sono attualmente in
corso di valutazione protocolli di trattamento
conservativo per le neoplasie della vescica che
utilizzano la radio-chemioterapia in associazione. I
primi risultati di questi protocolli indicano che
l’associazione radiochemioterapica potrebbe
risultare utile nei casi di tumori isolati della vesdca,
tassativamente di grado non superiore a T2. i primi
dati sembrano incoraggianti, ma non raggiungono i
risultati tangibili della cistectomia. La valutazione dei
risultati terapeutici della radio-chemioterapia è
difficile e, in assenza di risposta terapeutica,
l’intervento chirurgico diviene più complesso.
Trattamenti adiuvanti
.
uguale a T3, una chemioterapia tipo M-VAC
(metotrexate, vinblastina, adriamicina e dsplatino)
permette di ottenere una remissione nel 25% dei
casi. Possono essere proposte anche altre
o
COMONI
I
Le neoplasie vescicali sono frequenti, e quasi un
terzo dei pazienti viene visitato per la prima volta
quando il tumore è già infiltrante o metastatico. La
diagnosi si basa sull’endoscopia, cui segue la
resezione.
I tumori della vesdca sono «malattie’ dell’urotelio
possono quindi essere associati a neoplasie
uroteliali di tutta la via escretrice.
e
L’istologia, integrata dalla TC, facilita la scelta della
terapia. Nei tumori superficiali può essere necessario
un
Chemioterapia
Nel caso di un interessamento linfonodale o
o nei tumori con infiltrazione superiore
metastatico,
trattamento adiuvante con instillazioni
endovesdcali, dopo resezione endoscopica radicale.
Nei casi di lesioni neoplastiche infiltranti, la
cistectomia rimane il trattamento di scelta.
Thierry Lebret
: Ancien interne, ancien chef de clinique-assistant des hópitaux de Paris, assistant,
service d’urologie, hópital Foch, 40, rue Worth, 92151 Suresnes, France.
Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: T Lebret. Tumori della vescica.
Encycl Méd Chir (Editions Scientifiques et Médicales Elsevier SAS, Paris. Tutti i diritti riservati), AKOS Enciclopedia Pratica di Medicina, 5-0610, 1999, 5p
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