I - 5-0610 TUMORI DELLA VESCICA T LEBRET I tumori della vescica sono tumori dell’urotelio che possono associarsi a lesioni tumorali di tutta la via escretrice. Qualunque ematuria macroscopica, anche se insorta sotto trattamento con anticoagulanti, richiede indagini accurate. L’improvvisa comparsa di una minzione imperiosa in un uomo fumatore deve far ipotizzare un tumore vescicale. Il tumore della vescica può essere diagnosticato solamente mediante endoscopia. (D 2000 Editions Scientifiques et Médicales Elsevier SAS. INT ONE patologia tumorale della vesdca comprende entità istologiche molto eterogenee. In effetti, si può trattare di polipi assolutamente benigni o, al contrario, di neoplasie altamente maligne. Queste lesioni vescicali sono quasi sempre patologie dell’urotelio, che possono essere superficiali o, al contrario, infiltrare i piani più profondi (muscolo e, quindi, sierosa).È la combinazione di questi due criteri (differenziazione istologica e grado di infiltrazione), associata allo stato linfonodale e metastatico, che determina la prognosi del tumore La della vesdca. Identificato, nella maggior parte dei casi, per ematuria, il tumore necessita sempre, in un primo tempo, di una resezione endoscopica che permette una diagnosi istologica precisa. Il trattamento viene stabilito in base ai risultati anatomopatologici. In di tumore superfidale, la norma vuole che il sia sottoposto a controlli regolari per identificare precocemente l’insorgenza della recidiva o dell’infiltrazione, purtroppo frequenti. Nel caso di un tumore che interessi le fibre muscolari della vesdca, l’evoluzione metastatica è da temere e la cistectomia totale rimane il trattamento di scelta. Una volta confermata la presenza di un tumore vescicale, è fondamentale ricercare altre localizzazioni tumorali, in quanto questa patologia della vescica è una vera e propria «malattia dell’urotelio». I polipi possono infatti propagarsi su tutte le vie urinarie, dai calici renali al meato uretrale. caso paziente jj#.;g# .. Ep~ GIAA 0 Alcuni dad della sfera urologica, il cancro della vescica è secondo soltanto al tumore della prostata. Rappresenta il 5,5% di tutte le neoplasie Tra le neoplasie diagnosticate. È tre volte più frequente nelfuomo (è il quarto tumore più comune dopo il cancro della prostata, del Tutti i diritti riservati. polmone e il cancro colorettale), che nella donna (rappresenta solo il 2,3% dell’insieme delle neoplasie femminili, situandosi all’ottavo posto).È responsabile del 2,6% dei decessi nell’uomo e dell’l,4% nella donna. it cancro della vescica è approssimativamente due volte più frequente nella razza bianca che in quella di colore; tra i bianchi, le neoplasie superfidali sono più frequenti. Questo è probabilmente dovuto a fattori socioeconomici in relazione con le possibilità di accedere alle cure mediche e alla conseguente precocità della diagnosi. L’uomo è colpito dal cancro della vescica nella seconda metà della sua vita; attualmente, l’età media della diagnosi è 65 anni. Esso recidiva molto frequentemente ma non è necessariamente la causa del decesso. Ciò spiega perché occupi il quarto posto per incidenza nella popolazione americana, ma si trovi al secondo posto per prevalenza nei soggetti di età superiore ai 50 anni. A partire dagli anni Cinquanta, l’incidenza del tumore della vescica è aumentata approssimativamente del 50%, mentre il tasso di mortalità dovuto a questo tipo di tumore è diminuito del 33% circa. Questa diminuzione riguarda essenzialmente l’uomo. Diversamente da altri tumori della sfera urologica (prostata, rene), è riscontrato raramente in maniera incidentale nelle casistiche autoptiche. Fcrttori di rischio Il principale fattore di rischio riscontrato è il tabagismo. Il numero di sigarette fumate, il fumo la durata del periodo di esposizione al fumo sono fattori correlati alla comparsa delle neoplasie vescicali. A partire da 15 pacchetti-anno il rischio di tumore persiste fino a 20 anni dopo l’interruzione dell’esposizione alfintossicazione da fumo. A questo bisogna assodare i fattori di rischio professionale: alcuni derivati di prodotti industriali, in modo particolare quelli utilizzati nella fabbricazione della gomma, di vernici e di coloranti, tra cui principalmente l’anilina. L’ingestione frequente di caffè e l’assunzione ricorrente di analgesici locali sono stati ritenuti responsabili della genesi del carcinoma uroteliale. La presenza di calcoli nella vescica o il susseguirsi di infezioni possono essere causa di una lesione della aspirato e 1 di displasie. Anche altre la fenacetina oppure gli zuccheri artifidali quali la saccarina o il ddamato, sono state ritenute responsabili della carcinogenesi delle neoplasie della vescica. Il loro ruolo esatto non è stato ancora dimostrato. La genesi del carcinoma della vescica è in realtà dovuta, come molti altri tumori, a mutazioni genetiche. La mutazione del gene p53, presente sul cromosoma 17, è una delle mutazioni genetiche riscontrate più di frequente in oncologia. La proteina p53, che per sua natura protegge dall’eccesso di mitosi bloccando le cellule anormali, è quindi mutata e non permette più l’apoptosi cellulare. Il suo ruolo esatto nella patologia tumorale della vesdca non è ancora perfettamente noto ma, insieme ad altre mutazioni genetiche, partecipa molto probabilmente mucosa e sostanze, delfinsorgenza come all’oncogenesi. Non è stato messo in evidenza alcun fattore ereditario che possa essere considerato fattore di rischio nelle neoplasie della vesdca. ANATO LOGIA A Istologia del tumore Cenni sull’urotelio normale L’urotelio della vesdca è un epitelio transizionale che comprende da tre a sette strati cellulari. L’urotelio è situato su uno strato di cellule basali sotto il quale si trova una sottomucosa detta anche corion. Gli strati più profondi sono rappresentati da due strati muscolari e, quindi, dalla sierosa che segna il limite tra la vescica e il tessuto adiposo perivescicale. Lesioni istologiche dell’urotello L’iperplasia epiteliale è un’anomalia istologica in può notare un aumento del numero di strati cui si cellulari, senza anomalia del nucleo né della struttura cellulare. Queste lesioni sono assolutamente benigne e recidivano solo raramente. La metaplasia uroteliale indica la presenza di un epitelio non uroteliale alfintemo della vescica. Può essere epidermoide (metaplasia squamosa), o ghiandolare (metaplasia adenomatosa). Può trattarsi in Estensione e diffusione questo caso di lesioni precancerose. Le neoplasie uroteliali rappresentano più del 90% dei tumori della vescica. Sono carcinomi epiteliali a cellule di transizione. I tumori epidermoidi sono più rari e si verificano spesso in seguito a schistosomiasi vescicale. Più rari ancora sono i sarcomi o i tumori metastatici. ti carcinoma a cellule di transizione si differenzia dal normale urotelio per l’aumento degli strati di cellule epiteliali con un aspetto papillare della mucosa, per la perdita della polarità cellulare, per un’anormale maturazione delle cellule (dalla lamina basale alle cellule superficiali), per la presenza di cellule giganti, per irregolarità del nucleo, per un aumento dell’indice nucleopiasmico e della grandezza dei nucleoli e, infine, soprattutto, per un aumento del numero delle mitosi. Le altre forme di neoplasie uroteliali sono rappresentate dal carcinoma a cellule squamose che compare spesso in seguito a schistosomiasi. In Egitto, per esempio, l’80% dei carcinomi a cellule squamose insorge in seguito o in concomitanza con un’infezione da Schistosoma haematobium. Le altre cause di carcinoma a cellule squamose sono le irritazioni croniche della vescica, i calcoli urinari o le cateterizzazioni a permanenza, le infezioni croniche e i diverticoli vescicali. Questa neoplasia è particolarmente temibile in quanto viene molto spesso diagnosticata quando la malattia è già in fase avanzata. L’adenocarcinoma della vescica rappresenta il 2% di tutti i tumori della vescica ed è la neoplasia più frequente in seguito a estrofia della vescica. Insorge a seguito di un’irritazione o di un’infiammazione cronica vescicale, ma può essere anche associato alla schistosomiasi. 0 quelli infiltranti (pT2-pT4) richiedono un intervento terapeutico più aggressivo come la cistectomia radicale (figura 2). 1 1. profondità di infiltrazione della parete vescicale da parte del tumore. l. Mucosa; 2. corion; 3. tonaca muscolare; 4. tessuto adiposo perivescicale. (figura 1). Lo stadio patologico pTa corrisponde a un tumore limitato alla mucosa della vescica, che non oltrepassa la membrana basale. Il tumore pT1 rappresenta un tumore infiltrante il corion (tessuto connettivo subepiteliale), il pT2 quello infiltrante la muscolatura superficiale (2a metà intema e 2b metà estema), il pT3 indica un tumore infiltrante il tessuto adiposo perivescicale (3a microscopicamente e 3b macroscopicamente) e, infine, il pT4 indica invasione degli organi mntigui. tumore Il carcinoma in situ è una lesione rara, da considerare a parte. Si tratta di un carcinoma a cellule di transizione scarsamente differenziato e limitato alfurotelio.È spesso associato a neoplasie di grado elevato. Può quindi essere considerato come un fattore prognostico sfavorevole. Classificazione i tumori della vescica sono classificati in base al grado allo stadio istologico. Questi due parametri si possono identificare sulle sezioni del pezzo operatorio o sui frammenti bioptici. e I tumori superficiali della vescica del tipo pTa o pT1 possono essere trattati localmente, mentre Si verificano per via linfatica, ematica o urinaria. La diffusione neoplastica per via linfatica è spesso correlata all’entità dell’infiltrazione della tonaca muscolare che, nei tumori superiori a pT3, corrisponde a più del 50%. La diffusione linfatica colpisce in primo luogo i linfonodi iliaci estemi, poi quelli ipogastrici e infine raggiunge i linfonodi lomboaortici. La disseminazione metastatica è frequente ed è anch’essa correlata all’entità dell’infiltrazione del tumore primitivo. Riguarda essenzialmente le ossa, il polmone e il fegato, ma può anche infiltrare la pelle o il peritoneo. li carcinoma uroteliale può diffondersi anche lungo le vie urinarie per contiguità o per disseminazione. Si tratta di un impianto di cellule neoplastiche che può dunque interessare qualunque zona dell’urotelio (dal rene all’uretra). Questa disseminazione «urinaria» è peculiare dei tumori uroteliali. ~ DIAGNO URA 3) ,a;: Manifestazioni diniche Circostanze della diagnosi L’ematuria è molto spesso il primo segno che rivela la presenza di un tumore della vescica.È un’ematuria tipicamente terminale, ma in genere totale in quanto abbondante e può talvolta comportare la formazione di coaguli intravescicali. L’accumulo di coaguli può determinare una ritenzione acuta di urina. L’ematuria può essere variabile nel tempo. Di solito scompare spontaneamente con l’aumento dell’apporto idrico e quindi della diuresi. 2 Iter terapeutico in base allo stadio e al grado del Grado cellulare tumore. Il grado istologico corrisponde alla differenziazione cellulare. È estremamente utile per classificare il tumore e valutare il trattamento più appropriato. Rappresenta il «potenziale aggressivo’ del tumore. La classificazione più utilizzata è quella di Mostofi: le cellule normali dell’urotelio rappresentano il grado 0, le cellule ben differenziate ma anormali il grado 1, le cellule mediamente differenziate il grado Il e le cellule poco o non differenziate il grado 11L. Contrariamente a molte altre neoplasie d’organo, esiste una correlazione tra grado e stadio del tumore. Più il tumore è indifferenziato, più è probabile che esista un’infiltrazione estesa. Quando su uno stesso tumore si rilevano gradi cellulari differenti, si considera il grado più alto. BCG: immunoterapia endovescicale con bacillo di Calmette-Guérin. Stadio tumorale La stadiazione del tumore è definita dalla classificazione T del TNM (tumore, linfonodi, metastasi) dell’Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC). Il T corrisponde alla profondità di infiltrazione della parete vescicale da parte del 2 Conferma della diagnosi Il Endoscopia: esame diagnostico fondamentale L’endoscopia deve essere eseguita quando si sospetta la presenza di polipi o di tumori della vescica. Può essere eseguita con un cistoscopio (rigido) o meglio ancora con un fibroscopio (flessibile). Questo esame viene effettuato ambulatorialmente, dopo aver verificato che le urine siano sterili. È quasi indolore e dura da 5 a 10 minuti. Permette di visualizzare una lesione endovesdcale che può essere una placca infiammatoria sospetta oppure un polipo vesdcale, peduncolato o sessile. È piuttosto difficile che l’esame possa permettere di stabilire con certezza la natura del polipo, ma molto spesso offre un orientamento sul carattere infiltrante o meno di quest’ultimo. Generalmente il polipo superficiale è peduncolato con stretta base di impianto; frangiato, simile a un’alga fluttuante nelle urine. Viceversa, il tumore infiltrante è sessile, a larga base di impianto, talora necrotico, vegetante, infiammatorio o biancastro. Il cardnoma in situ (CIS) ha un aspetto peculiare che consiste generalmente in zone con aspetto infiammatorio, iperemiche, talvolta lievemente granulose. 3 Valutazione di un tumore della vescica. UEV. urografia endovenosa; TC: tomografia computerizzata; Rx: Va ricordato che in presenza d ematuria macroscopica, anche "1/j "."? .-.., sotto ’ :-i_=_.: - " trattamento con anticoagulanti, è ’ sempre necessario rtcercarne la c ’ e, in particolare, è indispensabile ~ 1 ’ - 1 verificare la presenza o menoi6 un .- ’ tumore ’ Altri sintomi possono far ipotizzare diagnosi di un tumore della vescica: spesso sono presenti disturbi della minzione che evidenziano un’irritazione vescicale. Si manifestano di solito con pollachiuria diuma, minzione imperiosa e talvolta con bruciori alla minzione, nonostante le urine siano sterili. Questi disturbi non sono specifici di una patologia vescicale e possono far pensare a una patologia prostatica. È necessario ricordare che la minzione imperiosa di recente comparsa in un fumatore deve sempre far ipotizzare la presenza di un tumore della vescica. Talora la diagnosi è più tardiva e il tumore è in fase più avanzata: possono allora essere presenti dolori lombari dovuti a un ostacolo a livello del meato ureterale interessato dal tumore. Talvolta, la diagnosi viene posta allo stadio di metastasi: metastasi ossee o polmonari possono rivelare un tumore primitivo della vescica fino a quel momento asintomatico o misconosciuto. La diagnosi tardiva è frequente, in quanto i tumori vescicali colpiscono spesso pazienti che abusano di alcolico fumo, e come tali poco propensi a sottoporsi a cure mediche. radiografia. Talvolta, nel corso di indagini generiche o eseguite per ragioni non urologiche, può essere diagnosticato un polipo della vescica. Grazie all’ecografia addominale è possibile, quando la vescica è repleta, diagnosticare polipi intravescicali. Anche un’ematuria microscopica evidenziata nel corso di esami di medicina del lavoro (mediante stick urinario) può facilitare la diagnosi. Sono attualmente in corso di valutazione nuovi test diagnostici per i tumori dell’urotelio. Questi esami (test urinari) sono finalizzati alla diagnosi dei tumori dell’urotelio in fase asintomatica. Se uno di questi test si rivelasse affidabile, dovrebbe essere incluso nelle procedure di screening dei soggetti a rischio. Esame obiettivo È molto spesso normale. Nei pazienti con grosse neoplasie, l’infiltrazione tumorale può essere palpata, sia dall’addome in caso di lesioni della parete anteriore della vesdca, sia con l’esplorazione del pavimento pelvico in caso di un’estensione posteriore o laterale alla vescica. Nel primo caso la palpazione dell’addome può identificare, a vescica piena o vuota, una zona rigida al di sopra del pube. Con l’esplorazione rettale (al di sopra della prostata) o vaginale (anteriormente all’utero), in caso di tumore molto esteso, si può riscontrare un indurimento, segno di invasione extravescicale, se non addirittura di un congelamento pelvico. In questi casi il tumore è a uno stadio già molto avanzato, senza possibilità terapeutiche curative. Esami diagnostid e Si prefiggono due obiettivi: diagnosi, valutare l’estensione. 3 confermare la Il metodo più sicuro per confermare la diagnosi di tumore della vesdca è esame istologico. La prima fase della valutazione di una lesione endovescicale consiste quindi nella resezione endoscopica del tumore (o almeno delle biopsie). È necessario che le urine siano sterili. La resezione viene effettuata in anestesia locoregionale (anestesia spinale) o generale, e permette di eseguire sezioni di tessuto vesdcale che saranno analizzate dopo fissazione e colorazione. Obiettivo della resezione endoscopica è fasportazione di tutti i polipi; pertanto, il suo ruolo non è solo diagnostico ma anche terapeutico (sempre che la resezione tumorale sia radicale). La resezione radicale è possibile in caso di polipi superficiali, mentre in presenza di polipi con maggiore infiltrazione parietale, la resezione non può essere radicale. Soltanto la diagnosi istologica potrà valutare con certezza se si tratta di polipi superfidali o se, al contrario, il tumore infiltra i piani più profondi. Citologia urinaria È un’indagine semplice che consiste nell’analizzare il sedimento del campione di urina. Il sedimento permette di esaminare la desquamazione delfurotelio e rileva l’eventuale presenza di cellule neoplastiche. In passato, gli esami citologici seguivano la dassificazione di Papanicolaou (dal tipo 1 al tipo 1N0. Attualmente la dassificazione più diffusa è quella in tre gradi (più il CIS). La citologia urinaria consente in genere di orientare la diagnosi ma senza fomime la certezza assoluta. Si tratta inoltre di un esame ripetibile e quindi utile per seguire nel tempo il risultato del trattamento del polipo primitivo. Ha una spedfidtà notevole ma una sensibilità limitata. Quanto più la lesione è di grado elevato, tanto più aumenta la desquamazione, e tanto più facilmente la citologia urinaria avrà esito positivo. Invece, in caso di lesione di basso grado, l’esame citologico è diffidle da interpretare. Una citologia negativa non esdude del tutto la presenza di una lesione vesdcale neoplastica. AI contrario, l’esito positivo della citologia in caso di cistoscopia negativa, deve far sospettare la presenza di una lesione neoplastica delfapparato escretore superiore. 11l Ecografia vescicale È la metodica invasiva per mettere in evidenza polipi della vescica. Non è raro diagnosticare una lesione endovescicale durante un esame ecografico. In tal caso è assolutamente indispensabile eseguire un’endoscopia. L’ecografia, praticata per ragioni extra-urologiche, permette talvolta di diagnosticare un tumore della vescica fino ad allora insospettabile. spesso Urografia endovenosa L’urografia endovenosa (UEV) è un esame non particolarmente specifico né sensibile per lo studio dei tumori della vescica. Permette talora di evidenziare un difetto di riempimento (sede della neoplasia) o un’idronefrosi (conseguenza per esempio di un’ostruzione neoplastica a livello del meato ureterale). Valutazione dell’estensione Se si tratta di un polipo vescicale risultato non infiltrante all’esame istologico, non sono necessarie ulteriori indagini per la ricerca di metastasi. In caso di tumore superficiale, infatti, si deve temere soltanto la presenza di una seconda localizzazione della neoplasia, e può essere richiesta una TC (spirale) se fUEV non risulta abbastanza dimostrativa. se la neoplasia non è superficiale, vale a si tratta di un polipo che infiltra la tonaca muscolare, va preso in considerazione un trattamento più aggressivo e, prima ancora, è indispensabile eseguire ulteriori accertamenti. Questi devono comprendere una TC addominale e pelvica che permetta di valutare: Invece, dire - se l’estensione extravescicale, cioè l’infiltrazione locoregionale; - la presenza di adenopatie livello a iliaco-otturatorio, che vanno considerate patologiche quando hanno un diametro maggiore di 1 cm soprattutto, quando si osserva un’asimmetria tra e, le due lamine iliaco-otturato~e; - la presenza di una dilatazione sovrastante quale un’ureteroidronefrosi; metastasi epatiche o addominali. La risonanza magnetica (RMN) non maggiori elementi rispetto alla TC, - fornisce viene e attualmente utilizzata soltanto per avere una rappresentazione tridimensionale del piccolo bacino o quando si sospetta la presenza di metastasi ossee per contiguità (ossa del bacino). La radiografia del torace e la TC toracica consentono di identificare una localizzazione secondaria a livello polmonare. In presenza di dolori ossei, la scintigrafia ossea può essere utile per diagnosticare metastasi ossee. Deve essere sistematicamente eseguita una UEV TC spirale per identificare la presenza di un’altra localizzazione neoplastica. Infatti, i tumori vescicali sono neoplasie dell’urotelio e pertanto un polipo può sempre disseminarsi lungo le vie urinarie. L’impianto delle cellule tumorali può aver luogo in qualunque zona delfurotelio, dai calici renali fino al meato uretrale. Queste due metodiche consentono di visualizzare nel loro insieme le vie urinarie superiori. Una lacuna a livello del bacinetto o dell’uretere deve far sospettare la presenza di una seconda localizzazione neoplastica. o una TÒ~A meno Il trattamento delle neoplasie vescicali dipende dallo stadio istologico. Se si tratta di un tumore superficiale (che non interessa la tonaca muscolare), cioè Ta o T1, la resezione endoscopica è il trattamento di scelta. Se al contrario si tratta di un tumore infiltrante la tonaca muscolare, cioè da T2 a T4, la terapia deve essere molto più aggressiva: nella maggior parte dei casi è necessario eseguire una dstectomia. Tumore superfidale della vescica Successivamente gli stessi esami verranno eseguiti annualmente per altri 5 anni. Un controllo ecografico annuale è consigliato per altri 5 anni. Per i tumori a rischio intermedio, la cistoscopia e la citologia urinaria devono essere eseguite allo stesso modo per almeno 15 anni. Una UEV è consigliata ogni qual volta si verifichi una recidiva o quando esista il sospetto di una lesione associata del tratto superiore dell’apparato urinario. Per i tumori a rischio elevato, la cistoscopia e la citologia urinaria devono essere eseguite ogni 3 mesi per 1 anno, ogni 6 mesi il secondo anno e infine una volta all’anno per 15 anni, con una UEV almeno una volta ogni 2 anni. Terapia iniziale Il trattamento di scelta consiste nell’asportare totalmente il o i polipi visibili all’endoscopia. La resezione deve essere radicale. Una volta eseguito l’esame istologico, in assenza di infiltrazione della tonaca muscolare (definizione di tumore superficiale), in base al grado istopatologico, è possibile classificare i tumori superficiali a seconda del rischio di recidiva: rischio basso: Ta G1 unico, Ta G1 G2 non recidivato a 3 mesi; rischio intermedio: Ta G2 multifocale, Ta multirecidivante, T1 G2; rischio elevato: Ta G3, T1 G3, CIS diffusi, T1 multifocale e T1 recidivato entro 6 mesi. Per i tumori superficiali a rischio basso o intermedio, la resezione endoscopica è una terapia adeguata. Talora, in caso di recidive frequenti, è possibile ricorrere a trattamenti endovescicali come la mitomicina C. Per le neoplasie vescicali a rischio elevato, è indispensabile instillare per via endovescicale il bacillo di Calmette-Guérin (BCG). Si tratta di un’immunoterapia che permette di trattare le lesioni non visibili all’endoscopia, di evitare l’infiltrazione neoplastica e di ritardare la comparsa della recidiva. Il trattamento viene eseguito una volta a settimana, per 6 settimane. Al termine di questo ciclo di BCG terapia, il paziente deve essere sottoposto a una seconda valutazione endoscopica, per accertare l’assenza di una recidiva precoce. Le instillazioni di BCG comportano molto spesso conseguenze funzionali urinarie (disuria, pollachiuria, ematuria), più raramente sintomi sistemici (febbre, artralgia, rash cutaneo) talora anche gravi. In questi casi (febbre persistente oltre i 39 °C, sepsi, polmonite) si deve sospettare una BCG-ite sistemica che richiede il ricovero urgente in ospedale per poter iniziare una triterapia antibiotica. - - - Follow-up Per i tumori superficiali, dopo il trattamento iniziale è assolutamente indispensabile porre il paziente sotto stretto controllo. Infatti, i tumori superficiali della vescica presentano un rischio maggiore di recidiva (quasi il 60% dei casi) a breve o lungo termine. Il secondo rischio è quello di una progressione neoplastica che si può verificare negli strati più profondi, trasformando il tumore superficiale in tumore infiltrante, e che necessita quindi di un intervento terapeutico molto più aggressivo. Per i tumori superficiali a rischio basso, si raccomanda una cistoscopia dopo 3 mesi e, in caso di normalità, dopo 6 mesi e poi dopo 12 mesi. 4 Tumore infiltrante Cistectomia Per le neoplasie vescicali infiltranti, la dstectomia è il trattamento di scelta. Durante l’intervento si esegue una linfoadenectomia iliaco-otturatoria allo scopo di conoscere lo stato istologico dei linfonodi. Questo esame è di solito praticato estemporaneamente. Nel caso di invasione microscopica bilaterale o monolaterale dei linfonodi iliaco-otturatori, la cistectomia è giustificata, il più delle volte in associazione a una chemioterapia adiuvante. Nel caso di infiltrazione linfonodale macroscopica bilaterale, la cistectomia è indicata solamente in caso di voluminose neoplasie sintomatiche, a scopo palliativo (evita ematurie persistenti e incoerdbili e la sintomatologia dolorosa legata all’infiltrazione tumorale locale). Nell’uomo le lesioni nervose e arteriose provocate da una cistoprostatectomia determinano molto spesso una grave insufficienza erettile che necessita di un trattamento andrologico postoperatorio. Iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi (prostaglandine E,) consentono il recupero dell’erezione. Dopo un intervento demolitivo della vescica, sono possibili vari tipi di derivazione urinaria. a Enterocistoplastica Consiste nella sostituzione della vescica con un di ileo. Il segmento di ileo viene detubulizzato per confezionare una tasca. Questa viene anastomizzata in basso all’uretra e quindi i due ureteri vengono impiantati a livello delle estremità destra e sinistra dell’enteroileoplastica. Questa tecnica può essere adottata quasi nel 90% dei pazienti sottoposti a cistectomia. Sono da considerare controindicazioni la presenza di un’estesa infiltrazione neoplastica, l’età superiore a segmento 80 anni, e la volontà del paziente di non sottoporsi a tale trattamento. Le nuove metodiche chirurgiche hanno reso possibile questo tipo di intervento anche nella donna per la quale, in passato, era controindicato. . Ureterostomia transileale secondo Bricker Se I’enterocistoplastica non è praticabile, la soluzione più idonea è ricorrere alla derivazione cutanea transileale di Bricker. Consiste nel prelevare un segmento ileale di 10-15 cm che viene abboccato direttamente alla cute con ileostomia. I due ureteri vengono anastomizzati al segmento di ansa ileale precedentemente chiuso alla sua estremità intema. La derivazione cosi ottenuta permette un deflusso continuo delle urine a livello della stomia cutanea. Il paziente sarà quindi dotato di una tasca di raccolta per le urine aderente alla cute a livello della stomia. . Altre derivazioni Queste due derivazioni (enterocistoplastica Bricker) e costituiscono il 95% circa delle derivazioni urinarie dopo cistectomia. Quando è impossibile effettuare una delle due derivazioni, si possono anastomizzare gli ureteri a livello del sigma. Le urine vengono allora direttamente a contatto con le feci e vengono evacuate al momento della defecazione. Questa tecnica (Coffey) espone al rischio di infezioni urinarie ricorrenti, di pielonefriti e di litiasi delle vie urinarie superiori. Infine, talvolta è possibile che il chirurgo debba ricorrere a una derivazione cutanea diretta (ureterostomia cutanea). Questo intervento consiste nell’effettuare un’anastomosi dei due ureteri direttamente alla cute. Si tratta di una tecnica molto semplice che richiede però fimpianto di cateteri ureterali che devono essere sostituiti ogni mese. L’elevato rischio di pielonefriti e di infezioni delle vie urinarie ne limita fortemente le indicazioni. Alcune équipe utilizzano anche derivazioni urinarie continenti. Si tratta di tasche confezionate con un segmento di tubo digerente e suturate alla cute con un meccanismo a valvola che assicura la continenza (per invaginazione intestinale a livello della stomia).I due ureteri vengono anastomizzati alla tasca ileale che si riempie quindi progressivamente di urina. Quando la tasca è piena, il paziente si cateterizza (autocateterismo) attraverso la stomia e svuota il serbatoio. Le principali tasche continenti sono quella di Kock e quella di Mainz (serbatoio ileocecale). Altre associazioni che indudono il cisplatino. In caso di metastasi, qualunque sia stato il trattamento, la soprawivenza a 5 anni è sempre inferiore al 15%. . Radioterapia Nel caso di un’unica metastasi ossea dolorosa, si può proporre un’irradiazione esterna a scopo antalgico. La radioterapia non si è peraltro dimostrata efficace sui tessuti molli della pelvi. terapie oncologiche [i ricorso sistematico alla radioterapia e alla chemioterapia in fase pre o postoperatoria non ha dato prova di reale efficacia. Sono attualmente in corso di valutazione protocolli di trattamento conservativo per le neoplasie della vescica che utilizzano la radio-chemioterapia in associazione. I primi risultati di questi protocolli indicano che l’associazione radiochemioterapica potrebbe risultare utile nei casi di tumori isolati della vesdca, tassativamente di grado non superiore a T2. i primi dati sembrano incoraggianti, ma non raggiungono i risultati tangibili della cistectomia. La valutazione dei risultati terapeutici della radio-chemioterapia è difficile e, in assenza di risposta terapeutica, l’intervento chirurgico diviene più complesso. Trattamenti adiuvanti . uguale a T3, una chemioterapia tipo M-VAC (metotrexate, vinblastina, adriamicina e dsplatino) permette di ottenere una remissione nel 25% dei casi. Possono essere proposte anche altre o COMONI I Le neoplasie vescicali sono frequenti, e quasi un terzo dei pazienti viene visitato per la prima volta quando il tumore è già infiltrante o metastatico. La diagnosi si basa sull’endoscopia, cui segue la resezione. I tumori della vesdca sono «malattie’ dell’urotelio possono quindi essere associati a neoplasie uroteliali di tutta la via escretrice. e L’istologia, integrata dalla TC, facilita la scelta della terapia. Nei tumori superficiali può essere necessario un Chemioterapia Nel caso di un interessamento linfonodale o o nei tumori con infiltrazione superiore metastatico, trattamento adiuvante con instillazioni endovesdcali, dopo resezione endoscopica radicale. Nei casi di lesioni neoplastiche infiltranti, la cistectomia rimane il trattamento di scelta. Thierry Lebret : Ancien interne, ancien chef de clinique-assistant des hópitaux de Paris, assistant, service d’urologie, hópital Foch, 40, rue Worth, 92151 Suresnes, France. Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: T Lebret. Tumori della vescica. Encycl Méd Chir (Editions Scientifiques et Médicales Elsevier SAS, Paris. Tutti i diritti riservati), AKOS Enciclopedia Pratica di Medicina, 5-0610, 1999, 5p [1] Recommandations 1998 du comité de cancérologie 1998 ; 8 (suppl 3) : 25-50 de L’AFU. Prog Urol [4] Messig EM, Catalona W. Urothelial tumors of the urinary urology. Philadelphia : WB Saunders, 1997 : 2327-2410 tract. In : Camp- bell’s [2] Blandy J. The technique of resecting tumours of the bladder. In : Transurethral resection. Melbourne : Pitman Medical, 1978 : 113-136 [5] Saliou P, Lebret T, Chopin D, Desgrandchaps F, Boccon-Gibod L, Benoit G et al. Mise au point sur la BCG thérapie endovésicale dans les tumeurs superficielles de la vessie. 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