Plusvalenza
immobiliare.
Qual’è la nozione fiscale di plusvalenza immobiliare ?
La plusvalenza è il guadagno realizzato da chi, avendo acquistato un immobile ad un
determinato valore, lo trasferisce successivamente per un corrispettivo più elevato,
lucrando quindi la differenza.
Quali tipologie di atti comportano realizzo di plusvalenza ?
Comportano realizzo di plusvalenza gli atti a titolo oneroso, con i quali cioè l’immobile
viene ceduto verso un corrispettivo: può trattarsi di una vendita, di una permuta, di una
dazione in pagamento, di un conferimento in società, ed in genere di qualsiasi atto
traslativo per il quale sia pattuita una controprestazione, anche di natura non pecuniaria.
Può trattarsi del trasferimento del diritto di proprietà o della costituzione di un diritto
reale di godimento (es. usufrutto, abitazione). Non comportano quindi realizzo di
plusvalenza, ad esempio, la donazione o la cessione gratuita tra coniugi nei procedimenti
di separazione e divorzio.
Se un privato, non imprenditore, cede un immobile, la plusvalenza
eventualmente realizzata è soggetta ad imposizione fiscale ?
La plusvalenza immobiliare realizzata da un soggetto privato è considerata come “reddito
diverso” dall’art. 67 del DPR n. 917 del 22.12.1986 (Testo Unico delle Imposte sui
Redditi), ed è soggetta a transazione nei casi previsti dal medesimo articolo 67.
Le cessioni immobiliari poste in essere da enti non commerciali producono
plusvalenze imponibili ?
Le cessioni poste in essere da enti non commerciali (associazioni, fondazioni, enti
pubblici) e da società semplici ed enti non residenti senza stabile organizzazione in Italia
sono equiparate a quelle effettuate da persone fisiche e le relative plusvalenze, pertanto,
costituiscono “redditi diversi” ai sensi dell’art. 67 del T.U.I.R.
Le plusvalenze realizzate da un imprenditore sono soggette a tassazione ?
Le plusvalenze immobiliari realizzate nell’esercizio di impresa – da imprenditori individuali
o società – sono sempre soggette a tassazione, nei casi previsti dall’art. 86 del DPR n.
917/1986: in particolare, esse concorrono a determinare il reddito di impresa
complessivo di chi le ha realizzate. Naturalmente, se un imprenditore cede un bene
estraneo alla sfera dell’impresa, la cessione comporta il realizzo di un “reddito diverso” ai
sensi dell’art. 67 del T.U.I.R.
Quali sono le differenti categorie di plusvalenze immobiliari realizzate da
soggetti privati ?
Le plusvalenze realizzate da soggetti privati sono riconducibili a tre diverse categorie:
1. le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di
opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei
terreni e degli edifici (art. 67, comma 1, lett. A, DPR n. 917/1986);
2. le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni edificabili,
secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (art. 67,
comma 1, lett. B, DPR n. 617/1986);
3. le plusvalenze realizzate, fuori dal caso della lottizzazione, mediante cessione a
titolo oneroso di fabbricati e terreni non edificabili, acquistati o costruiti da non più
di cinque anni, esclusi quelli acquistati per successione e le unità immobiliari
urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la
costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o
dei sui familiari.
Quali sono i principi che regolano la plusvalenza derivante da lottizzazione ?
L’art. 67, comma 1, lett. A del DPR n. 917/1986 parla di lottizzazione di terreni, o
l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita, anche parziale,
dei terreni e degli edifici. In conformità alla nozione urbanistica di lottizzazione, per
integrare la fattispecie in oggetto occorre il frazionamento di un terreno in una pluralità
di lotti e la necessaria realizzazione di una pluralità di edifici. E’ rilevante, ai fini della
normativa in esame, ogni operazione obiettivamente considerata di lottizzazione o di
esecuzione di opere per l’edificabilità di terreni, anche se realizzata in contrasto con i
vincoli urbanistici. La plusvalenza da lottizzazione viene quindi realizzata se vengono
compiute le seguenti attività:
1. lottizzazione dell’area, intendendosi per tale qualsiasi utilizzazione del suolo che,
indipendentemente dal frazionamento del terreno e dal numero di proprietari,
preveda la realizzazione, contemporanea o successiva, di una pluralità di edifici a
scopo residenziale, turistico o industriale e implichi di riflesso la predisposizione
delle opere di urbanizzazione;
2. successiva cessione a titolo oneroso dei lotti di terreno oppure dei fabbricati
realizzati nei suddetti lotti.
La plusvalenza da lottizzazione è sempre soggetta a tassazione; in particolare, essa è
soggetta d Irpef:
- sia nel caso in cui l’acquisto del terreno (da parte di chi pone in essere l’attività
lottizzatoria) sia avvenuto a titolo oneroso sia nel caso i cui sia avvenuta a titolo
gratuito (donazione o successione);
- anche qualora la cessione (che da luogo al realizzo della plusvalenza) avvenga
dopo il decorso dei cinque anni dall’acquisto del terreno o dalla costruzione degli
edifici (qualunque sia, quindi, il lasso di tempo trascorso da tali eventi);
- anche se l’edificio ceduto è stato adibito ad abitazione principale del cedente.
Quali sono le regole giuridiche previste per le plusvalenze da cessione di terreni
edificabili ?
Occorre muovere, in primo luogo, dalla nozione tributaria di terreno edificabile. A tal fine,
occorre innanzitutto aver riguardo agli strumenti urbanistici (piano regolatore ed
eventuali strumenti urbanistici attuativi) vigenti al momento della cessione. L’art.36,
comma 2°, del DL 4 luglio 2006 n.223, convertito in legge n. 248/2006, ha precisato che,
anche ai fini dell’applicazione del T.U.I.R., un’area deve in ogni caso essere considerata
“fabbricabile” se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico
generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e
dell’adozione di strumenti attuativi del medesimo. Quindi, anche ai fini della
qualificazione tributaria dell’area, il piano regolatore adottato dal Consiglio comunale
prevale su quello precedentemente approvato. Vale, inoltre, anche ai fini della materia in
oggetto la regola, dettata ai fini ICI, contenuta nell’art. 11-quaterdecies, comma 16, del
DL 30 settembre 2005 n. 203, convertito in legge n. 248/2005, ai sensi del quale
“un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in
base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti
attuativi del medesimo”. La plusvalenza da cessione di terreno edificabile è sempre
soggetta a tassazione; in particolare, essa è soggetta ad Irpef:
- sia nel caso in cui l’acquisto del terreno sia avvenuto a titolo oneroso, sia nel caso
in cui sia avvenuto a titolo gratuito (donazione o successione);
-
anche qualora la cessione (che dà luogo al realizzo della plusvalenza) avvenga
dopo il decorso di cinque anni dall’acquisto del terreno o dalla costruzione degli
edifici (qualunque sia, quindi, il lasso di tempo trascorso da tali eventi”.
Qual è il regime delle plusvalenze da cessione nei cinque anni di fabbricati e
terreni non edificabili (al di fuori dei casi di lottizzazione)?
In caso di cessione di fabbricati (sia abitativi che non abitativi, sia urbani che rurali), e
dei terreni non edificabili (in base alla nozione sopra enucleata), la plusvalenza è
soggetta a tassazione solo in alcuni casi. In particolare:
A) PLUSVALENZE SOGGETTE A TASSAZIONE:
Devono verificarsi, cumulativamente, tutte le seguenti condizioni:
1) – la plusvalenza deve essere relativa ad un immobile che il cedente aveva
acquistato a titolo oneroso o per donazione;
2) – l’immobile deve essere stato acquistato (o costruito) da meno di cinque
anni;
3) – Non deve trattarsi di fabbricato abitativo adibito dal cedente, per la
maggior parte del periodo di possesso, ad abitazione principale propria o dei
propri familiari.
B) PLUSVALENZE NON TASSATE: Non sono tassate le plusvalenze per cui ricorra,
alternativamente, una delle seguenti condizioni:
a) - plusvalenze relative ad immobili che il cedente aveva acqisito per
successone a causa di morte;
b) – plusvalenze relative a fabbricato abitativo che – ancorchè
acquisito a titolo oneroso o per donazione – sia stato adibito dal cedente, o
dei propri familiari.
Ai fini di cui sopra, per familiari si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado
e gli affini entro il secondo grado (art. 5, comma 5, del dpr n. 917/186). Il concetto di
“abitazione principale” rilevante a tal fine non coincide con quello di ‘prima casa’: per
abitazione principale si intende il luogo in cui il soggetto ha la propria dimora abituale;
per prima casa (concetto che rileva solo ai fini delle imposte indirette, quindi anche
imposte di registro, ipotecarie, catastali ed Iva), si intende la prima abitazione nel
Comune in cui si trova l’immobile acquistato, anche se trattasi di unità immobiliare locata
a terzi, gravata da diritti reali di godimento spettanti a terzi, ovvero abitata da soggetti
diversi dai suddetti familiari. La qualificazione di “abitazione principale” – ai fini
dell’esclusione dalla tassazione della plusvalenza realizzata può essere provata ed
opposta all’Amministrazione finanziaria mediante un certificato di residenza, che attesti il
periodo di residenza anagrafica nell’abitazione medesima; in mancanza di trasferimento
in quel luogo della residenza anagrafica , può essere fornita la prova della residenza “di
fatto” nell’immobile ceduto, anche mediante autocertificazione del cedente – sotto sua
responsabilità penale in caso di falso – fermo restando che, in tal caso, ove
l’Amministrazione Finanziaria proceda ad un accertamento, sarà necessario fornire le
prove dell’effettiva dimora nella abitazione di cui trattasi.
La norma in commento si riferisce separatamente ai fabbricati “costruiti” da meno di
cinque anni: si tratta del caso in cui il cedente abbia acquistato un terreno da più di
cinque anni, ma la costruzione sia stata invece realizzata nel quinquennio precedente alla
cessione: anche in questo caso vi è tassazione della plusvalenza realizzata. Deve
ritenersi, in questo caso, che il termine di cinque anni decorra dal momento in cui la
costruzione è stata ultimata (data desumibile dalla comunicazione di fine lavori effettata
al Comune, o dal certificato di agibilità).
Se un immobile proviene da successione ereditaria, in quali casi la sua
alienazione dà luogo a plusvalenze tassabili?
Nel caso di immobile acquistato per successione a causa di morte, sono soggette a
tassazione:
a)
le plusvalenze derivanti da lottizzazione;
b)
le plusvalenze derivanti da cessione di terreno edificabile.
Non sono invece soggette a tassazione le plusvalenze realizzate a seguito di cessione
infra quinquennale di fabbricati ovvero di aree non edificabili.
E nel caso di immobili acquistati per donazione?
Si debbono distinguere tre casi:
A) Plusvalenze da lottizzazione.
Il donatario che, avendo ricevuto in donazione un’area fabbricabile, proceda alla sua
lottizzazione e rivenda a terzi i lotti di terreno in tal modo ottenuti o i fabbricati eretti sui
lotti stessi, realizza una plusvalenza tassabile qualunque sia il lasso di tempo intercorso
fra l’accettazione della donazione e la rivendita dei lotti (o degli edifici).
La plusvalenza tassabile è costituita dalla differenza fra il corrispettivo incassato dal
cedente e il “valore normale” – cioè valore di mercato – del terreno alla data di inizio
della lottizzazione o delle opere.
B) Plusvalenze da cessione di fabbricati ed aree non edificabili.
Il donatario che, avendo ricevuto in donazione un fabbricato o un’area non edificabile, lo
rivende realizza una plusvalenza tassabile:
b1) Se tra la data dell’atto di acquisto originariamente stipulato dal donante e la data
della cessione stipulata dal donatario non è decorso almeno un quinquennio: in questa
ipotesi, la plusvalenza tassabile è costituita dalla differenza tra il corrispettivo della
cessione incassato dal donatario ed il presso di acquisto originariamente sostenuto dal
donante, mentre è irrilevante il valore fiscale dichiarato nell’atto di donazione (principio
di neutralità della donazione);
b2) se tra la data di ultimazione della costruzione (in caso di fabbricato costruito dal
donante) e la data della cessione stipulata dal donatario non è decorso almeno un
quinquennio: in questa ipotesi, la plusvalenza tassabile è costituita dalla differenza tra il
corrispettivo della cessione incassato dal donatario ed il costo di costruzione sostenuto
dal donante, essendo anche qui irrilevante il valore fiscale dichiarato nell’atto di
donazione.
C) Aree edificabili.
Se il donatario di un’area fabbricabile la cede a titolo oneroso, la plusvalenza è in ogni
caso tassabile, qualunque sia la durata del periodo di possesso del bene da parte del
cedente.
Meno chiaro è, per converso, il criterio di calcolo della plusvalenza tassabile. Secondo una
prima interpretazione, la plusvalenza tassabile sarebbe in ogni caso costituita dalla
differenza tra il corrispettivo della cessione incassato dal donatario ed il valore dichiarato
nell’atto di donazione (o successivamente definito e liquidato, ad esempio a seguito di
accertamento di valore da parte dell’Amministrazione Finanziaria), in applicazione della
regola stabilita dall’art. 68, comma 2°, del TUIR.
Secondo una diversa interpretazione, prevarrebbe il principio di “neutralità della
donazione” introdotto dalla norma antielusiva del c.d. Decreto Bersani (art. 37, comma
39, del DL 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006): pertanto, la plusvalenza
tassabile sarebbe costituita dalla differenza fra il corrispettivo incassato dal donatario ed
il prezzo di acquisto a suo tempo corrisposto dal donante (mentre sarebbe irrilevante il
valore dichiarato o definito per l’atto intermedio di donazione). Nel calcolo della
plusvalenza, in ogni caso, occorre detrarre ogni costo inerente al bene plusvalenze
nonché l’imposta di donazione eventualmente pagata.
E' fiscalmente lecito porre in essere una donazione al mero fine di conseguire
un valore di partenza più elevato per il calcolo della plusvalenza, ottenendo così
un risparmio di imposta al momento della successiva rivendita?
In base alla disciplina sopra illustrata, tale eventualità si può prospettare nel solo caso
delle aree edificatoli, se si accoglie la tesi secondo la quale la plusvalenza conseguita dal
donatario - nel momento in cui egli procede alla rivendita - si calcola partendo dal valore
dichiarato nell'atto di donazione (o in seguito definito e liquidato).
Sembra, comunque, che si debba dare al quesito risposta negativa. La finalità di
risparmio fiscale perseguita esula, infatti, dai confini di una lecita pianificazione tributaria
e costituisce pratica elusiva connotata da illiceità.
L'Amministrazione Finanziaria, di fronte ad un atto di donazione siffatto, potrà - in
particolare - reagire:
- o imputando al donante (anziché al donatario) il reddito conseguito mediante la
cessione onerosa del bene da parte del donatario, trattando quest'ultimo come soggetto
fittiziamente interposto (in applicazione dei poteri di accertamento di cui all'ari. 37,
comma 3°, del D.P.R. n. 600/1973);
- o facendo valere la nullità della donazione ai sensi dell'ari. 1344 del Codice Civile
(l'applicazione di questa norma è stata sostenuta, in particolare, da una recente
sentenza della Corte di Cassazione - la n. 20816/2005 - che ha esteso la nozione di
"frode alla legge" ivi contenuta, ricomprendendovi anche la frode alla normativa fiscale).
In ogni caso, la donazione "intermedia" potrà essere considerata "elusiva" solo in
presenza di indici di fraudolenza, costituiti, per esempio, dal breve lasso di tempo
intercorso tra donazione e successiva vendita del bene da parte del donatario, ovvero
dalla circostanza che una quota-parte dei proventi della vendita posta in essere dal
donatario sono confluiti nella disponibilità dell'originario donante (circostanza che
l'Amministrazione Finanziaria potrà provare, ad esempio, mediante indagini bancarie
mirate).
La cessione di un bene acquisito a titolo di usucapione genera plusvalenze
tassabili?
Il caso è stato trattato dalla Risoluzione n. 78, resa dalla Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Normativa e Contenzioso in data 31 marzo 2003, in risposta ad
un'istanza di interpello ai sensi dell'ari. 11 della Legge n. 212 del 27.07.2000.
L'Agenzia ha chiarito che la disciplina in vigore distingue in ragione del bene oggetto di
usucapione.
Se il bene usucapito è un fabbricato o un'area non edificabile, la rivendita dello stesso
non genera mai plusvalenze tassabili, sia perché in tal caso l'acquisto da parte del
cedente è avvenuto a titolo originario e non a seguito di un atto traslativo, sia perché il
tempo richiesto per l'usucapione (20 anni in caso di usucapione ordinaria; 10 anni in
caso di usucapione abbreviata) risulta concettualmente incompatibile con l'intento
speculativo sottinteso dalla disposizione dell'art. 67, lettera b), del T.U.I.R-. Se il bene
usucapito, invece, è un terreno edificabile, la cessione genera in ogni caso plusvalenze
tassabili ed il valore da assoggettare a tassazione è costituito dalla differenza fra il
corrispettivo incassato dal cedente ed il valore venale del bene alla data in cui è passata
in giudicato la sentenza dichiarativa dell'usucapione.
Come si calcola la plusvalenza tassabile?
E' necessario distinguere i seguenti casi:
1) Plusvalenze da lottizzazione.
La plusvalenza si determina calcolando la differenza fra il corrispettivo percepito nel
periodo di imposta ed il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto,
aumentato di ogni altro costo inerente il bene medesimo.
Nel caso di lottizzazione di terreni acquistati oltre cinque anni prima dell'inizio della
lottizzazione o delle opere, si assume o come prezzo di acquisto il valore normale - cioè il
valore di mercato - nel quinto anno anteriore (a prescindere, cioè, dal prezzo di
acquisto).
Se il titolo di acquisto è gratuito (successione o donazione), si assume come prezzo di
acquisto il valore venale del terreno alla data di inizio della lottizzazione o delle opere,
aumentato di ogni costo inerente.
2) Plusvalenze da cessione di terreni edificabili.
La plusvalenza si determina calcolando la differenza fra il corrispettivo percepito nel
periodo di imposta ed il prezzo di acquisto, aumentato di ogni costo inerente e rivalutato
in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed
impiegati. Per le aree edificabili acquisite a titolo di successione a causa di morte, per
prezzo di acquisto si assume il valore dichiarato nella Denunzia di successione (o
successivamente definito e liquidato), maggiorato dell'eventuale imposta di successione
pagata e di ogni altro costo inerente al bene e rivalutato in base al citato indice ISTAT.
Per le aree edificabili ricevute a titolo di donazione, si rinvia alle considerazioni già
esposte.
4) Plusvalenze da cessione infra quinquennale di fabbricati e terreni non edificabili.
La plusvalenza si determina calcolando la differenza fra il corrispettivo percepito nel
periodo di imposta ed il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto,
aumentato di ogni costo inerente il bene medesimo (prezzo di acquisto o costo di
costruzione sostenuto dal cedente ovvero - se quest'ultimo aveva ricevuto il bene a titolo
di donazione - dall'originario donante).
In quali casi il costo del bene e le spese sostenute possono essere rivalutati
secondo l'indice ISTAT?
L'unico caso in cui la legge ammette la rivalutazione del prezzo di acquisto e delle altre
spese è quello della plusvalenza da cessione dei terreni edificabili. Negli altri casi occorre
assumere come prezzo di acquisto e come spese quelli effettivamente sostenuti.
Quali costi possono essere portati in detrazione?
La legge parla di costo "inerente" al bene immobile oggetto di cessione. Occorre quindi
valutare in concreto l'inerenza del costo rispetto all'immobile ceduto. Certamente, sono
detraibili le spese di acquisto (spese notarili, imposte versate per l'acquisto, provvigione
pagata al mediatore), e così le spese di costruzione, di ristrutturazione, di manutenzione
straordinaria.
Come si determina la plusvalenza allorché il valore dell'immobile sia stato
rideterminato con apposita perizia?
Per i terreni - edificabili o agricoli - il cui valore sia stato rideterminato ai sensi dell'art.7
della legge 28 dicembre 2001, n.448, e successive proroghe e modifiche, si assumerà
quale valore iniziale non già il prezzo di acquisto o il valore dichiarato, bensì il valore
"rideterminato" in periziai Trattandosi di cessione di terreno edificabile, tale valore
rideterminato verrà ulteriormente aggiornato secondo l'indice ISTAT.
Quali riflessi può avere sulla plusvalenza imponibile il fatto che il prezzo della
cessione sia stato - in tutto o in parte -dilazionato, e venga quindi pagato nel
corso di più esercizi?
L'ari. 68 del T.U.I.R. adotta il ed. "principio di cassa", in base al quale
sono tassate nel periodo d'imposta solo le plusvalenze corrispondenti ai
corrispettivi effettivamente percepiti in quel periodo.
Quindi, nel caso - per esempio - in cui una vendita immobiliare avvenga al prezzo di euro
200.000 (pagato in due tranches da euro 100.000 ciascuna, una nell'anno 2009 e una
nell'anno 2010), con una plusvalenza realizzata pari ad euro 20.000, la plusvalenza deve
essere proporzionalmente suddivisa e sarà, pertanto, tassata per la metà con la
dichiarazione dei redditi relativa, all'anno 2009, e per la residua metà con la
dichiarazione relativa all'anno 2010.
In quali casi è possibile usufruire dell'imposta sostitutiva dei 20%?
Ai sensi dell'art.1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n.266, come modificato
dall'art. 1, comma 310, della legge 27 dicembre 2006 n.296, in caso di cessione a titolo
oneroso di fabbricati e terreni non edificabili, acquistati o costruiti da non più di cinque
anni, dall'atto della cessione e su richiesta della parte cedente resa al notaio, in deroga
alla disciplina di cui all'articolo 67, comma 1, lettera b), del d.p.r. a917/1986, sulle
plusvalenze realizzate si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito, con
aliquota del 20 per cento.
A) PLUSVALENZE CUI E' APPLICABILE L'IMPOSTA SOSTITUTIVA:
- sono esclusivamente le plusvalenze, realizzate da privati, derivanti da cessione infra
quinquennale di fabbricati e terreni non edificabili.
B) PLUSVALENZE CUI NON E1 APPLICABILE L'IMPOSTA SOSTITUTIVA:
- plusvalenze, realizzate da privati, mediante cessione di terreni edificabili;
- plusvalenze, realizzate da privati, mediante lottizzazione di terreni;
- plusvalenze di qualsiasi natura, realizzate nell'esercizio di impresa.
Per "plusvalenze realizzate da privati" devono intendersi anche quelle derivanti da
cessioni poste in essere da enti non commerciali e società semplici.
Quale vantaggio produce per il contribuente l'eventuale opzione per l'imposta
sostitutiva del 20%?
Il primo vantaggio consiste nell'applicazione dell'aliquota "secca" del 20%, in luogo
dell'aliquota Irpef applicabile in caso di inclusione della plusvalenza nella dichiarazione
dei redditi del cedente: si tratta di una deroga alla "progressività" dell'imposta sui redditi,
tanto più vantaggiosa per il cedente quanto più elevata sia l'aliquota marginale
applicabile ai redditi da lui percepiti nel periodo di imposta in cui si è realizzata la
plusvalenza stessa.
In secondo luogo, vi è il rilevante vantaggio previsto dal combinato disposto dei commi
495 e 498 dell'arti della legge n.266/2005: soltanto il cedente che opti per l'applicazione
dell'imposta sostitutiva è esonerato dai controlli fiscali straordinari e dagli accertamenti
induttivi previsti nelle medesime disposizioni.
Come viene versata l'imposta sostitutiva del 20%?
A norma dell'arti, comma 496, della legge n.266/2005, a seguito della richiesta • da
rendersi in atto da parte del cedente - di applicazione dell'imposta sostitutiva, il notaio
provvede all'applicazione e al versamento dell'imposta sostitutiva medesima, ricevendo la
provvista dal cedente (il quale, quindi, deve pagare al momento dell'atto l'imposta
calcolata mediante l'applicazione dell'aliquota del 20% alla plusvalenza realizzata). Dalla
norma in esame emerge che, nel caso di opzione per l'imposta sostitutiva, cessa dì
trovale applicazione il cosiddetto "principio di cassa": nel caso, cioé, di dilazione, totale o
parziale, del pagamento del prezzo, per patto espresso stipulato tra le parti, la
plusvalenza sarà comunque tassata per intero al momento dell'atto, a differenza
dell'ipotesi in cui, invece, non sia stata effettuata l'opzione in esame.