6. FAMIGLIA E SUCCESSIONI 6. Famiglia successioni Forme di ecircolazione della ricchezza familiare Forme di circolazione della ricchezza familiare 1 La famiglia La famiglia e il diritto • Storicità e relatività del diritto di famiglia Nella concreta regolamentazione delle relazioni familiari il legislatore ha adottato nel tempo politiche differenti Le tappe più significative dell’evoluzione di tali politiche si rinvengono in tre grandi riforme, introdotte rispettivamente dalla legge 22 maggio 1975, n. 151, dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 e, da ultimo, dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 (“Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) • Passaggio da una «concezione istituzionale» a una «concezione costituzionale» della famiglia: la c.d. “privatizzazione” del diritto di famiglia (strumento per la realizzazione dell’armonico e pieno sviluppo della personalità individuale) La famiglia nel disegno costituzionale italiano ed europeo - artt. 29, 30 e 31 Cost. - artt. 2 e 3 Cost. - art.12 CEDU (1950) - art. 9 Carta di Nizza (2000) Nozione di famiglia Nel tempo si è assistito a un processo di frammentazione del modello unitario (la famiglia c.d. legittima, cioè fondata sul matrimonio) e all’affermazione di una pluralità di modelli socialmente (e oggi anche normativamente) tipizzati e giuridicamente rilevanti L’elasticità della nozione che emerge dal diritto interno e sovranazionale induce a parlare non più di “modello” o “modelli” di famiglia, ma di “non modello” La famiglia nel diritto: i modelli tipizzati e disciplinati (ma con forme di tutela differenziate) • Famiglia dei figli irrilevante il rapporto esistente tra i genitori (che sia o non fondata sul matrimonio) • Famiglia fondata sul matrimonio (persone di sesso diverso, con o senza figli) • Famiglia fondata sulle unioni civili (persone delle stesso sesso) • Convivenze di fatto (etero e omosessuali) Il sistema del diritto di famiglia e la circolazione della ricchezza La famiglia è un pilastro fondamentale della società, una formazione sociale che produce e distribuisce ricchezza (anche se in base a logiche di affetto e solidarietà e non in base a logiche di mercato) Il legislatore “accompagna” l’organizzazione “famiglia” al suo interno, attribuendogli precisi riconoscimenti anche all’esterno La normativa vigente detta una disciplina analitica per la famiglia fondata sul matrimonio (con particolare riferimento al rapporto tra i coniugi), che resta il paradigma sistemico Tale disciplina, infatti, trova in larga misura applicazione anche per le parti dell’unione civile, al fine di assicurare un’equa distribuzione della ricchezza sia nella fase fisiologica (di convivenza) che in quella patologica (di rottura della convivenza) nonché in caso di morte La normativa vigente si preoccupa altresì di assicurare un trattamento unitario al rapporto di filiazione (a prescindere dal fatto che i genitori siano coniugati o non coniugati, conviventi o non conviventi), secondo l’inderogabile principio contributivo La normativa vigente si preoccupa, infine, di assicurare, indipendentemente dalla sussistenza del matrimonio, una corretta e, il più possibile, paritaria trasmissione della ricchezza nel passaggio generazionale Convivenza di fatto Non può essere attributaria di una rilevanza giuridica paritaria rispetto a quella della famiglia fondata sul matrimonio o sull’unione civile Rilevanza costituzionale nell'ambito della protezione dei diritti inviolabili della persona, nelle “formazioni sociali” alle quali l’art. 2 Cost. garantisce tutela La legge n. 76/2016, senza alcun riferimento all’art. 2 della Cost., ha introdotto una disciplina riassuntiva di quanto già previsto da disposizioni legislative e consolidati orientamenti giurisprudenziali, riconoscendo (in maniera non esaustiva) una serie di “diritti” espressamente elencati Le nuove norme sulle convivenze di fatto e sui contratti di convivenza non esauriscono il quadro delle situazioni di fatto meritevoli di tutela La promessa di matrimonio • L'art. 79 cod. civ. stabilisce che “La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento". Il carattere non vincolante della promessa di matrimonio è volto a tutelare la libertà del consenso matrimoniale. • La rottura della promessa produce però alcuni, limitati, effetti giuridici, e precisamente: 1) la restituzione dei doni fatti a causa della promessa (art. 80 cod. civ.) 2) il risarcimento del danno (art. 81 cod. civ., che mira a tutelare, da un lato, la libertà matrimoniale e, dall’altro, l’affidamento incolpevole) MATRIMONIO Il termine “matrimonio” indica: sia l’atto posto a fondamento della famiglia sia il rapporto che dall’atto trae origine MATRIMONIO La forma dell’atto Rispetto all’atto il nostro ordinamento prevede una pluralità di forme di celebrazione, e precisamente: • 1) il matrimonio civile: interamente sottoposto alla legge statale; • 2) il matrimonio concordatario: celebrato dinanzi ad un ministro del culto cattolico. L’art. 82 cod. civ. rinvia al Concordato con la Santa sede (L. 847/1929), che prevede un doppio regime matrimoniale, per cui al matrimonio, come rapporto, sono riconosciuti effetti civili, mentre l’atto è assoggettato alla disciplina canonica Il matrimonio celebrato dinanzi ai ministri dei culti ammessi nello Stato (ad esempio: Chiesa Valdese, Luterana, Battista, Comunità israelitica) non rappresenta un terzo tipo di matrimonio, ma semplicemente una forma particolare di celebrazione del matrimonio civile. I complessi rapporti tra matrimonio concordatario e matrimonio civile Nell’ordinamento canonico, la disciplina differenziata del momento costitutivo trova il suo fondamento sulla maggiore rilevanza attribuita alla purezza del consenso, inteso come esternazione di una volontà individuale. Nell’ordinamento statale, invece, si tiene conto di un comportamento consapevole dal quale discendono responsabilità, anche se il consenso mantiene la sua centralità. Tale diversità, se da un lato giustifica la più ampia possibilità di “annullamento” del matrimonio canonico ad effetti civili rispetto a quella prevista per il matrimonio civile, dall’altro apre complesse questioni, apparentemente solo teoriche. La rilevanza pratica di tali questioni risiede nelle diverse conseguenze di carattere economico legate alla disciplina della nullità, della separazione e del divorzio (v. artt. 128 cod. civ. e 5 l.div.). Di recente la S.C., mutando il proprio orientamento, ha stabilito che la delibazione della sentenza di nullità ecclesiastica non è ammessa in tutte le fattispecie nelle quali il rapporto matrimoniale sia stato caratterizzato da una convivenza come coniugi ininterrottamente protratta per un periodo superiore ai tre anni (Cass., sez. un., 17 luglio 2014, n. 16379) MATRIMONIO La disciplina dell’atto • Requisiti per contrarre matrimonio (artt. 84-89 cod. civ.) • Impedimenti dirimenti: incidono sulla validità dell’atto, (età, capacità, libertà di stato, delitto, parentela, affinità, adozione, ecc.) • Impedimenti impedienti: incidono sulla regolarità dell’atto (esempio: divieto temporaneo di nuove nozze, artt. 89 e 140 cod. civ.) MATRIMONIO Le caratteristiche dell’atto • Personalissimo: va compiuto personalmente dagli sposi che non possono farsi rappresentare. Tuttavia, in alcuni casi tassativamente indicati (art. 111 cod. civ.), la legge ammette il matrimonio per procura • Legittimo: non tollera l’apposizione di elementi accidentali • Ad effetti inderogabili (art. 160 cod. civ.): l’inderogabilità va oggi intesa limitatamente allo status MATRIMONIO Gli effetti dell’atto: il rapporto matrimoniale • Con il matrimonio si instaura la “comunione di vita materiale e spirituale”, che è l’essenza stessa del matrimonio • Sorge lo status di coniuge, ossia una relazione tra soggetti (situazioni giuridiche soggettive) contrassegnate da una reciprocità di doveri e di obblighi (v. slides successive) • La donna aggiunge al proprio cognome quello del marito (art. 143 bis cod. civ.) • Si acquista la cittadinanza (coniuge straniero) • Sorgono effetti di diritto ereditario (v. infra) • Sorge l’obbligo alimentare (art. 433 cod. civ.) I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio • Rapporti personali (art. 143-148 cod. civ.) • Rapporti patrimoniali (artt.143, comma 3, 159 ss. cod. civ.) La regola dell’accordo nell’indirizzo della vita familiare (art. 144 cod. civ.) si pone non solo come manifestazione concreta dell’uguaglianza fra coniugi, ma anche a garanzia dell’unità della famiglia Regime patrimoniale primario e regime patrimoniale secondario • Art. 143, comma 3, e artt.147, 148 (che rinviano agli artt. 315-bis, 316-bis) cod. civ.: obblighi di rilevanza patrimoniale, in relazione ai quali si parla di «regime patrimoniale primario» • Si tratta di regole volte a fissare, in relazione al c.d. «momento contributivo», un regime inderogabile fondato su rigorosi criteri di parità e proporzionalità, a conferma dell’obiettivo che ha ispirato la riforma, ossia la piena attuazione al principio dell’uguaglianza morale e materiale dei coniugi, anche sotto il profilo dei rapporti patrimoniali. • Tali regole risultano, nel complesso, complementari a quelle contenute nel Capo VI (artt. 159-230-bis cod. civ.) del Titolo VI, espressamente rubricato “Del regime patrimoniale della famiglia”, le quali costituiscono invece il «regime patrimoniale secondario», essendo destinate a regolare, con disposizioni largamente derogabili, il c.d. «momento distributivo», e cioè l’allocazione all’interno della famiglia della ricchezza acquisita durante il matrimonio UNIONI CIVILI La disciplina dell’atto • Procedura semplificata • Disciplina degli impedimenti e dei vizi sostanzialmente identica, anche se con qualche eccezione (es.: errore sulle qualità personali, art. 122 c.c.), a quella del matrimonio UNIONI CIVILI La disciplina del rapporto (regime primario e secondario) • Il legislatore del 2016 ha riprodotto il contenuto dell’art. 143 c.c. per le parti dell’unione civile • La mancata menzione dell’obbligo di fedeltà e dell’obbligo di collaborazione nell’interesse della famiglia valgono a confermare la diversità dei due modelli • La disciplina codicistica che costituisce il regime patrimoniale secondario dei coniugi (e segnatamente le regole previste in tema di: fondo patrimoniale, comunione legale, comunione convenzionale, separazione dei beni e impresa familiare) si applica anche alle parti delle unioni civili in virtù di espresso richiamo legislativo Il regime patrimoniale della famiglia Pluralità di regimi e autonomia dei privati Il nostro ordinamento prevede una pluralità di regimi patrimoniali, lasciando alle parti la libertà di adottare quello ritenuto più idoneo alle loro esigenze. Essi possono quindi scegliere fra i diversi regimi prospettati dal legislatore, che sono: • la comunione dei beni • la separazione dei beni • il fondo patrimoniale • la comunione convenzionale Regime patrimoniale legale: è costituito dalla comunione dei beni (art. 159 cod. civ.) Regime patrimoniale convenzionale: quello (diverso dalla comunione legale) prescelto dai coniugi o dalle parti dell’unione civile Gli strumenti di regolazione dei rapporti patrimoniali: le convenzioni familiari Gli strumenti attraverso i quali è possibile regolare il regime patrimoniale della famiglia assumono denominazioni diverse a seconda dei soggetti che ne sono parte: - Convenzioni matrimoniali dei coniugi, disciplinate dagli artt. 162 ss. c.c.; - Convenzioni patrimoniali delle parti delle unioni civili, le quali, in materia di forma, modifica, simulazione e capacità sono disciplinate dalle regole dettate per le convenzioni matrimoniali (espressamente richiamate dall’art. 1, comma 13, l. 76/2016); - Contratti di convivenza dei conviventi non coniugati né uniti civilmente, disciplinati dall’art. 1, commi 50-64, legge n. 76/2016 Convenzioni matrimoniali • L’espressione “convenzione matrimoniale” indica ogni atto attraverso il quale gli sposi, prima o dopo il matrimonio, con l’eventuale partecipazione di un terzo (è il caso, ad esempio, della costituzione del fondo patrimoniale), regolano il regime patrimoniale della famiglia in modo difforme rispetto a quello legale. • Le convenzioni matrimoniali sono governate dal principio della modificabilità: esse possono essere stipulate “in ogni tempo” (art. 162, comma 2, cod. civ.), e quindi sia prima del matrimonio (in tal caso la loro efficacia è subordinata alla condizione della futura celebrazione) sia successivamente al medesimo. • Non hanno natura di atti personalissimi Convenzioni matrimoniali: requisiti di validità • Capacità di agire • Atto pubblico a pena di nullità Convenzioni matrimoniali: requisiti di efficacia • annotazione della convenzione (o della sua modifica) a margine dell’atto di matrimonio (artt. 162, comma 2, e 163, comma 3, cod. civ.), la quale consente di far valere gli effetti della convenzione stessa • trascrizione nei registri immobiliari delle convenzioni aventi ad oggetto beni immobili o beni mobili registrati (artt. 2647 e 2685 cod. civ.), la quale consente di far valere il vincolo (da essa derivante) rispetto ai singoli beni Si tratta di ipotesi di pubblicità dichiarativa, il cui mancato assolvimento, qualificabile come onere, rende la convenzione (o la sua modifica) inopponibile ai terzi. La separazione dei beni (artt. 215-219 cod. civ.) • Nel regime di separazione, ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art. 215 cod. civ.) e di tali beni ha la gestione separata (art. 217 cod. civ.). • Qualora l’acquisto sia stato effettuato congiuntamente da entrambi i coniugi, il bene appartiene ad entrambi, secondo la disciplina della comunione ordinaria (artt. 1100 e segg. cod. civ.). La separazione dei beni Amministrazione e godimento • L’incarico di amministrare i beni dell’altro coniuge si presume gratuito. Pertanto il coniuge amministratore risponderà in caso di cattiva gestione nei confronti dell’altro solo in caso di dolo o colpa grave (art. 217 cod. civ.) • Il coniuge che ha il godimento dei beni di proprietà dell’altro è tenuto a tutte le obbligazioni gravanti sull’usufruttuario (art. 218 cod. civ.) La separazione dei beni Prova della proprietà dei beni Il principio della titolarità esclusiva dei beni acquistati da ciascuno dei coniugi in regime di separazione non vale ad eliminare tutte le incertezze che di fatto possono sorgere in ordine alla determinazione della titolarità dei beni acquistati durante il matrimonio, e in particolare dei beni mobili. Per risolvere i casi dubbi il legislatore ha posto due regole: 1) la proprietà esclusiva può essere provata da ciascuno dei coniugi nei confronti dell’altro con qualsiasi mezzo (art. 219, comma 1, cod. civ.); 2) qualora tale prova non sia stata raggiunta, il bene si considera comune (art. 219, comma 2, cod. civ.) La separazione dei beni Dalle indagini statistiche emerge che il regime di separazione risulta essere quello di gran lunga preferito dalle coppie di sposi. Ragioni: il regime di separazione dei beni, senza violare i principi inderogabili su cui si fonda il matrimonio, riserva a ciascun coniuge un più ampio campo di autonomia e consente altresì una maggiore snellezza nella circolazione della ricchezza, non soltanto durante il matrimonio, ma anche nell’eventualità di una sua crisi. La comunione dei beni (artt. 177-197 cod. civ.) • Costituisce il regime patrimoniale legale dei coniugi: essa si applica automaticamente all’atto del matrimonio in mancanza di una diversa convenzione stipulata a norma dell’art. 162 cod. civ. • Attribuisce ai coniugi la cogestione del patrimonio con uguaglianza di poteri e la contitolarità per quote uguali sugli acquisti successivi al matrimonio, salve le eccezioni previste dalla legge • Il termine “comunione” viene comunemente inteso in una duplice accezione: - come regime, ossia come disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi; - come complesso di beni comuni assoggettati a tale regime La comunione dei beni: caratteristiche peculiari • non obbligatoria (potendo i coniugi optare per un regime diverso) • non universale (essendo prevista dalla legge l’esclusione di alcuni beni) • vincolante (in quanto dalla scelta di tale regime discende l’applicazione di una precisa disciplina) • Deve distinguersi, poi, una comunione attuale (o immediata), relativa ai beni acquistati durante il matrimonio, e una comunione futura, concernente quei beni che diventeranno comuni solo al momento dello scioglimento della comunione La comunione dei beni: differenze rispetto alla comunione ordinaria • • • • • • • • La comunione ordinaria (artt. 1100 ss. cod. civ.): è una comunione statica su determinati beni; trova la sua fonte sia nella legge sia nella volontà delle parti; ai comproprietari possono spettare quote diseguali; il singolo comproprietario non può disporre dell’intero cespite, ma è titolare del diritto a disporre liberamente della propria quota, alienandola o ipotecandola, oltre che del diritto potestativo alla divisione dei beni comuni. All’opposto, la comunione legale è una comunione dinamica, che si modifica ad ogni nuovo acquisto; la sua fonte è sempre e solo la legge; dà luogo necessariamente ad una contitolarità per quote uguali sulle quali i coniugi non hanno alcun diritto di disposizione, ma, in presenza di determinati presupposti (artt. 181-183 cod. civ.), il singolo coniuge può compiere atti di disposizione sull’intero; il singolo coniuge non è titolare di un diritto alla divisione della comunione, potendo i beni essere divisi solo allo scioglimento della comunione stessa (per convenzione matrimoniale o per le cause oggettive previste dall’art. 191 cod. civ.). Dalla diversità fra i due istituti discendono quindi regole diverse anche relativamente all’amministrazione. La comunione dei beni: oggetto I beni sottoposti al regime di comunione legale possono essere suddivisi in tre masse distinte: • 1) beni che cadono in comunione immediata • 2) beni che cadono in comunione de residuo, ossia destinati a divenire comuni per la parte che residua al momento dello scioglimento della comunione • 3) beni personali, ossia esclusi dalla comunione 1) Beni in comunione immediata (art. 177, lett. a) e d), cod. civ.) Costituiscono oggetto di comunione immediata • gli acquisti compiuti dai coniugi insieme (c.d. acquisti congiunti) o separatamente (c.d. acquisti separati) durante il matrimonio (art. 177, lett. a), cod. civ.). • • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio; solo gli utili o gli incrementi derivanti dalla gestione comune se l’azienda apparteneva al coniuge prima del matrimonio (art. 177. lett. d), cod. civ.). Beni in comunione immediata: problemi interpretativi • In relazione al titolo, si discute se cadano in comunione immediata gli acquisti a titolo originario (particolarmente controversa, anche perché di solito implicante effetti economici ben rilevanti, è l’ipotesi dell’accessione ex art. 934 cod. civ.) • In relazione all’oggetto, si discute se gli acquisti possano riguardare anche diritti di credito o i beni immateriali. Secondo l’opinione prevalente, nel concetto di acquisto può rientrare ogni diritto (assoluto o relativo) che rappresenti un incremento stabile del patrimonio) • Con riferimento al requisito temporale posto dal legislatore (durante il matrimonio), si discute in relazione a quelle fattispecie acquisitive il cui iter sia cominciato anteriormente al matrimonio (cc.cd. acquisti a formazione progressiva). Al riguardo, la giurisprudenza ritiene che, ai fini della loro ricaduta in comunione, rileva il momento in cui si produce il trasferimento del diritto La comunione dei beni: pubblicità L’acquisto alla comunione di beni immobili o mobili registrati è assoggettato a trascrizione ai fini della sua opponibilità ai terzi (artt. 2643 ss. cod. civ.) Nel caso in cui l’acquisto sia separato, l’atto va trascritto a favore del solo coniuge stipulante, sebbene anche l’altro ne divenga titolare (c.d. pubblicità negativa) Il coniuge non intestatario può sempre ottenere una sentenza di accertamento della contitolarità del bene sulla base della quale richiedere la trascrizione anche a proprio nome 2) Beni in comunione de residuo (artt. 177, lett. b) e c), e 178 cod. civ.) L’espressione “comunione de residuo” indica quei beni che diventano comuni per la parte che residua al momento dello scioglimento della comunione legale. Ciò implica che, prima dello scioglimento, tali beni rientrano nella titolarità e nella disponibilità esclusiva del coniuge cui gli stessi appartengono. Essa comprende: • i frutti dei beni propri appartenenti a ciascun coniuge percepiti e non consumati al momento dello scioglimento della comunione (art. 177, lett. b), cod. civ.) • i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, al momento dello scioglimento della comunione, non siano stati consumati (art. 177, lett. c), cod. civ.) • i beni destinanti all’esercizio dell’impresa gestita individualmente da uno dei coniugi e costituita dopo il matrimonio; solo gli utili e gli incrementi qualora l’impresa (gestita individualmente) sia stata costituita prima del matrimonio (art. 178 cod. civ.) 3) Beni esclusi dalla comunione: i beni personali (art. 179 cod. civ.) • • • • • Con riferimento al tempo dell’acquisto, sono personali tutti quei beni dei quali ciascun coniuge era proprietario o titolare di un diritto reale di godimento prima del matrimonio (art. 179, comma 1, lett. a), cod. civ.). Con riferimento al titolo d’acquisto, sono personali i beni acquistati per donazione o testamento, salvo che nell’atto di liberalità o nel testamento non sia specificato che essi sono attribuiti alla comunione (art. 179, comma 1, lett. b), cod. civ.). Con riferimento alla destinazione economica dei beni, sono considerati personali quelli di uso strettamente personale (art. 179, comma 1, lett. c), cod. civ.) e quelli utilizzati da ciascun coniuge per l’esercizio della professione (art. 179, comma 1, lett. d), cod. civ.), ma non quelli destinati alla conduzione di un azienda facente parte della comunione, i quali ricadono nella citata disciplina di cui agli artt. 177, lett. d) e 178 cod. civ. I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita totale e parziale di capacità lavorativa (art. 179, comma 1, lett. e), cod. civ.) I cc.dd. “acqusti per surrogazione”, ossia i beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali precedentemente menzionati o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto (art. 179, comma 1, lett. f), cod. civ.). Beni immobili e mobili registrati e il c.d. rifiuto del coacquisto (art. 179, comma 2, cod. civ.) In base all’art. 179, comma 2, cod. civ., l’acquisto di beni immobili e mobili registrati effettuato dopo il matrimonio è escluso dalla comunione, ai sensi delle lett. c), e) ed f) del 1° comma, stessa norma, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto e di esso sia stato parte anche l’altro coniuge La partecipazione non è richiesta, invece, per gli acquisti delle categorie di beni di cui alle lett. a) e b) dell’art. 179, comma 1, cod. civ., essendo in tali casi sempre possibile, dall’esame dei registri immobiliari, accertare se l’acquisto sia avvenuto prima del matrimonio ovvero per spirito di liberalità o, ancora, mortis causa Giurisprudenza e parte della dottrina ritengono che la partecipazione del coniuge non acquirente non sia essenziale: essa avrebbe una funzione meramente ricognitiva, in quanto non potrebbe escludere né creare il carattere personale dell’acquisto. L’amministrazione della comunione I coniugi hanno il potere di compiere disgiuntamente gli atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente quelli di straordinaria amministrazione e quelli concernenti l’acquisto o la concessione di diritti personali di godimento (art. 180 cod. civ.). L’amministrazione della comunione Gli atti autorizzati Qualora il consenso di entrambi risulti oggettivamente e gravemente pregiudizievole, il legislatore consente che l’atto possa essere validamente compiuto da un solo coniuge. • • • Ciò accade nell’ipotesi di: rifiuto (ingiustificato) di consenso di uno dei coniugi (art. 181 cod. civ.) di lontananza o ulteriore impedimento di un coniuge che non abbia rilasciato una procura (art. 182 cod. civ.). In tali casi, l’altro coniuge può ricorrere al giudice (il tribunale ordinario) ed ottenere una specifica autorizzazione al compimento dell’atto Inoltre: il coniuge può compiere da solo atti per i quali sarebbe necessario il consenso di entrambi qualora abbia richiesto (e il giudice abbia concesso) l’esclusione dall’amministrazione dell’altro coniuge perché minore, impossibilitato ad amministrare o incapace di farlo (art. 183, commi 1 e 2, cod. civ.). L’esclusione opera di diritto se l’altro coniuge sia stato interdetto, e permane finché non sia cessato tale stato (art. 183, comma 3, cod. civ.). Gli atti compiuti senza il necessario consenso • Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro, e non siano da questo convalidati, sono annullabili qualora abbiano ad oggetto beni immobili o mobili registrati (art 184, comma 1, cod. civ.). L’annullabilità deve essere azionata entro un anno dalla data in cui il coniuge ha avuto conoscenza dell’atto e comunque dalla sua trascrizione. • Qualora l’atto abbia ad oggetto beni mobili, prevale l’esigenza di tutelare la sicurezza nella circolazione, e perciò gli atti restano validi ed efficaci. Tuttavia, per il coniuge che li ha compiuti sorge, su istanza dell’altro, l’obbligo di ricostituire la comunione nello status quo ante o, qualora ciò non sia possibile, di pagarne l’equivalente (art. 184, comma 3, cod. civ.). La responsabilità patrimoniale La regola generale prevista in tema di responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ. (in base alla quale chi si obbliga risponde illimitatamente con tutti i suoi beni presenti e futuri), deve qui essere coordinata e adattata ad una situazione del tutto peculiare, in cui l’assunzione delle obbligazioni può avvenire congiuntamente o separatamente e in cui coesistono beni comuni, beni che diventeranno comuni e beni personali. Occorre pertanto distinguere due categorie di debiti: 1) quelli della comunione 2) quelli personali (o particolari), rispetto ai quali si delinea nel sistema una sorta di responsabilità incrociata I debiti della comunione • • • • Rientrano fra i debiti della comunione: i pesi ed gli oneri gravanti sui beni al momento dell’acquisto (ad esempio le imposte); i debiti assunti dai coniugi, anche separatamente, nello svolgimento dell’ordinaria amministrazione; quelli assunti per il mantenimento della famiglia, l’educazione e l’istruzione dei figli e ogni altra obbligazione contratta, anche separatamente, per i normali bisogni della famiglia; i debiti contratti congiuntamente da entrambi i coniugi. Di tali debiti rispondono innanzitutto i beni della comunione (art. 186 cod. civ.); qualora essi non siano sufficienti a soddisfare i creditori, questi possono aggredire i beni personali di ciascun dei coniugi, ma nei limiti della metà del credito (art. 190 cod. civ.). Nel caso in cui l’obbligazione sia stata assunta congiuntamente, e indipendentemente dalle finalità, l’art. 190 cod. civ. non troverà applicazione, con la conseguenza che i coniugi risponderanno solidalmente con tutto il loro patrimonio personale I coniugi possono avvalersi del beneficio dell’escussione, e quindi pretendere che i creditori aggrediscano prima i beni della comunione e solo in via sussidiaria, qualora i primi risultino insufficienti, i loro beni personali I debiti personali Sono quelli assunti per soddisfare esigenze proprie o nell’interesse del proprio patrimonio o, ancora, nello svolgimento di attività separata; ad essi sono equiparati i debiti assunti da uno solo dei coniugi senza il necessario consenso dell’altro coniuge, anche se nell’interesse della famiglia (art. 189, comma 1, cod. civ.). Il regime di responsabilità previsto per tale categoria di debiti appare invertito rispetto al precedente: dei debiti personali, infatti, risponde principalmente il patrimonio personale del coniuge e sussidiariamente la sua quota in comunione (art 189, comma 2, cod. civ.). I beni personali del coniuge, invece, non rispondono mai dei debiti personali dell’altro. Nel caso di conflitto tra le diverse categorie di creditori, quelli della comunione prevalgono su quelli particolari, a meno che questi ultimi non siano muniti di cause legittime di prelazione (art 189, comma 2, cod. civ.). Lo scioglimento della comunione Le cause di scioglimento, tutte tassativamente elencate nell’art. 191 cod. civ., vengono distinte in: - legali - convenzionali - giudiziali Scioglimento legale Sono cause di scioglimento legale, che comportano l’automatica cessazione della comunione: • • • • la dichiarazione di morte presunta o di assenza la rottura del vincolo matrimoniale per morte annullamento del matrimonio o divorzio la separazione personale (consensuale o giudiziale) dei coniugi • il fallimento di uno dei coniugi Scioglimento convenzionale Opera in virtù di convenzioni matrimoniali, nel rispetto della forma e degli oneri pubblicitari di cui all’art. 162 cod. civ. Il legislatore prevede, inoltre, un’ulteriore ipotesi di scioglimento convenzionale della comunione (art. 191, comma 2, cod. civ.) relativamente all’azienda già soggetta a tale regime (e cioè l’azienda gestita da entrambi i coniugi e costituita dopo il matrimonio). Scioglimento giudiziale Definito “separazione giudiziale dei beni” (art. 193 cod. civ.), può essere pronunciato dal giudice su domanda di uno dei coniugi nei casi di: – esclusione dall’amministrazione di cui all’art. 183 cod. civ. (interdizione, inabilitazione, cattiva amministrazione) – quando il disordine negli affari o la condotta tenuta da un coniuge nell’amministrazione dei beni metta in pericolo gli interessi dell’altro o della famiglia – quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro Gli effetti fra le parti • • • • • • Lo scioglimento determina: 1) l’estinzione del regime di comunione. Ad esso, se il matrimonio perdura, subentra il regime di separazione dei beni 2) una serie di effetti sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, e precisamente: l’acquisizione in comunione de residuo dei beni di cui agli artt. 177, lett. b) e c), e 178 cod. civ.; la costituzione sull’intero patrimonio (già in comunione legale) di una comunione ordinaria con conseguente applicazione della disciplina per essa dettata (artt. 1100 ss. cod. civ.); la nascita di obblighi di rimborsi e restituzioni (art. 192 cod. civ.); il sorgere del diritto di prelevamento (art. 195 cod. civ.); l’eventuale costituzione coattiva del diritto di usufrutto su una parte dei beni del coniuge in favore dell’altro affidatario dei figli (art. 194, comma 2, cod. civ.); infine, ogni obbligazione contratta successivamente allo scioglimento, così come ogni acquisto, saranno sempre imputati al singolo coniuge, con esclusione del regime legale Gli effetti nei confronti dei terzi Lo scioglimento della comunione deve essere sottoposto ad una adeguata pubblicità che lo renda conoscibile, e quindi opponibile ai terzi Tale forma pubblicitaria è l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e, con riferimento ai singoli beni immobili o mobili registrati, la trascrizione nei registri immobiliari Con lo scioglimento della comunione cessa la disciplina particolare della c.d. pubblicità negativa (v. slide n. 35), con la conseguenza che il coniuge non intestatario del bene (già in comunione) dovrà procedere all’accertamento giudiziale della contitolarità dello stesso per poi poter richiedere la trascrizione anche a proprio nome La liquidazione e la divisione dei beni comuni A seguito dello scioglimento si apre la fase della liquidazione e della divisione dei beni comuni, nella quale ciascuno dei coniugi può far valere e realizzare la sua quota, che comprende non solo la metà dei beni acquisiti alla comunione immediata, ma anche la metà dei beni della comunione de residuo. A tal fine, è necessario formare la massa del patrimonio comune ed effettuare, quindi, una serie di operazione che consentano di identificare le poste attive e quelle passive. Rimborsi, restituzioni e prelevamenti costituiscono alcune di queste operazioni. La liquidazione e la divisione Rimborsi, restituzioni, prelievi • • • • Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione quanto abbia abusivamente prelevato dal patrimonio comune (art. 192, commi 1 e 2, cod. civ.), e in particolare le somme utilizzate per fini personali nonché il valore dei beni alienati senza il necessario consenso dell’altro, a meno che, in quest’ultimo caso, il coniuge non dimostri che l’atto compiuto sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia. Ciascuno dei coniuge è poi tenuto a restituire le somme che l’altro coniuge abbia prelevato dal proprio patrimonio personale e impiegato a vantaggio della comunione (art. 192, comma 3, cod. civ.). La nascita di quest’obbligo presuppone che il prelievo sia avvenuto per far fronte a spese necessarie o per investimenti oggettivamente utili. Il coniuge avente diritto al rimborso o alle restituzioni può soddisfarsi direttamente mediante il prelievo di beni comuni (nell’ordine: il denaro, poi i beni mobili, infine i beni immobili) sino alla concorrenza del proprio credito (art. 192, comma 5, cod. civ.). In qualunque momento, ciascuno dei coniugi può esercitare – secondo i principi in tema di comunione ordinaria (art. 1111 cod. civ.) – il diritto potestativo alla divisione dei beni comuni, che si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo (art. 194, comma 1, cod. civ.). Nella divisione, ciascuno dei coniugi ha il diritto di prelevare i beni mobili personali. La liquidazione e la divisione La prova della titolarità dei beni mobili La prova della proprietà esclusiva del bene spetta al coniuge che la reclama; in mancanza si presume che il bene faccia parte della comunione. Tale prova può essere data con ogni mezzo nei confronti dell’altro coniuge, ma solo mediante scrittura privata avente data certa, nei confronti dei terzi pregiudicati dal prelevamento (art. 197 cod. civ.), ossia i creditori della comunione (o meglio, dei beni appartenuti alla comunione, sui quali essi conservano il diritto di prelazione rispetto ai creditori personali). Pertanto, qualora il bene sia stato espropriato dai creditori della comunione perché il coniuge abbia, sì, dimostrato la proprietà esclusiva del bene, ma non con atto avente data certa, tale coniuge potrà pretendere la metà del valore del bene agendo in regresso sui beni della comunione, nonché su quelli personali dell’altro coniuge. La comunione convenzionale • I coniugi possono parzialmente derogare alla disciplina della comunione legale (art. 210 cod. civ.) ampliandone l’oggetto. Essa, quindi, può essere considerata sia come una modifica del regime legale di comunione, sia come un regime patrimoniale autonomo. • La comunione convenzionale si costituisce ed è regolata mediante convenzioni matrimoniali, le quali, pertanto, possono essere stipulate in ogni tempo, nel rispetto dei requisiti di forma e di pubblicità precedentemente esposti. La comunione convenzionale limiti al potere di deroga dei coniugi • • • • 1) I coniugi non possono disciplinare i loro rapporti rinviando genericamente a leggi in vigore in ordinamenti stranieri o agli usi, ma devono indicare in modo concreto il contenuto dei patti con cui intendono regolare questi loro rapporti (art. 161 cod. civ., richiamato dall’art. 210, comma 1, cod. civ.). 2) Alcune categorie di beni sono comunque escluse dalla comunione convenzionale (art. 210, comma 2, cod. civ.), e specificamente i beni di uso strettamente personale (art. 179, lett. c), cod. civ.), quelli necessari all’esercizio della professione (art. 179, lett. d), cod. civ.), quelli ottenuti a titolo di risarcimento del danno e la pensione corrisposta per la perdita parziale o totale della capacità lavorativa (art. 179, lett. e), cod. civ.). 3) Le norme della comunione relative all’amministrazione e all’uguaglianza delle quote riguardo ai beni ricompresi nella comunione stessa non sono derogabili (art. 210, comma 3, cod. civ.). 4) Infine, sono inderogabili anche le norme, sempre in tema di comunione legale, concernenti la responsabilità dei coniugi e la garanzia patrimoniale dei terzi. A tutela dei creditori personali, pregiudicati dall’ampliamento della comunione, il legislatore concede loro la possibilità di aggredire i beni della comunione limitatamente al valore dei beni di proprietà del coniuge che li ha conferiti (art. 211 cod. civ.) La comunione convenzionale cause di scioglimento La comunione convenzionale segue la disciplina dettata per la comunione legale alla quale i coniugi possono convenzionalmente derogare, ad esempio escludendo l’operatività di cause di scioglimento previste dalla legge o includendone altre non previste o, ancora, introducendo regole particolari in relazione alle modalità di divisione dei beni Il fondo patrimoniale • Costituisce un regime patrimoniale particolare ed integrativo, in quanto concerne singoli beni ed è operante sia in regime di comunione legale sia in regime di separazione dei beni. • Attraverso il fondo patrimoniale si costituisce un patrimonio separato, gestito da entrambi i coniugi e destinato a fare fronte ai bisogni della famiglia (artt. 167 ss. cod. civ.). • Esso è caratterizzato un vincolo di destinazione impresso a taluni beni avente la funzione di soddisfare alle esigenze di mantenimento, di assistenza e di contribuzione della famiglia nucleare, ossia dei coniugi e dei figli minori. • Questo particolare vincolo di destinazione incide sull’intera disciplina dell’istituto. Il fondo patrimoniale costituzione • Può avvenire sia prima sia durante il matrimonio attraverso un’apposita convenzione matrimoniale e della quale i coniugi sono parti necessarie. • I beni destinati alla costituzione del fondo possono essere conferiti da entrambi i coniugi, da uno solo di essi ovvero da un terzo. In quest’ultimo caso, il terzo deve partecipare alla convenzione. Sempre nel caso in cui i beni da conferire al fondo siano di proprietà di un terzo, la costituzione può avvenire anche mediante testamento. Il fondo patrimoniale pubblicità Per l’opponibilità del vincolo l’art. 2647 cod. civ. prevede la trascrizione del fondo che abbia oggetto beni immobili, mentre l’art. 69, lett. b), d.P.R. 369/2000 ne impone l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio Il fondo patrimoniale oggetto Oggetto del fondo patrimoniale è il diritto di proprietà su beni immobili, mobili registrati e titoli di credito. • • Ipotesi discusse: diritti reali di godimento (la temporaneità che può caratterizzare tali diritti, nonché l’indisponibilità - nel caso di uso e abitazione - potrebbe impedire il pieno compimento dello scopo per cui fondo è costituito) beni futuri (in virtù dell’esplicito riferimento a beni “determinati” di cui all’art. 167, comma 1, cod. civ. Al riguardo, autorevole dottrina precisa che, in assenza di uno specifico divieto, la questione può essere risolta facendo riferimento alle regole generali previste in materia contrattuale) Il fondo può essere ulteriormente accresciuto attraverso nuovi conferimenti da parte dei coniugi, di uno di essi ovvero del terzo. Il fondo patrimoniale proprietà dei beni conferiti Spetta ad entrambi i coniugi, contitolari per quote uguali, salvo che nell’atto costitutivo non sia diversamente disposto (art. 168, comma 1, cod. civ.). Così, ad esempio, nel caso in cui la costituzione avviene ad opera di un terzo, questi può riservarsi la proprietà oppure trasferirla ad uno solo coniugi; analogamente, uno solo dei coniugi può destinare a fondo patrimoniale alcuni beni senza trasferirne la proprietà (neppure pro quota) all’altro. Negli ultimi due casi, si discute sulla necessità, sul piano civilistico, dell’accettazione da parte dell’altro coniuge, mentre, sul piano fiscale, va rilevato che l’assenza o meno di accettazione determina effetti diversi. Il fondo patrimoniale gestione dei beni conferiti • La gestione spetta necessariamente ad entrambi i coniugi ed è disciplinata secondo le regole dettate in tema di amministrazione della comunione legale. • La disciplina diventa più rigorosa in presenza di figli minori: in tal caso, infatti, per gli atti di disposizione (alienazione, costituzione di pegno o ipoteca) si richiede non soltanto il consenso di entrambi, ma anche l’autorizzazione del tribunale, che potrà concederla nei soli casi di “necessità od utilità evidente” (art. 169 cod. civ.). L’atto di costituzione del fondo può prevedere (sempre in modo espresso) una deroga a tale regola (e, quindi, sia alla necessità del consenso di entrambi sia dell’autorizzazione del giudice); tuttavia, la deroga alla necessità del consenso presuppone che i coniugi non siano in comunione legale, posto che la regola della gestione congiunta sancita in tale regime ha carattere inderogabile. • I frutti spettano ad entrambi i coniugi. Essi devono essere utilizzati per soddisfare i bisogni della famiglia o per incrementare ulteriormente il fondo. Il fondo patrimoniale responsabilità patrimoniale • • • • • I beni del fondo rispondono unicamente per le obbligazioni contratte per soddisfare i bisogni della famiglia (art. 170 cod. civ.) Il fondo, dunque, non può essere aggredito per le obbligazioni contratte per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Tale regola è però mitigata dall’esigenza di tutelare l’affidamento dei creditori. L’inespropriabilità, infatti, opera solo per i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (art. 170 cod. civ.). La prova della malafede del creditore spetta ai coniugi e può essere fornita con ogni mezzo. In presenza di tale prova, il creditore potrà aggredire unicamente i beni personali del coniuge che si è obbligato. Ove ne ricorrano i presupposti, il creditore potrà agire con l’azione revocatoria (art. 2901 cod. civ.) per far dichiarare l’inefficacia nei suoi confronti dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale (in altri termini, per poter aggredire i beni del fondo patrimoniale, il creditore dovrà dimostrare che la costituzione del fondo da parte dei coniugi sia avvenuta proprio al fine di sottrarre i beni del loro patrimonio all’esecuzione forzata). Fondo patrimoniale e fallimento • Sul rapporto tra fondo patrimoniale e procedura concorsuale, l’orientamento prevalente ritiene che i beni costituti in fondo patrimoniale debbano essere appresi al fallimento, ma che debbano formare una massa separata su cui si potrebbero soddisfare soli i creditori legittimati ex art. 170 cod. civ. • Di recente, però, è riemersa la tesi secondo cui, in virtù dell’art. 46, n. 3, l. fall. – che, rimasto invariato dopo la riforma del 1975, esclude dal fallimento i frutti dei beni costituiti in patrimonio familiare –, i beni del fondo non potrebbero essere ascritti al fallimento, ma dovrebbero essere oggetto di esecuzione individuale da parte dei creditori aventi titolo ex art. 170 cod. civ. • Secondo altri, infine, il fondo patrimoniale sarebbe escluso dall’esecuzione concorsuale solo nel caso in cui a fallire sia un unico coniuge. Il fondo patrimoniale cause di estinzione Sono cause di estinzione del fondo patrimoniale (art. 171, comma 1, cod. civ.): • l’annullamento • lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio • l’accordo dei coniugi, manifestato attraverso un’apposita convenzione matrimoniale diretta a risolvere l’atto di costituzione del fondo (anche se non espressamente prevista dalla norma) In considerazione della specifica funzione attribuita al fondo, qualora vi siano figli minori il vincolo di destinazione dei beni permane fino al raggiungimento della loro maggiore età (art. 171, comma 2, cod. civ.). Non è, invece, causa di estinzione: • l’esaurimento dei beni che lo compongono (ad esempio, perché espropriati da parte dei creditori oppure perché alienati dai coniugi con conseguente consumazione del prezzo ricavato per soddisfare i bisogni della famiglia), essendo sempre possibile procedere alla sua ricomposizione attraverso futuri nuovi conferimenti. Il trust Il fondo patrimoniale presenta caratteristiche analoghe ad un istituto nato e sviluppatosi negli ordinamenti di common law e basato sulla fiducia: il trust. Tale figura ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento ad opera della L. 16 ottobre 1989, n. 364 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992), di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, che detta disposizioni relative alla legge applicabile nei casi in cui i beni oggetto del trust, validamente stipulato in Paesi ove esso è previsto e disciplinato, siano situati in Italia. Il trust • • Sebbene siano individuabili almeno tre modelli di trust, con diverse peculiarità ed effetti (quello inglese, quello internazionale e quello civilistico), esso è caratterizzato solitamente da: la presenza di tre soggetti (il costituente o settlor, il fiduciario o trustee e il beneficiario) la ricorrenza del seguente schema: - il disponente trasferisce, con atto inter vivos o mortis causa, i (o parte dei) propri beni al trustee, perdendo così ogni facoltà su di essi; - i beni oggetto del trust, pur essendo intestati a nome del trustee (o a nome di un’altra persona per conto del trustee), sono separati dagli altri beni che compongono il patrimonio del trustee, con la conseguenza che essi sono opponibili ai terzi (creditori personali ed eredi del trustee); - l’esercizio dei diritti attribuiti al trustee (cui spetta il potere-dovere di amministrazione, di rendicontazione, di gestione e di disposizione dei beni secondo i termini del trust) è funzionalizzato all’interesse del beneficiario (al quale i beni saranno ritrasferiti) o allo scopo del trust e, pertanto, connotato da un carattere fiduciario. Fondo patrimoniale e trust affinità e differenze Affinità: • entrambi danno origine ad un patrimonio separato, con conseguente realizzazione dell’effetto tipico di “segregazione” della ricchezza; • entrambi presentano una struttura caratterizzata da un negozio istitutivo e un negozio di trasferimento. Fondo patrimoniale e trust affinità e differenze Differenze: • • • • • • • Nel fondo patrimoniale il vincolo di destinazione dei beni è rigidamente stabilito dal legislatore, essendo il loro conferimento finalizzato esclusivamente a fare fronte ai bisogni della famiglia; diversamente, nel trust la destinazione dei beni è liberamente decisa dal costituente. La nozione di “bisogni della famiglia” è ritenuta inderogabile, con conseguente nullità delle clausole volte ad incidere su di essa Il fondo patrimoniale, diversamente dal trust, è inapplicabile alla famiglia di fatto In relazione all’oggetto, il fondo patrimoniale è limitato a determinate categorie di beni, mentre nel trust non esistono limiti oggettivi (beni immobili e mobili, denaro, beni aziendali, beni futuri, strumenti finanziari). Il fondo patrimoniale cessa con il cessare del matrimonio (art. 171 cod. civ.), mentre il trust è insensibile a tali vicende e, anzi, potrà prevedere regole particolari per il loro verificarsi. Nel fondo patrimoniale, la gestione dei beni segue le regole della comunione e spetta necessariamente ad entrambi i coniugi L’effetto “segregativo” previsto dalla legge per il fondo è più limitato rispetto al trust Esigenze di nuovi strumenti negoziali di circolazione della ricchezza familiare L’impresa italiana è connotata da un carattere tipicamente familiare. Essa, se pur solitamente di piccole o medie dimensioni, vede anche grandi concentrazioni di gruppi societari (persino multinazionali) all’interno di ristrette compagini familiari. In questo contesto, si avverte da tempo l’esigenza di individuare soluzioni alternative che consentano di superare i limiti del sistema normativo attuale, nell’ambito del quale l’assetto familiare della ricchezza difficilmente sopravvive al succedersi delle generazioni. Per tali ragioni, negli ultimi anni è oggetto di un’attenzione crescente, sia da parte del mondo giuridico che del mondo imprenditoriale e finanziario, l’individuazione di nuove modalità e tecniche di circolazione del patrimonio familiare (family trusts, family buy out, patti sociali e parasociali relativi al trasferimento di partecipazioni tra familiari) che, valorizzando gli spazi rimessi all’autonomia delle scelte, garantiscano l’unità dell’impresa di famiglia e la continuità della gestione imprenditoriale svolta dai membri del gruppo familiare. Segue: gli atti di destinazione per interessi meritevoli di tutela Art. 2645-ter c.c., intitolato “Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche” (introdotto dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, nell’ambito delle norme dettate sulla trascrizione degli atti relativi a beni immobili) Incide sui meccanismi che consentono la limitazione della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740, secondo comma, c.c. creando un vincolo di destinazione Ed esigenze di nuovi strumenti a tutela dei creditori: il nuovo art. 2929-bis c.c. Art. 2929-bis c.c., rubricato “Dell’espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito” (introdotto art. 12 d.l. n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, nell’ambito della disciplina dell’esecuzione forzata) La disposizione consente al creditore pregiudicato da un atto del debitore di costituzione di un «vincolo di indisponibilità» ovvero di alienazione avente ad oggetto immobili o mobili registrati e compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, di procedere – munito di titolo esecutivo – ad esecuzione forzata, senza necessità di esperire, in via preventiva, l’azione revocatoria ordinaria, se trascrive il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto In tal modo si è quindi introdotta una sorta di presunzione legale temporanea del carattere frodatorio di tali atti, che legittima il creditore ad agire immediatamente in via esecutiva, con conseguente deroga al principio di priorità della trascrizione espresso dall’art. 2915, primo comma, c.c. L’impresa familiare ratio La previsione di tale istituto (art. 230-bis cod. civ.) ha inteso rispondere ad esigenze di giustizia profondamente avvertite e consistenti nella necessità di tutelare il lavoro di fatto prestato dai familiari, al fine di scongiurare i rischi che proprio l’ambito familiare potesse utilizzato per creare situazioni di sfruttamento. Prima della riforma, infatti, il lavoro familiare era caratterizzato da una presunzione di gratuità, in quanto ritenuto fondato sul legame affettivo che unisce i componenti della stessa famiglia. L’impresa familiare caratteristiche La caratteristica principale dell’impresa familiare è quella di nascere in modo automatico per volontà della legge. La presenza di un vincolo (di solidarietà) familiare, unitamente all’apporto lavorativo, giustifica di per sé la costituzione dell’impresa familiare, a prescindere dalla volontà, espressa o tacita, dei suoi membri e, soprattutto, dell’imprenditore. Dottrina e giurisprudenza prevalenti, infatti, concordano nel ritenere che neppure la legislazione fiscale offra elementi convincenti a supporto di un fondamento contrattuale dell’istituto, attribuendo all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata da cui deve risultare l’indicazione dei familiari e della quota di partecipazione loro spettante (art. 9, L. 576/75 e, ora, art. 5, comma 4, lett. a) e b), d.P.R. 971/86) una rilevanza meramente sul piano fiscale e non anche su quello civilistico (se non a fini probatori). L’impresa familiare disciplina La disciplina prevista dal legislatore è una via di mezzo tra il contratto di lavoro subordinato e la società semplice; peraltro, non è esclusa la possibilità di estendere in via analogica all’impresa familiare la disciplina dell’una o dell’altra. Si tratta, inoltre, di una disciplina residuale, che trova applicazione “salvo che sia configurabile un diverso rapporto”, ravvisabile nel caso in cui i familiari abbiano regolamentato in modo specifico i loro rapporti, stipulando ad esempio un contratto di lavoro subordinato o di società (art. 230-bis, comma 1, cod. civ.). L’impresa familiare natura giuridica Dottrina e giurisprudenza hanno elaborato numerose tesi suddivisibili in due posizioni diametralmente opposte: 1) l’impresa familiare costituisce un’impresa collettiva, con conseguente acquisto della qualità di imprenditore (e assunzione della relativa responsabilità) da parte di tutti i componenti della medesima 2) l’impresa familiare costituisce in ogni caso un’impresa individuale, cosicché solo il titolare assume la qualifica di imprenditore e la relativa responsabilità verso terzi. La seconda tesi è quella oggi prevalente, anche perché più coerente con la disciplina concreta Ne consegue che unico titolare, unico referente nei rapporti con i terzi e unico assoggettabile a fallimento è l’imprenditore. L’impresa familiare questioni interpretative Non è certo se il lavoro familiare debba essere necessariamente prevalente all’interno dell’impresa o se possa anche prevalere il lavoro prestato da terzi. Con riferimento all’attività lavorativa svolta dai familiari, si richiede senz’altro che essa sia effettiva e continuativa (e non saltuaria), ma non necessariamente che sia anche a tempo pieno, esclusiva e prevalente (tuttavia, il requisito della “prevalenza” rileva ai fini fiscali, essendo richiesto per usufruire delle relative agevolazioni). Con riferimento al lavoro domestico, la giurisprudenza ha escluso che esso possa, tout court, fondare una pretesa ex art. 230-bis cod. civ., richiedendosi a tal fine che l’attività lavorativa prestata all’interno della famiglia sia correlata e finalizzata alla gestione dell’impresa familiare. L’impresa familiare rapporti con la gestione dell’attività d’impresa in forma societaria La questione del rapporto tra impresa familiare e società – se cioè la disciplina della prima sia compatibile o meno con la struttura (e la disciplina) della seconda – è stata assai dibattuta. A dirimere il contrasto creatosi sul punto è recentemente intervenuta la Cassazione a Sezioni unite, la quale – in coerenza con la natura residuale dell’istituto rispetto ad ogni altro rapporto eventualmente configurabile – ha escluso l’applicabilità dell’art. 230-bis c.c. a un’impresa gestita in forma societaria, di qualunque tipo essa sia (Cass., sez. un., 6 novembre 2014, n. 23676). L’impresa familiare rapporti con la comunione legale L’impresa familiare non costituisce un ulteriore regime patrimoniale (la sua disciplina, infatti, regola unicamente il profilo dell’attività lavorativa prestata dai familiari, a prescindere dal regime patrimoniale adottato), né una nuova figura di impresa. Tuttavia, il regime patrimoniale prescelto dai coniugi può incidere sulla disciplina in concreto applicabile: in particolare, se i coniugi sono in comunione, occorre stabilire se debbano applicarsi le norme di questa (che stabilisce la parità delle quote) ovvero quella dell’impresa familiare. In proposito la giurisprudenza, coordinando l’art. 230-bis con l’art. 177, lett. d) e ultimo cpv., cod. civ. (dettati in tema di aziende gestite da entrambi i coniugi), ha individuato la soluzione nel criterio della gestione: se la gestione spetta ad entrambi i coniugi, essa ricade nella disciplina della comunione, se invece la gestione spetta ad uno solo di essi, si rientra nell’ambito dell’impresa familiare. L’impresa familiare soggetti partecipanti Membri dell’impresa familiare sono unicamente i familiari, e precisamente: il coniuge, la parte dell’unione civile, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo (art. 230 bis, comma 3, cod. civ.). Sotto tale aspetto, pertanto, assume rilievo la famiglia estesa. Con la recente novella (art. 1, comma 46, l. n. 76/2016), il legislatore, introducendo un’apposita norma (art. 230-ter c.c., rubricato “Diritti del convivente”), ha espressamente attribuito al convivente di fatto (che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente) non già la qualità di “partecipante”, bensì alcuni dei diritti spettanti ai membri dell’impresa familiare, e precisamente: una partecipazione (commisurata al lavoro prestato) agli utili e ai beni con essi acquistati nonché una partecipazione agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento. Possono essere considerati membri dell’impresa familiare anche i figli minori, se sussiste la capacità per contrarre un rapporto di lavoro (sedici anni); diversamente, potrà trovare applicazione l’art. 2126 cod. civ. dettato in tema di prestazioni lavorative di fatto con violazione di legge. L’impresa familiare diritti dei partecipanti L’art. 230-bis cod. civ. riconosce ai partecipanti una serie di diritti, e precisamente: •Il diritto al mantenimento •Il diritto agli utili, ai beni con essi acquistati, nonché agli incrementi, anche in ordine all’avviamento (la misura del quantum debeatur è stabilita in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e, tal fine, il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo) •poteri deliberativi in ordine particolari questioni, come l’impiego degli utili o degli incrementi, gli atti di gestione straordinaria (ad esempio, le decisioni sulla vendita di beni), gli indirizzi produttivi (ad esempio, le decisioni circa eventuali vendite promozionali) e la cessazione dell’impresa •il diritto di prelazione nell’ipotesi di divisione ereditaria e di alienazione dell’azienda •il diritto alla liquidazione della loro partecipazione nell’ipotesi di alienazione dell’azienda, ovvero di perdita della qualità di partecipante (ma non nel caso di cessione di tale qualità) Il diritto di partecipazione all’impresa è intrasferibile, a meno che il trasferimento non avvenga a favore di familiari già membri o che possono diventarlo (ad esempio per affinità) e con il consenso di tutti i partecipanti (art. 230-bis, comma 4, cod. civ.). Pertanto, un’eventuale cessione a terzi estranei alla cerchia di familiari indicati dalla norma è da ritenersi nulla. L’impresa familiare perdita della qualità di partecipante La qualità di partecipante si può perdere nei seguenti casi: • morte; cessazione del rapporto familiare (es.: divorzio, invalidità del matrimonio, invalidità o scioglimento dell’unione civile, revoca dell’adozione); • esclusione su decisione presa a maggioranza dai membri (e, secondo alcuni, anche su decisione del solo imprenditore, salvo risarcimento in caso di assenza di giusta causa) • recesso (che obbliga a risarcire il danno se esercitato senza giusta causa); impossibilità a prestare oltre il proprio lavoro L’impresa familiare cause di estinzione L’impresa familiare si estingue per: • il venir meno della pluralità di partecipanti; • delibere assunta a maggioranza; • fallimento; • impossibilità di prosecuzione dell’attività; • morte dell’imprenditore, ove nessuno dei partecipanti eserciti il diritto di prelazione Le successioni Il fenomeno successorio: profili generali Successione: modificazione di un rapporto giuridico attraverso la sostituzione di uno dei suoi elementi: il soggetto In linea ancor più generale: collegamento di ordine temporale rispetto ad una situazione precedente – di diritto o di fatto – riconducibile ad un soggetto diverso. La disciplina della successione contenuta nel Libro Secondo del codice civile è dettata con esclusivo riferimento alla persona fisica (successione per causa di morte). Di qui il necessario collegamento con la famiglia e con gli istituti proprietari (e, più in generale, con le regole di circolazione della ricchezza) Il modello della successione a causa di morte La regolamentazione positiva del fenomeno successorio si svolge intorno a due cardini: famiglia e proprietà Modello di successione intimamente legato al modello di famiglia accolto dal codice civile, sia pure in un concetto non uniforme: • famiglia ristretta o nucleare: legittimari • famiglia allargata: legittimi • riconoscimento della parentale naturale (legge n. 219/2012) Art. 42 Cost.: • • • • La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità. Morte della persona La legge 1° aprile 1991, n. 99, in materia di espianti di organi e di tessuti per trapianti a persone viventi, individua il momento della “morte” accertata ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, la quale lo ha identificato con la “cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo” (art. 1) Rapporti giuridici intrasmissibili La vicenda successoria non riguarda tutte le situazioni giuridiche attive e passive del de cuius Alcune si estinguono con la morte (esempio: diritti reali di uso e abitazione; diritti della personalità; obblighi di natura personale, che hanno come presupposto un preciso legame con il creditore, come gli obblighi alimentari o l’assegno divorzile; obblighi infungibili) I persistenti limiti all’autonomia privata: il divieto dei patti successori (art. 458 cod. civ.) • L’invalidità dei vincoli assunti in vita circa il destino dei beni dopo la morte (art. 458 cod. civ.), cioè dei patti detti istitutivi. Viene considerato come un impedimento posto a tutela della libertà testamentaria • Sono nulli anche i patti dispositivi o rinunciativi (art. 458, comma 2, cod. civ.), tesi ad evitare patti considerati immorali e ad impedire che possano essere dilapidate sostanze che ancora non si hanno (v. anche art. 771 cod. civ.) • Unica deroga: la recente introduzione dell’istituto del patto di famiglia (artt. 786-bis ss. cod. civ.) Regole successorie e nuove esigenze. Cenni alle forme alternative di trasmissione della ricchezza • Tutela della famiglia dei figli (legge n. 219/2012) • Riconoscimento alla ‘parte’ dell’unione civile dei medesimi diritti successori spettanti al coniuge nella famiglia eterosessuale (art. 1, commi 17 e 21, legge n. 76/2016) • Irrilevanza a fini successori della convivenza di fatto • Esigenza di restringere dell’ambito familiare (particolarmente vasto) entro il quale opera la successione legittima e di rivedere l’istituto della successione necessaria (e la tutela riservata ai legittimari) • Disciplina fiscale e cc.dd. “successioni anomale” o “fenomeni parasuccessori” Le regole della successione delazione e vocazione • “Delazione”: investitura in capo al chiamato a far propria l’eredità o a conseguire il legato; essa sta quindi a indicare la situazione soggettiva del chiamato a succedere. L’effetto devolutivo si avrà o con l’accettazione della eredità o con la mancata rinuncia al legato. Il chiamato ha già alcuni poteri prima dell’accettazione (art. 460 cod. civ.) • Vocazione: precisa il titolo alla base della delazione. L’art. 457 cod. civ. statuisce che l’eredità si devolve per legge (vocazione legale) o per testamento (vocazione testamentaria) Tuttavia la fonte degli effetti è sempre la legge (con il testamento si imprime una “direzione” agli effetti successori che sono comunque prodotti della legge) La successione necessaria Non è una terza ipotesi di successione (che è sempre legittima o testamentaria), ma esprime la considerazione dell’ordinamento per gli interessi di determinati soggetti, in presenza o meno di testamento (opera quindi sia rispetto alla successione testamentaria sia rispetto alla successione legittima) I diritti dei legittimari (artt. 536-564 cod. civ.) • La c.d. successione necessaria e i legittimari • Il calcolo della quota di legittima • La lesione della legittima e la tutela dei legittimari: l’azione di riduzione Successione a titolo universale e successione a titolo particolare • Successione a titolo universale (solo a causa di morte): l’erede succede in tutti i rapporti, attivi e passivi nella totalità dei beni o in una quota • Successione a titolo particolare: il legatario acquista un bene determinato e non risponde dei debiti I destinatari della delazione: capacità e incapacità a succedere, indegnità • Persone fisiche: l’art. 462 cod. civ. introduce una peculiarità rispetto alla norma sulla capacità giuridica, in quanto fa riferimento anche al nascituro e, per quanto riguarda la successione testamentaria, al nascituro non concepito • Persone giuridiche: per testamento possono essere destinatarie della successione tutte le organizzazioni, compresi gli enti non riconosciuti (a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 1 della L. 192/2000 che ha uniformato il regime della capacità di succedere) • Incapacità a succedere: incapacità di carattere relativo nei confronti di alcuni soggetti, quali il tutore (art. 596 cod. civ.), che potrebbero influenzare la volontà del de cuius, essa, pertanto, non preclude la vocazione legittima, ma solo quella testamentaria • Indegnità (art. 463 cod. civ.): causa di esclusione dalla successione (sanzione civile); colpisce: a) chi si è macchiato di delitti contro la persona o la personalità del de cuius o dei suoi stretti familiari b) contro la libertà testamentaria (art. 463) La capacità si può riacquistare attraverso la riabilitazione, che può essere espressa o tacita (art. 466) Delazione successiva: sostituzione • Qualora il chiamato all’eredità non possa o non voglia accettare si pone il problema di designare un altro soggetto • In presenza di testamento è il testatore stesso che può indicare un’altra persona: si ha, quindi, la sostituzione (art. 688 cod. civ.) • • Un’ipotesi particolare di sostituzione è la sostituzione fedecommissaria (art. 692 cod. civ.). Si tratta di una doppia istituzione, per cui il primo ha il vincolo di conservare i beni per il secondo. Essa può essere disposta solo a favore dell’interdetto o del minore incapace da parte dei genitori o degli ascendenti in linea retta o dal coniuge Delazione successiva: rappresentazione; accrescimento • Rappresentazione (art. 467 ss. cod. civ.): ha luogo qualora manchi il testamento ovvero esso nulla dispone nel caso in cui il chiamato non voglia o non possa accettare. Essa è possibile solo quando vi siano tra i soggetti determinati vincoli di parentela • Accrescimento (art. 674 cod. civ.): opera quando la sostituzione non è stata prevista né la rappresentazione può trovare applicazione. Presupposti: si ha in presenza di coeredi chiamati per quote uguali e nello stesso testamento • Diversa è l’ipotesi in cui un soggetto muore prima di accettare (art. 479 cod. civ.), per cui la possibile accettazione entra a far parte del suo patrimonio e il suo erede può accettare questo diritto insieme agli altri La vocazione legittima L’ambito degli eredi legittimi • In mancanza di testamento, la legge indica gli eredi legittimi denominati: categoria dei successibili (art. 565 cod. civ.), sono il coniuge, i parenti entro il sesto grado, lo Stato • Rilevanza della parentela naturale a seguito della riforma del 2012 • La successione del coniuge è stata introdotta dalla riforma del diritto di famiglia del 1975. In questa successione può rilevare con importanti conseguenze pratiche il regime patrimoniale della famiglia: il coniuge in comunione acquista subito la metà dei beni e concorre sull’altra metà • La stessa disciplina si applica alle parti dell’unione civile (legge n. 76/2016) La vocazione legittima La successione dello Stato Lo Stato è successore di ultima istanza, succede senza bisogno di accettazione e non risponde dei debiti (art. 586 cod. civ.) La vocazione testamentaria (artt. 587-712 cod. civ.) Il testamento: definizione - La definizione è offerta dall’art. 587 cod. civ. - Costituisce il modello emblematico dell’autonomia privata - Ha la funzione di indirizzare gli effetti giuridici che trovano comunque la loro fonte effettiva nella legge La vocazione testamentaria (artt. 587-712 cod. civ.) Il testamento: caratteri E’ un atto: • • • • • • • mortis causa (già perfetto nel momento in cui è redatto, ma destinato necessariamente a produrre i suoi effetti dopo la morte dell’autore) revocabile (artt. 587 e 679 cod. civ.) unilaterale (volontà del singolo come elemento sufficiente e necessario per il prodursi degli effetti) unipersonale (divieto di testamento congiuntivo e reciproco, art. 589, che tutela la spontaneità dell’atto e nel contempo sanziona la redazione collettiva) non recettizio (non si richiede che sia indirizzato a coloro che saranno destinatari degli effetti; è rivolto ai posteri) formale (articolata disciplina della forma) in quanto atto di ultima volontà, destinato necessariamente a produrre i suoi effetti dopo la morte dell’autore (che non può più correggerlo o modificarlo), la disciplina dell’interpretazione e dell’invalidità risulta differenziata rispetto agli altri atti di autonomia. In particolare, non rileva la necessità di tutelare l’affidamento dei terzi, ma occorre svolgere una penetrante indagine sulla volontà del testatore, tenendo conto delle sua caratteristiche soggettive, al fine di individuare il senso effettivo delle disposizioni e, in definitiva, l’effettività del volere La capacità di testare (art. 591 cod. civ.) Non hanno la capacità di testare: • il minore • l’interdetto • l’incapace naturale al momento dell’atto (v. anche slide n. 95 su capacità di succedere) Il contenuto del testamento • Contenuto tipico: a carattere patrimoniale • Contenuto atipico ed eventuale: non patrimoniale (esempi: nomina di esecutore testamentario; riconoscimento figli naturali; pubblicazione di opera inedita o di epistolari; cremazione, prelievo di organi) • Testamento c.d. “spirituale”: privo di disposizioni di contenuto patrimoniale • Ammissibilità di disposizioni meramente negative (c.d. diseredazione): solo per eredi legittimi, non legittimari (per i quali può però operare l’indegnità – v. slide n. 95) Ma l’art. 448-bis c.c., inserito dalla riforma del 2012, ha introdotto un’eccezione, consentendo al figlio di escludere dalla successione il genitore che si sia macchiato nei suoi confronti di fatti che non integrano casi di indegnità Le forme del testamento (artt. 601 ss. cod. civ.) Forme ordinarie • • • olografo (art. 602 cod. civ.) segreto (art. 604 cod. civ.) pubblico (art. 603 cod. civ.) Forme speciali (validità temporale limitata) • malattie contagiose o calamità (art. 609 cod. civ.) • viaggi in mare (art. 601 cod. civ.) o in aereo (art. 616 cod. civ) • impegno in operazioni belliche o prigionia (art. 618 cod. civ.) Alla pubblicazione del testamento e ad avvertire eredi e legatari provvede il notaio (cui deve essere consegnato l’olografo) appena gli è nota la morte del testatore (artt. 620-623 cod. civ.) Volontà testamentaria e rilievo degli elementi accidentali • Condizione impossibile o illecita: si considerano sempre come non apposte, lasciando così salva l’attribuzione (art. 634 cod. civ.) • Divieto di apporre un termine alle disposizioni a titolo universale (per esigenze di certezza): se presente si ha per non apposto (art. 637 cod. civ.) • Tanto all'istituzione di erede quanto al legato può essere apposto un onere (art. 647 cod. civ.) Per l'adempimento dell'onere può agire qualsiasi interessato (art. 648, comma 1, cod. civ.). Nel caso d'inadempimento dell'onere l'autorità giudiziaria può pronunziare la risoluzione della disposizione testamentaria se la risoluzione è stata prevista dal testatore, o se l'adempimento dell'onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione (art. 648, comma 2, cod. civ.). Motivo illecito: rende nulla la disposizione se è il solo che ha determinato la disposizione (art. 626 cod. civ.) [Rilevanza dei motivi] • • Volontà testamentaria e determinabilità dei destinatari Valide anche le disposizioni prive di un destinatario determinato (disposizioni a favore dell’anima – art. 629 cod. civ. – e a favore dei poveri - art. 630 cod. civ.). Si risolvono in un onere per l’erede o il legatario (art. 647 cod. civ.) Disposizioni fiduciarie (art. 627 cod. civ.): costituiscono obbligazioni naturali Volontà testamentaria e vizi (errore, violenza, dolo) • La singola disposizione (e non l’intero atto) può essere impugnata per errore, violenza e dolo (art. 624 cod. civ.) • Diversamente da quanto previsto per il contratto, l’errore non deve essere riconoscibile, né la minaccia apprezzabile, né il dolo determinante • Anche l’errore sul motivo è rilevante se è il solo che ha determinato la disposizione La revocabilità (artt. 679-687 cod. civ.) • Revoca espressa (con testamento successivo, in qualsiasi forma, o con atto ricevuto da notaio avente esclusivamente tale contenuto) • Revoca tacita: incompatibilità tra le precedenti e le successive disposizioni • Revoca della revoca: rivivono le disposizioni revocate (art. 681 cod. civ.) • Distruzione, lacerazione, cancellazione del testamento olografo: determinano la revoca (totale o parziale) delle relative disposizioni, a meno che si provi che le condotte sono state poste in essere da persona diversa dal testatore, ovvero che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo (art. 684 cod. civ.) • Ritiro del testamento segreto: può valere come olografo se di questo abbia i requisiti (art. 607 cod. civ.). Ipotesi di conversione formale della nullità • Revoca di diritto: per sopravvenienza di figli (art. 687 cod. civ.)