06. Famiglia e successioni - Servizio di Hosting di Roma Tre

6. FAMIGLIA E SUCCESSIONI
6. Famiglia
successioni
Forme di ecircolazione
della
ricchezza
familiare
Forme
di circolazione
della ricchezza familiare
1
La famiglia
La famiglia e il diritto
• Storicità e relatività del diritto di famiglia
Nella concreta regolamentazione delle relazioni familiari il legislatore ha adottato
nel tempo politiche differenti
Le tappe più significative dell’evoluzione di tali politiche si rinvengono in
tre grandi riforme, introdotte rispettivamente dalla legge 22 maggio 1975, n. 151,
dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 e, da ultimo, dalla legge 20 maggio 2016,
n. 76 (“Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso
e disciplina delle convivenze”)
• Passaggio da una «concezione istituzionale» a una «concezione
costituzionale» della famiglia: la c.d. “privatizzazione” del diritto di
famiglia (strumento per la realizzazione dell’armonico e pieno sviluppo della
personalità individuale)
La famiglia nel disegno costituzionale
italiano ed europeo
- artt. 29, 30 e 31 Cost.
- artt. 2 e 3 Cost.
- art.12 CEDU (1950)
- art. 9 Carta di Nizza (2000)
Nozione di famiglia
Nel tempo si è assistito a un processo di frammentazione del
modello unitario (la famiglia c.d. legittima, cioè fondata sul
matrimonio) e all’affermazione di una pluralità di modelli socialmente
(e oggi anche normativamente) tipizzati e giuridicamente rilevanti
L’elasticità della nozione che emerge dal diritto interno
e sovranazionale induce a parlare non più di “modello” o “modelli”
di famiglia, ma di “non modello”
La famiglia nel diritto:
i modelli tipizzati e disciplinati
(ma con forme di tutela differenziate)
• Famiglia dei figli
irrilevante il rapporto esistente tra i genitori (che sia o
non fondata sul matrimonio)
• Famiglia fondata sul matrimonio
(persone di sesso diverso, con o senza figli)
• Famiglia fondata sulle unioni civili
(persone delle stesso sesso)
• Convivenze di fatto (etero e omosessuali)
Il sistema del diritto di famiglia
e la circolazione della ricchezza
La famiglia è un pilastro fondamentale della società, una formazione sociale che
produce e distribuisce ricchezza (anche se in base a logiche di affetto e solidarietà
e non in base a logiche di mercato)
Il legislatore “accompagna” l’organizzazione “famiglia” al suo interno, attribuendogli
precisi riconoscimenti anche all’esterno
La normativa vigente detta una disciplina analitica per la famiglia fondata sul
matrimonio (con particolare riferimento al rapporto tra i coniugi), che resta il
paradigma sistemico
Tale disciplina, infatti, trova in larga misura applicazione anche per le parti
dell’unione civile, al fine di assicurare un’equa distribuzione della ricchezza sia
nella fase fisiologica (di convivenza) che in quella patologica (di rottura della
convivenza) nonché in caso di morte
La normativa vigente si preoccupa altresì di assicurare un trattamento unitario al
rapporto di filiazione (a prescindere dal fatto che i genitori siano coniugati o non
coniugati, conviventi o non conviventi), secondo l’inderogabile principio contributivo
La normativa vigente si preoccupa, infine, di assicurare, indipendentemente dalla
sussistenza del matrimonio, una corretta e, il più possibile, paritaria trasmissione
della ricchezza nel passaggio generazionale
Convivenza di fatto
Non può essere attributaria di una rilevanza giuridica paritaria rispetto a
quella della famiglia fondata sul matrimonio o sull’unione civile
Rilevanza costituzionale nell'ambito della protezione dei diritti inviolabili
della persona, nelle “formazioni sociali” alle quali l’art. 2 Cost. garantisce
tutela
La legge n. 76/2016, senza alcun riferimento all’art. 2 della Cost.,
ha introdotto una disciplina riassuntiva di quanto già previsto da
disposizioni legislative e consolidati orientamenti giurisprudenziali,
riconoscendo (in maniera non esaustiva) una serie di “diritti”
espressamente elencati
Le nuove norme sulle convivenze di fatto e sui contratti di convivenza
non esauriscono il quadro delle situazioni di fatto meritevoli di tutela
La promessa di matrimonio
•
L'art. 79 cod. civ. stabilisce che “La promessa di matrimonio non obbliga a
contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non
adempimento".
Il carattere non vincolante della promessa di matrimonio è volto a tutelare
la libertà del consenso matrimoniale.
•
La rottura della promessa produce però alcuni, limitati, effetti giuridici, e
precisamente:
1) la restituzione dei doni fatti a causa della promessa (art. 80 cod. civ.)
2) il risarcimento del danno (art. 81 cod. civ., che mira a tutelare, da un
lato, la libertà matrimoniale e, dall’altro, l’affidamento incolpevole)
MATRIMONIO
Il termine “matrimonio” indica:
sia l’atto posto a fondamento della famiglia
sia il rapporto che dall’atto trae origine
MATRIMONIO
La forma dell’atto
Rispetto all’atto il nostro ordinamento prevede una pluralità di
forme di celebrazione, e precisamente:
• 1) il matrimonio civile: interamente sottoposto alla legge statale;
• 2) il matrimonio concordatario: celebrato dinanzi ad un ministro
del culto cattolico.
L’art. 82 cod. civ. rinvia al Concordato con la Santa sede (L.
847/1929), che prevede un doppio regime matrimoniale, per cui al
matrimonio, come rapporto, sono riconosciuti effetti civili, mentre
l’atto è assoggettato alla disciplina canonica
Il matrimonio celebrato dinanzi ai ministri dei culti ammessi
nello Stato (ad esempio: Chiesa Valdese, Luterana, Battista,
Comunità israelitica) non rappresenta un terzo tipo di
matrimonio, ma semplicemente una forma particolare di
celebrazione del matrimonio civile.
I complessi rapporti tra
matrimonio concordatario e matrimonio civile
Nell’ordinamento canonico, la disciplina differenziata del momento costitutivo trova il
suo fondamento sulla maggiore rilevanza attribuita alla purezza del consenso, inteso
come esternazione di una volontà individuale.
Nell’ordinamento statale, invece, si tiene conto di un comportamento consapevole dal
quale discendono responsabilità, anche se il consenso mantiene la sua centralità.
Tale diversità, se da un lato giustifica la più ampia possibilità di “annullamento” del
matrimonio canonico ad effetti civili rispetto a quella prevista per il matrimonio civile,
dall’altro apre complesse questioni, apparentemente solo teoriche.
La rilevanza pratica di tali questioni risiede nelle diverse conseguenze di carattere
economico legate alla disciplina della nullità, della separazione e del divorzio (v. artt.
128 cod. civ. e 5 l.div.).
Di recente la S.C., mutando il proprio orientamento, ha stabilito che la delibazione
della sentenza di nullità ecclesiastica non è ammessa in tutte le fattispecie nelle quali
il rapporto matrimoniale sia stato caratterizzato da una convivenza come coniugi
ininterrottamente protratta per un periodo superiore ai tre anni (Cass., sez. un., 17
luglio 2014, n. 16379)
MATRIMONIO
La disciplina dell’atto
• Requisiti per contrarre matrimonio (artt. 84-89 cod. civ.)
• Impedimenti dirimenti: incidono sulla validità dell’atto,
(età, capacità, libertà di stato, delitto, parentela, affinità,
adozione, ecc.)
• Impedimenti impedienti: incidono sulla regolarità dell’atto
(esempio: divieto temporaneo di nuove nozze, artt. 89 e
140 cod. civ.)
MATRIMONIO
Le caratteristiche dell’atto
• Personalissimo:
va compiuto personalmente dagli sposi che non possono farsi
rappresentare. Tuttavia, in alcuni casi tassativamente indicati (art. 111 cod.
civ.), la legge ammette il matrimonio per procura
• Legittimo:
non tollera l’apposizione di elementi accidentali
• Ad effetti inderogabili (art. 160 cod. civ.):
l’inderogabilità va oggi intesa limitatamente allo status
MATRIMONIO
Gli effetti dell’atto:
il rapporto matrimoniale
• Con il matrimonio si instaura la “comunione di vita materiale e
spirituale”, che è l’essenza stessa del matrimonio
• Sorge lo status di coniuge, ossia una relazione tra soggetti
(situazioni giuridiche soggettive) contrassegnate da una reciprocità
di doveri e di obblighi (v. slides successive)
• La donna aggiunge al proprio cognome quello del marito (art. 143
bis cod. civ.)
• Si acquista la cittadinanza (coniuge straniero)
• Sorgono effetti di diritto ereditario (v. infra)
• Sorge l’obbligo alimentare (art. 433 cod. civ.)
I diritti e i doveri
che nascono dal matrimonio
• Rapporti personali (art. 143-148 cod. civ.)
• Rapporti patrimoniali (artt.143, comma 3, 159 ss. cod.
civ.)
La regola dell’accordo nell’indirizzo della vita familiare (art. 144
cod. civ.) si pone non solo come manifestazione concreta
dell’uguaglianza fra coniugi, ma anche a garanzia dell’unità della
famiglia
Regime patrimoniale primario
e regime patrimoniale secondario
•
Art. 143, comma 3, e artt.147, 148 (che rinviano agli artt. 315-bis, 316-bis)
cod. civ.: obblighi di rilevanza patrimoniale, in relazione ai quali si parla di
«regime patrimoniale primario»
•
Si tratta di regole volte a fissare, in relazione al c.d. «momento
contributivo», un regime inderogabile fondato su rigorosi criteri di
parità e proporzionalità, a conferma dell’obiettivo che ha ispirato la
riforma, ossia la piena attuazione al principio dell’uguaglianza morale e
materiale dei coniugi, anche sotto il profilo dei rapporti patrimoniali.
•
Tali regole risultano, nel complesso, complementari a quelle contenute
nel Capo VI (artt. 159-230-bis cod. civ.) del Titolo VI, espressamente
rubricato “Del regime patrimoniale della famiglia”, le quali costituiscono
invece il «regime patrimoniale secondario», essendo destinate a
regolare, con disposizioni largamente derogabili, il c.d. «momento
distributivo», e cioè l’allocazione all’interno della famiglia della ricchezza
acquisita durante il matrimonio
UNIONI CIVILI
La disciplina dell’atto
• Procedura semplificata
• Disciplina degli impedimenti e dei vizi sostanzialmente
identica, anche se con qualche eccezione (es.: errore
sulle qualità personali, art. 122 c.c.), a quella del
matrimonio
UNIONI CIVILI
La disciplina del rapporto
(regime primario e secondario)
• Il legislatore del 2016 ha riprodotto il contenuto dell’art. 143 c.c. per
le parti dell’unione civile
• La mancata menzione dell’obbligo di fedeltà e dell’obbligo di
collaborazione nell’interesse della famiglia valgono a confermare la
diversità dei due modelli
• La disciplina codicistica che costituisce il regime patrimoniale
secondario dei coniugi (e segnatamente le regole previste in tema
di: fondo patrimoniale, comunione legale, comunione
convenzionale, separazione dei beni e impresa familiare) si
applica anche alle parti delle unioni civili in virtù di espresso
richiamo legislativo
Il regime patrimoniale della famiglia
Pluralità di regimi e autonomia dei privati
Il nostro ordinamento prevede una pluralità di regimi patrimoniali, lasciando
alle parti la libertà di adottare quello ritenuto più idoneo alle loro esigenze.
Essi possono quindi scegliere fra i diversi regimi prospettati dal legislatore, che
sono:
• la comunione dei beni
• la separazione dei beni
• il fondo patrimoniale
• la comunione convenzionale
Regime patrimoniale legale: è costituito dalla comunione dei beni (art. 159
cod. civ.)
Regime patrimoniale convenzionale: quello (diverso dalla comunione legale)
prescelto dai coniugi o dalle parti dell’unione civile
Gli strumenti di regolazione
dei rapporti patrimoniali:
le convenzioni familiari
Gli strumenti attraverso i quali è possibile regolare il regime patrimoniale
della famiglia assumono denominazioni diverse a seconda dei soggetti che
ne sono parte:
- Convenzioni matrimoniali dei coniugi, disciplinate dagli artt. 162 ss. c.c.;
- Convenzioni patrimoniali delle parti delle unioni civili, le quali, in materia
di forma, modifica, simulazione e capacità sono disciplinate dalle regole
dettate per le convenzioni matrimoniali (espressamente richiamate dall’art.
1, comma 13, l. 76/2016);
- Contratti di convivenza dei conviventi non coniugati né uniti civilmente,
disciplinati dall’art. 1, commi 50-64, legge n. 76/2016
Convenzioni matrimoniali
• L’espressione “convenzione matrimoniale” indica ogni atto
attraverso il quale gli sposi, prima o dopo il matrimonio, con
l’eventuale partecipazione di un terzo (è il caso, ad esempio, della
costituzione del fondo patrimoniale), regolano il regime patrimoniale
della famiglia in modo difforme rispetto a quello legale.
• Le convenzioni matrimoniali sono governate dal principio della
modificabilità: esse possono essere stipulate “in ogni tempo” (art.
162, comma 2, cod. civ.), e quindi sia prima del matrimonio (in tal
caso la loro efficacia è subordinata alla condizione della futura
celebrazione) sia successivamente al medesimo.
• Non hanno natura di atti personalissimi
Convenzioni matrimoniali:
requisiti di validità
• Capacità di agire
• Atto pubblico a pena di nullità
Convenzioni matrimoniali:
requisiti di efficacia
•
annotazione della convenzione (o della sua modifica) a margine dell’atto di
matrimonio (artt. 162, comma 2, e 163, comma 3, cod. civ.), la quale
consente di far valere gli effetti della convenzione stessa
•
trascrizione nei registri immobiliari delle convenzioni aventi ad oggetto beni
immobili o beni mobili registrati (artt. 2647 e 2685 cod. civ.), la quale
consente di far valere il vincolo (da essa derivante) rispetto ai singoli beni
Si tratta di ipotesi di pubblicità dichiarativa, il cui mancato assolvimento,
qualificabile come onere, rende la convenzione (o la sua modifica) inopponibile
ai terzi.
La separazione dei beni
(artt. 215-219 cod. civ.)
• Nel regime di separazione, ciascun coniuge conserva la titolarità
esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art. 215 cod.
civ.) e di tali beni ha la gestione separata (art. 217 cod. civ.).
• Qualora l’acquisto sia stato effettuato congiuntamente da entrambi i
coniugi, il bene appartiene ad entrambi, secondo la disciplina della
comunione ordinaria (artt. 1100 e segg. cod. civ.).
La separazione dei beni
Amministrazione e godimento
• L’incarico di amministrare i beni dell’altro coniuge si presume
gratuito. Pertanto il coniuge amministratore risponderà in caso di
cattiva gestione nei confronti dell’altro solo in caso di dolo o colpa
grave (art. 217 cod. civ.)
• Il coniuge che ha il godimento dei beni di proprietà dell’altro è
tenuto a tutte le obbligazioni gravanti sull’usufruttuario (art. 218 cod.
civ.)
La separazione dei beni
Prova della proprietà dei beni
Il principio della titolarità esclusiva dei beni acquistati da ciascuno dei coniugi in
regime di separazione non vale ad eliminare tutte le incertezze che di fatto
possono sorgere in ordine alla determinazione della titolarità dei beni acquistati
durante il matrimonio, e in particolare dei beni mobili.
Per risolvere i casi dubbi il legislatore ha posto due regole:
1)
la proprietà esclusiva può essere provata da ciascuno dei coniugi nei
confronti dell’altro con qualsiasi mezzo (art. 219, comma 1, cod. civ.);
2)
qualora tale prova non sia stata raggiunta, il bene si considera comune
(art. 219, comma 2, cod. civ.)
La separazione dei beni
Dalle indagini statistiche emerge che il regime di separazione risulta
essere quello di gran lunga preferito dalle coppie di sposi.
Ragioni:
il regime di separazione dei beni, senza violare i principi inderogabili
su cui si fonda il matrimonio, riserva a ciascun coniuge un più
ampio campo di autonomia e consente altresì una maggiore
snellezza nella circolazione della ricchezza, non soltanto durante
il matrimonio, ma anche nell’eventualità di una sua crisi.
La comunione dei beni
(artt. 177-197 cod. civ.)
•
Costituisce il regime patrimoniale legale dei coniugi: essa si applica
automaticamente all’atto del matrimonio in mancanza di una diversa
convenzione stipulata a norma dell’art. 162 cod. civ.
•
Attribuisce ai coniugi la cogestione del patrimonio con uguaglianza di poteri
e la contitolarità per quote uguali sugli acquisti successivi al matrimonio,
salve le eccezioni previste dalla legge
•
Il termine “comunione” viene comunemente inteso in una duplice accezione:
- come regime, ossia come disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi;
- come complesso di beni comuni assoggettati a tale regime
La comunione dei beni:
caratteristiche peculiari
• non obbligatoria (potendo i coniugi optare per un regime diverso)
• non universale (essendo prevista dalla legge l’esclusione di alcuni
beni)
• vincolante (in quanto dalla scelta di tale regime discende
l’applicazione di una precisa disciplina)
• Deve distinguersi, poi, una comunione attuale (o immediata),
relativa ai beni acquistati durante il matrimonio, e una comunione
futura, concernente quei beni che diventeranno comuni solo al
momento dello scioglimento della comunione
La comunione dei beni:
differenze rispetto alla comunione ordinaria
•
•
•
•
•
•
•
•
La comunione ordinaria (artt. 1100 ss. cod. civ.):
è una comunione statica su determinati beni;
trova la sua fonte sia nella legge sia nella volontà delle parti;
ai comproprietari possono spettare quote diseguali;
il singolo comproprietario non può disporre dell’intero cespite, ma è titolare del diritto a
disporre liberamente della propria quota, alienandola o ipotecandola, oltre che del
diritto potestativo alla divisione dei beni comuni.
All’opposto, la comunione legale
è una comunione dinamica, che si modifica ad ogni nuovo acquisto;
la sua fonte è sempre e solo la legge;
dà luogo necessariamente ad una contitolarità per quote uguali sulle quali i coniugi non
hanno alcun diritto di disposizione, ma, in presenza di determinati presupposti (artt.
181-183 cod. civ.), il singolo coniuge può compiere atti di disposizione sull’intero;
il singolo coniuge non è titolare di un diritto alla divisione della comunione, potendo i
beni essere divisi solo allo scioglimento della comunione stessa (per convenzione
matrimoniale o per le cause oggettive previste dall’art. 191 cod. civ.).
Dalla diversità fra i due istituti discendono quindi regole diverse anche relativamente
all’amministrazione.
La comunione dei beni:
oggetto
I beni sottoposti al regime di comunione legale possono
essere suddivisi in tre masse distinte:
• 1) beni che cadono in comunione immediata
• 2) beni che cadono in comunione de residuo, ossia
destinati a divenire comuni per la parte che residua al
momento dello scioglimento della comunione
• 3) beni personali, ossia esclusi dalla comunione
1) Beni in comunione immediata
(art. 177, lett. a) e d), cod. civ.)
Costituiscono oggetto di comunione immediata
• gli acquisti compiuti dai coniugi insieme (c.d. acquisti
congiunti) o separatamente (c.d. acquisti separati)
durante il matrimonio (art. 177, lett. a), cod. civ.).
•
• le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo
il matrimonio; solo gli utili o gli incrementi derivanti dalla
gestione comune se l’azienda apparteneva al coniuge
prima del matrimonio (art. 177. lett. d), cod. civ.).
Beni in comunione immediata:
problemi interpretativi
•
In relazione al titolo, si discute se cadano in comunione immediata gli acquisti a
titolo originario (particolarmente controversa, anche perché di solito implicante
effetti economici ben rilevanti, è l’ipotesi dell’accessione ex art. 934 cod. civ.)
•
In relazione all’oggetto, si discute se gli acquisti possano riguardare anche diritti di
credito o i beni immateriali. Secondo l’opinione prevalente, nel concetto di acquisto
può rientrare ogni diritto (assoluto o relativo) che rappresenti un incremento stabile
del patrimonio)
•
Con riferimento al requisito temporale posto dal legislatore (durante il matrimonio),
si discute in relazione a quelle fattispecie acquisitive il cui iter sia cominciato
anteriormente al matrimonio (cc.cd. acquisti a formazione progressiva).
Al riguardo, la giurisprudenza ritiene che, ai fini della loro ricaduta in comunione,
rileva il momento in cui si produce il trasferimento del diritto
La comunione dei beni:
pubblicità
L’acquisto alla comunione di beni immobili o mobili registrati è
assoggettato a trascrizione ai fini della sua opponibilità ai terzi (artt.
2643 ss. cod. civ.)
Nel caso in cui l’acquisto sia separato, l’atto va trascritto a favore del
solo coniuge stipulante, sebbene anche l’altro ne divenga titolare
(c.d. pubblicità negativa)
Il coniuge non intestatario può sempre ottenere una sentenza di
accertamento della contitolarità del bene sulla base della quale
richiedere la trascrizione anche a proprio nome
2) Beni in comunione de residuo
(artt. 177, lett. b) e c), e 178 cod. civ.)
L’espressione “comunione de residuo” indica quei beni che
diventano comuni per la parte che residua al momento dello
scioglimento della comunione legale. Ciò implica che, prima dello
scioglimento, tali beni rientrano nella titolarità e nella disponibilità
esclusiva del coniuge cui gli stessi appartengono.
Essa comprende:
• i frutti dei beni propri appartenenti a ciascun coniuge percepiti e non
consumati al momento dello scioglimento della comunione (art. 177,
lett. b), cod. civ.)
• i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, al
momento dello scioglimento della comunione, non siano stati
consumati (art. 177, lett. c), cod. civ.)
• i beni destinanti all’esercizio dell’impresa gestita individualmente da
uno dei coniugi e costituita dopo il matrimonio; solo gli utili e gli
incrementi qualora l’impresa (gestita individualmente) sia stata
costituita prima del matrimonio (art. 178 cod. civ.)
3) Beni esclusi dalla comunione:
i beni personali (art. 179 cod. civ.)
•
•
•
•
•
Con riferimento al tempo dell’acquisto, sono personali tutti quei beni dei quali
ciascun coniuge era proprietario o titolare di un diritto reale di godimento
prima del matrimonio (art. 179, comma 1, lett. a), cod. civ.).
Con riferimento al titolo d’acquisto, sono personali i beni acquistati per donazione o
testamento, salvo che nell’atto di liberalità o nel testamento non sia specificato che
essi sono attribuiti alla comunione (art. 179, comma 1, lett. b), cod. civ.).
Con riferimento alla destinazione economica dei beni, sono considerati personali
quelli di uso strettamente personale (art. 179, comma 1, lett. c), cod. civ.) e quelli
utilizzati da ciascun coniuge per l’esercizio della professione (art. 179, comma
1, lett. d), cod. civ.), ma non quelli destinati alla conduzione di un azienda facente
parte della comunione, i quali ricadono nella citata disciplina di cui agli artt. 177, lett.
d) e 178 cod. civ.
I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente
alla perdita totale e parziale di capacità lavorativa (art. 179, comma 1, lett. e),
cod. civ.)
I cc.dd. “acqusti per surrogazione”, ossia i beni acquistati con il prezzo del
trasferimento dei beni personali precedentemente menzionati o con il loro
scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto (art. 179,
comma 1, lett. f), cod. civ.).
Beni immobili e mobili registrati
e il c.d. rifiuto del coacquisto
(art. 179, comma 2, cod. civ.)
In base all’art. 179, comma 2, cod. civ., l’acquisto di beni immobili e mobili
registrati effettuato dopo il matrimonio è escluso dalla comunione, ai sensi
delle lett. c), e) ed f) del 1° comma, stessa norma, quando tale esclusione
risulti dall’atto di acquisto e di esso sia stato parte anche l’altro coniuge
La partecipazione non è richiesta, invece, per gli acquisti delle categorie di beni di cui
alle lett. a) e b) dell’art. 179, comma 1, cod. civ., essendo in tali casi sempre
possibile, dall’esame dei registri immobiliari, accertare se l’acquisto sia avvenuto
prima del matrimonio ovvero per spirito di liberalità o, ancora, mortis causa
Giurisprudenza e parte della dottrina ritengono che la partecipazione del
coniuge non acquirente non sia essenziale: essa avrebbe una funzione
meramente ricognitiva, in quanto non potrebbe escludere né creare il
carattere personale dell’acquisto.
L’amministrazione della comunione
I coniugi hanno il potere di compiere disgiuntamente gli
atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente quelli
di straordinaria amministrazione e quelli concernenti
l’acquisto o la concessione di diritti personali di
godimento (art. 180 cod. civ.).
L’amministrazione della comunione
Gli atti autorizzati
Qualora il consenso di entrambi risulti oggettivamente e gravemente pregiudizievole,
il legislatore consente che l’atto possa essere validamente compiuto da un solo coniuge.
•
•
•
Ciò accade nell’ipotesi di:
rifiuto (ingiustificato) di consenso di uno dei coniugi (art. 181 cod. civ.)
di lontananza o ulteriore impedimento di un coniuge che non abbia rilasciato una
procura (art. 182 cod. civ.).
In tali casi, l’altro coniuge può ricorrere al giudice (il tribunale ordinario) ed ottenere
una specifica autorizzazione al compimento dell’atto
Inoltre:
il coniuge può compiere da solo atti per i quali sarebbe necessario il consenso di
entrambi qualora abbia richiesto (e il giudice abbia concesso) l’esclusione
dall’amministrazione dell’altro coniuge perché minore, impossibilitato ad
amministrare o incapace di farlo (art. 183, commi 1 e 2, cod. civ.).
L’esclusione opera di diritto se l’altro coniuge sia stato interdetto, e permane finché
non sia cessato tale stato (art. 183, comma 3, cod. civ.).
Gli atti compiuti
senza il necessario consenso
• Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso
dell’altro, e non siano da questo convalidati, sono annullabili
qualora abbiano ad oggetto beni immobili o mobili registrati
(art 184, comma 1, cod. civ.).
L’annullabilità deve essere azionata entro un anno dalla data in cui il
coniuge ha avuto conoscenza dell’atto e comunque dalla sua
trascrizione.
• Qualora l’atto abbia ad oggetto beni mobili, prevale l’esigenza di
tutelare la sicurezza nella circolazione, e perciò gli atti restano validi
ed efficaci.
Tuttavia, per il coniuge che li ha compiuti sorge, su istanza dell’altro,
l’obbligo di ricostituire la comunione nello status quo ante o, qualora
ciò non sia possibile, di pagarne l’equivalente (art. 184, comma 3,
cod. civ.).
La responsabilità patrimoniale
La regola generale prevista in tema di responsabilità patrimoniale di cui
all’art. 2740 cod. civ. (in base alla quale chi si obbliga risponde
illimitatamente con tutti i suoi beni presenti e futuri), deve qui essere
coordinata e adattata ad una situazione del tutto peculiare, in cui
l’assunzione delle obbligazioni può avvenire congiuntamente o
separatamente e in cui coesistono beni comuni, beni che diventeranno
comuni e beni personali.
Occorre pertanto distinguere due categorie di debiti:
1) quelli della comunione
2) quelli personali (o particolari),
rispetto ai quali si delinea nel sistema una sorta di responsabilità incrociata
I debiti della comunione
•
•
•
•
Rientrano fra i debiti della comunione:
i pesi ed gli oneri gravanti sui beni al momento dell’acquisto (ad esempio le imposte);
i debiti assunti dai coniugi, anche separatamente, nello svolgimento dell’ordinaria
amministrazione;
quelli assunti per il mantenimento della famiglia, l’educazione e l’istruzione dei figli e
ogni altra obbligazione contratta, anche separatamente, per i normali bisogni della
famiglia;
i debiti contratti congiuntamente da entrambi i coniugi.
Di tali debiti rispondono innanzitutto i beni della comunione (art. 186 cod. civ.);
qualora essi non siano sufficienti a soddisfare i creditori, questi possono aggredire i
beni personali di ciascun dei coniugi, ma nei limiti della metà del credito (art. 190 cod.
civ.).
Nel caso in cui l’obbligazione sia stata assunta congiuntamente, e indipendentemente
dalle finalità, l’art. 190 cod. civ. non troverà applicazione, con la conseguenza che i
coniugi risponderanno solidalmente con tutto il loro patrimonio personale
I coniugi possono avvalersi del beneficio dell’escussione, e quindi pretendere che i
creditori aggrediscano prima i beni della comunione e solo in via sussidiaria, qualora i
primi risultino insufficienti, i loro beni personali
I debiti personali
Sono quelli assunti per soddisfare esigenze proprie o nell’interesse del
proprio patrimonio o, ancora, nello svolgimento di attività separata;
ad essi sono equiparati i debiti assunti da uno solo dei coniugi senza il
necessario consenso dell’altro coniuge, anche se nell’interesse della
famiglia (art. 189, comma 1, cod. civ.).
Il regime di responsabilità previsto per tale categoria di debiti appare
invertito rispetto al precedente: dei debiti personali, infatti, risponde
principalmente il patrimonio personale del coniuge e sussidiariamente
la sua quota in comunione (art 189, comma 2, cod. civ.).
I beni personali del coniuge, invece, non rispondono mai dei debiti personali
dell’altro.
Nel caso di conflitto tra le diverse categorie di creditori, quelli della
comunione prevalgono su quelli particolari, a meno che questi ultimi non
siano muniti di cause legittime di prelazione (art 189, comma 2, cod. civ.).
Lo scioglimento della comunione
Le cause di scioglimento, tutte tassativamente
elencate nell’art. 191 cod. civ., vengono distinte in:
- legali
- convenzionali
- giudiziali
Scioglimento legale
Sono cause di scioglimento legale, che comportano
l’automatica cessazione della comunione:
•
•
•
•
la dichiarazione di morte presunta o di assenza
la rottura del vincolo matrimoniale per morte
annullamento del matrimonio o divorzio
la separazione personale (consensuale o giudiziale) dei
coniugi
• il fallimento di uno dei coniugi
Scioglimento convenzionale
Opera in virtù di convenzioni matrimoniali, nel rispetto
della forma e degli oneri pubblicitari di cui all’art. 162
cod. civ.
Il legislatore prevede, inoltre, un’ulteriore ipotesi di
scioglimento convenzionale della comunione (art. 191,
comma 2, cod. civ.) relativamente all’azienda già
soggetta a tale regime (e cioè l’azienda gestita da
entrambi i coniugi e costituita dopo il matrimonio).
Scioglimento giudiziale
Definito “separazione giudiziale dei beni” (art. 193 cod. civ.), può
essere pronunciato dal giudice su domanda di uno dei coniugi nei
casi di:
– esclusione dall’amministrazione di cui all’art. 183 cod. civ. (interdizione,
inabilitazione, cattiva amministrazione)
– quando il disordine negli affari o la condotta tenuta da un coniuge
nell’amministrazione dei beni metta in pericolo gli interessi dell’altro o
della famiglia
– quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni della famiglia in
misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro
Gli effetti fra le parti
•
•
•
•
•
•
Lo scioglimento determina:
1) l’estinzione del regime di comunione. Ad esso, se il matrimonio perdura,
subentra il regime di separazione dei beni
2) una serie di effetti sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, e precisamente:
l’acquisizione in comunione de residuo dei beni di cui agli artt. 177, lett. b) e
c), e 178 cod. civ.;
la costituzione sull’intero patrimonio (già in comunione legale) di una
comunione ordinaria con conseguente applicazione della disciplina per essa
dettata (artt. 1100 ss. cod. civ.);
la nascita di obblighi di rimborsi e restituzioni (art. 192 cod. civ.);
il sorgere del diritto di prelevamento (art. 195 cod. civ.);
l’eventuale costituzione coattiva del diritto di usufrutto su una parte dei
beni del coniuge in favore dell’altro affidatario dei figli (art. 194, comma 2,
cod. civ.);
infine, ogni obbligazione contratta successivamente allo scioglimento, così
come ogni acquisto, saranno sempre imputati al singolo coniuge, con
esclusione del regime legale
Gli effetti nei confronti dei terzi
Lo scioglimento della comunione deve essere sottoposto ad una
adeguata pubblicità che lo renda conoscibile, e quindi opponibile ai
terzi
Tale forma pubblicitaria è l’annotazione a margine dell’atto di
matrimonio e, con riferimento ai singoli beni immobili o mobili
registrati, la trascrizione nei registri immobiliari
Con lo scioglimento della comunione cessa la disciplina particolare
della c.d. pubblicità negativa (v. slide n. 35), con la conseguenza
che il coniuge non intestatario del bene (già in comunione) dovrà
procedere all’accertamento giudiziale della contitolarità dello stesso
per poi poter richiedere la trascrizione anche a proprio nome
La liquidazione e la divisione
dei beni comuni
A seguito dello scioglimento si apre la fase della liquidazione e della
divisione dei beni comuni, nella quale ciascuno dei coniugi può far
valere e realizzare la sua quota, che comprende non solo la metà
dei beni acquisiti alla comunione immediata, ma anche la metà dei
beni della comunione de residuo.
A tal fine, è necessario formare la massa del patrimonio comune ed
effettuare, quindi, una serie di operazione che consentano di
identificare le poste attive e quelle passive.
Rimborsi, restituzioni e prelevamenti costituiscono alcune di
queste operazioni.
La liquidazione e la divisione
Rimborsi, restituzioni, prelievi
•
•
•
•
Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione quanto abbia
abusivamente prelevato dal patrimonio comune (art. 192, commi 1 e 2, cod. civ.), e in
particolare le somme utilizzate per fini personali nonché il valore dei beni alienati
senza il necessario consenso dell’altro, a meno che, in quest’ultimo caso, il coniuge
non dimostri che l’atto compiuto sia stato vantaggioso per la comunione o abbia
soddisfatto una necessità della famiglia.
Ciascuno dei coniuge è poi tenuto a restituire le somme che l’altro coniuge abbia
prelevato dal proprio patrimonio personale e impiegato a vantaggio della comunione
(art. 192, comma 3, cod. civ.). La nascita di quest’obbligo presuppone che il prelievo
sia avvenuto per far fronte a spese necessarie o per investimenti oggettivamente utili.
Il coniuge avente diritto al rimborso o alle restituzioni può soddisfarsi direttamente
mediante il prelievo di beni comuni (nell’ordine: il denaro, poi i beni mobili, infine i
beni immobili) sino alla concorrenza del proprio credito (art. 192, comma 5, cod. civ.).
In qualunque momento, ciascuno dei coniugi può esercitare – secondo i principi in
tema di comunione ordinaria (art. 1111 cod. civ.) – il diritto potestativo alla
divisione dei beni comuni, che si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo
(art. 194, comma 1, cod. civ.). Nella divisione, ciascuno dei coniugi ha il diritto di
prelevare i beni mobili personali.
La liquidazione e la divisione
La prova della titolarità dei beni mobili
La prova della proprietà esclusiva del bene spetta al coniuge che la
reclama; in mancanza si presume che il bene faccia parte della comunione.
Tale prova può essere data con ogni mezzo nei confronti dell’altro
coniuge, ma solo mediante scrittura privata avente data certa, nei
confronti dei terzi pregiudicati dal prelevamento (art. 197 cod. civ.), ossia
i creditori della comunione (o meglio, dei beni appartenuti alla comunione,
sui quali essi conservano il diritto di prelazione rispetto ai creditori
personali).
Pertanto, qualora il bene sia stato espropriato dai creditori della comunione
perché il coniuge abbia, sì, dimostrato la proprietà esclusiva del bene, ma
non con atto avente data certa, tale coniuge potrà pretendere la metà del
valore del bene agendo in regresso sui beni della comunione, nonché su
quelli personali dell’altro coniuge.
La comunione convenzionale
•
I coniugi possono parzialmente derogare alla disciplina della comunione
legale (art. 210 cod. civ.) ampliandone l’oggetto. Essa, quindi, può essere
considerata sia come una modifica del regime legale di comunione, sia
come un regime patrimoniale autonomo.
•
La comunione convenzionale si costituisce ed è regolata mediante
convenzioni matrimoniali, le quali, pertanto, possono essere stipulate in
ogni tempo, nel rispetto dei requisiti di forma e di pubblicità
precedentemente esposti.
La comunione convenzionale
limiti al potere di deroga dei coniugi
•
•
•
•
1) I coniugi non possono disciplinare i loro rapporti rinviando genericamente a leggi in
vigore in ordinamenti stranieri o agli usi, ma devono indicare in modo concreto il
contenuto dei patti con cui intendono regolare questi loro rapporti (art. 161 cod. civ.,
richiamato dall’art. 210, comma 1, cod. civ.).
2) Alcune categorie di beni sono comunque escluse dalla comunione
convenzionale (art. 210, comma 2, cod. civ.), e specificamente i beni di uso
strettamente personale (art. 179, lett. c), cod. civ.), quelli necessari all’esercizio della
professione (art. 179, lett. d), cod. civ.), quelli ottenuti a titolo di risarcimento del
danno e la pensione corrisposta per la perdita parziale o totale della capacità
lavorativa (art. 179, lett. e), cod. civ.).
3) Le norme della comunione relative all’amministrazione e all’uguaglianza delle
quote riguardo ai beni ricompresi nella comunione stessa non sono derogabili (art.
210, comma 3, cod. civ.).
4) Infine, sono inderogabili anche le norme, sempre in tema di comunione legale,
concernenti la responsabilità dei coniugi e la garanzia patrimoniale dei terzi.
A tutela dei creditori personali, pregiudicati dall’ampliamento della comunione, il
legislatore concede loro la possibilità di aggredire i beni della comunione
limitatamente al valore dei beni di proprietà del coniuge che li ha conferiti (art. 211
cod. civ.)
La comunione convenzionale
cause di scioglimento
La comunione convenzionale segue la disciplina dettata
per la comunione legale alla quale i coniugi possono
convenzionalmente derogare, ad esempio escludendo
l’operatività di cause di scioglimento previste dalla legge
o includendone altre non previste o, ancora,
introducendo regole particolari in relazione alle modalità
di divisione dei beni
Il fondo patrimoniale
• Costituisce un regime patrimoniale particolare ed integrativo, in
quanto concerne singoli beni ed è operante sia in regime di
comunione legale sia in regime di separazione dei beni.
• Attraverso il fondo patrimoniale si costituisce un patrimonio
separato, gestito da entrambi i coniugi e destinato a fare fronte ai
bisogni della famiglia (artt. 167 ss. cod. civ.).
• Esso è caratterizzato un vincolo di destinazione impresso a taluni
beni avente la funzione di soddisfare alle esigenze di mantenimento,
di assistenza e di contribuzione della famiglia nucleare, ossia dei
coniugi e dei figli minori.
• Questo particolare vincolo di destinazione incide sull’intera disciplina
dell’istituto.
Il fondo patrimoniale
costituzione
• Può avvenire sia prima sia durante il matrimonio
attraverso un’apposita convenzione matrimoniale e
della quale i coniugi sono parti necessarie.
• I beni destinati alla costituzione del fondo possono
essere conferiti da entrambi i coniugi, da uno solo di
essi ovvero da un terzo. In quest’ultimo caso, il terzo
deve partecipare alla convenzione. Sempre nel caso in
cui i beni da conferire al fondo siano di proprietà di un
terzo, la costituzione può avvenire anche mediante
testamento.
Il fondo patrimoniale
pubblicità
Per l’opponibilità del vincolo l’art. 2647 cod. civ.
prevede la trascrizione del fondo che abbia
oggetto beni immobili, mentre l’art. 69, lett. b),
d.P.R. 369/2000 ne impone l’annotazione a
margine dell’atto di matrimonio
Il fondo patrimoniale
oggetto
Oggetto del fondo patrimoniale è il diritto di proprietà su beni
immobili, mobili registrati e titoli di credito.
•
•
Ipotesi discusse:
diritti reali di godimento (la temporaneità che può caratterizzare tali diritti,
nonché l’indisponibilità - nel caso di uso e abitazione - potrebbe impedire il
pieno compimento dello scopo per cui fondo è costituito)
beni futuri (in virtù dell’esplicito riferimento a beni “determinati” di cui all’art.
167, comma 1, cod. civ. Al riguardo, autorevole dottrina precisa che, in
assenza di uno specifico divieto, la questione può essere risolta facendo
riferimento alle regole generali previste in materia contrattuale)
Il fondo può essere ulteriormente accresciuto attraverso nuovi
conferimenti da parte dei coniugi, di uno di essi ovvero del terzo.
Il fondo patrimoniale
proprietà dei beni conferiti
Spetta ad entrambi i coniugi, contitolari per quote uguali, salvo che
nell’atto costitutivo non sia diversamente disposto (art. 168, comma
1, cod. civ.).
Così, ad esempio, nel caso in cui la costituzione avviene ad opera di
un terzo, questi può riservarsi la proprietà oppure trasferirla ad uno
solo coniugi; analogamente, uno solo dei coniugi può destinare a
fondo patrimoniale alcuni beni senza trasferirne la proprietà
(neppure pro quota) all’altro.
Negli ultimi due casi, si discute sulla necessità, sul piano civilistico,
dell’accettazione da parte dell’altro coniuge, mentre, sul piano
fiscale, va rilevato che l’assenza o meno di accettazione determina
effetti diversi.
Il fondo patrimoniale
gestione dei beni conferiti
•
La gestione spetta necessariamente ad entrambi i coniugi ed è disciplinata
secondo le regole dettate in tema di amministrazione della comunione legale.
•
La disciplina diventa più rigorosa in presenza di figli minori: in tal caso, infatti,
per gli atti di disposizione (alienazione, costituzione di pegno o ipoteca) si
richiede non soltanto il consenso di entrambi, ma anche l’autorizzazione
del tribunale, che potrà concederla nei soli casi di “necessità od utilità
evidente” (art. 169 cod. civ.). L’atto di costituzione del fondo può prevedere
(sempre in modo espresso) una deroga a tale regola (e, quindi, sia alla
necessità del consenso di entrambi sia dell’autorizzazione del giudice);
tuttavia, la deroga alla necessità del consenso presuppone che i coniugi non
siano in comunione legale, posto che la regola della gestione congiunta
sancita in tale regime ha carattere inderogabile.
•
I frutti spettano ad entrambi i coniugi. Essi devono essere utilizzati per
soddisfare i bisogni della famiglia o per incrementare ulteriormente il fondo.
Il fondo patrimoniale
responsabilità patrimoniale
•
•
•
•
•
I beni del fondo rispondono unicamente per le obbligazioni contratte per
soddisfare i bisogni della famiglia (art. 170 cod. civ.)
Il fondo, dunque, non può essere aggredito per le obbligazioni contratte per
scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Tale regola è però mitigata dall’esigenza di tutelare l’affidamento dei
creditori. L’inespropriabilità, infatti, opera solo per i debiti che il creditore
conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della
famiglia (art. 170 cod. civ.). La prova della malafede del creditore spetta ai
coniugi e può essere fornita con ogni mezzo.
In presenza di tale prova, il creditore potrà aggredire unicamente i beni
personali del coniuge che si è obbligato.
Ove ne ricorrano i presupposti, il creditore potrà agire con l’azione
revocatoria (art. 2901 cod. civ.) per far dichiarare l’inefficacia nei suoi
confronti dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale (in altri termini, per
poter aggredire i beni del fondo patrimoniale, il creditore dovrà dimostrare
che la costituzione del fondo da parte dei coniugi sia avvenuta proprio al
fine di sottrarre i beni del loro patrimonio all’esecuzione forzata).
Fondo patrimoniale
e fallimento
•
Sul rapporto tra fondo patrimoniale e procedura concorsuale, l’orientamento
prevalente ritiene che i beni costituti in fondo patrimoniale debbano essere
appresi al fallimento, ma che debbano formare una massa separata su
cui si potrebbero soddisfare soli i creditori legittimati ex art. 170 cod. civ.
•
Di recente, però, è riemersa la tesi secondo cui, in virtù dell’art. 46, n. 3, l.
fall. – che, rimasto invariato dopo la riforma del 1975, esclude dal fallimento
i frutti dei beni costituiti in patrimonio familiare –, i beni del fondo non
potrebbero essere ascritti al fallimento, ma dovrebbero essere oggetto di
esecuzione individuale da parte dei creditori aventi titolo ex art. 170
cod. civ.
•
Secondo altri, infine, il fondo patrimoniale sarebbe escluso dall’esecuzione
concorsuale solo nel caso in cui a fallire sia un unico coniuge.
Il fondo patrimoniale
cause di estinzione
Sono cause di estinzione del fondo patrimoniale (art. 171, comma 1, cod. civ.):
• l’annullamento
• lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio
• l’accordo dei coniugi, manifestato attraverso un’apposita convenzione
matrimoniale diretta a risolvere l’atto di costituzione del fondo (anche se non
espressamente prevista dalla norma)
In considerazione della specifica funzione attribuita al fondo, qualora vi siano figli
minori il vincolo di destinazione dei beni permane fino al raggiungimento della
loro maggiore età (art. 171, comma 2, cod. civ.).
Non è, invece, causa di estinzione:
• l’esaurimento dei beni che lo compongono (ad esempio, perché espropriati
da parte dei creditori oppure perché alienati dai coniugi con conseguente
consumazione del prezzo ricavato per soddisfare i bisogni della famiglia),
essendo sempre possibile procedere alla sua ricomposizione attraverso futuri
nuovi conferimenti.
Il trust
Il fondo patrimoniale presenta caratteristiche analoghe ad un istituto
nato e sviluppatosi negli ordinamenti di common law e basato sulla
fiducia: il trust.
Tale figura ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento ad
opera della L. 16 ottobre 1989, n. 364 (entrata in vigore il 1° gennaio
1992), di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, che
detta disposizioni relative alla legge applicabile nei casi in cui i beni
oggetto del trust, validamente stipulato in Paesi ove esso è previsto
e disciplinato, siano situati in Italia.
Il trust
•
•
Sebbene siano individuabili almeno tre modelli di trust, con diverse
peculiarità ed effetti (quello inglese, quello internazionale e quello
civilistico), esso è caratterizzato solitamente da:
la presenza di tre soggetti (il costituente o settlor, il fiduciario o trustee e il
beneficiario)
la ricorrenza del seguente schema:
- il disponente trasferisce, con atto inter vivos o mortis causa, i (o parte dei)
propri beni al trustee, perdendo così ogni facoltà su di essi;
- i beni oggetto del trust, pur essendo intestati a nome del trustee (o a nome
di un’altra persona per conto del trustee), sono separati dagli altri beni che
compongono il patrimonio del trustee, con la conseguenza che essi sono
opponibili ai terzi (creditori personali ed eredi del trustee);
- l’esercizio dei diritti attribuiti al trustee (cui spetta il potere-dovere di
amministrazione, di rendicontazione, di gestione e di disposizione dei beni
secondo i termini del trust) è funzionalizzato all’interesse del beneficiario (al
quale i beni saranno ritrasferiti) o allo scopo del trust e, pertanto, connotato
da un carattere fiduciario.
Fondo patrimoniale e trust
affinità e differenze
Affinità:
•
entrambi danno origine ad un patrimonio separato, con conseguente
realizzazione dell’effetto tipico di “segregazione” della ricchezza;
•
entrambi presentano una struttura caratterizzata da un negozio istitutivo e
un negozio di trasferimento.
Fondo patrimoniale e trust
affinità e differenze
Differenze:
•
•
•
•
•
•
•
Nel fondo patrimoniale il vincolo di destinazione dei beni è rigidamente
stabilito dal legislatore, essendo il loro conferimento finalizzato
esclusivamente a fare fronte ai bisogni della famiglia; diversamente, nel trust
la destinazione dei beni è liberamente decisa dal costituente.
La nozione di “bisogni della famiglia” è ritenuta inderogabile, con conseguente
nullità delle clausole volte ad incidere su di essa
Il fondo patrimoniale, diversamente dal trust, è inapplicabile alla famiglia di
fatto
In relazione all’oggetto, il fondo patrimoniale è limitato a determinate categorie
di beni, mentre nel trust non esistono limiti oggettivi (beni immobili e mobili,
denaro, beni aziendali, beni futuri, strumenti finanziari).
Il fondo patrimoniale cessa con il cessare del matrimonio (art. 171 cod. civ.),
mentre il trust è insensibile a tali vicende e, anzi, potrà prevedere regole
particolari per il loro verificarsi.
Nel fondo patrimoniale, la gestione dei beni segue le regole della comunione
e spetta necessariamente ad entrambi i coniugi
L’effetto “segregativo” previsto dalla legge per il fondo è più limitato rispetto al
trust
Esigenze di nuovi strumenti negoziali
di circolazione della ricchezza familiare
L’impresa italiana è connotata da un carattere tipicamente familiare. Essa, se pur
solitamente di piccole o medie dimensioni, vede anche grandi concentrazioni di
gruppi societari (persino multinazionali) all’interno di ristrette compagini familiari.
In questo contesto, si avverte da tempo l’esigenza di individuare soluzioni alternative
che consentano di superare i limiti del sistema normativo attuale, nell’ambito del
quale l’assetto familiare della ricchezza difficilmente sopravvive al succedersi delle
generazioni.
Per tali ragioni, negli ultimi anni è oggetto di un’attenzione crescente, sia da parte del
mondo giuridico che del mondo imprenditoriale e finanziario, l’individuazione di nuove
modalità e tecniche di circolazione del patrimonio familiare (family trusts, family buy
out, patti sociali e parasociali relativi al trasferimento di partecipazioni tra familiari)
che, valorizzando gli spazi rimessi all’autonomia delle scelte, garantiscano l’unità
dell’impresa di famiglia e la continuità della gestione imprenditoriale svolta dai
membri del gruppo familiare.
Segue: gli atti di destinazione
per interessi meritevoli di tutela
Art. 2645-ter c.c., intitolato “Trascrizione di atti di destinazione
per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone
con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone
fisiche” (introdotto dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, nell’ambito
delle norme dettate sulla trascrizione degli atti relativi a beni immobili)
Incide sui meccanismi che consentono la limitazione della
responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740, secondo comma, c.c.
creando un vincolo di destinazione
Ed esigenze di nuovi strumenti
a tutela dei creditori: il nuovo art. 2929-bis c.c.
Art. 2929-bis c.c., rubricato “Dell’espropriazione di beni oggetto di vincoli di
indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito” (introdotto art. 12 d.l. n.
83/2015, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132,
nell’ambito della disciplina dell’esecuzione forzata)
La disposizione consente al creditore pregiudicato da un atto del debitore
di costituzione di un «vincolo di indisponibilità» ovvero di alienazione
avente ad oggetto immobili o mobili registrati e compiuto a titolo gratuito
successivamente al sorgere del credito, di procedere – munito di titolo
esecutivo – ad esecuzione forzata, senza necessità di esperire, in via
preventiva, l’azione revocatoria ordinaria, se trascrive il pignoramento entro
un anno dalla trascrizione dell’atto
In tal modo si è quindi introdotta una sorta di presunzione legale
temporanea del carattere frodatorio di tali atti, che legittima il creditore ad
agire immediatamente in via esecutiva, con conseguente deroga al
principio di priorità della trascrizione espresso dall’art. 2915, primo
comma, c.c.
L’impresa familiare
ratio
La previsione di tale istituto (art. 230-bis cod. civ.) ha inteso rispondere ad
esigenze di giustizia profondamente avvertite e consistenti nella necessità
di tutelare il lavoro di fatto prestato dai familiari, al fine di scongiurare i
rischi che proprio l’ambito familiare potesse utilizzato per creare situazioni
di sfruttamento.
Prima della riforma, infatti, il lavoro familiare era caratterizzato da una
presunzione di gratuità, in quanto ritenuto fondato sul legame affettivo
che unisce i componenti della stessa famiglia.
L’impresa familiare
caratteristiche
La caratteristica principale dell’impresa familiare è quella di nascere
in modo automatico per volontà della legge. La presenza di un
vincolo (di solidarietà) familiare, unitamente all’apporto lavorativo,
giustifica di per sé la costituzione dell’impresa familiare, a
prescindere dalla volontà, espressa o tacita, dei suoi membri e,
soprattutto, dell’imprenditore.
Dottrina e giurisprudenza prevalenti, infatti, concordano nel ritenere
che neppure la legislazione fiscale offra elementi convincenti a
supporto di un fondamento contrattuale dell’istituto, attribuendo
all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata da cui deve
risultare l’indicazione dei familiari e della quota di partecipazione
loro spettante (art. 9, L. 576/75 e, ora, art. 5, comma 4, lett. a) e b),
d.P.R. 971/86) una rilevanza meramente sul piano fiscale e non
anche su quello civilistico (se non a fini probatori).
L’impresa familiare
disciplina
La disciplina prevista dal legislatore è una via di mezzo tra il
contratto di lavoro subordinato e la società semplice; peraltro, non
è esclusa la possibilità di estendere in via analogica all’impresa
familiare la disciplina dell’una o dell’altra.
Si tratta, inoltre, di una disciplina residuale, che trova applicazione
“salvo che sia configurabile un diverso rapporto”, ravvisabile nel
caso in cui i familiari abbiano regolamentato in modo specifico i
loro rapporti, stipulando ad esempio un contratto di lavoro
subordinato o di società (art. 230-bis, comma 1, cod. civ.).
L’impresa familiare
natura giuridica
Dottrina e giurisprudenza hanno elaborato numerose tesi suddivisibili in
due posizioni diametralmente opposte:
1) l’impresa familiare costituisce un’impresa collettiva, con
conseguente acquisto della qualità di imprenditore (e assunzione
della relativa responsabilità) da parte di tutti i componenti della
medesima
2) l’impresa familiare costituisce in ogni caso un’impresa individuale,
cosicché solo il titolare assume la qualifica di imprenditore e la
relativa responsabilità verso terzi.
La seconda tesi è quella oggi prevalente, anche perché più coerente
con la disciplina concreta
Ne consegue che unico titolare, unico referente nei rapporti con i terzi e
unico assoggettabile a fallimento è l’imprenditore.
L’impresa familiare
questioni interpretative
Non è certo se il lavoro familiare debba essere necessariamente
prevalente all’interno dell’impresa o se possa anche prevalere il
lavoro prestato da terzi.
Con riferimento all’attività lavorativa svolta dai familiari, si richiede
senz’altro che essa sia effettiva e continuativa (e non saltuaria),
ma non necessariamente che sia anche a tempo pieno, esclusiva
e prevalente (tuttavia, il requisito della “prevalenza” rileva ai fini
fiscali, essendo richiesto per usufruire delle relative agevolazioni).
Con riferimento al lavoro domestico, la giurisprudenza ha escluso
che esso possa, tout court, fondare una pretesa ex art. 230-bis
cod. civ., richiedendosi a tal fine che l’attività lavorativa prestata
all’interno della famiglia sia correlata e finalizzata alla gestione
dell’impresa familiare.
L’impresa familiare
rapporti con la gestione
dell’attività d’impresa in forma societaria
La questione del rapporto tra impresa familiare e società – se cioè la
disciplina della prima sia compatibile o meno con la struttura (e la disciplina)
della seconda – è stata assai dibattuta.
A dirimere il contrasto creatosi sul punto è recentemente intervenuta la
Cassazione a Sezioni unite, la quale – in coerenza con la natura residuale
dell’istituto rispetto ad ogni altro rapporto eventualmente configurabile – ha
escluso l’applicabilità dell’art. 230-bis c.c. a un’impresa gestita in forma
societaria, di qualunque tipo essa sia (Cass., sez. un., 6 novembre 2014, n.
23676).
L’impresa familiare
rapporti con la comunione legale
L’impresa familiare non costituisce un ulteriore regime patrimoniale
(la sua disciplina, infatti, regola unicamente il profilo dell’attività
lavorativa prestata dai familiari, a prescindere dal regime
patrimoniale adottato), né una nuova figura di impresa.
Tuttavia, il regime patrimoniale prescelto dai coniugi può incidere
sulla disciplina in concreto applicabile: in particolare, se i coniugi
sono in comunione, occorre stabilire se debbano applicarsi le norme
di questa (che stabilisce la parità delle quote) ovvero quella
dell’impresa familiare. In proposito la giurisprudenza, coordinando
l’art. 230-bis con l’art. 177, lett. d) e ultimo cpv., cod. civ. (dettati in
tema di aziende gestite da entrambi i coniugi), ha individuato la
soluzione nel criterio della gestione: se la gestione spetta ad
entrambi i coniugi, essa ricade nella disciplina della comunione, se
invece la gestione spetta ad uno solo di essi, si rientra nell’ambito
dell’impresa familiare.
L’impresa familiare
soggetti partecipanti
Membri dell’impresa familiare sono unicamente i familiari, e precisamente:
il coniuge, la parte dell’unione civile, i parenti entro il terzo grado, gli affini
entro il secondo (art. 230 bis, comma 3, cod. civ.). Sotto tale aspetto,
pertanto, assume rilievo la famiglia estesa.
Con la recente novella (art. 1, comma 46, l. n. 76/2016), il legislatore,
introducendo un’apposita norma (art. 230-ter c.c., rubricato “Diritti del
convivente”), ha espressamente attribuito al convivente di fatto (che presti
stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente)
non già la qualità di “partecipante”, bensì alcuni dei diritti spettanti ai membri
dell’impresa familiare, e precisamente: una partecipazione (commisurata al
lavoro prestato) agli utili e ai beni con essi acquistati nonché una
partecipazione agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento.
Possono essere considerati membri dell’impresa familiare anche i figli
minori, se sussiste la capacità per contrarre un rapporto di lavoro (sedici
anni); diversamente, potrà trovare applicazione l’art. 2126 cod. civ. dettato
in tema di prestazioni lavorative di fatto con violazione di legge.
L’impresa familiare
diritti dei partecipanti
L’art. 230-bis cod. civ. riconosce ai partecipanti una serie di diritti, e precisamente:
•Il diritto al mantenimento
•Il diritto agli utili, ai beni con essi acquistati, nonché agli incrementi, anche in ordine
all’avviamento (la misura del quantum debeatur è stabilita in proporzione alla quantità e
alla qualità del lavoro prestato e, tal fine, il lavoro della donna è considerato equivalente a
quello dell’uomo)
•poteri deliberativi in ordine particolari questioni, come l’impiego degli utili o degli
incrementi, gli atti di gestione straordinaria (ad esempio, le decisioni sulla vendita di beni),
gli indirizzi produttivi (ad esempio, le decisioni circa eventuali vendite promozionali) e la
cessazione dell’impresa
•il diritto di prelazione nell’ipotesi di divisione ereditaria e di alienazione dell’azienda
•il diritto alla liquidazione della loro partecipazione nell’ipotesi di alienazione dell’azienda,
ovvero di perdita della qualità di partecipante (ma non nel caso di cessione di tale qualità)
Il diritto di partecipazione all’impresa è intrasferibile, a meno che il trasferimento non
avvenga a favore di familiari già membri o che possono diventarlo (ad esempio per affinità)
e con il consenso di tutti i partecipanti (art. 230-bis, comma 4, cod. civ.).
Pertanto, un’eventuale cessione a terzi estranei alla cerchia di familiari indicati dalla norma
è da ritenersi nulla.
L’impresa familiare
perdita della qualità di partecipante
La qualità di partecipante si può perdere nei seguenti casi:
• morte; cessazione del rapporto familiare (es.: divorzio,
invalidità del matrimonio, invalidità o scioglimento
dell’unione civile, revoca dell’adozione);
• esclusione su decisione presa a maggioranza dai
membri (e, secondo alcuni, anche su decisione del solo
imprenditore, salvo risarcimento in caso di assenza di
giusta causa)
• recesso (che obbliga a risarcire il danno se esercitato
senza giusta causa); impossibilità a prestare oltre il
proprio lavoro
L’impresa familiare
cause di estinzione
L’impresa familiare si estingue per:
• il venir meno della pluralità di partecipanti;
• delibere assunta a maggioranza;
• fallimento;
• impossibilità di prosecuzione dell’attività;
• morte dell’imprenditore, ove nessuno dei partecipanti
eserciti il diritto di prelazione
Le successioni
Il fenomeno successorio:
profili generali
Successione: modificazione di un rapporto giuridico attraverso la
sostituzione di uno dei suoi elementi: il soggetto
In linea ancor più generale: collegamento di ordine temporale rispetto ad
una situazione precedente – di diritto o di fatto – riconducibile ad un
soggetto diverso.
La disciplina della successione contenuta nel Libro Secondo del codice
civile è dettata con esclusivo riferimento alla persona fisica (successione
per causa di morte). Di qui il necessario collegamento con la famiglia e con
gli istituti proprietari (e, più in generale, con le regole di circolazione della
ricchezza)
Il modello della successione
a causa di morte
La regolamentazione positiva del fenomeno successorio si svolge intorno a due
cardini: famiglia e proprietà
Modello di successione intimamente legato al modello di famiglia accolto dal codice
civile, sia pure in un concetto non uniforme:
• famiglia ristretta o nucleare: legittimari
• famiglia allargata: legittimi
• riconoscimento della parentale naturale (legge n. 219/2012)
Art. 42 Cost.:
•
•
•
•
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per
motivi d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello
Stato sulle eredità.
Morte della persona
La legge 1° aprile 1991, n. 99, in materia di espianti di organi e di
tessuti per trapianti a persone viventi, individua il momento della
“morte” accertata ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, la
quale lo ha identificato con la “cessazione irreversibile di tutte le
funzioni dell’encefalo” (art. 1)
Rapporti giuridici intrasmissibili
La vicenda successoria non riguarda tutte le situazioni giuridiche
attive e passive del de cuius
Alcune si estinguono con la morte (esempio: diritti reali di uso e
abitazione; diritti della personalità; obblighi di natura personale,
che hanno come presupposto un preciso legame con il creditore,
come gli obblighi alimentari o l’assegno divorzile; obblighi
infungibili)
I persistenti limiti all’autonomia privata:
il divieto dei patti successori (art. 458 cod. civ.)
•
L’invalidità dei vincoli assunti in vita circa il destino dei beni dopo la morte
(art. 458 cod. civ.), cioè dei patti detti istitutivi. Viene considerato come un
impedimento posto a tutela della libertà testamentaria
•
Sono nulli anche i patti dispositivi o rinunciativi (art. 458, comma 2, cod.
civ.), tesi ad evitare patti considerati immorali e ad impedire che
possano essere dilapidate sostanze che ancora non si hanno (v. anche art.
771 cod. civ.)
•
Unica deroga: la recente introduzione dell’istituto del patto di famiglia (artt.
786-bis ss. cod. civ.)
Regole successorie e nuove esigenze.
Cenni alle forme alternative
di trasmissione della ricchezza
•
Tutela della famiglia dei figli (legge n. 219/2012)
•
Riconoscimento alla ‘parte’ dell’unione civile dei medesimi diritti
successori spettanti al coniuge nella famiglia eterosessuale (art. 1,
commi 17 e 21, legge n. 76/2016)
•
Irrilevanza a fini successori della convivenza di fatto
•
Esigenza di restringere dell’ambito familiare (particolarmente vasto)
entro il quale opera la successione legittima e di rivedere l’istituto della
successione necessaria (e la tutela riservata ai legittimari)
•
Disciplina fiscale e cc.dd. “successioni anomale” o “fenomeni
parasuccessori”
Le regole della successione
delazione e vocazione
• “Delazione”: investitura in capo al chiamato a far propria l’eredità o
a conseguire il legato; essa sta quindi a indicare la situazione
soggettiva del chiamato a succedere. L’effetto devolutivo si avrà o
con l’accettazione della eredità o con la mancata rinuncia al legato.
Il chiamato ha già alcuni poteri prima dell’accettazione (art. 460 cod.
civ.)
• Vocazione: precisa il titolo alla base della delazione.
L’art. 457 cod. civ. statuisce che l’eredità si devolve per legge
(vocazione legale) o per testamento (vocazione testamentaria)
Tuttavia la fonte degli effetti è sempre la legge (con il testamento si
imprime una “direzione” agli effetti successori che sono comunque
prodotti della legge)
La successione necessaria
Non è una terza ipotesi di successione (che è sempre
legittima o testamentaria), ma esprime la considerazione
dell’ordinamento per gli interessi di determinati soggetti,
in presenza o meno di testamento (opera quindi sia
rispetto alla successione testamentaria sia rispetto alla
successione legittima)
I diritti dei legittimari
(artt. 536-564 cod. civ.)
• La c.d. successione necessaria e i legittimari
• Il calcolo della quota di legittima
• La lesione della legittima e la tutela dei legittimari:
l’azione di riduzione
Successione a titolo universale
e successione a titolo particolare
• Successione a titolo universale (solo a causa di morte):
l’erede succede in tutti i rapporti, attivi e passivi nella
totalità dei beni o in una quota
• Successione a titolo particolare: il legatario acquista un
bene determinato e non risponde dei debiti
I destinatari della delazione:
capacità e incapacità a succedere, indegnità
•
Persone fisiche: l’art. 462 cod. civ. introduce una peculiarità rispetto alla norma sulla
capacità giuridica, in quanto fa riferimento anche al nascituro e, per quanto riguarda
la successione testamentaria, al nascituro non concepito
•
Persone giuridiche: per testamento possono essere destinatarie della successione
tutte le organizzazioni, compresi gli enti non riconosciuti (a seguito delle modifiche
introdotte dall’art. 1 della L. 192/2000 che ha uniformato il regime della capacità di
succedere)
•
Incapacità a succedere: incapacità di carattere relativo nei confronti di alcuni
soggetti, quali il tutore (art. 596 cod. civ.), che potrebbero influenzare la volontà del
de cuius, essa, pertanto, non preclude la vocazione legittima, ma solo quella
testamentaria
•
Indegnità (art. 463 cod. civ.): causa di esclusione dalla successione (sanzione civile);
colpisce: a) chi si è macchiato di delitti contro la persona o la personalità del de cuius
o dei suoi stretti familiari b) contro la libertà testamentaria (art. 463)
La capacità si può riacquistare attraverso la riabilitazione, che può essere espressa o
tacita (art. 466)
Delazione successiva:
sostituzione
• Qualora il chiamato all’eredità non possa o non voglia accettare si
pone il problema di designare un altro soggetto
• In presenza di testamento è il testatore stesso che può indicare
un’altra persona: si ha, quindi, la sostituzione (art. 688 cod. civ.)
•
• Un’ipotesi particolare di sostituzione è la sostituzione
fedecommissaria (art. 692 cod. civ.). Si tratta di una doppia
istituzione, per cui il primo ha il vincolo di conservare i beni per il
secondo. Essa può essere disposta solo a favore dell’interdetto o
del minore incapace da parte dei genitori o degli ascendenti in linea
retta o dal coniuge
Delazione successiva:
rappresentazione; accrescimento
• Rappresentazione (art. 467 ss. cod. civ.): ha luogo qualora manchi
il testamento ovvero esso nulla dispone nel caso in cui il chiamato
non voglia o non possa accettare. Essa è possibile solo quando vi
siano tra i soggetti determinati vincoli di parentela
• Accrescimento (art. 674 cod. civ.): opera quando la sostituzione
non è stata prevista né la rappresentazione può trovare
applicazione. Presupposti: si ha in presenza di coeredi chiamati per
quote uguali e nello stesso testamento
• Diversa è l’ipotesi in cui un soggetto muore prima di accettare (art.
479 cod. civ.), per cui la possibile accettazione entra a far parte del
suo patrimonio e il suo erede può accettare questo diritto insieme
agli altri
La vocazione legittima
L’ambito degli eredi legittimi
• In mancanza di testamento, la legge indica gli eredi legittimi
denominati: categoria dei successibili (art. 565 cod. civ.), sono il
coniuge, i parenti entro il sesto grado, lo Stato
• Rilevanza della parentela naturale a seguito della riforma del 2012
• La successione del coniuge è stata introdotta dalla riforma del diritto
di famiglia del 1975. In questa successione può rilevare con
importanti conseguenze pratiche il regime patrimoniale della
famiglia: il coniuge in comunione acquista subito la metà dei beni e
concorre sull’altra metà
• La stessa disciplina si applica alle parti dell’unione civile (legge n.
76/2016)
La vocazione legittima
La successione dello Stato
Lo Stato è successore di ultima istanza, succede senza
bisogno di accettazione e non risponde dei debiti (art.
586 cod. civ.)
La vocazione testamentaria
(artt. 587-712 cod. civ.)
Il testamento: definizione
- La definizione è offerta dall’art. 587 cod. civ.
- Costituisce il modello emblematico dell’autonomia privata
- Ha la funzione di indirizzare gli effetti giuridici che
trovano comunque la loro fonte effettiva nella legge
La vocazione testamentaria
(artt. 587-712 cod. civ.)
Il testamento: caratteri
E’ un atto:
•
•
•
•
•
•
•
mortis causa (già perfetto nel momento in cui è redatto, ma destinato
necessariamente a produrre i suoi effetti dopo la morte dell’autore)
revocabile (artt. 587 e 679 cod. civ.)
unilaterale (volontà del singolo come elemento sufficiente e necessario per il
prodursi degli effetti)
unipersonale (divieto di testamento congiuntivo e reciproco, art. 589, che tutela la
spontaneità dell’atto e nel contempo sanziona la redazione collettiva)
non recettizio (non si richiede che sia indirizzato a coloro che saranno destinatari
degli effetti; è rivolto ai posteri)
formale (articolata disciplina della forma)
in quanto atto di ultima volontà, destinato necessariamente a produrre i suoi effetti
dopo la morte dell’autore (che non può più correggerlo o modificarlo), la disciplina
dell’interpretazione e dell’invalidità risulta differenziata rispetto agli altri atti di
autonomia.
In particolare, non rileva la necessità di tutelare l’affidamento dei terzi, ma occorre svolgere una penetrante
indagine sulla volontà del testatore, tenendo conto delle sua caratteristiche soggettive, al fine di individuare il
senso effettivo delle disposizioni e, in definitiva, l’effettività del volere
La capacità di testare
(art. 591 cod. civ.)
Non hanno la capacità di testare:
• il minore
• l’interdetto
• l’incapace naturale al momento dell’atto
(v. anche slide n. 95 su capacità di succedere)
Il contenuto del testamento
• Contenuto tipico: a carattere patrimoniale
• Contenuto atipico ed eventuale: non patrimoniale
(esempi: nomina di esecutore testamentario; riconoscimento figli naturali; pubblicazione di opera
inedita o di epistolari; cremazione, prelievo di organi)
• Testamento c.d. “spirituale”: privo di disposizioni di contenuto
patrimoniale
• Ammissibilità di disposizioni meramente negative (c.d.
diseredazione): solo per eredi legittimi, non legittimari
(per i quali può però operare l’indegnità – v. slide n. 95)
Ma l’art. 448-bis c.c., inserito dalla riforma del 2012, ha introdotto
un’eccezione, consentendo al figlio di escludere dalla successione il
genitore che si sia macchiato nei suoi confronti di fatti che non
integrano casi di indegnità
Le forme del testamento
(artt. 601 ss. cod. civ.)
Forme ordinarie
•
•
•
olografo (art. 602 cod. civ.)
segreto (art. 604 cod. civ.)
pubblico (art. 603 cod. civ.)
Forme speciali (validità temporale limitata)
• malattie contagiose o calamità (art. 609 cod. civ.)
• viaggi in mare (art. 601 cod. civ.) o in aereo (art. 616 cod. civ)
• impegno in operazioni belliche o prigionia (art. 618 cod. civ.)
Alla pubblicazione del testamento e ad avvertire eredi e legatari
provvede il notaio (cui deve essere consegnato l’olografo) appena gli è
nota la morte del testatore (artt. 620-623 cod. civ.)
Volontà testamentaria
e rilievo degli elementi accidentali
•
Condizione impossibile o illecita: si considerano sempre come non
apposte, lasciando così salva l’attribuzione (art. 634 cod. civ.)
•
Divieto di apporre un termine alle disposizioni a titolo universale (per
esigenze di certezza): se presente si ha per non apposto (art. 637 cod. civ.)
•
Tanto all'istituzione di erede quanto al legato può essere apposto un onere
(art. 647 cod. civ.)
Per l'adempimento dell'onere può agire qualsiasi interessato (art. 648,
comma 1, cod. civ.).
Nel caso d'inadempimento dell'onere l'autorità giudiziaria può pronunziare la
risoluzione della disposizione testamentaria se la risoluzione è stata
prevista dal testatore, o se l'adempimento dell'onere ha costituito il solo
motivo determinante della disposizione
(art. 648, comma 2, cod. civ.).
Motivo illecito: rende nulla la disposizione se è il solo che ha determinato la
disposizione (art. 626 cod. civ.) [Rilevanza dei motivi]
•
•
Volontà testamentaria e
determinabilità dei destinatari
Valide anche le disposizioni prive di un destinatario determinato
(disposizioni a favore dell’anima – art. 629 cod. civ. – e a favore
dei poveri - art. 630 cod. civ.).
Si risolvono in un onere per l’erede o il legatario (art. 647 cod. civ.)
Disposizioni fiduciarie (art. 627 cod. civ.): costituiscono
obbligazioni naturali
Volontà testamentaria
e vizi (errore, violenza, dolo)
• La singola disposizione (e non l’intero atto) può essere impugnata
per errore, violenza e dolo (art. 624 cod. civ.)
• Diversamente da quanto previsto per il contratto, l’errore non deve
essere riconoscibile, né la minaccia apprezzabile, né il dolo
determinante
• Anche l’errore sul motivo è rilevante se è il solo che ha determinato
la disposizione
La revocabilità
(artt. 679-687 cod. civ.)
•
Revoca espressa (con testamento successivo, in qualsiasi forma, o con
atto ricevuto da notaio avente esclusivamente tale contenuto)
•
Revoca tacita: incompatibilità tra le precedenti e le successive disposizioni
•
Revoca della revoca: rivivono le disposizioni revocate (art. 681 cod. civ.)
•
Distruzione, lacerazione, cancellazione del testamento olografo:
determinano la revoca (totale o parziale) delle relative disposizioni, a meno
che si provi che le condotte sono state poste in essere da persona diversa
dal testatore, ovvero che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo (art.
684 cod. civ.)
•
Ritiro del testamento segreto: può valere come olografo se di questo
abbia i requisiti (art. 607 cod. civ.). Ipotesi di conversione formale della
nullità
•
Revoca di diritto: per sopravvenienza di figli (art. 687 cod. civ.)