L`economia del Veneto - Università di Padova

L’economia del Veneto: cronaca di una crisi annunciata
Tiziano Tempesta
Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali - Università di Padova
Padova, Agosto 2012
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Per analizzare le performance economiche di una nazione o di una regione si possono utilizzare vari
aggregati economici. Generalmente si fa riferimento al prodotto interno lordo (PIL) o al valore
aggiunto (VA), anche se è noto che questi indicatori non fanno riferimento al benessere della
popolazione ma possono, al più, essere considerati una misura della capacità di produrre merci
vendute sul mercato. Quindi, specie nei periodi in cui vi è un forte trasferimento di fattori produttivi
(in particolare lavoro) da attività che non comportano la vendita sul mercato (ad esempio tutti i
lavori fatti in casa, l’assistenza agli anziani e ai bambini garantita dalla famiglia, ecc.) ad attività
che danno luogo a scambi monetari, si avrà un aumento fittizio del PIL. Anche trasformazioni
dell’assetto territoriale e insediativo possono dar luogo ad aumenti fittizi del PIL. Se a causa
dell’aumento della dispersione insediativa e della motorizzazione privata le persone passano sempre
più tempo in automobile (spesso in inutili code), il PIL aumenterà perché aumenta il consumo di
carburante e di mezzi privati di trasporto. Gli esempi che si potrebbero fare sono numerosissimi e
sono stati oramai analizzati da molto tempo dall’economia.
Chiarito quindi che il PIL non può in alcun modo essere considerato un indicatore di benessere, si
pongono altri problemi nel suo utilizzo per comprendere l’andamento delle capacità produttive di
un dato territorio. In primo luogo va rilevato che quando si fanno analisi di lungo periodo bisogna
sempre tenere in considerazione che nel tempo sono cambiati i criteri di quantificazione del PIL e
che è difficile deflazionare correttamente il valore della moneta. Quindi i dati non vanno presi alla
lettera ma si prestano a fornire delle indicazioni di tendenza. In secondo luogo l’andamento delle
capacità produttive di una regione può essere considerato in valore assoluto oppure in modo
relativo, facendo cioè riferimento all’andamento economico della nazione cui appartiene. Da ultimo
va posto in rilievo che per fare confronti di carattere internazionale o anche nazionale, l’indicatore
corretto non è il PIL ma il PIL procapite calcolato a parità di potere d’acquisto che si ottiene
dividendo il PIL per la popolazione residente.
Fatte queste premesse è possibile analizzare l’andamento delle capacità produttive del Veneto
considerando innanzitutto la misura che viene impiegata usualmente cioè il VA. Nella fig. 1 viene
riportato l’andamento del valore aggiunto della regione (misurato a prezzi costanti 2007) dal 1970
al 2007. Come si può notare l’economia è cresciuta fortemente durante gli anni ’70 periodo in cui il
valore aggiunto è cresciuto in media del 6% l’anno. Già nei due decenni successivi si è avuto un
rallentamento (il tasso medio annuo di aumento è sceso al 3,2% negli anni ’80 e al 2,6% negli anni
’90). A partire dal 2000 la crescita del valore aggiunto si è praticamente bloccata (+0,16% l’anno).
E’ interessante confrontare l’evoluzione del valore aggiunto con quello della popolazione. Negli
anni ’70 la dinamica demografica, sostenuta essenzialmente dall’elevata natalità, era
sostanzialmente in linea con quella del valore aggiunto. Negli anni ’80 al contrario la popolazione è
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cresciuta meno delle capacità produttive. Negli anni ’90 nuovamente la popolazione aumenta ad un
tasso analogo a quello del valore aggiunto, mentre a partire dal 2000 la popolazione inizia a
crescere ad un tasso mai riscontrato nel passato (0,87% all’anno) principalmente per effetto delle
migrazioni dai paesi dell’Est, specie quelli entrati nell’Unione Europea. Si tratta di un fenomeno per
certi versi paradossale: alla forte immissione di forza lavoro nell’economia regionale non è
corrisposto alcun aumento delle capacità produttive. Evidentemente, in questo periodo, al contrario
degli anni ’90, gli immigrati sono stati impiegati in settori economici a bassa o bassissima
produttività. Per avere un’idea più precisa di quanto accaduto si può analizzare la fig. 2 dove sono
riportate le variazioni percentuali del valore aggiunto della regione a prezzi costanti 2007. Si può
vedere chiaramente che la perdita di dinamicità dell’economia regionale è un fenomeno di lungo
periodo. Mediamente ogni anno dal 1970 la capacità di aumentare la produzione si è ridotta dello
0,17%. Si potrebbe forse arguire che il Veneto ha per certi versi seguito il complessivo andamento
dell’Italia, ma questo contrasta con quanto spesso affermano molti politici, e cioè che il Veneto è
pur sempre stato uno dei motori dell’economia nazionale. Per verificare tale ipotesi è interessante
analizzare l’evoluzione nel tempo del contributo regionale al prodotto interno lordo italiano. Se
osserviamo la fig. 3 notiamo che effettivamente la capacità produttiva della regione è stata superiore
a quella italiana nel periodo che va circa dalla fine degli anni ’80 alla fine degli anni ’90. In un
decennio il contributo della regione alla produzione nazionale è passato da circa l’8,5% a circa il
9,3%. A partire dal 1997 la regione è cresciuta tendenzialmente allo stesso ritmo dell’Italia nel suo
complesso. Il “miracolo” Nord-Est, almeno per quanto riguarda il Veneto, si situa in valore assoluto
negli anni ’70 e in valore relativo negli anni ’90 con una performance complessiva che pare avere
poco di miracoloso. Nel valutare le effettive capacità del sistema economico regionale e delle sue
imprese bisogna, infatti, considerare che, alla caduta del muro di Berlino e alla conseguente
apertura dei mercati dell’Est europeo, la regione si è trovata in una posizione assolutamente
strategica. Il Veneto avendo un’economia prevalentemente rivolta all’esportazione ha anche
beneficiato maggiormente delle varie svalutazioni della lira che si sono avute in quel periodo, e in
particolare di quella pesantissima avvenuta nel 1992. Si può notare, infatti, nella fig. 3 che il balzo
maggiore dell’economia veneta rispetto a quella italiana si colloca proprio dopo tale anno.
Da questo punto di vista è evidente che una volta entrati nella zona euro anche il Veneto ha perso
notevolmente la sua capacità competitiva.
Passando a considerare il valore aggiunto procapite (fig. 4) misurato a prezzi costanti 2007, il
rallentamento complessivo appare in maniera ancora più consistente. Praticamente a partire dal
2000 non aumenta più la capacita di aumentare il valore delle merci prodotte per residente. Si può
anzi notare (fig.5) che se dalla metà degli anni ’80 alla metà degli anni ’90 il valore aggiunto
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procapite nel Veneto è cresciuto di più di quello italiano, dopo tale periodo il trend si inverte e la
regione ha perso progressivamente posizioni rispetto al quadro nazionale.
Come notato, ciò dipende essenzialmente dall’incapacità di sfruttare adeguatamente l’opportunità
fornita dagli intensi flussi migratori. Gli immigrati sono stati occupati in settori, quali l’edilizia, a
bassa o bassissima produttività del lavoro. Il boom edilizio che si è verificato nella regione dal 2002
ha per certi versi contribuito a sostenere l’economia, ma ha anche creato un ingentissimo surplus
nella dotazione di fabbricati residenziali e produttivi che hanno causato il recente crollo di questo
settore acuendo ulteriormente le difficoltà economiche della regione.
Concludendo appare evidente che il modello di sviluppo del Veneto attualmente è in grande
difficoltà. Si tratta però di un fenomeno che ha origini lontane e non può essere addebitato alla crisi
economica attuale. Quello che i politici e gli stessi industriali si sono rifiutati di vedere da molto
tempo è che un modello economico basato esclusivamente sulla piccola e media impresa può
rivelarsi incapace di affrontare le sfide dei mercati, specie quando venga meno la possibilità di
rendere competitivo il sistema economico tramite la svalutazione della moneta. Purtroppo va
rilevato che questa incapacità di avere una visione strategica dei problemi economici potrebbe avere
pesanti riflessi in futuro poiché nella nostra regione si sono accumulati ritardi notevoli in alcuni
settori strategici. Ad esempio il tasso di scolarizzazione universitaria è più basso della media
nazionale che a sua volta è notevolmente inferiore alla media dei paesi OCSE. Oppure si pensi ai
problemi connessi all’assetto insediativo della regione e ai problemi logistici che ne conseguono.
Nel Veneto ci sono in media 10 zone industriali per comune, con punte di 15 nella provincia di
Treviso. Come può essere competitivo un settore produttivo frammentato e disperso nel territorio
come quello veneto? La risposta che viene data dalla politica e dagli stessi imprenditori è
assolutamente priva di lungimiranza e si basa esclusivamente sul pesante aumento della rete
autostradale della regione (si pensi alla Pedemontana in via di realizzazione) quando il problema
non è rendere raggiungibili la miriade di piccole fabbriche e zone produttive che punteggiano la
regione, quanto piuttosto di riallocare complessivamente le attività produttive in aree servite da
infrastrutture esistenti specialmente di tipo ferroviario e marittimo.
Infrastrutturare pesantemente il territorio produce diseconomie territoriali ingentissime poiché
favorisce ulteriormente la dispersione insediativa che finirà inevitabilmente per aggravare i già
rilevanti problemi idraulici e ambientali, degradando il paesaggio e riducendo per questa via la
possibilità che il turismo possa essere in futuro un volano dello sviluppo in molte parti della
regione.
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Fig. 1
Valore aggiunto (a prezzi 2007) e popolazione residente nel Veneto dal 1970 al 2010
5000000
+61,2%
4900000
+32,4%
140000.0
+1,6%
+25,8%
120000.0
4800000
numero
4600000
80000.0
4500000
60000.0
4400000
4300000
milioni di euro
100000.0
4700000
40000.0
4200000
20000.0
4100000
+5,97%
4000000
1970
1975
+1,46%
1980
1985
popolazione
+3,25%
1990
+8,75%
1995
2000
2005
0.0
2010
VA a prezzi costanti 2007
Fig. 2
Variazione percentuale del valore aggiunto nel Veneto a prezzi costanti 2007
12.0
y = -0.1332x + 267.77
R2 = 0.3033
10.0
8.0
6.0
var. %
4.0
2.0
0.0
1970
-2.0
1973
1976
1979
1982
1985
1988
1991
1994
-4.0
-6.0
-8.0
anno
5
1997
2000
2003
2006
2009
Fig. 3
Percentuale del PIL del Veneto sul PIL nazionale
9.60
9.40
%
9.20
9.00
8.80
8.60
8.40
1980
1983
1986
1989
1992
1995
1998
2001
2004
2007
2010
anno
Fig. 4
Valore aggiunto procapite nel Veneto a prezzi costanti 2007
30000.0
25000.0
20000.0
15000.0
10000.0
5000.0
0.0
1970
1975
1980
1985
1990
1995
6
2000
2005
2010
Fig. 5
Rapporto tra PIL pro capite del Veneto e dell'Italia
1.20
1.19
1.18
1.17
1.16
1.15
1.14
1.13
1.12
1.11
1.10
1.09
1980
1983
1986
1989
1992
1995
1998
7
2001
2004
2007
2010