Incontro del rabbino Alberto Sermoneta con gli studenti del Collegio

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Incontro del rabbino Alberto Sermoneta
con gli studenti del Collegio San Luigi
Bologna, 12 marzo 2010
Uno dei principi di fede della tradizione ebraica - noi non abbiamo sacramenti, ma principi di
fede, di fiducia in Dio - è quello di insegnare ai figli o agli alunni le nostre tradizioni, i nostri usi e
costumi e questo in ogni momento della nostra vita, non soltanto a scuola o a casa, ma "quando cammini
per la strada, quando sei seduto in casa", come dice uno dei testi fondamentali della nostra fede. E
allora i bambini, gli alunni, gli studenti sono l'appiglio per poter studiare di più, per poter sempre
approfondire.
Tra due settimane noi inizieremo a festeggiare la nostra Pasqua, la Pesach, che poi è all'origine
della Pasqua cristiana; Gesù ha celebrato la Pesach e non la Pasqua cristiana, perché era uno dei nostri.
Noi lo ricordiamo nella sua vita; non crediamo nella sua resurrezione, ma crediamo nella sua vita. Lui è
stato un ebreo e come tutti gli ebrei non c'è differenza tra ebrei buoni e cattivi, quello più vicino o più
lontano, quello ateo o religioso, quello credente o non credente. Gli ebrei sono ebrei. Dicevo che la
Pasqua è una festa completamente diverse dalle altre festività ebraiche. Durante le prime due sere
della festa, noi celebriamo una cena particolare, la cena del Seder, dell'Ordine, in cui vengono messi
sulla tavola cibi di ogni specie, fra i quali anche cibi che ci ricordano la schiavitù egiziana. Questo
perché la Pasqua ebraica ricorda la liberazione dall'Egitto. Al posto del pane e di tutti i cibi lievitati,
durante tutti gli otto giorni della Pasqua, noi mangiamo pane azzimo. Ma la cena del Seder, la cerimonia
che noi celebriamo in ogni famiglia ebraica, è all'insegna di un formulario che in ebraico si chiama
haggadà, che vuol dire "narrazione", "storia", "ripasso" ed è praticamente una raccolta di brani del
Talmud sull'uscita dall'Egitto. Ma il protagonista principale di questa narrazione è il bambino, il più
piccolo della casa, che porge delle domande al più grande proprio a proposito della diversificazione di
quella serata da tutte le altre sere dell'anno. E allora dalle quattro domande del bambino, l'anziano
inizia la narrazione: "Schiavi fummo del Faraone nell' Egitto", ecc.
Quindi noi abbiamo con i giovani un rapporto particolare, perché sono loro che ci stimolano a
conoscere di più, a studiare e approfondire le tradizioni e allora è fondamentale che si parli coi giovani.
Ma lo è anche per un altro motivo, cioè per il fatto che voi ragazzi siete il nostro futuro; non siete il
nostro presente. Vi mandiamo a scuola - perché anch'io ho dei figli - viviamo in funzione di voi giovani,
impegnando le nostre energie, perché voi possiate arricchire la vostra conoscenza sempre di più, per
poterci garantire un futuro migliore di quello che è oggi il presente. Cioè a dire un futuro che sia a
contatto con le diversità di società. Oggi che ci troviamo in una società multirazziale, non soltanto per
la presenza ebraica; gli Ebrei sono i più antichi cittadini italiani, ma forse in Italia gli Ebrei sono i più
antichi cittadini del mondo occidentale e la comunità di Roma - che io rappresento, perché sono nato a
Roma e di lì vengono i miei trisavoli e alla quale sono molto legato - risale a duecento anni prima di
Cristo. Gli Ebrei romani del 200 a. C. hanno accolto gli Ebrei importati come schiavi da Tito dopo la
distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 d.C.
Dovete sapere che una delle domande più interessanti, ma anche più inquietanti che tante volte i
ragazzi mi rivolgono è quella in cui mi si chiede quali sono le mie origini. Mi dicono: "Ma lei ha origini
israeliane?". Sembra che per forza si debba venire dall'estero, in particolare da Israele, se siamo
ebrei, ma non è così. Israele rappresenta gli Ebrei, ma è uno stato fondato di recente e che si basa
sulla tradizione ebraica. Israele è la terra che ha accolto gli Ebrei 2000 anni fa, ma da essa sono stati
cacciati; molti vi sono rimasti in modo clandestino, dal 70 d. C. fino al 1948, quando è stata proclamata
l'indipendenza dello Stato di Israele come stato ebraico. Ma gli Ebrei non hanno nessun legame politico
con Israele; gli Ebrei nascono e vivono nelle nazioni che li ospitano. Io, per esempio, sono ebreo romano,
ma provengo anche da una tradizione romana, una tradizione plurimillennaria. Quindi ormai non esiste
una diversità tra me e i cittadini italiani di oggi. Gli Ebrei italiani sono quelli che hanno partecipato
all'unità d'Italia, hanno combattuto tutte le guerre e si sono mortalmente offesi, prima ancora delle
leggi razziali, quando venivano esclusi dalla possibilità di combattere per la patria, anche nella seconda
Guerra mondiale. Poi, con le leggi razziali del 1938, gli Ebrei sono stati tagliati fuori, esclusi da tutti i
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diritti e doveri sociali. E allora ecco che in quel momento si è marcata la differenza tra ebrei e non
ebrei.
Ma che significa oggi essere ebrei? Vuol dire riconoscersi in una serie di tradizioni che fa sì che
gli Ebrei che vivono oggi nella società moderna si riconoscono anche con quelli che erano ebrei al tempo
di Abramo, Isacco, Giacobbe. Gli Ebrei si rifanno a quelle tradizioni che hanno distinto quella
popolazione rispetto a tante altre. Noi ebrei siamo il popolo che, all'interno di una società
completamente pagana, ha ideato il monoteismo; immaginate gli Assiro-babilonesi, i Sumeri, gli Egiziani,
i Romani stessi, che sono molto più vicini a noi, erano tutte popolazioni che credevano nella pluralità
della divinità.
Il paganesimo di qualsiasi tradizione non era soltanto rivolgersi a delle divinità, quanto il far
prevalere la supremazia di uno sull'altro. Voi sapete che i pagani compivano sacrifici umani, mettevano
in atto la schiavitù.
Gli Ebrei in Egitto hanno combattuto per la libertà. Ma che cos'è la libertà, ragazzi? Non è
soltanto il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma è il dovere di lasciare esprimere le opinioni altrui
e stare ad ascoltarle! Questo è fondamentale e questo noi vogliamo che voi giovani prendiate come
baluardo da portare avanti nella società moderna.
Oggi, con la globalizzazione si cerca di far essere tutti uguali, ma tutti uguali in un modo
appiattito e non come esseri umani. Perché Dio ci ha creati tutti a sua immagine e somiglianza e per
questo motivo noi abbiamo il dovere di rispettare chi ci sta davanti, qualunque colore di pelle abbia,
qualunque credo politico o religioso abbia; ma non è intesa in questo senso l'uguaglianza all'interno delle
nostre società. Il vincolo della libertà viene ribadito nel momento in cui gli Ebrei ricevono le tavole della
Legge sul monte Sinài, 50 giorni dopo l'uscita dall'Egitto. Quando voi ragazzi sentite parlare di "legge"
date a questo termine un senso di grande ristrettezza, mentre per i grandi maestri della nostra
tradizione rabbinica la Legge è il simbolo e il vincolo della libertà, perché non c'è una libertà senza la
legge, una legge che tuteli ogni essere umano, che gli dà la possibilità di manifestare le sue
caratteristiche umane. Questo è uno dei messaggi che noi Ebrei continuiamo a lanciare da 3500 or sono.
Una parabola del Talmud - voi sapete che il Talmud, oltre la Torah, è uno dei cardini su cui poggia
l'ebraismo - racconta di un pagano che si rivolge a un rabbino della scuola di Shammài, quella cioè più
severa, e lo sfida a dirgli tutta la Torah nel tempo che si riesce a stare su un piede solo, e lui si sarebbe
convertito dal paganesimo. Naturalmente per il suo carattere iroso, Shammài lo caccia in malo modo.
Allora il pagano va a rivolgersi al maestro Hillèl, che invece rappresentava una scuola molto più aperta e
in dialogo e questi gli risponde così: "Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Tutto il resto è
commento. Va e studia". Cioè a dire di rispettare l'altro come se stesso.
Poi ci sono delle regole che sono state date a noi Ebrei, così come ci sono regole per i
mussulmani o i cristiani; ogni popolazione ha le sue regole da rispettare ed è bene che sia così, perché
siamo tutti diversi. Ma ciò che rimane fondamentale è il rispetto reciproco, dentro alle varie diversità
tra i popoli, che noi abbiamo alla base della nostra tradizione ebraica.
Ma ora vorrei che foste voi a fare delle domande. Non vergognatevi.
Perché le comunità ebraiche sono state relegate in alcune zone delle città?
Non dimentichiamoci che nel 1555 una Bolla papale di Paolo IV Carafa costrinse gli Ebrei a
rinchiudersi nei ghetti, che erano la parte più infima della città. Oggi il ghetto tante volte è una delle
zone più belle della città, come qui a Bologna, a Venezia, con la rinomata Giudecca, o a Roma.
Dal 1870, con l'unità d'Italia, gli Ebrei sono stati liberati dai ghetti e tornati ad essere
considerati cittadini di serie A come tutti gli altri. Prima, infatti, erano considerati sotto-uomini,
materiale umano, privati dei loro diritti, per es. di lavorare, di muoversi.
L'unico lavoro che gli Ebrei potevano fare era vendere stracci o dare soldi a usura. Ma erano
stati costretti a questo. Non che non fossero dei professionisti capaci, ma veniva loro impedito tutto.
Per es. a Roma il primo medico del papa, nel 1600, si chiamava Samuél Zarfati, un ebreo proveniente
dalla Francia.
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E la Comunità ebraica di Bologna?
La Comunità di Bologna è una delle più giovani, delle più moderne. E' vero che la presenza
ebraica a Bologna risale ai tempi di Vitale e Agricola, protomartiri cristiani - probabilmente erano loro
stessi ebrei. Ma la prima presenza ebraica ufficiale a Bologna è registrata attorno al 1200. E il primo
ebreo era un cittadino romano, un certo Gaio Finzi, che si trasferì a Bologna. Faceva lo straccivendolo.
Bologna inoltre si può vantare di avere ospitato nella sua comunità ebraica il grande Ovadià
Sforno, che, da Roma si era trasferito a Bologna con tutta la sua famiglia. Anche lui era un grandissimo
medico, considerato il più grande professore di medicina all'università di Bologna.
Nel 1600 gli Ebrei furono espulsi da Bologna. Potevano passare dalla città, ma non abitarvi. E
dovevano portare come segno distintivo un cappello rosso. Qui c'è ancora un albergo che si chiama
"Hotel cappello rosso" ed è vicino a Piazza Maggiore e si chiama così per ricordare una delle locande in
cui era consentito agli Ebrei pernottare per una notte.
Dopo questo periodo gli Ebrei scompaiono da Bologna e vi ritornano solo dopo il 1860, quando,
con l'emancipazione, tutti i cittadini sono uguali, senza distinzione di religione.
La Comunità ebraica si riorganizza e spicca la personalità di Marco Momigliano, che fonda
l'Associazione volontaria israelitica, il nome di allora della Comunità ebraica. Nome che poi si
trasforma, prima in Comunità israelitica e poi in Comunità ebraica. Finalmente viene dato alla Comunità
anche un terreno in cui poter seppellire i propri morti.
Quali sono le differenze fondamentali tra ebraismo e cristianesimo?
Innanzi tutto noi non crediamo nella resurrezione di Gesù. Per noi la resurrezione avverrà nel
futuro per tutti. Poi per noi è fondamentale l'attesa del Messia e del suo regno, un regno di pace per
tutti. Non dobbiamo dimenticare che Gesù era ebreo, nasce in una famiglia ebraica dell'allora Palestina,
così chiamata dai Romani, ma era Israele. Gesù nasce in Israele da una famiglia ebraica.
E' il dopo che ci fa problema, perché noi non riconosciamo la resurrezione di Gesù. E attenzione:
anche noi crediamo alla resurrezione degli esseri umani, nel mondo futuro. La differenza fondamentale
tra noi e il cristianesimo è che i cristiani vivono in funzione di una resurrezione futura, mentre noi
viviamo in funzione di questa terra, del nostro presente. Ma uno dei 13 articoli di fede di Maimonide è il
credo nella resurrezione. E il Talmud dedica un trattato intero all'immortalità dell'anima e chi non ci
crede, non ha diritto al premio di ritornare a vivere nel mondo futuro, alla resurrezione dei morti, con
la venuta del Messia.
La venuta del Messia è fondamentale sia per noi che per i cristiani, perché il ritorno del Messia
realizzerà per tutti gli uomini il ritorno alla pace universale. A1 ritorno del Messia trionferà la bontà e
la giustizia divina e questo è molto importante.
Cos'è una scuola rabbinica?
Un collegio rabbinico è composto da un corso medio e da un corso superiore; il primo è
comparato alla scuola superiore e il secondo all'università. La laurea rabbinica è riconosciuta dal
ministero dell'Università. Una volta che un rabbino si è laureato, può ricoprire la cattedra rabbinica e
cioè gestire una Comunità ebraica. Ogni Comunità ha il suo rabbino capo. Capo non vuol dire che è a capo
di un gruppo di rabbini; ha solo la responsabilità della sua Comunità.
Gli studi rabbinici sono molto complessi. E gli esami finali di laurea si possono fare solo in Italia,
in Israele e in America, non negli altri Stati, dove ci sono solo delle Yeshivòt, cioè delle Accademie
rabbiniche. Noi siamo fortunati, in questo senso.
La scuola rabbinica italiana è nata alla fine del 1700. Anche le donne possono avere dei titoli di
studio rabbinico.
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Ma cosa significa essere ebreo?
Tutti coloro che nascono da madre ebrea, sono ebrei. Che poi siano atei, si battezzino, diventino
musulmani, non significa nulla, perché rimangono ebrei.
Per noi è fondamentale, per riconoscerci ebrei, l'osservanza delle 613 mitzvòt, i precetti
fondamentali. Ma anche chi non li osserva, rimane ebreo. L'ebraicità di una persona non può mai venire
meno, ma rimane sempre fondamentale, perché sta scritto nel testo biblico, che ogni uomo è figlio di
Dio e rispecchia l'immagine di Dio; per questo abbiamo il dovere di rispettarci gli uni gli altri, sempre, a
qualunque religione apparteniamo.
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