Quozienti
Note per gli studenti del corso di Geometria IV, Milano 2009-2010
M.Dedò
N.B. 1
Quanto segue NON va inteso come sostitutivo dei testi consigliati;
piuttosto, si propone di fornire un filo conduttore per quelle parti del programma
in cui il taglio delle lezioni si discosta maggiormente da quello di tali testi.
N.B. 2
Un’osservazione sulle figure: nel seguito, l’indicazione di un numero
in grassetto, come ad esempio 11391, indica l’immagine reperibile in rete,
all’interno del sito Immagini per la matematica del Centro matematita,
all’indirizzo ottenuto sostituendo il numero indicato alle XXX finali in
http://www.matematita.it/materiale/?p=cat&im=XXX .
Ad esempio alla pagina http://www.matematita.it/materiale/?p=cat&im=11391
si trova l’immagine riprodotta qui sotto.
1
1
Definizioni
Se X è un insieme e  una relazione di equivalenza su X, l'insieme quoziente X/
è l'insieme delle classi di equivalenza, cioè dei sottoinsiemi di X
[x] = {x’ X : x’  x};
la proiezione canonica di X sul quoziente è l'applicazione (surgettiva)
: X  X/
definita da
 (x)=[x].
Se X è uno spazio topologico, possiamo "trasportare" la topologia da X a X/
definendo:
A aperto in X/  -1(A) è un aperto in X .
La famiglia di sottoinsiemi di X/
così definita verifica gli assiomi per una
famiglia di aperti e quindi induce su X/ una topologia (che si dice topologia
quoziente). Infatti:
(A1) -1() =  è un aperto di X e così anche -1(X/) = X.
(A2) Se A e B sono due aperti di X/, allora
-1(A)  -1(B) = -1(AB)
è un aperto di X e quindi AB è un aperto di X/.
(A3) Se Ai è un aperto di X/, iI, allora -1(Ai) è un aperto di X, iI, e
quindi anche
-1(Ai) = -1(Ai)
è un aperto di X, sicché Ai è un aperto di X/.
Si osserva subito che l'applicazione  è continua; anzi, di più, la topologia su X/
è "fatta apposta" affinché  sia continua, ovvero è la topologia più fine (quella
con la più grande possibile famiglia di aperti) per cui  è continua.
Se YX, il saturato di Y rispetto a  è il sottoinsieme
-1((Y)) = {x X : yY xy};
Y si dice saturo se -1((Y)) = Y.
Un esempio di insieme saturo è una classe di equivalenza.
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2
Proprietà
(1)
Un sottoinsieme F di X/ è un chiuso di X/ se e solo se -1(F) è un chiuso
di X.
(2)
f: X/  Y è continua se e solo se f : X  Y è continua.
(3)
Se X e Y sono due spazi topologici omeomorfi,  e  sono due relazioni di
equivalenza su X e Y rispettivamente, e f è un omeomorfismo tra X e Y che
manda  in  (cioè xx’ se e solo se f(x)  f(x’)), allora i quozienti X/ e Y/
sono omeomorfi.
(4)
Ogni quoziente di uno spazio topologico connesso è connesso.
(5)
Ogni quoziente di uno spazio topologico compatto è compatto.
(6)
Non è detto che il quoziente di uno spazio topologico di Hausdorff sia di
Hausdorff.
(7)
Se X è uno spazio topologico compatto e di Hausdorff e se l'applicazione 
è chiusa, allora il quoziente X/ è di Hausdorff.
(8)
La proiezione  induce una corrispondenza biunivoca tra l'insieme degli
aperti saturi di X e l'insieme degli aperti del quoziente X/.
Alcune verifiche:
(1)
(2)
F è un chiuso di X/


(X/)\ F è un aperto di X/


-1((X/)\ F) è un aperto di X


X \ -1(F) è un aperto di X


-1(F) è un chiuso di X.
Se f è continua, lo è anche f per composizione; viceversa se f è continua
e se A è un aperto di Y, allora -1(f-1(A)) è un aperto di X e questo garantisce che
f-1(A) è un aperto di X/.
(3)
Definiamo g: X/  Y/ nel modo naturale, ovvero g[x] = [f(x)]. Il fatto
che xx’  f(x)  f(x’) garantisce che g è ben definita e iniettiva; g è surgettiva
3
perché lo è f; g è continua perché (dalla proprietà (2)) gX = Yf è continua; e,
analogamente, g-1 è continua perché g-1X = Yf-1 è continua.
(4) e (5) sono conseguenza del fatto che  è un'applicazione continua.
(6)
Ad esempio, sia X l'intervallo [-1,1] e  la relazione di equivalenza definita
da:
xx' se e solo se x=x’ per |x|<1
e
xx' se e solo se x=x’ per |x|=1.
X è uno spazio topologico di Hausdorff, ma X/ non lo è: è facile infatti
verificare che i punti 1 e -1 non hanno due intorni disgiunti.
Val la pena osservare che in questo esempio la proiezione sul quoziente
NON
è
un'applicazione chiusa; ad esempio, F = [1/2,1] è un chiuso di X tale che la sua
immagine (F) non è chiusa nel quoziente X/: infatti -1 (F) = ]-1,1/2][1/2,1]
non è un chiuso di X.
(7)
Vedi [K], teorema 8.11, pag. 60.
(8)
Sia A un aperto saturo di X. (A) è allora un aperto del quoziente X/
perché -1((A)) = A è un aperto di X. Quindi  induce una corrispondenza tra
aperti saturi di X e aperti di X/. Questa corrispondenza è surgettiva perché, per
ogni aperto B di X/, -1(B) è un aperto saturo di X (infatti -1--1(B) = -1(B)); è
anche iniettiva perché se per due aperti saturi A e A' vale (A) = (A'), allora si
ha anche A = -1((A)) = -1((A')) = A'.
Nel seguito, illustreremo alcune costruzioni che portano a una relazione di
equivalenza e quindi alla costruzione di spazi quoziente; ciascuna di queste
costruzioni genererà quindi famiglie di esempi. Le costruzioni a cui accenneremo
sono:
●
quozientare rispetto a una applicazione;
●
quozientare rispetto a un sottospazio;
●
quozientare rispetto all'azione di un gruppo;
●
quozientare rispetto a una identificazione.
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Quozientare rispetto a una applicazione
Sia X uno spazio topologico e f: X  Y un'applicazione; f induce una relazione di
equivalenza f definita da:
xf x’ se e solo se f(x)=f(x’).
f identifica quindi punti di X che hanno la stessa immagine. C'è una
corrispondenza biunivoca F tra il quoziente X/f e Imf (e quindi tra X/f e Y se
f è surgettiva), definita nel modo ovvio:
F([x]) = f(x).
Possiamo allora usare la costruzione del quoziente per trasportare la topologia da
X a Imf (ovvero a Y se f è surgettiva).
Un esempio
Sia X =Sn, Y = n e f l'applicazione che a ogni x in Sn associa la retta per x e –x
in n+1.
f è surgettiva e si può quindi considerare su n la topologia quoziente di Sn
rispetto a f. Con questa topologia, n è uno spazio topologico compatto,
connesso, e di Hausdorff: le prime due affermazioni sono ovvie (perché le sfere
sono compatte e connesse); per quel che riguarda la terza, basta osservare che
x Sn, -1((x)) = {x,-x}.
Quindi, se A è un chiuso di Sn, -1((A)) = A  -A è unione di due chiusi e quindi è
ancora un chiuso di Sn, il che garantisce che (A) è un chiuso di n.
N.B.
Abbiamo qui indicato con -A l'immagine di A mediante l'applicazione antipodale
a(x)=-x.
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4
Quozientare rispetto a un sottospazio
Sia X uno spazio topologico e sia A un sottospazio di X.
A induce su X una relazione di equivalenza A definita da:
x A x’ se e solo se x,x’A oppure x’=x.1
Il quoziente X/A = X/A
è lo spazio che si può immaginare ottenuto da X
“schiacciando a un punto” il sottospazio A.
Un esempio
Sia X = D2 e A = S1. Il quoziente D2/S1 è omeomorfo alla sfera S2.
Infatti, consideriamo l'applicazione f: D2  S2 definita da:
f (rcos, rsin) = (cos sinr, sin sinr, cosr);
è facile verificare che f è una applicazione continua, che manda tutta la
circonferenza S1 (r=1) nel polo Sud
S = (0,0,-1) della sfera S2 e che la sua
restrizione al disco aperto (r<1) è un omeomorfismo tra questo e il
complementare nella sfera del polo Sud.
Quindi l’applicazione g: D2/S1  S2 definita da g([x]) = f(x) è ben posta, è
continua (perché lo è f: proprietà (2) della lista nel paragrafo 2) e biunivoca. Per
concludere che si tratta di un omeomorfismo basta osservare che D2/S1 è
compatto e che S2 è di Hausdorff.
Esercizio
Verificare che il quoziente Dn/Sn-1 è omeomorfo alla sfera Sn.
Osservazione
Se A è un chiuso di X, la proiezione : X  X/A è un'applicazione chiusa.
Infatti, se F è un chiuso di X, -1((F)) è un chiuso di X (che potrà essere F
oppure F  A, a seconda che sia F  A =  oppure F  A  ); quindi (F) è un
chiuso nel quoziente X/A. Questa osservazione può risultare utile per la
proprietà (7): ne segue infatti che, se X è compatto e di Hausdorff, e A è un
sottoinsieme chiuso di X, allora il quoziente X/A è di Hausdorff.
1
D'ora in poi, in presenza di una situazione analoga, scriveremo soltanto
x A x’ se e solo se x,x’A
sottintendendo quindi il fatto che x  x, x (che sappiamo comunque essere necessario se
vogliamo definire una relazione di equivalenza).
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5
Quozientare rispetto all'azione di un gruppo
Sia G un gruppo e X un insieme. Diciamo che G agisce su X se esiste una
applicazione
GXX
(che indichiamo con (g,x)  gx) tale che:
1) IdG x=x, xX.
2) (gh)x=g(hx), xX, g,hG.
Il fatto che G sia un gruppo garantisce che le applicazioni g: X  X definite da
g(x) = gx
sono applicazioni biunivoche, gG.
Se X è uno spazio topologico e G agisce su X, diciamo che X è un G-spazio se
inoltre:
3) l'applicazione g: X  X è un omeomorfismo, gG.
Un'azione di G su X induce una relazione di equivalenza G definita da:
x G x’ se e solo se  gG tale che gx = x’.
(Esercizio: verificare che si tratta di una relazione di equivalenza).
Quindi, se X è un G-spazio, possiamo mettere una topologia sul quoziente;
indichiamo con X/G lo spazio topologico X/G.
Il quoziente viene detto anche spazio delle orbite, dove un'orbita per l'azione di
G su X è una classe di equivalenza rispetto a G:
Ox = [x] = {yX:  gG tale che gx = y}
Un esempio
Sia X = 2 e G = ; G agisce su X mediante le traslazioni:
(n,m)(x,y)=(x+n,y+m)
e il quoziente X/G è omeomorfo a un toro T =S1  S1 (vedi 2345 o 11404).
Per giustificarlo definiamo f: X  T come:
f(x,y) = ((cos 2x, sin2x) , (cos 2y, sin2y))
f é un'applicazione continua e passa al quoziente perché punti che differiscono
per una traslazione in G hanno la stessa immagine tramite f.
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Quindi è ben posta l’applicazione g: X/G  T definita da:
g([(x,y)]) = f (x,y).
Anche g è continua (perché lo è f = g), g è biunivoca (esercizio: verificarlo) e
quindi, per dimostrare che g è un omeomorfismo, basta osservare che T è uno
spazio di Hausdorff (perché prodotto di spazi di Hausdorff) e controllare che il
quoziente X/G è compatto. Quest'ultima affermazione non è automatica, perché
X non è compatto. Possiamo giustificarla nel modo seguente.
In generale, se X è un G-spazio e DX , si dice che D è un dominio fondamentale
per l’azione di G su X se:
1)
zX,  gG tale che gz  D;
2)
se z e w sono due punti della parte interna di D, allora gzw, gG.
Cioè, ogni punto di X si può "riportare" in D tramite un elemento di G, e D è un
insieme minimale con questa proprietà: due qualsiasi punti della parte interna di
D appartengono a orbite distinte. Questo garantisce che la restrizione a D della
proiezione : X  X /G è ancora un'applicazione surgettiva.
Tornando all’esempio che stavamo discutendo, il quadrato Q = [0,1]  [0,1] è un
dominio fondamentale per l'azione di G su X ed è un compatto, sicché lo è anche
X/G, perché immagine di Q tramite la restrizione a Q della proiezione sul
quoziente.
Esercizi
1.
Sia X =  e G = ; assegniamo l’azione di G su X mediante:
nx=x+n
Studiare il quoziente X/G.
2.
Sia X = 2 e G = ; assegniamo l’azione di G su X mediante:
n(x,y)=(x+n,y)
Studiare il quoziente X/G.
3.
Sia X = 2 e G = ; assegniamo l’azione di G su X mediante:
n(x,y)=(x+n,-y)
Studiare il quoziente X/G.
4.
Sia X = S2 e G = 2; assegniamo l’azione di G su X definendo g = id, se g=0
e g = a, se g=1 (dove a(x) = -x è l’applicazione antipodale su S2).
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Studiare il quoziente X/G .
5.
Sia X = S1 e G = n; assegniamo l’azione di G su X interpretando X come
l'insieme dei numeri complessi di modulo 1 e gli elementi di G come rotazioni di
centro l'origine e angolo 2k/n. Studiare il quoziente X/G.
6.
Sia X = 2 e G il gruppo generato dalle rotazioni di  di centro i punti a
coordinate intere. Studiare il quoziente X/G.
Osservazione
Se X è un G-spazio e : X  X/G è la proiezione sul quoziente, allora, per ogni
sottoinsieme A di X, si ha:
-1((A)) = {x X: (x)  (A)}=
= {x X:  gG , gx  A} =
= gG g(A)
Questo garantisce che la proiezione  è sempre un’applicazione aperta (infatti,
se A è un aperto, allora -1((A)) è unione di aperti, dato che g(A) è omeomorfo
ad A) e dice ad esempio che una condizione sufficiente (non necessaria!) a
garantire che  sia un’applicazione chiusa è che il gruppo G sia un gruppo finito
(in tal caso, infatti, se A è un chiuso, -1((A)) è unione di un numero finito di
chiusi e quindi è chiuso).
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Quozientare rispetto a una identificazione
L'esempio del toro nel paragrafo precedente ci porta a considerare situazioni di
questo genere. Siano assegnati uno spazio topologico X, due suoi sottospazi A e
B, tra loro omeomorfi, e un omeomorfismo f tra A e B: si può allora usare f per
“attaccare” A e B.
Formalmente, si considera il quoziente X/f , dove f è la relazione di
equivalenza definita da:
xf y se e solo se x A, y B e f(x)=y, oppure viceversa.
Il quoziente si dice ottenuto da X per identificazione di A con B (o incollando A
con B).
Esempio 1
Sia Q = [0,1]  [0,1] come nell'esempio del paragrafo precedente,
A = ({0} [0,1])  ([0,1] {0}) e B = ({1} [0,1])  ([0,1] {1}).
La relazione di equivalenza su 2 relativa all'azione del gruppo G considerato nel
paragrafo precedente si riduce, in Q, alla identificazione di A con B mediante
l’omeomorfismo f : A  B definito da:
f(0,t)=(1,t) e
f(t,0)=(t,1).
Verificare che il quoziente Q/f è omeomorfo a un toro T =S1  S1.
Esempio 2
Sia Q= [0,1]  [0,1] come nell'esempio precedente. Incolliamo questa volta solo
due dei lati di Q e proviamo a farlo in tre maniere diverse. Sia allora:
A = ({0} [0,1])
B = ({1} [0,1])
f : A  B l’omeomorfismo definito da f(0,t)=(1,t)
g : A  B l’omeomorfismo definito da g(0,t)=(1,t2)
h : A  B l’omeomorfismo definito da h(0,t)=(1,1-t)
Sia X =Q/f, Y =Q/g, Z =Q/h: ci domandiamo se si tratta di tre spazi topologici
fra loro omeomorfi; in effetti X e Y lo sono, mentre X e Z non lo sono.
Per quanto riguarda la prima affermazione, si può verificare che F : Q  Q
definita da
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F(s,t)=(s,(1-s)t+st2)
è ben definita (occorre controllare che 0(1-s)t+st21), induce un'applicazione
tra X e Y (occorre controllare che punti equivalenti tramite f hanno per
immagine punti equivalenti tramite g) e che tale applicazione è un
omeomorfismo (Esercizio: verificarlo). In alternativa, si potrebbero costruire
direttamente due omeomorfismi tra X (rispettivamente, Y) e il cilindro S1[0,1].
Invece X e Z non sono fra loro omeomorfi; per giustificarlo, distinguiamo i punti
di X in due tipi differenti:
•
i punti [s,t] con 0<t<1 hanno la caratteristica di avere un intorno
omeomorfo a D2 (la cosa è ovvia per i punti con 0<s<1; se s=0 oppure s=1
un intorno di [0,t]=[1,t] si ottiene incollando due semidischi che
rappresentano due intorni rispettivamente di (0,t) e di (1,t) in Q.
•
i punti [s,t] con t=0 oppure t=1 non ammettono un intorno omeomorfo a D2
(ma hanno un intorno omeomorfo a un semidisco).
Torneremo in seguito su questa distinzione e chiameremo bordo di X (indicandolo
con X) l’insieme dei punti di X del secondo tipo; possiamo operare la stessa
distinzione sui punti di Z e otteniamo che anche il bordo Z di Z è l'immagine nel
quoziente dei due segmenti [0,1] {0,1}.
Quello che qui ci interessa osservare è che, dato che un disco e un semidisco non
sono fra loro omeomorfi (esercizio: perché?), un eventuale omeomorfismo tra X
e Z dovrebbe restringersi a un omeomorfismo tra X e Z. Ma questo è assurdo
perché X non è connesso (è l’unione disgiunta di due circonferenze S1  {0,1}),
mentre Z lo è. Z è infatti l’immagine nel quoziente dei due lati
[0,1] {0}  [0,1] {1};
ma il punto (0,0) si identifica nel quoziente a (1,1), mentre (0,1) si identifica a
(1,0), quindi l’immagine è connessa; di più, è omeomorfa a S1 (esercizio:
verificarlo).
Z si dice nastro di Moebius (vedi 15).
Nel seguito ci riferiremo alla curva  = ([0,1]  {1/2}) come a una circonferenza
centrale del nastro di Moebius.
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Questo esempio lascia intendere che in una situazione di questo genere (in cui
cioè si identifichino due intervalli) non è importante specificare esplicitamente
quale omeomorfismo si utilizzi per questa identificazione, ma serve soltanto
sapere l'immagine dei due estremi tramite tale omeomorfismo, il che dà in un
certo senso il “verso” secondo cui i due intervalli vengono identificati.
Questo in effetti è vero (anche se qua non lo dimostreremo).
Spesso si usa tenere traccia di questa situazione con una figura schematica del
tipo:
X rappresenta quindi il quoziente del quadrato Q di vertici A, B, C, D rispetto
alla relazione f, dove f è un (QUALUNQUE) omeomorfismo tra i due lati AB e CD tale
che f(A)=C e f(B)=D. Z è il quoziente del quadrato Q rispetto alla relazione g,
dove g è un (QUALUNQUE) omeomorfismo tra i due lati AB e CD tale che g(A)=D e
g(B)=C.
Possiamo in maniera analoga "incollare" due spazi topologici mediante un
omeomorfismo: sono dati in questo caso due spazi topologici X e Y, un
sottospazio AX, un sottospazio BY e un omeomorfismo f : A  B. Incollare X
e Y tramite f significa allora considerare lo spazio topologico (che indicheremo
con X f Y ) ottenuto come quoziente dell'unione disgiunta di X e Y rispetto alla
relazione di equivalenza f definita da:
xf y se e solo se x A, y  B e f(x)=y, o viceversa.
Esempio 3
Sia X un disco D2, A la sua circonferenza di bordo , Y un nastro di Moebius, B la
sua circonferenza di bordo, e f un omeomorfismo tra A e B. Stiamo qui usando la
parola “bordo” in maniera analoga a come l’abbiamo usata nell’esempio
12
precedente (e a come verrà precisata nel seguito). L'incollamento X f Y
è
omeomorfo a un piano proiettivo 2.
Una maniera per vederlo è quella di pensare al piano proiettivo 2 come il
quoziente della sfera rispetto all'applicazione antipodale: dividiamo allora la
sfera in tre regioni, due calotte intorno ai poli (omeomorfe entrambe a un disco,
e una corrispondente dell'altra mediante l'applicazione antipodale) e una fascia
equatoriale omeomorfa a un cilindro. Quozientando, le due calotte danno un
unico disco mentre la fascia equatoriale dà un nastro di Moebius.
Osservazione
Abbiamo qui distinto il caso in cui si identificano due sottospazi A e B di uno
spazio topologico X dal caso in cui si incollano due spazi topologici X e Y
identificando un sottospazio A di X con un sottospazio B di Y.
Questa distinzione però non è necessaria: possiamo far rientrare questa seconda
situazione nella prima considerando lo spazio topologico Z dato dall’unione
disgiunta di X e Y.
Esempio 4
Siano X e Y due copie di una sfera S2, AX e BY due sottospazi, di X e Y
rispettivamente, omeomorfi entrambi a un disco D2, e sia f un omeomorfismo tra
A e B. Verificare che X f Y è omeomorfo a
Z = {(x,y,z)3: x2+y2+z2=1 oppure x2+y2=1 e z=0}
Riferimenti bibliografici
[J]
Janich, Topologia, Zanichelli 1994
[K]
Kosniowski, Introduzione alla topologia algebrica, Zanichelli, 1988
[S]
Dedò, Superfici, Note per il corso di Geometria IV, Milano, 2010
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