1 GLI ALBERI DEL PIAZZALE

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GLI ALBERI DEL PIAZZALE
Il castagno (a sin. nella foto) e il
faggio davanti alla “colonia”
Davanti alla casa denominata “colonia”, sede legale della
cooperativa agricola “Il Glicine”, c’è un piazzale
costruito con materiale di riporto ricavato dallo
sbancamento effettuato per la costruzione dello
stabile.
A delimitare il piazzale, sul versante sud, sono state
piantate delle essenze caducifoglie che, grazie alle loro
radici, impediscono l’erosione dovuta all’acqua piovana
rendendo il terreno stabile e che, durante l’estate,
ombreggiano il caseggiato. I caducifoglie sono alberi
che perdono le foglie in autunno e che permettono al
sole, durante l’inverno, di scaldare i muri della casa
mantenendoli asciutti. La scelta di piantare pini o altri
sempreverdi davanti alle abitazioni è essenzialmente
data da fattori estetici ma è un errore dal punto di
vista energetico.
Le tre piante che delimitano il piazzale sono infatti l’esempio di come chi viveva nella
natura avesse capito l’importanza di sfruttare appieno le potenzialità della stessa:
•
Il CASTAGNO (probabilmente più di 400 anni di
età), presenta una circonferenza di 6 m. misurata ad
1,3 m di altezza.
Si presume che già all’epoca, 1500-1600, sia stato
piantato per fare ombra ad una casa e
successivamente capitozzato (tagliata la cima) per
evitare che la rottura di un ramo creasse pericolo per
l’abitazione.
In tempi recenti la pianta è stata nuovamente
capitozzata dai soci della cooperativa per evitare lo
stesso inconveniente. Il castagno è una pianta molto
longèva che produce frutti commestibili sia per l’uomo
che per gli animali. Le sue foglie coriacee sono
utilizzate come lettiera per gli animali, i ricci per
accendere il camino.
Quando la pianta viene abbattuta la sua legna può
Una quercia dell’Alpe Selviana
GUIDA AL SENTIERO DIDATTICO – ALPE SELVIANA
Coop. Agric. “Il Glicine” Via Selviana 42 – 28887 Agrano (VB) Tel: 0323 81287 E-mail: [email protected]
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essere impiegata per la costruzione di opere (travi, pali per recinti e vigna, assi per
pavimenti, serramenti, mobili ecc), oppure come legna da ardere.
•
Il FAGGIO (circa 100 anni di età) si trova, guardando a valle, a sinistra del
castagno (sinistra orografica). Le sue foglie sono piccole, coriacee e resistenti e
quindi si prestavano ottimamente al riempimento di sacchi che fungevano da
materasso. Nelle baite di montagna si usava delimitare un angolo del rifugio con delle
assi e riempire lo spazio con foglie di faggio ove dormire. I semi del faggio, o faggiole,
sono mangiati da tutti gli erbivori. Un tempo le faggiole venivano tostate e macinate
come surrogato del caffè. Questo albero può vivere per diversi secoli.
•
La QUERCIA (circa 100 anni di età) si trova a destra del castagno. Anche la
quercia produce frutti commestibili per gli animali (soprattutto maiali). Un tempo, in
periodi di carestia, le ghiande seccate e macinate venivano utilizzate anche dall’uomo
per preparare una farina commestibile, oppure tostate e macinate come surrogato del
caffè. Per molte civiltà antiche era un albero considerato sacro che può raggiungere, e
superare, i 1000 anni di età.
Nella parte del piazzale che si affaccia sul mirtilleto si trova il tronco di un castagno
capitozzato nel 1995 perché, a causa di una malattia provocata da un fungo, i rami
seccavano e avrebbero potuto staccarsi creando un pericolo per chi si sedeva ai tavoli.
Il tentativo di ridare vigore e forza alla pianta non è andato a buon fine e quindi si è
dovuto procedere al taglio definitivo dei rami lasciando solo il tronco che funge da
supporto al pergolato.
Nel luglio 2003 si è purtroppo dovuto procedere al taglio del faggio.
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IL LAMPONETO
Il lampone cresce spontaneo sulle nostre montagne. Pur trovandolo in boschi misti,
predilige pendii soleggiati purché umidi. Il lampone, come il rovo, appartiene alla
famiglia delle Rosacee e fa parte dei cosiddetti “piccoli frutti” o “frutti di
sottobosco”. Come tutti i frutti che crescono “sotto il bosco” anche il lampone
necessita di humus (sostanza organica decomposta).
Nei boschi di caducifoglie in autunno le foglie cadono a
terra e si decompongono formando quello strato fertile di
cui tutte le piante si nutrono. Le piante del sottobosco sono
comunque più vigorose se crescono nelle radure o ai bordi
dei boschi, questo perché tali zone offrono il terreno e la
luce di cui necessitano.
Tenendo conto di queste osservazioni e ricordando che
all’Alpe Selviana si pratica agricoltura biologica, i lamponi
sono stati piantati in pieno sole. Le condizioni naturali del
terreno boschivo vengono ricreate coprendo il suolo vicino
alle piante con foglie, segatura o erba da sfalcio. Questa
pratica, denominata “pacciamatura”, serve oltre che ad
arricchire
il
suolo
di
materiale
organico
che
Il lamponeto
decomponendosi forma l’humus, anche a limitare la crescita
delle erbe non gradite e a mantenere umido il terreno. Il letame maturo integra
l’alimentazione dei lamponi; tale letame viene sparso negli interfilari in modo da non
favorire la crescita delle erbacce vicino alle piante.
I lamponi più comuni fruttificano sui polloni dell’anno
prima, esistono però delle varietà che fruttificano due
volte (rifiorenti): la prima volta sulla punta del pollone del
primo anno e poi, come gli altri, sui tralci che crescono il
secondo anno dalle gemme disposte lungo il pollone
dell’anno prima. La piantagione di lamponi ha una vita
limitata, circa 12-15 anni, per questo motivo all’Alpe
Selviana le coltivazioni sono situate in posti accessibili ai
trattori per agevolare la lavorazione del terreno una volta
esaurita la piantagione. Le piante dei lamponi necessitano
di sostegno e di contenimento in filare, per permettere il
passaggio della falciatrice e taglio dell’erba e dei polloni
cresciuti fuori dalla fila.
Senza questo accorgimento la piantagione diventerebbe
impenetrabile in breve tempo impedendo così ogni tipo di
Lamponi pronti per il raccolto
pratica agronomica, raccolto compreso.
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I frutti, generalmente rossi (esistono anche varietà gialle e nere), vengono consumati
freschi, in macedonie, coppe gelato e prodotti di pasticceria, oppure congelati o
trasformati in confetture, sciroppi e liquori.
La cooperativa agricola “Il Glicine” vende i suoi frutti, sia freschi che trasformati, ai
grossisti nonché direttamente ai consumatori attraverso un punto vendita all’Alpe
Selviana ed in fiere e mercati.
All’Alpe Selviana i lamponi vengono coltivati da sempre con il metodo biologico
garantito dall’ICEA - Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (fino al
23/07/03 l’ente di controllo era l’AIAB – Associazione Italiana Agricoltura
Biologica).
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IL MIRTILLETO
Nei nostri boschi misti di castagno, quercia, faggio e larice troviamo il mirtillo selvatico o
mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) che raggiunge un’altezza di alcuni decimetri. Anche il
mirtillo, come il lampone, si sviluppa e fruttifica meglio se cresce in posti soleggiati e ricchi
di humus come ai bordi dei boschi e nelle radure. A differenza del lampone il mirtillo,
essendo una pianta acidofila, richiede un particolare tipo di terreno (relativamente difficile
da trovare), ricco di sostanza organica con un ph (caratteristica chimica) posto fra il 4,5 ed
il 5,5.
Infatti uno dei motivi che ha indotto la coltivazione dei mirtilli
all’Alpe Selviana è l’abbondanza di terreno ideale per questa
coltivazione e di conseguenza la probabile scarsa concorrenza
da parte di altri coltivatori che non godono delle stesse
condizioni.
All’Alpe Selviana si coltivano i mirtilli giganti (Vaccinium
corymbosum) che appartengono alla famiglia delle Ericacee,
come quelli selvatici, ma provengono dall’America dove crescono
spontaneamente. Il mirtillo gigante è stato introdotto in
Europa nei primi decenni del 1900 e poi migliorato attraverso
selezione ed incroci.
La pianta del mirtillo gigante è un arbusto perenne che può
superare i 2 metri di altezza e non richiede sostegno avendo
rami legnosi auto portanti.
I frutti si presentano a grappoli e
maturano gradualmente all’interno
dello stesso grappolo. Durante il raccolto si deve dunque
effettuare una selezione. A differenza del lampone, che è un
frutto estremamente delicato e deteriorabile, il mirtillo è un
frutto abbastanza resistente e quindi è più facile gestire i
tempi per la vendita. Se adeguatamente refrigerato può
resistere anche più di 15 giorni prima di essere consumato (il
lampone solo 2-3 giorni).
I frutti vengono venduti freschi nel punto vendita all’Alpe
Selviana, nei mercati locali ed a rivenditori di fiducia sensibili
alla qualità biologica. I frutti coltivati all’Alpe Selviana sono
infatti controllati
dalla
AIAB (Associazione Italiana
Agricoltura Biologica), dal 23/07/03 dalla ICEA – Istituto per
la Certificazione Etica ed Ambientale. Recano inoltre il marchio
Quando inizia il raccolto i mirtilli
si presentano così
Il grappolo di mirtilli giganti
porta contemporaneamente
frutti maturi e frutti acerbi.
Notare i segni della grandine.
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“Mirtilli del Mottarone”. Il marchio d’azienda è registrato dalla Cooperativa agricola “Il
Glicine” che garantisce la provenienza dei frutti ed invita il consumatore a controllare di
persona l’impianto di coltivazione.
I frutti vengono anche trasformati in confetture, sciroppi, succhi e prodotti alcolici dalla
stessa cooperativa.
La pianta del mirtillo offre svariate applicazioni in
campo medicinale. A titolo di esempio ne elenchiamo
alcune: sono degli ottimi regolatori intestinali, in
genere usati con funzione antidiarroica ed
antisettica, un tempo utilizzati perfino in caso di
colera e tifo. Hanno proprietà di vasocostrittore
vengono infatti consigliati in caso di vene varicose e
rottura di capillari (retina compresa), aumentano
inoltre la percezione visiva notturna. Il mirtillo è
uno dei pochi frutti prescritti in caso di diabete; il
frutto ed il decotto di foglie pare funzionino come
ipoglicemizzante (abbassano la glicemia). Per uso
esterno gli impacchi di polpa e succo sono utili in
caso di infiammazione della pelle e delle mucose:
afta, eczemi, piaghe che stentano a cicatrizzare,
fragilità delle gengive, disturbi emorroidali.
Potrebbe anche favorire la crescita dei capelli.
I fiori del mirtillo gigante
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LA GESTIONE DEL TERRENO
In natura, alle nostre latitudini e sino a circa 2000 metri di altezza sul livello del mare
(l’Alpe Selviana si trova a 6oo m scarsi sul livello del mare), si trova il clima ideale a
favorire una vegetazione spontanea di tipo prevalentemente boschivo. Si deduce quindi che
è stato l’uomo, con il suo intervento, a tagliare i boschi per costruire strade, paesi e città e
dare spazio a campi, pascoli e prati.
Nel bosco l’impatto dell’acqua piovana con il terreno viene frenato dalle chiome degli alberi,
al suolo lo strato di materiale organico (foglie, rami secchi, aghi di conifere, felci, erba
cespugli e muschio) ricopre il terreno mantenendolo soffice. Questo fa sì che l’acqua che
cade dalla chioma venga facilmente assorbita dal terreno. Le radici degli alberi e dei
cespugli tengono la terra ancorata al suolo, tale azione è importante soprattutto in luoghi
scoscesi (come in montagna).
Da quando l’uomo ha iniziato a coltivare (favorendo la crescita di alcuni vegetali al posto di
altri) e ad allevare erbivori (anche il pascolo è una coltivazione) ha avuto bisogno di spiazzi
senza alberi per permettere alla luce del sole di arrivare al suolo. In tempi preistorici si
ricavavano questi spazi bruciando i boschi (lo stesso metodo viene utilizzato ancora oggi in
Amazzonia).
Tagliando il bosco il terreno rimane esposto all’acqua piovana che non reca danno se il
terreno è in piano, ma lo erode se si trova in pendio.
Quando l’uomo disbosca una zona, in modo particolare in montagna, la sottrae al corso
naturale della sua evoluzione che ha impiegato milioni di anni per arrivare a quel punto. Si
deve quindi prevenire il fenomeno del dilavamento (azione erosiva esercitata dalle acque
meteoriche).
Il terrazzamento è uno di questi metodi: la
parte in piano permette di fermare il corso
dell’acqua durante la pioggia e di favorirne
l’assorbimento da parte del terreno. L’erba
con le sue radici intrecciate forma la “cotica
erbosa” (termine con cui si indica la “pelle”
della terra) la cui funzione è quella di
trattenere il terreno in caso di pioggia o di
vento forte. La parte in piano del
terrazzamento favorisce inoltre il passaggio
di chi ci lavora.
E’ molto importante tenere pulito il corso dei
Mirtilleto all’Alpe Selviana
ruscelli poiché i rami caduti dagli alberi
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potrebbero formare dighe e deviare così il corso dell’acqua che, scavandosi una nuova sede,
porterebbe a valle tutto ciò che trova lungo il suo percorso.
All’Alpe Selviana il terreno molto sabbioso, di origine prevalentemente morenica, richiede
una particolare attenzione nell’applicazione dei metodi atti ad impedire il dilavamento del
terreno.
Nei luoghi particolarmente scoscesi i soci della Cooperativa Agricola “Il Glicine” hanno
scelto di coltivare piante perenni in modo da limitare il rinnovo frequente delle piantagioni
e quindi di movimentazione della terra. All’Alpe Selviana non è possibile coltivare vegetali
che richiedono un’aratura annuale, se non limitatamente alle poche superfici piane. I
temporali laverebbero via velocemente la parte fertile di terreno lasciando esposta la
parte minerale depositata dai ghiacciai, se non addirittura il granito sottostante.
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