ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA: “IL SISTEMA DEI NEURONI SPECCHIO: QUALI IMPLICAZIONI PER IL LINGUAGGIO. STUDIO DI TRE QUADRI DI AFASIA NON-FLUENTE.” Premesse teoriche Nella letteratura recente si trovano numerose evidenze relative all’efficacia dell’applicazione di procedure terapeutiche basate sull’utilizzo del gesto al fine di migliorare l’accesso semantico-lessicale nei pazienti con afasia (Raymer et al., 2006; Rose e Douglas, 2001). Tali evidenze vanno a supporto della teoria secondo la quale l’effettiva esecuzione di un gesto semanticamente coerente e pertinente sarebbe in grado di facilitare il recupero lessicale (Krauss et al., 1996, 2000). All’inizio degli anni Novanta l’équipe di Rizzolatti del laboratorio di Parma ha scoperto nella scimmia l’esistenza di neuroni, detti “neuroni specchio”, che si attivano sia nella fase di esecuzione di una determinata azione sia durante l’osservazione di un’azione simile compiuta da altri individui (Rizzolatti et al., 1996a; Gallese et al., 1996). Alcuni studi di stimolazione magnetica transcranica (TMS) hanno fornito prove convincenti del fatto che anche il sistema motorio dell’uomo possiede proprietà specchio (Fadiga et al., 1995). Inoltre, grazie all’utilizzo delle metodologie di brain imaging è stato possibile localizzare alcune aree coinvolte nel sistema dei neuroni specchio dell’uomo (Rizzolatti et al., 1996b). La scoperta dei neuroni specchio ha influenzato profondamente non solo le neuroscienze, ma anche la neuroriabilitazione. In particolare, nell’ambito della terapia dei disturbi afasici, alcuni studiosi hanno ipotizzato che anche la sola osservazione di azioni, al pari dell’esecuzione delle stesse, possa svolgere la funzione di facilitare il recupero lessicale. I risultati di due recenti studi condotti da Marangolo et al. (2010, 2012) hanno evidenziato che l’osservazione dei gesti è efficace quanto la loro effettiva esecuzione nel promuovere un miglioramento significativo e a lungo termine della capacità di denominare nei pazienti afasici non-fluenti. Obiettivo L’obiettivo primario dello studio che abbiamo condotto presso la Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera – Università di Padova e l’Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Ospedale di Montagnana era quello di valutare 1 l’efficacia di una terapia basata sull’osservazione di gesti nel favorire un miglioramento dell’accesso semantico-lessicale in tre pazienti cronici con afasia non-fluente. Nello specifico, lo studio ha indagato quali variabili possano promuovere o inficiare il successo di questo tipo di trattamento riabilitativo. Caratteristiche dei pazienti Allo studio hanno partecipato tre pazienti con afasia non-fluente in esiti di ictus cerebrale a carico dell’emisfero sinistro, con forme di afasia diverse per tipologia e livello di gravità. I tre pazienti sono stati valutati in fase iniziale mediante la somministrazione del test AAT (Luzzatti et al., 1996), delle prove di comprensione uditiva e denominazione orale di verbi del test BADA (Miceli et al., 1995) e delle prove di valutazione dell’aprassia ideativa (De Renzi e Lucchelli. 1988), ideomotoria (De Renzi at el., 1980) e buccofacciale (Della Sala et al., 1998). Secondo i risultati della valutazione iniziale le caratteristiche cliniche dei tre pazienti sono le seguenti: Caso 1: 61 anni, destrimane, presenta emiplegia destra, afasia di Broca di entità grave, aprassia del linguaggio, alessia e agrafia in esiti di emorragia frontotemporo-parietale intraparenchimale verificatasi tre anni e mezzo prima; Caso 2: 65 anni, destrimane, da cinque mesi presenta afasia transcorticale motoria di grado medio e disturbo delle funzioni esecutive in esiti di lesione ischemica acuta della regione frontale anteriore; Caso 3: 62 anni, destrimane, da circa un anno presenta afasia di Broca di grado medio, acalculia e deficit attentivi in esiti di ictus ischemico della regione fronto-temporo-parietale dell’emisfero di sinistra. Materiali e metodi Per la terapia sono stati selezionati 148 gesti (cinetografici, deittici, simbolici e pittografici) e per ciascuno di essi è stato realizzato un video. Allo scopo di stabilire i target linguistici più frequentemente associati a ciascun gesto ed eliminare eventuali ambiguità linguistiche, i video sono stati somministrati ad un campione di 10 soggetti normali, sei femmine e quattro maschi, con un età media di 42.9 anni e una scolarità media di 12.6 anni. Tutti i video sono stati proposti ai pazienti in fase pre-trattamento. Ciascun paziente ha partecipato a cinque sedute di terapia alla settimana, della durata di 30-45 minuti, per due settimane consecutive. In ogni seduta ai pazienti venivano somministrati da 36 a 38 video selezionati in modo randomizzato, per fare in modo che 2 tutti i video venissero presentati ai pazienti almeno due volte nell’arco delle dieci sedute. I protocolli utilizzati nella valutazione e nella terapia sono stati creati appositamente. Durante le seduta di terapia, al paziente veniva richiesto di guardare attentamente un video e di denominare il gesto osservato entro 15 secondi di tempo, senza però eseguirlo. Nel caso in cui egli non fosse in grado di denominare correttamente il gesto entro i primi 15 secondi, veniva fornito dal logopedista un suggerimento fonologico o semantico. Se nemmeno quest’ultimo facilitava l’accesso lessicale corretto, al paziente veniva chiesto di ripetere il target linguistico prodotto dal logopedista in contemporanea rispetto alla riproduzione del video. Al termine delle dieci sedute sono stati somministrati nuovamente tutti i video, per poter confrontare la percentuale di errori prodotti prima e dopo il trattamento. È stata inoltre condotta un’analisi qualitativa della tipologia di errori prodotta dai pazienti pre e posttrattamento. Sono stati presi in considerazione sia errori fonologici (frammenti sillabici, parafasie fonologiche, neologismi) sia errori di natura semantica (anomie, parafasie verbali, parafasie semantiche, circonlocuzioni efficaci e non, accesso al lessico dei nomi anziché a quello dei verbi, perseverazioni) sia errori legati ad un’errata analisi semantica o ad una mancata comprensione del gesto. Per analizzare l’eventuale generalizzazione degli effetti del trattamento anche ad item non trattati sono state somministrate le prove del test BADA utilizzate nella valutazione iniziale. Dopo un mese dalla fine della terapia è stato effettuato il follow-up per valutare il mantenimento nel tempo dei risultati del trattamento. Risultati Dal confronto delle percentuali di errori rilevate nei tre casi esaminati prima e dopo il trattamento, risulta evidente che l’approccio riabilitativo adottato in questo studio non è ugualmente efficace nei pazienti con afasia non-fluente. Infatti, solamente con il paziente che presenta afasia di Broca di grado moderato (caso 3) è stata riscontrata, in seguito al trattamento, una riduzione significativa della percentuale di errori lessicali in tutte e tre le categorie di gesti oggetto di terapia. Nell’arco delle dieci sedute si è assistito ad una progressiva e graduale diminuzione degli errori, successivamente confermata dai risultati della valutazione finale. Inoltre, per lo stesso paziente, la valutazione post-trattamento ha evidenziato l’avvenuta generalizzazione degli effetti positivi della terapia anche ad item non trattati e il follow-up ha confermato il mantenimento di tali risultati anche a un mese di distanza dalla fine della terapia. Nel 3 caso degli altri due pazienti (caso 1 e caso 2) che hanno partecipato allo studio non sono state rilevate variazioni clinicamente significative nella percentuale di errori prodotti prima e dopo il trattamento. Il caso 1 e il caso 3 presentano entrambi afasia di Broca dovuta a una lesione di natura cerebrovascolare a carico della regione fronto-temporo-parietale dell’emisfero sinistro. Tuttavia, i due pazienti mostrano delle differenze notevoli dal punto di vista clinico. In primo luogo, essi hanno quadri afasici con diversi livelli di gravità: il caso 1 ha un disturbo afasico grave, invece il caso 3 presenta un’afasia di grado moderato. Oltre a ciò, mentre nel paziente 3 le aree motorie risultano essere integre, nel paziente 1 esse sono compromesse e provocano una paresi dell’emisoma controlaterale alla lesione. Il confronto tra le caratteristiche dei quadri clinici di questi due pazienti e i risultati che essi hanno ottenuto con la terapia proposta suggerisce che l’integrità delle aree deputate all’esecuzione motoria possa in qualche modo essere un fattore in grado di favorire il recupero delle funzioni linguistiche deficitarie. Tale osservazione è in linea con le evidenze presenti in letteratura riguardo alla stretta connessione tra il linguaggio verbale e il sistema motorio (Barsalou, 2008; Pulvermüller, 2005). Infine, il fatto che la terapia si sia rivelata efficace con almeno uno dei tre pazienti che vi hanno partecipato implica che, tenendo conto delle variabili precedentemente descritte, un programma intensivo di breve durata con le caratteristiche di quello da noi proposto può essere sufficiente per promuovere dei miglioramenti significativi. Di conseguenza, il fatto che la terapia si sia rivelata scarsamente efficace con i pazienti 1 e 2 non risulta attribuibile alla breve durata del trattamento proposto, quanto piuttosto al fatto che per poter beneficiare di tale approccio riabilitativo il paziente deve avere delle caratteristiche ben precise. Conclusioni L’analisi dei risultati rilevati in fase post-trattamento ci ha portato ad ipotizzare che gli effetti del tipo di terapia da noi proposta dipendano da alcune variabili quali il livello di gravità, il quadro afasico e i deficit associati del paziente di natura non linguistica. L’assenza di modificazioni apportate dalla terapia in due dei tre pazienti che hanno partecipato allo studio, in un caso andrebbe verosimilmente attribuita alla gravità del quadro afasico e alle difficoltà di apprendimento del paziente, nell’altro potrebbe essere riconducibile alle caratteristiche specifiche del quadro afasico del paziente 4 (transcorticale motorio) e alla presenza di un deficit delle funzioni esecutive ad esso associato. I risultati di questo studio evidenziano dunque che l’osservazione delle azioni può essere uno strumento efficace nella riabilitazione delle funzioni linguistiche, in modo particolare nei pazienti con afasia di Broca di grado moderato. Tuttavia, si sottolinea la necessità di sottoporre un campione più ampio di pazienti al programma di trattamento da noi proposto, al fine di confermare o smentire i dati da noi ottenuti. 5