CENTRO COSCIENZA Anno 2011/2012 La seconda stagione del Romanticismo musicale europeo Allegato n. 2- Chopin Questi allegati sono redatti esclusivamente per i frequentatori del corso e contengono i riferimenti bibliografici di particolare interesse per l’elaborazione degli argomenti trattati durante gli incontri. 1 1. Dalle LETTERE e DIARI di F. Chopin Nell’agosto 1829, terminati gli esami e libero dai legami degli studi ufficiali, Chopin intraprende il suo primo viaggio artistico. Con quattro amici si reca, per Cracovia, a Vienna e a Praga. Si delinea già il suo modo di suonare, il suo stile di compositore e il genere di pubblico al quale preferisce rivolgersi. Ai Genitori Vienna, mercoledì 12 agosto 1829 Avrete appreso dalla mia ultima lettera, miei amati genitori, che mi ero lasciato persuadere a dare un concerto: ieri dunque, e cioè martedì sera alle sette, mi sono presentato al mondo, nel Teatro imperiale e reale! Prodursi sulla scena di un teatro vien detto qui eine Musiklische Akademie. Poiché io non ebbi guadagno, né feci alcun passo per averne, il Conte Gallenberg 1 aveva anticipato la data della serata e composto così il programma: Ouverture di Beethoven. Le mie Variazioni. Parte vocale eseguita dalla Signorina Veltheim. Il mio Rondò. Per terminare la serata, un’altra parte vocale e un balletto. Alla prova generale, l’orchestra accompagnava così male, che trasformai il mio Rondò in una Freie Phantasie. Quando mi presentai sul palcoscenico, fui accolto da grida di «bravo»; dopo ogni variazione gli applausi furono così clamorosi ch’io non riuscivo a sentire i «tutti» dell’orchestra. Alla fine, gli applausi rinnovati mi costrinsero a presentarmi una seconda volta a ringraziare il pubblico. La Freie Phantasie, per quanto a me non sembrasse completamente riuscita, fu accolta da nuovi e più vivi consensi, e dovetti presentarmi una volta di più. Se le cose sono andate ancor meglio di quanto io potessi prevedere, gli è che i Tedeschi sanno apprezzare. … L’opinione generale è che il mio modo di suonare è troppo debole, o piuttosto troppo delicato, per coloro che sono abituati a sentire artisti che sfondano il pianoforte. Prevedo che troverò questo rimprovero sui giornali, tanto più che la figlia di un redattore ha l’abitudine di pestare terribilmente sul suo strumento. Ma questo non ha importanza, perché non può non esservi qualche riserva, e ne preferisco una di questo genere, piuttosto che sentir dire che suono troppo forte. Il Conte Dietrichstein, alto funzionario dell’imperatore, è venuto a salutarmi ieri sul palcoscenico; parlammo lungamente in francese. Egli mi fece degli elogi e mi incoraggiò a trattenermi più lungamente a Vienna. I componenti dell’orchestra che avevano protestato per la cattiva scrittura delle mie note e mi erano stati ostili fino all’improvvisazione, si associarono poi con i loro applausi ai «bravo» e alle acclamazioni del pubblico. Ho dunque potuto constatare che il pubblico è dalla mia parte; quanto agli artisti, sono ancora incerto. Penso ch’essi non dovrebbero essermi ostili, sapendo che non ho suonato per trarne un profitto materiale. 1 Wenzel Robert von Gallenberg (1783-1839), mediocre personalità musicale, sposò nel 1803 la contessa Giulietta Guicciardi, alla quale Beethoven dedicò la famosa sonata Chiaro di luna. 2 Il mio debutto a Vienna è stato inatteso quanto felice: Hube dice che un uomo non arriva mai allo scopo seguendo le vie ordinarie e formulando progetti, ma che bisogna lasciare al destino la sua parte. Se sarò stroncato dai giornali, al punto da non potermi più presentare al pubblico, ho deciso di mettermi a fare il pittore decoratore: il pennello scivola deliziosamente sulle carte da tappezzeria, e si rimane sempre figli d’Apollo. Sono curioso di sapere cosa dirà di tutto questo Elsner 2; non vorrei che gli dispiacesse ch’io mi sia prodotto in pubblico. D’altra parte sono stato così insistentemente pregato che mi era impossibile rifiutare …. Ho suonato uno strumento di Graff. Mi sento ora più saggio e più esperimentato, come se quattro anni fossero trascorsi. .... Alla fine di agosto del 1829, Chopin torna a Varsavia, dopo brevi soggiorni a Praga e a Dresda. I particolari della sua vita e del suo lavoro appaiono da lunghe lettere all’amico Tito Woyciechowski, cui egli confida anche il suo primo silenzioso amore per la giovane cantatrice Costanza Gladkowska. Emerge anche l’aspetto della malinconia, tratto tipico dei romantici. A Tito Woyciechowski Varsavia, 3 ottobre 1829 Ho ricevuto la tua lettera nel momento stesso in cui stavo per scriverti, pensando che non avevi ricevuto la mia lettera o che dovevo averti scritto qualche enorme sciocchezza. Sono felice di saperti in buona salute … Tu mi domandi di raccontarti più chiaramente quanto accade a me e alle persone che conosco. … Tu vuoi conoscere cosa farò questo inverno: sappi dunque che non rimarrò a Varsavia, né so dove le circostanze mi condurranno. Il Principe Radziwill, o meglio la principessa, mi ha invitato molto gentilmente, offrendomi un appartamento nel suo palazzo: ma a che serve questo, quando avrei il dovere di recarmi là dove ho promesso di andare? Ho promesso infatti di tornare a Vienna e un giornale di là ha scritto perfino che un lungo soggiorno a Vienna sarebbe di grande vantaggio per l’inizio della mia carriera. Tu comprendi certamente la necessità di un mio ritorno in quella città … perché potrebbe darsi per mia disgrazia che io abbia già un ideale, che coltivo con fedeltà da sei mesi, silenziosamente3: un sogno, un ricordo al quale l’«Adagio» del mio Concerto è dedicato, e che mi ha stamane suggerito il piccolo valzer che ti ho inviato: soltanto tu lo conoscerai. Come mi sarebbe dolce suonarti questa composizione, caro Tito! … Tu non puoi immaginare quanto Varsavia mi appaia triste in questo momento: se non avessi il legame della famiglia, non resisterei. Quale malinconia, non aver nessuno da cui andare al mattino, con cui dividere gioie e tristezze: quale peso insopportabile, quando si ha un dispiacere, non potersi confidare con nessuno. Tu sai di cosa si tratta; io racconto al mio pianoforte quello che qualche volta direi a te. Kostus sarà felice, quando gli riferirò quanto hai scritto, e gli dirò che hai annunciato il tuo ritorno. Dovresti realizzare i tuoi propositi di viaggiare; per me sarebbe una grande gioia poter partire con te, ma devo assegnare i miei viaggi a mete diverse dalle tue. Per Josef Xaver Elsner (1769-1854), compositore, violinista, direttore d’orchestra. Scrisse musica teatrale, sinfonica, da camera e religiosa. Direttore del Conservatorio di Varsavia. Chopin studiò con lui armonia e contrappunto, e fu da lui dichiarato, dopo tre anni di studio, «genio musicale» 3 Allusione all’amore per Costanza Gladkowska 2 3 studiare, da Vienna andrò in Italia, e nel prossimo inverno con Hube a Parigi: progetti che possono ancora essere modificati. Mio padre mi manderebbe volentieri a Berlino, cosa che a me sorride poco. …Se andassi a Vienna, passerei forse per Dresda e Praga, per rivedere Klengel, il Conservatorio di Praga, ecc., e avrei anche il piacere di incontrare Kostus. … Dopo alcuni mesi di fervido lavoro, Chopin ottenne un trionfo al Teatro Nazionale di Varsavia, il 18 marzo 1830, con la prima esecuzione del Concerto in fa minore per pianoforte e orchestra, e la Grande fantasia su temi polacchi. Un secondo concerto ebbe luogo il 22 marzo, con rinnovato successo. Si può notare come all’epoca il pianoforte non fosse uno strumento “stabilizzato”, e come Chopin avesse le sue esigenze circa la sonorità dello strumento. A Tito Woyciechowski Varsavia, 27 marzo 1830 Non mi sei mai mancato come ora: senza di te, non ho nessuno per confidarmi. Un solo tuo sguardo, dopo ogni concerto, m’importa più di tutti gli elogi dei giornalisti, di Esner, dei Kurpinski, dei Soliwa, ecc. Non appena ricevuta la tua lettera, volevo descriverti il mio primo concerto, ma ero così distratto e occupato dai preparativi per il secondo (che ha avuto luogo lunedì), che quando mi misi a scrivere fui incapace di riordinare i miei pensieri. A vero dire, anche oggi mi trovo nelle stesse condizioni, ma non aspetterò di avere lo spirito riposato cosa che mi accade raramente perché la posta sta per partire. Ti dirò dunque del mio primo concerto, per quanto il teatro fosse gremito, e già da tre giorni non fosse più possibile ottenere un palco o una poltrona, non fece sulla massa l’effetto che speravo. Il primo «Allegro», accessibile a una minoranza, fu applaudito, ma, mi sembrava, a causa del desiderio di imitare gli intenditori. L’«Adagio» e il «Rondò» produssero maggior effetto, ed esclamazioni più sincere si fecero sentire. Il pout-pourri su temi polacchi non raggiunse, secondo me, il suo scopo. Si applaudì, ma nella convinzione di compiere un dovere, per dimostrarmi, prima di uscire, che non ci si era annoiati. … … Elsner deplorava che il mio pianoforte fosse sordo, e che non si sentissero i passaggi al «basso». … Anche Mochnacki, nel Corriere polacco, dopo avermi portato alle stelle per l’«Adagio», mi consiglia, per concludere, maggior energia. Indovinai dove potevo scoprire questa energia, e al secondo concerto, non suonai più sul mio pianoforte, ma su uno strumento di Vienna. Il generale russo Diakow ebbe la gentilezza di prestarmi il suo strumento, migliore di quello di Hummel; soltanto in questo modo, il pubblico, ancora più numeroso che al primo concerto, si trovò soddisfatto. Quanti applausi, quanti elogi! … … Elsner mi dichiarò che soltanto dopo questo secondo concerto mi si poteva giudicare: ma in tutta sincerità io avrei preferito suonare sul mio pianoforte. Le opinioni però sono unanimi nel ritenere che l’altro strumento era più adatto alla sala. … Quello che mi sorprende è l’impressione che l’«Adagio» ha fatto su tutti: dappertutto me ne parlano. Hai senza dubbio letto i giornali, almeno i più importanti; avrai potuto renderti conto del favore che ho incontrato. … … Mi si voleva decidere a dare ancora un concerto nella prossima settimana, ma io non ne ho alcuna intenzione. Non puoi immaginare quale martirio rappresenti, per tre giorni, l’attesa di suonare in pubblico. D’altra parte, prima delle feste, devo terminare il primo «Allegro» del secondo Concerto; preferisco attendere, per presentarmi in pubblico una terza volta, che le feste siano passate, sapendo che allora avrò più ascoltatori, poiché nel mondo intero non sono ancora molto conosciuto. 4 Fra le voci della platea, che al mio ultimo ne chiedevano un terzo, una gridò così forte: «al Municipio», che la sentii dal palcoscenico; ma non potrò esaudirla, perché, se mi deciderò, suonerò ancora al teatro. Io non mi preoccupo del guadagno, né il teatro mi ha reso molto: il cassiere faceva quello che gli pareva, poiché gli avevano lasciato mano libera. Dedotte le spese, i due concerti hanno dato un utile inferiore a cinquemila; Dmuszewski faceva osservare che non si erano mai avuti tanti spettatori per un concerto di pianoforte, quanti al mio primo e, tanto più, al mio secondo. Quello che importa è che al Municipio, con non minori disagi e non maggior effetto, non suonerei per tutti, ma soltanto per la più alta classe della società oppure per la città. … Il viaggio di Chopin a Vienna, in Italia e a Parigi è rinviato: egli lavora al Concerto in mi minore, ma sembra che la ragione principale del suo indugio nasca dal suo attaccamento per Costanza Gladkowska. Dopo un periodo di incertezza, Chopin fissa la sua partenza da Varsavia per i primi di novembre, e si decide a dare un concerto di addio, con la prima esecuzione del Concerto in mi minore per pianoforte e orchestra. A Tito Woyciechowski Varsavia, 12 ottobre 1830 Il mio concerto ieri è andato bene: mi affretto a darti questa notizia. E vi annuncio, Signore, che non ho avuto affatto il trac, che ho suonato come quando son solo, veramente bene. … Questa volta io mi sono capito, l’orchestra mi ha seguito, la platea ha corrisposto. Gli applausi più nutriti scoppiarono sull’ultima mazurka; fui richiamato (abituale facezia) al proscenio, non si udì un solo fischio, ed ebbi il tempo di inchinarmi quattro volte, ma in modo umano, come Brandt mi ha insegnato. … Chopin lascia la Polonia, ch’egli non rivedrà più. Viaggia a Breslau, Dresda, Praga; soggiorno a Vienna, dove lo raggiungono le notizie dell’insurrezione di Varsavia e della repressione russa. Partenza per Parigi. Inizia contemporaneamente il pubblico riconoscimento delle sue qualità di pianista e compositore. Alla famiglia Breslau, 9 novembre 1830 Siamo arrivati sabato sera alle sei, con un tempo magnifico e comodamente quanto è possibile. Siamo scesi al Zur goldenen Gans, e subito dopo andammo al teatro dove si rappresentava il Re delle Alpi, che da noi è in preparazione. … … Eravamo alla Risorsa e Schnabel, il direttore di orchestra, mi aveva pregato di assistere alla prova del concerto di stasera. Si danno tre concerti alla settimana. Ho trovato riuniti, come sempre per le prove, in piccolo numero l’orchestra, il pianista, e una specie di praticante amatore a nome Hellwig, che si preparava a suonare il primo Concerto in mi 5 bemolle maggiore di Moscheles. Prima ch’egli si sedesse al pianoforte, Schnabel, che da quattro anni non mi sentiva, mi pregò di provare lo strumento. Mi fu difficile rifiutare; mi sedetti ed eseguii alcune variazioni. Schnabel era felice, Hellwig fu preso dal panico, e gli altri si misero a pregarmi di suonare la sera stessa. Il vecchio Schnabel soprattutto insisteva con tanta cordialità che non osai rifiutare. È un vecchio amico di Elsner, e gli dichiarai che accettavo solamente per piacere a lui, perché da qualche settimana non suonavo, né avevo avuto l’intenzione di produrmi a Breslau. Il vecchio mi rispose che sapeva tutto questo, e che già ieri, vedendomi in chiesa, aveva avuto l’intenzione di farmi la proposta, ma che non aveva osato. In compagnia di suo figlio andammo dunque a prendere la musica, e feci sentire loro la «Romanza» e il «Rondò» del secondo Concerto. Alla prova, la mia esecuzione stupì i tedeschi, che dicevano: «Quale facilità di esecuzione!», ma non si pronunciavano sulla composizione. Tito 4 sentì perfino uno di essi che diceva che io ero fatto per suonare, ma non per comporre. … Un commerciante, a nome Scharff, fu assai gentile e ci condusse per la città; in carrozza ci fece fare delle belle passeggiate. Il giorno dopo ci iscrisse all’Università, e ci procurò per il concerto di ieri delle Fremdenkarten, facendole pervenire prima della prova. Egli e le persone che ci avevano fatto avere quei biglietti dovettero essere molto sorpresi quando si accorsero che quello «straniero» era il principale personaggio della serata musicale. All’infuori del «Rondò», improvvisai per i conoscitori su un tema della Muta di Portici5. Il concerto ebbe fine con una ouverture; seguì un ballo fra gli intervenuti. … L’altro conoscitore e musicista locale, a nome Hesse, che ha viaggiato tutta la Germania, si è profuso egli pure in complimenti, ma all’infuori di Schnabel, la cui soddisfazione era evidente, e che mi accarezzava prendendomi a ogni istante sotto il mento, nessuno dei tedeschi sapeva come comportarsi. Tito si divertì molto a osservarli. Poiché la mia reputazione non si è ancora bene affermata, essi temevano di mostrar troppo stupore; non sapevano se le mie composizioni avessero un valore, o se si trattava soltanto di un’illusione. Uno degli intenditori locali si avvicinò a me, e lodò la novità della forma, dicendo che non aveva ancora sentito nulla di simile. Non so chi fosse, ma è forse colui che mi ha capito meglio di tutti. … Con quale animo Chopin vive il momento dell’aggressione della sua patria, la Polonia. A Jean Matuszynski Vienna, 1 gennaio 1831 Ho ricevuto la tua lettera del 22 dicembre. Mio amico carissimo, tu hai ottenuto quanto desideravi. Per conto mio, non so che cosa avverrà di me. Amo voi tutti più della mia vita. Scrivimi! Sei dunque sotto le armi: dove siete, a Radom? Avete costruito bastioni, scavato trincee? E i nostri poveri genitori? Che fanno gli amici? Vivo von voi, morrei per te, per voi. Perché sono oggi così abbandonato? Almeno a voi è dato di essere uniti, in un momento così spaventoso. Il tuo flauto avrà motivo di affliggersi, ma si affligga prima il mio piccolo pianoforte. …… Abbracciamoci. Forse partirò fra un mese per Parigi: tutto è calmo laggiù. Voglimi bene come oggi. … I divertimenti non mancherebbero, se ne avessi voglia: non mi sono 4 5 L’amico Tito Woyciechowski, che aveva accompagnato Chpin a Vienna Opera di Daniel Auber (1782-1871), scritta nel 1828. 6 davvero divertito a Vienna fino a questo momento. Oggi è il primo giorno dell’anno: come lo comincio tristemente! Forse non arriverò neppure alla fine. Abbracciami. Tu vai in guerra: ritorna colonnello. Che tutto vada bene per voi. Perché non posso servire almeno come tamburo? L’ultima lettera di Chopin, da Vienna, alla famiglia, è del 20 luglio 1831: in essa egli conferma la sua partenza imminente per Parigi. Lo stato d’animo di Chopin,in quel periodo, è rivelato in modo più evidente dai due brani che seguono: non lettere, ma frammenti di diario. Dal DIARIO Vienna, primavera 1831 Com’era bello oggi il Prater! Una folla che non mi interessava; ma ammiravo il verde, aspiravo i sentori della primavera e quel’innocenza della natura che mi riporta ai sentimenti della mia infanzia. Un temporale sembrava imminente. Tornai a casa. Non ci fu temporale, e fui preso dalla malinconia. Perché? Neppure la musica, oggi, riesce a consolarmi. È tardi, ma non ho voglia di dormire; non so che cosa mi manca. E ho già cominciato la mia terza decade!... I manifesti e i giornali hanno già annunciato il mio concerto6 che deve aver luogo fra due giorni, e mi sento indifferente come non dovesse aver luogo mai. Non ascolto i complimenti che mi sembrano sempre più stupidi. Ho voglia di morire, e vorrei rivedere i miei genitori. Ho l’immagine di lei7 davanti agli occhi: mi sembra di non amarla più, eppure mi è sempre presente. Tutto quello che ho visto fino ad oggi all’estero mi appare vecchio, insopportabile, e mi procura la nostalgia di casa, di quei momenti deliziosi che non ho saputo apprezzare secondo il loro valore. Quello che un tempo mi appariva grande, mi sembra oggi comune; quello che mi appariva comune, mi appare incredibile, troppo grande. Gli uomini di qui non sono «miei»: sono buoni, ma buoni per consuetudine; fanno tutto con troppo ordine, con troppa sciocchezza, con troppa mediocrità. Vorrei non essere neppure in condizione di avvertire questa mediocrità. Come tutto è strano, triste per me! Non sono capace di occuparmi proficuamente delle mie cose. Perché sono solo?... Dal DIARIO Scritto a Stuttgart, durante il viaggio per Parigi, dopo l’8 settembre 1831 I sobborghi sono distrutti, incendiati. Jeannot; Guglielmo, morto probabilmente sui bastioni; vedo Marcello prigioniero! Sowinski, quel bravo ragazzo, in mano a quei bricconi. Paszkiewicz! Che un cane venuto da Mohilev s’impadronisca della capitale dei primi monarchi d’Europa! Mosca regna sul mondo! Dio mio, tu esisti? Tu esisti e lasci tutto questo senza vendetta… Non sei tu stanco dei delitti moscoviti? O saresti forse… tu stesso moscovita!!? Povero padre mio! Il mio povero padre forse ha fame, mia madre non ha forse il mezzo per comperare del pane, le mie sorelle sono state forse vittime della furia delle soldatesche moscovite scatenate! O padre mio, è dunque questa la consolazione della tua vecchiaia? Madre, povera madre dolorosa, hai sopravvissuto a tua figlia 8 soltanto per vederne calpestare le ossa dal moscovita? Powazki! 9 Oh! Avranno essi almeno 6 Ai primi di aprile 1831, Chopin, che non aveva potuto organizzare un concerto da solo, accettò di prender parte a un concerto della cantante Garcia-Vestris, con l’esecuzione del suo Concerto in mi minore. 7 Allusione a Costanza Gladkowska 8 Allusione alla sorella Emilia, morta a 14 anni, nel 1827 9 Powazki (Powonzki) è il cimitero di Varsavia 7 rispettato la sua tomba? Sarà stata profanata e ricoperta di mille altri cadaveri. La città è bruciata. Ah! Perché non mi è stato dato di uccidere anche uno solo di questi moscoviti?... … Che sarà di lei? Dove si troverà? Povera piccola, forse nelle mani dei russi! Un moscovita la strangola, la tortura, la uccide! Oh! Mia amata, sono solo, vieni a me! Asciugherò le tue lacrime, curerò le tue ferite del presente, ricordandoti il passato… quando non vi erano ancora questi moscoviti, quando ve n’era soltanto qualcuno che voleva ad ogni costo piacerti, ma suscitando il tuo scherno, perché v’ero già io… Hai una madre?... ma è così cattiva… mentre io ne ho una tanto buona! O forse non ho più madre? Un moscovita può averla uccisa, torturata… Le mie sorelle, per quanto sbigottite, sanno reagire; mio padre con disperazione non sa dove volgersi… Io sono qui inattivo, e con le mani vuote! Mi accade talvolta di sospirare, straziato dal dolore, e di sfogare il mio dolore sul mio pianoforte! Mio Dio, sconvolgi questa terra; che essa divori gli uomini di questo secolo, che le più crudeli torture puniscano i Francesi che non ci hanno soccorso… … Padre! Madre! Dove siete? Forse morti. Il moscovita mi ha fatto forse soltanto un brutto scherzo… Aspetta, aspetta… Lacrime? Da tanto tempo non ne sono venute ai miei occhi, da tanto tempo non ho potuto piangere! Questo mi fa bene… Quale malinconia! Sollievo e tristezza insieme. È forse male sentirsi malinconici? Eppure, è quasi piacevole: uno stato bizzarro… come quello di un morto, che sta bene e male al tempo stesso. Egli passa a una vita migliore, e si trova bene, ma rimpiange il passato, e diviene malinconico. Egli deve sentirsi come me, quand’ebbi finito di piangere. Fu senza dubbio una specie di morte momentanea dei miei sentimenti; io fui morto, un istante, per il mio cuore, o piuttosto, il mio cuore morì, un momento, per me. Ah! Perché non per sempre? Sarebbe forse più tollerabile… Solo! Solo!... La mia miseria è indescrivibile, le mie facoltà di sentire possono a mala pena sopportarla… Chopin a Parigi Si lancia nel mondo musicale di Parigi, che al tempo era il centro musicale più vivo in Europa. A K. Kumelski Parigi, 18 settembre 1831 Sono arrivato abbastanza bene (ma mi è costato caro) e sono contento di quanto ho trovato: i primi musicisti e il primo teatro d’opera del mondo. Conosco Rossini, Cherubini, Paër, ecc.; mi tratterrò forse più a lungo di quanto avevo previsto. Non perché mi ci trovi già perfettamente, ma perché è possibile, a poco a poco, ch’io mi ambienti bene. Tu sei tuttavia più felice: ti avvicini alla tua famiglia; forse io non rivedrò più la mia. … mi lancio, a poco a poco, nel mondo, pur non avendo che un ducato in tasca! … Non ti ho ancora detto nulla dell’impressione che mi ha fatto questa grande città, dopo Stuttgart e Strasburgo. Si trovano qui, al tempo stesso, il più gran lusso, la più grande virtù e i più grandi vizi; a ogni passo, manifesti per le malattie sessuali, rumori, gridi, frastuono e fango da non immaginare. Ci si perde in questo paradiso, cosa assai comoda, perché nessuno si interessa alla vostra vita. Si può uscire d’inverno per strada, vestiti come vagabondi, e frequentare la più alta società; puoi avere un giorno il pasto più copioso per 32 soldi, in un ristorante ricco di specchi e dorature, rischiarato a gas, e il giorno dopo far colazione in un altro, dove non ti daranno più di quanto basti a un uccello, facendoti spendere il triplo. Questo mi accadde continuamente nei primi giorni; finché non ebbi così pagato il mio noviziato. 8 … Penso di rimanere qui tre anni; vivo intimamente con Kalkbrenner, il primo pianista d’Europa, che ti piacerebbe certamente. Egli è il solo al quale io non sia degno di slacciare le scarpe. I vari Herz, ecc., non sono, ti assicuro, che dei fanfaroni che non riusciranno mai a suonare meglio di lui10. A Felix Wodzinski11 Parigi, 18 luglio 1834 Avrai certamente pensato, non ricevendo mie notizie, ch’ero di cattivo umore. Ricorda piuttosto che sono stato per ogni cosa in ritardo. … Se non fossi appena tornato dalle rive del Reno e non mi trattenessero impegni importanti, sarei partito per Ginevra per ringraziare tua madre e accettare il suo invito. Ma il destino è duro e devo rinunciare. Tua sorella mi ha usato la grande cortesia di mandarmi la sua composizione, procurandomi un piacere inesprimibile. La sera stessa, in uno dei salotti che frequento, ho improvvisato sul bel tema di questa Maria, con cui un tempo si giocava a rincorrerci nella casa dei Pszenny. Oggi mi permetto di inviare alla mia stimata collega Signorina Maria un piccolo valzer che ho recentemente pubblicato e mi auguro di poterle procurare soltanto una centesima parte del piacere che ho provato ricevendo le sue variazioni. … Nel mese di luglio 1836 Chopin si era recato a Marienbad, per incontrare Maria Wodzinska e sua madre; si era quindi recato con loro a Dresda in agosto, ed era tornato a Parigi in settembre, dopo aver ottenuto il consenso della Contessa Wodzinska al suo fidanzamento con Maria. Verso la metà del 1837 il fidanzamento venne rotto; nella primavera del 1838 s’iniziano le relazioni di Chopin con George Sand. In autunno del 1838 parte per Palma di Maiorca con George Sand. Il lungo e complesso rapporto che stabilisce con George Sand rappresenta un periodo importante della sua vita. A Valdemosa (Maiorca) Chopin trova – almeno all’inizio del suo soggiorno – le condizioni ideali per comporre: incontro con la natura e silenzio. A Julien Fontana12 Palma, 28 dicembre 1838 Più precisamente ti scrivo da Valdemosa, a qualche miglio da Palma. Fra le rocce e il mare, un’immensa Certosa dove potresti vedermi in una cella, con una porta quale non esiste in tutta Parigi, spettinato, senza guanti bianchi, pallido come sempre. La cella ha la forma di una grande bara, una volta enorme, polverosa, una piccola finestra; di fronte ad essa aranci, palme e cipressi e, dal lato opposto, il mio letto, sospeso con lunghe cinghie, 10 Friedrich Wilhelm Kalkbrenner (1788-1849), tedesco, fu anche compositore di numerosa musica; visse a Londra e a Parigi, dove conobbe i successi più strepitosi e fu molto apprezzato come insegnante. Heinrich Herz (1803-1888), austriaco, conobbe pure la celebrità nei salotti parigini come pianista e come compositore. 11 Felix Wodzinski, fratello di Maria Wodzinska, che fu amata da Chopin e considerata per un certo tempo (1835-36) come la sua fidanzata. I Wodzinski, proprietari terrieri a Sluzewo in Pomerania, furono legati da amicizia con Chopin. Maria dovette rinunciare al matrimonio, non avendo ottenuto il consenso dei genitori. 12 Julien Fontana (1810-1869), studiò insieme a Chopin con Elsner a Varsavia. Prese parte all’insurrezione polacca e riparò quindi a Parigi dove visse dando concerti e lezioni. Fu anche a Londra e in America. Visse gli ultimi anni della sua vita a Parigi dove morì per suicidio. 9 sotto un rosone moresco filigranato. Vicino al letto un vecchio «intoccabile», sorta di leggio quadrato, che mi basta a malapena per scrivere, sul quale si trova un candeliere di piombo con una candela, che rappresenta qui un grande lusso. Bach, i miei scarabocchi, alcune carte non mie … silenzio … Si può gridare … ancora silenzio. In una parola, ti scrivo da un luogo veramente bizzarro. … Il pianoforte attende da otto giorni nel porto; non so che cosa deciderà la dogana che pretende montagne d’oro. Qui la natura è benefica, ma gli uomini sono ladri: poiché essi non vedono mai stranieri, non sanno quanto far pagare quello che vendono. Gli aranci si ottengono per nulla, in compenso un semplice bottone costa somme fantastiche. Ma tutto ciò non è che un granello di sabbia al confronto di questo cielo, di questa poesia che è in tutte le cose, di questi colori del più bel paesaggio del mondo non ancora contaminato dagli occhi degli uomini! Non sono davvero numerosi coloro che hanno inquietato le aquile che si librano ogni giorno sulle nostre teste! Scrivimi, per amor di Dio … Chopin completa i suoi Preludi a Valdemosa . A Camille Pleyel13 Valdemosa, presso Palma, 22 gennaio 1839 Vi spedisco finalmente i miei Preludi, che ho terminato sul vostro «pianino», giunto nelle migliori condizioni, nonostante il mare, il cattivo tempo e la dogana di Palma. Ho incaricato Fontana di rimettervi il mio manoscritto. Ne voglio 1550 franchi per la Francia e l’Inghilterra. Probst, come voi sapete, ha per 1000 franchi la proprietà per Haertel in Germania. … Poiché avete voluto, carissimo, prendervi la cura di essere il mio editore, debbo avvertirvi che vi sono ancora dei manoscritti ai «vostri ordini»: I) la Ballata, che fa parte anche degli impegni di Probst per la Germania. Per questa ballata chiedo 1000 franchi per la Francia e l’Inghilterra. II) due Polacche, di cui voi conoscete quella in la, per le quali desidero 1500 franchi per tutti i paesi del mondo. III) un terzo Scherzo, per il quale chiedo lo stesso prezzo che per le Polacche, per tutta l’Europa. Questi manoscritti vi perverranno, se volete, di mese in mese, fino all’arrivo dell’autore che vi dirà più cose di quante non ne sappia scrivere. … P.S. – Mi accorgo di non avervi ringraziato per il pianoforte, e di aver parlato soltanto di denaro … Decisamente sono un uomo d’affari! Il soggiorno a Valdemosa essendo in breve divenuto, come scrisse George Sand, un supplizio per Chopin e un tormento per lei, fu deciso il ritorno in Francia. Il 15 febbraio 1839 Chopin e la Sand sono a Barcellona e proseguono per Marsiglia, dove si trattengono fino al mese di maggio. Aumentano i suoi problemi di salute e di rapporto con i suoi editori. 13 Camille Pleyel (1778-1855), compositore e fondatore della notissima fabbrica di pianoforti a Parigi. 10 A Julien Fontana Marsiglia, 2 marzo 1839 … Troverai una risposta alla tua lettera così vera e sincera, nella mia seconda Polacca; non è colpa mia se io somiglio a un fungo velenoso, che vien raccolto e gustato per errore. So ch’io non sono mai stato utile a nessuno, e neppure a me stesso, o per lo meno assai poco. … Cerca di vedere Pleyel per dirgli che non ho ricevuto da lui neppure una parola, e che il suo pianoforte è in luogo sicuro. Sarà egli d’accordo sulle mie proposte? Ho ricevuto contemporaneamente tre lettere da casa, nel momento in cui stavo per imbarcarmi. Ne mando a te ancora una per loro. Ti ringrazio per l’aiuto cordiale che vuoi dare a me che sono senza forze. Abbraccia Jeannot, dicendogli che non mi sono lasciato fare salassi o piuttosto che non mi sono stati permessi; che mi curo coi vescicanti e ho poca tosse, soltanto al mattino. Non sono ancora per nulla considerato tubercoloso. Non bevo caffè, né vino; solamente latte. Porto abiti pesanti, somiglio a una signorina. … A Julien Fontana Marsiglia, 17 marzo 1839 Ti ringrazio per quanto hai fatto per me. Pleyel è un idiota e Probst una canaglia (egli non mi ha mai dato 1000 franchi per tre manoscritti). Tu hai certamente ricevuto la mia lunga lettera a proposito di Schlesinger14: ebbene, ti prego di consegnare la mia lettera a Pleyel, che trova troppo cari i miei manoscritti. Se proprio devo cederli a buon mercato, preferisco venderli a Schlesinger, che tentare impossibili compromessi. … Scrivo a Pleyel, questo imbecille che non ha fiducia né in me, né in te! Mio Dio, quale destino di aver a che fare sempre con delle canaglie! Questo Pleyel, dopo aver detto che Schlesinger mi pagava male, trova caro un manoscritto per cinquecento franchi, per tutti i paesi! Preferisco aver a che fare con un autentico ebreo. … Giunto a Parigi l’11 ottobre 1839, Chopin prese alloggio in Rue Tronchet, mentre George Sand prendeva possesso dell’appartamento procuratole da Fontana in Rue Pigalle. Ben presto però Chopin si trasferì in Rue Pigalle nell’appartamento contiguo a quello della Sand. Gli anni che seguirono furono di intenso lavoro per entrambi; la loro casa divenne ritrovo delle più eminenti personalità della letteratura, dell’arte, della politica. Fino al 1847 Chopin non intraprese più lunghi viaggi, allontanandosi da Parigi soltanto per i soggiorni estivi a Nohant, nel castello di La Châtre di proprietà di George Sand. L’epistolario tra Chopin e la Sand fu quasi interamente distrutto dalla Sand stessa nel 1851. A George Sand 14 2 dicembre 1844 Maurice Schlesinger (1798-1871), editore, direttore della Revue et Gazette musicale. 11 Come va in casa vostra? Ho ricevuto ora la vostra buona lettera. Qui nevica; sono ben contento che non siate in viaggio e mi rimprovero di avervi potuto suggerire l’idea di un viaggio in vettura postale con questo tempo. … La vostra decisione di attendere qualche giorno mi sembra la migliore; avrò così un po’ più di tempo per far riscaldare il vostro appartamento. L’essenziale è che non vi mettiate in viaggio con questo tempo, con prospettive di disagi. Jean ha messo i vostri fiori in cucina. Il vostro giardinetto è tutto neve, zucchero, cigno, ermellino, formaggio alla crema, mani di Solange, denti di Maurice15. I fumisti sono venuti da poco: non osavo far molto fuoco senza il loro intervento. … A domani un’altra lettera, se permettete. Il vostro sempre più vecchio che mai, estremamente, incredibilmente vecchio. Si acuiscono i problemi di rapporto tra Chopin e la Sand, e tra la Sand stessa e la figlia Solange, cui Chopin era legato da un affettuoso sentimento. Nel 1847 Chopin si separa da George Sand. Viaggia a Londra e in Scozia, per poi ritornare a Parigi. Muore a Parigi il 17 ottobre 1849. Alla sorella Luisa Jedrzejewicz Parigi, Natale 1847 Sono stato molto occupato e non ho potuto rispondervi subito. … Ho passato la vigilia di Natale nel modo più prosaico possibile, ma ho pensato a voi. Come ogni anno, i miei migliori auguri sono per voi. … Solange è presso suo padre, in Guascogna: ha visto sua madre passando. Era a Nohant coi Duvernet, ma sua madre l’ha ricevuta freddamente e le ha detto che non potrà rivederla di nuovo a Nohant se non quando si sarà separata da suo marito. La sua camera nuziale era trasformata in teatro e il suo boudoir in guardaroba per gli attori: ella mi scrive che sua madre non le ha parlato che di questioni di denaro. Il fratello si divertiva col cane e non ha saputo dirle altro che: «Vuoi mangiare qualcosa?». Non si videro né le cugine, né altre persone: in una parola la visita non servì a nulla. Il giorno dopo, Solange fu ricevuta ancora più freddamente. Tuttavia sua madre le ha detto di scrivere, cosa ch’ella deve aver fatto. Attualmente la madre dice di essere più irritata contro il genero che con la figlia, mentre nella famosa lettera scritta a me, ella dichiara che suo genero non è cattivo, se non per istigazione di sua figlia. Si poteva supporre ch’ella volesse sbarazzarsi, al tempo stesso, di sua figlia e di me, perché eravamo importuni; rimanendo in corrispondenza con sua figlia, il suo cuore materno, che non può rimanere del tutto privo di notizie, sarà provvisoriamente calmato e la sua coscienza soddisfatta. Ella si crederà giusta, dichiarandomi suo nemico perché ho difeso il genero, che non è tollerato unicamente per avere sposato sua figlia: ho tuttavia fatto tutto il possibile per evitare questo matrimonio. Quale strana creatura, con tutta la sua intelligenza! Una specie di follia si è impadronita di lei; ella complica la sua vita, e complica quella di sua figlia. In quanto a suo figlio, neppur lui finirà bene: lo prevedo e sarei pronto a firmare. Ella vorrebbe, per giustificarsi dinanzi a se stessa, scoprire qualche cattiva azione presso le persone che le vogliono bene, che hanno avuto fiducia in lei, che non le hanno mai fatto offesa, e che non può tollerare accanto a sé, perché sono come lo specchio della sua anima. A me non ha scritto una sola parola; non verrà a Parigi quest’inverno, né ha fatto cenno di me a sua figlia. Io non 15 Solange e Maurice, figli della Sand 12 rimpiango di averla aiutata a sopportare gli otto anni più delicati della sua vita, quando sua figlia cresceva ed ella doveva educare il suo ragazzo; non mi lamento per quanto ho sopportato ma compiango la figlia, questa bella pianta che ebbe tante cure e fu preservata da tante tempeste, e che oggi è spezzata con leggerezza e imprudenza dalla mano materna. La cosa sarebbe perdonabile a una donna di vent’anni, ma non a una donna di quaranta. Quello che è stato e non è più, non fa parte di questo bilancio. La Signora Sand non potrà conservare nella sua anima che un bel ricordo di me, nel considerare il passato. … … L’inverno non è troppo rigido. V’è molta influenza, e anch’io ho la tosse, come al solito; non temo però l’influenza quanto voi il colera. Aspiro ogni tanto i miei flaconi omeopatici, faccio molte lezioni e tiro avanti alla meglio. … Le sue ultime parole scritte furono tracciate, il giorno della sua morte, su di un foglio, strappato dal suo taccuino: Quando questa terra mi soffocherà, vi scongiuro di far aprire il mio corpo, per non essere sepolto vivo. F. Chopin, Lettere intime, a cura di Luigi Cortese, Minuziano Editore, Milano 1946. [I testi in carattere Sans Serif corsivo sono dei redattori] 13 2. CHOPIN E IL PIANOFORTE L’epiteto di “poeta del pianoforte” che si attribuisce spesso a Chopin coglie senza dubbio nel segno, presentando subito la peculiarità del genio polacco. Sarebbe impreciso dire che Chopin avesse un rapporto privilegiato con il pianoforte (come del resto tanti altri compositori, da Mozart in poi), poiché Chopin e il pianoforte furono una cosa sola. Non si tratta solo del fatto che il grande compositore scrisse musica quasi esclusivamente per il suo strumento, e che fu un pianista straordinario. Ciò che conta è che l’immaginazione di Chopin partoriva pensieri musicali che erano essenzialmente pianistici. Il pianoforte era il suo più intimo confidente, una parte di sé. Dalle testimonianze di amici, allievi e soprattutto della sua compagna di vita, la scrittrice George Sand, sappiamo che il maestro sedeva e improvvisava alla tastiera preso dall’urgenza di dare sfogo ai sentimenti che affioravano al suo animo e che egli non affidava quasi mai alle parole. Da tali improvvisazioni nascevano le idee che stavano alla base delle sue opere, anche se poi la loro cristallizzazione nella pagina musicale era il frutto di un travaglio che lo portava a volte fino a momenti di vera disperazione. "Il genio di Chopin ha fatto parlare ad un solo strumento la lingua dell’infinito", ebbe a scrivere George Sand. Per tutti quelli che lo ascoltarono, Chopin rappresentò una vera e propria incarnazione del pianoforte e, in tal senso, il musicista romantico per eccellenza. Il suo modo di suonare era unico e inimitabile, come dichiaravano unanimi Berlioz, Moscheles, Stefan Heller e Liszt. Lo charme esercitato dalle sue esecuzioni derivava dalla maniera inesplicabile di trattare i diversi ambiti del pianismo: il ritmo, il fraseggio, il virtuosismo, il timbro; inesplicabile nei risultati, ma assolutamente chiara nelle intenzioni poetiche. Il pianoforte, secondo Chopin, doveva saper cantare e chi voleva suonare bene questo strumento doveva ispirarsi alle grandi voci del belcanto italiano, come la Giuditta Pasta e la Malibran. Si spiegano, allora, l’importanza straordinaria che Chopin dava al “legato", il suo tocco capace di dotare ogni nota di un’anima, il suo imprevedibile "rubato”, che seguiva sempre una precisa ragione emozionale. Le sonorità che Chopin riusciva a ricavare dallo strumento, anche grazie ad un uso raffinato ed inedito dei due pedali, erano un altro motivo di stupore per i suoi ascoltatori: a differenza di Liszt, che aveva una concezione orchestrale del pianoforte, il genio polacco induceva i presenti in sala a tendere l’orecchio, spinti dal desiderio di cogliere le “vaporose sfumature del suo suonare microscopico”, come fu scritto nella “Reveau des Deux Mondes". Era questa la conseguenza di una concezione dell’espressione musicale riservata e intimistica, di segno opposto rispetto al virtuosismo plateale ed esibizionistico praticato da molti pianisti in quegli anni nelle grandi sale parigine affollate di gente. Chopin evitò, per quanto poté, di suonare in quelle situazioni. Il suo ambiente ideale rimase sempre il salotto aristocratico con pochi selezionati ascoltatori, possibilmente suoi conterranei. Tracce preziose del pianismo di Chopin sono conservate non solo nelle svariate cronache del tempo e nelle memorie di amici e conoscenti, ma anche in un numero notevole di esemplari delle prime edizioni delle sue opere appartenute agli allievi che studiarono con lui. Si tratta di indicazioni dinamiche, di tempo, di fraseggio da lui apposte sulle copie dei suoi allievi per eseguire meglio le sue composizioni. Un materiale preziosissimo per tutti quelli che aspirano oggi a suonare Chopin “alla Chopin”. Testi di Vincenzo Culotta 14 Fryderyk Chopin (Zelazowa Wola 1810 - Parigi 1849), dopo aver compiuto gli studi nel Conservatorio di Varsavia, si stabilì prima a Vienna e poi a Parigi in definitivo volontario esilio quando la Polonia ricadde tragicamente sotto l’oppressione russa (1831). La sua attività consistette soprattutto nel comporre e insegnare; raramente appariva in pubblico come pianista. La grandissima stima che tutta la capitale francese aveva per lui non valse a liberare il suo cuore dal dolore per la lontananza dalla Patria, come l’amicizia di George Sand non gli sanò la tristezza per la sofferta rinunzia all’amore di Maria Wodzinska. Per tutta la vita e dovunque andò portò sempre con sé i due simboli del suo dolore: una coppa della terra di Polonia e una rosa donatagli da Maria. E quando, a 39 anni, morì di tisi polmonare, il corpo fu seppellito a Parigi ma il suo cuore fu portato nella chiesa di Santa Croce a Varsavia. Chopin, con Liszt, è il maggior esponente della scuola pianistica romantica. La sua incontestabile originalità e il lirismo appassionato, il dono del canto ch’ebbe spontaneo, come Bellini. I suoi maggiori interessi, infatti, furono per la melodia italianeggiante e per il canto popolare polacco. Ma il "suono" è tutto suo, con caratteristiche timbriche tutte inedite che addirittura lo fanno anticipatore delle sonorità impressionistiche di Debussy: una scrittura pianistica di estrema sensibilità, capace di dare un timbro particolare ad ogni momento della sua ispirazione. In tal senso è esatto dire che Chopin ha riscoperto il Pianoforte, che Chopin è “il poeta del Pianoforte ", che il suo "tocco" (= timbro), inedito e irripetibile, inventa una nuova realtà poetica a tutte le gamme dell’umano sentire. La sua produzione è quasi totalmente per Pianoforte; raramente trattò l’Orchestra. E’ che il suo genio s’identifica col suo strumento: il Pianoforte è la sua controfigura. Un Pianoforte, però, che non è mai esistito prima di lui perché, mentre i suoi predecessori avevano del Pianoforte una concezione o di pura musica (Mozart) o di orchestra (Beethoven) o di tecnica (Liszt), per lui invece era voce umana nella quale si rifrangeva e si modellava la sua anima con dimensione timbrica assoluta. Maione - Corso di storia della musica, pag. 369 15 3. FORME MUSICALI DI CHOPIN 3.1 Canti polacchi musicati da Chopin su testi di anonimi.16 Canto nr. 1 ~ Desiderio Se io fossi il sole nel cielo non splenderei che per te: non sull’acqua, non sulle foreste, ma sempre alla tua finestra e solo per te. Ah! Se potessi diventare il sole! Se fossi l’uccellino del boschetto non canterei in nessun altro luogo: non sopra l’acqua, non sopra le foreste, ma sempre alla tua finestra e solo per te. Perché non posso trasformarmi in un uccellino? Canto nr. 12 ~ Mia adorata Quando la mia amata, in un momento di allegria, comincia a gorgheggiare, a cinguettare, a pigolare, lei pigola, cinguetta e gorgheggia così dolcemente, che non voglio perdermi un suono. E così non ho il coraggio di interromperla o risponderle. Voglio solo ascoltarla, ascoltarla! Quando però parlando i suoi occhi si fanno luccicanti E le sue guance cominciano ad avvampare, quando i suoi denti perlati scintillano tra le labbra di corallo, ah!, allora la fisso audacemente negli occhi L’improvvisazione dei canti polacchi di Chopin su testi di alcuni suoi amici. (Stralci da un testo di Dino Mora contenuto in un CD Amadeus sui Canti polacchi) 16 “Amava che gli mostrassero le arie che coloro che provenivano dalla Polonia per visitare Parigi portavano con sé. Quando le parole gli piacevano vi aggiungeva una melodia che subito diventava popolare nel suo paese senza che ancora se ne conoscesse il nome dell’autore”: così Franz Liszt ci riferisce sui canti di Frederyk Chopin e sulla loro genesi, per indicare la bellezza e l'immediata, conseguente rapida diffusione in terra di Polonia. … / … Dunque, una volta scelti questi canti, il compositore, in casa propria o durante le serate in cui si esibiva, era solito mettersi al pianoforte e improvvisare e poi, talvolta, lasciare in dono le proprio opere ai conoscenti. …/ … D’altronde questo carattere popolare, estemporaneo, genuino, diretto e poi anche soprattutto "polacco" dei canti lo si percepisce perfettamente nello stile e pure nei ` contenuti che essi esprimono già al primo ascolto. Alcuni canti sono talmente legati al folclore nazionale polacco che consistono addirittura in vere e proprie mazurche cantate, esattamente come usavano allora i musici contadini della zona della Mazowia, nei pressi di Varsavia. … / … In pochi attimi, quasi senza accorgerci, siamo come rapiti dall’avvolgente motivo principale, che incanta per la bellezza e la semplicità dell'eloquio, per la mobilità dell’accompagnamento, per la freschezza della linea melodica. 16 e guardo più impaziente le sue labbra: non voglio più ascoltare, ma solo baciarla, baciarla! Canto nr. 2 ~ Primavera Stille di rugiada scintillano, il ruscello mormora tra l’erba folta, e da qualche parte fra l’erica risuona un campanaccio. Il mio sguardo spazia gioioso sul dolce bel prato, i fiori profumano l’aria e tutt’intorno i cespugli sono in fiore. Porta al pascolo e vaga, pastore, mentre, seduto sotto la roccia, canterò fra me e me la mia canzone preferita. Il posto è amabile, tranquillo! Uno struggimento mi invade, il mio cuore singhiozza ed erompe in una lacrima. La lacrima mi riga il viso, il ruscello scorre sonoro e, sopra di noi, si unisce al nostro canto un’allodola. Si innalza repentina, appena visibile ormai ai miei occhi, in alto, in alto, sempre più in alto, svanendo tra le nuvole. Ma sopra i campi e le pianure, la voce intona ancora La toccante melodia che, giù dalla terra, porta in alto nel cielo. Canto nr. 15 ~ Il fidanzato Il vento sussurra tra i cespugli: “Troppo tardi, troppo tardi mio cavallo! Troppo tardi, fiero ragazzo, cavalchi per la prateria!”. Non vedi come si radunano i corvi nella foresta? Svettando in alto, gracchiando lamentandosi, volteggiando, precipitando nell’erica? “Dove sei mia adorata? Perché non mi vieni incontro?”. Come può se giace ormai nella sua tomba!... “Oh! devo correre da lei! Sono disperato, lasciatemela vedere! I suoi occhi mi hanno cercato prima di morire?”. “Se lei sentirà che la chiamo e la piango, forse si ridesterà dalla bara E ritornerà in vita”. 17 3.2 POLACCHE La Polonese ha avuto in Liszt un illustratore letterario di prima forza. Il capitolo che la concerne nel libro scritto sopra Chopin è tutto un inno a questa danza nazionale polacca, destinata in origine più all’ostentazione che alla seduzione, curiosamente rivolta a mettere in evidenza la bellezza mascolina ed il portamento cortese dei cavalieri, tant’è che il nome della danza in origine era mascolino (Polski). Liszt, descritto magistralmente l’ambiente della Polonia alla fine del secolo XVIII, spiega l’origine e la significazione di questa danza, che piuttosto che ballo era un seguito di movenze e di figure, una passeggiata di numerose coppie di dame e cavalieri che si tenevano per mano e che era guidata dal padrone di casa attraverso le sale, le gallerie ed i giardini del sontuoso castello; a questa immensa sfilata prendevano una volta parte, quali galanti cavalieri, anche primati, vescovi e prelati, e la messa in scena davanti a centinaia di invitati attoniti formava una costante laude del lustro, della fama, della gloria, della ricchezza e del fasto della patrizia famiglia che aveva bandito la festa. Chopin - La vita, le opere - Valetta Ippolito - Fratelli Bocca Editori Torino, Pag 322 I ritmi energici delle Polacche di Chopin fanno trasalire e galvanizzano tutti i torpori delle nostre indifferenze. I più nobili sentimenti tradizionali dell'antica Polonia vi sono raccolti. Marziali, per lo più, il coraggio e il valore vi sono resi con la semplicità di accento che formava presso quella nazione guerriera il tratto distintivo di quelle qualità. Esse spirano una forza calma e meditata, un sentimento di ferma determinazione congiunto con una gravità cerimoniosa che, si dice, era l’appannaggio dei grandi uomini di una volta. Si crede di rivedervi gli antichi polacchi, così come ce li dipingono le loro cronache: di una costituzione solida, di un’intelligenza aperta, di una pietà profonda e commovente sebbene sensata, di un coraggio indomito misto con una galanteria che non abbandona i figli della Polonia né sul campo di battaglia, né la vigilia, né l’indomani del combattimento. Questa galanteria era così inerente alla loro natura che, nonostante la compressione che le abitudini simili a quelle dei loro vicini e nemici, gli infedeli di Istanbul, facevano esercitar loro sulle donne, relegandole nella vita domestica e tenendole sempre all’ombra di una tutela legale, essa ha saputo tuttavia glorificare e immortalare, nei loro annali, regine che furono sante, vassalle che diventarono regine, belle suddite per cui gli uni rischiarono, gli altri perdettero dei troni. …….. Essi amavano dare ai loro movimenti lo spicco di una certa importanza graziosa, di una certa fierezza pomposa; che non toglieva loro in alcun modo una scioltezza di atteggiamenti e una libertà di spirito accessibili alle più lievi ansie delle loro tenerezze, ai più effimeri timori del loro cuore, ai più futili interessi della loro vita. Siccome era per loro una questione d’onore farla pagare a caro prezzo, si compiacevano di abbellirla e, ciò che più importa, sapevano anche amare quello che l'abbelliva, aver reverenza per ciò che la rendeva preziosa. I loro eroismi cavallereschi erano sanzionati dalla loro altera dignità e da una convinta premeditazione. Sommando le forze della ragione con le energie della virtù, essi riuscivano a farsi ammirare da tutte le età, da tutti gli spiriti, perfino dai loro avversari. Era una sorta di saggezza temeraria, di prudenza ardimentosa, di fatuità fanatica, la cui manifestazione storica più notevole e più celebre fu la spedizione di Sobieski, allorché egli salvò Vienna e inferse un colpo mortale all’Impero Ottomano, vinto alfine in quella lunga lotta sostenuta da una parte e dall’altra con tanto valore, magnificenza e mutua deferenza 18 fra due nemici altrettanto inconciliabili nei loro combattimenti quanto magnanimi nelle loro tregue. Per molti secoli la Polonia ha formato uno Stato la cui alta civiltà, assolutamente autonoma, non era conforme ad alcun’altra e doveva restare unica nel suo genere. Altrettanto diversa dall’organizzazione feudale della Germania, confinante con essa a Occidente, che dallo spirito dispotico e conquistatore dei turchi, i quali non cessavano di tenere inquiete le sue frontiere a Oriente, essa si avvicinava da un lato all’Europa per il suo Cristianesimo cavalleresco, per il suo ardore nel combattere gli infedeli, e dall'altro lato prendeva a prestito dai nuovi signori di Bisanzio gli insegnamenti della loro sagace politica, della loro tattica militare e dei loro detti sentenziosi. …… La Polacca, soprattutto, così assolutamente priva di movimenti rapidi, di “passi” veri e propri nel senso coreografico della parola, di pose difficili e uniformi; la Polacca, inventata assai più per far sfoggio di ostentazione che di seduzione, fu, per una eccezione caratteristica, destinata soprattutto a far notare gli uomini, a mettere in evidenza la loro bellezza, il loro portamento, il loro contegno guerriero e cortese a un tempo (questi due epiteti non definiscono forse il carattere polacco?...). Il nome stesso della danza è di genere mascolino, nell’originale (Polski). …… Ascoltando alcune delle Polacche di Chopin, si crede di udire il passo più che fermo, pesante, di uomini che affrontano con l’audacia del valore tutto ciò che la sorte potrebbe avere di più glorioso o di più ingiusto. Durante la Polacca, il saper tenere, maneggiare, passare dall’una all’altra mano quel berretto, dove un pugno di diamanti si celava tra le pieghe del velluto, con l’accentuazione piccante che si poteva dare a quei gesti rapidi, costituiva tutta un’arte, osservata soprattutto nel cavaliere della prima coppia, il quale, come capofila, dava la parola d’ordine a tutta la compagnia. E’ con questa danza che un padrone di casa apriva ogni ballo, non con la più giovane, non con la più bella, ma con la più onorata, spesso con la più anziana delle donne presenti, poiché la giovinezza non era la sola chiamata a formare la falange le cui evoluzioni iniziavano ogni festa, quasi per offrirle quale primo diletto una compiacente rivista di se stessa. Dopo il padrone di casa, erano dapprima gli uomini più importanti che seguivano i suoi passi, scegliendo, gli uni con amicizia, gli altri con diplomazia, quelli le preferite, questi le più influenti. L’anfitrione aveva un compito meno agevole di oggi. Doveva far percorrere alla schiera allineata che conduceva mille meandri capricciosi attraverso tutti gli appartamenti ove si affollava il resto degli invitati, più tardivi a far parte del suo brillante seguito. …………. L’andatura doveva essere ritmata, cadenzata,ondulata; essa doveva imprimere a tutto il corpo un ondeggiamento armonioso . Si aveva cura di non avanzare frettolosamente, di non spostarsi precipitosamente, di non sembrare mossi da una necessità. Si scivolava come cigni scendenti lungo i fiumi, come se invisibili onde sollevassero e abbassassero le cintole flessibili! ……………… Così, non era una passeggiata solita e priva di senso che si compiva; era una sfilata, ove, se osiamo dirlo, la società intera faceva la ruota e si dilettava nella sua propria ammirazione, vedendosi così bella, così nobile, così fastosa e così cortese. 19 Franz Liszt- Vita di Chopin- Passigli Editori 3.3 Notturni I Notturni manifestano un aspetto centrale dell’arte di Chopin, più direttamente legato al belcanto italiano, che aveva raggiunto, in quell’epoca, il massimo sviluppo. Attraverso le voci divine di Rubini, della Pasta, della Malibran, il compositore polacco aveva tratto suggerimenti preziosi riguardo la bellezza del suono, lo splendore delle melodie, la complessità e, al tempo stesso, la naturalezza espressiva degli ornamenti (sempre più concepiti come parti organiche delle melodie), e aveva riadattato tali straordinarie risorse vocali al pianoforte, inventando così un modo nuovo di comporre e di suonare lo strumento. E’ pur vero che il Notturno per pianoforte non è un’invenzione del genio polacco, bensì di John Field, pianista e compositore molto apprezzato a quel tempo, soprattutto in Russia, le cui musiche sono purtroppo scomparse oggi dalle sale da concerto. La Fantasia di Field aveva concepito una composizione pianistica relativamente breve, articolata in tre parti, dove l’invenzione melodica, ricca di figurazioni ornamentali, si staglia su un accompagnamento costituito per lo più da arpeggi che creano uno sfondo sonoro. Questo è il quadro di riferimento a cui si rifanno i Notturni di Chopin. Bisogna, però, subito aggiungere che in quest’ultimi la densità e la potenza espressiva, la ricchezza delle figurazioni melodiche e dell’armonia risultano inaudite per quel genere di composizione. Testi di Vincenzo Culotta 3.4 Preludi Di rado, nei tempi antichi, lo strumentista attaccava direttamente, “a freddo" il pezzo che doveva eseguire, soprattutto se particolarmente impegnativo e di vaste dimensioni preferiva prima preludiare allo strumento. Improvvisava, cioè, delle figurazioni armoniche e melodiche nella tonalità d’impianto del brano che avrebbe di lì a poco suonato, per scaldarsi le mani, e l’animo. Questa è l’origine del Preludio per pianoforte che, raggiunta la sua dignità artistica con Bach nel Clavicembalo ben temperato, diviene un genere a sé stante solo in epoca romantica, grazie soprattutto a Chopin. I Preludi di Chopin nascono senza un nome o una destinazione precisa, da idee musicali affiorate di getto e subito annotate, alcune già dotate di una struttura perfettamente compiuta. Potevano essere dei ricordi lasciati negli album di amici, dei brevi studi, sperimentazioni di nuove soluzioni musicali, oppure pagine sonore di un diario intimo che il compositore non avrebbe immaginato di suonare. Testi di Vincenzo Culotta I Preludi vengono considerati fra le più geniali creazioni di Chopin. Quest’opera è di una ricchezza d’ispirazione prodigiosa e ciascuno dei Preludi ci appare come una fedele descrizione dello stato d’animo del compositore. Chiunque, al posto di Chopin, avrebbe approfittato di questi prodotti del suo genio, per dar loro un’estensione più grandiosa: Chopin, invece, si accontenta di tracciare soltanto degli schizzi, prodigando loro a piene mani dei tesori di bellezza. Tutta la gamma dei sentimenti umani vi si trova riunita: le impressioni della più profonda tristezza vi si alternano con la più esuberante gaiezza. 20 Tragici o lieti, teneri o appassionati, questi preludi formano un insieme che ci commuove nel più profondo dell’animo. Raoul de Koczalski - F. Chopin – Edizioni Fiamma – Milano 3.5 MAZURKE Le Mazurke di Chopin differiscono notevolmente dalle sue Polacche per ciò che concerne l’espressione. Il carattere ne è del tutto dissimile. E’ un’altra atmosfera, ove le sfumature delicate, tenere, pallide e cangianti si sostituiscono ad un colorito ricco e vigoroso. All’impulso uno e concorde di tutto un popolo succedono impressioni puramente individuali, costantemente differenziate. L’elemento femminile ed effeminato invece di essere arretrato in una penombra un po’ misteriosa, si fa innanzi in prima linea e in piena luce. Esso acquista anzi in primo piano un’importanza così grande che gli altri elementi spariscono per fargli posto o tutt’al più non gli servono che da accompagnamento. Non sono più i tempi in cui, per dire che una donna era incantevole, la si chiamava “riconoscente” (wdzieczna); ove la parola “incanto” derivava dalla parola “riconoscenza” (wdzieki). La donna non appariva più come una protetta, ma come una regina: ella non sembra più essere la miglior parte della vita, essa forma la vita intera. L'uomo è bollente, fiero, presuntuoso, preda della vertigine del piacere! Tuttavia questo piacere non cessa mai di essere venato di malinconia perché la sua esistenza non poggia più sul suolo incrollabile della sicurezza, della forza, della tranquillità. La patria non è più! In Polonia, la mazurka diventa spesso il luogo in cui tutta una vita si decide, ove i cuori si pesano, ove le eterne dedizioni·si promettono, ove la patria recluta i suoi martiri e le sue eroine. In quelle contrade, la mazurka non è dunque solo una danza, è una poesia nazionale, destinata, come tutte le poesie dei popoli misti, a trasmettere il fascio ardente dei sentimenti patriottici sotto il velo trasparente di una melodia popolare. Così non v’è nulla di sorprendente a che la maggior parte di esse modulino nelle loro note, e nelle strofe che vi sono legate, i due toni dominanti nel cuore del Polacco moderno, il piacere dell’amore e la malinconia del pericolo. F. Liszt - Vita di Chopin – Passigli Editori Una semplice osservazione cronachistica può bastare a mettere in luce l’appartenenza di Chopin a una "scuola nazionale", malgrado tutte le componenti di cultura internazionale che confluiscono nella sua arte: infatti, la sua prima composizione, concepita a sette anni di età, è una Polacca, l’ultima, che risale a circa tre mesi dalla morte, è una Mazurka. Il cammino percorso da Chopin nelle sue Mazurke – dalla prima del 1820 circa, all’ultima del 1849 – è appunto quello di un progressivo allontanamento dal folklorismo, cioè dalla citazione di elementi pittoreschi inseriti nel linguaggio della tradizione occidentale, per procedere verso la scoperta del folklore come civiltà, che può condizionare, e non viceversa, la tradizione dei paesi dominanti centroeuropei. Testo di Piero Rattalino, Eduardo Rescigna – Gruppo Editoriale Fabbri Prima di venire a discorrere partitamente delle numerose Mazurke di Chopin non è inopportuno notare con Liszt che il carattere della Mazurka è completamente diverso da 21 quello della Polonese: è un’altra atmosfera quella dove questi frutti dell’ingegno Chopiniano maturano, siamo in un ambiente diverso nel quale le tinte pallide, delicate, tenere prendono il posto del colorito ricco e vigoroso. Alla significazione sintetica unica e concorde di tutto un popolo succedono impressioni individuali che si mutano continuamente. L’elemento femminile ed effeminato non è più tenuto in una penombra alquanto misteriosa, ma prende posto in prima linea alla piena luce del giorno, anzi acquista tale importanza che gli altri fattori spariscono per fargli posto, od almeno non servono che di accompagnamento. In Polonia la Mazour non è solamente una danza, è una poesia nazionale che sotto il velo trasparente di una melodia popolare trasmette fasci di patriottici sentimenti. Le Mazurke di Sombrowski e di Chopieki ebbero tutta una storia di vibrante nazionalismo e furono memorie che fecero battere migliaia di cuori. Ma oltre questi sentimenti altri ne idenitificava e ne rappresentava la Mazour coi canti che voci fresche e sonore spesso intonavano; esprimeva cioè il piacere dell’amore e la malinconia della miseria (d’onde nasce il bisogno di rallegrare la miseria “ciezye bide”) sintetizzava le impressioni che l’uomo riceve di fronte agli spettacoli della natura. Chopin con raro intuito si giovò dei frutti di questa ispirazione popolare, e vi aggiunse tutte le risorse del suo gusto, del suo stile, del suo lavoro; così che le Mazurke diventarono più che qualunque altro genere di composizione le tele sulle quali egli disegnò ed espresse centinaia di quadri, di allusioni, e ricordò slanci spontanei, preghiere, entusiasmi, scene di ogni genere: la Mazurka di Chopin è un vero microcosmo che si muove sotto il ritmo ternario della danza tipica nazionale. Ippolito Valetta – Chopin – La vita e le opere – Fratelli Bocca Editore 22