il seme e la semina

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IL SEME, LA GERMINAZIONE E LA SEMINA
IL SEME
La cellula uovo femminile, contenuta nell’ovario, viene fecondata dalla cellula gametica maschile, contenuta nel
polline. L'ovulo fecondato diviene seme.
Il seme è formato da due membrane di rivestimento, una esterna detta testa e una interna detta tegmen. Sono di
protezione alla parte interna, costituita dall'embrione e da sostanze di riserva amilacea od oleosa, contenute
nell’albume (o endosperma) o in uno o due o più cotiledoni (foglie embrionali).
I semi contenenti abbondante endosperma vengono anche detti semi albuminosi, mentre quelli in cui
l’endosperma è sostituito dai cotiledoni sono detti semi esalbuminosi.
L'embrione è formato dagli abbozzi degli organi fondamentali della pianta: la radichetta, il fusticino, la piumetta
(o gemmula).
I cotiledoni assorbono il nutrimento dell'albume per fornirlo all'embrione man mano che si sviluppa. Nelle
Angiosperme, a seconda che i cotiledoni siano 1 o 2, le piante vengono classificate in monocotiledoni o
dicotiledoni. Nelle conifere (gimnosperme) i cotiledoni sono in numero variabile (a seconda della specie) e
spesso ben più numerosi.
Il seme è un organo quiescente. Durante la quiescenza il seme ha attività metabolica ridotta; in questo stato
può sopportare condizioni di temperatura e di umidità anche difficili.
Nel linguaggio comune si usa chiamare semente anche altro materiale di propagazione, indipendentemente dalla
corretta definizione botanica; ad esempio vengono chiamati semi gli acheni, le cariossidi, le samare (frutti secchi
indeiscenti) o addirittura i tuberi di patata (fusti sotterranei) impiegati per la propagazione.
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Tipi di seme
Si possono, inoltre, distinguere i semi in ortodossi e recalcitranti. I primi sono semi capaci di mantenere a lungo
la facoltà germinativa, purché conservati a basse temperature e a basso contenuto di umidità (< 13%). I semi
recalcitranti sono quelli soggetti a perdere la facoltà germinativa in seguito alla disidratazione; non sono dunque
semi adatti alla lunga conservazione. Per questo vengono mantenuti per periodi brevi a temperature basse (mai
inferiori allo zero) e ad un elevato grado di umidità (es. castagne, ghiande, ecc.)
CARATTERISTICHE DELLE SEMENTI
Le sementi, tanto quelle agrarie che quelle forestali, per poter essere commercializzate devono rispondere a
determinati requisiti qualitativi, secondo le normative comunitaria e nazionale vigenti.
Questi sono, ad esempio:
-
purezza (meccanica e genetica)
germinabilità (o facoltà germinativa)
Nel caso di sementi di specie forestali è inoltre necessario conoscere:
-
umidità.
il peso sterico (o peso specifico, relativo ad 1 litro di semi)
il peso di 1000 semi
l’energia germinativa
il tempo medio di germinazione
il valore colturale
la vitalità
Alcuni di questi dati devono essere riportati in appositi cartellini di certificazione, applicati alla confezione con cui
le sementi vengono poste in commercio.
LA DISSEMINAZIONE
Il trasporto dei semi, più o meno lontano dalla pianta che li ha prodotti, si chiama disseminazione. La
disseminazione si può avvalere di diversi mezzi, come il vento, l'acqua, gli animali, così come avviene per
l'impollinazione. Molti semi sono dotati per questo di particolari formazioni che ne facilitano la dispersione
attraverso il vento (ad esempio le ali o samare di aceri, frassini, ontani e betulle, i pappi del tarassaco o dei semi
di salice e pioppo, ecc.). Altri, invece, sono adatti ad appigliarsi al vello di animali o, altri ancora, sono protetti da
pericarpo carnoso appetibile (frutti carnosi), così che gli animali che se ne cibano provvedono alla
disseminazione.
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CARATTERISTICHE DELLE SEMENTI
Purezza meccanica (o fisica o commerciale o tecnologica): è la percentuale in peso di semi appartenenti alla
specie dichiarata rispetto al peso totale del campione di semente, tolte le impurità di tipo fisico (terra, sassi, altro
materiale inerte), i semi rotti o danneggiati, immaturi o striminziti, e i semi di altre specie (semi estranei,
infestanti).
La purezza genetica è la percentuale di sementi appartenenti alla specie o alla varietà dichiarata. Nel caso della
purezza varietale questa potrà essere verificata dopo un controllo colturale in campo (post-controllo).
Germinabilità o facoltà germinativa. E’ la percentuale di semi capaci di fornire plantule normali, in un
determinato periodo di tempo, variabile da specie a specie (solitamente si eseguono 4 prove su 100 semi
ciascuna).
L’umidità della semente viene rilevata mediante determinazione su un campione messo in stufa a 103 °C per 17
ore.
Il peso sterico (o peso ettolitrico) è il peso di 1 litro di semi (compresi gli spazi vuoti).
Il peso di 1000 semi si ottiene pesando 8 frazioni da 100 semi ciascuna e rapportando la media a 1000 semi.
Questo dato ci fornisce la quantità di piante ottenibili da 1 kg di semente. (N.B. all’interno della stessa specie, se i
semi sono grossi e ben nutriti si potrà ottenere un numero limitato di piantine, però con buoni presupposti per
un’ottima crescita iniziale; se i semi sono piccoli potremmo ottenere un maggior numero di piante, però
qualitativamente inferiori).
Energia germinativa. E’ la velocità di germinazione dei semi; più alta è l’energia germinativa e più alto è il valore
della semente. L’E.G. tende a diminuire con il passare del tempo, per cui è anche un indice di giovinezza del
seme e del suo stato di conservazione. Un seme con buona energia germinativa possiede anche una buona
forza di levata, quindi potrà avere una nascita omogenea che favorisce una più facile fuoriuscita della plantula
dal terreno.
L’energia germinativa si ottiene dalla seguente formula:
E.G. =
dove:
100N
∑ (n1 x t1) + (n2 x t2) + (n3 x t3)
N = numero di semi del campione analizzato
n = numero di semi germinati (nei diversi intervalli di tempo)
t = tempo in cui i semi sono germinati
Tempo medio di germinazione. E’ dato dal rapporto tra la sommatoria del numero dei semi germinati nel tempo
t, diviso il numero totale di semi:
TMG = ∑ (t x n)
N
Valore colturale. Esprime l’effettivo valore della semente; si ottiene dal prodotto del valore della facoltà
germinativa per quello del grado di purezza, diviso 100:
Vc =
FG x Gp
100
Vitalità. La vitalità della semente si determina con prove, quali la prova del taglio; quest’ultima si effettua
valutando le condizioni e l’aspetto di un seme dopo che è stato tagliato in due metà; un metodo è, ad esempio,
quello colorimetrico effettuato con il trifenil tetrazolio: i semi così tagliati vengono immersi nella soluzione per un
tempo determinato (a seconda della specie); successivamente se ne verifica la colorazione dell’embrione e
dell’endosperma come premessa di buona germinabilità del seme stesso.
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LA GERMINAZIONE
E’ lo sviluppo dei semi in plantule. Comincia quando i semi diventano attivi e termina quando compaiono le prime
foglioline della nuova pianta.
Dopo la disseminazione i semi disidratati* entrano in un periodo di quiescenza. In seguito, qualora i tempi e le
condizioni siano favorevoli, inizia la germinazione. Essa è condizionata dalla temperatura e dalla disponibilità di
acqua, ossigeno e luce.
L’embrione presenta le foglioline embrionali (cotiledoni) attaccate ad un asse centrale. La parte superiore
dell’asse è costituita dall’epicotile, che all’apice presenta una piumetta (gemmula embrionale). La parte inferiore
dell’asse è formata da un ipocotile e da una radichetta (radice embrionale).
Nelle prime fasi della germinazione, il seme assorbe acqua, l’embrione inizia ad utilizzare le proprie sostanze di
riserva, la radichetta si gonfia, rompe il tegumento e si accresce verso il basso. La germinazione prosegue poi in
due modi diversi, a seconda del tipo di seme. Nella germinazione epigea, l’ipocotile si allunga, spingendo la
piumetta e il cotiledone protettivo fuori dal terreno. Nella germinazione ipogea, i cotiledoni rimangono sotto terra
e l’epicotile si allunga, spingendo la piumetta verso l’alto.
* I semi si trovano spesso notevolmente disidratati, con contenuti di acqua anche molto bassi. Ciò torna utile alla
loro conservabilità, in quanto sono più difficilmente attaccati da muffe (funghi) e batteri e i processi metabolici
risultano notevolmente rallentati. E’ per questo che le sementi delle più comuni specie agrarie vengono raccolte,
immagazzinate e poste in commercio solamente se presentano un’umidità adatta, generalmente mai superiore al
13%.
La dormienza
Oltre alla quiescenza, determinata da condizioni ambientali non favorevoli alla germinazione, nei semi si può
riscontrare la dormienza.
E’ un fenomeno che si verifica per motivi di carattere fisico o di ordine chimico interni al seme stesso, che ne
inibiscono la germinazione.
Cause della dormienza
- dormienza embrionale
- dormienza imposta
la dormienza può essere imposta dai seguenti fattori:
- impermeabilità dei tegumenti
- immaturità dell’embrione
- blocco metabolico
- natura biochimica
- combinazione di due o più di questi fattori
Tra i fattori fisici, determinanti la dormienza dei semi, vi può essere l’impermeabilità dei tegumenti, i quali
possono in alcuni casi costituire una barriera meccanica che impedisce l’assorbimento di acqua o gli scambi
gassosi con l’esterno. In questo modo i semi conservano la possibilità di germinare anche per molti anni, e quindi
la specie può sopravvivere per lunghi periodi a condizioni difficili. Se per l’agricoltura questo può rappresentare
un inconveniente, per la specie rappresenta un meccanismo di sopravvivenza. Esso può tuttavia essere ridotto
od eliminato con pratiche quali la scarificazione. Questa operazione consiste nell’intaccare i tegumenti dei semi
con sostanze aggressive (acidi, basi) oppure con abrasioni o incisioni al tegumento.
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La dormienza di tipo chimico (o embrionale), chiamata anche fabbisogno in freddo, è’ dovuta a particolari
sostanze interne al seme, che fungono da inibitrici. Questo fenomeno viene superato con la progressiva
degradazione di questi inibitori. Artificialmente si può rimuovere la dormienza conservando i semi a basse
temperature (2-10 °C); questa pratica, chiamata vernalizzazione o chilling, può essere applicata per una durata
variabile, a seconda della specie e della varietà (es. 30-60 o più giorni).
Esiste, poi, una pratica agronomica, la stratificazione, la quale consiste nel mescolare i semi dormienti a sabbia
umida (o a sabbia mista a torba) mantenendoli in ambiente freddo durante il periodo invernale, per poi seminarli
al momento della germinazione. Anche trattamenti ai semi con fitoregolatori (es. acido gibberellico) può risultare
molto efficace per talune specie.
Germinazione ipogea (A) e germinazione epigea (B).
Nella germinazione ipogea (es.: fava), la gemmula esce dal terreno, la radichetta fuoriesce dal tegumento e i
cotiledoni rimangono sotto la superficie del terreno, fornendo sostanze nutritive alla piantina. Successivamente
compariranno le foglioline e si svilupperà un sistema di radici laterali.
Nella germinazione epigea (es.: fagiolo) il tegumento che riveste il seme si apre; l’ipocotile a forma di gancio
fuoriesce dal terreno. Successivamente l’ipocotile si raddrizza e allunga, spingendo ulteriormente foglie e
cotiledoni fuori dal terreno. La prima fogliolina sarà protetta dai cotiledoni.
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LA SEMINA
Consiste nel mettere i semi in condizioni tali da consentirne la germinazione e il successivo sviluppo. A seconda
della specie e della zona di coltivazione la semina può avvenire in stagioni diverse. Generalmente per le specie
legnose le semine si effettuano dall’autunno alla primavera (novembre-aprile), a seconda delle condizioni
climatiche e delle tecniche adottate.
La semina può essere effettuata i diversi modi:
-
all’aperto (in piena terra, in porche, semenzai, in contenitori)
in ambiente protetto (in cassoni o semenzai, in contenitori)
La semina, sia all’aperto che in ambiente protetto può avvenire a spaglio o a file. In quest’ultimo caso risultano
solitamente più agevoli le successive cure colturali, in particolare il controllo delle infestanti. La semina all’aperto
avviene generalmente sul terreno agrario, eventualmente ammendato con materiali che ne migliorino le
caratteristiche fisiche (sofficità). Per le semine in cassone o in contenitore si fa spesso ricorso a substrati
appositamente preparati, generalmente a base di torbe. Frequente è l’uso di sabbia (di fiume, lavata) o di sabbia
+ torbe, per i cassoni che ospitano specie forestali con semi recalcitranti o che necessitano di chilling (es.
castagno, querce, noce, nocciolo, ciliegio, acero campestre, frassino, ecc.).
Semina a sandwich. È una tecnica di semina generalmente adottata per le conifere, qualora i terreni non siano
particolarmente idonei e soggetti a compattarsi. Sopra il terreno opportunamente preparato si stende uno strato
di sabbia di circa 2 cm, su cui vanno posti i semi poi ricoperti da un altro strato di sabbia, opportunamente rullato
allo scopo di compattarla leggermente. La sabbia garantisce un migliore drenaggio e quindi una minore incidenza
di malattie fungine. Successive irrigazioni oculate dovranno garantire il mantenimento di un sufficiente grado di
umidità del substrato, in particolare fino al momento in cui le radici delle piantine non avranno raggiunto il terreno
sottostante.
Per la semina in contenitore il substrato impiegato è generalmente preparato a partire da torbe di sfagno, a cui
possono essere aggiunte altre sostanze ammendanti o correttive, quali la sabbia, argilla, perlite, vermiculite, lana
di roccia, pomice, lapillo vulcanico, compost, terricciati, ecc. L’obiettivo è quello di ottenere un substrato idoneo,
in particolare garantendo:
-
un buon drenaggio e buona aerazione (derivante da una buona porosità e sofficità)
mantenimento del volume (cioè della struttura porosa)
capacità di ritenzione idrica, buon potere assorbente
assenza di semi di infestanti, di patogeni e parassiti
un equilibrato apporto nutrizionale
costo contenuto.
I contenitori o fitocelle più comunemente usati sono rappresentati da vasetti in materiale plastico o seminiere
alveolari (multipot), aventi forma e capacità diverse a seconda delle caratteristiche ed esigenze delle specie in
questione, e del tempo di permanenza delle piantine nel contenitore stesso. In particolare si tiene conto delle
caratteristiche di sviluppo dell’apparato radicale, affinché questo si possa sviluppare in modo idoneo, senza
subire malformazioni che ne compromettano lo sviluppo futuro.
(Studi ed esperienze recenti hanno dimostrato che vasi o contenitori di forma tronco-piramidale sono preferibili
rispetto a quelli di forma cilindrica o tronco-conica; assieme ad altri accorgimenti, quali la presenza di particolari
costolature nelle pareti interne del vaso, la convessità del fondo ecc., favoriscono uno sviluppo armonico di un
apparato radicale fascicolato. In questo modo si riesce ad evitare o limitare l’inconveniente della conformazione
“a nido” delle radici; ciò costituisce una importante premessa per il successivo sviluppo post-trapianto della pianta
stessa.)
Rispetto alla semina in piena terra o in cassoni, la semina in contenitore consente di ottenere piantine
(semenzali) provvisti di pane di terra; queste piantine offrono notevoli vantaggi: possono essere trapiantate in
vivaio o messe a dimora in qualsiasi momento dell’anno; se ben allevate, a differenza delle piante a radice nuda
non devono subire il taglio delle radici e conservano intatti i peli radicali; potranno superare così brillantemente il
momento delicato del trapianto.
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I semenzali ottenuti all’aperto hanno il pregio di essere meglio preparati alle condizioni climatiche naturali che
troveranno in seguito al trapianto, rispetto alle piantine prodotte in ambiente protetto, le quali potrebbero
necessitare di una graduale ambientazione.
La permanenza nel semenzaio delle piantine può durare fino a due anni. Le piantine ottenute da semina in
cassoni (semenzai) o in piena terra possono essere invasate nella primavera successiva alla semina, o se
necessario, essere soggette a un diradamento per consentirne uno sviluppo equilibrato. Nell’autunno seguente
sono pronte al trapianto ( = semenzali di un anno o S1). Qualora dal momento della semina a quello del
successivo trapianto trascorrano due anni, le piante potranno subire anche un taglio della parte epigea, al fine di
ottenere un fusto meglio conformato o di favorire lo sviluppo di più fusti (piante cespugliose).
CURE AI SEMENZALI
Durante il periodo di permanenza nei semenzai le piantine possono necessitare di cure colturali, quali:
- irrigazioni;
- controllo delle infestanti (l’impiego di diserbanti chimici risulta tuttora problematico)
- fertilizzazioni
- lotta ai parassiti (ad es. interventi anticrittogamici, contro l’oidio su querce, aceri, carpini; interventi
insetticidi contro oziorrinco, ecc.)
- zappettature, sarchiature, ecc.
Le giovani piante (a seconda della specie) hanno spesso bisogno di un certo ombreggiamento, non gradendo
l’eccessivo irraggiamento dei mesi estivi. Per questo i semenzali sono solitamente tenuti in spazi protetti da reti
ombreggianti, che di solito fungono anche da reti antigrandine.
Con l’estirpazione dal semenzaio è frequente la rottura delle radici più fine e del fittone. La rottura del fittone
comporta come conseguenza la formazione anticipata di un apparato radicale di tipo fascicolato. Un apparato
radicale di questo tipo è buona premessa per una più facile e sicura messa a dimora.
Undercutting. È una operazione che consiste nel tagliare il fittone ai semenzali, così da favorire la formazione di
un apparato radicale fascicolato. Si esegue generalmente su alcune latifoglie, passando con un attrezzo trainato
da trattrice, che presenta una lama orizzontale che recide il fittone. Tale operazione va eseguita circa un mese
prima della ripresa vegetativa (N.B. l’attività radicale inizia 10-20 giorni prima della ripresa vegetativa), per non
procurare eccessivo stress alla pianta.
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TRAPIANTI, ZOLLATURE E COLTIVAZIONE IN CONTENITORE
IL TRAPIANTO
I trapianti sono operazioni che si eseguono per molte specie legnose, sia forestali che ornamentali, allo scopo di
favorire la formazione di un sistema radicale ricco, che consenta un migliore superamento della crisi da trapianto
nella messa a dimora definitiva.
La necessità di trapianto dipende dalla specie di appartenenza. Ad esempio si rende necessaria per specie
appartenenti ai generi Picea, Pinus e Abies, per favorire la formazione di un miglior apparato radicale. Il trapianto
si può eseguire anche più volte, qualora la pianta venga allevata per più anni. Di norma il trapianto si dovrebbe
eseguire almeno ogni 3-4 anni. La messa a dimora di una pianta di grandi dimensioni può richiedere una lunga
permanenza in vivaio e numerosi trapianti
La necessità di trapiantare le piante può anche essere giustificata da condizioni di scarsa fertilità del suolo in cui
le piante sono state inizialmente allevate. Il luogo in cui sono destinate le piante da trapiantare influenza, a sua
volta, il tipo di allevamento (allevamento in funzione della destinazione e dell’utilizzo della pianta).
Contemporaneamente al trapianto si rendono di solito necessarie delle cure alla pianta, quali potature alla
chioma, per riequilibrare la parte aerea a quella radicale. Questi interventi comportano, inevitabilmente, degli
squilibri nutrizionali (oltre che ormonali) per la minore capacità di assorbimento da parte delle radici, la minore
superficie fotosintetizzante, ecc. Inoltre, tali squilibri, unitamente alle ferite praticate, predispongono la pianta
all’attacco di patogeni fungini. E’ bene, quindi, provvedere ad una disinfezione.
La probabilità di sopravvivenza di una pianta al trapianto e l’attitudine di questa alla ripresa vegetativa, dipende in
modo determinante dalle dimensioni dell’apparato radicale e dall’entità dei tagli.
Le piante vanno quindi poste in file parallele. La distanza delle piante sulla fila, così come la distanza tra le file, è
in funzione delle esigenze della specie, delle dimensioni e del tipo di allevamento previsti.
Per il trapianto di giovani piante (semenzali, talee) si usano apposite trapiantatrici meccaniche.
Nella messa a dimora è importante collocare le piante alla giusta profondità e in posizione perfettamente
verticale, così da favorire uno sviluppo armonico della pianta.
Il luogo del vivaio dove vanno allevate le piante provenienti dai semenzai o dai barbatellai e nestai si chiama
piantonaio.
La permanenza in piantonaio può durare un paio di anni. Per le piante di maggiori dimensioni o per una crescita
corretta delle piante può rendersi necessario un sostegno, che può essere costituito da canne di bambù, pali di
legno o fili metallici sostenuti a loro volta da pali in legno, in ferro o in cemento.
Il taglio dalla radice principale (fittone) favorisce lo sviluppo di un apparato radicale fascicolato.
I trapianti che precedono la definitiva messa a dimora, vanno eseguiti allo scopo di preparare la pianta a superare
quel difficile momento nel miglior modo possibile ed assicurare alla pianta uno sviluppo futuro adeguato.
Il trapianto può essere eseguito:
- sul posto
- fuori posto
Con il trapianto fuori posto si colloca la pianta in un luogo diverso da quello in cui era precedentemente. Con tale
operazione si ha modo di allargare tra loro le piante all’interno del vivaio, così che possano disporre di maggiore
spazio e quindi la possibilità di un migliore e più equilibrato sviluppo aereo e radicale.
Un particolare tipo di trapianto sul posto è la rinzollatura. Questa operazione consiste nel formare una nuova
zolla, praticando così un taglio dell’apparato radicale, in modo da stimolare l’emissione di un maggior numero di
radici, di diametro inferiore, in un minor volume di terreno. Generalmente il taglio delle radici non si esegue
contemporaneamente su tutta la circonferenza, ma solo su metà, così da non mettere eccessivamente in
difficoltà la pianta e consentire lo sviluppo sufficiente di radici prima del taglio sulla parte rimanente.
I tagli si eseguono di norma nei periodi di riposo delle piante (= ridotta attività radicale), in prossimità della ripresa
vegetativa (fine inverno o fine estate) per danneggiare meno possibile le piante stesse.
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Può essere utile o necessario conservarle le piante estirpate per un breve periodo, ad esempio per attendere
condizioni climatiche o del terreno più favorevoli. In questo caso le piante vanno mantenute in condizioni igrotermo controllate. (Celle igro-termo regolate possono essere utilizzate anche per conservare le talee o le piante in
attesa di trapianto definitivo). Di solito vengono tenute a temperature comprese fra 1 e 3 °C, e ad umidità relativa
attorno al 90%, per evitare la disidratazione, evitando però ristagni di umidità che favorirebbero l’insorgere di
patogeni. Le piante pronte per la spedizione sono di solito poste in cassette o pallets, avendo l’accortezza di
proteggere le radici con materiali adatti.
Dimensioni della zolla
La zolla va dimensionata in base alle dimensioni della pianta, in particolare del diametro del fusto, tenendo
possibilmente conto delle caratteristiche della specie, cioè della conformazione tipica dell’apparato radicale e
della attitudine l trapianto. Per le piante destinate alla messa a dimora, le zolle vanno avvolte con protezioni, quali
teli di juta o di altri tessuti (possibilmente degradabili), reti metalliche per le zolle di maggiori dimensioni), films
plastici, paglia, ecc.
l =
l1=
l2=
l3=
h =
larghezza della corona circolare delimitata dalla circonferenza massima della zolla e la circonferenza del
colletto del fusto alla base
larghezza massima della zolla nel punto più vicino al colletto, ovvero in superficie..
larghezza della zolla nel punto equidistante dal colletto (punto prossimale) e dal punto inferiore di essa
(punto distale).
larghezza del punto distale.
altezza della zolla o profondità.
Dopo il trapianto le piante vanno irrigate, secondo le esigenze e le condizioni ambientali. Altre cure colturali alle
piante trapiantate in vivaio possono essere:
-
diserbi (meccanico e chimico)
scerbature, rincalzature, zappature
controllo avversità parassitarie
fertilizzazioni
Nel vivaismo ornamentale il trapianto può eseguirsi prima della definitiva collocazione a dimora o in uno o più
momenti della fase di allevamento.
Per le piante zollate, destinate alla messa a dimora, le zolle vanno avvolte con protezioni che possono essere
diverse (teli di juta o altri tessuti, reti metalliche, films plastici, paglia, ecc.).
I trapianti delle specie caducifolie si effettuano in periodo autunnale (dopo la caduta delle foglie) o a fine inverno
(evitando i periodi di freddo eccessivo), comunque evitando che al momento del trapianto vi sia attività
vegetativa). In autunno si eseguono anche i trapianti per le caducifolie “a radice nuda”.
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DOMANDE DI VERIFICA
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Cos’è il seme, da cosa deriva?
Quali parti compongono il seme?
Cos’è l’embrione?
Cos’è un seme ortodosso?
Cos’è un seme recalcitrante?
In quali condizioni possono essere conservati per un lungo periodo i semi ortodossi?
Quali caratteristiche vengono considerate al fine della valutazione della qualità delle sementi?
Cosa si intende per purezza?
Cosa si intende per facoltà germinativa o germinabilità delle sementi?
Cos’è la germinazione?
Descrivi la differenza fra germinazione epigea e germinazione ipogea.
Cos’è la dormienza?
Elenca alcune possibili cause di dormienza.
In quale modo è possibile rimuovere la dormienza nei semi?
Cos’è la stratificazione?
Cos’è il chilling?
Quali caratteristiche deve avere un buon substrato per la semina in contenitore di specie legnose
forestali o ornamentali?
Cos’è un semenzale?
Quali vantaggi consente la semina in contenitore rispetto alla semina in piena terra?
Quali problemi possono derivare dalla semina e allevamento di una giovane pianta in contenitore se
la tecnica colturale o il contenitore non sono adeguati?
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