l`odissea nello spazio di hubble 1990

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L’ODISSEA NELLO SPAZIO DI HUBBLE 1990
GLI OCCHIALI CHE LEGGONO L’UNIVERSO
L’importante indagine su passato e presente di stelle e pianeti avviata da 25 anni.
di Cataldo Greco
Sono trascorsi 25 anni: era il 24
aprile 1990, quando dalla Base della
Nasa di Cape Canaveral in Florida si
alzò lo Shuttle Discovery con a bordo
Hubble, il primo telescopio spaziale.
E il mondo scientifico, come si
ricorderà, si eccitò moltissimo. E a
giusta ragione. Il telescopio era
grande quanto un autobus. Costruito
dalla Nasa e dall’Agenzia Spaziale
Europea (Esa), avrebbe rivoluzionato
astronomia e cosmologia.
Sarebbe stato, finalmente, possibile
guardare l’Universo senza lente
deformante dell’atmosfera, come
capita inevitabilmente ai telescopi
basali sulla Terra.
E dunque gli astrofisici avrebbero
potuto dare le prime risposte a tante
inevase domande sull’Universo.
Come si è formato? Come si evolve?
Quale il suo passato? Come si sono
formate le stelle, il Sole, i Pianeti?
Quale il suo futuro?
A Baltimora, dove ha sede lo Space Telescope Science Institute, e a Washington, che ospita
l’Air and Space Museum, si sono svolte diverse manifestazioni celebrative per ricordare il
grande evento. Vi hanno presenziato tutti gli artefici di questa straordinaria impresa e fra essi
un italiano, il Professor Duccio Macchetto, astrofisico di fama mondiale, che ha accettato di
rispondere alle domande del nostro giornalista Cesare Di Carlo, che fedelmente riportiamo:
Come era la scienza astrofisica prima del Telescopio Spaziale?
«Sino agli anni ’70 il problema più importante era quello di misurare con precisione la
velocità di espansione dell’Universo, nota come Costante di Hubble. Hubble era l’astronomo
americano (abbastanza noto), che, negli anni Venti, per primo osservò che le galassie si
allontanano da noi con velocità che aumenta con la distanza. Il valore di questa costante è
fondamentale».
Perché?
«Perché definisce l’età dell’Universo e la sua forma strutturale».
IL FARO – Periodico del Centro Studi “Pier Giorgio Frassati” – Cariati (CS)
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Quale la differenza delle misurazioni con il Telescopio Spaziale?
«Fondamentale. Nello Spazio la mancanza di atmosfera assicura una quantità di immagini che
dipende solo dalla perfezione e dimensione dello specchio. Così dotammo Hubble di uno
specchio del diametro di 2,5 metri. Ma l’idea più rivoluzionaria fu quella di apportare, se
necessario, modifiche e riparazioni in orbita. Compito affidato agli Shuttle della Nasa. È stata
così prolungata la vita del Telescopio. Era stato programmato su una decina di anni, ne ha già
25 e vivrà ancora a lungo».
Le scoperte dell’ultimo quarto di secolo sarebbero state possibili senza il Telescopio
Spaziale?
«No. È cambiato il paradigma dell’espansione dell’Universo: abbiamo potuto accertare che
non si espande a una velocità costante come sostenevano molti modelli cosmologici.
Ispirandoci invece alla teoria della relatività generale di Einstein, abbiamo osservato che
esiste una forza di espansione, la cui natura è peraltro ignota, che fa sì che l’espansione
dell’Universo acceleri sempre di più».
Che cosa vuol dire?
«Vuol dire che questa forza rappresenta circa il 75% di tutta l’energia dell’Universo! La
chiamano “Energia oscura”. La misura della velocità di espansione ha comunque avuto un
risultato importante. Conosciamo il valore di questa velocità e di conseguenza l’età
dell’Universo: 13,8 miliardi di anni».
Qual è la relazione fra energia oscura e
A caccia della vita
materia oscura?
«La massa visibile rappresenta solo il 10% del
L’acqua è l’ingrediente fondamentale della
totale, dunque la materia oscura è il 90%».
vita e per trovarla Nasa e Agenzia Spaziale
Europea (Esa) mettono in campo una nuova
Il Telescopio ha risposta alla madre di tutte
squadra di satelliti: Juno, Webb e Tess.
le domande e cioè se esiste vita su altri
«Sono quasi sicura – ha spiegato Ellen
pianeti?
Stofan, responsabile scientifico della Nasa –
«Ci ha dato informazioni irraggiungibili con
che entro poche decine di anni sapremo con
altri mezzi. Per esempio abbiamo fatto i primi
certezza se siamo soli nel Sistema Solare».
passi nello studio di pianeti che ruotano attorno
Nuove preziose informazioni arriveranno
ad altre stelle e delle loro atmosfere. Abbiamo
già dal 2018 con il lancio del telescopio
scoperto in vari casi l’innegabile presenza di
spaziale James Webb, ancora più potente di
vapore d’acqua, essenziale per lo sviluppo della
Hubble che in coppia con Tess, disegnato
vita, e abbiamo anche cominciato la ricerca
per scoprire nuovi pianeti extrasolari, andrà
delle biosegnature, cioè di quei prodotti che
alla ricerca della vita.
dovrebbero essere il risultato di processi di vita
su un pianeta».
E i cosiddetti buchi neri?
«Gli astrofisici rimasero sorpresi nel notare che esistono buchi neri super massivi al centro
(praticamente) di tutte le galassie, compresa la nostra. Un buco nero è una regione dello
spazio-tempo con un campo gravitazionale così forte e intenso che nulla al suo interno può
sfuggire all’esterno. Nemmeno la luce».
Quali e quante scoperte il Telescopio può ancora determinare?
«Uno dei temi fondamentali è la ricerca delle “origini”, cioè (nuovi orizzonti) l’origine
dell’Universo, delle galassie e delle stelle che le formano e anche l’origine della vita stessa.
IL FARO – Periodico del Centro Studi “Pier Giorgio Frassati” – Cariati (CS)
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Inoltre nei prossimi anni si dovrebbe approfondire lo studio sulla forma dell’energia oscura,
cioè la forza responsabile dell’accelerazione dell’Universo. Per ora non sappiamo nemmeno
se questa forza sia uniforme e costante in tutte le direzioni, o se in futuro possa cambiare
segno e diventare una forza di attrazione che porti all’implosione dell’intero Universo».
Come si è sviluppata la collaborazione fra Nasa e Esa?
«È nata nel 1975 quando il progetto era ancora nella prima fase di studio. La Nasa ha
finanziato la moggior fetta del progetto, all’incirca il 90%. Sono dell’Esa i pannelli solari del
telescopio, che forniscono l’energia per caricare le batterie, i pacchetti elettronici e la “Faint
Object Camera”, strumento del quale io ero il “Principal Investigator” cioè responsabile
scientifico».
Quali i ritorni scientifici in tema di profitti?
«Le risponderò così. Per ogni dollaro speso nei progetti spaziali, c’è una ricaduta di 10 dollari
in nuove commesse, progetti e sviluppi scientifici nell’arco di 5-10 anni».
IL FARO – Periodico del Centro Studi “Pier Giorgio Frassati” – Cariati (CS)
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