Che le mosche riposino in pace. di Stefano Panizza

Che le mosche riposino in pace.
di Stefano Panizza
Tratto da La natura complessa dei cerchi nel grano, di Eltjo
Haselhoff, pagg. 24/25:
“Il 17 luglio 1998, la ricercatrice olandese Janet Ossebaard si
trovò di fronte a un nuovo mistero collegato ai cerchi nel grano:
numerose mosche morte erano attaccate ai semi delle piante di
grano che si trovavano all’interno di un cerchio. (…) Gli insetti
avevano il rostro saldamente attaccato alle spighe, e le zampe e
le ali completamente distese come in preda a uno spasmo. (…)
Alcune mosche erano letteralmente esplose: zampe, parti del
corpo, ali e teste erano sparse sulle spighe(…). Sorpresa da ciò
che aveva scoperto, Janet raccolse alcuni degli insetti morti e li
inviò a un esperto del Museo di Storia Naturale di Londra. Egli
sospettò inizialmente che la morte degli insetti fosse da
imputarsi agli effetti di un fungo (Entomophtora muscae) ma
dopo studi approfonditi questa causa fu esclusa. Un fenomeno
del genere non si era mai visto prima, e non si potè formulare
nessuna soluzione soddisfacente.”
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Per la cronaca il cerchio in questione è quello di Cherhill
(Wiltshire, Inghilterra).
Quanto descritto è comune nella letteratura sui cerchi nel grano,
con l’eccezione delle analisi di laboratorio, che sembrano invece
costituirne ununicum.
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La Janet inviò le mosche, oltre che al citato museo, anche a
Levengood, unitamente ad altro materiale. Lo studioso scrive di
questi insetti a partire da pagina 2 del suo report scritto
sull’episodio :
“the concentration of dead flies adhering to standing plants in
the center of the circles and the standing perimeter plants within
the downed areas may be the result of a wide area "sweeping
action" from the incoming vortex energies.”
che tradotto significa:
“la concentrazione di mosche morte, aderenti alle piante rimaste
in piedi sia nel centro dei cerchi che nel perimetro dell’area di
spighe abbattute, può essere il risultato dell’azione di un vortice
di energie.”
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Quindi, per Levengood, la causa sarebbe un non ben identificato
“vortice di energie”.
Certo che se egli rappresenta la parte scientifica dello studio dei
cerchi ...
Nel frattempo la Ossebaard non smise di capacitarsi di quanto
aveva osservato. Dopo l’entusiasmo iniziale sembrò, però, colta
da timore, tanto da chiedersi:
“If the crop circles are indeed characterized by kindness,
friendship, love and light, as so many believe (and I am one of
them), then how come animals die in them? If the energies are so
strong and powerful that they can drug and explode insects, to
what extend is the phenomenon safe and peaceful? If the stuff
that drugged the flies enters our food chain, should we get
worried?”
che tradotto:
“Se i cerchi nel grano sono infatti caratterizzati da cortesia,
amicizia, amore e luce, come molti credono (e io sono una di
loro), allora come mai gli animali muoiono dentro ad essi? Se le
energie sono così forti e potenti che possono drogare e far
esplodere gli insetti, fino a che punto il fenomeno è sicuro e
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pacifico? Se la cosa che ha drogato le mosche entra nella nostra
catena alimentare, dovremmo preoccuparci?”
Che sia pericoloso mangiare pane cucinato con farina da crop
circle?
Questa si che una domanda interessante …
Del fenomeno, più in generale, ne parlarono, comunque, già Pat
Delgado e Colin Andrews nel lontano 9 luglio 1989, in un articolo
sul Sunday Times e a firma di Stuart Wavell.
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Battute a parte, il fenomeno ha tutta l’aria di essere
effettivamente misterioso, al di là, cioè, dell’improbabile e quasi
magica spiegazione di Levengood e delle fisime della Ossebaard.
Cerchiamo, ora, di approfondire la faccenda e capire come
possano stare davvero le cose.
Nonostante la smentita del laboratorio londinese,
gliscettici sostengono imperterriti che la causa della moria di
mosche di cui parla la Ossebaard, così come di tutte quelle che
presentano i sintomi descritti, sia il fungo Entomophthora
muscae.
I believer, al contrario, ne attribuiscono la colpa ad una non ben
identificata energia (mi chiedo, però, visto che la figura nei
campi appare tutt’altro che “incredibile”, le “energie” possono
realizzarne anche di irregolari e grossolane?).
A parte la legittima perplessità, dove sta la ragione?
Credo che per capirlo sia necessario rispondere a queste
domande:
- quali sono i sintomi d’infezione dal fungoEntomophthora?
- questi posso derivare da altre cause, cioè si può avere lo stesso
risultato da fonti diverse?
- esistono forme di energia tali da provocare quegli stessi effetti?
- ammettendo che la Entomophthora ne sia stata la causa,
perché non è risultata dalle analisi biologiche?
Partiamo dalla prima, cosa scatena, allora, l’infezione?
Facciamo una breve premessa per inquadrare meglio il discorso.
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I funghi, in generale, sono delle specie di piante (per dirla in
modo semplice), che, però, per vivere non attivano la fotosintesi
clorofilliana, ma si nutrono di organismi, sia vivi che morti.
L’ordine Entomophthora, come spiega il nome stesso e
cioè éntomon (insetto) e phtora (distruzione), si ciba di insetti. In
particolare, la classe muscae, e lo si intuisce, gradisce le
mosche.
Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa scatena negli
incolpevoli volativi.
Le spore del fungo, in pratica, infettano l’animale entrando nel
suo corpo da sottocute, nella zona dell’addome.
Proliferano, poi, dal suo interno, fino quasi a divorarlo.
La fase finale prevede che le spore vengano espulse dalla mosca
ormai morta e si depositino su di essa come polvere biancastra.
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L’animale, nella rigidità della morte, si presenta in una posizione
elevata, incollato con il suo rostro alla spiga, le zampe ben
distese, le ali sollevate e l’addome inclinato verso l’alto.
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Come mai questo strano comportamento in vista della
“dipartenza”?
Perché la Entomophthora non si è limitata a “mangiarsi” la
bestiolina (che finirà pure per disgregarsi), ma ha voluto anche
facilitare la proliferazione delle sue spore.
Insinuandosi, infatti, anche nel sistema nervoso dell’insetto, gli
ha indotto ben precisi comportamenti, tali da tramutarlo in una
sorta di “doccia” che disperde le spore nelle zone sottostanti e
circostanti.
Fenomeno favorito anche dal vento che, vista la disposizione
disordinata delle spighe della formazione, non deve certo essere
mancato nel cerchio di Cherhill.
In questo modo ha maggiori possibilità di infettare altre mosche,
senza considerare che l’atteggiamento copulatorio del cadavere
(addome inclinato verso l’alto) potrebbe attirare i suoi simili,
diciamo, “allupati”.
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In sintesi, dunque, la causa descritta, e cioè il fungo, sembra
giustificare appieno la fenomenologia descritta dalla Ossebaard.
Veniamo, ora, alla seconda domanda, ci potrebbero essere altre
“colpe” altrettanto valide?
Rimanendo in campo prettamente scientifico, no.
Esistono naturalmente vari tipi di funghi.
Ad esempio, facendo ricerche, ho trovato illaboulbeniales, ma le
apparenze che provoca sono molto diverse.
Così come vi sono degli antiparassitari che possono causare la
morte delle mosche.
Ne esiste uno, in particolare, derivante dalla Amanita muscaria,
il temibile fungo velenoso.
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Ma anche in questo caso i sintomi mortali sono diversi e,
soprattutto, questo antiparassitario non viene spruzzato nelle
coltivazioni (pezzi di fungo macerato vengono, infatti, frammisti
al latte per attirare le mosche).
Tornando ai funghi, c’è, poi, da dire che spesso non arrivano ad
uccidere.
Venendo a teorie non convenzionali, oltre alla loro evidente
infondatezza, credo sia sufficiente una banale considerazione
per togliere loro credibilità.
Se si osservano le uniche foto disponibili, infatti, si potrà notare
come le mosche siano attaccate nella parte alta di spighe
rimaste in piedi (quindi non in un qualunque punto delle spighe
schiacciate).
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Potrebbe una misteriosa energia fare questa scelta o le mosche
suicidarsi dirigendosi verso la fonte misteriosa?
Direi di no.
Veniamo alla terza domanda, cioè sulla possibilità che esistano
energie “assassine”?
Qualcuno ha voluto suggerire l’intervento di microonde.
Chi si è preso la briga di fare l’esperimento, in particolare il
Cicap, non ha rilevato nulla di simile: niente mosche esplose,
niente ali sollevate, niente rostro allungato.
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Ipotizzare, allora, energie non convenzionali, lo ripeto, sembra
scorretto dal punto di vista scientifico ma anche di poco buon
senso, nel momento in cui non si sa nulla della loro eventuale
esistenza e gli effetti si chiariscono con semplici giustificazioni
ordinarie.
La quarta domanda, e cioè sul perché se la colpa è di quel tal
fungo, esso non sia stato rilevato dal laboratorio, è sicuramente
la più intrigante.
Per prima cosa cerchiamo di capire cosa c’è scritto esattamente
sul referto scientifico.
Già … magari … pare, infatti, sia introvabile …
Janet lo inviò al ricercatore Bert Janssen che sembra averlo, poi,
perduto …
Diamo, comunque, per scontato che non sia stato trovato il
cosiddetto “indicatore”.
Che cosa significa?
In pratica, se un materiale biologico, coltivato in laboratorio,
mostra determinati segni di crescita, significa che è presente un
tipo di sostanza ben precisa.
Ora, nel nostro caso, tale “indicatore” non è stato trovato.
Dunque, niente “indicatore”, niente fungo “omicida”?
In realtà, le cose non sono così semplici ed automatiche.
Sono andato a controllare le caratteristiche di questo fungo e,
devo dire, che la spiegazione può essere davvero banale.
Infatti la sua coltivazione in laboratorio è complessa e quindi la
procedura può non dare risultati veritieri (da wikipedia: “it
cannot be easily cultured in the laboratory” e cioè “non può
essere facilmente messa in cultura in laboratorio”).
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In fondo, un solo caso risulta analizzato, e non si può certo
generalizzare (il fatto, poi, che la “polverina” tenda a diventare
invisibile, non invoglia sicuramente a far analizzare altri
campioni).
Inoltre, va ricordato, come certi funghi, tipo l’Alternaria ed
il Cladosporium, finiscano per sostituire l’Entomophtora.
Quindi, cosa si può concludere?
Manca sicuramente la cosiddetta “pistola fumante”, cioè la
prova di laboratorio. Così come non è stato possibile fare un
confronto fra quanto è successo dentro al cerchio ed al di fuori
di esso (sia per la figura di Cherhill che più in generale). E direi
pure che, vista la scarsità di fonti a disposizione, non è possibili
capire se, e cosa, può accadere nelle spighe schiacciate
all’interno di una formazione.
Però, tutti i segni rilevati e tutti i dati a disposizione (invito ad
osservare bene le foto pubblicate) portano a pensare che le
mosche siano morte, nel caso in questione, per infezione
da Entomophthora muscae.
Anche la temperatura presumibilmente presente al tempo della
formazione sembra fra quelle accettabili per la proliferazione
del fungo, che non “gradisce” quelle troppo alte (da wikipedia:
“The fungus is sensitive to temperature and when the air
temperature is high, the prevalence of the disease decreases to
very low levels” e cioè “il fungo è sensibile alla temperatura e
quando la temperatura dell’aria è alta, l’incidenza della malattia
si riduce a livelli molto bassi.“).[
La vicina stazione meteo della base militare di Lyneham (siamo
nella zona del White Horse) registrava, infatti, una temperatura
media di 16° per la giornata del 17 luglio 1998.
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Al momento, quindi, non esiste nulla che porti in altre direzioni.
Chiudo con una domanda: ma se davvero, come gli “esperti” dei
cerchi sostengono a “spada tratta”, quella delle mosche morte è
un’anomalia indice della misteriosità delle formazioni sottotanti,
perché se ne trovano solo raramente sulle spighe?
Anticipo
la
prevedibile
“alzata
di
scudi”
dei
lettoribeliever invitandoli a consultare il sito del BLT, che per loro
dovrebbe essere una sorta di “Bibbia”.
Ebbene, su diciotto analisi di laboratorio presentate (quattro
consultabili per intero, le altre solo nelle linee essenziali), solo
una presenta la storia delle mosche, quella relativa al già citato
cerchio di Cherhill.
Che, non dimentichiamolo, ha tutta l’aria di essere la
conseguenza di un fenomeno meteorologico.
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Strano per essere una delle prove …
http://www.lucianabartolini.net/entomophthora_muscae.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Classificazione_scientifica
http://en.wikipedia.org/wiki/Entomophthora_muscae
http://www.francescograssi.com/public/download/levengood/ResearchRepor
t104-19Oct2000-WiltshireUK.pdf
http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=273166
http://francescograssi.blogspot.com/2008/04/cerchi-nel-grano-il-misterodelle.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Amanita_muscaria
http://archiv.fgk.org/98/Berichte/Flies/
http://www.wunderground.com/history/airport/EGDL/1998/7/17/DailyHistor
y.html?req_city=Marlborough&req_state=&req_statename=Regno+Unito
La natura complessa dei cerchi nel grano – Eltjo H.Haselhoff – Natrix
Nota: Si invitano gli autori a segnalare eventuali copyright per le immagini
pubblicate al fine di una loro possibile cancellazione.
Ringraziamo Stefano Panizza (http://ilgiornaledeicerchinelgrano.myblog.it)
per l’autorizzazione a riprodurre questo articolo.
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