CICLO GEOLOGICO E CIBO DEGRADAZIONE METEORICA E GEOLOGICA DELLE ROCCE Vincenzino Siani ricevuto il 21 luglio 2007 CICLO GEOLOGICO E CIBO DEGRADAZIONE METEORICA E GEOLOGICA DELLE ROCCE Vincenzino Siani La superficie terrestre è per circa il 75% sommersa dalle acque o coperta dalle calotte polari; sul rimanente 25% affiora la litosfera, la cui parte più superficiale, il substrato geologico, è a diretto contatto con l’atmosfera. Generalmente, la roccia si mostra nuda solo nelle aree a rilievo particolarmente tormentato, in cui la forza di gravità non consente il mantenimento in posto dei prodotti dell’alterazione dovuta agli agenti atmosferici. Il substrato geologico in senso stretto affiora solo in condizioni particolari, quali per esempio pareti verticali, nicchie di distacco per frane, crolli, scivolamenti, piani di faglia e di sovrascorrimento, zone soggette a forte erosione, superfici sconvolte da recente attività sismica o anche zone di recente emersione. Gran parte delle rocce presenti sulla superficie del pianeta, subito l’impatto delle locali condizioni climatiche, sono sottratte all’osservazione diretta perchè coperte di solito da una coltre di materiali clastici, dovuti all’alterazione delle loro condizioni fisico-chimiche originarie. Il mantello di clasti (regolite) che ricopre la roccia inalterata, rappresenta il primo passo verso la formazione del suolo e quindi costituisce il substrato pedologico. Appena sulla regolite maturano le condizioni per ospitare una comunità biologica, ha inizio il processo di formazione del suolo (pedogenesi) per cui viene a formarsi il substrato su cui si insedia la copertura vegetale. Solo raramente le piante radicano direttamente sui litotipi, generalmente, il loro ciclo vitale si svolge sul suolo, mezzo ospite con specifiche caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche. 1.1 - DEGRADAZIONE METEORICA La degradazione delle rocce ad opera degli agenti atmosferici presenti alla superficie terrestre riconosce due meccanismi: la disgregazione e la dissoluzione. Ha luogo disgregazione quando la roccia è ridotta in frammenti da processi fisici che non ne alterano la composizione chimica; ha luogo degradazione chimica, detta anche alterazione o dissoluzione, quando i minerali presenti in una roccia vengono alterati o disciolti in seguito a processi chimici. Una roccia degradata è più esposta al processo di erosione; questa, asportando dal terreno i materiali solidi già degradati, espone alla degradazione meteorica nuova roccia ancora inalterata. Degradazione meteorica ed erosione sono processi geomorfologici strettamente interconnessi. 1.2 - ALTERAZIONE CHIMICA DELLE ROCCE La dissoluzione delle rocce è legata a fenomeni chimici per lo più condizionati dall’acqua, dotata di notevole aggressività nei confronti di tutte le rocce. Tale aggressività è strettamente correlata con le condizioni ambientali, essendo massima nei climi equatoriali umidi e minima nei climi freddi; è tanto più rapida ed efficace quanto più la roccia è disgregata in frammenti di piccole dimensioni. Quattro fattori principali regolano la dissoluzione delle rocce e dei minerali: tipo di roccia, clima, suolo e tempo. Generalizzando si può affermare che: 1- Minerali e rocce di differenti caratteristiche sono degradate con differenti velocità 2- Il clima influenza fortemente l’alterazione chimica: alte temperature e precipitazioni intense l’accelerano; basse temperature e aridità la rallentano. La disgregazione fisica, pur facilitata dalla presenza d’acqua, può essere notevole nei climi freddi e nei climi aridi; in tali condizioni l’alterazione chimica procede molto lentamente. 3- La presenza del suolo, anch’esso un prodotto della degradazione meteorica, favorisce l’alterazione delle rocce e ne limita la disgregazione. 4- Più a lungo una roccia rimane esposta in superficie, maggiore sarà la sua degradazione. 1.2.1 - Principali processi di alterazione delle rocce I principali processi di alterazione che interessano i minerali delle rocce sono: 1- Ossidazione: in ambiente ricco di O2, alcuni elementi presenti nei minerali in forma bivalente (per esempio Fe2+, Mn2+ ) passano ad una forma ossidata (Fe3+, Mn4+) dando origine a ossidi o idrossidi. Tali elementi, molto mobili allo stato ridotto, hanno scarsa solubilità allo stato ossidato e tendono a concentrarsi nel terreno; 2- Riduzione: è il processo inverso al precedente e si verifica in un ambiente saturo d’acqua, quindi povero di O2. In seguito a questo processo si ha il passaggio dell’elemento dalla forma ossidata a quella ridotta, con conseguente mobilizzazione e asportazione dal suolo; 3- Soluzione: è il passaggio in soluzione di alcuni sali, che avviene per azione dell’acqua ricca di CO2 o di altri prodotti organici solubili. In questo modo i minerali più solubili, come i cloruri e i solfati, vengono asportati rapidamente dal suolo. Per quanto riguarda i carbonati, CaCO3 e CaMg(CO3)2, sono pressochè insolubili in acque pure, ma, in presenza di CO2, reagiscono formando bicarbonati solubili rapidamente asportati: CaCO3 + CO2 + H2O > Ca(HCO3)2 La decarbonatazione è il principale processo di alterazione delle rocce calcaree. Queste, con l’andare del tempo, tendono a perdere gradualmente i carbonati per azione delle acque circolanti, ricche della CO2 derivata dai processi di respirazione e di combustione operati dagli organismi del suolo; di conseguenza si ha un accumulo relativo di tutte le impurezze silicatiche (argille, ossidi di ferro, ecc.) originariamente contenute nei calcari; queste costituiscono il vero substrato pedogenetico dei suoli derivati da rocce calcaree; 4- Idratazione: è l’introduzione di acqua nel reticolo cristallino di un minerale, per cui gli ossidi si trasformano in idrossidi, l’anidrite (CaSO4) diventa gesso (CaSO4.2H2O) ecc. Tutto ciò comporta una variazione di volume del minerale, con riflessi sul suolo o sulla roccia; 5- Idrolisi: costituisce il principale processo di alterazione delle rocce silicatiche e consiste in un attacco da parte degli ioni H+ alle strutture cristalline dei silicati primari, con conseguente radicale modificazione dei minerali stessi. In tale processo si possono distinguere due fasi: a) deformazione e distruzione dei reticoli cristallini: gli ioni H+, provenienti dalla dissociazione dell’acqua, penetrano nel reticolo del silicato e vanno a sostituire i diversi cationi, che perciò passano in soluzione; l’impalcatura del cristallo è deformata da tale sostituzione, fino a rompersi, liberando SiO2 e Al2O3. Questi prodotti hanno una diversa solubilità a seconda delle condizioni del mezzo (clima, pH delle soluzioni circolanti, drenaggio, ecc.), e quindi in parte, chi più chi meno, vengono dilavati; b) ricostruzione di nuovi reticoli: quanto di SiO2 e Al2O3 è rimasto nel residuo insolubile, si riorganizza costituendo nuovi minerali, diversi da quelli di partenza e più stabili nell’ambiente atmosferico: questi sono i fillosilicati o minerali argillosi (illite, caolinite, montmorillonite ecc.). Il processo d’idrolisi nei silicati è più o meno lento, in dipendenza della natura del silicato interessato; in linea di massima si può dire che un minerale è tanto più resistente all’alterazione quanto più l’ambiente in cui si è formato è simile a quello atmosferico: per esempio il quarzo, che si forma a 570 °C, è abbastanza stabile, mentre l’olivina, che cristallizza a 1890 °C è molto instabile. Si può cosi definire una scala di alterabilità dei silicati che, andando dal più alterabile al meno alterabile, è la seguente: 1- vetro vulcanico 2- olivina 3- pirosseni 4- anfiboli 5- plagioclasi 6- granati 7- ortoclasio 8- muscovite 9- zircone 10- rutilo 11- tormalina 12- magnetite 13- quarzo In definitiva, tutta la serie di processi fisici e chimici che agiscono sulle rocce ne provocano la disgregazione e la progressiva modificazione sia della struttura che della composizione. Mentre l’alterazione fisica produce particelle di dimensioni fino a 2 micron, l’alterazione chimica può dare origine a particelle più piccole di 2 micron, in grado di realizzare soluzioni colloidali. 1.2.2 - Alterazione chimica dei feldspati Granito: alterazione del reticolo che tiene connessi i cristalli di quarzo, feldspati e altri cristalli. Ortoclasio (feldspato) + acido carbonico + acqua > 2KAlSi3O8 2H2CO3 H2O Caolinite + Silice disciolta + Potassio disciolto + Ione bicarbonato disciolto Al2Si2O5(OH)4 4SiO2 + 2K 1.2.3 - Alterazione chimica di altri silicati - 2HCO3 Anfiboli, pirosseni, olivina subiscono anch’essi alterazione chimica con formazione di argille. Le reazioni di alterazione chimica di questi silicati seguono lo stesso andamento generale dell’alterazione dei feldspati. Quando i minerali subiscono alterazione, assumono acqua e cedono silice; ioni quali il sodio, il potassio, il calcio e il magnesio passano in soluzione. In definitiva, queste reazioni formano minerali delle argille, cioè silicati idrati che derivano dall’alterazione di altri silicati. I tipi di argille che si formano dipendono dalla composizione dei silicati originari e dal clima. Poichè i silicati costituenti le rocce formano gran parte della crosta terrestre e l’alterazione chimica in superficie è ampiamente diffusa, i minerali delle argille sono dovunque un componente principale dei suoli e dei sedimenti. Tuttavia, non tutti i silicati subiscono alterazione chimica per formare minerali delle argille; nei climi umidi certi silicati che si alterano rapidamente, come alcuni pirosseni e alcune olivine, possono dissolversi completamente senza lasciare alcun minerale delle argille. 1.2.4 - Alterazione chimica dei silicati contenenti ferro Gli ossidi di ferro sono prodotti di alterazione di silicati ricchi di ferro, come i pirosseni e l’olivina. Quando un minerale ricco di ferro si scioglie nell’acqua, anche la struttura del silicato si scioglie e il suo ferro ferroso viene ossidato dall’ossigeno a ferro ferrico. La forza dei legami chimici tra ferro ferrico e ossigeno rende il ferro ferrico insolubile nella maggior parte delle acque naturali superficiali; esso perciò precipita come ossido di ferro ferrico. La reazione complessiva di alterazione, in presenza di acqua, può essere espressa dalla seguente equazione: pirosseno ricco di ferro + ossigeno > 4FeSiO3 O2 ematite + silice disciolta 2Fe2O3 4SiO2 I minerali di ferro si alterano assumendo i caratteristici colori rosso e bruno del ferro ossidato. 1.2.5 - Alterazione chimica dei carbonati I calcari, costituiti dai minerali calcite (carbonato di calcio) e dolomite (carbonato di calcio e magnesio) sono tra le rocce che si alterano più rapidamente nelle regioni umide. Quando i calcari si disciolgono si dissolvono completamente e i loro costituenti vengono esportati in soluzione acquosa. L’acido carbonico promuove la dissoluzione dei calcari oltre che l’alterazione dei silicati. La reazione globale con cui la calcite si scioglie nell’acqua piovana o comunque in acqua contenente anidride carbonica è la seguente: calcite + acido carbonico > ione calcio + ione bicarbonato CaCO3 H2CO3 Ca2+ 2HCO3- Quando la calcite si discioglie, gli ioni calcio e bicarbonato vengono asportati in soluzione; quando si discioglie la dolomite CaMg(CO3)2 vengono prodotti quantità uguali di ioni calcio e ioni magnesio. La degradazione meteorica e l’erosione sono fra i più importanti processi geologici del ciclo litogenetico e, operando insieme a tettonica e vulcanismo, cambiano le forme del rilievo terrestre e modificano i materiali delle rocce. Dopo che tettonica e vulcanismo hanno costruito i sistemi montuosi, la degradazione meteorica e l’erosione li spianano trasformando le rocce in sedimenti e dando origine ai substrati su cui vari processi biotici e abiotici daranno origine ai suoli. Per le comunità vegetali, consideriamo il “substrato” come un serbatoio di sostanze utili, o come sorgente di nutrienti, a prescindere dalle caratteristiche fisiche del mezzo da cui questi vengono estratti. 1.3 - ALTERAZIONE BIOTICA Le rocce originarie sono alterate, oltre che da agenti fisici e chimici, anche dall’attività di organismi capaci di adattarsi, dal punto di vista trofico, direttamente al substrato geologico. Tale alterazione biotica è sia di tipo attivo (alterazione meccanica e chimica dovuta agli organismi viventi), che di tipo passivo (apporto di sostanze organiche con la decomposizione dei residui animali o vegetali). Generalmente i primi organismi osservabili ad occhio nudo, che si insediano sulla crosta inalterata, sono licheni crostosi endolitici (tra cui Verrucaria hiacens); questi hanno la capacità di penetrare la roccia con ife e gonidi portando il tallo anche oltre 1 cm di profondità nella massa litoide. Non è necessario che quest’ultima sia fessurata, in quanto i licheni possono fissare nei loro tessuti i minerali solubilizzati dalla roccia o estrarre ioni metallici quali Ca e Mg anche aggredendo rocce perfettamente levigate. Prevalentemente calcicoli, non di rado i licheni si insediano su rocce silicatiche. In generale i talli endolitici hanno uno spessore medio di circa 4 mm e aggrediscono chimicamente la roccia, emettendo CO2 dalle ife medullari e particolari sostanze (come l’acido lecanorico), dette “sostanze licheniche”. I licheni sono responsabili di numerose azioni pedogenetiche: frantumano la roccia con azione chimica e fisica, assorbono da questa nutrienti che altrimenti non sarebbero utilizzabili, apportano residui organici, e dunque “realizzano un habitat in cui possono esistere altre numerose forme di vita” (Hallsworth e Crawford, 1965). Lo stadio successivo alla colonizzazione della roccia da parte dei licheni è rappresentato dalla comparsa dei muschi, non appena si siano accumulati pochi mm di prodotti del disfacimento lichenico (“polvere di licheni”). Dapprima si insediano muschi in grado di penetrare nella roccia frantumandola (per es. Hedwigia ciliata), quindi seguono altri (per es. Hypnum sp.) che invece tendono a costruire uno strato di humus, che va a ricoprire la roccia, costituendo un primo stadio di formazione del suolo da parte di vegetali. Il ruolo degli organismi è alla base di ogni dinamismo pedogenetico, sia nella fase iniziale di disgregazione delle rocce, sia nell’apporto di quella componente organica che è basilare per l’esistenza stessa del suolo. Nel corso della decomposizione dei residui vegetali, si ha la formazione sia di sostanze minerali solubili e gassose, quali NH3 e CO2, solfati, nitrati, ecc. (mineralizzazione), sia di composti colloidali ad alto peso molecolare, genericamente definiti “humus” (umificazione). Quest’ultimo processo si svolge attraverso la formazione di prodotti più o meno solubili (polifenoli, chinoni, aminoacidi, proteine, ecc.), a partire dai quali è sintetizzata la molecola complessa dell’humus, relativamente più stabile e resistente alla biodegradazione rispetto alla materia organica fresca. L’humus a sua volta va incontro ad una lenta mineralizzazione e con il tempo è ridotto a sostanze via via più semplici, fino a sali minerali (nitrati, fosfati, solfati, ecc.), messi a disposizione per la nutrizione delle piante. Tutti questi processi fanno riferimento a diversi gruppi di organismi edafici: mentre microartropodi e lombrichi operano essenzialmente uno sminuzzamento dei detriti organici e una loro ridistribuzione nel profilo, la microflora del suolo (batteri, attinomiceti, funghi), attraverso la produzione di enzimi specifici, entra in gioco nei processi di mineralizzazione e di umificazione dei residui così frammentati.