L’avventura delle rampicanti Botanica - Chi si arrampica, chi intreccia e chi strozza / 27.12.2016 di Alessandro Focarile Nel mondo vegetale vi è un esercito molto numeroso di piante, che si caratterizzano per un loro evoluto costume di vita: le rampicanti. Hanno bisogno di un sostegno, un appoggio, un tutore per svilupparsi e vivere, che si tratti di un albero, di un pergolato, di un esile stelo d’erba, oppure di un muro. Le rampicanti, senza un supporto al quale affidarsi, non potrebbero vivere. Dal profilo evolutivo, si tratta di un vero successo biologico e comportamentale. In quanto questi vegetali, affetti da evidenti complessi di inferiorità, hanno escogitato e messo in funzione, nel corso di lunghissimi tempi, un meccanismo di compensazione che consente loro di cavarsela molto bene nella vita. Dalla maestosa edera (foto 1-3) detta strozza-bosco – che può ricoprire fino a trenta metri d’altezza i vetusti muri di un maniero in Scozia, e vivere durante centinaia di anni – all’umile convolvolo che, strisciante modestamente al suolo, tenta di arrampicarsi per qualche decimetro, spiraleggiando intorno a uno stelo d’erba, passando al glicine (Wisteria sinensis), ridondante di fiori profumati, che può ricoprire fino a quindici metri un pergolato. Nella permanente penombra sotto il fogliame, l’intricato e complesso mondo delle liane è uno degli aspetti più clamorosi della vita vegetale in permanente lotta nella foresta tropicale: dalla Nuova Guinea all’Amazzonia, attraverso l’Africa. Le liane nascono piccole, e hanno un compito molto difficile da assolvere per superare la concorrenza dei vicini e raggiungere la luce, magari a 50 metri di altezza sopra la volta della foresta. Esse, prima di raggiungere l’ottenimento di questo bene vitale, dovrebbero impiegare anni con un enorme dispendio energetico per poter produrre un loro tronco indipendente, a portata di luce. Ma c’è anche un’altra soluzione attraverso la via più breve, ossia quella scelta dalla rampicante. La quale, essendo una scansafatiche (Mancuso e Viola 2015), prenderà una scorciatoia verso l’alto, aggrappandosi a un tronco già pronto per arrivare in molto meno tempo in alto. Raggiungerà il bene essenziale che consentirà la fotosintesi, grazie alla quale i vegetali superiori trasformano l’energia solare in energia chimica, producendo amido che si evolverà in zucchero. Piante rampicanti. Sono quelle con un fusto che si avvolge a spirale ai fusti di altre piante vicine, aderendovi con appositi organi di attacco. Sono i cirri dei piselli e dei fagioli, i viticci (o vinchi) della vite e della clematide, le ventose della vite del Canada. Radici aggrappanti che spuntano dal fusto e raggiungono la pianta-supporto che, nel caso dell’edera su un muro può raggiungere notevoli altezze, grazie a un movimento avvolgente e continuo. Tra i vegetali, l’edera è un vero «fossile vivente». Reminiscenza di antichissime flore forestali, è rappresentata in epoca attuale soltanto da quattro specie a livello mondiale. Inattaccabile dagli erbivori in quanto contiene in tutte le sue componenti (foglie, bacche e legno) un alcaloide: l’ederina. Tale sostanza è ignorata dagli insetti, salvo che da un minuscolo coleottero (2 millimetri), il quale ha saputo superare questa barriera chimica: il Kissophagus hederae, ovvero il bostrico dell’edera. L’edera è diffusa di tordi e merli ghiotti delle sue bacche, ha un areale europeo molto vasto: dalle Isole Canarie al Caucaso (assente in Russia). La pianta ha elaborato un sofisticato apparato di ancoraggio formato da diffuse e minuscole radici subaeree, dette austori (foto). Esse permettono a questa liana di arrampicarsi anche sui tronchi di molte specie di alberi (alcuni, come i platani, ne sono immuni): raggiunge notevoli altezze e provoca alla fine la morte del supporto per soffocamento. Anche nel cantone Ticino si possono osservare alberi completamente soffocati da una esuberante proliferazione fogliare della liana. Le sue foglie sono sempreverdi, lucenti, spesse e coriacee. Quelle dei rami fertili, che portano fiori e frutti, sono ovali, acuminate, e non lobate. La nostra rampicante è molto longeva: si conoscono piante di età superiore ai quattro secoli. Fin dai tempi più antichi, l’edera era conosciuta in Egitto e considerata simbolo di Osiride, il Dio più importante, in quanto sintetizzava gli aspetti più originali della religione e della cultura egiziane. Inoltre, insieme con la vite era l’emblema di Dionisio, dei poeti e dell’immortalità. Dioscoride, il fondatore della farmacopea, descrisse duemila anni or sono le proprietà medicinali di oltre seicento specie vegetali allora note, e conosceva già la tossicità dell’edera, soprattutto delle sue bacche. Ma l’edera non è l’unico interessante caso di rampicante da esaminare. Il kiwi (Actinidia) originario della Nuova Zelanda ma ormai ampiamente coltivato anche con i climi temperati europei, non solo produce frutti squisiti, ma anche un groviglio di fusti che si intrecciano tra loro e insidiano le piante vicine, in una permanente competizione. La cuscuta è una singolare pianta erbacea rampicante e priva di clorofilla. Ha filamenti sinuosi, fusti avvolgenti il vegetale aggredito. Questo insieme si presenta come fitti intrecci intorno alla pianta ospite, alla quale aderiscono per trarne il suo nutrimento. È parassita di molti vegetali erbacei anche coltivati, ai quali può arrecare gravi danni. Ha foglie ridotte a piccole scaglie, e fiori biancastri altrettanto piccoli. Ne sono conosciute ben 170 specie diffuse nelle regioni temperate e tropicali, cinque delle quali in Svizzera. Con prepotenza, la cuscuta intreccia le sue spire intorno al supporto fino a strozzarlo. Supporto che può essere un pisello oppure un fagiolo. Un elaborato e sofisticato meccanismo, formato da minuscole ventose assorbenti, si installa sulla pianta ospite e ne succhia la linfa. Questa non è in grado di elaborare strumenti chimici di difesa, efficacemente validi. Nel grandioso bilancio della Natura, le cui leggi sono spesso incomprensibili per noi umani, questo è l’esito finale del parassitismo: la cuscuta muore insieme con la sua vittima ormai priva di linfa. Ma prima è abbondantemente rosicchiata da un minuscolo coleottero monòfago: lo Smicronyx jungermanniae (2 millimetri). In quanto anche nella Natura vige la «legge del taglione». La descrizione del fenomeno delle rampicanti consente di proporre alcune constatazioni: 1. Lo sviluppo a spirale intorno al supporto è l’unico che consenta una progressione verso l’alto, verso la luce; 2. L’appoggio si può perfezionare grazie alla formazione e alla messa in opera di organi di ancoraggio, che hanno tutte le caratteristiche morfologiche di radici avventizie (foto); 3. Nell’edera, queste radici, oltreché di ancoraggio, hanno anche la funzione di assorbire fluidi, qualora l’edera stessa usufruisca di un vegetale; 4. Nella cuscuta, il meccanismo è più complesso in quanto il parassita, per finale mancanza di nutrimento, causa la sua stessa morte. Le rampicanti sono presenti ovunque. L’edera abbisogna di ambienti forestali freschi per svilupparsi durante tempi centenari. Cuscute, convolvoli e clematidi amano gli ambienti aperti e soleggiati. In quanto ai glicini, alle passiflora, e ai kiwi, queste vigorose rampicanti di esotica provenienza (Nuova Zelanda, Asia orientale, Sud-America) sono state importate in Europa per scopi ornamentali e commerciali, e raramente sono in grado di inselvatichire. Da quanto abbiamo narrato, è lecito affermare che molte piante possiedono anche il senso del tatto, che si esplicita con modalità razionali e quindi ottimali.