L`emergenza educativa L`emergenza e

«LA FORMAZIONE DEI MINORI TRA MEDIA, SCUOLA, E FAMIGLIA»
di Pier Giorgio Liverani1
1 - L’emergenza educativa
L’emergenza educativa oggi non è soltanto nel titolo di questo corso, ma anche nel
programma pastorale della Diocesi Roma e così anche delle Diocesi del Triveneto…
Ricordiamo la Lettera Benedetto XVI ai fedeli di Roma sul tema dell’educazione e
rifacciamoci alla nostra esperienza di genitori (e di figli). È inutile rimpiangere il
passato, quando i tre pilastri: famiglia, scuola, parrocchia reggevano (con opportuna suddivisione di compiti) un’unica struttura educativa e nei media trovavano,
tutto sommato, consenso e sostegnoOggi: le agenzie educative (?) si sono moltiplicate: i mass-media (Tv, radio, cinema,
giornali, Internet, telefonini, videogiochi…), il gruppo dei “pari”, il muretto… hanno indebolito e preso il sopravvento sulle agenzie “naturali” grazie al massiccio
bombardamento e la sottile opera di logoramento compiuta e tuttora in corso da
parte del marxismo, del materialismo capitalistico, del pansessualismo post-’68,
delle diffuse manifestazioni delle nuove ideologie radicali (edonismo, individualismo, relativismo, pluralismo etico) assunte dagli schieramenti laicisti sia della sinistra estrema sia della destra. Questi hanno messo al centro della politica l’individuo
(non la persona) e stanno demolendo l’umanesimo cristiano e infettando per via
mediatica la stessa struttura sociale e politica del Paese, anzi dell’Occidente.
Così le vecchie ideologie politiche (socialismo, comunismo, liberalismo, nazismo,
sicurezza nazionale) che avevano, se non altro, il pregio di essere veri progetti di
società, sono state sostituite dalle nuove ideologie radicali camuffate come i cosiddetti “diritti civili” dell’individuo: divorzio, aborto, trans-sessualità, omosessualità,
gender, fecondazione artificiale, droga, eutanasia, manipolazioni genetiche, clonazione… Ad esse si deve aggiungere la nuova “ideologia mediatica”, cioè ol nuovo
modo di concepire la funzione dei media e la loro missione nella società (se ne parlerà tra poco).
Tenendo presenti questi elementi possiamo inquadrare meglio l’emergenza educativa come prima necessaria e urgente risposta/reazione ai risultati e ai danni che
questa nuova cultura ha prodotto: la diffusione di una nuova antropologia e la conseguente nascita di una nuova questione antropologica:
2 – La questione antropologica
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«MEDIA, SCUOLA E FAMIGLIA – EMERGENZE EDUCATIVE»
AIART - Corso nazionale di formazione – Teramo (18, 19), 20 aprile 2008
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Che cos’è l’antropologia e perché se ne parla qui? È la visione dell’uomo, la ricerca
di una risposta convincente a una domanda antica: chi è l’uomo?
Più di 1000 anni a.C. già Davide cantava a Dio: «Chi è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi?» (Salmo 8). Domanda palesemente retorica, perché
Davide conosceva la risposta di Dio: «L’uomo è nostra immagine e somiglianza». Dunque l’uomo è soprattutto una persona con dignità altissima e altrettanto altissima
vocazione (cfr Concilio, GS); è stato creato maschio e femmina per un compito para-divino: la pro-creazione (creazione per conto di Dio). È una persona chiamata a
moltiplicarsi per costituire un popolo e non una somma di individui. È una persona
libera e perciò responsabile, cioè con alcuni limiti ben precisi che costituiscono il
contenuto di questa responsabilità: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino,
ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne
mangiassi, certamente moriresti» /Genesi).
Purtroppo l’immediata trasgressione di questi fu il primo segno, negativo, della libertà umana, che nel progetto divino sarebbe dovuta essere, invece, coerente a
quella “somiglianza”.
Nel suo ultimo Messaggio per la Giornata mondiale della pace (2005: «Non lasciarti
vincere dal male, ma vinci con il bene il male») Giovanni Paolo II scriveva: «Il male
non è una forza anonima che opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e impersonali. Il male passa attraverso la libertà umana. Proprio questa facoltà, che distingue
l'uomo dagli altri viventi sulla terra, sta al centro del dramma del male e ad esso costantemente si accompagna».
Queste parole ci aiutano a capire perché la Chiesa ha messo sul tappeto la «nuova
questione antropologica», cioè la questione dello scontro fra antropologie opposte:
quella giudaico-cristiana e quella “laica”, figlia (illegittima) di un eccesso di libertà
umana.
3 – L’antropologia oggi
Anche oggi si pone l’antica domanda «chi è l’uomo?». Il Salmo 8 (David) torna di
attualità e il suo interrogativo si pone oggi in modo non più retorico, ma sostanziale
perché la risposta è stata da molti dimenticata, perduta e in cambio l’uomo ha assunto
la pretesa di essere egli stesso il proprio autore con conseguente preteso “diritto”
di:
- decidere chi nascere e chi no,
- chi debba vivere e chi morire,
- come nascere e come morire,
- quale identità assumere: se maschio o femmina o che altro,
- qual è il significato e il contenuto dell’amore, del rapporto uomo-donna di
quello madre-figlio,
- di coltivarsi ciascuno un personale albero del bene e del male di cui nutrirsi:
di qui il pluralismo etico;
- infine non solo che tipo di società realizzare mediante la politica, ma anche
che tipo o quali tipi umani dovranno vivere in una società ormai senza regole
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Queste pretese hanno fatto sì che la nuova antropologia fosse definita e codificata
in leggi: divorzio, aborto, fecondazione artificiale, eutanasia, manipolazioni genetiche, clonazione… che rendono ancor più evidente e consolidato il mutamento radicale dell’idea di uomo: mutamento che, oltre i suoi effetti immediati e per ora limitati, già consente di parlare della “nascita” di un uomo autopoietico: l’uomo-che-si-fa-dasé, così negando la propria somiglianza a Dio e, dunque, Dio stesso.
4 – L’antropologia mediatica
È con questa antropologia che bisogna fare i conti, perché è con essa che crescono e
si formano le nuove generazioni bombardate da ogni parte e anche dal cielo, da
dove ci arrivano i messaggi dei nuovi media satellitari, che si ritengono svincolati
da ogni norma morale (rifiutano anche la pallida forma di autoregolamentazione
raggiunta dai media “terrestri”) forse solo perché hanno scoperto il segreto di…
galleggiare a mezz’aria. Sono anche il contenuto che alcune forze politiche hanno
assunto come programmi politici anche se di politico, cioè di preoccupazione per la
polis, nulla hanno a vedere, ma riguardano piuttosto i singoli individui (una società
non più popolo solidale, ma somma di individui).
Basta vedere quali argomenti e quali tecniche propagandistiche sono state realizzate durante le campagne elettorali di alcuni partiti minori (i preservativi diffusi con
gli slogan di partito a sinistra, certe volgari battute reiterate da una eminente candidata dell’area di destra…) e che cosa pensano i nostri ragazzi su aborto, omosessualità, rapporti sessuali, amori prematrimoniali ecc…
5 – L’impegno educativo
Per questa nuova antropologia l’uomo non solo si-fa-da-sé, ma è disponibile, cioè
utilizzabile da terzi come un oggetto fino a negargli il nome stesso di uomo (accade
con il concepito); o è autodisponibile, cioè dotato del potere di decidere per se stesso
diritti ed etiche nuovi: i cosiddetti “diritti civili” compreso quello di negare
l’essenzialità ontologica della differenza sessuale e decidere la propria autodistruzione (droga), la propria morte… (suicidio medicamente assistito – ormai il progresso è tutto medicamente assistito: è cambiata anche la funzione della medicina
introducendo così una nuova forma di scientismo: è la scienza il massimo criterio,
in opposizione alla fede (cfr. Fides et ratio).
Così, mortificata l’antropologia di radice cristiana, assistiamo alla trasformazione e
ridefinizione, in Europa e in tutto l'Occidente, anche mediante le scelte politiche e legislative e la stessa giurisprudenza, dei modelli di vita, dei comportamenti diffusi e dei valori di riferimento, cioè del giudizio riguardo a ciò che è bene o è male. Cambiano in maniera profonda non solo gli assetti sociali e i profili di una civiltà formatasi con il contributo determinante del cristianesimo (cfr Ruini), ma la coscienze dei nostri figli, i loro progetti di
vita.
Quale società: sarà l’esito di questa antropologia? «Su questo sfondo» hanno detto i
Vescovi nel Consiglio Permanente del marzo scorso «si colloca l’impegno educativo
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della Chiesa, che[…] si è fatto quanto mai urgente oggi, a fronte di una società che non sembra più capace di assicurare riferimenti affidabili per lo sviluppo armonico della persona.
Questa urgenza si coglie in particolare tra i giovani e in special modo fra gli adolescenti, che
costituiscono la fascia più esposta al disorientamento». Ma, «lungi dal cedere alla tentazione della sfiducia, i Vescovi hanno condiviso la convinzione che anche oggi sia possibile
educare».
Anche noi siamo convinti che è possibile, doveroso e necessario educare. Ecco perché, a proposito di educazione, parliamo di antropologia: non per sfuggire, ma per
andare più in profondità al nostro tema. Perché la nuova antropologia ormai pervade tutto il tessuto sociale, le sue strutture, il suo sapere, il suo comunicare.
Ed è evidente che l’educazione, la formazione dei minori non può più, oggi, essere
fatta alla stessa maniera di un tempo. Non basta più insegnare il catechismo, educare alla bontà, al rispetto, all’amore del prossimo, alla purezza (parola scomparsa dal
nostro vocabolario educativo e catechistico), alla forza d’animo, alla generosità, alla solidarietà ecc…Né bastano il nozionismo scolastico, l’autodisciplina di fronte ai media: se non si sa chi è l’uomo, qual è la sua dignità, la sua destinazione è impossibile
educare (e-ducere = condurre fuori dall’oscurità, dagli impacci dell’inesperienza,
della società vittima dei media). I media e la stessa scuola (vedi neo-darwinismo) ci
propinano spesso un’idea di uomo non solo sganciata dalla morale comune, ma figlia del neodarwinismo ateo, del pluralismo etico, del relativismo morale (che possono essere considerati i “padri” della nuova antropologia) e di una pretesa autonomia morale e della autoreferenzialità dell’uomo (le “madri”): educare oggi significa inculcare nei giovani la vera idea di uomo e quindi il vero senso della vita. Significa collocare tutti i buoni insegnamenti di un tempo in una cornice nuova che li
motivi con argomenti aggiornati e ne dia ragioni nuove.
Oggi, oltre a imparare come usare i media (e spesso come difendersi dai loro attacchi), occorre – pensando alla grande e a tempi lunghi – non solo essere noi a usare i
media invece di essere usati da essi per i fini di chi li edita, ma essere noi a guidare
e, almeno come tendenza, a fare i media (ne riparleremo più avanti)
6 – Il problema formativo
Perciò il problema odierno dell’educazione/formazione è quello di:
- dare ai cuori giovanili turbati dall’assedio mediatico e dal bombardamento antropologico risposte vere e valide, convincenti più del comune e istintivo “tutti
fanno così” (ormai norma morale del comportamento):
- far capire, anche con la coerente testimonianza della vita familiare, di fede, politica, il senso della vita così maltrattato dai media e dalla politica,
- condurre, guidare il giovane nella giungla della società multimediatica, multiculturale, multietnica, multireligiosa, multietica e ora anche multicaotica,
- fare in modo che tutte le problematiche, i suggerimenti, le soluzioni su cui si è
lavorato in questi giorni a proposito di relazioni tra famiglia e media e scuola e
di compiti e di etica dei media possano essere realizzati in un formazione unita4
ria e globale, avendo costantemente presente l’idea, il senso, il valore dell’uomo
e della vita a cui bisogna formare le nuove generazioni
Insomma, le risposte a domande come:
- che uomo sono? che uomo voglio essere?
- come comportarmi da uomo teo-somigliante?
- qual è il senso dell’essere uomini, del nascere, del vivere, dello sposarsi, del procreare, dell’educare i figli, del morire?
- come devo stare nel creato, nel mondo, nella società in cui i media sembrano essere tutto e tutto assorbire in sé?
- con quale idea di uomo mi scontro a scuola, sui giornali, sulla Tv, su internet,
sui videogiochi, nella mia tribù dei pari, sul mio muretto?
Se non si realizzerà un’educazione unitaria e globale, rischieremo, nella formazione, una sorta di afasia parlante, cioè un predicare muto, perché sommerso dai
rumori, dai decibel dei media e dal frequente silenzio educativo della scuola.
Allora come i media, la famiglia e la scuola – e la parrocchia – possono muoversi?
O, meglio, come noi dobbiamo muoverci nei confronti dei media, della scuola, della
politica?
7 - I media
Abbiamo appena accennato a una ideologia mediatica. Questo neologiosmo significa che:
- invece di svolgere il compito di costruttori di comunità e di comunione (il nesso
tra comunità, comunione e comunicazione è evidenziato dalla «Communio et
Progressio», istreuzione pastorale post-conciliare)
- davanti «al bivio tra protagonismo e servizio», di cui parla Benedetto XVI nel
suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali (4 maggio prossimo),
la maggior parte dei media, ha già imboccato la strada del protagonismo. Cosicché
- i media sono diventati «il megafono del materialismo economico e del relativismo
etico, vere piaghe del nostro tempo» e sostenitori-diffusori della nuova antropologia di cui abbiamo fin qui parlato;
- la «trasformazione dei media in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate
dagli interessi dominanti del momento», (economia e politica…) è un fatto già
avvenuto;
- la comunicazione è oggi «usata per fini ideologici e (specialmente i settimanali e
la pubblicità patinata) per stili di consumo che sono piuttosto veri stili di vita
- «con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto essa tende a legittimare e a imporre
modelli distorti di vita personale, familiare e sociale»
- i new media individuali (telefonini, internet, videogiochi) hanno «modificato il
volto stesso della comunicazione»: non più “comunicazione sociale” né di massa,
ma comunicazione point to point, da punto a pinto: l’assurdo di una comunica5
zione che isola e che, proprio grazie all’isolamento dei singoli, accresce la forza
di convinzione e il potere di soggiogamento dei media.
Tutto ciò è vera e propria ideologia mediatica, perché, invece di essere strumenti di
comunicazione e quindi di comunione, i media hanno «la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla loro forza di suggestione»: invece che sostegno dei recettori e della comunità civile voglio essere autentici strumenti di potere. Questo è forse l’aspetto più grave e urgente dell’emergenza educativa
di cui si parlava all’inizio e per cui occorre reimpostare i progetti educativi,
8 - La scuola
La scuola non è più l’unico né il principale luogo di apprendimento-formazione e
come tale, spesso con pochi collegamenti con la realtà, la famiglia, i fermenti, le forze del Paese, è ormai soppiantata dai media.
9 - La famiglia
La famiglia vive una diffusa crisi, perché va perdendo l’idea precisa di sé (le “nuove famiglie”) e nasce senza un progetto; perché la rottura della “tradizione” (cioè
l’inceppamento del dinamismo naturale di trasmissione dei valori di generazione in
generazione) causata dalla violenta azione dei media, ne ha gravemente limitato la
potenzialità e la capacità educative.
10 - Che fare?
Non sono molte le cose da dire e nemmeno nuove, ma possiamo collocarle su tre livelli:
- l’impegno personale delle famiglie, dei docenti e degli operatori dei media;
- quello associativo anche mediante i collegamenti tra associazioni e tra forum e
di questi con la Chiesa/parrocchia;
- infine quello politico-collettivo: riattivare il corto circuito virtuoso scuolafamiglia-media.
Utopie? Forse, ma da non scartare. Bisogna ritornare a operare in tutti i campi mettendo al centro l’uomo vero, quello teo-somigliante
La famiglia è particolarmente chiamata a un impegno immediato:
- adoperi i media e non se ne faccia adoperare
- “adoperi” anche la scuola, senza lasciarsi sopraffare da tecnicismi scolastici e
dalle sue pretese di autonomia dalla famiglia
- rivendichi libertà e diritto di scelta della scuola
- si dia-adoperi strumenti politici: vedi Forum, AIART , Copercom… per:
- entrare con decisione nell’agone politico, mediatico e culturale
- fermare la corsa a fare della nuova antropologia la priorità della politica
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-
approfittare della sparizione dalla scena parlamentare delle forze politiche
che promuovono la nuova antropologia
dare forza, contenuti, intelligenze al Progetto Culturale della Chiesa italiana
ri-formare la scuola perché formi le nuove generazioni all’idea giusta di uomo
cercare l’aiuto della scuola cattolica e aiutarla
ricondurre i media al loro compito di strumenti di servizio, di mediazione tra
eventi e persone, di costruzione di comunione e di comunità e non di divisione, di deresponsabilizzazione, di scuola di conquista dei più strani poteri
L’utopia cui guardiamo è la ricostruzione di un clima educativo in cui le varie agenzie concorrano a formare i giovani a una seria idea di uomo, secondo
l’antropologia che ha consentito, nei secoli, la nascita e la crescita dell’Europa (Chi
ne nega le tradici cristiane, pensi ad Alcide De Gasperi, a Robert Schuman e a Konrad Adenauer, tre cattolici per i primi due dei quali è in corso il processo canonico
di beatificazione)
11 - Un’utopia?
Un’utopia? Forse, ma non impossibile né improbabile. Occorrerà pensare alla
grande e per tempi lunghi,
- avviare vere politiche familiari, scolastiche, dei media
- un’azione culturale (antropologica) a vasto raggio per capire, far capire, fare
proprio, sostenere il Progetto Culturale cristianamente ispirato
- promuovere campagne di responsabilizzazione-sensibilizzazione dei media e
della scuola sui valori e per la loro condivisione, perché si re-identifichino come
strumenti di verità, senza la quale l’educazione è impossibile
Occorrerà l’uso ben fatto dei media anche attraverso un’accurata scelta tra essi e, se
necessario, anche il boicottaggio di quelli pericolosi;
- fare della questione mediatica e di quella antropologica una priorità nelle famiglie, nelle scuole, nelle parrocchie;
- coltivare in famiglia, a scuola (specialmente nella scuola cattolica), in parrocchia
vocazioni mediatiche (editoriali, giornalistiche, tecniche, cinematografiche ….)
per predisporre il terreno di coltura di “grandi firme” cattoliche del giornalismo;
- andare alla “conquista” dei grandi media;
- operare politicamente perché la scuola, lungi dal diventare agenzia del tutto autonoma dalla famiglia come vogliono i laicisti, ritorni a essere (almeno ai livelli
inferiori) ancilla familiae, un servizio, una collaboratrice della famiglia (dove sonofiniti i famosi decreti delegati e l’entusiasmo generale [tra le molte paure] per
questa reciproca partnership tra famiglia e scuola?)
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12 - La parrocchia
Occorrerà che la parrocchia oltre a predicare l’amore di Dio, il peccato e la redenzione, insegni:
- qual è il senso, il perché, il fine dell’uomo e del vivere: l’antropologia cristianana, la Dottrina sociale della Chiesa;
- che è un peccato anche l’inerzia sul piano sociale e politico, scolastico e mediatico
- come realizzare una presenza significativa dei Cristiani nella società civile,
nell’agorà politica, nel difficile mondo dei media contrastando i tentativi e le manovre di chi li vuole ridurre all’insignificanza del privato e del ghetto religioso.
- Occorrerà, insomma che la parrocchia predichi anche con quali strade terrestri si
può arrivare ai “Novissimi” (Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso) da troppo tempo trascurati
13 – Una grande alleanza
L’ideale è una grande alleanza tra famiglia, parrocchia, scuola e media. Conosciamo ormai la definizione di utopia come via di fuga. Se utopia ci sembra, mettiamola nella bacheca dei grandi progetti da tenere presenti, sempre davanti ai nostri occhi. Sarà un lavoro lungo, faticoso, intelligente, ma non impossibile, perché
siamo capaci di farlo e ne abbiamo gli strumenti. Vedi Forum delle famiglie, della
comunicazione o Copercom, Forum della sanità, Forum della scienza e della vita
(Scienza & Vita) e i loro risultati (Vedi p. es.: Legge 40, Family Day).
14 – Un’azione di gruppo
Qui ci aiuta il pensiero di Benedetto XVI:
«La responsabilità è in primo luogo personale, ma c'è anche una responsabilità che
condividiamo insieme, come cittadini di una stessa città e di una nazione, come
membri della famiglia umana e, se siamo credenti, come figli di un unico Dio e
membri della Chiesa… C'è bisogno dunque del contributo di ognuno di noi, di ogni
persona, famiglia o gruppo sociale, perché la società […] diventi un ambiente più
favorevole all'educazione.-- «La società non è un'astrazione; alla fine siamo noi
stessi, tutti insieme, con gli orientamenti, le regole e i rappresentanti che ci diamo...
» (Lettera sull’educazione).
Cominciamo a pensare, nei nostri gruppi, associazioni, parrocchie a come diventare
un forte e determinante gruppo sociale: è possibile, anche perché la strada è già
aperta.
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