arhgap11b, il gene che dimostra che tra noi e le scimmie

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ARHGAP11B, IL GENE CHE DIMOSTRA CHE TRA NOI E LE SCIMMIE C'È UNA
DIFFERENZA DAVVERO BESTIALE...
Il noto genetista Edoardo Boncinelli scrive, sul Corriere della Sera, che «tra
noi e le scimmie anche più evolute e capaci c’è un’enorme differenza, in
diverse caratteristiche biologiche ma soprattutto nel cervello. Noi
possediamo una corteccia cerebrale molto più estesa e probabilmente
meglio connessa. Questo secondo punto è ancora molto difficile da
esplorare, ma in quanto alle dimensioni le differenze sono indubbie. Che
cosa ha fatto crescere enormemente la nostra corteccia cerebrale? Non si
sa, ma si deve trattare di un certo numero di geni dello sviluppo e della loro
azione. Uno di questi, denominato ARHGAP11B, è certamente coinvolto in
questo processo, come dimostrato in un lavoro che esce oggi sulla rivista
Science, condotto da Marta Florio e collaboratori nel laboratorio di Dresda di
Wieland Huttner. Questo gene non esiste nel genoma delle scimmie
antropomorfe, mentre è presente in noi e nei nostri cugini Neandertal. Ha
fatto la sua comparsa cioè nella linea evolutiva che porta all’uomo dopo la
sua separazione da quella delle attuali scimmie antropomorfe, come gli
oranghi e gli scimpanzé e, fatto agire in un embrione di topo, gli espande
notevolmente la corteccia cerebrale, ispessendola e facendola cominciare a
ondularsi in circonvoluzioni primordiali. Si presenta quindi come un ottimo candidato per il ruolo di “promotore” della nostra crescita cerebrale.
Non sarà stato l’unico, certamente, ma certo un protagonista di tale processo. Che non sarà stato l’unico lo sappiamo anche perché come
sottoprodotto del lavoro sperimentale che ha portato a questo appassionante risultato c’è stata l’individuazione di una cinquantina di geni che
esistono in noi ma non negli scimpanzé. Non tutti saranno attivi nel cervello e non tutti saranno importanti, ma c’è da aspettarsi per il prossimo
futuro una vera e propria “cascata” di geni specificamente umani. Il laboratorio di Dresda ha collaborato con quello di Lipsia diretto da Svante
Paabo, che “sa tutto” anche sui Neandertal, conferendo alla notizia un risalto tutto particolare. Una grande corteccia cerebrale da sola non
garantisce niente per quanto riguarda le capacità intellettive del possessore, a queste non possono certamente essere eccelse in una corteccia
cerebrale molto più piccola della nostra. Personalmente, sono molto curioso di vedere dove porta una storia del genere e sono sicuro che presto
ne vedremo delle belle. Penso che anche Darwin vi si sarebbe interessato, visto l’enorme effetto che gli fece l’osservazione di Jenny, un orango
femmina, allo Zoo di Londra nel marzo del 1838». Soprattutto perché la cosa mette scientificamente una volta in più in crisi gli assunti non
scientifici di tutto il darwinismo…
da «Corriere della
Sera»
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