3 Il teorema di Gauss

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3 Il teorema di Gauss
3.1 Il flusso di un vettore attraverso una superficie
Per una porzione di superficie che sia piana, disposta nello spazio, c’è una direzione che risulta
individuata in modo univoco ed è quella della perpendicolare alla superficie stessa. Se lungo tale
direzione scegliamo come positiva una delle due possibili orientazioni uscenti, è possibile associare
ad ogni superficie piana un vettore di modulo 1. Tale vettore unitario, i cui rappresentanti saranno
quindi perpendicolari alla superficie ed uscenti da essa nel verso scelto come positivo, viene detto
versore normale e si indica con il simbolo n̂ : in figura 3.1 ne vediamo qualche esempio.
n̂3
n̂
n̂
n̂ 2
n̂1
n̂3
n̂1
n̂ 2
n̂ 4
n̂ 4
figura 3.1
La prima delle superfici illustrate è una porzione di piano: l’orientazione che si è scelta come
positiva per la normale è quella che viene verso di noi. Le altre due sono esempi di superfici che
vengono dette chiuse. Esse hanno la proprietà di separare lo spazio in due regioni, una interna ed
una esterna, in modo tale che par passare da una all’altra sia necessario perforare la superficie e
scavalcarla. Nei semplici casi considerati, le facce di tali superfici chiuse sono tutte porzioni di
piano, e convenzionalmente si assume come direzione positiva per la normale quella che va dalla
regione interna verso l’esterno.
Se la superficie si trova disposta in una regione dello spazio che sia sede di qualche campo
vettoriale, come ad esempio un campo elettrico, è possibile sfruttare il versore normale per avere
una misura di quanto le linee di campo attraversano la superficie. Si tratta di una informazione non
banale, legata sia all’intensità del campo in prossimità della superficie, sia alla direzione della
normale rispetto al campo. Come si vede in figura 3.2 dove si è preso in esame il caso semplice di
un campo vettoriale costante sia in direzione che in intensità, una stessa superficie, se disposta
perpendicolarmente alle linee di campo sarà attraversata in maniera proporzionale alla sua
estensione, mentre, se disposta di taglio, parallelamente alle linee di campo, non sarà attraversata da
nessuna di esse.
Nei casi di inclinazione intermedia, il numero di linee di campo che tagliano la superficie sarà tanto
maggiore quanto più l’angolo α fra il campo vettoriale in quel punto ed il versore normale alla
superficie si avvicinerà a zero, e tanto minore quanto più l’angolo si avvicinerà a 90°.
1
r
v
r
v
n̂
n̂
α
n̂
α = 0°
α = 90°
figura 3.2
Possiamo quindi costruire una grandezza fisica che ci dia la misura di quanto le linee di un campo
r
vettoriale v intercettino una superficie piana disposta nello spazio, semplicemente moltiplicando
l’area S della superficie per il coseno dell’angolo α fra il versore normale n̂ ed il campo.
r
Infatti il cosα ha la proprietà che ci occorre, cioè di valere zero quando n̂ è perpendicolare a v , e di
r
crescere fino ad un valore massimo quando n̂ è parallelo a v . Da ultimo moltiplichiamo ancora per
r
l’intensità | v | del campo vettoriale dato che essa è tanto maggiore quanto più quanto sono fitte le
r
linee del campo v nello spazio. Abbiamo così costruito la quantità:
r
| v | S cos α
r
alla quale si dà il nome di flusso del campo v
attraverso la superficie S.
Conoscere il flusso di un campo vettoriale attraverso
una superficie piana significa avere una informazione
che racchiude in sé sia l’intensità del campo nella
regione dove si trova S sia l’inclinazione di S rispetto
alle linee di campo.
Nel caso più generale avremo a che fare con
superfici non piane e con campi vettoriali aventi
direzione non costante, ed esprimere il flusso
corrispondente risulta complesso. Una superficie
curva, come quella in figura 3.3,
possiamo
immaginare di dividerla in tanti quadretti così piccoli
rispetto alla scala di grandezza cui siamo interessati,
da far si che essi possano sembrarci delle porzioni di
piano. A ciascuno di essi potremo assegnare un
versore normale, e poi portare a termine il calcolo del
flusso complessivo sommando i flussi elementari
attraverso ciascun quadretto. Se con l’indice i
contrassegniamo i valori relativi a ciascuna delle
porzioni elementari di superficie ∆S i , il flusso del
r
campo v attraverso la superficie S sarà:
∑ ∆S
i
i
n̂
n̂
α
n̂
r
v
figura 3.3
Q
r2
r1
n̂1
n̂ 2
r
E2
r
E1
r
|v |i cosα i
figura 3.4
2
r
In questa espressione tutti i termini della sommatoria dipendono dall’indice i, cioè tanto il valore v i
che il campo vettoriale assume in corrispondenza della porzione ∆S i , quanto l’angolo α i che forma
r
con il versore normale variano spostandosi lungo la superficie. Il flusso del campo vettoriale v
r
attraverso la superficie S si indica in maniera compatta attraverso la lettera greca phi: φ S ( v ) .
E’ giunto finalmente il momento di sfruttare questo nuovo strumento matematico per esprimere in
modo differente le proprietà del campo elettrico. Mostreremo che la legge di Coulomb, che esprime
r
la dipendenza del campo E generato da una carica puntiforme dall’inverso del quadrato della
r
distanza dalla posizione della carica, risulta legata ad una proprietà del flusso di E attraverso una
superficie chiusa. La proprietà fondamentale è illustrata in figura 3.4, dove consideriamo una sorta
di spicchio di spazio intercettato da una piramide con il vertice nella posizione in cui trova la carica
Q, e delimitato da due basi che siano porzioni di sfere con il centro nel vertice della piramide e
raggi r1 ed r2 rispettivamente. Le due porzioni di superficie sferica, che chiameremo ∆S1 e ∆S2, le
supporremo così piccole rispetto alle dimensioni su cui ci interessa studiare il campo in modo da
poterle considerare praticamente piane. Risultano così individuati senza ambiguità i versori normali
n̂ 1 ed n̂ 2 di ciascuna di esse. La loro direzione in figura è quella uscente dalle sfere centrate in Q
di cui supponiamo che ∆S1 e ∆S2 siano parte. L’intensità del campo elettrico è costante sulle due
1 Q
1 Q
superfici di base e pari a
su ∆S1 e
su ∆S2. Dato che le superfici, per le loro
2
4πε 0 r1
4πε 0 r12
r
piccole dimensioni, si possono considerare piane, anche la direzione di E è costante su di esse e
parallela a quelle di n̂ 1 ed n̂ 2 , così che risulta cosα1 = cosα 2 = 1 .
r
Ora il campo E gode della proprietà che il suo flusso attraverso ∆S1 e ∆S2 è lo stesso. Questo
risultato è una conseguenza diretta del fatto che la sua intensità decresce con l’inverso del quadrato
della distanza r dalla posizione dove si trova la sua sorgente Q, mentre la superficie di una sfera di
r
raggio r vale 4πr2 , cioè aumenta proporzionalmente a r2 , compensando la decrescita di E . Le due
porzioni di sfere concentriche che stiamo
Q
analizzando sono state ottenute suddividendo
ciascuna sfera in uno stesso numero N di spicchi, e
r2
4πr12
4πr22
quindi le loro aree saranno
e
. Il flusso
N
N
r1
n̂ 2
r
di E attraverso di esse sarà allora:
r
E
n̂
2
1
r
r
Q
1 Q 4πr12
r
=
φΛS1 (E) =| E1 | ∆S1 cos α1 =
E1
Nε 0
4πε 0 r12 N
r
Q
ed analogamente anche φ ΛS 2 (E) =
.
Nε 0
figura 3.5
Ora che disponiamo di questo risultato
fondamentale, prendiamo di nuovo una carica puntiforme Q e chiediamoci quanto vale il flusso del
campo elettrico che essa origina nello spazio attraverso una qualunque superficie chiusa.
Iniziamo con una superficie chiusa molto semplice, come la superficie S che vediamo in figura 3.5
ottenuta semplicemente chiudendo le basi ∆S1 e ∆S2 con la il contorno del cuneo a forma di
r
piramide. Se volessimo calcolare φ S (E) avremmo che esso è composto di tre parti:
r
r
r
r
φ S (E) = φ ∆S1 (E) + φ ∆S2 (E) + φ S − LATERALE (E)
3
Ora, i flussi attraverso le basi ∆S1 e ∆S2 sono
Q
evidentemente rimasti gli stessi di prima, ma i
n̂ 2
versori normali devono avere, per definizione,
direzione uscente, quindi n̂ 2 adesso punta verso
α2
Q mentre n̂ 1 è rimasto invariato. Essendo quindi
r
n̂1
r
cosα1 = 1 e cosα 2 = −1 i due flussi φ ΛS 1 (E) e
E2
r
r α
φ ΛS 2 (E) avranno sempre lo stesso valore assoluto, E
1
1
ma il segno opposto e quindi la loro somma sarà
zero. Vale zero però anche il flusso calcolato
attraverso tutta la superficie laterale: infatti, in
questa regione, si ha che il campo elettrico è
sempre perpendicolare al versore normale, e
figura 3.6
r
quindi cosα = 0 ,da cui φ S − LATERALE (E) = 0 .
Il flusso complessivo del campo elettrico
r
attraverso la superficie chiusa S risulta quindi nullo, cioè φ S (E) = 0 . Ora si potrebbe pensare che
questo risultato sia dovuto alla scelta della
particolare superficie, ma in realtà non è cosi. Nel
Q
caso di superfici chiuse intercettate da un fascio a
forma di piramide, come quello appena visto, da
semplici ragionamenti geometrici si può dimostrare
che qualunque sia l’orientazione delle superfici di
r
n̂ 2
r
base, ad esempio con versori normali formanti
E1
E2
angoli α 1 ed α 2 come in figura 3.6, l’area delle
1
n̂1
le
basi si ottiene moltiplicando per
| cos α |
estensioni delle porzioni di sfera ∆S1 e ∆S2
figura 3.7
corrispondenti. Poiché nel calcolo del flusso si
moltiplica l’area proprio per cosα , i due termini si
π
semplificano. Ora come si vede in il cosα 2 è sempre minore di zero essendo α 2 > , pertanto dato
2
che l’intensità del campo sulle basi è la stessa del caso precedente, il calcolo è del tutto analogo a
quello svolto per la figura 3.4, ed il risultato ancora
zero. Ma perché tanta attenzione per delle superfici
intercettate da dei cunei a forma di piramide con
centro nella carica? Il motivo è che qualunque
n̂ 2
superficie chiusa, esterna ad una carica, ai fini del
r
calcolo del
flusso del campo elettrico, viene
E2
intercettata due volte e può essere scomposta in
elementi del tutto analoghi a quelli della figura 3.5.
Q
Come si vede in figura 3.7 nel caso di una superficie
r
che racchiude un cubo, il flusso del campo E è r
scomponibile nel flusso attraverso elementi semplici E1
di superficie dove ha sempre valore zero.
Se invece la carica risulta interna ad una superficie
chiusa, possiamo ancora calcolare il flusso separando
n̂1
la superficie in tanti elementi come illustrato in
figura 3.8
figura 3.3, solo che adesso ad ogni superficie
elementare ne corrisponde un’altra ottenuta
4
attraverso delle rette che passano per la carica: si veda
la figura 3.8. I flussi attraverso le due superfici opposte
n̂
sono sempre uguali, solo adesso non hanno più segno
opposto visto che i due angoli sono entrambi minori di
π
. Ne risulta che se la carica Q è interna ad una
2
superficie chiusa, il flusso del campo elettrico da essa
originato non è più nullo, ma risulta essere la somma
dei flussi attraverso le superfici elementari in cui è stata
suddivisa. Tuttavia il calcolo può essere effettuato lo
steso in modo semplice. Riferendoci alla figura 3.9,
immaginiamo una carica Q, interna ad una superficie S
qualunque. Supponiamo quindi di circondarla con una
sfera tutta interna ad S, con il centro nella posizione
figura 3.9
dove si trova Q. Ora la carica Q risulta essere esterna
rispetto superficie chiusa composita, delimitata internamente dalla sfera esternamente dalla
superficie originale S, pertanto il flusso complessivo dovrà essere zero. Ma poiché, come si vede, il
flusso complessivo è la somma del flusso attraverso la sfera, orientata con il versore normale verso
la carica, e di quello attraverso S , ne segue che il flusso attraverso una qualunque superficie a cui la
carica Q risulti interna è uguale a quello attraverso una sfera centrata dove essa si trova.
Chiaramente il segno del flusso attraverso la sfera cambierà a seconda che la si consideri limite
interno della superficie composita S+sfera, e quindi con n̂ diretto verso Q, oppure superficie chiusa
a sé stante, e quindi con n̂ diretto lontano da Q . A questo punto non rimane che calcolare il valore
r
del flusso di E generato da una carica puntiforme attraverso una sfera con centro in Q e raggio r ed
avere il valore del flusso per qualunque superficie chiusa che racchiuda Q!
Ma questo è semplice perché se suddividiamo una sfera, centrata in Q, di raggio r, in N quadretti
analoghi a quelli di figura 3.4, abbiamo già visto che il flusso del campo elettrico attraverso uno di
r
Q
. Per avere quello complessivo attraverso tutta la sfera basta sommare su
essi è : φQuadretto (E) =
Nε 0
tutti i quadretti, e cioè moltiplicare per N:
r
r
φ SFERA (E) = NφQuadretto (E) =
Q
ε0
risultato che come avevamo già preannunciato non dipende dal raggio r della sfera.
Se le cariche Qi sono più di una, il flusso dovuto al loro insieme può essere ottenuto applicando il
principio di sovrapposizione, vale a dire sommando i flussi dovuti a ciascuna di esse.
Possiamo finalmente enunciare il complesso dei risultati ottenuti:
TEOREMA DI GAUSS
r
IL FLUSSO φ S (E) DEL
CAMPO ELETTRICO
r
E DI
UNA DISTRIBUZIONE DI CARICHE
ATTRAVERSO UNA QUALUNQUE SUPERFICIE CHIUSA
INTERNE AD S, DIVISA PER
ε 0 , CIOÈ:
S,
Q1, Q2, …, QN
È DATO DALLA SOMMA DELLE CARICHE
φ S (E) = ∑
r
Qiinterne
dire che la proprietà vale per ogni campo uno su errequadro.
ε0
5
E’ interessante sottolineare che il teorema di Gauss è stato ottenuto sfruttando solamente il fatto che
r
il campo E dipende dall’inverso del quadrato della distanza dalla sua sorgente puntiforme. Pertanto
1
esso rappresenta una proprietà valida per tutti i campi radiali con intensità proporzionale a 2 ,
r
1
anche quelli che non hanno simmetria sferica .
ESEMPIO
q1
Data la distribuzione di cariche a lato calcolare il flusso del
campo elettrico attraverso le quattro superfici S1, S2, S3, S4. Si
assuma q1 = q3 = 0.3µC , q3 = −2 × 10 −6 C e q 4 = −1µC .
q3
S1
S4
S2
q4
Applicando il teorema di Gauss per il quale è
r
Qiinterne
Nm 2
∑
, sapendo che ε 0 = 8.85 × 10 −12
si
φSchiusa (E) =
ε0
C2
2
r
q
− 2 × 10 −6 C
6 Nm
0
.
23
10
≅
−
×
;
ottiene: φ S 1 (E) = 3 =
ε 0 8.85 × 10 −12 C 2 /Nm 2
C
2
r
r
q + q 4 0.3 × 10 −6 C − 10 −6 C
0
Nm 2
6 Nm
φ S 2 ( E) = 2
φ
≅
−
×
;
E
=
=
;
0
.
08
10
(
)
0
=
S4
ε0
C
ε0
C
8.85 × 10 −12 C 2 /Nm 2
2
r
q
0.3 × 10 −6 C
6 Nm
φ S 3 ( E) = 2 =
≅
×
.
0
.
03
10
ε 0 8.85 × 10 −12 C 2 /Nm 2
C
1
r
In particolare il teorema di Gauss si applica al campo gravitazionale g = −
dove però il ruolo di
allora
r
q2
S3
r
GM
rˆ , formalmente identico ad E ,
2
r
1
viene occupato da − G e quello delle cariche dalla massa. Da un semplice raffronto si ha
4πε 0
φ S (g) = −4πG ∑ M iinterne
.
6
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