Gestione dei Problemi: Cosa fare quando l`analisi

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Gestione dei Problemi:
Cosa fare quando l’analisi funzionale “fallisce”
Jane I. Carlson
Conclusioni sbagliate sulla funzione
Arrivare ad una conclusione errata dall’analisi funzionale ha causato uno dei più grossi
fallimenti con il training di comunicazione funzionale. Io e i miei colleghi stavamo lavorando con
una ragazza che mostrava livelli elevati di aggressività a scuola. Quando valutammo e rivedemmo i
dati raccolti per l’analisi funzionale, la funzione sembrava semplice. Ogni volta che le si dava un
compito la ragazza aveva un episodio di aggressività. L’intervento sembrava semplice. Noi le
insegnammo a chiedere una pausa e a “fuggire” in modo appropriato dal compito avverso. La
strategia si dimostrò un disastro. I suoi livelli di aggressività rimasero gli stessi. Questa strategia non
ebbe nessun impatto sul comportamento. A quel punto riesaminammo i dati e decidemmo di filmare
alcune sessioni di lavoro per vedere se potevamo capire meglio cosa accadeva. Confermammo che
l’aggressività c’era quando le veniva assegnato un compito. Ma ciò che non vedemmo durante la
prima analisi fu che ogni volta che le veniva assegnato un compito l’insegnante se ne andava e la
lasciava da sola. La ragazza colpiva e picchiava gli altri studenti e l’insegnante tornava per dirigerla
nuovamente al lavoro. Il comportamento aggressivo non era motivato dalla fuga ma dalla richiesta
di attenzione. Decidemmo di cambiare la strategia di intervento e le insegnammo a chiedere
l’attenzione dell’insegnante. Le aggressioni si ridussero nel tempo.
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Efficienza della Risposta
Un altro problema comune riguarda la questione delle risposte efficienti. L’efficienza si
riferisce all’unità di sforzo per ottenere da una persona un determinato profitto. Le persone con
deficit di sviluppo hanno comportamenti problema dato che esistono più modi per loro per arrivare
all’obiettivo. Ad esempio, abbiamo insegnato ad un bambino affetto da autismo a chiedere l’oggetto
tangibile desiderato per evitare la crisi. Il bambino aveva poche parole nel suo repertorio verbale e
spesso aveva difficoltà nel trovare la parola giusta per ciò che desiderava. Insegnammo alla mamma
come rinforzare la risposta appropriata, e lei fu davvero molto brava all’inizio. Sfortunatamente,
dati i problemi del bambino con le parole, lui scoprì che era più facile avere la crisi per ottenere ciò
che desiderava piuttosto che usare le parole. Quando aveva la crisi, la mamma trovava
immediatamente cosa desiderava e glielo dava. Quando usava le parole spesso risultava per l’adulto
una perdita di tempo e per il bambino una lunga attesa prima che avesse ciò che voleva. Il
comportamento problema era più efficace. Per risolvere tale questione, costruimmo un programma
di comunicazione attraverso lo scambio di immagini: il bambino mostrava la figura di ciò che
voleva e la mamma gli dava ciò che aveva chiesto. Questo sistema fu facile da apprendere e sostituì
completamente le crisi per ottenere l’oggetto tangibile desiderato.
Interpretazione della Risposta
L’interpretazione della risposta è correlata all’efficienza della risposta. A volte scegliamo
risposte funzionali che sono capite solo da alcune persone. Quando la persona cerca di usare la
nuova abilità comunicativa in un nuovo ambiente, non si ottiene lo stesso risultato. Per esempio, io
ho lavorato con un ragazzino a cui era stato insegnato il linguaggio dei segni dalla logopedista.
Aveva delle crisi correlate con una bassa tolleranza alla frustrazione. Se voleva un oggetto e non
poteva averlo subito si faceva venire la crisi. Se voleva lavorare ad un programma al computer e
non appariva immediatamente sullo schermo, si faceva venire la crisi. Dato che stava imparando il
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linguaggio dei segni gli insegnammo il segno per “Aiuto” come domanda per essere assistito. Andò
tutto bene fino a quando sua madre dovette tornare a lavoro e lui fu affidato ad un programma di
dopo scuola. Dopo tre giorni la madre fu avvertita che il figlio era completamente fuori controllo. Il
problema riguarda l’interpretabilità della risposta. Il bambino, infatti, aveva utilizzato il segno di
“Aiuto” nel nuovo contesto ma nessuno capiva cosa volesse dire. Gli operatori pensavano fosse un
comportamento stereotipato e lo ignoravano. Il bambino tornò immediatamente ad avere le crisi.
Eventi Contestuali
Uno dei problemi più comuni che incontro quando vado a fare consulenza è che non esistono
variabili funzionali chiare. I modelli di comportamento problema sono incostanti e gli operatori
descrivono le persone in questione come imprevedibili. Solitamente il problema è correlato alla
valutazione dell’evento contestuale. Gli eventi contestuali,
cioè variabili che sono fuori dal
rapporto antecedente-comportamento-conseguenza ma che influenzano la motivazione della
persona, possono essere difficili da identificare e da prevedere. Gli eventi contestuali sono molto
personali e sono qualcosa che rende di “cattivo umore”. Gli eventi contestuali possono essere
biologici o ambientali. Alcuni esempi di eventi contestuali biologici sono la fatica, il raffreddore, la
fame, le reazioni allergiche, la sindrome pre-mestruale, ecc. Esempi di eventi contestuali ambientali
sono la pioggia, incontrare persone che non ci piacciono, una multa, essere annoiati, ecc. Di solito
gli eventi contestuali sono difficili da raccogliere perché possono verificarsi in un tempo e in un
luogo lontani dalla manifestazione del comportamento. Ad esempio, un bambino che la mattina a
scuola aveva avuto una brutta giornata. Alla sera, durante la seduta con la logopedista, questa notò
alcune difficoltà. La connessione con l’evento precedente della mattina non è ovvio e non può
essere evidente dai dati raccolti.
Alcuni eventi contestuali sono periodici e possono produrre schemi di comportamento
occasionali. Le allergie stagionali sono un esempio di evento contestuale biologico che produce un
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modello. Io ho lavorato con un bambino che aveva degli scoppi di comportamento autolesionista in
Ottobre, verso la fine di Aprile e all’inizio di Maggio. Dall’osservazione dei dati storici,
ipotizzammo che le allergie stagionali potessero contribuire a queste crisi. Venne così proposto un
trattamento per le allergie e i suoi comportamenti diminuirono significativamente. Sua madre era
ora in grado di prevenire gli episodi trattando l’allergia una o due settimane prima della
manifestazione della crisi e finendo il trattamento quando la stagione delle allergie era finita.
Ho lavorato anche con un giovane uomo che manifestava alti livelli di aggressione. Aveva
anche dei comportamenti che apparentemente sembravano di tipo psicotico. Camminava attorno alla
casa parlando da solo sulla pizza e piangeva senza apparente ragione. Io lo vidi per due volte poi
ricevetti una telefonata dal direttore della casa alloggio che il comportamento della persona in
questione era sparito e che non c’era più bisogno che andassi. Alcuni mesi dopo, ricevetti un’altra
telefonata in cui mi si chiedeva di andare perché il comportamento era riemerso. La persona
mostrava gli stessi comportamenti bizzarri che aveva avuto precedentemente. Ancora una volta lo
vidi per alcuni giorni finché non ricevetti una telefonata in cui mi si diceva che le mie prestazioni
non erano più necessarie. Circa sei mesi dopo ritornai, chiamata dal direttore della casa alloggio. I
problemi comportamento erano tornati. Osservai il mio calendario e mi accorsi di aver ricevuto la
chiamata nello stesso periodo l’anno precedente. Mi resi conto che i comportamenti seguivano un
modello che si verificava circa ogni sei mesi. Decisi di chiamare gli operatori della comunità e le
persone che avevano avuto un contatto con lui per vedere se esistevano dati storici sui
comportamenti della persona in questione. Inviarono i dati raccolti in 5 anni e quando li analizzai,
trovai che i comportamenti problema comparivano in Giugno e in Novembre e che questo schema
era presente da almeno 6 anni e ½. Organizzai un incontro con la madre e il fratello, lei fu in grado
di risolvere il mistero. Quest'uomo era molto affezionato al padre, che era morto circa 10 anni prima
nel mese di Giugno. Quando il padre morì sua madre non se la sentì di prendersi cura del ragazzo e
lo mandò in una comunità alloggio. Novembre era il mese in cui quest'uomo e suo padre compivano
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gli anni ed era il mese in cui la famiglia si riuniva per festeggiare. Eravamo riusciti ad identificare
gli eventi contestuali che però erano al di là del nostro controllo. L'intervento era molto difficile.
Data la grave natura delle sue aggressioni, avevamo deciso un incontro con lo psichiatra per ottenere
un aiuto farmacologico a tempo.
Spesso gli eventi contestuali non vengono mai da soli, sono influenzati dai comportamenti, da
eventi contestuali multipli, ecc. Attualmente sto lavorando con un bambino di 4 anni che manifesta
gravi episodi di aggressività e di crisi isteriche. Una volta eseguita l'analisi funzionale non abbiamo
trovato nessuno schema chiaro di conseguenze o di antecedenti. Sapevamo che il bambino aveva
difficoltà a dormire e confrontammo il suo comportamento quando dormiva e quando non dormiva
bene la notte. Il bambino soffriva anche di allergie così confrontammo il comportamento quando le
allergie si scatenavano e quando il bambino si sentiva bene. Il bambino soffriva anche di
costipazione e confrontammo il comportamento nei giorni in cui defecava e in quelli in cui non
riusciva ad andare di corpo. Il bambino sembrava stare meglio con un particolare operatore rispetto
a quando era in compagnia di un operatore qualsiasi. Confrontammo anche il livello di
comportamento la mattina e la sera. Inoltre, il bambino era piuttosto capriccioso con il cibo e
osservammo il comportamento quando aveva mangiato e quando rifiutava il cibo. Ciò che
trovammo era che il bambino non manifestava episodi di comportamento problema la mattina, dopo
aver mangiato, quando lavorava con il suo operatore preferito, dopo aver liberato l'intestino, quando
il suo naso non colava, e aveva dormito bene la notte. Sfortunatamente, tutte queste cose non
accadevano mai assieme. Vorrei poter dire come questa storia si è conclusa ma ci stiamo ancora
lavorando.
Talvolta è impossibile determinare gli eventi contestuali che influenzano un determinato
comportamento. Tuttavia, spesso, gli operatori o i membri della famiglia sono in grado di capire
quando una persona avrà una buona o cattiva giornata basandosi sui comportamenti o su altri fattori
soggettivi. La ricerca mostra che i racconti possono essere sufficienti per programmare un
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intervento efficace. Utilizzando una tecnica detta "routine di neutralizzazione" è possibile
neutralizzare gli effetti negativi degli eventi contestuali. Tale tecnica utilizza oggetti o attività che
sono associate al buon umore. In altre parole, si introduce un numero di eventi contestuali positivi
che compensano gli effetti degli eventi contestuali negativi. Questo lo facciamo normalmente ogni
volta che siamo di cattivo umore. Per esempio, se ho avuto una brutta giornata, vado a casa e mi
faccio una tazza di caffè. Mi siedo sulla poltrona e mi ascolto la mia musica preferita. Dopo circa 30
minuti di solito ritrovo il buon umore e posso ricominciare. Ho lavorato con una ragazza che spesso
era di cattivo umore quando arrivava per il programma di lavoro diurno. Non riuscivamo a capire
l'evento contestuale che causasse il tale umore e, non potendo neutralizzare il programma,
decidemmo di introdurre una "routine di neutralizzazione". Quando la ragazza arrivava in istituto,
veniva accolta dall'operatrice preferita che la portava a bere una tazza di tè. Bevuto il tè
chiacchieravano per 15 minuti e poi tornavano a lavoro. Questa routine ha eliminato circa il 90% di
comportamenti problema della ragazza.
Modello di Attivazione
Alcuni comportamenti problema si adattano al "modello di attivazione". Il comportamento è
bimodale con il culmine quando la persona è o molto eccitata e felice o frustrata e arrabbiata.
Calvin, un ragazzo del nostro centro, si adattava a questo modello. La nostra analisi funzionale
iniziale mostrava come il suo mordersi le mani si manifestasse con la stessa frequenza quando gli
veniva chiesto qualcosa, quando era in contatto con persone diverse, quando stava giocando con il
suo gioco preferito, quando gli veniva chiesto di passare da un'attività preferita a una non preferita.
Decidemmo di valutare il suo umore dimostrato dal "mordersi le mani" attraverso una scala a 5
punti. 1 rappresentava molto arrabbiato/frustrato, 3 indicava un umore neutro, e 5 che rappresentava
molto eccitato/felice. Egli aveva un chiaro modello stimato 1 e 5. Per trattare questo tipo di
comportamento problema siamo intervenuti su due fronti. Da un lato con un intervento di
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comunicazione funzionale per il mordere associato alla rabbia/frustrazione e dall'altro lato con la
costruzione di risposte incompatibili per il mordere associato all'umore eccitato/felice. Gli
insegnammo a chiedere in modo adeguato una pausa ("Vorrei prendermi una pausa") in situazioni
che producevano rabbia/frustrazione. Nelle situazioni che producevano un umore eccitato/felice,
introducemmo una risposta incompatibile (battere le mani, stringere le mani insieme) mentre noi
bloccavamo la risposta "mordersi". La chiave per questo tipo di intervento è di trovare opportunità
per ogni stato di attivazione così che si può avere un ampia opportunità per rinforzare la nuova
risposta.
Comportamenti Sensoriali e di Auto-stimolazione
I comportamenti sensoriali o di auto-stimolazione sono molto comuni e difficili da affrontare.
Comportamenti socialmente motivati possono essere trattati insegnando abilità alternative per
influenzare lo sviluppo sociale ma i comportamenti di auto-stimolazione spesso non rispondono a
questo tipo di interventi. Il problema più grande è che il comportamento di auto-stimolazione porta
a rinforzi automatici. Dato che gli operatori e i membri della famiglia non possono regolare
facilmente questi rinforzi, la gestione delle contingenze è impossibile. I comportamenti di autostimolazione possono assumere diverse forme. Alcuni comportamenti di auto-stimolazione sono di
natura relativamente benigna come battere le mani, mentre, altri possono essere una barriera sociale.
I comportamenti di auto-stimolazione come fare rumore, fare movimenti bizzarri, manipolare la
saliva possono essere socialmente stigmatizzati e creare preoccupazione. In casi estremi, tali
comportamenti possono essere un rischio reale per la persona. Il Dott. E. Carr spesso cita una caso
di una ragazza che si era accecata anni addietro mettendosi continuamente le dita negli occhi.
Questo comportamento le produceva la sensazione visiva di colori e luci ma alla fine le è costata la
vista. Ho lavorato con individui che spalmavano le feci, si graffiavano la pelle fino a ferirsi, ecc. I
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casi più estremi di questo comportamento sono documentati in letteratura e si riferiscono a persone
veramente gravi o che hanno passato lungo periodo in ambienti come le istituzioni
Incremento dei livelli di coinvolgimento
Molti studi collegano i comportamenti di auto-stimolazione a bassi livelli di coinvolgimento
con l'ambiente. Persone con livelli cognitivi normali (che avevano capacità di coinvolgimento con
l'ambiente) mostravano gravi livelli di comportamento di auto-stimolazione. Persone affette da
autismo, che hanno difficoltà con abilità come l'attenzione congiunta e inibizione sociale, mostrano
alti livelli di comportamenti di auto-stimolazione. Tale comportamento spesso è causato dalla
mancanza di abilità relazionali. Via via che il comportamento peggiora c'è una maggiore
interferenza con l'apprendimento. Per aumentare i livelli di coinvolgimento bisogna offrire qualcosa
di meglio del comportamento come oggetti e attività che sono più interessanti e rinforzanti.
Introducendo nuovi oggetti nell'ambiente, cambiando attività di frequente, offrendo opportunità e
incrementando le interazioni sono tutti metodi per aumentare il coinvolgimento.
Stimolazione Ambientale
Alti livelli di comportamento di auto-stimolazione sono spesso associati con bassi livelli di
coinvolgimento. Alcuni studi hanno sui livelli di tale comportamento hanno dimostrato che le
persone che vivono in istituzione hanno livelli più elevati di comportamenti autostimolatori rispetto
alle persone che vivono in comunità, perché gli stimoli forniti dall'istituzione sono limitati per la
natura stessa del luogo. In un contesto di comunità ci sono più stimoli e più opportunità per fornire
stimoli ambientali. Quando vivevo a NY, siamo riusciti ad abbassare i livelli di comportamenti
autostimolatori in una comunità alloggio in persone con grave ritardo mentale grazie ad un
programma di uscite a rotazione e ad attività domestiche. Andare in spiaggia, fare shopping, andare
al ristorante, vedere videocassette, andare in piscina sono attività che forniscono stimoli ambientali.
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Ascoltare la musica, lavorare con materiale artistico, passare del tempo con gli operatori sono
attività che contribuiscono all'aumento del coinvolgimento.
Per alcuni individui, in particolar modo per quelli affetti da autismo, alti livelli di
stimolazione ambientale possono evocare comportamenti di auto-stimolazione. In questo caso il
comportamento ha la funzione di regolare il livello di stimolazione sensoriale. In altre parole, il
comportamento agisce da schermo per ridurre gli stimoli esterni. Questo tipo di comportamento può
essere visto come un comportamento basato sulla fuga e può rispondere allo stesso tipo di
intervento usato per altri problemi di comportamento. Ad esempio, una persona con autismo può
mettersi le dita nelle orecchie e canticchiare e borbottare perché in classe c'è troppa confusione. Il
borbottio funge da schermo per il rumore in classe. Per evitare tale comportamento si può
insegnargli a chiedere una pausa per allontanarsi dalla classe per avere un breve periodo di tempo
lontano dal rumore.
Rinforzo di comportamenti incompatibili
Un'altra tecnica per ridurre i comportamenti di auto-stimolazione è quella di provocare e
rinforzare un comportamento che è incompatibile con l'autostimolazione. Ad esempio, un bambino
che agita le mani può essere calmato dandogli una palla. In questo modo si occupano le mani del
bambino e si riduce il comportamento di auto-stimolazione. Questo tipo di intervento produce
effetti a breve termine. Il problema è che bisogna andare affondo se no tale comportamento ritornerà
in assenza di un intervento. Inoltre, il comportamento incompatibile può interferire con le abilità del
bambino e può essere una barriera sociale come il comportamento di auto-stimolazione stesso.
Insegnamento di risposte equivalenti e socialmente accettabili
Se si riesce a capire lo stimolo sensoriale che scatena il comportamento di auto-stimolazione,
si può tentare di identificare un comportamento equivalente socialmente accettabile per sostituire
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quello non accettabile. Ad esempio, dondolarsi su una sedia a dondolo è equivalente al dondolarsi
su una sedia rigida. Ascoltare la musica con le cuffiette può essere equivalente al canticchiare.
Questo approccio è difficile perché richiede creatività ed è difficile identificare le risposte. Ho
lavorato con un uomo che aveva il comportamento auto-stimolatorio di sputarsi sulle mani e di
spargere la saliva sulle superfici. Quando si andava in macchina si sputava sulle mani e spargeva la
saliva sui finestrini. Ipotizzammo che il rinforzo venisse dalla sensazione di bagnato. Cominciammo
a insegnargli attività che includessero l'acqua. Gli insegnammo ad usare lo spray e uno straccio. Lo
incoraggiammo a spruzzare e pulire le superfici della casa come i vetri, i tavoli, ripiani e piastrelle.
Gli insegnammo ad usare lo stesso spray anche in macchina. Gli insegnammo anche a lavare i piatti,
compito in cui poteva assolvere la funzione di spargere acqua. Per sostituire lo sputo sulle mani gli
demmo una serie di creme che poteva mettersi e strofinarsi sulle mani. Gradualmente la frequenza
dello sputo si abbassò (tranne quando andava a letto da solo). Inoltre, acquisì diverse attività
funzionali che lo aiutarono nella vita di gruppo. Con il trascorrere del tempo, il pulire e lo spruzzare
si erano limitati al periodo dopo i pasti. Imparò a mettersi la crema dopo essersi lavato le mani.
Lo svantaggio di questo tipo di intervento è che per alcune forme di comportamento di autostimolazionme è impossibile trovare risposte equivalenti appropriate. Ritorniamo all'esempio del
Dott. Carr della ragazza che si metteva le dita negli occhi. Mentre, per alcuni individui esiste
l'opportunità di avere più stimoli visivi, questa ragazza si è resa cieca ed ha continuato a spingersi
gli occhi per stimolare il nervo ottico. Non è possibile trovare un comportamento sostitutivo bisogna
trovare delle alternative.
Controllo dello stimolo: insegnare parametri temporali e spaziali
Spesso, un comportamento di auto-stimolazione non viene considerato inappropriato se la
persona non lo manifesta in pubblico. Tutti hano questo genere di comportamento. Ad esempio, le
persone si mettono le dita nel naso. Non è possibile vedere un adulto con le dita nel naso in
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pubblico. Questo perché sappiamo esercitare uno stimolo controllo sul comportamento. Aspettiamo
un luogo e un tempo adeguato per tale comportamento. Così il comportamento non ha nessuna
conseguenza né sociale né fisica.
Alcuni comportamenti di auto-stimolazione manifestati da persone con deficit di sviluppo
sono proprio così. La loro problematicità è data dal fatto di menifestare in pubblico il proprio
comportamento e per questo essere stigmatizzati. Per ottenere uno controllo dello stimolo sul
comportamento di auto-stimolazione, dobbiamo definire il contesto in cui il comportamento viene
manifestato. Bisogna identificare il tempo e il luogo in cui tale comportamento è più appropriato.
L'intervento è una procedura di modellamento che si sviluppa due livelli. Il primo è quello di
insegnare alla persona un luogo e un tempo in cui è possibile esibire il comportamento. Il secondo
riguarda il rinforzo della non manfestazione del comportamento in un contesto non è adeguato.
Ho lavorato con una bambina di 10 anni che manifestava un comportamento di
autostimolazione agitava le braccia ed emetteva dei gridolini acuti. La bambina frequentava la 4°
elementare luogo in cui questo comportamento non sarebbe stato accettato. Abbiamo deciso che
poteva manifestare tale comportamento quando era da sola nella stanza ma non quando era in classe
o in mensa. Abbiamo iniziato l'intervento introiducevdo periodi di silenzio durante il giorno. Le
mettemmo una fascia la polso che segnalava il tempo in cui stava tranquilla e decidemmo di creare
un rinforzo differenziato per altri comportamenti. Allo stesso tempo, in alcune occasione della
giornata, la bambina veniva portata in un area privata dove poteva manifestare il suo
comportamento. Gradualmente aumentammo l'intervallo di rinforzo finché la bambina stava
tranquilla per circa 20 minuti. Inizialmente le davamo circa 20 occasioni per manifestare il
comportamento poi tale opportunità le venne data solo durante “passaggi naturali”, ad esempio
ritornando dalla palestra o dal pranzo.
Simultaneamente all'intervento fatto a scuola, i suoi genitori avevano cominciato ad avere un
controllo anche a casa. La sua camera da letto poteva essere la sede adeguata in cui il
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compoprtamento poteva manifestarsi. I genitori seguirono una procedura simile a quella usata a
scuola. La bambina doveva stare tranquilla in alcune zone della casa mentre le si dava l'opportunità
per andare nella sua stanza e manifestare il comportamento.
Il comportamento di auto-stimolazione può avere altre funzioni
Spesso, un comportamento che appare essere di auto-stimolazione può avere una funzione
sociale. Ho lavorato con un giovane che rigurgitava il cibo. Stava seduto al tavolo della cucina con
il gruppo e rigurgitava il cibo e poi lo ributtava giù. Ipotizzammo che tale comportamento potesse
avere una funzione autostimolatoria, come spesso accade con le persone con deficit di sviluppo.
Cercammo di ridurre la frequenza del comportamento dandogli l'opportunità di masticare e di
inghiottire. Questo non portò a nessun cambiamento sul livello di ruminazione. Pensammo così di
utilizzare una risposta incompatibile. Lo portavamo a camminare in modo sostenuto per circa 20
minuti dopo ogni pasto. Questo sistema portava ad un comportamento isterico che interrompeva la
camminata.A quel punto decidemmo di provare con interventi alimentari che avevamo trovato in
letteratura. Provammo con il pane bianco e con il burro d'arachidi. Nessun effetto. Qualcuno ci
aveva detto che bere della soda dopo i pasti non permetteva il rigurgito. Non funzionò. Ci
mettemmo davanti alla scrivania e decidemmo di raccogliere più dati funzionali. I dati rivelarono
che ogni volta che qualcuno gli si avvicinava, lui ruminava. Se gli operatori gli stavano vicino o lo
coinvolgevano in qualche attività, l'intensità della ruminazione aumentava e spesso vomitava. Il
comportamento non era di autostimolazione, in realtà, aveva la funzione di fuga. Provammo un
esperimento. Una sera, dopo cena, lo lasciammo da solo al tavolo senza nessun operatore. Non
ruminava. La sera seguente, decidemmo che un operatore si sarebbe allontanato se avesse
cominciato a ruminare. Così fu. Questo sistema ridusse il livello di rigurgito. Abbiamo trattato il
comportamento con training di comunicazione funzionale. Gli insegnammo un modo adeguato di
dire alla gente di lasciarlo in pace da solo. Questo ha portato alla immediata riduzione del
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comportamento e gradualmente cominciò a tollerare impegni e a autogestire il programma serale
con l'aiuto di immagini.
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