Igiene.
La medicina e l’igiene si servono dell’epidemiologia per:
 individuare le cause della malattia .
 fattori che insidiano la salute.
L’epidemiologia studia le malattie e i fenomeni attraverso:
 l’osservazione della distribuzione e dell’andamento della patologie nella
popolazione.
 L’individuazione dei fattori rischio che condizionano: l’insorgenza, la diffusione,
e la programmazione di interventi curativi e preventivi.
L’epidemiologia studia anche le malattie cronico-degenerative.
Si occupa anche di interventi sanitari come incidenti domestici o di lavoro.
L’epidemiologia cerca di far raggiungere alla popolazione una condizione di salute
ottimale, definita dall’O.M.S. come uno stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale.
CENNI STORICI.
Già con Ippocrate si trovano cenni storici sull’epidemiologia. Si sviluppa come disciplina
nel Regno Unito.
John Graunt fu il primo a riconoscere il valore delle statistiche.
William Farr, due secoli più tardi, elaborò un sistema di raccolta di certificati di
morte imponendo la segnalazione e la causa accanto ai dati anagrafici.
John Snow fece indagini sul colera quando ancora non ne era noto l’agente eziologico
(dedusse il possibile ruolo dell’acqua nella diffusione della malattia).
L’epidemiologia non richiede la conoscenza dell’agente eziologico ma fornisce indizi per
valutarlo..
All’inizio del XX le condizioni socio-sanitarie erano differenti, le patologie frequenti
erano le malattie infettive.
Una conquista importante fu la scoperta della penicillina di Alexander Fleming.
Si ebbe così:
 la diminuzione di morti per cause di malattie infettive.
La durata della vita si allunga.
Il declino delle malattie infettive e l’allungamento della vita, dovuti anche al
miglioramento delle condizioni sociali, hanno fatto emergere patologie dell’età
avanzata, classificate in due grandi categorie:
 tumori .
 malattie del sistema cardiocircolatorio.
Queste malattie sono denominate: malattie cronico-degenerative.
Una buona programmazione sanitaria deve creare strutture idonee:
 Alla prevenzione della malattia.
 Alla cura della malattia.
 Alla riabilitazione del malato.
1.2.AMBITI DI APPLICAZIONE.
La distribuzione delle malattie ha due differenti modelli:
- uno dei paesi in via di sviluppo, le malattie infettive sono frequenti.
- l’altro dei paesi sviluppati, le patologie cronico degenerative: tumori e malattie
del sistema cardiocircolatorio. Ma anche agenti virali, epatite B e AIDS.
2. DEMOGRAFIA E STATISTICA SANITARIA APLICATE
ALL’EPIDEMIOLOGIA.
2.1. FONTI E MODALITA’ DI RACCOLTA DATI.
Le informazioni sanitarie (le statistiche) sono delle raccolte che servono :
 sia per lo studio dei fenomeni biologici e sociali.
 Sia per pianificare lo sviluppo socio economico della collettività.
 Sia per un razionale impiego delle risorse.
È importante la frequenza di determinati eventi (nascite, morti, fenomeno morbosi,
ecc.).
Queste fonti rappresentano la popolazione in due modalità:
1 che si occupa dello stato della popolazione.
2 che si occupa del movimento della popolazione.
2.1.1. IL CENSIMENTO:
 La rilevazione ogni 10 anni, esiste il censimento de jure (popolazione residente)
e il censimento de facto (popolazione presente) che è il più utilizzato.
 Si occupa dei dati anagrafici – livello di istruzione – attività professionale svolta
– notizie sull’abitazione – sulla proprietà dei beni – sulle abitudini di vita.
La quantità dei dati è enorme, questo mostra che dall’inizio del secolo ai nostri
giorni,la popolazione è raddoppiata, ma con nascita 0(zero).
2.1.2.LA PIRAMIDE DELL’ETA’:
serve per conoscere la struttura della popolazione in base al sesso e all’età.
La distribuzione per sesso e classi di età è indicata come piramide dell’età.
Esiste:
 il grafico a piramide con mortalità dovute a tutte le classi. E natalità elevata.
 a bulbo, perché natalità e mortalità si riducono.
 a forma rettangolare, natalità e mortalità si stabilizzano ai livelli più bassi.
2.1.3. I REGISTRI ANAGRAFICI E LE NOTIFIAZIONI OBBLIGATORIE.
Le variazioni di una popolazione si registrano attraverso statistiche o atti di stato
civile che sono aggiornati nei registri dell’anagrafe. Raccolgono notifiche di:
- nascita,
- morte,
- matrimonio.
Natalità e morte sono di interesse sanitario.
2.1.4. LA CERTIFICAZIONE DELEL CAUSE DI MORTE:
la classificazione nosologica delle cause di morte a cura dell’OMS, riunisce le malattie
in :
- Settori.
- Gruppi.
- Categorie
- Sottocategorie
Il raggruppamento delle malattie è stato fatto secondo sede anatomica (organo,
apparato o sistema) o eziologia.
I principali raggruppamenti sono:
 Malattie infettive e parassitarie.
 Tumori.
 Malattie del sistema circolatorio.
 Malattie dell’apparato respiratorio.
 Malattie dell’apparato digerente.
 Incidenti.
 Avvelenamenti, traumatismi.
Ciascuno con diverse categorie e sotto categorie.
Ogni medico deve compilare un certificato per la giusta classificazione di morte:
o causa di morte naturale o causa di morte violenta.
2.1.5. LA REGISTRAZIONE DELLE NASCITE:
serve per:
 Identificazione anagrafica del soggetto.
 Individuazione e eventuale assistenza sanitaria di bambini che necessitano
particolari cure.
 Bambini nati morti
La scheda di nascita ha due parti:
una per tutti i nati e una per i nati morti.
Sono riportati i dati di
 Gravidanza (gestazione).
 Parto (tipo e luogo).
 Neonato (peso, stato ala nascita, eventuali malformazioni).
 Dati di madre e padre (attività lavorativa e istruzione).
2.1.6. LA NOTIFICA DELLE MALATTIE INFETTIVE:
Le malattie infettive sono soggette a denuncia.
Serve:
 per rilevare precocemente l’epidemia.
 per adottare misure preventive.
Le principali innovazioni riguardano:
a. Il numero delle malattie da 71 è ridotto a 47.
b. La divisione di queste malattie in 5 classi: in base a
- Rilevanza epidemiologica e sociale.
- Gravità.
- Frequenza.
- Possibilità di intervento.
- Interesse su piano nazionale e internazionale.
c. i tempi di segnalazione sono diversi per i diversi tipi di malattie.
L’epidemiologo fa alcune considerazioni prima di trarre delle deduzioni. A volte il
medico omette delle notizie per evitare al paziente la stigmatizzazione da parte della
società.
2.1.7. FONTI OSPEDALIERE:
Sono un prezioso aiuto per le ricerche epidemiologiche
 sia sulle malattie.
 che sulle strutture sanitarie.
La cartella clinica del paziente è fonte di documentazione clinica.
In Italia le cartelle sono conservate per 20 anni.
Esistono due difetti della cartella:
- omissione di certe informazioni.
- Soggettività di determinate diagnosi (diverse denominazioni per la stessa
condizione morbosa).
La Scheda Di Dimissione Ospedaliera (SDO), è un estratto della cartella clinica.
Si identificano 3 diverse prestazioni di assistenza ospedaliera:
 prestazioni in degenza.
 Prestazioni in ricovero diurno (day-hospital).
 Prestazioni di riabilitazione in regime di degenza.
La SDO contiene anche:
 Dati anagrafici del paziente
 Caratteristiche di degenza.
 Diagnosi.
 Dimissione.
La SDO è un documento ufficiale anche per fini di rimborso da parte della regione.
Serve anche per le ricerche epidemiologiche.
2.1.8. LE INDAGINI AD HOC.
Sono sistemi di rilevazione su campioni estratti dalla popolazione.
Si servono dell’osservazione clinica.
Sono in grado di riprodurre informazioni omogenee.
- Interviste
- Questionari
Servono per la raccolta dei dati soggettivi(abitudini di vita, opinioni, comportamenti,
ecc).
la scelta tra questi due metodi dipende dalle circostanze.
L’intervista è preferita al questionario.
2.1.9. I REGISTRI DI PATOLOGIA.
Servono per la rilevazione di uno specifico fenomeno sanitario.
Il registro è una lista di nomi associati ad un insieme di dati. (raccolta, verifica,
archiviazione ed elaborazione dati).
Il registro può essere realizzato in un ospedale o entro una definita area geografica.
Gli obiettivi del registro sono:
 confrontare informazioni nel tempo per la prevenzione di una malattia.
(registro tumori e malformazioni congenite)
 Organizzazione del servizio di assistenza (registro delle minoranze infantili,
dell’invalidità professionale o dei dializzati renali.
 Controllo delle modificazioni nel tempo di un fenomeno morboso (registro
malformazioni e patologie a componente genetica).
 La pianificazione e la valutazione dei servizi sanitari.
Il registro ha più incidenza sullo studio dei tumori.
2.1.10. ALTRE FONTI DI DATI EPIDEMIOLOGICI:
Oltre alle principali fonti statistico epidemiologico esistono:
 I registri INAIL degli infortuni sul lavoro e malattie professionali.
 Dati INPS e assicurazioni private sull’invalidità temporanea e permanente.
 Registri delle assenze scolastiche.
 Archivi dei medici di medicina generale.
2.2 METODOLOGIA DEL RILEVAMENTO DEI DATI:
i metodi di rilevamento dei dati sono classificati in
 Osservazione diretta (visita medica).
 Sondaggi individuali mediante interviste e questionari.
 Documentazione sanitaria (certificati di morte, cartelle cliniche, schede
nosologiche e ospedaliere).
Ogni metodo ha un suo particolare livello di completezza informativa.
- La scelta del metodo, oltre all’affidabilità, non deve trascurare:
 l’effettiva disponibilità delle strutture,competenze professionali, risorse
economiche idonee,
 la possibilità di avvicinare facilmente e coinvolgere i soggetti che interessano.
 Accettabilità del metodo da parte di loro.
- Considerare i limiti di spazio e di tempo.
- Bisogna un’adatta modulistica.
L’importante è che la raccolta sia completa: essa deve riguardare tutto l’insieme
prescelto. (universo o campione).
2.3. LE MISURE DELLA FREQUENZA DEGL INTERVENTI SANITARI.
Per lo studio di determinati eventi sanitari implica la scelta di indicatori di frequenza,
generalmente sono 3:
 il numero di eventi verificatisi (non ci consente la misura del rischio).
 I rapporti e le proporzioni (i primi, danno una relazione tra due dati
indipendenti, i secondi sono un rapporto dove il numeratore è incluso nel
denominatore).
 I tassi, sono più affidabili del rischio di malattia e si compone di tre elementi
essenziali:
1. popolazione a rischio.
2. intervallo di tempo per il quale viene misurato il tasso.
3. il numero di eventi durante il periodo prescelto.
Il tasso è espresso come numero di eventi per 100 o multipli di 100 esposti a rischio.
2.3.1 INCIDENZA E PREVALENZA.
La distribuzione delle malattie si affronta con due criteri:
 incidenza  eventi durante un determinato periodo di tempo (si manifestano
casi nuovi). Essa implica la densità di eventi che compaiono in sequenza nel
tempo.
 Prevalenza eventi in un certo istante (prevalenza puntuale) o in un intervallo
di tempo (prevalenza periodale). Essa costituisce una misura statica.
Incidenza= numero di nuovi casi di malattia nel tempo
Popolazione a rischio di ammalare in quel periodo
x K (100)
Prevalenza= numero dei casi di una malattia rilevati in un dato istante o periodo x K
Popolazione totale.
-
l’incidenza studia i fattori eziologici
la prevalenza studia la frequenza di distribuzione delle malattie croniche e
serve per la pianificazione sanitaria
2.3.2.TASSI GREZZI:
eventi riferiti ad una popolazione totale sono tassi grezzi.
Nella demografia e nell’epidemiologia si usano due tassi grezzi:
 natalità (nati in un anno).
 Mortalità (morti in un anno).
2.3.3. TASSI SPECIFICI:
il tasso con variabili di età, sesso. Professione, abitudine.
Aspetti di malattie legati a queste variabili.
2.4. SIGNIFICATO DI ALCUNI INDICATORI SANITARI:
2.4.1. TASSO DI FECONDITA’.
Tiene conto della composizione della popolazione per sesso, la differente
distribuzione di età attribuendo la natalità alla sola popolazione femminile.
Per la riproduttività della popolazione.
2.4.2. TASSO DI MORTALITA’.
Il tasso grezzo di mortalità è diminuito nel corso del XX sec.
2.4.3. MORTALITA’ INFANTILE, NEONATALE E PRENATALE.
Le morti che avvengono entro il primo anno di vita assumono un importante valore.
Nella mortalità infantile si distinguono i seguenti indicatori
 Mortalità neo-natale entro le prime 4 settimane di vita.
 Mortalità neo-natale precoce entro la prima settimana di vita.
 Mortalità neo-natale tardiva nella seconda, terza e quarta settimana di vita.
 Mortalità postneo-natale dopo la quarta settimana ed entro il dodicesimo mese
di vita.
2.4.4. LETALITA’.
Per capire il virus e se le misure preventive hanno funzionato.
La letalità delle malattie infettive è in rapporto con la virulenza del microrganismo
responsabile,
letalità = numero di morti per una data malattia x K
numero di casi di quella malattia.
2.4.5. TASSO DI SOPRAVVIVENZA.
Per quantificare la prognosi delle malattie diagnosticate e per eseguire confronti di
sopravvivenza tra gruppi di malati sottoposti a terapie alternative.
2.4.6. GLI EVENTI SENTINELLA.
Alcune malattie non sono presenti in certi paesi o non portano la morte perché gli
attuali mezzi terapeutici consentono la guarigione.
I vaccini efficaci salvano dalla morte.
6 EPIDEMIOLOGIA GENERALE DELLE MALATTIE
INFETTIVE.
Le malattie infettive erano un pericolo quando si costituivano in aree con vasta
comunità di uomini.
6.1. EZIOLOGIA DELLE MALATTIE INFETTIVE.
(L’EZIOLOGIA STUDIA LE CAUSE)
Le malattie infettive sono determinate da un agente microbico.
Le infezioni opportunistiche hanno una minore specificità eziologia. La stessa
manifestazione è determinata da diversi microrganismi.
6.1.1 ECOLOGIA MICROBICA E RAPPORTI DEI MICRORGANISMI CON L’UOMO.
Esistono dei microrganismi che mantengono un equilibrio biologico dell’ecosistema.
 alcuni vivono nelle superfici cutanee e nelle mucose dell’uomo ma in reciproco
vantaggio.
 Altri penetrano e vivono moltiplicandosi nell’ospite in un rapporto di
parassitismo(dannoso per l’ospite).
Esitono diversi tipi di microrganismi:
Saprofiti il loro habitat naturale è l’ambiente. Vivono a spese di altri, morti o in
decomposizione.
Commensali vivono sui tegumenti (pelle, mucose degli apparati).
Parassiti aggrediscono l’ospite, un altro organismo, causandogli un danno.
Microrganismi patogeni.
Essi provocano la malattia. La patogenicità si esprime con la malattia.
Il microrganismo patogeno può essere virus, batteri, protozoi, miceti, micoplasmi
La patogenicità è di alcune specie.
Essa dipende dall’invasività e tossicità delle specie microbiche.
- I microbi patogeni hanno vario grado di invasività. Alcuni invadono tutto
l’organismo altri, alcuni apparati o organi.
- I patogeni non invasivi, possono essere localizzati, hanno lesioni localizzate. La
loro patogenicità è dovuta alla produzione di esotossine.
I batteri patogeni evasivi e non invasivi producono sostanze che creano lesioni locali o
generali.
 Virulenza =diverso grado di patogenicità.
 Infettività = capacità del microrganismo di penetrare e moltiplicarsi nell’ospite.
 Contagiosità = capacità del microrganismo di passare da un soggetto ad un altro.
Si distinguono le
- malattie infettive contagiose, causate da agenti patogeni(virus influenzali
rosolia morbillo) che vengono eliminati dall’ospite e che giungono a soggetti
recettivi.
- Malattie infettive non contagiose, gli agenti responsabili non vengono eliminati
nell’ambiente. La loro trasmissione richiede l’intervento di vettori(malaria, tifo).
Patogeni opportunisti.
Appartengono a specie ambientali, commensali, sono responsabili di processi infettivi
quando vengono meno le normali barriere difensive.
Aggrediscono l’ospite in determinate circostanze, sono un grave problema in ospedale.
6.1.2. SPETTRO D’OSPITE E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA.
Molti microrganismi patogeni aggrediscono sia l’uomo che gli animali. Alcuni
microrganismi si sono adattati a poche specie o perfino ad una sola specie.
-Alcuni agenti di infezione sono ubiquitati e circolano in tutti i continenti.
-Altri hanno delle localizzazioni ristrette.
6.1.3.RAPPORTO OSPITE PARASSITA.
L’ospite può difendersi dal parassita.
 l’infezione avviene solo quando il parassita si impianta e si moltiplica nell’ospite.
E può essere o asintomatica o meno grave come la malattia infettiva.
All’infezione c’è una difesa immunitaria dell’ospite.
 il periodo di incubazione (dalla penetrazione all’inizio della sintomatologia) è
diverso a seconda della malattia.
Il genere è breve nelle infezioni in superficie (lesioni localizzate, raffreddore
diarrea).
Il periodo è lungo quando l’agente patogeno deve penetrare e moltiplicarsi pe r
produrvi il danno.
Dall’infezione alla malattia il passaggio è in rapporto con l’età. L’ospite oppone delle
difese già dal primo contatto con il parassita.
- La prima barriera è la cute e le mucose. La protezione dei microrganismi della
cute e delle mucose è dovuta ad un’azione competitiva e ad una produzione di
sostanze antibiotiche.
- La seconda barriera è costituita dai fagociti, (intervengono anticorpi umorali).
Lo stato di immunità attiva si ha nei i soggetti che hanno avuto gia un’infezione e che
sono stati vaccinati.
Lo stato di immunità passiva, è acquisita naturalmente (con anticorpi della madre) o
artificialmente (inoculazione di immunoglobuline).
La refrattarietà, distinta dall’immunità, impedisce la penetrazione e la moltiplicazione
del parassita, essa è dovuta a fattori propri dell’ospite. Esiste refrattarietà di specie
e di razza.
Esistono altre 2 condizioni nel rapporto parassita-ospite.
 l’infezione latente = uno stato di equilibrio, il microrganismo da segno della sua
presenza solo occasionalmente (herpes febbrili)
 stato di portatore cronico = la malattia infettiva si è conclusa ma il
microrganismo patogeno ha potuto localizzarsi in un sito anatomico al riparo
dalle reazioni immunitarie (typhi, ospitano il batterio nelle colecisti nelle vie
urinarie la localizzazione ha luogo quando esistono calcoli o un processo
infiammatorio).
6.2. TRASMISSIONE DELLE INFEZIONI.
Oltre all’eziologia microbica esiste:
 La trasmissibilità orizzontale = il passaggio dell’agente eziologico ad un altro
tramite il contatto o tramite l’ambiente.
 La trasmissibilità verticale = microrganismi che hanno la capacità di
oltrepassare la barriera placentare, da madre in figlio (virus della rosolia)
6.2.1. sorgenti e serbatoi d’infezione.
 la sorgente di infezione = ospite umano o animale. Cioè un malato ma anche un
portatore cioè un soggetto non malato ma con microrganismi patogeni
nell’organismo. Esistono:
- portatori convalescenti (dopo la guarigione),
- portatori cronici o permanenti (eliminano l’agente patogeno per tutta la vita
anche dopo la guarigione),
- portatori in incubazione (eliminano l’agente patogeno gia nel periodo
dell’incubazione.
- portatori sani (hanno un’infezione in apparente).
 Serbatoio = è l’habitat dell’agente patogeno, da qui può essere trasmesso as
ospiti recettivi.
6.2.2. VIE DI PENETRAZIONE E MODALITA’ DI TRASMISSIONE.
Esistono diverse vie di trasmissione.
La maggior parte penetra attraverso le mucose dell’apparato respiratorio,
dell’apparato digerente.
La cute è una valida barriera, ma può essere superata.
 La trasmissione diretta = tipica delle infezioni veneree, (attraverso mucose
genitali).
La trasmissione per contatto può avvenire da persona a persona.
Trasmissione diretta è l’inoculazione da insetto infetto,saliva o graffio. (esempio la
rabbia).
La trasmissione diretta può avvenire senza contatto (goccioline infette dello starnuto
o tosse).
 La trasmissione diretta per contatto o per via aerea è quella seguita dai
microrganismi che si inattivano nell’ambiente.
 La trasmissione indiretta = avviene tramite veicoli o per mezzo di vettori.
- Veicoli: aria, acqua, alimenti, oggetti di uso.
Aria: veicola goccioline e li porta a distanza. (es. vaiolo e tubercolosi).
Acqua: veicolo di infezioni per le malattie a circuito fecale orale, congiuntiviti, lesioni
della pelle.
Alimenti: latte, creme, carni. Favoriscono la moltiplicazione di microrganismi (ostriche,
mitili) trasmettono epatite A, batteri del tifo e paratifo.
Oggetti in uso: stoviglie biancheria, giocattoli, possono fungere da veicoli, importanti
gli asciugamani (infezioni fecali orali).
Vettori: sono organismi animali che trasportano microrganismi.con il loro
movimento.
Rappresentati da organismi animali. Gli artropodi sono vettori di virus, gli insetti sono
vettori obbligati(zanzare, pidocchi, zecche, mosche).
-
6.2.3. CATENE DI CONTAGIO.
Lo studio delle catene di contagio sono importanti per l’elaborazione di strategie.
- Catena omogenea e omonima = Quando un microrganismo parassita in una sola specie,
tra gli uomini.
- Catena omogenea eteronima = quando si trasmette tra vertebrati ma razze
differenti (come la rabbia).
- Catena eterogenea omonima = per mezzo di un vettore (insetto) ma è esclusivamente
da uomo a uomo.
- Catena eterogenea eteronima = per mezzo di un vettore (insetto) ma l’infezione è
trasmessa tra animali e uomini.
6.3. FATTORI FAVORENTI LE INFEZIONI.
Fattori favorenti aumentano la possibilità di infezioni e di malattie. La loro conoscenza
è importante. Fattori favorenti possono essere individuali o ambientali.
6.3.1. FATTORI INDIVIDUALI.
Si possono distinguere:
 Fattori biologici  dovuti a diminuzione di meccanismi di difesa.
 Fattori comportamentali  dovuti ad una scarsa cura dell’igiene personale.
6.3.2. FATTORI AMBIENTALI.
Il basso livello socio economico espone al rischio di infezioni.
Affollamento trasmissione per via aerea di infezioni
Scarsità di acqua potabile e inquinamento fecale dell’ambiente
Smaltimento delle acque reflue urbane.
6.4. MODI DI COMPARSA DELLE MALATTIE INFETTIVE NELLA POPOLAZIONE.
La malattia infettiva può manifestarsi in forma:
- Epidemica.
- Endemica.
- Sporadica.
6.4.1. L’EPIDEMIA.
Più casi di malattia nella stessa popolazione in breve tempo con la stessa origine.
Esistono:
Episodi epidemici limitati (due o più persone in ambito familiare).
Episodi di epidemie esplosive (migliaia di casi).
Caso indice = primo caso di malattia ch eintroduce il contagio nel gruppo.
Caso secondario = tutti quelli che dal caso indice prendono origine.
Intervallo seriale = periodo di tempo che intercorre tra inizio del caso indice e inizio
del caso secondario.
6.4.2. ENDEMIA.
Quando l’agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione con
casi limitati.
Nell’endemicità si crea un equilibrio tra capacità diffusiva del microrganismo e
recettività della popolazione. (morbillo e rosolia presentano cicli poliennali).
6.4.3. SPORADICITA’.
Quando una malattia è assente da tempo e che non si trasmette ad altri individui,
rimanendo un caso isolato.
6.5. RILEVAMENTO DELLA FREQUENZA DELLE INFEZIONI.
Bisogna ricorrere ad indagini dirette:
indagini sierologiche (attraverso il rilevamento della percentuale di soggetti immuni in
diversi campioni di popolazione) e si conosce la prevalenza di infezione.
6.5.1. NOTIFICAZIONE OBBLIGATORIA.
Il medico deve dare notifica della malattia diffusiva e infettiva.
La notifica è presente nell’art. 253 del testo unico delle leggi sanitarie del 1934.
Esistono appositi moduli per la notifica fornendo tutte le notizie richieste.
6.5.2. ACCERTAMENTI DI LABORATORIO.
Gli accertamenti sono necessari per confermare la diagnosi clinica, bisognerebbe
anche isolare il caso. Effettuando prelievi, prima della terapia perché con la
somministrazione di antibiotici è impossibile isolare il microrganismo.
6.6. STORIA NATURALE DELLE MALATTIE INFETTIVE.
Le proprietà biologiche del microrganismo, la recettività dell’ospite, le caratteristiche
della popolazione determinano la storia naturale delle malattie infettive, il decorso
nel singolo e nella collettività.
I principali dati sono:
- periodo di incubazione.
- Periodo di contagiosità.
- Durata della malattia.
- Il rapporto malato infetti, quoziente di letalità, frequenza di ricadute, durata
di ricadute.
7. PRINCIPI GENERALI DI EPIDEMIOLOGIA DELLE
MALATTIE NON INFETTIVE.
Le malattie non infettive, non sono trasmissibili orizzontalmente.
7.1. EZIOLOGIA DELLE MALATTIE NON INFETTIVE.
Anche le malattie non infettive hanno agenti eziologici e fattori favorenti:
Gli agenti eziologici = cause.
Fattori favorenti = fattori rischio.
7.1.1. CAUSE E FATTORI CASUALI.
Come cause si distinguono: cause biologiche, cause chimiche, cause fisiche.
- Cause biologiche.
Sono due,
Cause genetiche malattie genetiche, cause cromosomiche e alterazioni di geni.
Cause biologico ambientali  allergeni naturali, pollini, peli, piume di animali, ecc.
- Cause chimiche.
Composti chimici che causano alterazioni patologiche nell’organismo.
Sono responsabili di intossicazioni e malattie acute croniche.
- Cause fisiche.
Calore, traumi, rumori, sono agenti fisici responsabili di malattie e di eventi patogeni.
Es: le morti per incidenti domestici, stradali, elevate temperature provocano la morte
di anziani, la sordità da rumore dovuta alla permanenza di luoghi come officine o
discoteche.
- fattori causali.
I fattori comportamentali che caratterizzano l’attuale stile di vita:
fumo di tabacco, consumo di alcolici, consumo eccessivo di alimenti.
- Fumo di sigaretta provoca l’80/90% di morti per cancro ai polmoni.
- l’alcol etilico provoca un’azione tossica che è causa dell’etilismo acuto, o cirrosi
epatica, cancro dell’apparato digerente.
- il consumo eccessivo di alimenti provoca il diabete, cardiopatia ischemica.
7.1.2. FATTORI DI RISCHIO.
Hanno variabili:
Biologiche obesità.
Comportamentali eccesso di velocità.
Ambientali  condizione dei veicoli, della strada.
7.1.3. FATTORI PROTETTIVI.
Alcune variabili costituzionali , comportamentali e ambientali sono associate con
minor rischio di insorgenza di certe malattie e sono considerati fattori di protezione.
- fra i comportamenti alimentari, nei riguardi nel cancro un al to consumo di fibre
e di beta-carotene
- fra i fattori ambientali, nei riguardi della cardiopatia ischemica, è dato dalla
classe socio economica elevata.
7.1.4. MALATTIE MONOCAUSALI.
Malattie non infettive determinate da una causa unica. L’intervento di fattori
personali ambientali è importante.
Anche se la causa della malattia è unica bisogna sempre individuare il fattore rischio.
7.1.5. MALATTIE PLURICAUSALI E MULTIFATTORIALI.
Che non hanno una causa unica. La malattia ha una rete di cause con il peso ed il ruolo
potogenetico spettante ad ogni fattore.
7.2. LE MALATTIE NON INFETTIVE NELLA POPOLAZIONE.
Possono presentarsi come le malattie infettive:
- casi epidemici (la tendenza all’aumento di frequenza nel tempo),
- casi endemici (sono la maggior parte di malattie non infettive. Esso è dovuto al
fatto che le cause, i fattori causali, e i fattori rischio sono stabilmente nella
popolazione).
- casi sporadici (raramente).
7.3. FREQUENZA DELLE MALATTIE NON INFETTIVE IN ITALIA.
I dati di mortalità hanno un grado di inesattezza..
Allo stato attuale le malattie no infettive sono responsabili della quasi totalità delle
morti.
La maggior parte delle morti è causata da malattie prevenibili: cardiopatia, ischemia,
tumori, broncopneumopatie croniche ostruttive, diabete, incidenti.
DEFINIZIONE E OBIETTIVI DELLA PREVENZIONE.
1.1. PROMOZIONE DELL ASALUTE E PREVENZIONE DELLE MALATTIE.
Il fine ideale della medicina e dell’igiene:
 ogni persona nasca sana e mantenga il proprio stato di salute al più alto livello
fino al naturale compimento della vita.
- La salute è un benessere fisico mentale e sociale.
- Il benessere dipende da tanti fattori che determinano la qualità della vita (reddito,
efficienza fisica, livello di istruzione, indice di livello di affollamento.
- la prevenzione impedisce l’insorgenza e la progressione di malattie.
Differenze tra:
- medicina clinica  ha il limitato compito di curare e guarire la persona, a ciò
provvede il medico terapista
- medicina di sanità pubblica  ha compiti più estesi, promuove la salute e previene le
malattie.
1.2. OBIETTIVI E METODI DELLA PREVENZIONE.
La prevenzione impedisce l’insorgenza delle malattie.
Esistono 3 tipi di prevenzione: primaria, secondarie e terziaria.
1.2.1. PREVENZIONE PRIMARIA.
Obiettivo = impedisce l’insorgenza della malattia.
 Produce una diminuzione del tasso di incidenza delle malattie e rimuove la causa
della malattia.
Es. la brucellosi= individuazione e abbattimento di tutti gli animali infetti.
 quando la causa della malattia non è sconosciuta si possono ottenere riduzioni di
incidenza agendo su fattori rischio.
Es. acqua inquinata= l’incidenza diminuirà dopo aver provveduto ad approvvigionare la
popolazione con acqua potabile clorata.
Metodologia della prevenzione primaria.
Metodi di intervento.
- Eugenetica. (consultori prematrimoniali per prevenire malattie infettive).
- Potenziamento delle capacità di difesa dell’organismo.
- Rimozione dei comportamenti nocivi.
- Induzione di comportamenti positivi.
- Interventi sull’ambiente di vita e di lavoro.
Per alcune malattie è sufficiente un solo tipo di intervento, per altre, diversi metodi.
- per le malattie non infettive si usano mezzi diversi, come tumori e malattie
cardiovascolari.
1.2.2. PREVENZIONE SECONDARIA.
Obiettivo = scoperta e guarigione di malattia prima che si manifesti clinicamente.
 La diagnosi precoce darà possibilità di guarigione definitiva. Determinando una
riduzione di mortalità.
Essa non riduce l’incidenza e non rimuove le cause.
- è necessario conoscere la storia naturale della malattia per prevedere l’evoluzione
(l’incubazione, la contagiosità, la durata della malattia, la letalità).
- le malattie infettive non si prestano alla prevenzione secondaria.
Metodologia della prevenzione secondaria.
L’inizio della terapia in fase preclinica richiede:
L’esame dello screening (selezione di coloro che sono malati ma non manifestano
sintomi di malattia.
Lo screening può essere:
- selettivo  su individui apparentemente sani ma con rischio di ammalare molto alto.
- massa  sull’intera popolazione esposta a rischio, si effettua quando il rischio di
incidenza che si vuol pervenire è elevata. (carcinoma alla mammella).
Obiettivo = diagnosi precoce di una singola malattia.
- Occorre valutare la malattia e la sua evoluzione,
- Ci vogliono efficaci sistemi di cura.
- L’esame deve essere rapido, sicuro, e poco costoso (perché effettuato su un
gran numero di persone).
- Il metodo devo essere sensibile e specifico (rilevare il maggior numero di
malattie)
Non dare un eccessivo numero di risposte falsamente positive, mancando alla
sensibilità e specificità si va incontro a 2 ordini:
 un test poco sensibile rileva solo una parte di soggetti positivi.
 Un test poco specifico segnala come malati, un numero eccessivo di soggetti che
non lo sono.
Si possono menzionare esami periodici di tipo selettivo:
- Carcinoma del grosso intestino (ricerca del sangue occulto nelle feci).
- Carcinoma alla cervice uterina (striscio cervicale e pap–test).
- Carcinoma alla mammella (mammografia).

1.2.3. PREVENZIONE TERZIARIA.
Obiettivo = impedire l’invalidità della persona gia ammalate di malattie croniche.
 È la riabilitazione.
Le attività di riabilitazione messe in atto precocemente servono per ottenere il
massimo recupero.
- ha importanza la riabilitazione fisica e l’assistenza psicologica nelle persone affette
da artropatie invalidanti.
1.3. OBIETTIVI STRATEGIE DELLA PREVENZIONE.
Gli obiettivi possono rappresentare traguardi, come:
- Proteggere il singolo individuo dalle malattie.
- Raggiungere il controllo delle malattie nella popolazione.
- Eliminare la malattia.
- Eradicare le malattie.
Solo per alcune malattie è possibile l’eradicazione.
1.3.1. PROTEZIONE INDIVIDUALE.
Attraverso la protezione dei singoli dalla malattia si raggiunge il controllo di essa sulla
popolazione.
è necessario il coinvolgimento delle persone nella prevenzione secondaria,
sottoponendolo allo screening.
- La prevenzione primaria e secondaria darà maggiore risultato se coinvolgerà
tutta la popolazione.
1.3.2. CONTROLO DELEL MALATTIE.
Significa = ridurre i casi di malattia con un intervento preventivo.
- per alcune malattie è sufficiente un singolo intervento di prevenzione.
-
1.3.3.ELIMINAZIONE DELEL MALATTIE.
Alcuni programmi di prevenzione possono diminuire (controllare) e poi far scomparire
(eliminare) casi di malattia in una popolazione.
Eliminazione = assenza di nuovi casi di malattia.
- nuovi casi di malattia possono presentarsi se non si rispettano le norme e le pratiche
preventive.
1.3.4. ERADICAZIONE DELLE MALATTIE.
Eradicazione di malattia = rimosso l’agente causale.
La malattia eradicata scompare per sempre, non esiste più una misura preventiva.
Non si presenteranno casi di malattia ne si presenteranno in futuro.
- esempio di malattia eradicata è il VAIOLO agente eziologico è scomparso dal
1979 grazie al programma di eradicazione dell’OMS.
Esiste l’eradicazione regionale e locale. Ma non è possibile smobilitare del tutto i
sistemi di prevenzione.
2 PREVENZIONE DELLE INFEZIONI.
Si distinguono la prevenzione primaria e secondaria, la terziaria è priva di importanza
per la maggior parte delle malattie infettive.
LA PREVENZIONE PRIMARIA DELE INFEZIONI.
Obiettivo = Evitare il contagio o evitare l’infezione
- per evitare il contagio bisogna evitare che il microrganismo abbia contatto con
l’ospite.
Si agisce sui serbatoi e sulle sorgenti, quindi sull’ambiente.
- per evitare l’infezione bisogna che l’agente patogeno si moltiplichi all’interno
dell’organismo.
Le strategie sono:
- Scoprire e rendere inattive le sorgenti di microrganismi.
- Interrompere la catena di trasmissione, modificando i fattori ambientali e i
comportamenti che la favoriscono.
- Aumentare le resistenze alle infezioni.
Per alcune malattie è sufficiente un solo tipo di prevenzione , per altre non è
sufficiente.
2.1.1. SCOPERTA E INATTIVAZIONE DELLE SORGENTI E DEI SERBATOI
D’INFEZIONE.
Se si individuassero tutte le sorgenti di infezione e le trasmissioni dirette e indirette
si otterrebbe la scomparsa delle malattie infettive.
La notifica è il primo atto per muovere una serie di interventi preventivi:
- Isolamento. (separazione del soggetto da altre persone)
- Contumacia. (obbligo di rimanere in un luogo per un periodo prescritto)
- Disinfezione e sterilizzazione. (distruggere ogni forma di microrganismo)
- Disinfestazione. (prevenzione di malattie causate da artropodi, insetti)
Isolamento e contumacia.
Contumacia = permanere in un luogo.
Isolamento = separare il soggetto da altre persone.
Se si ha il sospetto della malattia si porta il malato in ospedale, reparto malattie
infettive.
L’organizzazione dell’ospedale deve impedire il contagio.
La contumacia può essere nello stesso domicilio malato con stanza riservata e
assistenza.
L’isolamento solo in caso di contagiosità. Alcuni contagi posono sussistere anch edopo
la fine della malattia.
Per alcune malattie infettive p necessario la sorveglianza di contatti dei conviventi del
malato.
È prescritta la sorveglianza sanitaria = obbligo di sottoporsi al controllo dell’autorità
sanitaria.
Disinfezione e sterilizzazione.
La disinfezione = distrugge i microbi agenti di malattie infettive (attuata mediante
mezzi fisici o chimici).
- Pratica la prevenzione delle malattie infettive
La sterilizzazione = distrugge ogni forma vivente di microrganismo (le spore, patogeni,
commensali e saprofiti.
- evita l’introduzione dei microrganismi nell’intimità dei tessuti (aghi, siringhe, guanti,
ferri chirurgici).
Bisogna sapere le caratteristiche del microrganismo per poter scegliere un buon
disinfettante.
La disinfezione continua per tutto il tempo della malattia, dove sussistono secreti ed
escreti.
Al termine della malattia si attiva una disinfezione terminale con disinfettanti gassosi.
La disinfezione periodica avviene almeno una volta l’anno (scuole, asili, ospedali).
Disinfestazione.
Intervento di prevenzione di malattie causate da artropodi (insetti o crostacei), ma
anche contro ectoparassiti e piccoli animali nocivi e pericolosi.
La disinfestazione integrale = uccide tutti gli organismi viventi, da insetti a mammiferi
(topi) e si usa nelle navi, anche usati in agricoltura.
Scoperta e inattivazione dei portatori.
Quando si scopre un portatore bisogna istruirlo per evitare che possa contagiare.
Eradicazione dei serbatoi naturali.
Si può eliminare la malattia distruggendo i serbatoi naturali del microrganismo.
2.1.2. INTERRUZIONE DELLA CATENA DI TRASMISSIONE.
Per distruggere la catena di trasmissione occorre intervenire sui:
- fattori ambientali che favoriscono la diffusione. Bonifica dell’ambiente
- modificando i comportamenti della popolazione (educazione sanitaria).
Bonifica dell’ambiente.
Elimina i fattori che favoriscono la diffusione di malattie infettive. Ma si richiede
forte impegno e lunghi tempi per la loro realizzazione.
La bonifica dell’ambiente urbano = risanamento delle abitazioni malsane, (eliminazione
del sovraffollamento e della denutrizione
Modificazione dei comportamenti.
Un opportuno stile di vita riduce ed annulla il rischio di infezioni.
La prevenzione di malattie veneree è usare il preservativo.
Pulizia personale come lavarsi le mani.
Acquisire comportamenti positivi rientra nell’educazione sanitaria.
E non riguarda solo la sfera personale.
2.1.3. AUMENTO DELEL RESISTENZE ALLE INFEZIONI.
Obiettivo = avvenuto il contagio bisogna evitare l’infezione.
- Distruggere i microrganismi prima che si moltiplichino.
Questo può avvenire solo con
 Aumento delle difese dell’organismo.
 Somministrazioni di sostanze antimicrobiche.
Le difese si aumentano in modo
- aspecifico
- Immunoprofilassi (aumento di difese dell’organismo).
- Chemioprofilassi (aumento di antibiotici o chemioterapici).
Resistenze aspecifiche.
La cute e le mucose sono delle barriere contro i microrganismi saprofiti e commensali.
È da evitare l’uso di sostanze antisettiche per la pulizia della mucosa vaginale o della
mucosa faringea, esse provocano squilibri dei microrganismi residenti r facilitano
l’impianto dei patogeni.
Immunoprofilassi.
Obiettivo = aumento delle difese immunitarie.
La profilassi = insieme di regole e mezzi da usare per prevenire la malattia.
Attiva mediante vaccini
Passiva mediante inoculazioni (dentro l’organismo) di sieri immuni e immunoglobuline.
- immunoprofilassi attiva.
Essa si identifica con il vaccino che stimola il sistema immunitario.
- Il vaccino è efficiente dopo circe 3 settimane dalla somministrazione.
- La durata del vaccino può andare da un anno (influenzale) fino ed oltre i 20 e i 30
anni (poliomieliti, morbillo, rosolia).
- con il passare del tempo si ha un declino del tasso di anticorpi e si può ottenere il
richiamo dell’immunità con una dose detta 2richiamo”.
Vaccinare da piccoli con opportuni richiami.
- Vaccinazione post-esposizione = si effettua a persone che sono state punte da cose
infette, morse da animali per proteggerli dalla rabbia. Anche per proteggere
dall’epatite B.
- immunoprofilassi passiva.
Obiettivo = protezione rapida.
Con somministrazione di immunoglobuline umane (Ig) e sieri immuni di animali (sieri
eterologhi). Si sono rapidamente assorbiti e raggiungono l’efficacia entro 2-4 giorni.
Si usa per persone no vaccinate ma con grave rischio di infezione
- vantaggio rapidità di protezione passiva.
- svantaggio breve durata (4-6 settimane per le Ig perché omologhe e 2 settimane per
i sieri immuni eterologhi).
 La profilassi immunitaria passiva è l’intervento di emergenza per persone che
hanno trascurato incautamente il vaccino.
- immunoprofilassi attiva e passiva.
Somministrazione contemporanea di vaccino e di Ig.
Si ottiene:
- rapidamente la protezione passiva
e al declino si questa si ha
- l’immunità attiva di lunga durata del vaccino.
Chemioprofilassi primaria.
Obiettivo = impedisce lo sviluppo del processo infettivo distruggendo i microrganismi
eventualmente penetrati.
Consiste nella somministrazione di antibiotici a persone esposte al contagio. (in atto un
processo infettivo)
Es.
- penicillina per bambini venuti a contatto con malati di scarlattina.
- Assunzione di clorochina prima e durante e dopo un soggiorno in zona malarica
La somministrazione di chemioterapici e antibiotici
 protegge dall’infezione limitatamente al periodo durante il quale essa è attuata.
2.2. PREVENZIONE SECONDARIA DELLE INFEZIONI.
Obiettivo = impedisce che l’infezione evolva in malattia.
Le malattie hanno un periodo di incubazione breve che no so possono applicare metodi
di prevenzione secondaria come lo screening.
Eescludendo:
Tubercolosi con saggio di tubercolina ripetuto periodicamentee si osserva alla
tubercolina. Si effettua lo screening.
AIDS con un saggio sierologico per individuare soggetti con anticorpi anti-HIV. Si
effettua lo screening.
Chemioprofilassi secondaria
Obiettivo = estinguere il processo infettivo con una somministrazione prolungata.
Es. trattamento con isoniazide (per gli affetti da tubercolosi)
Si attua quando c’è un’infezione ma non si mostrano segni clinici
Rientrano nella chemioprofilassi secondaria:
- la profilassi delle recidive del reumatismo articolare acuto. (effettuando
penicillina).
- Trattamento precoce delle persone sieropositive per HIV. (somministrazione di
farmaci anti-HIV).
2.3. OBIETTIVI DELLA PREVENZIONE.
- Protezione individuale dalle malattie.
- Controllo delle infezioni.
- Eradicazione delle infezioni.
Sono tappe di un unico processo.
2.3.1. PROTEZIONE INDIVIDUALE DELLA INFEZIONI.
Le persone con alto grado di istruzione e alta disponibilità economica usano mezzi
preventivi.
La maggiro parte non sa procurarsi mezzi preventivi per ridurre i rischi.
- la vaccinazione offre massima protezione a livello individuale.
-
La scelta degli alimenti e delle bevande, diminuisce il rischio di infezioni
enteriche (febbre tifoide, salmonellosi, shigellosi).
2.3.2. CONTROLO DELLE INFEZIONI.
Obiettivo = ridurre l’incidenza della malattia fino all’eliminazione.
In Italia molte malattie infettive sono controllate grazie alla vaccinazione
obbligatoria.
 il controllo è avvenuto anche grazie ad interventi sui serbatoi e a misure di
bonifica degli alimenti e risanamento dell’ambiente.
2.3.3. ELIMINAZIONE DELLE INFEZIONI.
Dopo il controllo della malattia avviene l’eliminazione.
In Italia possono essere considerate eliminate la poliomielite e la difterite.
La poliomielite è prossima ad essere dichiarata eradicata.
 è necessaria una vaccinazione di massa per le due malattie perché potrebbero
essere importate da altre aree.
2.3.4. ERADICAZIONE DELLE INFEZIONI.
 scomparsa del microrganismo che è responsabile della malattia.
L’assenza di casi di malattia è la conseguenza dell’impossibilità che avvengano
infezioni.
 Le vaccinazioni di massa sono il mezzo più rapido per ottenere l’eradicazione.
Infezioni eradicate.
Unica malattia eradicata è il vaiolo.
L’OMS dichiarò eradicato il vaiolo nel 1980.
Parecchi paesi non registravano i casi di malattia.
Si eseguirono 2 strategie:
1. vaccinazione della popolazione per immunizzare almeno 80% della popolazione
dei paesi endemici.
2. segnalazione di nuovi casi con una rete di sorveglianza per poterli mettere in
isolamento e per poter vaccinare tutti i contatti.
Il costo del programma era di circa 1i2 milioni di dollari. Ma il mondo risparmia un
miliardo di dollari l’anno da quando non si effettua la vaccinazione antivaiolosa.
L’unico serbatoio del virus era l’uomo malato.
 un grave flagello è la malaria,
L’OMS ha attuato un programma di eradicazione globale dal 1955. Il programma era
basato sul trattamento delle abitazioni con il DDT.
Il programma ha raggiunto l’eradicazione regionale.
Il nostro paese aveva eradicato la rabbia con l’eliminazione dei serbatoi selvatici e la
vaccinazione di animali domestici e la lotta al randagismo ma dal 1977 l’infezione è
stata reintrodotta a causa di animali selvatici provenienti dall’Autralia.
Infezioni eradicabili.
Contro la difterite, la poliomielite, il morbillo, esistono vaccini che proteggono per
anni.
Questi microrganismi possono riprodursi solo nell’uomo.
 la crezione di uno stato di “immunità di massa” con vaccinazione e mantenimento
per alcuni anni porta all’estinzione dei microrganismi, come è avvenuto per il
vaiolo.
La difterite e la poliomielite sono state eliminate da diversi anni,
 la poliomielite è prossima all’eradicazione.
Se si effettuasse una vaccinazione su larga scala del morbillo, controllando la malattia
Si arriverebbe ad ottenere l’eradicazione in pochi anni.
3. MODALITA’ E MEZZI PER LA STERILIZZAZIONE, A
DISINFEZIONE E LA DISINFESTAZIONE.
3.1. STERILIZZAZIONE.
Obiettivo = distruzione di microrganismi patogeni e non patogeni.
Mezzi:
- Calore.
- Raggi ultravioletti.
- Raggi gamma.
- Sostanze chimiche (ossido di etilene)
Non sempre si distruggono le spore.
3.1. STERILIZZAZIONE CON CALORE.
Il calore altera le sostanze dei microrganismi.
Sensibili al calore sono:
- Virus.
- Miceti.
- Protozoi.
Le spore e i bacili resistono all’ebollizione e al vapore.
 Per la sterilizzazione può essere utilizzato:
Calore secco con la fiamma o calore umido come il vapore saturo.
- la tindazione uccide i microrganismi atemperature inferiori ai 100 °C.
- aria calda. (calore secco)
Obiettivo = uccidere le spore termoresistenti.
La sterilizzazione con aria calda deve avvenire con una temperatura di 180 °C per
almeno 30 minuti e 160 °C per ameno 60 minuti.
Si sterilizzano vetri di laboratorio, siringhe, aghi, strumenti in metallo e vetro.
- raggi infrarossi.(calore secco)
Sterilizzano in breve tempo. Siringhe e vetrerie.
- vapore saturo sotto pressione. (calore umido)
Con il calore umido si uccidono le spore a temperatura 121 °C per 15/30 minuti
Ciò avviene facendo bollire l’acqua in autoclave (caldaia chiusa ermeticamente)
importante che il vapore sia saturo(massima concentrazione)..
Per la sterilizzazione, l’acqua può essere portata fino a 134 °C.
- controllo della sterilizzazione.
Sia le stufe a secco che le autoclavi devono essere collaudate per controllare la loro
efficacia.
 si introducono delle spore batteriche e si può fare affidamento sull’autoclave o
sulla stufa a secco solo se le spore popola sterilizzazione non si sviluppano.
3.1.2. RAGGI ULTRAVIOLETTI (UV)
Vantaggi = danneggiano il DNA e l’azione antimicrobica è molto rapida.
Svantaggi = scarsa capacità di penetrazione, efficaci sono in superfici.
Si utilizza per sterilizzare:
- aria.
- Piani di appoggio.
Sono lesivi per le mucose e per la pelle  evitare presenza di persone.
3.1.3. RAGGI GAMMA.
Sono radiazioni ionizzanti ad azione sterilizzante.
Sono prodotti dal cobalto.
Si usa per sterilizzare materiale a perdere, (siringhe di plastica, cateteri, fili di
sutura) gia confezionati in busta. Quelli monouso.
3.1.4. STERILIZZAZIONE CON L’OSSIDO DI ETILENE.
Sterilizza strumenti medici.
Si usa con cautela:
- Irrita le mucose.
- Con l’aria forma miscele esplosive.
L’ossido di etilene è attivo contro tutti i microrganismi.
L’effetto sterilizzante dipende dalla concentrazione di gas, dal tempo, dalla
temperatura e umidità.
 ha una forte capacità di penetrazione.
Liberare o allontanare i residui di gas prima di utilizzare il materiale sterilizzato.
3.2. DISINFEZIONE E DISINFETTANTI.
Disinfezione = distrugge i microbi patogeni presenti.
La sterilizzazione, invece distrugge tutti i microbi.
- la scelta dell’agente disinfettante è scelta in base alla resistenza e conoscenza
biologica dei microbi che si vogliono distruggere.
3.2.1. RESISTENZA DEI MICRORGANISMI.
I microrganismi hanno caratteristiche diverse da una specie all’altra.
Le spore hanno una resistenza e sopportano l’azione degli agenti fisici e chimici,
rispetto agli altri microbi grazie ai loro involucri.
3.2.2. MODALITA’ D’AZIONE DEI DISINFETTANTI.
- Il calore coagula le proteine.
- Alcoli, fenolo, alterano lo stato colloidale del protoplasma batterico.
- Disinfettanti chimici agiscono sulle proteine enzimatiche. E sulla membrana cellulare.
- i disinfettanti agiscono meno sui virus.
Alcune sostanze disinfettanti non sono utilizzabili per la disinfezione di prodotti
organici (feci, escreato, essudati) perché i microrganismi sono protetti (sono protetti
da materiale organico) e sono sottratti ai disinfettanti chimici.
3.2.3. DISINFEZIONI CON AGENTI FISICI.
Si possono utilizzare le stesse cose per la sterilizzazione (aria calda, calore, stufe
autoclave) ma a temperature più basse.
 per disinfettare oggetti di vario genere basta immergerli in acqua bollente per
5 minuti.
( si distruggono i batteri patogeni e virus, escluso il virus dell’epatite B che ha bisogno
di una ebollizione di 10 minuti)
3.2.4. ANTISETTICI E DISINFETTANTI CHIMICI. (BIOCIDI)
I biocidi agiscono in modo non selettivo contro  virus, batteri, protozoi e miceti, ma
non possono essere introdotti nell’organismo perché molto lesivi..
I biociti sono:
 antisettici  inattivano microrganismi sulla superficie corporea
 disinfettanti  inattivano microrganismi presenti nell’ambiente.
I costi sono contenuti. Sono in concentrazione più elevata rispetto agli antibiotici.
I disinfettanti più usati sono:
 ALOGENI  il bromo(poco utilizzato), cloro (tossico se inalato) e iodio o
povidone-iodio (utilizzato allo stato molecolare)
- sono utilizzati per la disinfezione di acque, biancherie, cute, e ambienti.

ALCOLI  alcol etilico (etanolo), alcol isopropilico e alcoli anidri (70%) hanno
effetto battericida grazie all’azione denaturante,
- usati per termometri, cute, disinfettanti quando sono diluiti in acqua al 5060% è scarsa al 70%

ALDEIDI  aldeide formica in forma gassosa È attiva su microbi e spore. La
formaldeide (con vapore acqueo) aumenta la penetrazione, la glutaraldeide è
uguale alla formaldeide ma è meno irritante.
- usata per ambienti chiusi o oggetti delicati o mucose .

FENOLI  Lister introduce il fenolo puro per la chirurgia dell’antisepsi (prima
dell’infezione contro l’infezione): acido fenico, fenolo o acido fonico, cresolo
grezzo acidi cresilici. L’attività è assai scarsa sui virus, alcuni fenoli agiscono sui
miceti. Quelli con elevata capacità sono i fenilfeloni e fennoli alogenati
– usato per disinfettare mani, oggetti e superfici.

DETERGENTI SINTETICI  detergenti non ionici o anionici hanno scarso
potere disinfettante (comuni detersivi). I detergenti cationici hanno un limitato
effetto detergente ma sono disinfettanti. (le sostanze organiche di saponi e
detergenti interferisce con l’attività antibatterica)
– usati in campo medico e nell’industria alimentare (non sono tossici)

SAPONI  formati da sali e acidi oleico, palmitico e stearico. Si producono
trattando grassi animali o vegetali con idrato di sodio (saponi duri) o con idrato
di potassio (saponi molli).
– si usano come azione sgrassante e detersiva, alcuni hanno azione antibatterica
e disinfettanti.

PEROSSIDI  Acqua ossigenata (perossido di idrogeno), è un prodotto innocuo
– usata per l’antisepsi e la disinfezione.
Acido peracerico è più potente dell’acqua ossigenata, attivo a bassa
concentrazione
- usato contro virus batteri miceti e spore e per la sterilizzazione di materiale
medico.

BIGUANIDI (CLOREXIDINA)  disinfettante contro i Gampositivi e
Gramnegativi, non contro le spore
– si usa per disinfettare la pelle, pavimenti e superfici varie, è anche in pomata
e polvere, la usano i medici per la decontaminazione delle mani.

ESSENZE VEGETALI  come quelle derivate dagli agrumi hanno un’attività
antibatterica.
3.2.5. ALCUNE APPLICAZIONE DEI DISINFETTANTI.
Disinfezione di strumentario medico
Con l’autoclave e ossido di etilene per il materiale medico,
alcol per il termometro.
Endoscopi con glutraldeide (aldeidi).
Stoviglie e posate
Con acqua superiore a 80°C oppure si procede alla bollitura per 30 minuti. O
detergenti cationici.
Biancherie e coperte.
In lavatrice a 90°C per 15 minuti con prodotti che liberano il cloro.
Per tessuti in nylon che non sopportano le alte temperature si ricorre ai disinfettanti
chimici.
Materassi e letti.
Con vapori di formaldeide oppure spruzzati con formalina, le stesse soluzioni per i
telai.
Feci e urina
Con disinfettanti adatti (cresolo) in volume doppio per le feci e in pari volume per le
urine. Si fa agire per 2 ore.
Per le padelle, pappagalli una volta svuotati c’è un’immersione prolungata in soluzioni di
ipocloriti,
Queste soluzioni anche per pulire i bagni, docce, gabinetti ecc
Ambienti e superfici.
Per la disinfezione di pavimenti si usano soluzioni di ipocloriti o soluzioni saponose di
formaldeide. L’ambiente con vapori di formalina.
Più pratico è l’uso di iodoformi.
3.2.6. L’ANTISEPSI. (ANTISETTICI)
L’antisepsi inattiva i microrganismi. Con gli antisettici si raggiunge la sterilizzazione
corporea.
La decontaminazione delle mani. (antisepsi).
Si ricorre al lavaggio con sapone dalle dita al gomito.
- si usano alcoli, povidone-iodio, clorexidina, composti di ammodio quaternario.
Decontaminazione della cute (antisepsi).
Per la decontaminazione si usano soluzioni colorate dotate di potere battericida.
- si usano alcol iodato, povidone-iodio, clorexidina, esaclorofene.
Mucose.
Si puliscono con garza umida, evitare gli antisettici.
Ferite.
Vanno deterse con soluzioni fisiologiche.
Vanno rimossi tessuti necrotici o devitalizzati, non si usano gli antisettici
(controproducenti)
- si usano soluzioni di clorexidina
3.3. DISINFESTAZIONE
Alcuni gas tossici hanno azione letale su insetti e roditori.
Pericolosi per l’uomo sono usati in casi particolari, come sulle navi.
- Per gli insetti vettori, nocivi e fastidiosi si usano  sostanze insetticide.
- Per i ratti si usano  preparati rodenticidi.
3.3.1. INSETTICIDI.
Si usano mediante pompe erogatrici, si usano bombolette spray.

pietrine naturali. Eliminano gli insetti presenti. Non sono tossici per l’uomo e per
gli animali domestici.
- si usano negli ambienti domestici.

Composti organici clorurati. Il DDT– si usa in campo sanitario.
Esiste poi il DDD, metossi DDT e il lindano in campo domestico

Composti organici fosforiti. Usati in agricoltura, sono tossici per l’uomo.
Agiscono per contatto o ingestione.

Carbammati. Bassa tossicità, usati in ambiente domestico,
- il propoxur contro scarafaggi
- sevin contro zanzare e pidocchi.

Tecniche alternative contro insetti. gli insetticidi sono efficaci ma uccidono gli
insetti utili.
- Un’alternativa è allevare insetti e renderli sterili per avere una riduzione di
popolazione.
– la lotta biologica si basa sull’azione di insetti predatori di alcuni insetti nocivi.
3.3.2. RODENTICIDI.
I topi sono serbatoi di microbi patogeni per l’uomo provocano danno e consumano gli
alimenti.
Esistono tre specie di topi:
- Grigio, nelle fogne
- Nero, nei solai e delle navi
- Domestico, nelle abitazioni
Alcuni rodenticidi alla prima dose sono letali,
Sono pericolosi anche per l’uomo. Altri sono specifici per il topo.
- scilla. Agisce su topi che non hanno il riflesso del vomito (azione emetica),
efficace solo per il topo grigio.
- ANTU. Innocua per l’uomo, agisce sul topo grigio e per i sopravvissuti sviluppa
tolleranza e repulsione
- Norbormide, innocua per l’uomo e agisce sul topo grigio.
Esistono rodenticidi ad azione cumulativa.
- warfarin.
- Cumarolo.
- Cumaforil.
4 VACCINI, IMUNOGLOBULINE, SIERI IMMUNI.
4.1. I VACCINI.
Vaccini sono preparati biologici che inducono uno stato di immunità attiva per
determinati microrganismi patogeni che producono infezioni.
Agiscono in modo naturale e sono innocui ed efficaci.
 il primo vaccino fu l’antivaiolo (di Edward Jenner fine 700). Nel 1979 il vaiolo fu
eradicato.
Louis Paster nel 1980 con i suoi studi di immunizzazione attiva contro malattie
infettive ad avere l’idea di:
 provocare una malattia in miniatura, in grado di stimolare le difese immunitarie
come l’infezione naturale, senza provocare le conseguenze negative che produce
la stessa malattia.
4.1.1. COSTITUZIONE DI VACCINI.
Dopo i vaccini costituiti da microrganismi vivi con virulenza attenuata,
sono stati messi a punto diversi vaccini:
- microrganismi vivi attenuati.
Sono costituiti da virus o batteri che mantengono la capacità di moltiplicarsi ma non
provocano la malattia,
- usati: per morbillo, parotite, rosolia (MRP), tubercolosi, poliomielite, febbre tifoide
- obiettivo: stimolare le difese immunitarie
- Microrganismi uccisi.
Detti anche vaccini inattivati.
Sono costituiti da virus e batteri uccisi con mezzi fisici o chimici che rispettano
l’integrità antigenica.
- usati: viraliantirabbico, antinfluenzale, antipolio di Salk,
quelli batterici  contro pertosse, anticolerico, antitifico-paratifico (ma meglio i
vaccini vivi)
- Fazioni di microrganismi.
I vaccini SPLIT: sono costituiti da virus frammentati ma senza purificazioni degli
antigeni protettivi, sono meno reattogeni e sufficientemente immunogeni.
- Agenti microbici purificati.
Per alcuni microrganismi sono importanti certi antigeni che svolgono un ruolo
fondamentale per la loro virulenza.
Obiettivo: gli antigeni stimolano le difese immunitarie dell’ospite.
- l’impiego di questi antigeni offre il vantaggio di utilizzare vaccini purificati e ridurre
gli effetti indesiderati.
- sono usati: antimeningococco, antipneumococco, antipertosse, antiepatite B,
antitifico
- Anatossine (tossoidi).
Le esotossine di alcuni microrganismi (tetano, difterite) perdono la loro tossicità
mantenendo il potere antigene.
Sono inoculati allo stato liquido.
- Vaccini antiidiotipo.
I determinanti idiotipici stimolano le produzioni di anticorpi.
- Gli anticorpi antiidiotipo minano l’antigene originale, sostituendolo nei processi di
immunizzazione.
- non suscitano reazioni collaterali tossiche o allergiche
- Vaccini da manipolazione genetica.
Le tecniche del DNA ricombinante sono utilizzate per individuare i determinanti
genetici degli antigeni protettivi dei virus , batteri, protozoi, clonarli e produrli in
gran quantità in un sistema ospite di facile moltiplicazione.
- usato con questo metodo: il vaccino contro l’epatite B è stato clonato l’antigene
HBsAg nel lievito Saccharomyces cerevisiae
- i chimerici (con manipolazioni genetiche),
sono costituiti da: virus e batteri attenuati manipolati geneticamente inserendo nel
loro DNA i geni che codificano la produzione di antigeni protettivi propri di altri
patogeni.
Il risultato è  ottenere vaccini vivi ricombinati.
Innocuità ed efficacia sono in fase di studio
4.1.2. VIE E MODALITA’ DI SOMMINISTRAZIONE.
I vaccini sono somministrati per via orale o inoculati.
 Per via orale: i vaccini attenuati (antipolio di Sabin e antitificoTy21a) perché si
riproducono nella mucosa intestinale e stimolano l’immunità locale.
- Protegge dalle infezioni naturali e impedisce l’attecchimento dei patogeni.
 Per via parentale (inoculazione), per via sottocutanea (deltoide), intramuscolare
(deltoide adulti, coscia i bambini) e intradermica., per
Per i vaccini con microrganismi vivi attenuati è sufficiente una sola inoculazione.
4.1.3. VACCINI CMBINATI E VACCINAZIONI COMBINATE.
Il sistema immunitario riconoscere e reagisce ai diversi antigeni.
È possibile somministrare più vaccini combinati assieme.
- in uso:
Vaccino trivalente contro difterite tetano e pertosse (DTP).
Vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia (MPR).
Vaccino polivalente antimeningococcico.
Vaccino polivalente antipneumococcico.
Se i vaccini no possono essere combinati, si può effettuare la somministrazione nella
stessa seduta.
4.1.4. INNOCUITA’ ED EFFICACIA.
- innocuità incapacità di causare la malattia di cui sono responsabili i
corrispondenti microrganismi virulenti.
- Efficacia valutata in rapporto alla risposta anticorporale.
La prova migliore dell’efficacia di un vaccino si ottiene:
valutando la sua capacità protettiva cioè la capacità del vaccino di proteggere
dalla malattia.
4.1.5. REAZIONI INDESIDERATE.
Alcuni vaccini provocano delle reazioni locali o reazioni generali.
- Le reazioni locali sono dovute a componenti tossiche e comportano:
- Gonfiore.
- Arrossamento.
- Dolenza.
- Febbre, di breve durata,
Sono frequenti con vaccini costituiti da batteri uccisi o DTP.
- Reazioni allergiche (dall’orticaria allo shock anafilattico),
sono causati da residui di proteine estranee, antibiotico o sostanze stabilizzanti.
Sono reazioni rare, basta comunque informarsi sulla ipersensibilità del vaccinando.
- Reazioni neurologiche sono del tutto eccezionali, come: encefalite o paralisi
postvaccinali.
4.1.6. CONTROINDICAZIONI.
I vaccini sono farmaci di elevata sicurezza e le controindicazioni sono poche.
- non vanno somministrati a soggetti sottoposti a terapie immunosoppressive.
- I vaccini vivi somministrati in caso di necessità in gravidanza o a persone con
deficienze immunitarie.
- Le vaccinazioni a soggetti con malattie acute febbrili saranno rimandate dopo la
guarigione.
- Il vaccino antinfluenzale non sarà somministrato a persone allergiche a uova.
4.1.7. FALSE CONTROINDICAZIONI.
Alcune condizioni sono erroneamente ritenute controindicazioni.
Esse, non solo, non ostacolano la vaccinazione, ma spesso sono un motivo di più per
vaccinare.
- allergia alla penicillina
- malattie neurologiche non evolutive.
- Infezione da HIV.
- Gravidanza della madre o di altra donna nel nucleo familiare.
4.1.8. STRATEGIE D’IMPIEGO DEI VACCINI.
I vaccini in uso mostrano un’efficacia superiore al 90%.
Quando la popolazione è vaccinata più del 80% avviene ‘immunità di massa
 la catena di trasmissione verrà spezzata da individui immuni.
Le vaccinazioni di massa forniscono il massimo rendimento
- il fine di controllo ed eradicazione delle relative infezioni.
Alcuni vaccini sono somministrati ai bambini perché le corrispondenti malattie sono
frequenti nell’infanzia.
Un’applicazione selettiva è quella che si fa del vaccino contro la rosolia: si fa per
immunizzare le bambine, poco prima della pubertà, per prevenire le malformazioni da
infezioni congenite nei futuri concepimenti.
4.1.9. VACCINAZIONE OBBLIGATORIE E VACCINAZIONI CONSIGLIATE.
Alcune vaccinazioni sono obbligatorie in Italia.
 Vaccini contro: poliomielite, difterite, tetano, epatite virale B.
Obbligatori per tutti i bambini, a partire dal terzo mese di vita.
il vaccino trivalente di Sabin, il vaccino trivalente di Salk, le anatossine
combinate antidifterica ed antitetanica (DT), associate al vaccino non
obbligatorio, ma consigliato, contro la pertosse(DTP), antigene HBsAg
(prodotto con tecniche del DNA ricombinante).
La prima dose ci ciascun vaccino va somministrata al 3° mese, la seconda al 5°, la terza
al 12° successive dosi vanno somministrate al 3° anno (antipolio trivalente) e al 5°-6°
anno (difterite-tetano).

 vaccino contro il morbillo, parotite, rosolia (MPR).
È una vaccinazione consigliata, non obbligatoria, da effettuarsi nell’infanzia e può
essere praticata a 13-15 mesi di vita.
-le vaccinazioni obbligatorie sono per alcune categorie di persone
 l’antitifica, antimeningococcica.
Per i militari di leva.
 antitifo-paratifica, antitetanica.
Per alcuni tipi di lavoratori.
 antitubercolare con BCG
per soggetti tubercolino-negativi e studenti di medicina.
4.1.10. EFFICACIA DELLA VACCINAZIONE OBBLIGATORIA.
Efficacia dei vaccini contro difterite, tetano, poliomielite e epatite B sono ormai
assodati in base a scale mondiali.
L’uso estensivo del vaccino antidifterico e del vaccino antipolio ha portato
all’eliminazione delle rispettive malattie gia nel 1994.
Anche il vaccino antitetanico ha protetto efficacemente tutti coloro che sono stati
vaccinati-> è stato reso obbligatori dal 1968.
Per l’efficienza del vaccino contro l’epatite B si vedrà quando i vaccinati arriveranno
all’età di esposizione del rischio di infezione.
4.1.11. CALENDARIO DI VACCINAZIONI.
Per uniformare il programma di immunizzazione di tutti i bambini, sono state stabilite
le età in cui vanno somministrate le diverse dosi di vaccini obbligatori e consigliati.
 il rispettare garantisce il minimo di reazione e il massimo di efficacia.
Calendario delle vaccinazioni.
Età
vaccinazioni obbligatorie
–
vaccinazioni consigliate.
2°-3° mesi
DT Polio Salk HB
DTPa – HB - Polio Salk - Hib
3°-4° mesi
//
//
11°-12° mesi
//
DTPa –HB – Hib Polio Sabin
12°-15° mesi
MPR
3° anno
Polio Sabin
5°-6° anno
DT
5°-12° anno
MPR
11°-12° anno
HB (per i non vaccinati)
11°-12° anno
Td
DT = anatossine associate antidifterica e antitetanica
Polio Salk = vaccino antipolio trivalente a virus uccisi, per via parentale
HB = vaccino antiepatite B
Polio Sabin = vaccino antipolio trivalente con virus vivi, per via orale
DTPa – HB – Polio Salk – Hib.= vaccino combinato esavalente contro: difterite, tetano, pertosse
(acellulare), epatite B, polio (trivalente di Salk), Haemophilus influenzae di tipo b.
MRP = vaccino triplo contro morbillo, parotite e rosolia.
Td = anatossina tetanica a dosaggio pieno e anatossina difterica a basso dosaggio (per adulti).
Il calendario è stato organizzato per ottenere quanto più precocemente possibile la
protezione dalle malattie più frequenti in infanzia. Il richiamo dell’epatite e della MPR
serve per assicurare l’immunità alle soglie della pubertà.
4.2. IMMUNOGLUBULINE (IG.
 Sono preparati biologici ottenuti dal plasma umano mediante frazionamento a
freddo con etanolo.
Le IG non possono trasmettere virus.
Esitono:
 Immunoglobuline normali  ottenute con il frazionamento di mescolanze di
plasma provenienti da un elevato numero d i donatori (1000).
Sicuri della presenza di anticorpi contro i microrganismi che causano infezioni
molto frequenti,
- la maggior parte della gente è immunizzata naturalmente.
 Immunoglobuline iperimmuni  ottenute dal plasma di donatori che possiedono
un elevato tasso di anticorpi verso un microrganismo, o per aver superato
un’infezione naturale, o vaccinati di recente. – usate contro il morbillo, rosolia,
parotite, virus della varicella – zoster, epatite b, rabbia, tetano.
4.2.3. REAZIONI INDESIDERATE.
Reazioni sono rare.
Le reazioni locali si possono avere quando si inoculano grossi volumi per via
intramuscolare.
Reazioni anafilattiche si possono avere dopo una somministrazione endovena in
soggetti con ipogammaglobulinemia.
Reazioni sistemiche si possono presentare dopo alcune ore o qualche giorno ,ogni 500
o 100 inoculazioni, consistenti in artralgie, febbre e diarrea.
4.2.4. MODALITA’ DI SOMMNISTRAZIONE E DURATA DELLA PROTEZIONE.
Le IG vanno somministrate per via intramuscolare, ad eccezione nel trattamento
sostitutivo delle sindromi da carenza di anticorpi (agammaglobulinemia e
ipogammaglobulinemia primitive e secondarie) si ricorre alla somministrazione
endovena.
Nelle somministrazioni intramuscolo,
Le IG raggiungono la massima concentrazione nel sangue dopo 2-4 giorni
Le IG sono eliminate dall’organismo in modo lento e uniforme in un tempo di
dimezzamento di 25 giorni.
Con le dosi somministrate comunemente, la durata della protezione e di 4-6 settimane.
4.3. I SIERI IMMUNI ETEROLOGHI.
Sono preparati immunizzando animali di grossa taglia (cavalli).
Questi sieri sono inoculati per via intramuscolare.
Raggiungono la massima concentrazione nel sangue dopo 2-3 giorni.
La concentrazione decresce lentamente nel corso della prima settimana (eliminazione
metabolica
più velocemente nel corso della seconda settimana (eliminazione immunitaria a causa
della formazione di anticorpi antiproteine eterologhe da parte dell’organismo
ricevente).
La protezione non dura più di 2 settimane.
4.3.1. MALATTIA DA SIERO E SHOCK ANAFILATTICO.
- La malattia da siero si manifesta dopo 7-12 giorni dall’inoculazione di siero in un
individuo che non ha mai ricevuto precedenti dosi,
si presenta con:
- Orticaria.
- Edemi (liquidi organici nei tessuti).
- Dolori articolari.
- Adenopatie. (formazioni di adenoidi nel naso e nella faringe)
- Febbre.
- Lo shock anafilattico si manifesta dopo pochi minuti o massimo 2 ore dalla nuova
inoculazione di siero solo in individui che hanno gia subito precedenti inoculazioni.
Si presenta con:
- Dispnea (difficoltà di respirazione) da broncocostrizione.
- Collasso cardiocircolatorio
Che possono indurre alla morte se non si è pronti ad inoculare adrenalina.
5 PREVENZIONE DELLE MALATTIE NON INFETTIVE.
Gli obiettivi e i principi sono gli stessi della prevenzione delle malattie infettive.
- cambiano le metodologie di intervento,
i 2 gruppi di malattie differenziano sul piano eziologico, alcuni aspetti epidemiologici e
sulla storia naturale.
Le malattie infettive sono causate da agenti biologici trasmissibili.
Malattie non infettive sono una varietà di eventi patologici.
5.1. PREVENZIONE PRIMARIA.
Obiettivo: impedire l’insorgenza della malattia.
- attraverso la rimozione della causa e la riduzione del rischio.
Quando non è noto l’agente causale unico, la prevenzione sarà rivolta alla rimozione di
uno o più fattori causali e dei fattori rischio noti.
5.1.1. QUANTIFICAZIONE DEGLI EFFETTI.
È importante prevedere quali saranno i risultati di un dato intervento.
- la definizione in termini quantitativi dei vantaggi  serve a valutare la convenienza
di quell’intervento rispetto ad altri.
La quantificazione può essere fatta in diversi livelli.
- nel modo più semplice, si fa riferimento al rischio attribuibile ai vari fattori noti per
le diverse malattie ipotizzando che alla rimozione di uno di essi verrà meno la
morbosità e la mortalità che esso determina,
es. diminuire il fumo di sigaretta può evitare il cancro ai polmoni.
Per una quantificazione più attendibile bisogna considerare alcune varianti: età, tempo
di durata di esposizione al fattore rischio, e il danno da esso già prodotto, effettiva
riduzione del fattore.
5.1.2. STRATEGIE.
Le strategie della prevenzione primaria sono: (in parte diversi dalle infezioni).
- rimuovere le cause.
- Eliminare i fattori rischio.
- Proteggere dagli effetti i soggetti esposti.
Le strategie si articolano in una serie di interventi.
Alcuni di competenza dei medici, altri di competenza delle pubbliche autorità, altri
sono di competenza individuali.
5.1.3. METODOLOGIE.
Eliminazione, riduzione delle cause e dei fattori di rischio e protezione dai loro
effetti possono essere ottenuti con delle metodologie.
 eugenetica.
L’individuazione delle coppie a rischio di trasmissione delle malattie ereditarie può
essere fatta attraverso un consultorio genetico, la sua attività rientra nella
prevenzione primaria quando una coppia a rischio rinuncia liberamente alla
procreazione.
(l’interruzione della gravidanza per malattia genetica non è considerata una
prevenzione, la soppressione del feto non rientra nel concetti di medicina preventiva).
 Potenziamento delle capacità di difesa dell’organismo. (Profilassi immunitaria).
La possibilità di aumentare le difese immunitarie nel caso di malattie non infettive, e
molto scarsa.
Es: - aumentare il fluoro nell’acqua  contro la carie
- integrazione di vitamine A, il suo precursore beta-carotene, e vitamine C ed E
 contro il cancro.
 Abbandono ad abitudini nocive e adozione di comportamenti positivi.
Le cause di morte nei paesi sviluppati sono costituite da malattie croniche e traumi. Le
malattie cardiovascolari, i tumori, le broncopneumopatie croniche ostruttive, il
diabete e gli incidenti. Le artopatie croniche e la carie dentale sono causa di invalidità.
Per tutte queste malattie i fattori rischio gli stili di vita:
- fumo di sigaretta.
- Abuso di alcol.
- Alimentazione eccessiva.
- Sedentarietà.
- Comportamenti imprudenti nella guida di autoveicoli.
Conoscere i fattori rischio è importante.. no è facile però che la popolazione
abbandono alcuni comportamenti consolidati nel tempo, rinunziando alla gratificazione
che si ottiene da alcuni di essi.
L’abbandono di comportamenti nocivi richiede un impegno personale attivo, quotidiano
e prolungato.
Per ottenere il cambiamento dei comportamenti in relazione con la salute si può fare
ricorso ai seguenti mezzi:
- Emanazione di norme di legge. Oltre ad imporre o a proibire, gli interventi di
legge possono mirare a scoraggiare o favorire determinati comportamenti.
Il divieto di pubblicizzare le sigarette e il tabacco e ne dichiara la pericolosità
sugli involucri ha lo scopo di scoraggiare il consumo.
Gli interventi legislativi che concedono contributi per le facilitare gli agricoltori
per le produzioni di olio d’oliva e di agrumi perché il loro consumo giova alla
salute.
- Tecniche pubblicitarie.  Attraverso slogan, spot, immagini per promuovere
determinati comportamenti o scoraggiarne altri, (il potere della pubblicità)
- Educazione sanitaria.  Mettere ogni persona in condizione di scegliere
coscientemente il proprio stile di vita evitando comportanti nocivi e, adottando
quelli vantaggiosi. Con informazioni sulla salute, motivazioni per operare
opportune scelte, servizi sociali, consultori, d’igiene, e sostegno sociale
- Pressione sociale.  alcuni comportamenti erano visti con indulgenza e non con
simpatia. Oggi l’opinione pubblica ed è informata, nasce la riprovazione sociale
nei riguardi di chi mette a rischio la propria vita e l’incolumità altrui. La
riprovazione sociale può costituire un freno per la loro assunzione e un incentivo
per il loro abbandono.
 Interventi sull’ambiente di vita e di lavoro.
La prevenzione basata su interventi ambientali richiede un forte impegno pubblico a
livello politico, legislativo, tecnico, economico e amministrativo.
Obiettivo = eliminazione di fattori rischio nell’ambiente di vita (domestico, urbano,
extraurbano) e nell’ambiente di lavoro.
- ambiente di vita.  Il miglioramento della qualità dell’ambiente promuove il
benessere fisico mentale e sociale della popolazione. Esso rimuove cause
specifiche di morbosità e di mortalità che possono essere evitati con norme di
sicurezza nella progettazione e costruzione degli edifici. Riducendo il tasso di
-
inquinamento con opportune regolamentazioni di riscaldamento, incremento dei
trasporti pubblici, ferroviari e razionalizzazione del traffico.
Ambiente di lavoro.  la prevenzione delle malattie professionali può essere
attenuata con l’eliminazione dell’esposizione a tali fattori o con la sua riduzione
entro i limiti dell’innocuità. Es. escludere le sostanze nocive.
Secondo questo principio è stata ottenuta la prevenzione dell’asbestosi e del
mesotelioma da asbesto.
Sostituire nei laboratori di analisi i saggi radioimmunologici con altre metodiche
che non impieghino sostanze radioattive.
L’accertamento della salubrità dell’ambiente di lavoro spetta ai Servizi di
Igiene e Medicina del lavoro dell’USL ed ai Servizi multizonali di prevenzione
questi ultimi effettuano i controlli strumentali per la verifica dell’assenza di
sostanze nocive e per il rispetto dei TLV nell’aria.
5.2. PREVENZIONE SECONDARIA.
Si effettua con lo screening di massa e lo screening di gruppi a rischio.
5.2.1. SCREENING DI MASSA.
Le caratteristi che delel malattie suscettibili alla prevenzione secondaria allo
screening di massa sono:
- le malattie che hanno un periodo di latenza sufficiente per la loro scoperta.
- Esistono test di screening per renderli accettabili alla popolazione e adatti
all’applicazione di massa.
- L’intervento terapeutico in fasi preclinica è molto efficace e porta alla
guarigione definitiva della malattia.
- La terapia iniziale dopo la manifestazione del sintomo è spesso inefficace.
* Un primo gruppo è costituito da malattie congenite come l’ipotiroidismo congenito e
la fenichetonuria.
La conseguenza è il mancato sviluppo del bambino, che invece avviene normalmente se
la terapia è instaurata entro pochi giorni dalla nascita.
Lo screening deve essere fatto su tutti i neonati immediatamente dopo la nascita.
 prelevando alcune gocce di sangue mediante puntura del tallone, facendole
assorbire su dischetti di carta BIBULA e inviandole a un centro di analisi specializzato
che provvede a rilevare le eventuali anomalie con metodi rapidi e poco costosi.
Il vantaggio per il singolo neonato ammalato è uno sviluppo mentale e fisico del tutto
normale.
Il vantaggio per la collettività è il risparmio economico, dato che la spesa dello
screening è fino a 6 volte inferiore alle spese per l’assistenza.
* un altro gruppo di malattie suscettibili di efficace prevenzione secondarie è
costituito dai tumori della mammella, della cervice uterina e del colon retto.
Hanno un lungo periodo di latenza durante il quale è possibile la diagnosi precoce con
adatti test:
- la mammografia.
- Il pap test.
- La ricerca del sangue occulto delle feci.
I tre tumori presentano elevati tassi di incidenza, prevalenza e mortalità in tutti i
paesi sviluppati e no vi sono chiare possibilità di prevenzione primaria.
- Lo screening del cancro alla mammella è raccomandato a tutte le donne
mediante mammografia effettuata ogni 2 anni dopo i 40 anni e ogni anno dopo i
50 anni.
- Il pap-test (esame citologico dello striscio vaginale), per la diagnosi precoce del
cancro del collo dell’utero è raccomandato a tutte le donne dopo i 25 anni di
età; esso va ripetuto ogni 3 anni, dopo i primi 2 test verranno effettuati a
distanza di un anno l’uno dall’altro.
La mammografia ed il pap test riducono significativamente il rischio individuale dei
morti per cancro alla mammella e del collo dell’utero. Essi sono in grado di ridurr eil
tasso di mortalità specifica per i 2 tumori nella popolazione femminile, e con
distinzione che tutta la popolazione bersaglio si sottoponga periodicamente allo
screening.
5.2.2. SCREENIGN IN GRUPPI RISCHIO.
I gruppi con elevato rischio di contrarre determinate malattie sono i lavoratori che
sono esposti a particolari fattori nocivi nell’ambiente.
La prevenzione di malattie professionali riguarda la prevenzione primaria.
Per lo screening, si utilizza uno screening con caratteristiche come quello di massa ma
deve essere sensibile e specifico.
No si effettua un solo test ma un insieme di controllo anamnestici, clinici, strumentali
e di laboratorio.
5.3. PREVENZIONE TERZIARIA.
La prevenzione terziaria  prevenzione dell’invalidità.
La precoce riabilitazione motoria è importante dopo un ictus o dopo traumi.
Il precoce ripristino delle diverse funzioni dell’organismo deve mirare a prevenire
l’invalidità fisica.
Accanto alla riabilitazione fisica occorre un sostegno psicologico, importante in caso
di malattie come infarti o tumori.
L’assistenza psicologica è importante nel caso di nascita di un bambino portatore di
handicap, essa deve essere fornita per tutto il periodo di sviluppo del bambino per
favorire un equilibrio familiare e per consentire l’inserimento sociale, scolastico e
lavorativo della persona menomata.
1. EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE INFEZIONI
ENTERICHE.
1.2. FEBBRE TIFOIDE
La febbre tifoide è una malattia infettiva acuta e contagiosa., diffusa in molti paesi a
clima temprato e caldo.
Presente in Italia soprattutto nelle zone meridionale e in quelle costiere, legata alle
abitudini alimentari, a differenza della salmonellosi animale, la febbre tifoide è una
malattia esclusiva dell’uomo.
1.2.1. L’AGENTE EZIOLOGICO.
L’agente eziologico  Salmonella Typhi, si differenzia dai bacilli del genere Salmonella
per il fatto di possedere, oltre agli antigeni il somatico (O) e il ciliare (H) ha un 3°
antigene Vi di superficie.
1.2.2. PATOGENESI E CENNI CLINICI.
La S. Typhi penetra per via orale e raggiunge l’intestino superando la barriera
gastrica.
Si localizza nell’intestino e nei linfonodi mesenterici dove si moltiplica (moltiplicazione
primaria), si diffonde nell’organismo e localizzandosi nei linfonodi, milza, fegato,
polmoni, midollo osseo.
Dal fegato con la bile ritorna all’intestino, con una seconda invasione, nelle strutture
linfatiche intestinali.
Inizia un processo flogistico (infiammatorio) che porta alla necrosi (morte cellulare e
dei tessuti dell’organismo).
In questa fase possono verificarsi 2 alterazioni:
- lesioni vascolare con enterorragia .
- perforazione delle pareti intestinali con conseguente peritonite
Il periodo di incubazione oscilla da 1 a 3 settimane.
La sintomatologia è la febbre tifoide che si svolge in 4 periodi successivi, ciascuno
della durata di 7 giorni.
- periodo di invasione (I settenario)  caratterizzato dalla comparsa di febbre.
- Periodo di stato (II e III settenario)  formazione di ulcere, stato stuporoso
del paziente, comparsa di roseole sulla cute dell’addome, lingua fuligginosa,
addome meteorico con feci diarroiche e di colore verdastro. La febbre si
mantiene costante.
- Periodo di defervescenza (IV settenario)  processo di detersione e di
riparazione delle ulcere, e la continua decrescita della febbre e tutti i sintomi
regrediscono rapidamente.
Con l’impiego di antibiotici il ciclo evolutivo della febbre tifoide si è modificato.
Sono frequenti forme lievi ma la letalità, molto elevata in passato, è scesa a meno
dell’1%.
1.2.3. ACCERTAMENTI DELLA MALATTIA.
- La emocoltura, effettuata nelle fasi iniziali quando la S.Typhi è nel sangue.
-
La sieroagglutinazione, alla comparsa della malattia quando gli anticorpi
cominciano a comparire nel siero a quantità dimostrabili.
La coprocultura, nelle fasi avanzate della malattia, le salmonelle sono eliminate
con le feci.
1.2.4. EPIDEMIOLOGIA.
La malattia è endemica, si manifesta con casi sporadici ma sono frequenti i casi
epidemici di origine idrica.
La distribuzione sul territorio non è omogenea, i casi denunciati sono in Puglia e in
Campania, che rappresentano oltre il 50% dei casi nazionali.
SORGENTI DI INFEZIONE.
Unica fonte di infezione = l’uomo malato o portatore.
Il malato elimina la S. Typhi con le feci o con l’urina.
I portatori sono convalescenti e cronici, raramente i sani.
Il contagio = diretto interumano, attraverso mani o con acqua e alimenti.
L’acqua è il veicolo più temibile perché la sua contaminazione provoca episodi
epidemici. Nell’acqua il S. Typhi sopravvive fino a 40 giorni.
E negli alimenti come frutti di mare, ortaggi e frutta.
ETA’, SESSO, E ANDAMENTO STAGIONALE.
La febbre tifoide può colpire a tutte le età, prediligendo giovani e adolescenti, non fa
distinzioni di sesso.
Il periodo era estivo – autunnale, con una recrudescenza nel mese di gennaio.
1.2.5. PREVENZIONE
le misure preventive:
- impedire il contagio diretto dal malato al sano e la dispersione dei batteri del
tifo nell’ambiente,
- altri interventi riguardano la bonifica dell’ambiente per evitare che l’acqua o
altri alimenti svolgano l ruolo di veicoli.
- Interventi sulla popolazione come il vaccino e un’educazione sanitari.
MISURE PREVENTIVE RIGUARDANTI IL MALATO.
È opportuno che il malato sia assistito in ospedale dove è possibile un isolamento fisico
e funzionale.
L’isolamento può prescriverlo oil medico curante nel domicilio.
È essenziale utilizzare disinfettanti per le mani di chi assiste il malato. E lavare la
biancheria nelle macchine domestiche,
La S.Typhi non resiste ad alte temperature con detersivi.
Dopo la guarigione, è opportuno disinfettare la stanza di degenza con la formalina o
con iodoformi.
L’isolamento del malato deve durare fino a quando non si ottengono 3 coproculture
negative, eseguite ad intervalli di 24 ore l’una dall’altra.
MUSURE RIGUARDANTI IL PORTATORE.
Al portatore deve essere vietata ogni attività ch ecomporti un rischio di trasmissione
dell’infezione in modo diretto e non .
Dovra essere informato del rischio derivante ai suoi conviventi e alla comunità dal suo
stato di portatore.
Sarà opportuno sottoporre a vaccinazione i conviventi.
BONIFICA DELL’AMBIENTE.
La bonifica dell’ambiente va vista come una protezione del suolo e delle acque
dall’inquinamento fecale.
Interventi:
- Raccolta e allontanamento dei liquami.
- Protezione delle fonti idriche.
- Aumento della dotazione idrica.
- Erogazione dell’acqua potabile.
- Controlli periodici dell’acqua erogata.
- Controllo degli alimenti (mitilli, ortaggi).
1.4. GASTROINTERITI ACUTE (INFEZIONI DIARROICHE).
La diarrea è la manifestazione clinica che accomuna una serie di infezioni causate da
numerosi agenti protozoari, batterici e virali.
La diarrea può esser di tipo, di intensità, e di durata assai diversi, non solo a seconda
dell’agente etiologico (che causa malattia) ma anche a seconda dell’età e delle
condizioni dell’ospite.
Altri sintomi sono:
- vomito,
- dolori addominali.
- Febbre.
- Disidratazione.
 il periodo di incubazione è breve, da poche ore a 2-7 giorni.
Nei paesi in via di sviluppo le infezioni diarroiche sono una delle più importanti cause
di morte.
1.4.1. GASTROENTERITI VIRALI.
Fino a pochi anni f ala maggior parte delle interiti acute restava ad etiologia ignota.
Infatti, batteri e protozoi patogeni conosciuti come agenti di infezione diarroiche,
possono essere responsabili in parte.
Attualmente sono noti diversi virus che si possono ritenere responsabili di una gran
parte delle infezioni diarroiche, prima classificate come “interiti infettive ad etiologia
no determinata.
DIARREA DA ROTAVIRUS.
I rotarovirus sono particelle virali. Essi sono gli agenti più comuni di interiti acute nei
bambini nel primo anno di vita, sia nei paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo.
CARATTERISTICHE DEI VIRUS.
I rotarovirus sono virus a RNA, di forma circolare.
Sono distinti in 4 gruppi (A-D) sulla base di antigeni proteici.
PATOGENESI E CENNI CLINICI.
L’infezione si svolge nell’intestino tenue e interessa l’epitelio dei villi.
La mucosa dello stomaco e del grosso intestino sono indenni.
- Il periodo di incubazione dura da 24 –48 ora fino a 7 giorni.
La malattia nei bambini si manifesta con  vomito seguito da diarrea acquosa.
La sintomatologia regredisce spontaneamente in 5-7 giorni.
Negli adulti l’infezione decorre in maniera asintomatica ma può manifestarsi con
diarrea di modesto grado.
EPIDEMIOLOGIA.
I rotarovirus sono diffusi in tutto il mondo, sono responsabili di casi isolati ma anche
di manifestazioni epidemiche.
- Le manifestazioni cliniche sono frequenti nei bambini tra i 6 mesi e i 2 anni.
- I maschi sono più colpiti rispetto alla femmine (non è chiaro il motivo).
L’infezione può avere luogo anche in bambini più grandi e in adulti.
L’incidenza stagionale è diversa nel mondo  maggiore nei mesi invernali, e nei paesi a
clima temperato.
 la trasmissione avviene per via fecale – orale, secondo modalità e per mezzo di
veicoli simili a quelli noti per altre infezioni diarroiche.
 Forse la trasmissione avviene per via aerea.
DIAGNOSI DI LABORATORIO.
Nei primi 3-5 giorni di malattia la presenza di particelle virali si può vedere tramite il
microscopio elettronico, o con l’immunomicroscopia elettronica o con
immunocromatografia e immunofluorescenza.
GASTROINTERITI DA AGENTE DI NORWALK.
Le manifestazioni epidemiche di gastroenterite acuta sono nelle stagioni fredde.
Un episodio epidemico occorso a Norwalk nel 1968 ha definito alcune caratteristiche
dimostrando la natura virale dell’agente responsabile.
I sintomi:
- Nausea.
- Vomito.
- Crampi addominali.
- Diarree.
- Febbre.
L’agente etiologico è stato visualizzato nel 1972 al microscopio elettronico, sono
particelle simili ai parvovirus.
 questi virus sono agenti frequenti di infezioni negli anni successivi all’infanzia.
ALTRI POSSIBILI AGENTI VIRALI DI INTERITI ACUTE (VOMITO EPIDEMICO
INVERNALE).
Alcuni sierotipi di adenovirus, astrovirus, calicivirus e coronavirus e agenti SRVs sono
agenti di diarree infettive o di vomito epidemico invernale.
Gli adenovirus enterici sono la causa più frequente di gastroenterite pediatrica.
- l’infezione è legata a 2 nuovi sierotipi (40-41),
- si trasmette per contagio interumano.
- Periodo di incubazione è 8 – 10 giorni, più lungo dei rotarovirus e virus di
Norwalk.
1.4.2. ENTERITI BATTERICHE.
Le infezioni enteriche causate da batteri come salmonelle e shigelle sono le meglio
conosciute.
Escherichia coli, Yersinia entercolica, Campylobacter,(Gram-negativi) e Gram-positivi,
sono stati individuati successivamente.
Alcuni batteri si manifestano quando sono abbondantemente moltiplicati in adatti
alimenti, altri sono in grado di moltiplicarsi nell’intestino anche quando vengono
introdotti in numero limitato.
SALMONELLOSI.
Per salmonellosi si intendono le infezioni causate da batteri appartenenti l genere
salmonella.
Il genere salmonella comprende 2 specie:
- S. enterica, che è divisa in 6 sottospecie.
- S. bongori.
Resistenza agli agenti fisici e chimici.
Le salmonelle sono facilmente distrutte dai processi di pastorizzazione per più di 1520 minuti alla temperatura di 60°C. le temperature di cottura degli alimenti
distruggono rapidamente i germi che si trovano in superficie:
quelli che si trovano all’interno possono sopravvivere se il calore no è riuscito a
raggiungere un grado elevato per un tempo sufficiente.
La ricontaminazione può avere luogo dopo la cottura, usando utensili o stoviglie
contaminati dagli stessi alimenti quando erano crudi.
La refrigerazione degli alimenti impedisce la moltiplicazione delle salmonelle.
Quando si mette a raffreddare un alimento già cotto bisogna tener presente che
prima che la sua temperatura si uniformi a quella dell’ambiente possono passare anche
più di 2 ore, tempo sufficiente per la moltiplicazione di salmonelle sopravvissute;
a questo punto l’alimento rappresenta un pericolo.
Le salmonelle sono molto sensibili ad altri agenti fisici come le radiazioni gamma,
disinfettanti chimici come gli ipocloriti, fenoli, formaldeidi.
Habitat, spettro d’ospite e distribuzione geografica.
Habitat delle salmonelle è il lume intestinale.
Diversi sierotipi:
1. sierotipi adatti all’uomo, S. Typhi.
2. sierotipi adatti a particolari ospiti animali.
3. per gli altri sierotipi no si conosce un ospite obbligati, essi possono infettare
qualsiasi animale, compreso l’uomo.
Il serbatoio naturale più ricco di salmonella è costituito dai rettili.
Dal punto di vista epidemiologico si è diffuso tra gli animali di allevamento.
Patologia nell’uomo.
Le salmonelle vengono introdotte attraverso la bocca.
L’infezione può restare clinicamente in apparente o manifestarsi, dopo un periodo di
incubazione di 12 o 48 ore con i sintomi della gastroenterite acuta.
La diarrea, il vomito e la febbre, i dolori addominali, il malessere generale possono
essere di intensità molto varia.
La gravità delle manifestazioni e del decorso dipende in parte dalla virulenza del
microrganismo e della carica infettante.
Epidemiologia.
Il veicolo più comune delel salmonelle di origine animale è costituito dagli alimenti, da
carni contaminate.
Manifestazioni epidemiche e casi isolati possono aversi anche per trasmissione
indiretta mediante altri veicoli o per contagio diretto da uomoad uomo o da animale ad
uomo.
Nei bambini piccole cariche batteriche possono dare origine a gravi manifestazioni
cliniche diarroiche.
A differenza delle diarreee da shigelle (più frequenti dopo il sesto mese di vita), le
diarree da salmonelle sono più frequenti nei primi se mesi.
Episodi epidemici in:
- reparti pediatrici.
- In reparti di maternità tra i neonati.
La diffusione intraospedaliera delle salmonelle può avvenire attraverso le mani del
personale di assistenza o con vari oggetti.
L’eliminazione di salmonelle con le feci è in genere di pochi giorni nel caso di portatori
sani e di alcune settimane o di qualche mese nei portatori convalescenti.
Gli animali sono portatori sani.
Le condizioni favorevoli alla diffusione delle salmonelle di origine animale sono
maturate con ritardo. Tali condizioni sono:
1. importazioni di carni e di bestiame.
2. il diffondersi degli allevamenti intensivi.
3. impiego di mangimi a base di farina animale.
4. la preparazione e la distribuzione di alimenti come prodotti di massa.
5. il maggior consumo di carni e di altri prodotti alimentari di origine animali.
6. abitudine al consumo dei pasti fuori dall’ambito familiare, in mense collettive e
ristoranti.
SHIGELLOSI.
Il genere shigelle.
Il genere shigelle è suddiviso in 4 specie:
- S. dysenteriae.
- S . flexneri.
- S. boydii.
- S. sonnei.
Le shigelle sono batteri patogeni soltanto per l’uomo e per le scimmie.
Colonizzano l’intestino e si isolano soltanto dal muco intestinale e dalle feci dei malati
o dei soggetti con infezione in apparenti.
L’emocoltura è negativa.
Il calore e i comuni disinfettanti uccidono rapidamente le shigelle che in genere non
sopravvivono a lungo nell’ambiente esterno.
In altre condizioni ambientali possono sopravvivere per diversi giorni fino a 2-3
settimane.
Fra le diverse shigelle, S. sonnei è la più resistente dell’ambiente.
Patologia.
Le shigelle possono gradire la mucosa intestinale grazie al loro potere invasivo.
Il processo infiammatorio è limitato al grosso intestino e può essere di intensità
diversa.
Il periodo di incubazione è di circa 3 giorni. I sintomi sono in rapporto alla gravità del
processo infiammatorio che si svolge nella mucosa del colon fino al retto.
Nei casi gravi si ha il classico quadro clinico della dissenteria bacillare:
- con febbre.
- Con vomito.
- Con dolori addominali.
- Con diarrea acquosa.
Le scariche sono frequenti e sono accompagnate da crampi addominali e da tenesmo.
Il quadro generale si aggrava nei primi 2 giorni, quando il malato va incontro alla
disidratazione, superata questa fase la sintomatologia si attenua gradualmente nel
volgere di una settimana.
Le infezioni da S. sonnei hanno un decorso più mite, in molti casi l’infezione resta
asintomatica o la sintomatologia consiste in vaghi disturbi addominali, o con diarrea
con scariche più o meno numerose nelle prime 24 ore.
Epidemiologia.
Le shigellosi sono un’infezione a trasmissione fecale – orale.
I batteri vengono eliminati con le feci e giungono all’intestino attraverso la bocca.
Le infezioni da S. boydii sono rare.
Nell’attuale stato di endemicità delle interiti da S. sonnei, il contagio avviene
direttamente con le mani sporche dal malato o dal portatore al sano, oppure
indirettamente tramite asciugamani, rubinetti, sedile del vaso, ecc..
Le interiti da shigelle si presentano dopo il secondo anno di vita.
Resistenza agli antibiotici.
È stato dimostrato che la resistenza a più antibiotici può essere trasferita per
coniugazione da un batterio ad un altro.
La resistenza plasmidica agli antibiotici è stata inizialmente denominata: “ resistenza
contagiosa”.
Essa si è diffusa in pochi anni fra le shigelle e fra gli altri batteri Gram-negativi con
un andamento epidemico.
ENTERITI DA ESCHERICHIA COLI.
Il genere escherichia. A differenza delle salmonelle e delle shigelle che sono lattosionegative, l’E. coli, fermenta rapidamente il lattosio con produzione di acidi e gas.
Essa può essere divisa in numerosissimi sierotipi.
In base ad antigeni somatici O, antigeni flagellati H, ed antigeni capsulari K.
- E. coli sono ritenuta commensale, sono innocui abitatori dell’intestino umano e
animale.
Il loro habitat è il colon.
E. coli sono indici di inquinamento fecale delle acque.
E.coli enteropatogeni.
Sono indicati con la sigla: EPEC (enteropathogenic E. Coli).
Sono circa 20 i gruppi sierologici in cui si trovano sierotipi EPEC.
Essi sono in grado di colonizzare il duodeno, il digiuno ed il tratto superiore dell’ileo.
Le epidemie di barriera infantile sono scomparsi.
Le epidemie intraospedaliera sono molto rare.
E. coli enteroinvasiva.
Sono altri tipi di sieropatogeni che non producono tossine ma derivano la loro
patogenicità dalla capacità di invadere le cellule epiteliali.
Hanno comportamenti simili alle shigelle.
Indicati con: EICO
E. coli verocitotossigeni o enteroemorragici.
Indicati ocn la sigla: VTEC (vorotoxigenic) e EHEC (enterohemorragia).
Il sierotipo di E.coli O157:H7 causa la colite emorragica.
Questo sierotipo produce una o due esotosisse simili alla tossina di S. dysenteriae.
ENTERITI DA YERSINIA ENTEROCOLITICA.
Il genere Yersinia appartiene ala famiglia Enterobacteriaceae.
Y. enterocolitica è un batterio lattosio-negativo. Sono capaci di svilupparsi nei terreni
di isolamento per le salmonelle e le shigelle.
Si distinguono biotipi, sierogruppi O e lisotipi.
La loro patogenicità deriva sia dalla produzione di enterotossina termostabile sia dalla
capacità invasiva.
Gli animali sono serbatoi di infezione.
Gli episodi sporadici o epidemici sono aumentati negli ultimi anni.
ENTERITI DA CAMPYLOBACTER.
Il campylobacter jejuni è uno dei più frequenti agenti batterici di enteriti acute nei
paesi sviluppati.
Nel genere campylobacter sono classificati batteri Gram-negativi (morfologia simile a
quella dei vibrioni).
Si conoscono diverse specie innocui saprofiti negli animali (C.bubulus), della cavità
orale dell’uomo (sputorum), C. fetus.
L’enterite acuta da C.jejuni è conseguente all’invasione e alla flogosi(infiammazione)
della mucosa dell’intestino tenue e del grosso intestino.
I batteri oltre all’invasività avrebbero la capacità di produrre una enterotossina.
Periodo di incubazione  3-5 giorni.
La manifestazione dopo l’incubazione, si manifesta improvvisamente con diarrea
acquosa che dura 2-3 giorni, accompagnata a volte da incontinenza delle feci, che
presentano muco e sangue.
- il batterio si trova presente nelle feci durante la malattia sino ad una settimana
dopo la guarigione
1.4.3. DIAREE DI ORIGINE PARASSITARIE.
Alcuni protozoi e nematodi, possono causare infezioni intestinali che si manifestano
con diarrea. (insorgenza brusca e decorso acuto).
Casi:
- amebiasi
- giardiasi
- balantidiasi.
In molti casi di amebiasi e di giardiasi il decorso è cronico.
Gli agenti eziologici  circuito fecale-orale,
trasmissione  per contagio quando esistono scadenti condizioni igieniche.
Le diarree parassitarie si manifestano nelle popolazioni sottoalimentate.
GIARDIASI.
Agente eziologico = Guardia lamblia.
È un protozoo flagellato. Vivono negli animali domestici (cane).
La colonizzazione dell’intestino da parte di G.lamblia decorre in modo asintomatico,
dopo un periodo di incubazione di 1-2 settimane.
Si manifesta con diarree dolori addominali di modesta entità.
La gravità è in rapporto allo stato di nutrizione dell’ospite.
1.5. POLIOMELITE ED ALTRE SINDROMI DA ENTEROVIRUS.
Gli enterovirus (virus polio, Coxsackie e Echo) sono in grado di provocare infezioni con
viremia e disseminazione ad organi bersaglio.
Tra questi predomina la poliomielite anteriore acuta dai virus polio.
- bassa letalità, meningite asettica (sterilizzata) ma epidemiche.
Gli enterovirus hanno caratteristiche strutturali e fisico-chimiche, meccanismi
patogeni e modalità di trasmissione molto simili.
1.5.1. AGENTI EZIOLOGICI.
I virus di origine umana, famiglia picornavirus,sono:
- Enterovirus.
- Rhinovirus.
A differenza dei rhinovirus, si riproducono a 37°C, hanno una resistenza ambientale,
soon resistenti a diversi disinfettanti.
Sono inattivati da esposizioni di raggi ultravioletti, pastorizzazione, e formaldeide.
La sensibilità all’infezione di animali di laboratorio costituisce la base per
differenziare i diversi sottogruppi di enterovirus.
1.5.2. PATOGENESI.
Gli enterovirus hanno tropismi d’organo.
I virus poliomielitici hanno specifici bersagli costituiti dai motoneuroni delle corna
anteriori del midollo, la cui distruzione è alla base delle paralisi.
Coxsackie provocano specifici tropismi per la muscolatura striata.
Il progredire dell’infezione può arrestarsi ai diversi livelli, mucoso, linfatico ed
ematico, che precedono l’arrivo di agenti virali agli organi bersaglio.
L’infezione, di tipo sierologico di enterovirus, è accompagnata ad una risposta
immunitaria, che produce anticorpi neutralizzanti, che dura tutta la vita.
1.5.3. MODALITA’ DI TRASMISSIONE.
- L’eliminazione degli agenti virali avviene per via orofaringea. (diversi giorni
prima della malattia).
- L’eliminazione con le feci inizia come quella orofaringea ma dura più a lungo.
Nell’ambiente familiare o in comunità la trasmissione per via aerea ha una notevole
importanza.
Le contaminazioni = Irrigazione di colture con acque contaminate che contaminano le
verdure che poi si mangiano crude, i frutti di mare e le mosche che sono un vettore
meccanico.
- la circolazione delle infezioni da enterovirus è notevolmente rapida.
1.6. EPATITE VIRALE.
Attualmente si classificano le epatiti virali in :
- epatite A.
- epatite B.
- epatite C.
- epatite D(delta).
- epatite E.
i principali virus sono : HAV, HBV.
Le tappe puiù significative sono
- 1948 2 tipi di epatite, A e B, con diversa incubazione e trasmissione.
- 1968  scoperta dell’antigene HBsAg, correlato all’epatite B.
- 1973 caratterizzazione del virus dell’epatite A e determinazione degli anticorpi.
- 1974-75  casi di epatite post-trasfusionale dovuta all’epatite non A e non B.
- 1977  identificato l’antigene delta., virus difettivo, ha bisogno dell’HBV.
- 1980-83 l’epatite NANB è sostenuta da almeno 2 virus.
- 1989  si clona l’antigene associato ad un virus delle apatiti NANB, l’HCV.
Le epatiti di tipo A e E sono a trasmissione fecale-orale.
Le epatiti di tipo B, C, D si trasmettono per via parentale o sessuale.
1.7. EPATITE VIRALE A.
è la più comune, è come la febbre tifoide, è diffusa in alcune regioni come la Puglia e la
Campania.
1.7.1. EZIOLOGIA E PATOGENESI.
L’agente eziologico è HAV, un piccolo virus a RNA.
Esso resiste a temperature di 60°C per 1 ora, all’inattivazione con etere e cloro.
È inattivato dal calore umido a 100°C per 5 minuti.
Ha un solo antigenico.
L’infezione provoca la formazione di anticorpi specifici (HAV) di tipo IgM e IgG.
L’HAV penetra per via orale, raggiunge l’intestino e si moltiplica nel citoplasma degli
epatociti, determinando lesioni di tipo degenerativo-necrotico.
Il virus dal fegato passa nel sangue, si diffonde e poi ritorna con la bile nell’intestino,
viene poi eliminato con le feci dove compare negli ultimi giorni del periodo di
incubazione raggiungendo la massima carica infettante prima della comparsa
dell’ittero, diminuendo fino a scomparire quando l’ittero si è manifestato
1.7.2. CENNI CLINICI E ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI.
Periodo di incubazione è di 10-50 giorni.
Inizia con:
- periodo prodromico o preitterico.  dura 1 settimana. Sintomi: astenia,
anoressia, nausea, dolenza all’ipocondrio di destra e febbre.
- Periodo itterico  dura da 2-4 settimane. Sintomi: urine color marsala,
colorazione giallastra delle sclere, successivamente le manifestazioni di ittero
diventano più evidenti estendendosi in tutto il corpo.
Non esite il portatore cronico.
Nei bambini = frequenti forme anitteriche e quelle con ittero, durata: 1-2 settimane.
Nell’adulto = la malattia decorre in forma più grave.
Si riconoscono forme atipiche di epatiti virali da HAV:
- fulminanti. Con necrosi diffusa anche verso l’encefalopatia epatica.
- Gravi o subacute. Necrosi diffusa ma senza encefalopatia
- A decorso protratto. Permangono segni dell’epatite acuta per 2-4 mesi
- Recidivanti.sono solo il 2-5 %.
La diagnosi va effettuata con la ricerca di IgM anti-HAV nel siero dei pazienti in fase
acuta.
È possibile fare ricerca diretta del virus nelle feci e nel sangue.
La determinazione del virus può essere utile per identificare l’infezione nel periodo di
incubazione, la fase precoce o le forme protratte.
1.7.3. EPIDEMIOLOGIA.
L’epatite A è diffusa in tutto il mondo. A carattere sporadico, può dare origine ad
epidemie esplosive ogni 5-20 anni.
La distribuzione non è di facile valutazione.
In Italia le epatiti di tipo A costituiscono il 40% di tutte le forme di epatite acuta.
Negli ultimi anni l’incidenza della malattia è diminuita.
Le zone interessate sono: regioni meridionali (Puglia e Campania).
SOREGENTI DI INFEZIONE E MODALITA’ DI TRASMISSIONE.
L’uomo è l’unica sorgente di infezione.
Il malato elimina il virus con le feci da qualche settimana prima della comparsa
dell’ittero fino ad alcuni giorni dopo.
Il periodo di contagiosità è breve e si realizza nella fase preclinica.
La fase viremia è molto breve e si manifesta durante il periodo di incubazione.
Lo stato di portatore sano è di difficile dimostrazione.
Le modalità di contagio sono le stesse delle malattie a trasmissione fecale-orale. E
simili a quelle della febbre tifoide.
- l’infezione avviene per via orale può essere diretta interumana favorita dallo
stretto contatto (nuclei familiari) o indiretta attraverso l’acqua e gli alimenti.
Non è documentata la trasmissione dalla madre al feto.
ETA’, SESSO, E ANDAMENTO STAGIONALE.
L’età era tra i 5-15 anni ma adesso si è spostata verso l’età più adulta.
Non ci sono differenze di sesso.
La malattia ha un andamento stagionale come la febbre tifoide.
Nelle aree endemiche (Puglia), ha incidenza nel primo semestre dell’anno e negli
scolari.
Il contagio è interumano.
1.7.4. PREVENZIONE.
L’isolamento dura 7 giorni a partire dalla diagnosi o dalla scomparsa dell’ittero.
È opportuno procedere alla disinfezione delle feci e degli effetti provenienti dal
malato (stoviglie, indumenti).
Sono raccomandate le precauzioni usuali al personale di assistenza.
Gli interventi di bonifica dell’ambiente sono essenziali come per la febbre tifoide:
- corretto smaltimento dei rifiuti liquidi,
- controllo e potabilità dell’acqua,
- importante l’educazione sanitaria dei bambini di fascia scolare che sono esposti
al rischio.
PROFILASSI IMMUNITARIA.
Esiste un vaccino costituito da virus inattivato con formalina e adsorbito su allume.
È altamente immunogeno.
La schedala vaccinale prevede la somministrazione per via parentale di 3 dosi, ai
tempi 0, 1, 6 mesi..
Nel corso di epidemie sono disponibili le gammaglobuline umane normali (anche se no
sempre impediscono l’infezione).
EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE INFEIZONI
TRASMESSE PER VIA AEREA.
2.3. INFLUENZA.
2.3.1. EZIOLOGIA.
I virus influenzali appartengono al gruppo degli Ortomyxovirus.
La struttura è pleomorfa e sgrossolanamente sferica.
I virus influenzali si distinguono in 3 tipi:
 A  hanno variazioni maggiori e minori = sostituzione di uno dei due antigeni di
superficie (emoagglutinina e neuraminidasi) con un altro sierologicamente
diverso.
Provocano malattia respiratoria anche in svariati animali: suino, cavallo, e in
uccelli. Gli antigeni di superficie di tali virus animali differiscono da quelli dei
corrispondenti stipiti umani. Le manifestazioni sono
 B  non si conoscono varianti antigeni maggiori, ma solo minori, il virus B non ha
dato manifestazioni pandemiche, sono epidemiche
 C  non è soggetto a variazioni maggiori ne a minori. Provoca solo
manifestazioni sporadiche.
In laboratorio i virus influenzali sono coltivabili in uovo embrionato di pollo e su
colture cellulari da espianto primario di rene di scimmia.
I virus sono labili di fronte ad agenti fisici e chimici.
A 0°C si conservano per circa un mese, vengono inattivati in pochi minuti a 56°C o per
esposizione a raggi ultra violetti.
2.3.2. PATOGENI E CENNI CLINICI.
La malattia influenzale ha:
periodo di incubazione = 1-2 giorni.
Comparsa dei sintomi con febbre e senso di prostrazione (debolezza fisica).
La sintomatologia respiratoria è variabile:
- Modica flogosi.
- Coriza intensa (infiammazione catarrale delle mucose nasali, raffreddore) con
evidente scolo nasale.
- Laringite con dolore retrosternale.
- Negli adulti:
- Dolori muscolari e ossei.
- Appetito è scarso
- Nausee,
- Vomito.
- Diarree.
La sintomatologia acuta scompare in 3-6 giorni ma lascia di regola una prolungata
astenia (debolezza di energia) per più di 3-6 giorni.
- Complicazioni:
- broncopolmonari.
- Sovrainfezioni batteriche.
- Scompenso in cardiopatici cronici.
La scarsa tipicità della sintomatologia fa si che l’influenza non sia diagnosticata come
tale.
2.3.3. EPIDEMIOLOGIA.
Le sorgenti di infezione sono gli individui.
Essi eliminano i virus per via respiratoria da un giorno prima a 4-5 giorni dopo l’inizio
del aroma clinica.
La trasmissione = via aerea e questo rende difficile il bloccare del virus.
Il contagio avviene con le goccioline di secrezione cariche di virus espulse con lo
starnuto con i colpi di tosse, avviene anche con le mani contaminate dalle secrezioni
stesse.
La porta di ingresso sono le mucose respiratorie.
- Le infezioni da virus A  le pandemie compaiono ogni 10-20 anni.
Queste infezioni sorgono quando entrambi gli antigeni sono mutati, invece ogni 1-2
anni quando ne muta solo uno.
- Le infezioni da virus B compaiono solo in forma epidemica. A intervalli di 4-6 anni
perche questi virus mancano di variazioni maggiori.
- Le infezioni di virus C  sono solo in forma sporadica.
Gli indici di morbosità si hanno nei giovani.
2.3.4. PREVENZIONE.
La sorveglianza epidemiologica è finalizzata all’approntamento tempestivo di vaccini
efficaci, preparati con lo stipite circolante o con quello di cui si prevede la diffusione
pandemia.
L’unica possibilità di prevenzione è offerta dalla vaccinoprofilassi..
Di limitata efficacia è la disinfezione degli oggetti in uso.
La presenza di virus influenzali è accertata con prove di emoagglutinazione.
È possibile accertare un’infezione da virus influenzale anche con metodi sierologici, su
due campioni di sangue.
2.6. PERTOSSE.
Malattia a decorso acuto e altamente contagiosa.
Determinata dal piccolo bacillo appartenente al genere Bordetella.
Diffusa nei primi anni di vita.
È vivo l’interesse nei confronti della vaccinoprofilassi.
2.6.1. EZIOLOGIA.
L’agente eziologico è la Bordetella pertussis.
Le bordetelle si presentano come piccoli bacilli ovoidali, non sporigeni.
Crescono in terreni arricchiti di sangue.
B.pertussis ha una struttura complessa.
Si distinguono in :
- Tossina pertossica (PT) che è una esotossina tremolabile.
- Emoagglutinina filamentosa (FHA).
- Pertactina, che è un agglutinogeno.
- Agglutinogeni veri.
- Proteine della membrana esterna.
Il bacillo è molto labile nell’ambiente esterno.
2.6.2. PATOGENESI E CENNI CLINICI.
Il virus B.pertussis penetra per via aerea.
Si ha una flogosi catarrale dell’epitelio.
L’irritazione della mucosa provoca l’accesso parossistico di tosse.
- Il periodo di incubazione  10-16 giorni.
- Dopo la malattia esordisce con manifestazioni catarrali con tosse notturna
(periodo catarrale).
- Gradualmente la tosse diventa più stizzosa e intensa e acquista il carattere
accessuale (periodo accessuale, spasmodico o convulsivo).
All’eccesso segue l’emissione di muco denso e filante e spesso vomito.
Il periodo convulsivo dura fino a 3-1 settimane, gli eccessi diminuiscono e la tosse
perde il suo carattere spasmotico.
L’infezione provoca la comparsa di anticorpi.  l’immunità che segue è duratura.
2.6.3. ACCERAMENTI DIAGNOSTICI.
Gli accertamenti diagnostici della B.pertussis sta nella ricerca sulle secrezioni nasofaringe.
Essi può avere successo durante il periodo di massima contagiosità durante il
periodo catarrale.
2.6.4. EPIDEMIOLOGIA.
La pertosse è una malattia diffusa e molto contagiosa.
In Italia l’incidenza della malattia si è mantenuta a livelli elevati.
- l’uomo è l’unica fonte di contagio: oltre il malato, sono importanti il portatore
precoce e il malato no diagnosticato.
La contagiosità è massima durante il periodo di incubazione e quello catarrale, poi
diminuisce progressivamente.
La pertosse è una malattia ad elevata contagiosità, paragonabile a quella del morbillo e
della varicella.
La malattia è più frequente nelle femmine e può manifestarsi durante l’inverno e la
primavera.
2.6.5. PREVENZIONE.
L’isolamento del malato è inutile per limitare il contagio.
Evitare il contatto dei lattanti con il malato.
Alla fine della malattia è consigliabile un’accurata pulizia e una prolungata aerazione
dell’ambiente.
VACCINAZIONI.
In passato i vaccini erano quelli a cellule batteriche intere.
A partire dagli anni 80 sono stati prodott:
- i vaccini antipertosse acellulari., contengono proteine immunogeno selezionate e
purificate.
Il ruolo e l’efficacia del vaccino antipertosse sono ampliamente attestati dalla
bassissima incidenza della malattia tra i bambini vaccinati rispetto a quelli no.
PROFILASSI IMMUINTARIA PASSIVA.
La somministrazione di immunoglobuline umane specifiche è utile alla terapia, si
riferisce alla durata degli eccessi di tosse.
CHEMIOPROFILASSI.
Per i contatti che non abbiano superato la malattia e che non siano stati vaccinati.
è consigliabile la chemioprofilassi con eritromicina per 14 giorni (neonati e bambini
sotto i 4 anni).
2.8. MORBILLO.
È una malattia esantematica, acuta, altamente contagiosa, evoluzione rapida e prognosi
favorevole, decorso severo.
È provocato da un virus di cui si conosce un unico tipo antigene.
2.8.1. EZIOLOGIA.
Il virus del morbillo da parte del gruppo dei Paramyxovirus.
Ha forma grossolanamente sferica. È un virus labile (debole) di fronte ai comuni
disinfettanti fisici e chimici.
Oltre all’uomo infetta anche diversi primari.
2.8.2. PATOGENESI E CENNI CLINICI.
Il virus del morbillo penetra per via aerea e congiuntivale.
Dopo essersi moltiplicato a livello delle mucose, arriva, tramite i linfonodi satelliti e la
via linfatica, al torrente circolatorio.
La prima viremia è de l tutto fugace e distribuisce il virus alle cellule del sistema
reticolo-endoteliale.
Dopo la moltiplicazione all’interno le nuove progenie virali vengono liberate nel sangue.
Si ha cosi la seconda, più intensa e prolungata, viremia che corrisponde al periodo di
invasione e termina all’’apparire dell’esantema (eruzione cutanea) o al massimo 24-48
ore dopo.
In tale periodo il virus viene eliminato per via respiratoria e congiuntivale e si ritrova
frequentemente nelle urine.
L’immunità (Tlinfociti), è essenziale nella guarigione della malattia.
Il periodo di incubazione è di 10-12 giorni.
La sintomatologia clinica evolve in 2 fasi:
Quella di invasione. Dura 3-4 giorni, ma può andare da 1 a 10 giorni,
caratterizzato da febbre alta, rinite, faringite e congiuntivite.
- Le macchie di koplik sorgono 24 ore prima dell’esantema, sono punti bianco
grigiastri circondati da un alone rosso.
- Quell’esantematica. Di colore rosso chiaro e rosso vinoso, si diffonde un 2-3
giorni in tutto il corpo, è preceduto di regola da una parziale remissione della
temperatura febbrile e coincide con una nuova elevazione. Verso la 4° giornata
l’esantema comincia a impallidire. Inizia poi un miglioramento rapido alla
scomparsa dell’esantema con delle desquamazioni nel corpo eccetto palmi di
mani e piante dei piedi.
Il morbillo può avere un grave decorso nei bambini piccoli.
Complicanze broncopneumoniche, sovrainfezione, otiti.
-
2.8.3.EPIDEMIOLOGIA.
le sorgenti di infezione sono rappresentate dal malato che elimina il virus nella fase di
invasione e nelle prime 24-48 ore del periodo esantematico.
La contagiosità è molto elevata.
Si manifesta nel gruppi di età 3-10 anni.
Le complicaiozni variano in rapporto all’età e alle condizioni socio-economiche..
La letalità è modesta (0,1%)
2.8.4. PREVENZIONE.
L’isolamento non è consigliabile ma è necessario in casi complicati.
Si usa l’isolamento domiciliare per 5 giorni dalla comparsa dell’esantema.
Non è necessaria la disinfezione finale per la notevole labilità del virus.
Vaccinazione.
La prevenzione al morbillo è l’immunizzazione attiva.
Il vaccino di massa si è mostrato un validissimo mezzo di controllo della malattia che
prospetta l’obiettivo dell’eradicazione.
Il morbillo è causato da un unico tipo di virus, non ha serbatoi umani.
Furono preparati vaccini viventi attenuati il cui prototipo è il ceppo Edmonston di
Enders.
Somministrando il vaccino più precocemente si ha la possibilità che una residua
immunità di origine materna impedisca l’attecchimento.
Le controindicazioni sono quelle per tutti i vaccini somministrati vivi, cioè infezioni
acute, dala gravidanza, da deficit di immunità cellulare.
La messa a punto dei vaccini trivalenti contro morbilli parotite e rosolia (MPR) ha
permesso di definire le strategie di prevenzione delle tre malattie ad un tempo.
In Italia la vaccinazione MPR è consigliata, inserita nel calendario delle vaccinazioni.
Profilassi immunitaria passiva.
Ai bambini no vaccinati e che sono stati a contatto con bambini ammalati, è utile
somministrare immunoglobuline normali o antimorbillo entro i 5° giorno dal contatto.
2.9. ROSOLIA.
La rosolia è una malattia esantematica, contagiosa a breve decorso e di modesta
gravità quando colpisce un organismo maturo, invece è una malattia grave quando
colpisce nelle fasi iniziali della gravidanza per i danni embrionali che può determinare.
2.9.1. EZIOLOGIA.
La rosolia è sostenuta da un virus, il virus Rubeolico, la struttura è grossolanamente
sferica.
Il virus di cui si conosce solo un tipo di antigene è dotato di un RNA monocatenario.
Ha la capacità di emoagglutinare globuli rossi di uccelli e i globuli rossi umani di gruppo
0.
La sua resistenza ambientale è di un certo livello , solo a basse temperature.
2.9.2. PATOGENESI E CENNI CLINICI.
Introdotto per via aerea, il virus rubeolico si moltiplica dapprima nella mucosa nasofaringea ed inseguito nei linfonodi satelliti.
7-10 giorni dal contagio segue una fase viremia che persiste fino alla comparsa del
rash esantematico e della risposta anticorporale specifica.
L’eliminazione avviene per via faringea.
Il virus può essere presente anche nel secreto congiuntivale, nelle urine e nelle feci.
Quando alla prima infezione occorre nei primi 3 –4 mesi di gravidanza, la viremia
determina frequentemente un’infezione placentare e trasmissione all’embrione.
Ne derivano un ritardo e un disordine nell’organogenesi, con possibilità di morte intrauterina dell’embrione o del feto oppure di nascite di un bambino portatore di
malformazioni, spesso gravi e invalidanti e di rosolia nel neonato.
 La malattia post natale con incubazione di 14-21 giorni, si manifesta dopo con
modica febbre, linfonopatie e manifestazioni esantematiche di tipo eritematoso.
La linfonopatia può precedere di diversi giorni l’esantema o manifestarsi anche senza
esantema.
Le manifestazioni cutanee iniziano dalla faccia per diffondersi in tutto il corpo.
- durano in genere 2-4 giorni.
Nella maggior parte dei casi la sintomatologia è lieve,
solo in un modesto numero di casi si hanno complicazioni. Le più comuni sono quelle
articolare, neurologiche.
Le complicazioni articolari sono presenti in età adulta.
Le complicazioni neurologiche , la complicazione encefalitica è la più importante e la
sua incidenza è bassa.
 la rosolia connatale, quando no si traduce nell’aborto o nel parto prematuro con la
nascita del feto morto. Determina lezioni nervose, dell’orecchio interno, nell’occhio,
nell’apparato cardiovascolare.
2.9.3. EPIDEMIOLOGIA.
Le sorgenti di infezioni sono umane. Il virus viene eliminato in casi clinicamente
evidenti da una 10 di giorni e prima dell’inizio della sintomatologia fino a 1 / 2
settimane dopo.
Il periodo di massima contagiosità va da 2-3 giorni pria a 2-3 giorni dopo l’inizio
dell’esantema.
La trasmissione avviene per via aerea e perciò che si riferisce alla malattia postnatale, per via transplacentare e la rosolia connatale.
Rosolia post-natale.
Nei soggetti colpiti da una prima infezione la risposta immunitaria è testimoniata dalla
comparsa di anticorpi che durano tutta la vita..
La reale diffusione può essere valutata con metodiche siero-epidemiologiche.
La rosolia è diffusa in tutto il mondo.
C’è una diffusione endemica ed epidemica. Le età colpite son o fasce di età tra i 5-9
anni quanto alla stagione l’incidenza è nei mesi primaverili.
Rosolia connatale.
Il rischio del danno fetale è valutato in rapporto sia al metodo di rilevamento sia alla
diversa virulenza degli stipiti virali..
La rosolia contratta nei primi 3-4 mesi di gravidanza determina un incremento degli
aborti e parti prematuri con feto morto, fra i bambini nati vivi, la frequenza di
malformazioni al 50% quando la rosolia è contratta al primo mese di gravidanza. Al
25% al secondo mese e al 6-15% al terzo mese..
Il bambino che nasce con affetto da rosolia è una temibile sorgente di infezione.
L’eliminazione di virus non cessa in genere prima del 6° mese.
2.9.4. PREVENZIONE.
L’isolamento ha un modesto valore profilattico.
La disinfezione ha poco valore. L’accertamento diagnostico ha valore in relazione alla
prevenzione della rosolia connatale.
Vaccinazioni.
Sono disponibili diversi stipiti di virus vivente e attenuato di vaccino contro la rosolia.
I diversi vaccini si trovano in commercio liofilizzati.
L’inoculazione va fatta sottocutanea in una sola dose. Esistono diversi orientamenti
come il vaccino trivalente MPR, antimorbillo, parotite rosolia. Somministrato a bambini
di 15 mesi.
La vaccinazione antirosolia :
- Bambine in età 10-12 anni.
- Donne siero negative in età feconda, esposte a contagio (infermieri
puericultrici).
- Da qualche anno tutti i bambini al 12° e 15° mese vaccinati con MPR.
- È controindicato vaccinare donne in gravidanza, però non costituisce pericolo di
aborto.
Profilassi immunitaria passiva.
Di fronte a un’infezione rubeolico in gravidanza è stato sperimentato l’impiego di
immunoglobuline specifiche, se la somministrazione è precoce ed avviene prima della
viremia, dovrebbe essere evitata l’infezione placentare e il danno embrionale.