Slides triennale (aggiornate al 04.05.2017)

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Criminologia
E
Vittimologia
CdS Sociologia e Criminologia
Prof.ssa Ermenegilda Scardaccione
La Criminologia Studia
 IL REATO
 CHI LO COMMETTE
 CHI LO SUBISCE
 LE STRATEGIE DI CONTROLLO
Criminalità e Devianza
 Il crimine è un comportamento socialmente non
accettato, ma che presuppone la violazione di una
norma giuridica
 La devianza fa riferimento a comportamenti non
socialmente accettati che non presuppongono una
violazione di una norma giuridica
 La devianza come concetto presuppone il
riferimento a un sistema di norme
Sociali
Giuridiche
Sanitarie
Lo studio del reato può
prevedere:
L’analisi della dimensione quantitativa
 Le statistiche
L’analisi della dimensione qualitativa anche se
nell’ambito di uno studio statistico - descrittivo
 Il reato nella sua relazione con variabili
individuate dal ricercatore
L’analisi dei fattori eziologici
 Elaborazione e classificazione delle teorie
Il Numero Oscuro
 Rappresenta l’area dei delitti non denunciati e
pertanto non conosciuti dagli organi di controllo
sociale.
 Ciò comporta che possiamo analizzare solo la
criminalità visibile, anche se si possono effettuare
delle stime dei reati sommersi.
 L’entità del numero oscuro varia a seconda della
tipologia di reato
Metodi di Ricerca in
Criminologia
 Clinico/osservativo
 Statistico/descrittivo
 Sperimentale
 Metodo storico
 Descrizione di un
fenomeno
 Correlazione tra
variabili selezionate
Studi Predittivi
 Individuazione dei
fattori
 Precocità
 Volume
 Durata
 Intensità
 Varietà
 Sequenza
 Violenza
Strumenti
 Metodo
clinico/osservativo
 Metodo
Statistico/sociologico
 Studi di casi
 Studi longitudinali





Le statistiche
Questionario
Intervista
Osservazione
Storie di vita
Fonti
 Statistiche Pubblicate
 Fascicoli Giudiziari
 Elaborati Peritali
 Attenzione: Le statistiche ci forniscono dati sulla
dimensione dei fenomeni mediamente corretti, ma
non completamente; ai fini di un una maggiore
correttezza va calcolato il quoziente della
criminalità.
La Scuola Classica
Interesse fondamentale
 IL REATO LA PENA
Elementi caratterizzanti:
 l’affermazione della razionalità e della libertà del
volere dell’uomo
 la visione edonista del comportamento umano
 l’affermazione della responsabilità dell’agire
umano
 l’interesse per i diritti fondamentali dell’individuo
 il concetto di legge come emanazione dello stato a
tutela dei cittadini
I Precursori
 I Principi dello stato liberale
 I Diritti naturali
 Il Contratto sociale
 Lo Stato
 L’Ordinamento Giuridico
Il Reato e la Scuola Classica
Il reato secondo la Scuola Classica
 E’ una violazione morale che vede il suo
autore pienamente responsabile in quanto
libero
 E’ una frattura del Contratto Sociale
 E’ una violazione dell’ordinamento
giuridico espressione della collettività ed
emanazione dello Stato
Caratteristiche della pena per la
Scuola Classica
 Proporzionalità
 più grave è il reato
 Celerità
 più la punizione è
maggiore la pena
immediata più efficace
l’effetto sul reo
 Certezza
 necessità di un codice
 Utilità
scritto di leggi

inutilità di pene troppo
severe per reati lievi
Funzione della pena per la
Scuola Classica
 Scoraggiare tutti i cittadini a non commettere
reati
 Mediante l’individuazione degli svantaggi
provocati dall’applicazione della pena
Deterrenza Generale
 Scoraggiare chi commette i reati a non
commetterne altri
 Poiché si sono già sperimentati gli effetti
svantaggiosi dell’applicazione della pena
Deterrenza Speciale
La innovazioni della Scuola
Positiva
 Centralità dello studio dell’autore del reato
 Vengono affermati dei paradigmi interpretativi
Biologico Psicologico Psicopatologico Sociale
 Il reato non è sempre espressione della libera
volontà del soggetto
 La punizione non è quindi solo diretta alle
persone
Deterrenza Generale – Speciale
 La punizione è anche diretta alla società
Difesa Sociale
Le cause di sviluppo della Scuola
Positiva
Alla diffusione del positivismo filosofico
 All’affermazione delle teorie darwiniane
sull’evoluzione della specie
 Allo sviluppo degli studi antropologici
 All’esigenza impellente della questione sociale
 Allo sviluppo di nuovi interessi in ambito
psicologico e sociologico
 Alla diffusione di studi sulla fisiognomica e la
frenologia
Fattori che determinano il reato
per la Scuola Positiva
 Il comportamento criminale per gli esponenti
della Scuola Positiva
NON È LIBERO, MA È CONDIZIONATO
 Da Fattori biologici
Lombroso
 Da Fattori fisici, antropologici e sociali
Ferri
 Da Fattori morali
Garofalo
Massimi esponenti della Scuola
Positiva
 Lombroso elabora
la teoria del delinquente nato:
fattori atavici e degenerativi
determinano il comportamento criminale
 Ferri sostiene che fattori :
di tipo fisico – razza,temperatura,clima
di tipo antropologico – età, sesso, psiche e organismo
di tipo sociale – costumi, popolazione,religione
determinano il comportamento criminale
 Garofalo sostiene che
l’assenza di senso morale dovuta a fattori,fisici,sociali
determinano il comportamento criminale
La Scuola Positiva
Il comportamento può essere determinato da fattori
esterni
 Biologici
 Psicologici
 Sociali
Psicopatologici
Pur se è legato alla persona non è espressione della
libera volontà del reo pertanto
LA PENA
Deve tendere: Alla cura ed alla riabilitazione del reo
Alla modifica del comportamento
Alla difesa della società
Influenza delle Scuole sul
Sistema Giuridico Italiano
Nel ribadire il principio della certezza della
pena(proporzionalità della pena con il reato)
Nell’affermare il principio della responsabilità del
reo ( imputabilità)
Ma allo stesso tempo
Nel prevedere delle cause di esclusione della
capacità di intendere e di volere
Nell’affermare il principio della pericolosità sociale
in concomitanza con quello di responsabilità
Nel prevedere un sistema di riabilitazione ( misure
di sicurezza) parallelo all’applicazione della pena
Fattori discriminanti della
Scuola Positiva
 Il rapporto personalità – reato
 Il concetto di responsabilità sociale contrapposto a
quello di responsabilità individuale
 La pena come rieducazione
 La pena come difesa sociale
Criminologia e Sistema Penale Italiano
Doppio binario
pena – misura di sicurezza
L’approccio psicologico in
Criminologia: Paradigmi interpretativi
 La psicoanalisi;
 Il comportamentismo;
 L’apprendimento sociale;
 Processi di sviluppo e figure di
riferimento;
 Psicopatologia e criminalità;
 La personalità criminale.
Psicoanalisi e devianza
 ES : forza istintuale inconscia(libido) a carattere
quantitativo energetico
 IO : struttura cosciente mediante la quale il
bambino si differenzia dalla madre – funzione di
mediazione tra es e superio
 SUPERIO : struttura razionale che interiorizza i
divieti e gli obblighi sociali soprattutto mediante la
funzione paterna
 Delinquente per senso di colpa: soddisfa il
bisogno inconscio di essere punito(Freud)
 Coazione a confessare (Reik)
Meccanismi di difesa dell’IO
 Identificazione
 Processo di identificazione
 Proiezione

 Razionalizzazione

 Rimozione

 Formazione Reattiva

nell’altro
Attribuzione all’altro di
atteggiamenti e sentimenti
propri
Dare un significato logico
a comportamenti
incongrui
Rimuovere a livello
inconscio stimoli ed
emozioni spiacevoli
Esprimere sentimenti
contrari a ciò che si prova
realmente
La classificazione di Alexander e
Staub(1935)
 Azioni criminose determinate da processi
biopatologici e tossici che compromettono
la funzione dell’Io;
 Azioni criminose ad eziologia nevrotica in
cui la funzione dell’Io è diminuita dal
conflitto con il Super-Io in modo tale che
l’atto deviante ne diventi una soluzione;
 Azioni criminose messe in atto da soggetti con
Superio debole tale da determinare un’ assenza di
senso morale ed una maggiore disponibilità ad
essere influenzati da sottoculture devianti(
interpretazioni sociologiche).
 Azioni criminose determinate da soggetti incapaci
di qualsiasi controllo con adesione immediata e
acritica a qualsiasi comportamento senza
valutazione delle conseguenze.
Psicopatologia e Criminalità
 Le personalità criminali nei quali il reato ha un
valore sintomatico ( Scuola Positiva);
 Le personalità antisociali;
 Le personalità abnormi e psicopatiche;
 I disturbi di personalità: non provocano alterazioni
delle funzioni psichiche fondamentali (percezione,
intelligenza,memoria) come i disturbi psicotici né
sintomi più lievi come le nevrosi ma provocano
un’alterazione della condotta e del carattere tale da
avere una forte rilevanza sull’adattamento sociale.
Le psicosi
 Gravi scompensi psicopatologici
caratterizzati da compromissione di tutte le
funzioni cognitive affettive e relazionali con
la perdita più o meno accentuata del senso
di realtà;
 Presenza di delirio, allucinazione,
dissociazione e perdita della coscienza
dell’io.
 La schizofrenia:
Si manifesta come ebefrenica, disorganizzata,
paranoide,catatonica.
 Disturbo delirante
Si manifesta con forme persecutorie
caratterizzate da delirio erotomanico, di
grandezza, di gelosia, di persecuzione.
I disturbi di personalità DSM5
 I cluster A caratterizzati da eccentricità e
stranezza.
 II cluster B caratterizzati da iperemotività e
imprevedibilità .
 II cluster C caratterizzati da ansietà e paura.
 Tendenza a proiettare all’esterno il disagio
interno attraverso un comportamento
abnorme (tendenza alloplastica) considerato
perfettamente coerente e privo di senso di
colpa (egosintonico).)
A
 paranoide,
 schizoide,
 schizotipico
B
 antisociale,
 istrionico,
 narcisistico,
 Borderline
C
 disturbo evitante,
 dipendente, ossessivo/compulsivo.
 Atipici : sadico ; intermittente
Disturbi dell’umore
 Disturbo depressivo nella sua forma più
grave depressione maggiore;
 Disturbo d’ansia(attacchi di panico);
 Disturbo bipolare ;
 Disturbo ossessivo/compulsivo.
 Si tratta di disturbi che pur privi di sintomi
come deliri e allucinazioni possono
assumere manifestazioni deliranti simili a
quelle psicotiche.
Altri disturbi
 A carattere episodico va compreso il
disturbo mentale transitorio definito anche
come disturbo psicotico breve o disturbo
schizofreniforme.
 In questi casi il disturbo può a andare in
remissione in breve tempo pur avendo
effetti egualmente devastanti.
Riflessi sulla capacità di intendere e
di volere.
 La sentenza della Corte di Cassazione del 2005 ha
compreso i disturbi di personalità come causa di
esclusione della capacità di intendere e di volere
come previsto dagli artt.88 e 89 del c.p. “ sempre
che siano di consistenza, intensità, rilevanza e
gravità tali da incidere sulla stessa;”
 La diagnosi clinica non necessariamente incide
sulla capacità di controllare il proprio
comportamento in un determinato momento.
Le deviazioni sessuali/parafilie
 Tendenza a provare piacere sessuale con
modalità”alternative “ a quella genitale;
 Non necessariamente possono provocare
comportamenti devianti o criminali;
 Ciò si verifica in caso di :
 egodistonia nel soggetto che genera sofferenza;
 costrizione nei confronti di vittima non
consenziente;
 esito letale della pratica sessuale.
Disturbi di particolare valenza
criminologica
 Disturbo masochistico( provare piacere
sessuale nel subire sofferenze),
 Disturbo sadico( provare piacere sessuale
nell’assistere alla sofferenza altrui),
 I due disturbi spesso si associano in
un’unica dimensione,
 Pedofilia( pratiche sessuali nei confronti di
soggetti di minore età).
Caratteristiche della pedofilia
 Attrazione nei confronti di soggetti
impuberi prima a livello fantasmatico;
 Compimento di almeno 16 anni di età per
delimitarne l’insorgenza e differenza di età
con la vittima di almeno 5 anni;
 Pedofilia eterosessuale, omosessuale;
bisessuale.
 Risvolti criminologici e penalistici.
Gli stati emotivi e passionali
 Determinano comportamenti impulsivi e
manifestazioni delittuose( art.95 e ss. c.p.).
 Sono caratterizzati da stati emotivi
incontrollabili e incontrollati spesso in
risposta e stimoli di forte valenza traumatica
o interpretati come tali dall’agente.
 Non rappresentano una causa di esclusione
della capacità di intendere e di volere ma
solo circostanza attenuante.
Psicologia – Devianza - Criminalità
Il comportamentismo:
 I processi psicologici non sono determinati
da processi intrapsichici ma dall’influenza
di fattori esterni.
 Il comportamento si attiva sempre in
relazione ad uno stimolo esterno.
 I processi psichici possono essere riprodotti
mediante esperimenti di laboratorio sì da
assicurare la scientificità dell’osservazione.
 A seguito dei primi esperimenti di Watson e
Skinner perfeziona la teoria dello stimolo/ risposta
introducendo il concetto di rinforzo.
 Il rinforzo negativo/positivo in relazione alla
risposta comportamentale può influire sulla
modifica del comportamento.
 La possibilità di poter modificare il
comportamento assume una significativa valenza
educativa.
Le teorie dell’apprendimento sociale
 Il comportamento non si determina in base a
stimoli esterni a cui segue un rinforzo in
senso negativo o positivo ma è influenzato
da un processo di apprendimento sociale in
cui un ruolo determinate lo assumono i
meccanismi imitativi.
 In questa teoria un ruolo fondamentale
vengono assumere le figure significative nel
percorso di crescita della persona.
La teoria di Albert Bandura
 L’effetto di modeling è rappresentato dalla
tendenza a conformarsi sui comportamenti messi
in atto da persone significative;
 Tale tendenza è sviluppata da Bandura anche nelle
sue ricerche sui processi di apprendimento dei
comportamenti aggressivi.
 La visione di spettacoli violenti favorisce il
riproporre atteggiamenti aggressivi secondo un
processo di modeling(imitazione immediata dei
comportamenti) e di eliciting( riproposizione di
comportamenti appresi precedentemente.
Paradigma generale della teoria
di Bandura
Personalità - Ambiente - Comportamento
Personalità
 Determinata da fattori innati e da tendenze
preesitenti con fondamento biologico
( Freud, Dollard e Miller, Bowlby);
 Determinata dalle risposte dell’ambiente e
dai processi di apprendimento sociale
( Bandura);
 Modello bio-psico-sociale in cui i fattori
biologici determinano il temperamento e
quelli sociali il carattere.
Dall’apprendimento sociale al
socio-cognitivismo
 Teoria che sviluppa l’importanza dei
processi cognitivi nel determinare il
comportamento umano;
 Il comportamento è determinato dalla
costruzione di un sistema di norme
interiorizzate e cognitivamente
riconosciute( agency);
 Agency: autoefficacia percepita e
disimpegno morale.
 Autostima: immagine positiva di Sé anche
nella relazione con gli altri;
 Autoefficacia: consapevolezza delle proprie
capacità in relazione al raggiungimento
degli obiettivi con l’effetto del
conseguimento di un maggiore successo .
Frustrazione e Aggressione
 Nel riproporre la concezione idraulica
dell’aggressività di Freud Dollard e Miller
elaborano la teoria dell’aggressione/frustazione.
 Il comportamento aggressivo è sempre
determinato da una situazione frustante anche se è
mediato da fattori quali l’entità della
frustrazione,la capacità di fronteggiare l’evento e
la presenza di fattori che interferiscono e mediano
la risposta aggressiva.
Attaccamento materno e devianza
 Secondo la nota teoria di Bowlby la qualità
dell’attaccamento materno può determinare
comportamenti devianti e dissociali in età adulta.
 Secondo una classificazione di forme di
attaccamento sicuro, insicuro evitante, insicuro
resistente e disorganizzato forme di attaccamento
insicuro e disorganizzato possono creare gravi
disagi psicologici in età adulta con risvolti che
danno anche origine a comportamenti di devianza.
Personalità e Identità
 L’identità è il fondamento della costruzione
della personalità;
 Consiste nella consapevolezza di Sé che
integra la percezione di Sé e la percezione
da parte degli altri;
 E’ fondamentale l’interazione con gli altri in
una dimensione duale e plurale.
L’identità negativa
 Mailloux con la sua teoria individuò come risposte
negative al comportamento determinano nella
persona la costruzione di un’identità sociale
negativa e la certezza di non essere in grado di
attuare un adeguato processo di socializzazione.
 Si tratta della cosiddetta teoria della pecora nera
ove il deviante viene qualificato attraverso un
processo di identificazione precoce.
Commenti
 Le teorie psicologiche forniscono
un’interessante chiave di lettura del
comportamento anche deviante e criminale
in relazione ai percorsi di sviluppo della
persona, ma non hanno alcun riflesso sulla
valutazione dell’imputabilità e della
responsabilità penale.
 Possono tuttavia delineare un interessante
profilo di personalità.
Meccanismi psicologici di
deresponsabilizzazione
 Strategie cognitive di autogiustificazione del
comportamento deviante: la scala del disimpegno
morale di Bandura.
 Giustificazione morale - etichettamento
eufemistico;
 Confronto vantaggioso – dislocamento della
responsabilità;
 Diffusione della responsabilità – distorsione delle
conseguenze;
 Deumanizzazione – attribuzione di colpa.
Paradigma biologico-costituzionale
 Inaugurato da Lombroso tende a dare
rilevanza ai fattori biologici e alle
caratteristiche della costituzione fisica nel
determinare il comportamento criminale.
 Trova particolare sviluppo nel periodo tra le
due guerre con una serie di studi che
mettono in evidenza i fattori che
caratterizzano a costituzione fisica,
l’ereditarietà, le anomalie cromosomiche.
I somatotipi
La tipologia di Sheldon:
A. Endomorfo - viscerotonico - prevalenza di tessuti viscerali;
Ripropone il soggetto picnico di Kretschmer
( che corrisponde al tipo ciclotimico)
B. Mesomorfo- somatotonico - prevalenza di tessuto
muscolare sanguigno;
Ripropone il soggetto atletico di Kretschmer poi assorbito dal
leptosomico (che corrisponde al tipo schizotimico)
C. Ectomorfo – cerebrotonico - prevalenza di tessuto nervoso;
Ripropone il soggetto leptosomico Kretschmer (che
corrisponde al tipo schizotimico).
Altri studi
 Maggiore ereditarietà nei comportamenti
anche devianti tra coppie di gemelli
monozigoti;
 Maggiore tendenza di comportamenti
aggressivi e devianti in soggetti con
anomalia cromosomica (XYY) ovvero
individui portatori di una Y in eccesso;
 Limitatezza di tali studi a causa di campioni
limitati e risultati non sempre confermati.
Comportamento criminale e cervello

1.
Teoria trinitaria di Mac Lean:
Cervello rettile: struttura arcaica e primitiva del
cervello che controlla le funzioni primarie;
2. Struttura mediana: a carattere evolutivo
intermedio:
3. Struttura più recente con funzioni superiori
proprie dell’uomo.
La mancata integrazione delle tre strutture cerebrali
può essere all’origine di comportamenti
impulsivi e immotivati.
La Scuola di Chicago
 Area di interesse:
Social Problems
 Contesto storico:
La Società americana degli anni ‘30
 Ambito di indagine
L’ambiente urbano
Fattori Storico-Sociali
URBANIZZAZIONE
 INDUSTRIALIZZAZIONE
 IMMIGRAZIONE
I metodi di ricerca della Scuola di
Chicago
 OSSERVAZIONE
 STORIE DI VITA
 STATISTICHE GIUDIZIARIE
Principali concetti elaborati dagli
Studiosi di Chicago
 DISORGANIZZAZIONE SOCIALE
 CONFLITTO CULTURALE
 SUBCULTURA
ATTENZIONE:
Sono concetti operativi che spiegano lo
sviluppo del comportamento deviante
La Disorganizzazione sociale
E’ caratterizzata da:
 Basso status socioeconomico
 Mescolanza di culture
 Instabilità residenziale
 Famiglie instabili - divise
I Conflitti Culturali
Primari
 Conflitti con la cultura di origine
Secondari
 Divergenze che sorgono all’interno della cultura
dominante tali da provocare conflitti
ATTENZIONE:
Tali concetti tengono conto del fattore immigrazione
e si riferiscono prevalentemente agli immigrati di
prima e seconda generazione: è tra questi che più
frequentemente si sviluppa il comportamento
deviante
Le Subculture
DEFINIZIONE
 Elaborazione di un sistema valoriale differenziato
da quello che caratterizza la cultura dominante e
che con questa può entrare in conflitto
TRASMISSIONE CULTURALE
 Rispetto alla cultura dominante
 Rispetto alle subculture
Attenzione:
 la trasmissione culturale consente la conservazione
delle sottoculture e la continuità
intergenerazionale
Le Aree della città di Chicago
CLASSIFICAZIONE





Il Centro della città
Area di transizione
I quartieri di lavoratori
I quartieri residenziali
Area al di fuori della città
Rapporto tra area cittadina e reati
 La zona di transizione è quella maggiormente
caratterizzata da disorganizzazione sociale anche
se la maggior parte dei reati vengono commessi
nella zona del centro della città.
 RAPPORTO TRA TASSO DI RESIDENZA E
TASSO DI DELINQUENZA
 Zona di transizione:alto tasso di
delinquenti
residenti
 Zona centrale:alto tasso di reati commessi
Gli Studiosi di Chicago
 Vogliono:
Individuare le aree disagiate della città di Chicago
 A tal scopo:
Effettuano ricerche sul campo
 Elaborano:
Concetti che vengono utilizzati non come
macroteorie ma come strumenti di conoscenza
dei problemi
 Si pongono come obiettivo:
Il risanamento delle aree ad alta densità
problematica e ad alto tasso di devianza
Chicago Area Project
Caratteristiche della sottocultura
 SOTTOCULTURA:
 ESSERE CONDIVISA
 ESSERE APPRESA
 ESSERE TRASMESSA
Quali Sottoculture
 CRIMINALE
la criminalità comune
 CONFLITTUALE
la delinquenza giovanile
 ASTENSIONISTA vagabondi e
tossicodipendenti
ATTENZIONE:
 Ciascuna sottocultura elabora diversi sistemi di
norme che contraddistinguono un corrispondente
tipo di banda(cfr. Teoria delle bande
delinquenziali in America di Cloward e Ohlin).
Le subculture giovanili
Secondo Cohen si caratterizzano per
atteggiamenti di tipo
 NON UTILITARISTICO
 PREVARICATORE
 NEGATIVO
Cohen
Il giovane aderisce a bande che orientano il loro
comportamento in senso deviante
 PER IL MANCATO ACCESSO ALLE
OPPORTUNITÀ SOCIALI
 PER VINCERE LA FRUSTRAZIONE DA
STATUS
 PER ESPRIMERE IL LORO CONFLITTO CON
UNA SOCIETÀ CHE ODIANO POICHÉ
PERCEPITA COME IRRAGGIUNGIBILE
La formazione reattiva come strategia difensiva
Caratteristiche della devianza
giovanile secondo Cohen
 Mancato accesso alle opportunità sociali
 Subcultura
 Risoluzione del conflitto
ATTENZIONE:
 Cohen fonde concetti basilari quali l’anomia e le
teorie della sottocultura proprie della scuola di
Chicago, ma anticipa l’analisi della devianza
minorile dal punto di vista degli aspetti
comunicativi ed espressivi.
Il contributo fondamentale di
Edwin Sutherland
 Teorie ispiratrici – Scuola di Chicago
 TEORIA ECOLOGICA
 TEORIA DELLA TRASMISSIONE
CULTURALE
 TEORIA
CULTURALE
DEL
CONFLITTO
Principi
 Il comportamento criminale non è la conseguenza della




disorganizzazione sociale, ma dell’organizzazione sociale
differenziale
Il conflitto è il prodotto di una società complessa con
norme e valori differenziati all’interno dei gruppi sociali
Alcuni gruppi sociali spesso entrano in conflitto con le
norme legittime
Le associazioni differenziali sono la manifestazione
dell’organizzazione sociale differenziale
E’ all’interno delle associazioni differenziali che si
attivano processi di apprendimento del comportamento
I nove punti della teoria di
Sutherland
 Il comportamento criminale viene appreso
 L’apprendimento si verifica mediante un processo
comunicativo
 All’interno del gruppo con stretti legami tra i suoi
componenti
 L’apprendimento comprende tecniche, ma anche
motivazioni, impulsi e atteggiamenti
 L’orientamento di motivazioni, impulsi e
atteggiamenti può essere in senso favorevole o
sfavorevole alla legge
I punti di Sutherland
 Si diventa delinquenti quando prevalgono
motivazioni e pulsioni in senso sfavorevole alla
legge
 Le associazioni differenziali variano per
frequenza, durata, priorità e intensità
 Esiste un’analogia tra processi di apprendimento
sia se il comportamento è orientato in senso
favorevole o sfavorevole alla legge
 Il comportamento criminale è espressione degli
stessi valori del comportamento legittimo
ASPETTI INNOVATIVI
DELLA TEORIA
 Importanza dell’apprendimento sociale nello
sviluppo del comportamento criminale
 Individuazione del gruppo come contesto di
apprendimento e di rinforzo del comportamento
 Enfatizzazione sugli aspetti comunicativi
 Analogia tra processi di apprendimento del
comportamento sia criminale che non criminale
 SVILUPPI:
 Identificazione differenziale
 Rapporti con l’interazionismo simbolico
Che cosa è IL REATO DEL
COLLETTO BIANCO?
 Un reato vero e proprio
 Commesso da persona di elevata condizione
sociale
 Nell’ambito della propria occupazione
 E presuppone un abuso di fiducia
 IMPORTANTE:
 Sutherland scopre un nuovo tipo di criminalità
nascosta ed estende la possibilità di
comportamenti criminali anche a persone di
elevata condizione sociale.
 Ciò è possibile grazie alla teoria delle associazioni
differenziali
Che cosa è l’anomia
 A – NOMOS . assenza di norme secondo
l’etimologia greca
 Come concetto etimologico corrisponde a:
 PERDITA DEL VALORE DELLE NORME
SOCIALI
 DAL PUNTO DI VISTA DEL SIGNIFICATO
RISPETTO AL COMPORTAMENTO
INDIVIDUALE
CAUSE:
q
periodi pstbellici
q
cambiamenti politici e sociali
q
divergenze culturali soprattutto
connesse al fenomeno migratorio
MERTON e il concetto di
ANOMIA
 ANOMIA - disfunzionalità tra mete
sociali e mezzi per raggiungerle
 ANOMIA - struttura sociale
 ANOMIA - comportamento deviante
Il conflitto può essere risolto
 Accettazione delle mete e dei mezzi legittimi






conformismo
Accettazione dei mezzi legittimi e riduzione delle mete
ritualismo
Accettazione delle mete e rifiuto dei mezzi legittimi
innovazione
Rifiuto di mete e mezzi
astensione
Rifiuto di mete e mezzi
ribellione
ATTENZIONE:
Il comportamento deviante si identifica soprattutto con
l’innovazione
Vantaggi e svantaggi della teoria
di Merton
 E’ una macroteoria
 Enfatizza il rapporto tra criminalità e struttura
sociale
 Individua l’importanza del rapporto tra divisione
della società in classi e devianza
 Rielabora il concetto di conflitto sociale in senso
strutturale
 Contribuisce alla teorizzazione del concetto di
devianza
Ancora su Merton
Ma è una teoria:
 del consenso
 che non individua le cause del conflitto
 che enfatizza il rapporto tra devianza e non
accesso ai mezzi che caratterizzano le classi
svantaggiate
 Influenze:
 teoria di Cloward e Ohlin sul diverso accesso alle
opportunità sociali
 teoria della sottocultura
Nuovi Scenari: i teorici
dell’etichettamento
 La Criminologia degli anni cinquanta/sessanta
tenta di conciliare la teoria di Merton con i
principi della Scuola di Chicago
 Prospettiva critica dei teorici dell’etichettamento
- Critica alla profezia che si autoadempie che
caratterizza le teorie precedenti
- Critica al concetto di devianza
Critica al concetto di devianza
 La devianza non corrisponde a uno status,ma è
una definizione
 Non è la conseguenza di Cause
Sociali
Culturali
 MA È L’EFFETTO DELLA CAPACITÀ DI
DEFINIZIONE DEGLI ORGANI
AMMINISTRATIVI E DI CONTROLLO
SOCIALE
Precursori
 INTERAZIONISMO SIMBOLICO
THOMAS
 TEORIA DEL SÉ
G.H. MEAD
Il contesto storico-culturale
 LA CONTESTAZIONE GIOVANILE
 I MOVIMENTI A FAVORE DELLA
DISUGUAGLIANZA RAZZIALE
Becker
 Deviante è un’etichetta applicata con
successo
 E’ la reazione sociale che qualifica i
comportamenti come devianti
 L’etichetta di deviante è più facilmente
applicata nei confronti dei soggetti dotati di
minore potere all’interno della società ed
appartenente a gruppi sociali marginali
Quali differenze con le
precedenti teorie:
 Non vengono accettate le teorie delle subculture e
del conflitto
 L’interesse non è rivolto alla devianza, ma al
deviante
 Non sono teorie strutturali
 La causa del comportamento deviante non è
strutturale alla società
 La devianza non è uno status, ma un processo
Perché deviante è un’etichetta
applicata con successo
 Azione  reazione sociale qualificazione
comunicazione  costruzione di identità
deviante
 Attenzione:
“.. la devianza non è una qualità che risiede nel
comportamento stesso, ma nell’interazione tra la
persona che commette un atto e coloro che
reagiscono ad esso”.
Becker( Outsiders,1963,tr.it 1987, p.33).
Becker( Outsiders,1963,tr.it 1987,
pp.27-28)
 “Non voglio dire, come comunemente
avviene, che le cause della devianza sono da
individuarsi nella situazione sociale del
deviante o in “fattori sociali” che
suggeriscono la sua azione, ma voglio dire
che i gruppi sociali creano la devianza
istituendo norme la cui infrazione
costituisce la devianza stessa, applicando
quelle norme a determinate persone e
attribuendo l’etichetta di outsiders.
 Da questo punto di vista, la devianza non è
una qualità dell’atto commesso da una
persona, ma piuttosto una conseguenza
dell’applicazione, da parte di altri, di norme
e di sanzioni nei confronti di un“colpevole”.
Il deviante è una persona alla quale questa
etichetta è stata applicata con successo; un
comportamento deviante è un
comportamento che la gente etichetta come
tale.”
Tipo di comportamento deviante
 Percepito come deviante
 Falsamente accusato – Pienamente deviante
 Non percepito come deviante
 Conforme – Segretamente deviante
Le carriere devianti
 Sviluppi evolutivi con cambiamenti di
status che presuppongono un passaggio da
una posizione all’altra.
 Career Contingency: fattori causali e
contingenti da cui dipende il passaggio da
una posizione all’altra, che includono fattori
oggettivi legati alla struttura sociale, ai
cambiamenti di prospettive, alle
motivazioni e ai desideri dell’individuo.
Deviazione primaria e devazione
secondaria
 Deviazione primaria:
 Azione che provoca reazione sociale senza
conseguenze;
 Deviazione secondaria:
 Azione che provoca conseguenze rafforzate
dall’intervento legittimo delle istituzioni.
La deviazione secondaria
 “La normalizzazione o, all’inverso, l’attribuzione
di un significato deviante alle azioni ha luogo
nell’ambito dell’interazione informale e mediante
l’operato delle agenzie formali di controllo
sociale. Le agenzie e gli agenti di controllo
sociale, nell’intento di promuovere e
salvaguardare i propri valori, definiscono la
deviazione e ascrivono agli individui atti
devianti.”
 Lemert, (Devianza, problemi sociali e forme di
controllo,1967,1972, tr.it. 1981,pp.84-85)
Dalla deviazione secondaria al
deviante secondario
 “La deviazione secondaria concerne una
particolare classe di risposte, socialmente definite,
che le persone danno ai problemi creati dalla
reazione sociale nei confronti della loro devianza”.
Omissis
 “Per coloro che ne fanno esperienza essi
divengono fatti centrali dell’esistenza, che alterano
la struttura psichica e danno luogo ad una
particolare organizzazione dei ruoli sociali e degli
atteggiamenti nei confronti del Sé.
 Le azioni compiute con riferimento a tali
ruoli e atteggiamenti nei confronti del sé
costituiscono la devianza secondaria. Il
deviante secondario, a prescindere dalle sue
azioni, è una persona la cui vita e identità
sono organizzate attorno ai fatti della
devianza”
Dalla deviazione secondaria alla
stigmatizzazione
 ….si intende un processo che conduce a
contrassegnare pubblicamente delle persone
come moralmente inferiori, mediante
etichette negative, marchi, bollature, o
informazioni pubblicamente diffuse.
 Costruzione dell’identità negativa: unica
disponibile e reale per il deviante
nonostante le spiacevoli conseguenze.
Aspetti innovativi della teoria:
 Rivalutazione dei processi individuali
Come si diventa devianti
non come si è devianti
 Critica al determinismo socioambientale ed ai
possibili effetti su profezie che si autoadempiono
 Riflessione critica sugli interventi istituzionali e
giudiziari
Influenza sugli interventi soprattutto
nell’ambito della devianza minorile
Critica alle istituzioni
Alternative penali
Programmi di diversion
Creazione di nuove strutture
Devianza e controllo sociale
 Il controllo sulla devianza è insito nella società
mediane fattori quali:
q
il processo di socializzazione
q
la solidità dei legami sociali
q
l’autocontrollo interno
 Precursori:
 La teoria dell’anomia di Durkheim – una società
anomica è una società con un controllo sociale
debole
 La teoria della disorganizzazione sociale
 La teoria della associazioni differenziali
Controllo sociale e contenimento
Personalità e socializzazione
Fattori che determinano il comportamento deviante
 - non adeguato sviluppo di autocontrollo interno
 - indebolimento dell’autocontrollo
 - assenza o conflitto delle regole sociali introiettate
Contenitori interni e contenitori
esterni
 Contenitori interni
Sé
autocontrollo
autostima
 Contenitori esterni
Ambiente sociale
ATTENZIONE:
 I contenitori interni sono quelli che influenzano in
modo più significativo il comportamento deviante
Legame sociale e autocontrollo
 Fattori che determinano il legame sociale
secondo Hirschi
attaccamento

coinvolgimento

impegno
convinzione
Definizione di autocontrollo
secondo Gottfredson e Hirschi
Capacità di resistere alla tentazione del
momento
 Tale capacità è correlata a:
q
q
q
l’educazione ricevuta
l’attrazione esercitata dal crimine
la gratificazione che ne può derivare
Sykes Matza e le tecniche di
neutralizzazione





Negazione della responsabilità
Negazione del danno
Negazione della vittima
Condanna di chi condanna
Ricorso ad alti ideali
Strategie di contenimento sugli effetti dissuasivi
della norme sociali che ripropongono il concetto
di committment in Becker , processo attraverso il
quale la persona normale viene progressivamente
coinvolta nelle istituzioni e nel comportamento
convenzionale.
Le critiche di Hirshi alle tecniche di
neutralizzazione
 Secondo Hirschi non rappresentano strategie volte
a facilitare il comportamento deviante;
 La spinta motivazionale che spinge la persona a
commettere atti devianti si attiva
contemporaneamente all’elaborazione delle
tecniche di neutralizzazione;
 Nella teoria dell’autocontrollo la dimensione della
convinzione nelle regole sociali può variare e più è
debole più cresce la probabilità che si commettano
atti devianti (basso autocontrollo).
A CHE COSA SERVONO:
 a neutralizzare il sistema valoriale dominante e la
sua capacità di contenimento del comportamento
deviante;
 hanno effetti sulla stabilizzazione del
comportamento deviante dal punto di vista del
deviante;
 sono giustificazioni del comportamento deviante
considerate valide dal delinquente, ma non dal
sistema legale o dalla società in genere.
Le teorie dell’apprendimento sociale
 Recupero del presupposto di Sutherland
 Il comportamento deviante si apprende
 Teorie dell’apprendimento sociale e
comportamentismo
Apprendimento e rinforzo positivo
Imitazione e apprendimento
Socializzazione e modeling
Bandura
Le teorie della costruzione sociale
del crimine
Punto di partenza

Critica alle istituzioni totali
Emarginazione
Esclusione
Stigma
 Lo stereotipo del criminale diviene elemento di
classificazione in senso deviante dei
comportamenti
La criminologia critica
 National Deviance Conference
Taylor, Walton, Young
 Influenzata dalle teorie marxiste e dalla
criminologia radicale americana(Platt):
Temi
 La criminalità è una finzione del potere per
escludere le classi sociali svantaggiate;
 I ricercatori forniscono gli strumenti psuedo
scientifici che sostengono la politica delle classi
dominanti.
Criminologia Critica e
Antipsichiatria
 Analogia con l’Antipsichiatria: anche il
malato di mente è uno stereotipo che serve
al potere per escludere individui considerati
scomodi e inutili;
 Si tratta di strategie per distogliere
l’attenzione del potere dalle vere forme di
devianza proprie dalle classi più abbienti e
colluse con il potere.
La criminologia critica in Italia:
La Questione Criminale e il gruppo di Bologna
Paradigma:
 la definizione di devianza è espressione di chi
gestisce il potere che a sua volta stabilisce le
modalità di controllo e ne legittima il potere
 Analisi dei meccanismi di controllo sociale e
giudiziario
Abolizionismo
Riduzionismo
 Indagine: elaborazione teorica e analisi delle
politiche giudiziarie
Altri temi affrontati dai
criminologi critici
 Riduzionismo penale
decriminalizzazione: non considerare più
reati comportamenti prima configurati come
tali;
depenalizzazione: sostituire la sanzione
penale con sanzioni civili o amministrative.
 Nuovo orientamento di ricerca sulla
criminalità economica.
Conseguenza della Criminologia Critica
sulla ricerca e le Politiche Penali
 Aver introdotto all’interno della ricerca
criminologica la previsione di variabili sociali e
politiche prima ignorate dalla ricerca;
 Aver focalizzato l’interesse su altre forme di
criminalità nascosta come i reati del colletto
bianco, i reati ambientali e le discriminazioni
razziali,sociali e di genere;
 Aver promosso una limitazione degli interventi
giudiziari sulla devianza per un maggior
coinvolgimento delle risorse sociali e del
territorio.
Teorie conflittuali( Goode,1984)
Le classi dominanti definiscono la devianza:
 La devianza e i comportamenti violenti sono
diffusi in tutte le classi sociali ma vengono
attribuite solo alle classi sociali svantaggiate;
 La giustizia non viene amministrata in modo
eguale e le classi dominanti elaborano un sistema
di leggi con lo scopo di difendere i propri interessi
e assicurarsi l’impunità;
 Il diritto penale è lo strumento con cui i detentori
del potere si assicurano il controllo dei più deboli.
Teorie marxiste
 Bonger olandese( 1982) nella prospettiva marxista
considera la criminalità come l’espressione della
divisione della società in classi.
 La società capitalista è caratterizzata dall’egoismo
e gli stessi proletari, oppressi dalle privazioni, non
possono fare a meno di commettere reati.
 Bonger sviluppa un determinismo sociale fondato
sulla negazione del libero arbitrio e
sull’affermazione dell’influenza delle circostanze
socioambientali.
Teorie conflittuali
 Recupero della prospettiva macrosociale
 Individuazione di due tipologie di conflitti
strutturali alla società
Prospettiva conservatrice
 Conflitti tra gruppi per il potere (Vold)
 Conflitti tra autorità e gruppi (Turk)
Posizioni intermedie (Quinney)
 Aderisce inizialmente alla prospettiva delle teorie
conflittuali non marxiste per aderire ad una
prospettiva marxista e anti capitalista.
 Teorie della realtà sociale del
crimine(1974,1975):
 Definizione del crimine;
 Formulazione della definizioni;
 Applicazione delle definizioni penali;
 Modelli comportamentali in relazione alle
definizioni penali;
 Costruzione dei concetti di crimine;
 La realtà sociale del crimine.
Influenze
 Interazionismo: sono i gruppi sociali che
definiscono la devianza;
 Teorie conflittuali(Vold): nei conflitti tra gruppi
sono i gruppi che prendono il potere a dettare le
norme a loro vantaggio;
 Teoria delle associazioni differenziali: il
comportamento individuale è determinato
dall’orientamento del gruppo di appartenenza.
In conclusione
 Si conferma lo stereotipo del criminale come
soggetto appartenente alle classi sociali
svantaggiate;
 Tali classi sociali hanno maggiore probabilità di
essere puniti dalla legge se commettono reati e
infrazioni;
 Le forme di criminalità vengono indicate
prevalentemente nei reati comuni lasciando
impuniti i reati commessi dalle classi mediosuperiori.
Nuove prospettive in Criminologia
Destra
 prospettiva basata sulla valutazione dei costi
benefici:
 il reato è legato all’opportunità contingente
Sinistra
 la scelta è determinata dall’incapacità di
rielaborare la frustrazione legata alla
deprivazione relativa.
La Teoria della Scelta
Razionale(Cornish,Clarke 1986,1987)
 Cause e Motivazioni al reato
 Valutazione costi/benefici
 Appetibilità dell’obiettivo
 Facilità nel raggiungimento dell’obiettivo
ATTENZIONE:
La concezione della criminalità non è più centrata sul
reo o sull’ambiente, ma su di una valutazione di
convenienza e facilità di azione da parte del reo
La teoria della deprivazione relativa
 La devianza non è la conseguenza diretta di una
condizione di deprivazione(determinismo
sociologico).
 Ma è la conseguenza della percezione della
deprivazione di mezzi in una società con strumenti
di accessibilità differenziati rispetto alla classe
sociale di appartenenza.
 Assenza di determinismo sociologico, ma scelta
della persona sulla base della percezione
personale.
Lo studio della vittima in
criminologia
 “Essere vittima può significare dover sostenere
una grave offesa, subire un danno materiale,
essere traditi nella fiducia riposta, sopportare
un’ingiustizia, avere paura, con la conseguenza di
un danno alla persona”.
 Corrisponde ad una definizione ampia che non
necessariamente presuppone la violazione di una
norma penale, ma il verificarsi di un evento che
influenza la sfera sociale, emotiva, situazionale,
relazionale e comportamentale di una persona o
gruppi di persone.
 Ciononostante l’interesse per la vittima ha
interessato prevalentemente il diritto penale,
pertanto la vittimologia ha fatto coincidere la
nozione di vittima con quella di vittima del reato.
 E’ all’interno di questa nuova disciplina che viene
rivalutata la vittima secondo un orientamento di
studi e di amministrazione della giustizia centrato
esclusivamente sull’autore del reato.
Vittimologia e Criminologia
 La focalizzazione sul reato determina alcune
dimensioni quali:
 la violazione della norma penale nella prospettiva
criminologica,
 I rapporti di potere che il reato comporta nella
relazione di genere nella prospettiva femminista,
 le caratteristiche situazionali che favoriscono o
inibiscono il reato all’interno della lifestyle theory.
.
Criminologia e Vittimologia
 La dimensione penalistica della vittimologia la
colloca necessariamente all’interno della
criminologia e del rapporto con l’autore del reato.
 Discipline autonome o indipendenti?
 Pareri controversi che oscillano tra l’affermazione
del legame indissolubile tra vittima ed autore del
reato sì da considerare la vittimologia come parte
della vittimologia e l’affermazione della
vittimologia come scienza autonoma tendenza che
è tuttora prevalente.
La vittimologia come scienza
applicata: il processo
 L’ analisi della scena del crimine durante la
fase di inizio dell’indagine giudiziaria;
 La vittima come testimone dell’evento
delittuoso;
 La tutela della vittima e la prevenzione della
vittimizzazione secondaria;
 Rapporti della vittimologia con altre
discipline quali la medicina legale, la
psicologia, la sociologia,la criminalistica.
 Le conseguenze del reato sulla
vittima:Victim Impact Statement ;
 Azioni di tutela e protezione della vittima e
strategie di riparazione del trauma: I Servizi
a favore della vittima;
 La prevenzione: gli indicatori di rischio di
vittimizzazione;
 Prevenzione della vittimizzazione, paura
della criminalità e sicurezza urbana.
Interesse internazionale per la
vittima
 La Decisione Quadro del Consiglio
d’Europa del 15 marzo 2001(
2001/220/GAI) rappresenta il punto di
partenza di una serie di disposizioni
internazionali che hanno progressivamente
provveduto ad assicurare alle vittime
un’adeguata tutela processuale e risarcitoria.
Punti salienti della Decisione Quadro e delle
successive disposizioni internazionali
 Vengono affermati alcuni principi:
 la partecipazione delle vittime al processo
anche attraverso modalità riparative;
 l’affermazione che va assolutamente evitata
la vittimizzazione secondaria;
 Il diritto all’informazione con il
superamento delle barriere linguistiche e
culturali;
 L’impegno da parte degli stati membri a rendere
disponibili servizi e organizzazioni non
governative di supporto alle vittime;
 L’impegno da parte degli stati membri a fornire
fondi pubblici per il risarcimento anche materiale
alle vittime del reato.
 Affermazione del principio della maggiore tutela
che deve essere indirizzata nei confronti delle
vittime vulnerabili e particolarmente
vulnerabili(Decisione quadro 2002/629).
La prrevenzione situazionale
 Strumenti adeguati possono essere:
 l’individuazione di aree a rischio e di aree ad alta densità di
reati,
 l’adozione di strumenti di controllo del territorio attraverso
l’uso di strumenti di sorveglianza elettronica o di
potenziamento delle forze dell’ordine(la mancanza di un
guardiano è uno dei fattori che può essere percepito dal
potenziale reo come elemento di facilitazione del reato),
 la tutela di persone che a causa del loro stile di vita a
seguito della posizione sociale e del lavoro svolto sono
particolarmente a rischio,
 campagne di informazione, sensibilizzazione e
coinvolgimento dei cittadini anche a livello di quartiere.
Teorie di riferimento
 La lifestyle theory di Hindelang,Gottfredson e Garofalo









(1978);
La teoria delle attività abituali(Cohen e Felson,1979) e
della scelta razionale (Cornish, Clarke,1986);
La commissione di un reato dipende da:
abitudini di vita;
circostanze contingenti (visibilità,inerzia,valore e
accessibilità rispetto all’oggetto del reato):
Ne consegue:
restituzione alla valutazione soggettiva del potenziale
autore la commissione dell’azione criminosa.
minore controllabilità del comportamento deviante
la crescita del senso di insicurezza
ampliamento della gamma delle potenziali vittime.
Cosa spiega la vittimologia
 Il significato della relazione tra vittima ed autore
del reato;
 Il ruolo avuto nel determinarsi nell’evento
delittuoso;
 I fattori che hanno determinato il verificarsi
dell’evento delittuoso;
 I fattori contestuali che hanno contribuito nella
precipitazione dell’evento delittuoso;
 La vittimologia si pone in una prospettiva
dinamica rispetto al delitto.
Fattori predisponenti
 Fattori preesistenti alla commissione del reato che
caratterizzano la vittima e la rendono
particolarmente esposta al rischio di
vittimizzazione;
 I fattori preesistenti coincidono con le
caratteristiche bio-psicologiche e sociali della
vittima e rappresentano un’attrattiva per l’autore
del reato;
 Le predisposizioni vittimogene specifiche secondo
le interpretazioni di Von Hentig, Fattah, Gulotta
sono strutturali e non contenstuali.
Fattori precipitanti
 La precipitazione al reato:
Quando la vittima contribuisce alla commissione del
reato;
Le ricerche di Wolfgang(1957,1958) e Amir (1971;
Quando gli atteggiamenti della vittima del reato e la
relazione con l’autore rappresentano un elemento
scatenante del reato;
Causalità o attribuzione di causalità?
Le tipologie delle vittime
1.
2.
3.
4.
Vittime potenziali, latenti, imprudenti, criminalivittime,tormentatrici,false,simulatrici,indiscriminate: le
classificazioni di Von Hentig, Fattah, Gulotta;
Vittime passive e vittime attive in relazione al contributo
dato al verificarsi dell’evento
Fungibilità e infungibilità della vittima : la variabile della
tipologia del reato;
Le vittime passive preferenziali, simboliche,trasversali;
Aspetti critici: tendenza classificatoria che ripropone il
paradigma positivista delle tipologie criminali.
Criminogenesi e
Criminodinamica
 La criminogenesi dell’evento delittuoso si
riferisce ai fattori preesistenti e come questi
possono influire sul determinarsi
dell’evento delittuoso;
 La criminodinamica comprende invece i
fattori contestuali che possono coincidere
nelle azioni, le emozioni provocate, i
messaggi comunicativi e le distorsioni
cognitive( effetto feedback e retroazione)
Il contributo della psicologia
 La psicologia delle distorsioni cognitive alterano
la percezione della realtà all’interno di una
relazione interpersonale e possono contribuire a
provocare una reazione violenta;
 La psicologia delle attribuzioni fornisce un
contributo ai codici interpretativi sottostanti la
relazione tra autore e vittima;
 Non soltanto nell’ambito di relazioni affettive
parentali, ma anche rispetto ai codici che regolano
i rapporti all’interno della criminalità.
Il rischio di vittimizzazione
Si ripropongono la life style theory e la routinary activity
theory:
 “La vittimizzazione non è distribuita causalmente nello
spazio e nel tempo – vi sono luoghi di alto rischio e periodi
di tempo di alto rischio .” “Modelli di stile di vita
influenzano: a. l’entità dell’esposizione a posti e tempi con
rischi di esposizione variabili”, b. la prevalenza di
esposizioni con altri che hanno più o meno probabilità di
commettere reati” (Garofalo,1987, p.26);
 il crimine è il risultato di tre elementi individuabili nel
tempo e nello spazio: 1. la presenza di probabili e motivati
autori; 2. la presenza di obiettivi appetibili;3. l’assenza di
un “guardiano” capace a scagionare la commissione del
reato(Robinson, 1999).
Inadeguatezza della life style theory
e della routinary activity theory
 Esplicativa soprattutto nello spiegare il rischio di
vittimizzazione di reati contro il patrimonio;
 Non adeguatezza per quanto riguarda reati in
ambito familiare e che coinvolgono i minori;
 Importanza nel considerare anche la vicinanza e la
frequentazione di gruppi devianti o l’assunzione di
stili di vita devianti.
Precipitazione, predisposizioni
specifiche e vulnerabilità
 Pretesto avanzato dalle istituzioni per
deresponsabilizzare le istituzioni rispetto a
campagne di prevenzione della vittimizzazione;
 Individuazione di caratteristiche strutturali che
non sempre corrispondono alla diversità delle
situazioni;
 L’ipotesi del rischio differenziale meglio
corrisponde alla dimensione dinamica della
vulnerabilità della potenziale vittima;
 Il concetto di rischio differenziale non
esclude la presenza di fattori legati alle
caratteristiche bio-spico-sociologiche ma le
declina in considerazione anche degli
aspetti contestuali in cui si verifica gli
eventi delittuosi;
 Esauriente la distinzione di Sparks:
 a. precipitazione ( il comportamento della vittima
incoraggia fortemente il comportamento del
delinquente), b. facilitazione( la vittima si espone
al rischio a causa del suo comportamento, dei suoi
attributi e della sua posizione sociale),c.
vulnerabilità( la vittima è un facile bersaglio del
crimine),d. opportunità( la vittima è un facile
bersaglio del crimine), e, attrattività ( la vittima o
ciò che lei possiede attirano l’attenzione del
delinquente)( Sparks,1982, cit.in Bandini,
2004,p.514).
Altri fattori che incidono sulla
vulnerabilità della vittima
 la vulnerabilità non si configura come una
componente oggettiva correlata a fattori
predisponenti intesi quasi come indicatori di
una potenziale vittimizzazione futura, ma va
mediata dalla rappresentazione soggettiva
da parte delle potenziali vittime che può
essere influenzata anche dai mezzi di
comunicazione.
Rischio e danno
 La vulnerabilità della vittima si misura in
relazione al rapporto tra rischio e danno: non
sempre un alto rischio presuppone un danno
corrispondente ma può avere come conseguenza
un danno lieve così come un basso rischio può
comportare un danno grave.
 L’entità del danno è proporzionale alla capacità
della vittima nel sostenere il danno subito.
Le emozioni
 Tale capacità può individuarsi nella capacità
di resistenza della vittima(resilience) e nella
capacità di risposta agli eventi stressanti
mediante il coinvolgimento, il controllo e la
sfida.
 Ruolo determinante assume la capacità della
vittima di gestire le emozioni legate
all’evento improntate paura o rabbia.
Aspetti atipici della vittimizzazione
 Quando la vittima e il suo aggressore
entrano in relazione sino ad annullare il
rapporto di subordinazione:
La sindrome di Stoccolma.
Fattori di vulnerabilità: la minore età
Forme di vittimizzazione più frequenti:
 Si verificano prevalentemente all’interno
delle relazioni familiari o in ambienti che
interagiscono con l’ambiente familiare;
 Si tratta prevalentemente di comportamenti
omissivi e aggressivi che danneggiano
gravemente lo sviluppo psicofisico dei
minori.
Tipi di comportamento
 Comprendono comportamenti di negligenza
e trascuratezza da parte di chi ha in cura il
minore o di comportamenti che prevedono
vere e proprie forme di aggressività fisica,
psicologica, sessuale o di violenza legata
all’ambiente familiare o istituzionale.
Fattori di vulnerabilità
 La dipendenza dall’adulto;
 La coabitazione che aumenta il rischio di
vittimizzazioni ripetute;
 La disfunzionalità delle relazioni familiari e
della qualità dell’attaccamento;
 La difficoltà ad essere creduto
dall’ambiente familiare e istituzionale.
Fattori di rischio
 le caratteristiche della violenza (gravità del
trauma, frequenza nel tempo, traumi precedenti);
 la fase dello sviluppo ( influenza le possibili
risorse cognitive ed emozionali utili per modulare
l’ansia);
 le caratteristiche della personalità del bambino;
 il contesto familiare e la comunità di
appartenenza(presenza o meno di fattori protettivi
e di supporto dell’ambiente).
Fattori di protezione











Che riguardano il bambino:
Aver acquisito capacità autoregolative interne;
Buona capacità di controllo delle emozioni;
Competenze prosociali ed empatiche acquisite;
Buona stima di Sé;
Che riguardano l’ambiente:
la presenza di un genitore “testimone partecipe” o
protettivo;
la disponibilità di altri contesti relazionali protettivi;
l’aver usufruito di cure adeguate nei primi anni di vita da
parte dei genitori o di uno di essi o da parte di un adulto
sostitutivo;
Contestuali:
la non continuità dell’abuso o la sua individuazione
precoce;
Conseguenze
 A breve termine:
Disturbi del sonno, disturbi dell’apprendimento e
caduta del rendimento scolastico,disturbi fisici,
difficoltà nei rapporti interpersonali.
 A lungo termine:
Sequele psichiatriche che possono perdurare anche
in età adulta;
Dissocialità e tendenza a comportamenti devianti tra
cui droga o alcol;
Assunzione di stili educativi violenti o tendenza alla
violenza delle relazioni intime.
Multidimensionalità della
vulnerabilità legata all’età
 Tipologia dell’abuso;
 Caratteristiche personali del minore;
 Presenza di un adulto protettivo;
 Capacità di supporto da parte dell’ambiente
familiare e sociale;
 Qualità degli interventi istituzionali.
 La vulnerabilità del minore è intesa in senso
dinamico ed è mediata dalle strategie di
prevenzione delle conseguenze.
Fattori di vulnerabilità: il genere
 “Convenzione del Consiglio d’ Europa sulla prevenzione e
la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la
violenza domestica” (Istanbul,11maggio 2011) e ratificata
con tempestività dal Parlamento Italiano, il 28 maggio
2013 alla Camera e il 19 giugno 2013 al Senato, in cui
all’art. 3, punto c e d: “ con il termine “genere” si ci
riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi
socialmente costruiti che una determinata società considera
appropriati per donne e uomini” e “ l’espressione
“violenza contro le donne basata sul genere” designa
qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale,
o che colpisce le donne in modo sproporzionato”.
 Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93 - (Legge 15 ottobre
2013,n.119)
La violenza domestica
 viene definita la violenza domestica
come”….tutti quegli atti, non episodici,di
violenza fisica,sessuale, psicologica o
economica che si verificano all’interno della
famiglia o del nucleo familiare o tra attuali
o precedenti coniugi o persone legate da
relazione affettiva in corso o
pregressa,indipendentemente dal fatto che
l’autore di tali atti condivida la stessa
residenza della vittima”.
Innovazioni importanti
 Aver focalizzato l’attenzione sulla violenza
tra partners( Intimate Partner Violence) e
sugli effetti traumatici sui minori;
 Viene infatti esplicitamente considerata la
violenza su donna incinta consumata di
fronte a soggetti di età minore;
 Aver esteso la definizione di violenza
domestica anche ai rapporti tra partners
anche non conviventi.
Tre linee interpretative
 la violenza è violenza sulla donna in quanto tale a
causa di ruoli sociali, stereotipi di genere,
supremazia maschile legata alla cultura
patriarcale;
 nella prospettiva psicologica e psicopatologica la
violenza sulla donna presuppone sviluppi
patologici legati all’autore anche a causa di
esperienze pregresse;
 nella prospettiva sociologica la violenza sulla
donna riproduce modalità relazionali violente
socialmente apprese ed interiorizzate;
Alcune riflessioni sul concetto di
violenza
 Aggressività e violenza: tendenza la prima volta a
recare danni anche non deliberati, comportamento
sistematico volto intenzionalmente a produrre
danno;
 Un’azione è aggressiva se intenzionalmente vuole
procurare danno e si differenzia da azioni che
comunque procurano danno senza intenzione
iniziale;
 Aggressività emozionale ed aggressività
strumentale: possono coincidere se indirizzate
verso la discriminazione di gruppi o persone;
 Violenza : forma estrema dell’aggressività;
 Violenza strutturale – istituzionalizzata nei
confronti di gruppi emarginati e minoritari;
 Violenza normativa da parte del sistema
normativo legato al cambiamento politicoistituzionale.
Un’interpretazione del comportamento
violento dal punto di vista della vittima
 La prospettiva di Lonnie Athens: l’uomo violento
elabori piani di azione mediante i quali si
rappresentano la situazione;
 Rilevanti dal punto di vista vittimologico le
interpretazioni “fisicamente difensive” in cui
prima l’autore tende ad assumere l’atteggiamento
della vittima attribuendo ai suoi gesti e
atteggiamenti un significato di potenziale o
effettivo attacco;
 successivamente, l’autore decide che deve agire
con violenza e prepara un piano di azione.
Maltrattamento e femminicidio
 Violenze pregresse possono risolversi nella morte
della donna ma è la coabitazione con l’aggressore
il fattore di rischio più rilevante;
 Altri fattori riguardano:
 a. la percezione da parte dell’autore della vittima
rispetto ai significati attribuiti alla propria azione,
b. la storia personale pregressa sia della vittima
che dell’autore,
 c. la rappresentazione interna della violenza sia da
parte di chi la agisce sia da parte di chi la subisce
direttamente.
Esiste anche una violenza al
femminile?
 Sì: se il fenomeno non emerge ne è causa:
 lo stereotipo del femminile come “gentil sesso”,
 la vergogna che l’uomo prova a denunciare le violenze
subite a discapito della sua virilità, l
 a prevalenza di violenze a carattere psicologico che
presentano l’indubbia caratteristica di una minore
visibilità;
 la tendenza a considerare la presenza di comportamenti
violenti da parte di donne nei confronti del proprio partner
soprattutto come una forma di autodifesa nei confronti
delle violenze subite.
La vittima e il processo
 La vittima ricopre un ruolo fondamentale
nel processo di accertamento della
responsabilità del reo in relaziona a:
1. la criminodinamica dell’evento delittuoso;
2. al danno provocato alla vittima in quano
parte offesa del reato;
3. all’acquisizione della testimonianza.
Come tutelare la vittima
La vittimizzazione secondaria
 Scarsa attenzione ai bisogni della vittima;
 Impiego di procedure inappropriate;
 Incredulità, biasimo e colpevolizzazione
nei confronti della vittima;
 Ricorso a personale non adeguatamente
formato.
La teoria della fede in un mondo
giusto
 Se la vittimizzazione colpisce coloro che
trasgrediscono le norme sociali viene meno la
solidarietà nei confronti della vittima e ciò
incrementa il rischio di vittimizzazione
secondaria;
 Si crea una correlazione tra innocenza della
vittima e fiducia in un mondo giusto che incide sul
processo di vittimizzazione secondaria e sul
giudizio di meritevolezza del danno subito.
 Più è forte la fiducia in un mondo giusto più si è
meno attenti ai bisogni della vittima.
Tutela della vittima in relazione ai
fattori di vulnerabilità: l’età minore
 Ai sensi della Convenzione dei Diritti del
Fanciullo emanata a New York nel 1989 e
ratificata in Italia con la legge n. 179/1991
ulteriormente integrata con successivi proclami
internazionali e leggi di ratifica da parte dei
singoli Stati membri il minore in quanto soggetto
vulnerabile deve essere ascoltato in ogni fase e
grado dei procedimenti che lo riguardano e gli
deve essere assicurata ogni di protezione e
sostegno psicologico al fine di evitare qualsiasi
ulteriore trauma e conseguenza sul suo naturale
sviluppo.
Azioni
 Ascolto protetto del minore con il ricorso a
professionista opportunamente formato in ausilio
al giudice;
 Presenza di esponente dei servizi al fine di
assicurare sostegno del minore soprattutto nei
procedimenti che riguardano abuso e violenza
sessuale(art.12 l.n.99/1996);
 Impiego di appositi strumenti di raccolta della
testimonianza adeguati alla fase di sviluppo del
minore nei casi in cui il minore è sia vittima che
testimone.
La vittimologia forense
 Quando pratiche di accertamento diagnostico inadeguate e
metodologie non appropriate comportano sofferenza non
solo nel presunto autore di reato che può essere
ingiustamente condannato, ma anche nel bambino e nella
sua famiglia.
 Quando il bambino può divenire vittima di ritorno quando
diviene vittima di cospirazioni da parte degli adulti (nei
casi di separazione/divorzio conflittuali da parte dei
genitori) o di ansia anticipatoria da parte dei genitori che si
sentono responsabili in modo ossessivo della tutela dei
minori;
 Quando vi è condizionamento da parte di campagne
medianiche che tendono a generalizzare e amplificare il
fenomeno dell’abuso.
A livello internazionale
 La Vittimologia Forense viene considerata come uno
studio idiografico e nomotetico delle vittime di reati
violenti con lo scopo di indirizzare le indagini e le pratiche
forensi. A tal fine studia la fisionomia delle vittime, degli
autori, delle circostanze del reato e delle cause del crimine
in considerazione dello stile di vita della vittima e della
relazione con l’autore al fine di comprenderne la causa del
verificarsi dell’evento delittuoso. Si pone come scienza
applicata impiegata con obiettivi scientifici e pratici. Molti
contenuti e obiettivi coincidono con quelli della
vittimologia stessa, inquadrata in questo caso in un
contesto forense.
Tutela della vittima in relazione ai
fattori di vulnerabilità: il genere
 Invio alla Convenzione di Istanbul: ricorso
a personale specializzato anche per le
vittime di violenza di genere;
 Rifiuti di procedure giudiziarie lesive per la
dignità e tutela morale e psicologica della
persona;
 Ruolo della Associazioni Victim Support
come costituzione di parte civile nelle
procedure giudiziarie.
Nuove prospettive di tutela della
vittima nel processo penale
 Esigenza di tutelare la vittima durante le procedure
penali anche quando non ricopre il ruolo di
testimone.
 La vittima va tutelata come persona offesa e
pertanto deve avere il diritto di esprimersi in
relazione al danno ricevuto.
 Il rapporto con l’autore del reato va considerato
non solo in relazione alla violazione della norma
ma soprattutto in relazione al danno arrecato alla
vittima.

Il paradigma riparativo
 Compito della giustizia è quello di promuovere la
riparazione del danno alla vittima mediante:
A. modalità risarcitorie di natura prevalentemente
economica;
B. attività socialmente utili;
C. incontri guidati tra vittima ed autore del reato allo
scopo di intraprendere un’attività di mediazione
del conflitto provocato dal reato con la
progettazione di un’attività riparativa da espletare
nei confronti della vittima.
Dimensione internazionale
 I principi della Giustizia Riparativa e della
mediazione penale sono promossi a livello
internazionale dai proclami delle organizzazioni
internazionali(La Dichiarazione di Vienna del
2000, La Raccomandazione del Consiglio
d’Europa n. R (99)19 e degli Stati Membri;
 Trova ampia applicazione nei paesi europei e nel
Nord America;
 In Italia trova spazio nella Giustizia Minorile a
livello sperimentale e nell’applicazione delle
misure alternative alla detenzione.
Alcune riflessioni
 La giustizia riparativa si pone come un modello al
femminile di giustizia da contrapporre ad un
modello al maschile fondato sulla punizione.
 La mediazione si propone come strumento di
abbandono dei sistemi formali di controllo
prospettando invece la piena condivisione della
presa in carico di situazioni conflittuali.
(Pavarini,2001)
Nodi critici
 Rischio di una deriva trattamentale nella
mediazione applicata alle misure alternative alla
detenzione;
 Applicazione residuale della mediazione a causa
del carattere prescrittivo del diritto penale tale da
contrastare con il paradigma mediativo;
 Richiesta di politiche repressive allo scopo di
assicurare il bisogno di sicurezza;
 La mediazione deve tuttavia agire non al di fuori
della legge ma all’interno di essa contribuendo a
modificarla.
La prevenzione
 prevenzione primaria: applicazione di interventi
diretti alla popolazione generale indirizzati a
fattori potenzialmente criminogeni prima che si
verifichi il problema,
 prevenzione secondaria :applicazione di interventi
diretti a categorie a rischio a causa di fattori
predisposizionali o a circostanze contingenti,
 prevenzione terziaria: attuazione di interventi
diretti a delinquenti conosciuti con lo scopo di
evitare ulteriori danni.
Prevenzione victim oriented
 a livello primario: rafforzamento di campagne di
consapevolezza e rassicurazione,
 a livello secondario: considerare categorie
vulnerabili e a rischio come anziani e minori
soprattutto per quanto riguarda reati quali furti con
scasso o violenze fisiche e sessuali,
 a livello terziario: iniziative volte a scagionare il
ripetersi di vittimizzazioni, il sostegno alle vittime
o attività di riparazione e risarcimento che fanno
parte dei principi della giustizia riparativa e che
comprendono la mediazione con l’autore del reato.
Può la giustizia riparativa rappresentare uno
strumento di prevenzione?
 In prima istanza può rappresentare uno
strumento di prevenzione che investe
essenzialmente il livello terziario delle
strategie di prevenzione;
 Ciononostante la giustizia riparativa può
essere un efficace strumento di prevenzione
in quanto strumento di prevenzione
victim/oriented;
 L’incontro vittima-autore nel percorso di
mediazione comporta infatti:
 La valorizzazione della vittima con un
effetto di empowerment;
 La assunzione di responsabilità dell’autore;
 L’impegno dell’attività riparativa.
La prevenzione
 riduzione della paura del crimine da parte della vittima;
 consapevolezza da parte del reo del danno arrecato che può
produrre un’astensione successiva nel commettere reati;
 l’incontro con l’autore del reato può chiarire alla vittima le
dinamiche di commissione del delitto e ridurne la
vulnerabilità mediante la messa a punto di strategie
difensive per evitare vittimizzazioni ripetute;
 quando vittime e rei appartengano allo stesso ambiente
socioeconomico e condividano molte caratteristiche
demografiche e che autori di reato rimangano essi stessi
vittime o che vi sia una correlazione tra l’essere state
vittime per poi divenire futuri delinquenti.
La percezione di insicurezza
 essere stata vittima di reati sia contro la persona che contro

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


il patrimonio comporta un sentimento di insicurezza sia in
luoghi aperti che all’interno della propria abitazione
ma anche chi non è mai stato vittima di reati non è esente
da sentirsi insicuro.
Perché?
le altrui esperienze,
il sentirsi parte di una comunità in cui si condividono
luoghi e spazi,
l’effetto di amplificazione dell’informazione,
la mancanza di fiducia nell’azione della giustizia e negli
interventi delle istituzioni,
condizione generalizzate di disagio sociale e di
disorganizzazione sociale.
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