Come realizzare un`economia collaborativa per il 99%. Verso una

Come realizzare un’economia collaborativa per il 99%. Verso una seconda ondata di
trasformazioni radicali che cambieranno il mondo.
Michel Bauwens
Negli ultimi anni, l’economia collaborativa è cresciuta in modo esponenziale, raggiungendo
una fase di integrazione con le forme emergenti di economia orientata al profitto, come ho
descritto nel mio ultimo libro, Network Society and Four Scenarios for the Collaborative
Economy.
Secondo la mia tesi, il Capitale funziona oggi in modo diverso dal passato. Ho definito la
sua nuova forma con il termine netarchical, ovvero attraverso la gerarchia della rete (netarchy, the hierarchy of the network). In questo nuovo sistema, gli investimenti strategici non
sono più nella produzione di beni materiali da vendere nel mercato attraverso l’assunzione
della forza lavoro, ma, come Google e Facebook mostrano, il profitto deriva dalla capacità
di catturare i frutti dei contributi gratuiti che emergono dalla collaborazione spontanea degli
utenti dispersi nel mondo, ovvero del 99%.
Anche se sembra una buona cosa per gli utenti il fatto che le piattaforme siano gratuite, o
che venditori e compratori possano incontrarsi previo pagamento di una piccola iscrizione,
è anche un problema perché crea una profonda crisi di “valore”, non solo per la forza lavoro
precaria, ma anche per il capitalismo stesso.
Infatti, come possiamo immaginare un capitalismo di successo, se produce prodotti che non
può più vendere perché un crescente numero di contributori non possono essere pagati per
il valore che creano?
Così oggi, dopo un esodo crescente dal sistema del lavoro salariato, specialmente da parte
dei giovani, le tensioni sociali non sono solo fra capitale e lavoro, ma sempre più spesso,
fra i produttori che regalano il loro tempo e le loro energie nella creazione di progetti peer to
peer e i proprietari delle piattaforme per la condivisione su cui questa condivisione avviene.
La ricerca di alternative a queste forme proprietarie è cominciata, e sempre più spesso
cittadini e soprattutto giovani lavoratori della conoscenza stanno cercando di creare una
economia alternativa, in cui potersi sostenere grazie ai contributi dati all’economia condivisa
dei beni comuni, che è al cuore della nuova economia. Ovviamente, questa nuova classe
lavoratrice di trasformatori ha i suoi approcci, che sono diversi dai movimenti tradizionali dei
lavoratori, e che spesso prendono la forma di hacks, ovvero alterazioni sovversive al
sistema esistente, attraverso la ri-significazione di un sistema per finalità contrarie.
Il più famoso hack è stato ovviamente quello che ha generato l’economia open source e
che, secondo il Fair Use economy report, ha ormai raggiunto un sesto del PIL degli Stati
Uniti. Questa ri-significazione è avvenuta grazie a persone come Richard Stallman e altri, e
ha preso la forma di nuove licenze di utilizzo del software, che usano gli stessi recinti alla
conoscenza facilitati dalla legislazione sulla Proprietà Intellettuale per liberare la
conoscenza, il codice e il design.
Attraverso la creazione di una licenza di utilizzo pubblico, una gran quantità di sapere
comune è stato creato e condiviso, generando un flusso economico gigante intorno a sé.
Ciononostante, questo hack ha creato un effetto paradossale. Infatti, più i beni comuni sono
stati creati grazie a questa licenza e più l’economia capitalista intorno ad essi è cresciuta.
Cosi, l’economia generata da Linux, il sistema operativo open and free software, è per il
75% commerciale, e dominato da grandi compagnie, come per esempio IBM. In questa
dipendenza reciproca fra nuove forme del capitale e beni comuni and the commons, si
sviluppa una situazione paradossale di “comunismo del capitale”, per cui il valore d’uso
creato dalle persone che producono i beni comuni genera valore di scambio per l’economia
privata for-profit.
Esiste un’alternativa a questo “liberal-comunismo”? Vi è una nuova trasformazione radicale
all’orizzonte? Un nuovo hack?
Io credo ci sia un potenziale economico enorme in questa nuova forma di condivisione, che
però richiede un nuovo tipo di licenze, che non possono permettere solo la semplice
condivisione, ma che devono basarsi su un principio di reciprocità rinforzata. Quindi, insieme
ad altri, ho proposto le licenze di reciprocità basate sui beni comuni, Commons-based
Reciprocity Licenses.
Queste licenze sono aperte all’utilizzo da parte di tutti, istituzioni, organizzazioni no-profit e
anche imprese a fini di lucro. L’unica differenza risiede nel fatto che alle imprese a fini di
lucro è richiesto di dare un contributo, anche economico per poter utilizzare un bene
comune. Questo perché siamo consapevoli che esse non contribuiscono in modo naturale
allo sviluppo dei beni comuni.
La prima implementazione pratica di questa licenza è la Peer production licence, sviluppata
da Dmytri Kleiner, imprenditore del comune, che viene utilizzata dalla Peer-to-Peer
Foundation, da Guerrilla translation e da altri soggetti economici organizzati per la
produzione di beni comuni.
Una seconda fondamentale trasformazione del sistema economico è rappresentata
dall’hack del sistema di moneta grazie alla nascita di Bitcoin.
Bitcoin è una moneta che viene prodotta senza interessi finanziari e senza una banca
centrale di emissione. Questa moneta è stata sviluppata come un’alternativa al sistema di
sovranità monetaria nazionale, i cui bisogni di sopravvivenza, date le recenti turbolenze
finanziarie, stanno distruggendo le nostre economie. La moneta Bitcoin può essere prodotta
da chiunque utilizzando un codice open source e la potenza di calcolo del proprio computer.
Bitcoin ha all’oggi una fiorente comunità di hackers mondiale che sostengono il progetto.
Tuttavia, Bitcoin è anche una moneta iper-capitalista, con un coefficiente maggiore
disuguaglianza del denaro sovrano, visto che la sua produzione dipende dalla capacità di
calcolo del computer, e un design deflazionistica che porta i vecchi utilizzatori ad
all’estrazione di una rendita sui nuovi arrivati.
Quindi, Bitcoin diventerà molto probabilmente uno strumento anche per lo sviluppo del
nuovo capitale, arricchendo una nuova élite di hackers a livello mondiale.
Una moneta che tuteli la produzione di commons senza creare nuovi poteri è l’obiettivo che
si è dato il progetto Fair.coop. Fair.coop è una rete globale creata dalla Lega Cooperative
Catalunia, in cooperazione con la Peer-to-Peer Foundation ed altri soggetti. I soggetti di
questa rete hanno creato la prima moneta globale per i commons.
Fair.coop ha comprato dei Bitcoin da un progetto fallito, Faircoin, il quale cercava di
trasformare Bitcoin in un sistema più egualitario. Le rendite che derivano dall’acquisto dei
Bitcoin a Fair.coop sono redistribuite a una rete globale di cooperative e altre compagnie
etiche che creano esternalità positive e co-producono beni comuni, creando quindi un
mezzo di sostentamento per le persone che partecipano ai progetti. Sulla base della crescita
del valore di mercato di Faircoin, viene creata una moneta a supporto dei beni comuni,
grazie alla quale sarà possibile creare sistemi di credito basati su garanzie reali fondate
sullo sviluppo dei beni comuni.
Questi sono solo due esempi di azioni sovversive sviluppate o che si stanno sviluppando
con l’obiettivo di creare i presupposti per l’emergere dell’economia basata sui beni comuni,
creando un’alternativa reale al nuovo modello capitalista che invece sfrutta i beni comuni
prodotti dai cittadini.
Il primo ciclo di hacks era fortemente liberale, è tempo di un secondo ciclo, in cui i valori di
equità e correttezza siano aggiunti al valore fondamentale della libertà, liberando così la
produzione orientata ai beni comuni dallo sviluppo capitalista.