Un nuovo approccio per collegare braccia e mani

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Ingegneria medica
Connessioni
bioniche
Un nuovo approccio per collegare braccia e mani artificiali
al sistema nervoso potrebbe consentire al cervello
di controllare le protesi come se fossero arti naturali
I
di D. Kacy Cullen e Douglas H. Smith
n una delle scene più emblematiche del cinema di fantascienza, Luke Skywalker esamina con aria indifferente il suo nuovo avambraccio e la mano, entrambi sintetici. L’eroe di
Guerre Stellari riesce a muovere le dita estendendo e contraendo pistoni visibili attraverso un’apertura lungo il polso. Poi avverte la puntura del chirurgo robotico su una delle
sue dita. Non solo la protesi può essere mossa con il pensiero, ma Skywalker la sente ad-
Quello che il pubblico non vede, però, è l’effettivo collegamento fra uomo e macchina. Per neuroscienziati come noi, al centro
della scena avrebbe dovuto esserci proprio quell’interfaccia nascosta. Per funzionare, un collegamento del genere avrebbe dovuto convertire gli impulsi nervosi provenienti dal cervello in segnali elettrici a livello del braccio artificiale, e viceversa. Ma nel
mondo reale nessuno ha ancora capito come collegare fra loro
nervi e fili elettrici in un modo che consenta di controllare un arto
artificiale come se fosse una naturale estensione del corpo.
Questo fallimento non sorprende. Da una parte nervi e fili elettrici necessari per regolare la parte elettronica in una protesi trasmettono segnali differenti. I dispositivi elettronici si basano sul
flusso di elettroni attraverso materiali conduttori, semiconduttori
e transistor; il funzionamento del sistema nervoso, invece, si basa
sulla depolarizzazione delle membrane cellulari e sul rilascio di segnali chimici negli spazi fra le cellule nervose. Dall’altra, il legame
richiederebbe l’impianto di cavi e altri tipi di dispositivi elettrici
nel corpo, che in genere percepisce questi impianti come estranei e
In breve
I bioingegneri vorrebbero collegare
le protesi di braccia e mani
direttamente al sistema nervoso.
Una comunicazione bidirezionale
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consentirebbe al cervello di
controllare i movimenti di un arto
e di percepirne la presenza.
Il primo passo consiste nello
sviluppare una specie di «cavo
adattatore» che traduca gli impulsi
nervosi in segnali elettrici.
Gli autori dell’articolo stanno
sviluppando un’interfaccia di questo
tipo usando fibre nervose cresciute
in laboratorio e polimeri che
conducono elettricità.
535 marzo 2013
Illustrazione di Jean-François Podevin
dirittura come se fosse la sua mano.
Traguardo. I progressi
ottenuti nella neuroingegneria
iniziano a raggiungere quelli
che di recente sono stati
compiuti nella progettazione
delle protesi.
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Combinare segnali motori e sensoriali
Nel bene e nel male, la maggior parte dei progressi ottenuti nella progettazione delle protesi è una conseguenza di conflitti armati, in particolare delle recenti guerre in Afghanistan e in
Iraq. Fino a pochi anni fa i progettisti si erano concentrati più
su arti artificiali per la parte inferiore del corpo che per la parte superiore. Lo sviluppo di gambe artificiali che consentano di
camminare e correre è un compito più ingegneristico rispetto alla progettazione di una mano artificiale che permetta, per esempio, di aprire barattoli o di scrivere con una tastiera. Tuttavia, dal
2006 e dal lancio di Revolutionizing Prosthetics, programma della Defense Advanced Research Projects Agency, i ricercatori hanno compiuto impressionanti passi in avanti anche nella creazione
di sofisticati arti superiori.
Parte della sfida nella progettazione di arti superiori estremamente funzionali riguarda la necessità di replicare (almeno in
parte) il controllo delle mani, che è sensibile e preciso. L’impresa richiede l’accesso alle mappe mentali cerebrali. Il cervello usa
queste sue mappe per trasmettere i segnali nervosi a specifiche fibre muscolari che controllano l’avambraccio, e per sapere quando
riceve segnali nervosi su pressione, posizione, tensione, quantità
di moto e forza dal braccio e dalla mano, da dove hanno origine
questi segnali. Questo feedback sensoriale aiuta il cervello a determinare proprio quante fibre muscolari dovrebbero essere reclutate
per compiere qualunque sforzo.
In un arto integro, questi segnali motori e sensoriali lavorano
insieme per creare, fra le altre cose, il senso noto come propriocezione: la consapevolezza di dove le diverse parti del corpo si trovano nello spazio e in relazione una con l’altra, senza che sia davvero necessario guardarle. Senza propriocezione, anche quelli che
possono sembrare compiti semplici, come scrivere con una penna, sarebbero quasi impossibili. Grazie a una sinfonia di segnali del sistema nervoso che vanno dal cervello alle estremità e tornano di nuovo indietro, siamo capaci di spostare con precisione la
nostra mano verso la penna, sollevarla dolcemente mentre, senza
fermarci, la mettiamo in posizione per abbassarla delicatamente e
iniziare a scrivere.
A oggi sono state sviluppate mani robotiche che consentono
livelli diversi e indiretti di controllo motorio. In alcuni casi, per
esempio, contrazione e rilassamento ripetuto dei muscoli nel moncone di un arto o nel torace possono attivare relè specializzati che
innescano movimenti differenti nell’arto artificiale. Idealmente,
però, gli ingegneri vorrebbero costruire una protesi che sia collegata a e controllata dai nervi motori originari, i quali non muoiono dopo l’amputazione ma si ritirano dal margine del moncone.
L’uso dei neuroni motori è solo una parte dell’idea. Molti compiti semplici sono ancora difficili addirittura con i dispositivi pro-
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r i pa r a r e i n e rv i
D. Kacy Cullen è neuroingegnere e assistant professor
di neurochirurgia all’Università della Pennsylvania.
Come inserire la spina
nel sistema nervoso
Douglas H. Smith è direttore del Center for Brain
Injury and Repair e professore di neurochirurgia
all’Università della Pennsylvania. È anche
co-fondatore di Axonia Medical.
I ricercatori hanno costruito nei ratti una specie di adattatore che
consente di collegare nervi vitali con filamenti conduttori di elettricità. Se tutto andrà bene, alla fine gli scienziati riusciranno a usare questi ponti ibridi per collegare i nervi danneggiati in un essere
umano, in modo da consentire di muovere una protesi e di percepirla come se fosse una mano naturale.
tesici avanzati disponibili oggi, perché nessun segnale sensoriale
viaggia dall’arto artificiale all’indietro verso il cervello. Le persone che hanno subito un’amputazione devono dirigere consapevolmente ogni movimento della loro protesi basandosi su ciò che
vedono per ricevere un feedback, invece di affidarsi al loro naturale senso di propriocezione. Questo livello di sforzo produce movimenti goffi e lenti, che lasciano le persone esauste a causa della
concentrazione e del tempo necessari per eseguire compiti come
abbottonarsi una camicia.
Un obiettivo fondamentale, dunque, è ingegnerizzare un’interfaccia fra sistema nervoso e protesi che consenta una comunicazione bidirezionale diretta delle informazioni sia motorie sia
sensoriali. Questa interfaccia «neuromeccanica» consentirebbe lo
sviluppo di protesi di mani che potrebbero essere controllate dal
pensiero e che verrebbero percepite come reali. Attualmente questo obiettivo è inseguito da diversi laboratori di ricerca, fra cui
il nostro. Sebbene ciascun laboratorio abbia adottato approcci in
qualche misura differenti, ognuno con i suoi vantaggi e le sue sfide, probabilmente il successo dipenderà da una combinazione fra
le diverse intuizioni e le innovazioni tecnologiche.
Futuro prevedibile
Creare un «ponte vivente» fra il sistema nervoso periferico di un
essere umano e un dispositivo protesico richiederà diverse fasi.
Innanzitutto gli scienziati stimoleranno nervi cresciuti in
laboratorio (in verde) a svilupparsi sul margine di microfilamenti
conduttori di elettricità (in grigio). Poi i neuroni verranno tirati
delicatamente da parti opposte, provocando in
questo modo lo stiramento degli assoni. Una
volta che il ponte è vicino al moncone, gli
Nervi cresciuti
assoni dell’ospite (in rosso) si
in laboratorio
espanderanno attraverso il ponte,
permettendo ai segnali di
viaggiare in entrambe le
direzioni fra cervello,
midollo spinale e arto
artificiale.
Due approcci principali
Il primo passo per creare un’interfaccia utile fra corpo e protesi
è decidere dove collocarlo nel sistema nervoso. I progettisti hanno
due opzioni principali: interagire con il sistema nervoso centrale
(collegandosi al cervello o al midollo spinale); andare oltre, nel sistema nervoso periferico, i cui nervi si allungano principalmente
fra midollo spinale e resto del corpo.
Fino a oggi, la maggior parte dei ricercatori si è focalizzata sul
cervello come punto di partenza. Gli approcci meno invasivi sfruttano la sua attività neurale mediante elettrodi esterni collocati sul
cuoio capelluto o appena sotto il cranio, sulla superficie del cervello stesso. Gli elettrodi rilevano segnali elettrici provenienti dal
cervello, che poi un computer analizza per segnalare il movimento desiderato. Questi metodi hanno un vantaggio: evitano di dover
praticare fori nel cervello, ma possono essere disturbati dall’interferenza di altri dispositivi elettronici. I segnali elettrici sono anche
rappresentazioni piuttosto scadenti di ciò che il cervello sta effettivamente facendo, rendendo quindi difficile per il computer prevedere quale movimento dovrebbe verificarsi.
L’approccio più invasivo inserisce una serie di microelettrodi
direttamente negli strati più esterni del cervello. (In genere i microelettrodi usati sono sonde di silicio a elevata densità, ciascuna
delle quali ha un diametro inferiore a quello di un capello). Come
interfaccia diretta, questo approccio offre il fantastico vantaggio
di produrre dati estremamente precisi ed esaurienti, inclusi forza
e frequenza delle scariche emesse da singole cellule nervose. L’idea è usare un programma ideato per decodificare o tradurre que-
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Microfilamento
Assone
dell’ospite
Emily Cooper
quindi scatena attacchi che potrebbero produrre tessuto cicatriziale attorno a un’interfaccia, impedendone il funzionamento.
Tuttavia i progressi nelle nanotecnologie e nell’ingegneria dei
tessuti ottenuti negli ultimi anni permettono di affrontare entrambe le sfide. Invece di costringere i nervi a comunicare direttamente con i dispositivi elettronici standard delle protesi, il mio gruppo
e altri costruiscono nuovi tipi di ponte fra nervi e arti artificiali:
si tratta di collegamenti che sfruttano l’innata capacità del sistema nervoso di adattarsi a nuove situazioni. In effetti, recenti ricerche ci hanno portato ancora più vicini allo sviluppo di un arto artificiale che, come quello di Luke Skywalker, possa essere mosso e
percepito dal cervello.
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Le Scienze 61
ste informazioni nell’azione appropriata. In teoria, informazioni cervello interpreterebbe immediatamente i segnali in entrata come
così dettagliate dovrebbero permettere un controllo estremamente se provenissero da avambraccio, mano e dita.
Analogamente gli assoni motori dei sistema nervoso periferico
sensibile di un arto artificiale.
I collegamenti diretti con il cervello sono già in fase di test su sono sempre in grado di dirigere i movimenti. Dato che il cervello
decine di individui. In un caso, una donna paralizzata a causa di conserva la capacità di coordinare e abbinare questi segnali moun ictus è riuscita a usare un braccio robotico per bere caffè da tori a differenti movimenti, riuscirebbe a controllare un arto artiun contenitore, guidando il dispositivo solo con il pensiero. E nel ficiale adeguatamente collegato muovendolo in modo naturale. Il
2002 la Defense Advanced Research Projects Agency ha lancia- problema è che gli assoni periferici non aumentano di lunghezza,
to un’iniziativa che per la prima volta userà elettrodi che penetra- a meno che non abbiano un bersaglio biologico con cui entrare in
no nel cervello per controllare lo stato dell’arte di protesi di brac- contatto. Inoltre, come accade nel sistema nervoso centrale, il corcia in persone che hanno perduto gli arti superiori. In entrambi po reagisce male a cavi impiantati nei nervi periferici.
Todd Kuiken, della Northwestern University, ha trovato una soi casi, gli elettrodi che registrano i neuroni sono collegati a cavi
che escono dal cranio. Il segnale è poi decodificato da un poten- luzione ingegnosa con cui aggirare il problema grazie anche ad
te computer, che trasmette le istruzioni al braccio robotico. Alla alcuni volontari: queste persone usano i muscoli toracici come
fine i ricercatori sperano di riuscire a trasmettere le informazio- ponte vivente fra il moncone di un arto e i circuiti elettronici di
ni in modalità wireless, in modo che le persone che useranno un un dispositivo protesico. Innanzitutto lo scienziato della Northwebraccio artificiale non debbano più essere collegate a un compu- stern University ha reciso i nervi motori a una manciata di muter mediante cavi. Purtroppo l’energia necessaria al computer non scoli sulla superficie del torace, in modo che non ricevano nessun
è ancora disponibile in un modulo sufficientemente piccolo da segnale concorrente dal cervello. Poi ha deviato con precisione
gli assoni motori che una volta collegavano il mipoter essere inserito, come sarebbe auspicabile, in
La capacità di dollo spinale e le porzioni troncate del braccio in
un dispositivo reale.
Un altro svantaggio è dato dal fatto che il tes- adattamento del modo da farli collegare invece ai muscoli toracici
superficiali. Nel giro di qualche settimana, i nervi
suto cerebrale tratta gli elettrodi come corpi estrasistema nervoso deviati si sono collegati completamente con i munei e innesca una risposta infiammatoria che
scoli del torace. Comandi dal cervello che avevaporta alla formazione di un piccolo tessuto cicapermette
come obiettivo la stimolazione del braccio non
triziale attorno agli elettrodi. A sua volta il tessudi creare ponti no
più esistente ora viaggiano fino al torace, contrato cicatriziale diminuisce in maniera esponenziaendone i muscoli.
le il numero di cellule nervose che possono essere
fra i nervi
punto si dispongono elettrodi sulla
monitorate e questo, col tempo, provoca l’indebodi un moncone pelleA questo
del torace per registrare l’attività elettrica dei
limento del segnale e la perdita di informazione.
e i circuiti
singoli muscoli via via che si contraggono. A loro
In alcuni pazienti, a quanto si dice, pare che gli
queste registrazioni rilevano indirettamente i
elettrodi abbiano continuato a registrare da uno
di una protesi volta
segnali provenienti dal cervello. Dopo alcune seto più neuroni per diversi anni dopo l’impianto,
ma si tratta di casi eccezionali. I ricercatori stanno ora cercando il timane di addestramento i pazienti possono muovere le protesi somodo di minimizzare l’intensa reazione del corpo contro oggetti lo pensando a quello che vorrebbero che il dispositivo facesse. Per
esempio, pensare di afferrare una tazza determina uno specifico
estranei impiantati nel cervello.
schema di contrazioni nel petto che, a loro volta, «dicono» ai cirVantaggi periferici
cuiti elettronici nella protesi di piegare le dita dell’arto artificiale.
Kuiken ha testato questo metodo, chiamato reinnervazione
Viste le sfide appena descritte abbiamo provato a sfruttare il
sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale è compo- muscolare mirata, su dozzine di persone amputate. Ma bisogna
sto da 100 miliardi di cellule nervose, invece il sistema nervo- capire se questa tecnologia può fornire il controllo necessario per
so periferico è formato soprattutto da fibre, chiamate assoni, im- riprodurre tutti i movimenti naturali di una vera mano e braccio.
pacchettate insieme a formare i nervi. In pratica, gli assoni sono
prolungamenti molti lunghi, a volte anche un metro, dalle cellu- Ponti neurali
le nervose che trasmettono segnali elettrici fra il sistema nervoso
Secondo noi, alla fine il controllo motorio accurato di un braccentrale e il resto del corpo.
cio artificiale richiederà un diverso tipo di legame fra tessuto e
Alcune di queste fibre nervose periferiche collegano il midollo protesi. Per fortuna i muscoli non sono l’unico tessuto che i nervi
spinale ai muscoli, e quindi permettono al cervello di controllare recisi innerveranno. I nervi cresceranno sempre verso altri nervi,
le funzioni motorie, inviando segnali giù fino al midollo spinale. e accetteranno addirittura nervi trapiantati come parte della famiAltre fibre nervose periferiche trasmettono informazioni sensoria- glia. Quindi sei anni fa abbiamo esaminato l’uso di fibre nervose
li – come posizione degli arti, temperatura o sensazioni tattili – trapiantate al posto dei muscoli come intermediari fra gli assoni
dal corpo alla spina dorsale, che poi le trasferisce al cervello per recisi in un moncone e il circuito di un dispositivo protesico.
un’ulteriore elaborazione.
Per creare questo ponte neurale, innanzitutto è necessario capiDato che spesso i nervi sensoriali che rimangono nel monco- re come far crescere fibre nervose in modo che siano abbastanza
ne di un arto continuano a emettere segnali come se stessero rice- lunghe da coprire lo spazio fra gli assoni ospiti e la parte elettrovendo messaggi dal braccio o dalla gamba mancanti, molte per- nica. Uno di noi (Smith) ha messo a punto una tecnica per aiutare
sone amputate hanno la sensazione che il loro arto mancante sia gli assoni in coltura a raggiungere le lunghezze richieste. Questo
ancora lì, una condizione nota come sindrome dell’arto fantasma. processo sfrutta la naturale capacità dei nervi di allungarsi duranSe potessimo collegare questi assoni che scaricano a sproposito a te i normali scatti di crescita. Uno degli esempi più estremi di queuna protesi artificiale in grado di inviare segnali forti ai nervi, il sto tipo di «crescita per stiramento» si verifica negli assoni del mi-
dollo spinale della balenottera azzurra, che possono allungarsi più rezione (verso il cervello). In sostanza abbiamo creato un cavetto adattatore che collega dispositivi con due diversi tipi di «spina».
di 3 centimetri al giorno raggiungendo i 30 metri di lunghezza.
In sostanza, si prende una coltura cellulare di neuroni e si ini- Il nostro ibrido di tessuto biologico (neuroni e loro assoni cresciuzia a dividerla in due, tirando le metà in modo da separarle un po’ ti per stiramento) e conduttore non biologico dovrebbero consenogni giorno. Gli assoni nel mezzo sono stirati e costretti a cresce- tire ai dispositivi elettronici di una protesi di collegarsi da un lato e
re in entrambe le direzioni per allentare la tensione. Sfruttando agli assoni del moncone di collegarsi all’altro lato. Questi bioibriquesto processo meccanico naturale abbiamo messo a punto di- di sono sopravvissuti mantenendo la loro integrazione con il nerspositivi, chiamati estensori di assoni, che possono stirare fasci di vo ospite per almeno un mese dopo il trapianto, suggerendo che
assoni a una velocità sperimentale senza precedenti di un centi- fin da subito sono tollerati dal sistema immunitario, perché in caso
metro al giorno, cosa che li fa diventare lunghi dieci centimetri e contrario sarebbero stati distrutti in pochi giorni. Attualmente sono in corso ulteriori test con obiettivi temporali più lunghi.
alla fine probabilmente anche di più.
Una delle prime applicazioni di questa crescita stirata è stata
rea­lizzata per funzionare da ponte vivente per riparare nervi peri- Passi futuri
ferici danneggiati, come nei casi di trauma o intervento chirurgiSebbene sia promettente, il nostro approccio all’ingegneria
co. Quando abbiamo impiantato questi fasci di assoni in modo che neurale è ai primissimi stadi. Non sappiamo ancora per quanto
un’estremità fosse vicina alla punta di un nervo danneggiato in tempo potranno durare questi ibridi. Né sappiamo se il sistema
ratti, gli assoni nel nervo si sono allungati e sono cresciuti per tutta immunitario tollererà a lungo termine i componenti realizzati con
la lunghezza del ponte. Molti assoni si sono creati un proprio per- il polimero. Inoltre dobbiamo minimizzare l’interferenza da altri
corso in profondità nell’arto paralizzato, riparando il nervo e per- dispositivi elettrici e migliorare la sensibilità dei segnali dei sinmettendo così ai ratti di recuperare la funzionalità.
goli nervi che sono trasmessi dal ponte alla proteIl ponte
Inoltre i nostri ponti neurali sono sopravvissusi. Anche se riusciamo a collegare i neuroni di un
ti per almeno quattro mesi dopo il trapianto, senarto amputato a una protesi, non abbiamo ancora
è un successo
za stimolare alcuna reazione immunitaria: hanno
garanzie sul fatto che il cervello interpreterà i senei ratti, ora
funzionato così bene nei ratti che li stiamo sperignali che si originano nella protesi in modo che
mentando su maiali. E se gli esperimenti avranno
abbiano un significato.
è in fase di
successo inizieremo trial su persone con un signiL’esperienza con trapianti di mano ci dà rastudio sui maiali gioni
ficativo danno recente ai nervi.
per credere che il cervello potrebbe riuscire
Dopo aver trovato un modo per indirizzare e
in questo compito. Quando eseguono questi trae in futuro
stimolare assoni danneggiati a crescere in mopianti, i chirurghi non possono collegare in modo
potrebbero
do significativo abbiamo cercato di realizzare un
corretto ogni singola fibra nervosa dall’ospite aliniziare trial
ponte più complesso che permettesse agli assoni
la mano trapiantata. Una simile precisione, però,
di comunicare con l’elettronica di una protesi. Voè necessaria. Il cervello sostanzialmente ridisu esseri umani non
levamo trovare sottili filamenti conduttivi che il
segna la sua mappa interna di quali motoneurocorpo non avesse identificato come estranei. Dopo alcuni tentati- ni fanno che cosa, e questo alla fine gli permette di conquistare il
vi non andati a buon fine abbiamo creato i nostri filamenti usan- controllo della nuova mano. Allo stesso modo, guidare una mado diversi polimeri conduttivi, uno dei quali è la polianilina, com- no robotica che è collegata al sistema nervoso richiederà probaposto organico a base di azoto e noto da molto tempo per la sua bilmente un lungo addestramento del cervello.
capacità di condurre elettricità, che sulla base di ricerche effettuaUlteriori progressi nel controllo di protesi di arti potranno rite da altri avrebbe potuto essere ben tollerato dal corpo. Finora, al- chiedere anche una combinazione di approcci sperimentali diffemeno negli studi sui roditori, questi polimeri non sembrano provo- renti sia sul sistema nervoso centrale sia su quello periferico. Epcare una forte reazione da parte del sistema immunitario.
pure il fatto di formare connessioni dirette fra cervello e protesi
Il passo successivo è stato indurre un fascio di neuroni cresciu- avanzate – sia entrando direttamente nel cervello attraverso i muti in laboratorio a svilupparsi attorno a un’estremità di quei mi- scoli toracici sia mediante collegamenti con ponti bioibridi – ofcrofilamenti e poi stirare gli assoni verso il nervo ospite. (L’altra fre le migliori opportunità di ottenere un braccio artificiale che si
estremità dei microfilamenti si sarebbe collegata con la protesi muova con la stessa maestria di quello originale e sia percepito comediante un trasmettitore senza fili). In teoria, gli assoni di un me altrettanto naturale. Sebbene l’interfaccia fra Luke Skywalker e
moncone dovevano crescere lungo i nostri assoni stiracchiati e il suo nuovo braccio non sia mai stata svelata in L’impero colpisce
prendere contatto con i filamenti, che avrebbero raccolto i segna- ancora, gli scienziati sono a buon punto nel cammino che li porteli dagli assoni motori del moncone per poi trasferirli ai circuiti rà a capire il modo in cui deve essere stata costruita. n
elettronici; allo stesso modo i segnali sensoriali inviati dai circuiti elettronici avrebbero dovuto viaggiare lungo i filamenti, depoper approfondire
larizzando gli assoni sensoriali cresciuti nel ponte e trasmettendo
così le informazioni alla spina dorsale e al cervello.
Stretch Growth of Integrated Axon Tracts: Extremes and Exploitations. Smith
Usando questo approccio nei ratti abbiamo scoperto che il tes- D.H., in «Progress in Neurobiology», Vol. 89, n. 3, pp. 231-239, novembre 2009.
suto neurale sviluppatosi mediante stiramento fornisce un percor- Neural Tissue Engineering and Biohybridized Microsystems for
so che guida gli assoni dell’ospite in fase di rigenerazione fino a Neurobiological Investigation in Vitro. Part 1. Cullen D.K., Wolf J.A., Vernekar V. N.,
Vukasinovic J. e LaPlaca M.C., in «Critical Reviews in Biomedical Engineering», Vol.
poche decine di micrometri dai filamenti di polimero. Si tratta di 39, n. 3, pp. 201-240, 2011.
una distanza sufficientemente piccola affinché diversi filamenti Neural Tissue Engineering for Neuroregeneration and Biohybridized Interface
rie­scano a registrare i segnali dei nervi che procedono in una di- Microsystems in Vivo, Part 2. Cullen D.K., Wolf J.A., Smith D.H. e Pfister B.J., in
rezione (lungo l’arto) e a stimolare i nervi che vanno nell’altra di- «Critical Reviews in Biomedical Engineering», Vol. 39, n. 3, pp. 241-259, 2011.
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