emoglobinopatie

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EMOGLOBINOPATIE
Prof. Caraglia 07/04/16 Martina Carioti. Federica Cascone. Luigi Di Martino. Per emoglobinopatie ci riferiamo a malattie dell’emoglobina. Ricordiamo che l’emoglobina è formata da una componente proteica, che sono le catene globiniche, ed una componente prostetica costituita dal gruppo eme, a sua volta composto da ferro e protoporfirina IX. L’emoglobina presenta inoltre una curva di dissociazione di tipo sigmoide. L’emoglobina è una molecola tetramerica con struttura quaternaria, la quale fa si che essa cambi la propria affinità per il suo substrato (ovviamente O2) a seconda della pressione parziale di O2, del Ph, della pressione parziale di CO2 e della presenza di bisfosfoglicerato (ricodiamo che il BPG viene prodotto dal nostro organismo quando c’è un attivo metabolismo dei tessuti periferici e si va a legare alle catene Beta dell’emoglobina stabilizzandone la struttura quaternaria e chiudendo la tasca idrofobica in cui si va a legare l’ossigeno, riducendo così l’affinità per l’ossigeno, quindi complessivamente in questo modo l’emoglobina rilascia in maniere più efficiente l’ossigeno ai tessuti periferici.). Quando un disordine legato all’emoglobina colpisce la porzione proteica, ossia le catene globiniche, nell’adulto colpirà prevalentemente l’HbA, molecola tetramerica con struttura alfa2beta2 che è la forma di Hb maggiormente rappresentata nell’adulto. Vediamo subito che esiste ,oltre alle catene alfa e beta, un gruppo di catene definite “beta simili” costituite dalle catene gamma e delta che presentano una omologia di sequenza al 90% con la catena beta. Infatti mentre la catena alfa è costituita da 141 aa, la beta è costituita da 146 aa così come la delta, che però differisce dalla beta per 10 residui, e così come la gamma che però differisce dalla beta per 39 residui. Per cui un danno dovuto ad essenza di catene alfa è più grave di una patologia che colpisce lecatene beta proprio per la presenza di catene beta simili. I geni per le catene globiniche sono situati sui cromosomi 11 e 16. I geni per le catene beta, delta, gamma (ed epsilon) sono linearmente situati sul cromosoma 11, mentre i geni per le catene alfa sono situati in un unico frammento sul cromosoma 16. Il nostro organismo sopperisce al fatto che non ci siano catene alfa simili attraverso una duplicazione allelica per cui noi abbiamo due alleli per le catene alfa su un cromosoma e due alleli per le catene alfa sull’altro cromosoma, mentre per le catene beta abbiamo solo due alleli sui due cromosomi. A questo aggiungiamo che esiste in epoca gestazionale una ulteriore forma di Hb che è l’emoglobina fetale HbF α2γ2 (alfa2gamma 2) che presenta una affinità maggiore per l’ossigeno rispetto all’HbA dell’adulto, dovuto alla presenza di un residuo di serina nella catena gamma che sostituisce l’istidina WWW.SUNHOPE.IT
della catena beta che normalmente nell’HbA lega il BFG, quindi l'emoglobina fetale non può legarlo efficacemente , permettendo una maggiore affinità per l'ossigeno materno. Dalla 12esima settimana in poi inizia ad esservi una produzione significativa di catene beta e poco prima della nascita vi è uno switch tra catene gamma e catene beta che porta alla formazione dell’HbA prevalente nell’adulto. Dalla 26esima settimana di gestazione si inizia a produrre anche la catena delta che si mantiene sempre a livelli molto bassi per tutta la vita del soggetto. Per cui l’HbA2 α2δ2 (alfa2delta2) seppur presente è molto inferiore per quantità rispetto alla HbA e non ha una funzione fisiologica nota all’interno dell’organismo ma anzi la si ritiene una reminiscenza dell’evoluzione, utile prevalentemente a scopo diagnostico. I disordini dell’emoglobina non sono nient’altro che disordini del sistema di trasporto dell’ossigeno molecolare (O2). Possiamo avere disordini dell’eme, che riguardano la ‐Biosintesi dell’eme; ‐Disordini della componente inorganica(Fe) (es.anemia sideropenica); ‐Intossicazione da monossido di carbonio (che lega in maniere irreversibile il ferro presente nell’eme con affinità 36 volte maggiore rispetto all’ossigeno) per cui il soggetto muore per anossia anossica. Disordini della componente proteica possono essere ‐Quantitativi, il che comporta la riduzione della produzione di alcune catene globiniche (es. Talassemia α e Talassemia β) o ‐Qualitativi, associati invece ad una alterazione strutturale delle catene (es. Falcemia) che ne compromette la solubilità per cui l’emoglobina precipita all’interno del globulo rosso, alterandone quindi la stabilità e l’affinità dell’ossigeno; ‐Induzione di tossicità dell’eritroblasto, che va incontro più frequentemente ad emolisi per cui viene eliminato dalla milza con riduzione complessiva della sua emivita; ‐Riduzione della performance circolatoria. Possiamo avere contestualmente disordini strutturali accompagnati da riduzione della sintesi, come nella Hb Lepore (emoglobinopatia grave ma molto rara); ‐Persistenza emoglobina fetale; ‐forme acquisite (es.intossicazione da monossido di carbonio). Si parla inoltre di una fascia (cintura) dell’emoglobinopatia, riferendosi ad una incrementata incidenza soprattutto nel bacino del mediterraneo (medio oriente ,india, indonesia). Dal punto di vista epidemiologico significa che questa incidenza è dovuta sia ai flussi migratori avvenuti nel corso dei secoli sia ad una pressione ambientale, per cui i soggetti con queste malformazioni congenite erano favoriti nella sopravvivenza in alcune aree. In Italia sono diffusi in alcune aeree del Friuli‐
Venezia Giulia, Agropontino, Campania, Sardegna, Sicilia e Calabria soprattutto in zone chiuse (deriva genetica). Fisiopatologia β Talassemia: e’ dovuta ad una riduzione della produzione di catene β, però la fortuna dei β talassemici è che esistono catene β simili, per cui le catene α in eccesso non trovando le catene β si accoppiano con le catene gamma e delta, per cui in questi soggetti vi è un incremento percentuale della produzione di HbA2 e di HbF. Nelle forme più gravi si possono formare tetrameri gamma o dimeri alfa che precipitano all’interno del globulo rosso e causano emolisi, quindi sono forme incapaci di trasportare ossigeno molecolare. Abbiamo diverse forme genetiche della β‐Talassemia: ‐Talassemia Major caratterizzata dalla perdita di entrambi i geni beta, quindi quasi incompatibile con la vita a meno di un trapianto di midollo osseo; ‐
Talassemie Intermedie che possono essere di tipo 2, caratterizzata da un decremento della produzione di catene beta su tutti e due gli alleli, e di tipo 3 dovuta invece all’assenza di produzione di un allele e una ridotta produzione dell’altro; ‐Tratto β‐Talassemico (Minor) eterozigote che è dovuto ad una riduzione o una perdita di produzione solo su un allele mentre l’altro allele funziona, quindi da un punto di vista patologico la sintomatologia è scarsa mentre dal punto di vista predittivo di trasmissione alla prole è da tenere in alta considerazione ( tra due soggetti apparentemente sani può nascere un soggetto affetto da talassemia major). Fisiopatologia α Talassemie: è un difetto di produzione di catene alfa. Non abbiamo catene alfa simili quindi le catene β in eccesso nelle forme più gravi formano l’HbH (tetramero catene β) e di omodimeri β che precipitano all’interno del globulo rosso, causano emolisi e non sono capaci di trasportare ossigeno in maniera efficace. L’aspetto positivo è che sono presenti ben 4 geni per la catena alfa (duplicazione allelica) per cui è necessaria una mutazione di tutti e 4 per avere una forma grave di α‐talassemia. Le varie forme possono essere: ‐Tratto alfa talassemico, portatore sano quindi asintomatico dovuto alla mutazione di un solo gene su quattro; tratto alfa talassemico di tipo 1, mutazione di due geni su 4 che si possono trovare su due cromosomi diversi (omozigote) o sullo stesso cromosoma (eterozigote); nella malattia da HbH (tetrameri beta) abbiamo invece 3 geni mutati su 4; nell’idrope fetale 4 geni su 4 sono mutati e si va incontro ad aborto spontaneo dopo qualche mese di gestazione. Quello che interessa a noi però non è tanto la fisiopatologia o i sintomi ma è soprattutto la diagnosi, in particolar modo nella β talassemia nel portatore sano per operare una profilassi primaria. In un primo momento si osserva l’ emocromo in cui si evidenzia una lieve anemia(9,5‐9,11g/dL) con globuli rossi aumentati in maniera compensatoria (5‐6,5x10*6 /uL) e riduzione dell’MCV, cioè volume corpuscolare medio, (60‐75/ uL) ed MCH, contenuto corpuscolare medio di WWW.SUNHOPE.IT
emoglobina: quindi complessivamente è una anemia microcitica e ipocromica. La prima ipotesi diagnostica è quella di una anemia sideropenica, in quanto è la forma più frequente di anemia ipocromica e microcitica, quindi si prosegue facendo una sideremia e la ferritinemia che con grande sorpresa risulteranno normali, quindi riserve di ferro nell’organismo normali. Allora facciamo una semplice anamnesi chiedendo al paziente se ha casi di talassemia in famiglia, in caso di risposta positiva si fa una elettroforesi dell’emoglobina che se da risultati di HbA2 > 3‐3,5% il che è un chiaro sospetto di talassemia. Se si osserva una sideropenia è necessario normalizzare prima di compiere l’elettroforesi. UNA DOMANDA CHE FACCIO SEMPRE ALL’ESAME E’LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE FRA LA ANEMIA SIDEROPENICA E TALASSEMIA: l’emoglobina è bassa in entrambe, il ferro può essere normale o moderatamente basso in entrambe, la ferritina invece sarà bassa nella anemia sideropenica e normale o addirittura alta nella talassemia, quindi l’RDW sarà basso nella talassemia (significa che c’è una omogeneità di volume dei globuli rossi) e alto nella anemia sideropenica (volumi dei globuli rossi discrepanti fra di loro) e quindi l’elettroforesi dell’Hb. L’altra causa di anemie microcitiche è sicuramente l’iposideremia quindi ricordiamo il metabolismo del Fe. Il ferro proviene dalla dieta prevalentemente attraverso carni rosse (mioglobina), verdure a foglie larghe (clorofilla) e legumi. Il ph dello stomaco fa si che vengano denaturate le proteine e che quindi il Fe inizi a staccarsi, una volta completamente staccato dalle proteine a livello gastrico passa a livello duodenale dove si verifica l’assorbimento del Fe a livello della prima porzione. L’assorbimento avviene dal versante apicale al versante basale dell’enterocita, attraverso cui passa quindi nel flusso ematico dove si lega ad un’altra proteina, la transferrina che è una glicoproteina capace di legare due atomi di ferro e porta il ferro a tutte le cellule dell’organismo. La transferrina infatti si lega al proprio recettore che è presente su tutte le cellule ma è maggiormente espresso da alcune, dove il ferro serve alla biosintesi del citocromo P450 (fegato) e ovviamente nell’emoglobina (nei precursori midollari). Iperesprimono questo recettore per la transferrina anche le cellule che vanno incontro ad una proliferazione marcata, come gli epiteli basali o le cellule tumorali, infatti il Fe è un cofattore delle DNA‐Polimerasi. Tramite il recettore si internalizza la transferrina, all’interno della cellula si forma un endosoma che si fonde con il lisosoma in cui si verifica il distacco del recettore dalla transferrina per cui circa 90% dei recettori viene riciclato sulla membrana plasmatica e la transferrina viene immessa nel plasma. Il ferro è cofattore di una importante reazione che è la reazione di Fenton attraverso cui vengono prodotti i ROS che possono indurre danno alle macromolecole biologiche cellulari ed inducono due conseguenze importanti: invecchiamento, perché le cellule si ossidano, o tumore. Onde evitare questi danno il Fe viene sempre mantenuto legato: nell’intestino si lega alla sideroporfina, nel sangue si lega alla transferrina, nelle cellule si lega alla ferritina che rappresenta anche la forma di deposito del ferro( solo il 15% del ferro è presente come pool libero). QUESTA E’ UNA DOMANDA CHE FACCIO ALL’ESAME E VOGLIO CHE MI FACCIATE QUESTO DISEGNINO: ELETTROFORESI EMOGLOBINA DI UN SOGGETTO NORMALE E DI UNO TALASSEMICO. Nel globulo rosso la prima proteina che trovate, che migra dal catodo all’anodo, è l’anidrasi carbonica che trasporta CO2 sotto forma di ioni bicarbonato(75% della CO2); poi trovate l’HbA2 che è quasi piatta nel soggetto normale mentre nel talassemico raggiunge una quota tale da farci venire un sospetto diagnostico, quindi ovviamente l’HbA. WWW.SUNHOPE.IT
La più comune emoglobinopatia qualitativa‐strutturale che altera la struttura dell’emoglobina è per l’appunto SNP (pronunciato snip) dall’acronimo single nucleotide polymorphism, polimorfismo a singolo nucleotide. Abbiamo la mutazione di una singola base del DNA che porta ad una mutazione funzionale che può essere positiva o negativa in quanto può rispettivamente aumentare o ridurre l’attività della proteina. In questo caso riduce l’attività della proteina, riduce la capacità di trasporto dell’ossigeno da parte dell’emoglobina. Abbiamo quindi una semplice mutazione puntiforme della catena beta emoglobinica in posizione 6 in cui viene sostituito l’acido glutammico con una valina. Questa mutazione seppur piccola causa un grosso danno perché l’acido glutammico è un amminoacido idrofilico, mentre la valina è un amminoacido idrofobico; questo accade in un punto strategico della beta globina e quando la pressione parziale di ossigeno è bassa essa tende a precipitare, a cristallizzare. Questo è il motivo per cui l’emoglobina non funziona bene, non trasporta bene l’ossigeno. Questa si chiama HbS (s sta per simple). L’emoglobina s è appunto quella in cui abbiamo questa mutazione sulla catena beta. Se abbiamo invece un’altra mutazione con sostituzione dell’acido glutammico con una lisina vi è la sostituzione di un amminoacido idrofilico acido con un amminoacido idrofilico basico ( però sempre idrofilici sono) per cui l’effetto biologico sulla funzione dell’emoglobina è più lieve. Questa si chiama HbC. Perché questa mutazione causa danni all’emoglobina? Il danno è che nello stato desossigenato l’emoglobina tende a precipitare e a formare le fibre. Succede che la solubilità dell’emoglobina S è molto inferiore alla solubilità dell’emoglobina C, a sua volta molto inferiore alla solubilità dell’emoglobina A, a sua volta ancora leggermente inferiore alla solubilità dell’emoglobina F (solubilità: HbF > HbA > HbC > HbS). La solubilità in acqua dell’emoglobina S è molto bassa e si riduce ancora quando abbiamo lo stato deossigenato (quando l’emoglobina non lega l’ossigeno): la solubilità si abbassa e si formano le fibre. Quando il ph è basso nei tessuti periferici, per aumentato catabolismo, l’emoglobina S precipita; negli stati di deidratazione, quando non beviamo abbastanza, precipita; negli stati febbrili, quindi quando aumentata la temperatura corporea, precipita. Questi sono fattori scatenanti la precipitazione dell’emoglobina S. La precipitazione dell’emoglobina causa due fenomeni importanti: 1) non lega più l’ossigeno, 2) precipitando distorce la morfologia del globulo rosso che assume la forma a falce. Questo è ciò che causa i sintomi perché la forma anomala riduce la performance circolatoria del globulo rosso che quando si trova nei capillari più sottili forma dei trombi e ovviamente dolore. Qual è la fortuna del soggetto falcemico? Tutto ciò avviene non nel torrente arterioso, ma nel torrente venoso; cioè quando la pressione parziale di ossigeno è bassa, il ph è basso, la temperatura è alta, si ha un elevato metabolismo, solo in questi casi precipita e distorce il metabolismo del globulo rossi. Quindi I TROMBI NON SONO QUASI MAI ARTERIOSI, MA QUASI SEMPRE VENOSI. Per cui il soggetto riesce a sopravvivere senza terapia fino ai 40/50 anni d’età, con la terapia anche di più. Guardano il quadro di uno striscio periferico si vedono “circle cells”, dovute alla forma a falce delle emazie; nonché “target cells”, poiché il centro del globulo rosso è più spesso rispetto al normale, quindi più scuro, mentre la periferia è più sottile appunto per la forma a falce (l’esatto contrario al negativo del globulo rosso normale). Target cells perché come il target con le freccette, si ha questo nucleo più scuro. Poi ci sono molti globuli rossi immaturi (eritroblasti) perché per sopperire alla ridotta performance respiratoria e del numero dei globuli rossi si ha un incrementata proliferazione di elementi immaturi. Quadro clinico della drenopanocitosi: l’anemia è moderata nel soggetto portatore con un emoglobina di circa 8gr/dL, problemi veno‐occlusivi più che vaso‐occlusivi quindi crisi di intenso dolore osseo‐toracico‐addominale che sono scatenate da alcune situazioni come ad esempio la sepsi, lo sforzo fisico (vi è anche ipossia) perché in queste situazioni abbiamo la precipitazione dell’emoglobina, infarti ossei con necrosi, ulcere trofiche agli arti inferiori, ischemie ed emorragie cerebrali fino all’infarto polmonare con l’ipertensione polmonare e scompenso cardiaco, danno renale ed ischemia tubulare. Nei primi anni si ha la possibilità autosplenectomia, cioè la milza va incontro a fibrosi, come se il soggetto si autosplenectomizzasse e questo ha un effetto positivo sul numero dei globuli rossi che ovviamente in, assenza dell’organo principale emocateretico del nostro organismo, tendono ad aumentare (questa è una specie di compensazione); rovescio della medaglia aumenta la suscettibilità alle infezioni batteriche, in particolare gonococciche. Tutte le situazioni di ipossiemia fanno precipitare i globuli rossi anche negli eterozigoti. Diagnosi di drenopanocitosi: viene fatta sul quadro di un sospetto clinico su quadro ematologico di anemia emolitica normocitica, reticolociti aumentati, ittero indiretto quindi bilirubina non coniugata per emolisi, frequente riscontro di globuli rossi a falce nello striscio di sangue. WWW.SUNHOPE.IT
BIOCHIMICA CLINICA: GLI ENZIMI La biochimica clinica è lo studio e la valutazione delle modificazioni dei parametri biochimici del sangue con definizione degli scostamenti della media. Nel sangue determina le proteine: in modo quantitativo (la loro espressione, il loro utilizzo) o qualitativo (l’attività enzimatica). La determinazione dei livelli del prodotti di catabolismo può avvenire per proteine come azotemia, dell’eme (bilirubina), delle basi puriniche (uricemia),del catabolismo dei glucidi, delle proteine, livelli di elettroliti (Ioni). Nell’ esame emocromocitometrico invece abbiamo la valutazione dei globuli rossi, globuli bianchi e piastrine e delle loro caratteristiche chimico‐ fisiche. Per le proteine possiamo determinare o l’espressione o l’attività, per gli enzimi possiamo determinare l’attività facilmente. Sappiamo qual è la cinetica enzimatica, qual è la funzione dell’enzima: abbassa l’energia di attivazione perché si facilita l’interazione tra substrato e prodotto, c’è un incremento della velocità di formazione dei prodotti finali all’equilibrio; la reazione viene portata all’equilibrio più velocemente, ma non c’è un aumento della velocità della reazione. La velocità massima della reazione è sempre la stessa, quello che succede è che il raggiungimento dell’equilibrio della reazione è molto più veloce. Si abbassa quindi la velocità di attivazione ossia si adatta l’enzima al substrato, questi si legano e in questo modo il substrato espone il sito attivo. Quindi si aumenta la probabilità che si verifichi la reazione quando il substrato si scontra con l’altro substrato. I due gruppi reattivi si trovano esposti ed interagiscono più facilmente durante gli scontri occasionali (moti browniani delle molecole che fanno parte della soluzione). L’equilibro della reazione viene raggiunto più facilmente, ma ciò non significa che abbiamo più prodotto rispetto alla natura. Stessa velocità massima, ma equilibrio raggiunto più velocemente. L’enzima partecipa alla reazione, ma non viene modificato da essa. E’ importante in diagnostica ricordare che gli enzimi si possono trovare liberi nelle cellule in tessuti ed organi diversi, se questi tessuti ed organi vengono danneggiati gli enzimi vengono immessi nel sangue. Dosando questi enzimi possiamo sapere specificamente se un determinato organo specificamente è stato danneggiato. Gli enzimi sono confinati all’intero di particolari strutture delle cellule, per cui ci sono degli enzimi più profondi ed enzimi più superficiali, enzimi citoplasmatici ed enzimi microsomiali, per cui se aumenta un enzima microsomiale che è più profondo rispetto a quello citosolico ovviamente devo capire che ci sarà un danno superiore a livello tissutale. La specificità di particolari enzimi in particolari organi ci è utile dal punto di vista diagnostico. Quindi dagli organi gli enzimi vengono immessi nel sangue, io rilevo enzimi nel sangue e capisco quali organi sono stati danneggiati. In questo modo un aumento della loro concentrazione può rappresentare un indice abbastanza preciso di un danno cellulare e quindi tissutale. Quali sono i meccanismi che sono responsabili dell’aumento nel sangue degli enzimi? La NECROSI, o danno cellulare indotto da fattori tossici, da ischemia, da infezioni in cui gli enzimi, normalmente contenuti nel citoplasma, fuoriescono dalle cellule per citolisi; un AUMENTO DEL TURNOVER CELLULARE di alcune componenti (non necessariamente un danno) per cui una quota di cellule va incontro a necrosi quindi immette delle proteine nel sangue che noi andiamo a dosare. Tra queste proteine ci sono anche alcuni enzimi: ad esempio LDH è un marcatore tumorale del cancro del testicolo, in alcuni linfomi ed è anche un fattore prognostico sfavorevole in alcune situazioni. Più LDH c’è più la massa è proliferante: quindi il tumore è più aggressivo. Una parte del tumore va incontro a necrosi proprio perché prolifera in una maniera eccessiva, incontrollata. Questa era patologicamente, ma anche fisiologicamente abbiamo alcuni tessuti che durante l’accrescimento corporeo proliferano di più come il tessuto osseo, ecco perché la fosfatasi alcalina durante l’adolescenza è elevata perché il tessuto osseo prolifera di più, ci sono alcune cellule che vanno incontro a lisi e rilasciano fosfatasi alcalina. INDUZIONE ENZIMATICA si può avere ad esempio con l’alcol etilico, in cui abbiamo la gamma glutamil transpeptidasi che viene indotta da un metabolita, indotto a sua volta dall’alcol etilico. OSTRUZIONE DEI DOTTI ESCRETORI in cui vengono normalmente immessi alcuni enzimi ,come può succedere nelle pancreatiti, la lipasi El’amilasi non vengono più secreti per infiammazione dei dotti escretori nell’intestino e quindi ovviamente vengono riversati nel sangue e sono dosabili. DANNO EPATICO E ENZIMI DI CITOLISI Quali sono gli enzimi di citolisi epatica?(ALTRA DOMANDA CHE FACCIO SEMPRE ALL’ESAME) Sono le transaminasi AST, ALT, LDH, gamma‐GT (quindi non solo le transaminasi!). TRANSAMINASI ALT: L’ Alanina amino transferasi (ALT) è un enzima localizzato principalmente nelle cellule epatiche dalle quali esce in seguito a danni a carico della loro parete; è un indicatore abbastanza specifico di danno epatico però non ne chiarisce ovviamente la causa (virus B, virus C, epatite, infezione protozoaria, intossicazione, effetto collaterale di un farmaco: barbiturici, glucocorticoidi, diuretici). La reazione che viene catalizzata dal’ALT è: L‐alanina + alfachetoglutarato L‐glutammato + Acido piruvico. L’ALT è dipendente dal coenzima piridossal fostato (anche l’AST è dipendente dal piridossal fosfato perché l’intermedio della reazione enzimatica ha bisogno del piridossal fosfato). Il piridossal fosfato deriva dalla vit B6 (introdotta con la dieta, che non riusciamo a sintetizzare, e poi modificata) ed è un coenzima. Qual è la differenza tra coenzima e cofattore? (HA DETTO DI VOLERLO SAPERE ALL’ESAME): è una differenza chimica‐strutturale in quanto i cofattori sono ioni, mentre i coenzimi sono molecole organiche, generalmente derivata da vitamine (che non può essere quindi sintetizzato all’interno dell’organismo, ma necessita di un precursore assunto con la dieta); funzionalmente partecipano entrambi alla reazione senza essere modificati e sono necessari per la funzione enzimatica. L’ALT è più dipendente (più sensibile) rispetto all’AST dal piridossal fosfato. Questo è importante perché può essere utilizzato come marcatore diagnostico del danno alcolico perché il soggetto alcolizzato con danno cronico è in genere un soggetto che mangia male, mangia poco (perché l’alcol etilico viene trasformato in glucosio attraverso la trasformazione in corpi chetonici). Quindi come conseguenza della dieta sbagliata si ha poco B6 e poco piridossal fosfato, che causa una riduzione relativa dell’attività dell’ ALT perché è più sensibile. Il rapporto AST/ALT diventa maggiore di 2 ed è uno dei criteri diagnostici del danno alcolico. DOSAGGIO DELL’ALT: È un dosaggio con cui noi andiamo a valutare l’attività enzimatica e non valutiamo l’espressione dell’ALT. Perché facciamo questo? ALTRA WWW.SUNHOPE.IT
DOMANDA CHE VI FACCIOALL’ESAME (Perché preferiamo dosare l’attività degli enzimi e non l’espressione degli enzimi?). Perché è molto più comodo per vari motivi 1)è poco costoso: fare un dosaggio spettrofotometrico, quindi dosare l’attività degli enzimi è molto meno costoso che dosarne l’espressione (perché l’espressione di una proteina si dosa attraverso l’espressione del gene, usando il metodo ELISA che è un metodo quantitativo); 2) è un metodo molto semplice ed automatizzato, usando un macchinario che fa i dosaggi enzimatici; 3) non ho bisogno di personale specializzato (mi serve solo per calibrare la macchina inizialmente); La localizzazione intracellulare è importante per predire l’entità del danno, perchè se la localizzazione è piu interna, ovviamente se noi abbiamo un incremento dell’enzima vuol dire che il danno è piu grave. Per cui siccome questo è un enzima microsomiale, con questo incremento vuol dire che il danno a livello epatico o a livello dei muscoli è più grave. Ci possono essere falsi positivi per l’AST perché ad esempio se abbiamo un grande emolizzato l’AST risultata aumenta ma non è dovuto al danno epatico, semplicemente all’emolisi massiva che si è avuta. Quindi quando il siero è emolizzato generalmente il prelievo va ripetuto perché ci possono essere dei fattori confondenti ma anche un emolisi non voluta del siero emolizzato può indurre un incremento, un falsa positività del’AST e la lipemia elevata (elevato tasso di lipidi nel sangue). La reazione che viene catalizzata dal AST è: 4)non c’è il rischio stocastico per il personale. L‐aspartato + alfa chetoglutarato  L glutammato + ossalacetato Questi sono i 4 buoni motivi per fare un dosaggio enzimatico anziché un dosaggio di espressione della proteina. DOSAGGIO DELL’ALT : Il siero del paziente viene messo in contatto con il substrato dell’enzima, l’alfa chetoglutarato che porta a formazione di ossalacetato; l’ossalacetato viene messo in contatto con un altro enzima che è l’enzima malico o malato deidrogenasi che forma per l’appunto acido malico. Quanto più elevato sarà l’acido malico maggiore sarà la diminuzione di assorbanza a 340 nm allo spettrofotometro che quindi misurerà l’attività enzimatica dell’AST e quindi anche in questo caso c’è la formazione di NADH che porta alla diminuzione d’assorbanza a 340 nm. Come si fa questo dosaggio enzimatico dell’ALT? Si mette il siero del paziente insieme alla lattico deidrogenasi che agisce sul substrato prodotto dall’ALT che è il piruvato, si mettono i due substrati dell’ALT che sono l’alfa chetoglutarato e L‐
alanina si mettono in presenza del siero del paziente e si mettono in presenza del LDH, la Lattico deidrogenasi agisce su uno dei prodotti : il piruvato che viene trasformato in acido lattico e si produce NADH. L’NADH causa una diminuzione dell’assorbanza a 340 nm che viene misurata con lo spettrofotometro e che è direttamente proporzionale all’attività enzimatica dell’ALT.Per cui l’ALT, come anche l’AST, non viene espresso in nanog/ml o picog/ml ma viene espresso in unità/l, perche noi andiamo a dosare l’attività dell’enzima e non la quantità. TRANSAMINASI AST: L’altra transaminasi è l’AST, aspartato aminotrasferasi, è contenuta in diverse cellule ma risulta particolarmente concentrato in particolari distretti delle cellule epatiche ( i mitocondri) e del tessuto muscolare, anche cardiaco. Infatti una volta AST era utilizzato come marcatore di danno miocardico, oggi del tutto soppiantato dai nuovi marcatori come Troponina , T e la I (la C mai dosata, non secreta specificamente secreta dal muscolo cardiaco). In più :creatina chinasi (CK) e CK‐MB, Mioglobina, catene pesanti gene miosina. WWW.SUNHOPE.IT
LATTICO DEIDROGENASI (LDH): La lattato deidrogenasi è un enzima molto importante della glicolisi anaerobia, in cui trasforma l’acido piruvico in acido lattico con formazione di NADH. Per LDH parliamo di 1) “pendolarismo” e 2) “ciclo di cori”: l’acido lattico circola direttamente nel sangue e va a finire nel fegato dove viene ritrasformato in acido piruvico. Perché non circola il piruvato ma circola l’acido lattico? L’acido lattico è molto più idrofilo rispetto all’acido piruvico ,questo consente all’acido lattico di poter circolare , mentre l’acido piruvico non ci riesce. L’isoenzima in questione è un enzima tetramerico, in cui quindi ci sono 4 subunità proteiche, quindi un po’ simile come struttura all’emoglobina. L’isoenzima M4(LDH5) è predominante nei muscoli e nel fegato, mentre l’H4(LDH1) nel cuore e H3M1 (LDH2) negli eritrociti. Negli eritrociti è presente ad una concentrazione 150‐
200 volte più alta rispetto a quella del plasma, perchè gli eritrociti fungono da trasportatore anche di acido lattico, oltre all’ossigeno ed anidride carbonica. L’isoenzima cardiaco (LDH1)è facilmente riconoscibile perché è in grado di catalizzare la trasformazione del alfa‐idrossibutirrato in alfa‐cheto butirrato. Valori elevati di LDH si trovano anche nell’infarto del miocardio. Quindi valori elevati di LDH non si hanno solo nella citolisi epatica ma si possono osservare anche 1) nell’infarto del miocardio; 2) in anemie emolitiche (se abbiamo emolisi abbiamo dispersione di LDH eritrocitario); 3) nell’anemia perniciosa; 4) nelle leucemie ed alcuni tumori, come quello del testicolo, che comunque sono attivamente proliferanti e possono riversare LDH nel sangue perché nel tumore c’è il cosiddetto l’effetto Warburg, per cui c’è un anaerobiosi molto marcata e la glicolisi anaerobica sostituisce quella aerobica. Quando infatti facciamo la PET con fluorodesossiglucosio, andiamo ad sfruttare l’effetto warburg, quindi somministriamo al paziente glucosio marcato che è il metabolita principale che viene metabolizzato dalle cellule tumorali (la cellula tumorale attivamente proliferante non usa l’acido grasso ma usa il glucosio per produrre energia attraverso la glicolisi anerobica) quindi dove si va a localizzare questo glucosio marcato avremmo il sospetto che c’è una patologia con elevata attività metabolica, che significa che c’è un elevato metabolismo glicolitico anaerobico in quel punto del nostro organismo, quindi sospettiamo che c’è una massa neoplastica; 5) malattie muscolari, distrofia muscolare può per esempio portare a secrezione LDH; 6) malattie epatiche. L’enzima GAMMA‐GT è un enzima di confine tra la citolisi e la colestasi (RISPOSTA DA DARE ALL’ESAME). Ab‐intrinseco, come un calcolo o tumore delle vie biliari (tumore colecistico) che può determinare un ittero (morte del paziente), o ancora una neoplasia biliare benigna (in questo caso il paziente sopravvive). Si ha quindi un ittero ostruttivo che dal punto di vista semeiotico è un segno e non un sintomo. In questo caso aumenta la Fosfatasi alcalina, che è un enzima, non presente solo nell’epitelio biliare o nel dotto coledoco ma è presente anche in altri organi come nel tessuto osseo, intestino e la placenta. Questo fa si che non sia un enzima altamente specifico per colestasi: è altamente sensibile ma non specifico, infatti un suo innalzamento si può avere anche nei bambini (cioè accrescimento del tessuto osseo e quindi aumenta l’isoenzima osseo della fosfatasi alcalina). ISOZIMI: Ovviamente esiste un enzima di membrana; esistono 2 geni: uno detto intestinale, l’altro non specifico. Vi sono ari isozimi: epatico, intestinale, placentare, osseo. Esiste una forma inducibile da corticosteroidi. USO CLINICO: L’uso clinico è nella colestasi perché l’emivita dell’isoenzima epatico è maggiore rispetto all’emivita dell’isoenzima intestinale quindi permane nel sangue per più tempo , per cui la sensibilità della fosfatasi alcalina verso la diagnosi colestasi è uguale, la specificità è bassa perché il suo innalzamento può derivare da condizioni fisiologiche. Quali sono le condizioni fisiologiche?  Accrescimento Osseo, durante adolescenza o infanzia.  Gravidanza, appare nel siero al termine della gravidanza. Ovviamente ci possono essere anche condizioni patologiche: ENZIMI DI COLESTASI Gli enzimi di colestasi sono la fosfatasi alcanica e parzialmente la gamma‐GT, che è un enzima di confine tra la colestasi ,il danno alcolico, e la citolisi epatica. Colestasi: Quando abbiamo l’ostruzione del coledoco che porta la bile dalla colecisti alla seconda porzione del duodeno parliamo di COLESTASI . L’ostruzione può essere: Ab‐extrinseco , cioè può originarsi perché c’è una massa che lo ostruisce come ad esempio una metastasi epatica, massa addominale, tumore benigno o maligno addome; 
DOSAGGIO: Dosaggio molto semplice, colorimetrico, perché gli enzimi della fosfatasi sono addetti all’idrolisi del legame sterico tra alcool e acido fosforico , per cui si utilizza come substrato il p‐nitrofenilfosfato che si mette a contatto con il siero del paziente. La fosfatasi attacca il p‐nitrofenilfosfato e produce p‐nitrofenolo di colore caratteristico giallo che aumenta l’assorbanza allo spettrofotometro che misura attività enzimatica (400nm). WWW.SUNHOPE.IT
Metastasi ossee, Carcinoma prostatico, Patologie Osteodegenerative gravi (Morbo di paget). WWW.SUNHOPE.IT
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