SE ECCEDE IL CONTROLLO… Riza Psicosomatica - Gennaio 1984 L.Paola Pacifico - Leonardo Marletta Per esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni abbiamo a disposizione tutta una gamma di movimenti corporei più o meno volontari. Sono in gran parte gli stessi che usiamo nella vita di tutti ì giorni e che si possono distinguere fra quelli che denotano il nostro desiderio di dare e quelli che rivelano una tendenza a ricevere Si tratta di passaggi rispettivamente verso l'esterno e verso l'interno che caratterizzano anche molte funzioni organiche – quali il mangiare o il respirare -- o sociali - parlare, ascoltare, ecc. - Se però un eccesso di controllo. ci impedisce di vivere appieno questi movimenti - spiegano gli autori - ecco che insorge la tensione. In tal modo una gran parte di energia, altrimenti utilizzabile, viene per così dire "compressa", causando disturbi più o meno pronunciati, L'esperienza del "lasciarsi andare", del rinunciare al controllo, è in questo senso riequilibratrice. Tensione e rilassamento sono stati in cui il corpo si viene a trovare sia quando è fermo sia quando è in movimento, Essi condizionano la nostra espressione, che sarà minima se ci troviamo in uno stato di tensione, e massima in uno stato di rilassamento, Ma, dato che i diversi tipi di movimenti che il corpo compie, oltre ad assolvere funzioni fisiche, rappresentano in chiave simbolica i grandi temi della vita comuni a tutti, da come ciascuno di noi li compie, se in misura minima o massima, sapremo in quale rapporto siamo in quel momento con ciò che a livello più profondo quei movimenti esprimono, Ad esempio quella serie di azioni che possono essere ascritte al dare e al ricevere, simbolizzate da tutti quei movimenti che dall'interno vanno verso l'esterno e dall'esterno vanno verso l'interno, sono espresse al massimo quando il corpo è rilassato e al minimo quando il corpo è in tensione, In questo senso la tensione, facendo da freno al movimento, non consente di esprimere pienamente il nostro dare e ricevere. Tensione e controllo Alla base della tensione troviamo il controllo che viene messo in atto quando si vuole o si deve sospendere un certo genere di espressione in favore di un'altra. Sospendiamo l'ascoltare in favore del parlare, lo star fermi per il camminare e quant'altro potrebbe distrarre da ciò che risulta a noi particolarmente interessante in quel momento. Ad esempio nel processo comunicativo si sospende il verbale, la parola, facendo una pausa, per sentire, per cogliere dal non verbale dell'altro come è stato accolto il nostro messaggio. Un momento necessario per autoregolarsi, in base non tanto alle risposte verbali ma ai comportamenti dell'altro, che più che capire si avvertono, si sentono, Quindi la sospensione del capire in favore del sentire. Comunque sospendere, per breve o per lungo tempo, una nostra espressione o un nostro atto vuoi dire escluderli e ciò comporta la messa in atto del controllo, che fa andare in tensione il corpo, Per controllare un abbraccio o uno scapaccione, ridurremo al minimo il movimento di un braccio, per controllare un risata o un pianto ridurremo l'apertura delle labbra. L'eccesso di controllo Ma ridurre la propria espressione a quei soli movimenti che rientrano nell'immagine che si vuole dare agli altri in quel momento non consente di vivere il presente, il qui e ora dell'unità psicofisica che il corpo rappresenta. L'eccesso di controllo richiede un tale impiego di energia fisica e psichica da non potersi sopportare a lungo per la tensione che provoca al corpo. Di solito all'eccesso di tensione corrisponde il lasciarsi andare che permette di compiere quei movimenti che si sono tenuti sotto controllo. Il lasciarsi andare è una specie di riequilibrio spontaneo che avviene ad esempio quando ci sdraiamo dopo esser stati troppo tempo in piedi, quando ci muoviamo dopo esser stati fermi. Ma non sempre i movimenti che abbiamo controllato, sia nella forma che nella loro estensione, possono essere agiti spontaneamente e liberamente. Il più delle volte abbiamo bisogno di un pretesto, di una circostanza che legittimi la produzione di quei movimenti per non intaccare l'immagine che abbiamo di noi e che vogliamo dare agli altri. I pretesti più comuni sono le nostre reazioni ai comportamenti degli altri. Non ci chiediamo se siamo stati noi a provocarli con precedenti atti e gesti, ma utilizziamo inconsciamente gli altri per poter reagire ai loro comportamenti e di conseguenza lasciarci andare. In questo modo potremo estendere al massimo la nostra voce e urlare, giustificandoci col fatto che qualcuno non ha risposto a una nostra domanda, potremo estendere le braccia per picchiare o abbracciare perché qualcuno ci ha guardato male o ci ha sorriso. Ci sentiamo giustificati a lasciarci andare anche quando è comune a tutti il farlo, piangere o ridere per una sequenza cinematografica, inveire e insultare per un mancato goal, accusare malesseri strani per dormire il tempo che si vuole, per farsi servire e non servire per un certo tempo. Sono queste delle strategie inconsce che servono a riequilibrare l'eccesso di controllo con quei comportamenti e movimenti che per esigenze di immagine si sono voluti o dovuti escludere dalla nostra espressione. Crollo del controllo Lasciarsi andare è una specie di crollo del controllo che ci concediamo quando, ad esempio, legittimati dal fatto che le allergie esistono e sono ammesse, ci abbandoniamo ad una serie di starnuti; quando in difesa di una cosa che ci appartiene diventiamo apertamente aggressivi e violenti e quando in nome di presunti esaurimenti nervosi ci comportiamo in modi diversi rispetto ai soliti. Ma il lasciarsi andare può avvenire anche in modo più gioioso attraverso il gioco e l'amore che richiedono per essere tali l'assenza totale di controllo. L'espressione massima di sé richiede il vivere il presente senza aver paura delle diverse e contrastanti parti di noi che affiorano e senza soffocarne alcuna. È un momento di verità di cui non si può fare a meno, ma che non si riesce a realizzare per l'alto rischio che comporta il presentare agli altri le proprie contraddizioni e non l'immagine di perfezione che noi vorremmo. Ma pur sapendo che attraverso il gioco e l'amore ci è concesso di vivere quei momenti di verità necessari al nostro riequilibrio optiamo per quelle circostanze meno gioiose. Il crollo del controllo attraverso un corpo a corpo di una lite piuttosto che il corpo a corpo del gioco o dell'orgasmo. Il lasciarsi andare attraverso una malattia piuttosto che l'abbandono in un abbraccio. Questi momenti di verità possono dirsi momenti di unificazione e tanto più sono necessari quanto più si mette in atto il controllo. Ma noi identifichiamo l'assenza di controllo con una regressione della condizione umana e non ne cogliamo l'aspetto vantaggioso né quello simbolico del nascere, dell'aprirsi ad un nuovo modo di essere. Ad esempio la donna attraverso il parto potrà massimamente vivere il suo momento di verità, di unificazione se saprà far cadere ogni controllo. Frederick Leboyer definendo l'esperienza del parto dice: "Partorire è fare l'amore. Ingigantito, immensamente più grande. All'inizio la stessa paura, quella del primo bacio, del primo abbraccio. E’ la stessa felicità una volta sparita la paura”. Nel suo libro Dalla luce, il bambino, riportala testimonianza di una donna: ”... sento tutto il mio essere trascinato. Mi sento aspirata verso il centro. E qualcosa in me ora sa che, tutto il tempo questo movimento appassionato mi assorbirà completamente. Che io sarò quella cosa li. Che quella sarà me. Fin quando arriverà l'estasi finale. Ogni momento in cui il controllo è sospeso può dirsi un momento di massima espressione di sé, di grande verità che può essere simbolicamente vissuto come una nascita”. Questi momenti di verità li viviamo spesso attraverso situazioni gioiose o dolorose che possono essere anche il parto, l'orgasmo, la lite, il malore ma non ne siamo consapevoli. La nascita simbolica quella iniziatica è quella in cui consapevolmente ci si prepara al crollo del controllo. Richiede un lungo decondizionamento per recuperare la percezione del proprio corpo, delle proprie sensazioni, per imparare a rilassarsi che è imparare ad aprirsi, ad avanzare secondo il proprio ritmo e le proprie possibilità, per rendere massima l'estensione di un braccio, di una mano, l'inspirare e l'espirare più profondo, il volume e il tono della voce più autentico. Richiede il recupero di alcuni passaggi saltati della storia personale con la liberazione degli accumuli emotivi venutisi a creare per non aver vissuto al momento giusto bisogni primari. L'esperienza simbolica della nascita, riprodotta in laboratorio in un gruppo, modifica esperienze precedenti ingrammate nelle nostre cellule come sgradevoli. Annulla l'importanza del nascere inconsapevole. Diventa l'esperienza dell'adulto che vuole nascere. Un simbolico utero formato da grossi palloni di gomma morbidi tenuti stretti e fermi dai partecipanti rappresenta il percorso da compiere. E alto lo sforzo per aprirsi un varco tra i dieci metri di tunnel e non vi è clemenza per chi lo attraversa che si allenti la pressione sopra di se. Non c'è controllo, ma il piacere di avanzare e la certezza che molte braccia calde lo accoglieranno perché lui stesso si offrirà poi per accogliere gli altri. Per analogia i due stati in cui il corpo può venirsi a trovare, di tensione e di rilassamento, sono momenti di controllo e non controllo, di esclusione e di inclusione. Il ridurre e l'ampliare, il limite e la vastità che si esprimono con i movimenti del corpo massimi e minimi sono simbolo di una nascita perenne della verità che ciascuno di noi rappresenta.