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Virus «scappati» dai laboratorie rischi di una pandemia
STUDIO
ITALIANO
Virus «scappati» dai laboratori
e rischi di una pandemia
Impossibile caricare il plug-in.
Nelle aree popolate possibilità 3­5 volte maggiori. Rezza (Iss):
«Improbabile che l’epidemia non venga subito bloccata»
È di un anno e mezzo fa la notizia
di un virus letale creato in
laboratorio: una variante
dell’aviaria potenzialmente in
grado di provocare una
pandemia. Di due anni fa la
notizia della produzione,
all’Erasmus Medical Centre di Rotterdam, di un altro virus in
grado di sterminare metà della popolazione mondiale. In
entrambi i casi le polemiche erano state infuocati, con gli esperti
divisi tra chi temeva la nascita di una nuova arma biologica di
massa e chi lodava il lavoro svolto per non arrivare impreparati a
una vera pandemia.
GRAFICO ­ La simulazione della probabilità di una pandemia a
Milano e in un’area rurale della Sardegna
LO STUDIO ITALIANO ­ Ma quali sono le probabilità che un
virus «scappato» da un laboratorio provochi un disastro, ovvero
una catena incontrollabile di contagi nella popolazione? A questa
domanda hanno cercato di rispondere alcuni ricercatori della
Fondazione Bruno Kessler di Trento, in particolare Stefano
Merler, Laura Fumanelli e Marco Ajelli dell’Unità Dpcs
(Dynamical Processes in Complex Societies), in collaborazione
con Alessandro Vespignani della Fondazione Isi di Torino e della
Northeastern University di Boston. Lo studio è stato pubblicato
su Bmc Medicine.
DIPENDE DAI VIRUS ­ Secondo gli autori, c’è una
ragionevole probabilità di riuscire a evitare una pandemia, se il
virus è poco aggressivo (come ad esempio l’H1N1 che ha causato
la pandemia del 2009). Le cose sarebbero invece decisamente
più complicate se il virus avesse un alto grado di trasmissione,
come quello dell’influenza spagnola del 1918 (che, secondo le
stime, avrebbe ucciso in un anno e mezzo 25 milioni di persone
nel mondo). Finora gli studi di questo tipo si erano concentrati
su come contenere la diffusione di pandemie provocate da virus
emersi in natura; i ricercatori trentini hanno per la prima volta
indagato ­ usando un modello matematico ­ le possibili
conseguenze di virus influenzali fuoriusciti accidentalmente da
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DIRITTI E RISPOSTE
Novita’
Comprendere
è
un
diritto
CORRIERE SALUTE
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un laboratorio, per valutare l’efficacia di una serie di interventi,
come l’isolamento del laboratorio, la quarantena dell’abitazione
Dermatite
atopica:
i
nutrienti
che
possono
aiutare
dei lavoratori e di quelle delle persone venute a contatto con
loro.
MONDO IN UN CLICK
Mercatini
di
Natale
POSSIBILI SCENARI ­ I ricercatori hanno considerato
possibili scenari in città come Rotterdam, Londra, Stoccolma,
Milano, Madrid e Parigi. «Le stime sulla possibilità di fuoriuscita
accidentale dei virus ­ spiegano ­ parlano di una probabilità dello
0,3% all’anno per ogni laboratorio che lavora a un livello 3 o 4 di
Tradizionali,
curiosi
o
trendy:
ecco
tutte
le
dritte
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Speciale
librerie
biosicurezza. Se si tiene presente che i laboratori di queste
categorie al mondo sono complessivamente alcune migliaia, si
può valutare che le probabilità non sono poi così basse. Con il
nostro studio abbiamo dimostrato che nel 5­15% dei casi non si
riesce nemmeno a scoprire il possibile incidente. Negli altri casi i
25
soluzioni
per
arredare
le
pareti
di
casa
due parametri più importanti da tenere in considerazione sono il
periodo di tempo che passa prima che ci si accorga della
fuoriuscita dei virus e la probabilità che le persone infette
sviluppino sintomi clinici».
AREE URBANE POPOLATE ­ I ricercatori che hanno
lavorato allo studio hanno inoltre valutato le possibilità di
contenimento di una pandemia in base alla densità della
popolazione locale che circonda l’impianto. È emerso che la
maggior parte dei laboratori che lavorano in regime di
biosicurezza «si trovano ­ riferiscono i ricercatori ­ in grandi aree
urbane e in quelle zone la probabilità di non contenere
l’epidemia è 3­5 volte maggiore rispetto alle zone isolate. Questa
ricerca potrebbe quindi rivelarsi estremamente utile anche per
decidere dove collocare questo tipo di laboratori».
«PANDEMIA IMPROBABILE» ­ Secondo Giovanni Rezza,
epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità, lo studio è
interessante e stimola diversi spunti di riflessione, ma, spiega,
«la probabilità che un virus fuoriuscito da un laboratorio causi
una pandemia è molto bassa». Con buona pace degli scrittori e
registi che sono stati ispirati da eventualità di questo genere. «Di
ogni virus viene valutato il cosiddetto R0, ovvero il coefficiente
di riproduzione di base (definito come il numero di contagi
causati da un soggetto infetto introdotto in una popolazione
suscettibile; quindi, un‘infezione si diffonde efficacemente solo
se R0 è maggiore di 1, ndr). Dunque la probabilità di una
pandemia, come detto nello studio, dipende da quanto un virus è
aggressivo e dalla densità di popolazione: se entrambi i valori
non sono troppo elevati, è altamente probabile che il virus possa
essere tenuto sotto controllo senza grossa fatica. Questo vale
anche per i virus che arrivano da focolaio animale, come
l’aviaria».
FANTASCIENZA ­ Diverso sarebbe il caso di una fuoriuscita
volontaria dei virus dai laboratori, ma qui, dice Rezza, «siamo
nel campo della fantascienza». Può accadere che un tecnico di
laboratorio venga infettato dal virus su cui sta lavorando, ma in
questi casi ­ conclude Rezza ­ «è molto difficile che la stessa
persona, che conosce benissimo il virus e i sintomi che provoca,
non si renda conto di essere stata contagiata, attuando quindi
tutte le misure necessarie per evitare che il patogeno si
diffonda».
06
dicembre
2013
©
RIPRODUZIONE
RISERVATA
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