Indice
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Prefazione
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Parte I. Una cellula così perfetta...
Capitolo 1
9
Che cos’è il cancro?
Capitolo 2
17
Alcune cifre per capire la posta in gioco
Capitolo 3
25
I geni del cancro
Capitolo 4
35
Ci si può prendere un cancro?
Capitolo 5
51
Ereditarietà e cancro
Capitolo 6
61
Psiche e cancro
Capitolo 7
73
La cellula cancerosa: una terribile minaccia
87
Parte II. Le cure di oggi. Dei risultati non trascurabili
Capitolo 8
89
La chirurgia. Guarire asportando il tumore?
Capitolo 9
103
La radioterapia. La radioattività al servizio dei malati
Capitolo 10
113
La chemioterapia.Veleni quasi addomesticati
Capitolo 11
127
Farmaci più dolci: gli ormoni
139
Parte
III.
Le strade della speranza
Capitolo 12
141
Le cure di domani
Capitolo 13
171
E il malato in tutto questo?
177
Conclusioni
189
Per saperne di più
Parte I. Una cellula così perfetta…
Capitolo 1
Che cos’è il cancro?
Potremmo definire il cancro come un complesso di malattie che
possono colpire tutti gli organi del corpo, dovute alla proliferazione
di cellule degenerate e la cui prognosi, in assenza di cure, è generalmente mortale.Tuttavia, questa definizione, facile, globalmente esatta, non restituisce la dimensione reale, l’incredibile complessità e
l’immensa sfida che questa malattia pone. Per provare a capire la vera
natura del cancro, bisogna avere il coraggio di andare oltre, di penetrare i segreti della vita, di entrare nei meccanismi più intimi della
storia e del funzionamento cellulare. Proviamo a farlo insieme e, per
questa ragione, cominciamo dall’inizio.
Tutti gli organismi viventi, che siano piante, animali o esseri
umani, tutti quanti sono costituiti dall’assemblaggio ordinato e organizzato di piccolissimi elementi chiamati “cellule”. Il corpo umano, per esempio, ne conta all’incirca un milione di miliardi. Benché
provengano tutte, all’inizio, da una stessa cellula – ci ritorneremo –
esse si sono differenziate con il tempo, nel corso dello sviluppo dell’individuo, in 200 tipi di cellule diverse. E ciascuno di questi tipi
cellulari si è organizzato per costituire un “organo”. È così che alcune cellule formano il fegato, altre il cuore, i reni, il cervello, gli occhi, il sangue oppure l’intestino.
Eppure, tutte queste cellule diverse da un organo all’altro sono
portatrici di caratteri comuni, dal momento che appartengono tutte
a uno stesso individuo. E sono precisamente queste caratteristiche
comuni che permettono a tali cellule di distinguere tra loro le persone. Sono queste differenze di un individuo rispetto a un altro che
spiegano anche perché non si possa prelevare un organo da una persona e trapiantarlo a un’altra senza prendere la precauzione di verificare se esista un minimo di affinità (o di compatibilità) tra il donatore e il ricevente.
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Parte I. Una cellula così perfetta...
Ma torniamo alla scala di grandezza precedente. In un dato individuo, tutte le cellule sono diverse nel loro aspetto: una cellula del
cuore non assomiglia a una cellula della retina, per esempio. E anche
nel loro funzionamento: l’una si contrae regolarmente al ritmo dei
battiti del cuore, l’altra ci permette di vedere essendo sensibile ai raggi luminosi. Ciononostante, esse hanno molti punti in comune dal
momento che stanno all’interno dell’involucro di una stessa persona, si accettano reciprocamente, e sanno riconoscere e rigettare le
cellule di un altro individuo.
Per comprendere questo apparente paradosso, bisogna considerare come si forma un individuo.
Al principio di ogni vita, esiste una prima cellula.A dire il vero, si
tratta piuttosto dell’unione di due mezze cellule, una proveniente
dal padre, lo spermatozoo, e l’altra dalla madre, l’ovulo. La prima
porta il patrimonio genetico del padre, l’altra quello della madre. È
la loro somma che dà vita alla prima cellula del futuro individuo.
Molto rapidamente, questa prima cellula si divide per darne due.
Poi, ciascuna si divide a sua volta per darne 4, poi 8, 16, 32, 64, 128
ecc., fino a quel famoso milione di miliardi di cellule che costituiscono un essere umano. Abbiamo qui un fenomeno quantitativo di
moltiplicazione cellulare che permette, a partire da una sola cellula,
di fabbricarne dei miliardi.
Non appena l’organismo raggiunge lo stadio di alcune centinaia
di cellule, si produce simultaneamente un altro fenomeno. Qualitativo, in questo caso. Ciascuna di queste cellule si differenzia dalle altre, assume un aspetto particolare e si orienta, all’interno di quel
principio di embrione in gestazione, per insediarsi là dove l’organo
che deve formare si dovrà trovare, rispettando la struttura d’insieme
e le definizioni morfologiche della specie. Tutti gli uomini hanno
due piedi e due mani sempre collocate nello stesso posto, due occhi
nelle orbite, un cuore nel torace e un cervello nella testa. Gli uccelli
hanno invece delle ali e i pesci delle pinne. Ogni specie mantiene in
modo costante da una generazione all’altra, da un individuo all’altro,
le sue caratteristiche morfologiche e anatomiche.Ancora più stupefacente: non solamente le cellule si dividono le une dalle altre per
formare gli organi, ma, inoltre, mentre all’inizio erano tutte identiche, esse si specializzano nel loro funzionamento. In effetti, una volta formati gli organi, ogni cellula arriva a effettuare solo più un’uni-
Che cos’è il cancro
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ca operazione, in funzione dell’organo al quale appartiene. Quella
della retina dell’occhio, per esempio, vede, ma, in nessun modo, può
adempiere a quel che fa una cellula del rene, cioè depurare il sangue
ed eliminare le tossine nell’urina. Per fortuna, d’altro canto!
C’è quindi all’inizio una sola cellula che, in qualche mese, ne genera miliardi, tutte diverse e specializzate, ma che pure sono, in un
certo qual modo, tutte uguali e sanno riconoscersi come appartenenti a uno stesso individuo! Per quanto stupefacente possa essere,
bisogna ammettere che ciascuna cellula di un essere vivente possiede
l’insieme di tutte le potenzialità, ma ognuna di esse non utilizza che
una sola delle sue potenzialità, delle sue funzioni, ed esclude tutte le
altre. Com’è possibile?
Per capirlo, bisogna scendere a una scala di grandezza ancora minore. Bisogna cercare insieme quel che definisce le caratteristiche
proprie a tutte le cellule di uno stesso individuo, quel che fa sì che
una cellula si divida in due e quel che spiega come una cellula specializzata garantisca la sua funzione e soltanto quella. Entriamo all’interno di una di queste cellule. La prima, per esempio.
Abbiamo detto che questa prima cellula – chiamiamola la “totipotente” dal momento che è capace di dare origine a tutte le altre
cellule – ha ricevuto il patrimonio genetico del padre e quello della
madre. Cosa significa questo?
Perché la vita si produca e persista, bisogna che ogni cellula che
definisce la materia vivente garantisca quelle che si possono chiamare le funzioni vitali. Per esempio, se le cellule del cuore di una persona smettessero di contrarsi, questa persona morirebbe. Se le sue
cellule renali smettessero di depurare il sangue, se le sue cellule intestinali cessassero di assorbire gli alimenti o se i globuli bianchi non
la difendessero più contro le infezioni, morirebbe. È proprio il funzionamento di ciascuna delle cellule che lo compongono che permettono a un organo di operare normalmente. Ed è la risultante del
funzionamento di ogni cellula che spiega globalmente il funzionamento di un organismo.
Generalmente, questo funzionamento necessita della fabbricazione di sostanze indispensabili: di ormoni, per esempio, affinché si sviluppino gli organi sessuali senza i quali non è possibile la riproduzione; di enzimi, che permettono la digestione; di collagene, per garantire l’elasticità della pelle; o ancora di rodamina, fabbricata dalle
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Parte I. Una cellula così perfetta...
cellule della retina e che, in quanto sensibile alla luce, permette la visione dell’occhio ecc.Tutte queste sostanze appartengono a una categoria di molecole che chiamiamo proteine.
Si può quindi dire, riassumendo molto brevemente, che le cellule sono delle officine specializzate nella fabbricazione delle proteine.
Ma nessuna inventa il processo di fabbricazione, né la proteina fabbricata. Essa fabbrica questa proteina perché possiede la ricetta necessaria e dispone di un modo per leggerla e per mettere in atto il
processo di fabbricazione. Queste ricette, in realtà, sono i geni.
Si associano spesso, per esempio, geni e colore degli occhi o dei
capelli. In realtà, il fatto che gli occhi siano blu o verdi, che i capelli
siano bruni o rossi, ciò risulta dalla fabbricazione di proteine capaci
di dare quel colore piuttosto che quell’altro ai nostri occhi o ai nostri capelli, e la ricetta corrispondente a quelle proteine è fornita dai
geni provenienti dai nostri genitori. È per questo motivo che quei
caratteri morfologici ci appaiono a giusto titolo ereditari. La prima
cellula riceve quindi i geni del padre e i geni della madre, nel novero
di circa 30 mila nella specie umana.
Da una cinquantina d’anni, sappiamo qual è la struttura, la forma
fisica di questi geni, come queste ricette sono scritte. Una scoperta
che dobbiamo a due ricercatori francesi, i professori François Jacob
e Jacques Monod. Le ricette sono scritte per mezzo di quattro lettere, il codice genetico, lungo un filamento. Quest’ultimo altro non è
che il DNA o acido desossiribonucleico, che si trova all’interno di
ogni cellula sotto forma di cromosoma. L’incredibile, soprattutto se
si pensa che questo DNA si conserva da una generazione all’altra, è
che questo filamento è straordinariamente sottile. Immaginate: misura due metri di lunghezza; due metri contenuti all’interno di ciascuno di quei piccoli elementi che sono le nostre cellule.
La semplicità del codice genetico, il cui alfabeto non conta che
quattro lettere, e la lunghezza del DNA spiegano un elemento determinante rispetto a quanto ci interesserà più avanti: il carattere ambivalente del veicolo dell’informazione genetica, allo stesso tempo resistente e fragile.
È resistente, perché il DNA è incredibilmente stabile da una generazione all’altra e da un individuo all’altro in seno alla stessa specie.
Ciò spiega la stabilità delle specie. Immaginate che ogni generazione,
in una determinata specie, sia diversa dalla precedente: una rosa da-
Che cos’è il cancro
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rebbe vita a un garofano, un gatto a un cavallo! È stabile anche da una
cellula all’altra durante la moltiplicazione cellulare. Altrimenti, per
esempio, le cellule del fegato diventerebbero domani le cellule del
cuore o del cervello! Questa resistenza dipende da due fattori. Per
prima cosa dal fatto che il sistema è semplice. Quattro lettere,A,T, C,
G, scrivono tutta la vita, la storia della vita in ogni sua forma e portano in loro tutte le sue potenzialità future. Messe una di seguito all’altra tre miliardi di volte lungo il filamento del DNA, all’interno di milioni di miliardi di cellule che ci compongono, queste quattro lettere
scrivono i 30 mila geni propri della specie umana. Il secondo motivo
sta in un sistema che permette di verificare l’esattezza della scrittura
genetica e di ripararla immediatamente se viene scoperto un errore.
Infatti, delle piccole molecole circolano lungo il filamento del DNA e
leggono i geni che esso contiene. Se sopravviene un errore di scrittura, se una lettera si è rovinata o cancellata, se una sequenza di qualche
lettera si è malauguratamente invertita, questi piccoli verificatori lo
scoprono, richiamano altre molecole, riparatrici in questo caso, che
asportano l’anomalia e sostituiscono la o le lettera(e) anormale(i) con
un nuovo pezzo di DNA corretto. Questo sistema di localizzazioneriparazione è fondamentale per la conservazione del DNA e dunque
per l’insieme dei geni indispensabili al funzionamento delle nostre
cellule. Si potrebbe paragonare questo sistema a un lettore compact
disc che, constatando una scalfittura che disturba l’ascolto di un brano
di musica, fosse capace di effettuare lui stesso la riparazione necessaria, in modo che la qualità del cd rimanesse perfetta per sempre.
Tuttavia, questa apparente resistenza, che ha permesso alle specie
viventi di attraversare la storia del mondo dalla primissima cellula
apparsa sulla Terra fino a oggi, è associata a una caratteristica opposta: la fragilità. Non si può evitare di notare il carattere sottile e improbabile della vita, quando si sa che queste migliaia di geni, tutti
straordinariamente indispensabili al funzionamento dei nostri organi, sono scritti su un filo che è migliaia di volte più sottile di un capello, all’interno di miliardi di cellule, ciascuna non più grande di
qualche milionesimo di millimetro. Questa fragilità del nostro patrimonio genetico dipende inoltre da un processo specifico e fondamentale: la replicazione del DNA nel momento della divisione cellulare. Ogni volta che una cellula si divide per darne due, deve, prima,
fabbricare una copia del proprio DNA. Infatti, come abbiamo visto
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Parte I. Una cellula così perfetta...
precedentemente, tutte le cellule sono generate da una stessa cellula
che si è moltiplicata e ciascuna possiede interamente lo stesso patrimonio genetico della cellula madre che le ha dato origine e di tutte
le cellule sorelle o figlie.
Questo è possibile solo se, ogni volta, prima di cominciare a dividersi in due cellule figlie, la cellula madre produce una copia del suo
materiale genetico, di quel filamento di DNA di due metri di lunghezza. Una volta che dispone di una doppia quantità di materiale
genetico, può allora trasmettere un esemplare di DNA identico a ciascuna delle due cellule alle quali dà vita. Prima di dividersi in due –
ossia prima di quella che chiamiamo “mitosi” – una cellula deve
quindi produrre una copia identica del suo DNA, del suo patrimonio
genetico. Questo fenomeno porta il nome piuttosto logico di “replicazione” o “duplicazione”. È grazie a questo processo che giungiamo a un individuo i cui milioni di miliardi di cellule che lo compongono hanno tutti lo stesso patrimonio genetico.
Per quanto straordinario e importante sia, questo processo è fonte di instabilità genetica. Sia durante la genesi di un futuro bambino,
ma soprattutto durante tutta la vita di un individuo, le cellule che lo
compongono si dividono, senza sosta, per garantire prima la crescita,
poi, più tardi, per riparare le ferite o semplicemente per sostituire le
cellule che invecchiano e che muoiono continuamente.
Ogni giorno, un uomo, in assenza di qualsiasi fenomeno di cicatrizzazione o di accrescimento, perde, e dunque fabbrica per sostituirle, tra i 50 e i 70 milioni di cellule. Dobbiamo quindi immaginare che, ogni giorno, lo stesso individuo fabbrica anche da 50 a 70
milioni di copie assolutamente identiche, di riproduzioni perfette
del proprio patrimonio genetico, una per ogni nuova cellula. È a
questo prezzo che ci si mantiene in vita.Tuttavia, questo processo diventa sempre meno perfetto con l’andare del tempo, cosa che spiega
l’invecchiamento e, alla fine, la morte.
È naturale pensare che, di tanto in tanto, il sistema di riproduzione di quel filo di DNA faccia qualche errore. Oh, non dei grossi errori, ma che semplicemente inverta di posto due lettere, una con l’altra, o che si sbagli e metta una sequenza di lettere un po’ più in là di
quanto previsto su quel famoso filamento di DNA.
Statisticamente, l’assenza totale di errore, visto il numero delle
copie prodotto durante tutta una vita, è impossibile. Qualche sbaglio
Che cos’è il cancro
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si verifica, di tanto in tanto, qua o là. Alcuni di essi hanno come risultato un DNA degenerato, incapace di assicurare il funzionamento
di una cellula e ne provocano la morte.Altre volte, al contrario, certi errori migliorano le prestazioni del DNA, portando alla fabbricazione di una proteina più efficace per quella particolare funzione.
Quella cellula conserva allora nella sua discendenza quel vantaggio,
ed è questo ciò che conduce alla diversificazione e all’evoluzione
delle specie, al loro adattamento a un ambiente mutevole.Talvolta,
però, queste anomalie che chiamiamo “mutazioni” hanno delle gravi conseguenze perché riguardano alcuni geni fondamentali che conosciamo da poco: quelli che controllano la divisione cellulare. In
effetti, fin dall’inizio di questa spiegazione, ragioniamo come se andasse da sé che una cellula si divida, come se fosse perfettamente naturale che, quando non è necessario, la moltiplicazione cellulare si
arresti.
Se ricordiamo quel che si è detto, capiamo come una cellula non
sappia fare che due cose soltanto: fabbricare la proteina di cui ha bisogno per garantire, con le altre, la propria missione e dividersi, a
tempo debito, in funzione della necessità di fabbricare un’altra cellula identica per lo sviluppo di un bambino, per la cicatrizzazione di
una ferita o per il rinnovamento di una cellula che sta invecchiando.
Essa è in grado di farlo perché sa leggere le ricette per le proteine di
cui è portatore il suo DNA. Lo stesso vale per la seconda funzione.
Esistono dei geni, delle ricette, che rendono possibile, ordinano, provocano e regolano la divisione cellulare. Vedremo quali più avanti.
Se una mutazione, un’anomalia di scrittura, si verifica in alcuni di
quei geni che avviano o arrestano il meccanismo grazie al quale una
cellula si divide, questo può condurre a un eccesso di divisione di
una cellula. La cellula in questione e le sue discendenti, tutte portatrici di questa stessa mutazione nei geni regolatori della divisione
cellulare, si moltiplicano allora all’infinito. Una ne produce 2, poi 4,
8, 16, 32, 64, 128, 256, 512 ecc. A poco a poco si costituisce un tumore, un ammasso di cellule in divisione, che si ingrandisce, invade
gli organi adiacenti, e poi l’intera persona. Ecco, in un certo qual
modo, è questo quello che chiamiamo cancro. Che cos’è un tumore,
un cancro, se non un raggruppamento di cellule che sono proliferate a partire da una prima cellula anormale e che hanno tutte una
gran voglia di dividersi per formarne delle altre?
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Parte I. Una cellula così perfetta...
Quando una donna o il suo ginecologo scoprono un tumore di un
centimetro di diametro in un seno, questo tumore contiene già un
miliardo di cellule, la maggior parte affette da un incessante e incontrollabile bisogno di dividersi, di proliferare. Queste cellule anormali, insensibili ai danni che provocano alle altre cellule o all’individuo
al quale pure appartengono, acquistano progressivamente, in virtù di
meccanismi che vedremo più avanti, delle altre proprietà che ne fanno delle temibili armi mortali, una delle più grandi sfide alla scienza
e alla medicina, ma in realtà una forma di vita dalle prestazioni migliori e ancora più efficaci. Ma incompatibile con la fragilità della
vita delle normali cellule umane.