Sapelli - Associazione Paolo Sylos Labini

Intervista a Giulio Sapelli i Fabrizio Goria, da Il Riformista (09.2009)
«Gli economisti sono come maghi, stiano zitti un anno o due». Questo è l'attacco lanciato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, durante il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Un attacco che viene in parte condiviso proprio da un economista, Giulio Sapelli, ordinario di Storia Economica a Milano, che al Riformista spiega le ragioni per cui è giusto essere critici con la categoria professionale a cui appartiene.
Professor Sapelli, Tremonti ha aspramente criticato gli economisti, tacciandoli di essere dei «maghi», cosa ne pensa?
Il problema vero è che Tremonti fa di tutta un'erba un fascio, ma quello che ha detto non è del tutto sbagliato. Lui si riferisce ai bocconiani, ai monetaristi, ai neoclassici. Insomma, tutti quelli che hanno dimenticato la lezione di Paolo Sylos Labini, di Federico Caffè e Franco Momigliano. Tutti quelli che ci dominano oggi le università hanno un profilo accademico statistico o logico­matematico, che ha poco a che fare con la storia dell'economia, nata come scienza sociale e divenuta tecnica finanziaria. E nell'evoluzione dalla scienza sociale alla tecnica si è perso tutto il buono che c'era della teoria economica dei nostri padri. Così facendo si rischia di ridursi a lavorare solo sui calcolatori per creare teorie e modelli che poi, alla prova dei fatti, si rivelano errati.
Quindi Tremonti ha dimenticato di citare qualcuno,?
Si, ha dimenticato di nominare gli allievi di Joseph Schumpeter, Max Weber, David Ricardo, tutti i grandiosi scienziati sociali puri, immuni da trabocchetti mentali e formule matematiche. Ha dimenticato di citare quelli con il profilo accademico che ho anche io: è vero che siamo una piccola minoranza, snobbata anche dalle istituzioni internazionali, dato che ormai è tutto in mano agli economisti mainstream. Tutto, dal Fondo Monetario Internazionale all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. I fatti dimostrano che i bocconiani, per intenderci, hanno fallito. Infatti l'ultimo Nobel, una volta tanto, l'hanno dato ad uno studioso con un profilo differente, Paul Krugman.
Tuttavia uno dei profeti della crisi subprime è proprio un economista che si è formato alla Bocconi, Nouriel Roubini.
Roubini però, non facendo parte della scuola neoclassica, ha dovuto fondarsi un blog e un centro studi per essere ascoltato. Lui è bocconiano solo sulla carta, ma nel cuore no, la sua essenza è quella dello scienziato sociale. Possiamo prendere per esempio l'Università di Bergamo, che ha un eccellente dipartimento di conomia: loro hanno intuito la crisi, ma non li considera nessuno. Le sembra corretto?
Ma quindi la causa della crisi è solo nell'approccio degli accademici?
No, bisogna sempre ricordarsi che l'economia funziona con un meccanismo ciclico. Il mercato è il meno instabile di tutti gli altri sistemi. Chi, come i bocconiani o gli altri economisti mainstream, dice che tutto si risolve nel e con il mercato, sbaglia sapendo di sbagliare. Fatta questa premessa, si deve ricordare che fra le cause c'è anche una crisi morale, etica, a proposito della quale Tremonti fa bene a sollevare una questione.