La dissoluzione delle città

ArchigraficA paperback
Bruno Taut
14
La dissoluzione delle città
la terra come buona abitazione
a cura di Giacomo Ricci
ArchigraficA
2008
ISSN 1974-2843
ArchigraficA
paperback
ArchigraficA paperback
collana monografica on-line del semestrale di architettura, città e paesaggio ArchigraficA
14
bruno taut
La dissoluzione delle città
la terra come buona abitazione
a cura di Giacomo Ricci
Stampato in Italia
© novembre 2008 by ArchigraficA
prima edizione per ArchigraficA
formato ebook for educational purpose
Creative Common licence - con restrizioni
ArchigraficA, live architecture on the web
www.archigrafica.org
info: [email protected]
testo di approfondimento tematico
per il corso di Sistemi Costruttivi
Facoltà di Architettura
Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara
in copertina: Bruno Taut, Casa del Popolo, 1920
ISSN 1974-2843
Archigrafica paperback
[online]
Il ritorno alla Terra
Tralasciando di raccontare qui la storia personale di Bruno Taut, architetto tedesco tra i più
interessanti che contribuirono in maniera fondamentale alla nascita e crescita del Movimento
Moderno e del cosiddetto “Razionalismo”, perfettamente inserito nel fermento culturale
mittleuropeo tra le due guerre, che nella Germania, e, segnatamente, nella Berlino degli anni
venti, ebbe uno dei maggiori poli di discussione, ci occuperemo qui di illustrare brevemente Die
Auflösung der Städte (La dissoluzione delle città) uno dei lavori grafico-letterari di Taut del cosiddetto
periodo “espressionista” dell’avanguardia architettonica tedesca del primo Novecento1.
L’avanguardia architettonica espressionista è caratterizzata da una serie di avvenimenti
importanti e le sue premesse teorico-culturali affondano in tutte le esperienze più significative che
fiorirono in Europa dalla fine dell’Ottocento in poi. Di questo mi sono occupato di tratteggiare
gli elementi salienti in un altro lavoro pubblicato su “ArchigrafiicA”2. Il libro, ma sarebbe meglio
dire la raccolta di disegni fantastico-utopistici, che Taut produsse negli anni 1916-19 e che venne
pubblicata nel 1920, fa parte di un insieme di libretti utopistico-visionari che hanno fatto molto
discutere la critica successiva e che sono stati interpretati, a seconda del periodo e dell’ideologia di
fondo che caratterizzava i recensori, come distaccati totalmente dalla realtà e dal pratico impegno
costruttivo(Siegfried Giedion) come bizzarrie e tergiversazioni dovute alla presenza della prima
guerra mondiale e del disastro morale-intellettuale-umano che rappresentò (Manfredo Tafuri), a
volte delle regressioni ideologiche inattuali verso un mondo preborghese ( Francesco Dal Co), a
volte illuminanti intuizioni critiche, quasi critiche anticipate di tutto il razionalismo architettonico
successivo e del suo fallimento.
Non è certamente qui il caso di addentrarci in disquisizioni su quale delle interpretazioni ora
in breve esposte abbia colto maggiormente nel segno, perché non v’è interesse nell’individuare
maggiori elementi di “verità” in una interpretazione piuttosto che in un’altra; d’altro canto sono
convinto che il lavoro di Bruno Taut del periodo espressionista è fortemente in contraddizione con
quello del Taut costruttore, in pieni anni venti, del Berlin Britz, ed ancora in contraddizione con
1 Valga, per tutte, la bella biografica scritta da Kurt JUNGHANNS, Bruno Taut 1880-1938, Franco Angeli, Milano,
1978.
2 Per tutto quello che si dirà in questa sede rimando ai miei lavori sull’espressionismo, ormai lontani nel tempo: Giacomo RICCI, La cattedrale del futuro, Officina, Roma 1982 e Giacomo RICCI, Hermann Finsterlin, dal gioco di stile
all’architettura “marsupiale”, Dedalo, Bari, 1982 ma anche ai lavori recentemente pubblicati sulla rivista on-line “ArchigraficA” e sulla collana ArchigraficA paperback. In particolare il saggio al quale qui faccio riferimento è Giacomo
RICCI, Trasparenza e illusione, Lineamenti dell’architettura moderna delle origini: il contributo dell’espressionismo, ArchigraficA paperback, agosto 2008 rintracciabile sul sito web: http://www.archigrafica.org.
3
quello successivo che l’architetto tedesco realizzò in Turchia. Lasciando da parte l’ostentazione di
coerenza come una vera e propria maschera della cattiva coscienza di alcuni, bisogna dire che la
contraddizione fa parte della storia, dei suoi conflitti, delle sue convenienze, delle idee del momento
e smentirsi, cambiare fronte, cambiare opinione non è soltanto giustificato e giustificabile, ma
un vero e proprio diritto dell’uomo di pensiero, dell’uomo attivo che partecipa della storia che lo
circonda e si fa attraversare dalla passione. E Taut era, prima che architetto, artista, soprattutto
uomo di pensiero che sottoponeva la realtà al vaglio critico dell’intelligenza. Un’intelligenza assai
vivace la sua, come ci dimostrano le numerose testimonianze. E soprattutto scomoda, che finiva
per infastidire gli stessi suoi compagni di strada come, ad esempio, Hermann Muthesius o Walter
Gropius. Non è un caso che, infatti, pur partecipando con grande attivismo a tutti i movimenti e le
associazioni più importanti del momento (la Novembergruppe, L’Arbeitsrat für Kunst, le esposizioni
del Werkbund) non soltanto con interventi e scritti – manco a dirlo sempre molto polemici – ma
anche con opere che hanno avuto grande risonanza e che ancora sono ricordate come fondamentali
tappe dell’evoluzione del linguaggio moderno dell’architetttura3, non abbia mai ricoperto ruoli di
dirigenza o di prestigio come è accaduto agli altri suoi compagni come il già nominato Gropius,
Mies van de Rohe, Van de Velde e così via.
Fino a qui niente di nuovo. Ma c’è qualcosa di più. Le idee di ritorno ai valori propri del mondo
preindustriale, di cui Taut si fa portatore nelle sue utopie architettoniche, suonano, oggi, in una crisi
del mondo occidentale che non ha eguali, come interrogativi per niente secondari, anzi non privi di
una certa quale angoscia, proprio intorno ai meccanismi della globalizzazione e dell’economia, dello
svincolamento dei valori economici “nominali” dalla reale produzione e, quindi, delle speculazioni
che provocano enormi “bolle” finanziarie artefatte le quali, sgonfiandosi, provocano disastri la cui
portata non è ancora del tutto chiara. Se poi al quadro economico si aggiunge il depauperamento
delle risorse, l’inquinamento, l’innalzamento della temperatura media dell’atmosfera e le sue
imprevedibili conseguenze abreve termine sulla vita, si comprende bene come, tutta una serie di
intuizioni di cui il testo e i grafici di Taut sono dissseminati, assumano il valore profetico di vere
e proprie illuminazioni anticipatrici di un atteggiamento culturale che ha ampiamente previsto il
disastro complessivo della civiltà contemporanea.
Già il titolo del saggio — la dissoluzione delle città ovvero la terra come buona abitazione — e
la prima delle tavole che lo compongono, denunciano apertamente la determinazione teorica —
e, per così dire, filosofica — cui Taut è giunto. “Lasciate crollare le costruite volgarità, case di
pietra fanno cuori di pietra” è l’affermazione lapidaria che compare con chiarezza nella parte alta
della tavola, dove sono rappresentati — stavolta con un tratto che si accosta molto da vicino alla
violenza dei disegni tipici dell’espressionismo, rapido, furioso, tanto da ricordare la feroce penna di
Grosz — edifici anonimi a più piani, tipici dell’edilizia della Grossstadt, che crollano, rovinando gli
uni sugli altri. E’ solo dopo questa distruzione che si aprono le possibilità per una nuova vita. “Ora
3 Mi riferisco al famosissimo padiglione del vetro (Glashaus) realizzato per l’esposizione del Deutscher Werkbund del
1914 a Colonia.
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la nostra terra inizia a fiorire”, aggiunge Taut nel lato basso della tavola dov’è rappresentata una
grande campagna vista dall’alto.
Il senso del termine “fiorire” è duplice ed è legato al fatto stesso di citare per la prima volta la “terra”
quasi come fosse una persona, la grande madre naturale che fiorisce dopo che le sterili costruzioni
della città-di-pietra sono svanite, che può riprendere a respirare e a germogliare. Lacampagna è
piena di fiori: questo è il primo significato. Ma, risulterà chiaro in seguito, nello sviluppo successivo
del testo, il significato che le tesi di Taut assumono: è come se essa stessa partorisse le città, come
se queste diventassero un fatto assolutamente naturale — non violento, come le vecchie città, vere
e proprie sovrapposizioni, prevaricazioni perpetrate dagli uomini contro ogni equilibrio naturale
— come se si trattasse di fiori.
Nel disegno planimetrico, infatti, la città-futura proposta da Taut assume sempre la forma di un
fiore che si adagia con gli elementi che lo compongono — petali, stelo, foglie — sul territorio senza
entrare in contraddizione con tutto quello che è già presente, con l’ordine del mondo. Ritorna,
in questa rappresentazione organicistica del rapporto città-campagna, un vecchio tema caro
all’antichità classica, quello del rispetto del luogo naturale, delle sue valenze. La città non è più
dunque una forzata sovrapposizione alla natura, un soffocamento della terra, ma un suo pieno
realizzarsi, quasi una sua diretta emanazione, una conseguenza dei processi di crescita vegetale
che in essa avvengono. Le città fioriscono, secondo Taut, letteralmente. Che tutto ciò sia utopia è
chiaro fin dall’inizio. Egli stesso, dopo il sottotitolo la terra come buona abitazione, infatti dice che
“naturalmente è solo un’utopia e un breve intrattenimento, benché fornito di documentazione
nell’appendice letteraria per il gentilissimo lettore. Una parabola, oppure (benché alquanto
prematura) parafrasi del terzo millennio dopo Cristo”.
Taut ha dunque coscienza di proporre una provocazione: il valore della costruzione utopistico
è soprattutto valido sul piano concettuale, filosofico, ideale, culturale visto che nell’appendice
figurano scritti di Novalis, Scheerbart, Whitman, Tolstoi, Hòlderin, Lenin, Engels, Nietzsche,
Kropotkin, Marx, e così via. Taut, degli autori che cita, insomma, fa sue, ingloba, in un suo
complessivo “manifesto di idee e di visioni del futuro”, le parti più adatte ad illuminare le sue
intenzioni, la sua radicale critica a qualsiasi mediazione con i vecchi poteri, la sua propensione
verso sistemi sociali differenti da quelli che hanno sempre caratterizzato la Germania, fin dai
tempi più antichi.
Dopo questa premessa, il discorso di Taut passa ad illustrare, nelle prime tavole, il sistema
principale sul quale la sua utopia si fonda. Le cooperative agricole, assunte dalle teorizzazioni
di Kropotikn, formano le unità di partenza — sia dal punto di vista produttivo, sia da quello di
modello di aggregazione sociale — dalle quali parte la sua costruzione alternativa alla Grossstadt.
I loro insediamenti urbanistici assumono la forma di immensi fiori che ricoprono la terra. La
Landergeistgemeinschaft non poteva non fare da modello ai sistemi produttivi scelti da Taut, sia
per motivi di natura culturale-filosofica, sia per realizzare quell’affratellamento — che è uno dei
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temi fondamentali dell’espressionismo — di cui ha parlato fin da prima della guerra: gli uomini,
espropriati di ogni significato dall’universo urbano contemporaneo e dal lavoro ripetitivo, seriale,
alienante che li ha resi simili alle macchine, possono ricercare un nuovo ruolo produttivo, un nuovo
significato soltanto se riallacciano fra loro rapporti di uguaglianza e di collaborazione. Tutto questo è
implicitamente contenuto nell’idea di affratellamento “cosmico” che lega tra loro ‘gli espressionisti
e, dunque, anche Taut e gli architetti radicali a lui più viciniu. Prospettando un’immagine del
pianeta completamente trasformato, Taut afferma: “il principio del superfluo — diremmo oggi del
non produttivo — mantiene il mondo. Lavoro competitivo è lavoro superfluo, lavoro cooperativo
porta alla sovrabbondanza”.
“Cinquanta famiglie in luogo della villa padronale” egli afferma più avanti; in questo modo la
cooperazione può essere in grado di vincere l’angoscioso dottor Mabuse dai mille volti, invenzione
filmica di Lang, simbolo del sistema produttivo moderno, invisibile e crudele e, soprattutto,
può mettere fuori causa il padre-padrone, il grande proprietario terriero e il suo impero fatto di
ingiustizia e di appropriazione indebita. Ciò vale per le grandi aziende, dove alla gestione attuale
deve sostituirsi un’organizzazione cooperativa del lavoro come sistema più giusto e vantaggioso
per tutta la collettività; ma “anche per le aziende medie e piccole” il sistema dell’aiuto reciproco è
funzionale. Una volta stabilito ciò, il discorso svolto da Taut si sposta dalla produzione agricola a
quella industriale. Per questa fornisce indicazioni: essa dev’essere concentrata in particolari punti
del territorio e non sparsa su di esso indiscriminatamente, sia per ovvie ragioni di centralizzazione
di impianti tecnologici — che si traduce immediatamente in vantaggio economico per la collettività
—, sia perché in questo modo si impedisce un irrazionale sfruttamento della natura. “Dappertutto
— prosegue Taut — ciascuno deve avere la quantità di terra di cui per natura ha bisogno”. Ed è
in questo tipo di localizzazione delle fonti di produzione sul territorio che ricompare, tra le righe,
l’ideale delle Arts and Crafts propugnato da William Morris, basato sul lavoro artigianale, del
controllo completo del singolo esecutore sul prodotto, anche se l’utopia di Taut — non negando
la produzione industriale — segna un avanzamento rispetto alle idee di Morris. Nei grandi centri,
infatti, v’è il lavoro “primario” di estrazione e di “sgrossamento” mentre la prosecuzione del ciclo
lavorativo, l’affinamento, per così dire, del prodotto è compito delle comunità artigianali-agricole.
“Ogni lavorazione — ribadisce Taut — dev’essere in contatto diretto con la terra”.
Passando dal disegno planimetrico delle comunità agricole e dal piano complessivo che esse
sottintendono alla descrizione delle singole tipologie edilizie, Taut introduce molti elementi che
saranno propri del razionalismo architettonico successivo. Infatti, parlando della casa, egli fa
derivare la sua forma da vento, sole e posizione. Dunque i princìpi compositivi sono direttamente
legati ad esigenze funzionali, con l’eliminazione di qualsiasi compiacimento estetizzante o legame
con il vecchio concetto di “stile”. La casa, al suo interno, segue identici procedimenti razionali di
progettazione: assicurare da un lato comodità, dall’altro la possibilità di adattamento ai desideri
ed al carattere del singolo abitante ed al suo bisogno di isolamento. “Nessun armadio lo ostacola
perché tutti gli armadi sono a muro e tutto il resto è costituito da mobili mobilissimi”. Una chiara
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liquidazione di ogni revival stilistico, di ogni pretesa di rappresentatività formale dell’alloggio.
“Ogni parte — egli prosegue, anticipando un tema che successivamente approfondirà e svilupperà
— ha colore diverso anche all’esterno. Il soffitto altrettanto, entrambe gli elementi di materiale
isolante, agli angoli con incastri e forme modulari. La casa è trasformabile con l’uomo, mobile eppure
stabile...”. Una volta che l’esigenza di fondo dell’abitare moderno sia chiarita in tutti gli aspetti
che precedono, la conclusione è che “è sufficiente, appunto, che le semplici case di uomini siano solo
case. Difesa dalla pioggia, dal freddo, dal cielo... ma non tane di talpe. Giacché ci consideriamo gli
esseri meglio organizzati del mondo”.
La possibilità di rintracciare nell’utopia di Taut, come ho già detto, elementi di anticipazione dei
processi che, qualche anno più tardi, si trasformeranno in concrete realizzazioni è, di nuovo, il senso
progressivo del metodo utopico, la sua capacità di anticipare lo sviluppo del reale, la sua capacità
di svelare “il sapere non ancora conscio” come scrive il filosofo Ernst Bloch. Ma, nonostante il loro
valore, questi elementi non danno conto, se considerati isolati, di tutto quello che il lavoro di Taut
vuole esprimere. E’, difatti, nell’organizzazione generale che l’elaborazione teorica dell’utopia si
disvela nella sua lucida capacità critica da un lato e di assoluta novità dall’altro. Taut costruisce la
logica complessiva che deve essere propria della nuova città. Riprendendo il vecchio tema del centro,
già affrontato precedentemente nell’elaborazione della Stadtkrone, egli ripropone il problema di
fondo che in essa era celato, cercando di qualificarlo in maniera più articolata. Il centro, infatti,
nella definizione del futuro assetto della città, non è più monoliticamente “congelato” in un’unica
forma stabilita una volta per tutte ma, al contrario, è come se esplodesse in una serie infinita di
nodi “significativi” sparsi sul territorio.
Tutto il tessuto residenziale, in tal modo, finisce per trovare la sua ragione compositiva coagulandosi
intorno ad edifici, o gruppi di edifici, che hanno il compito di costituire la “testa”, il significato
simbolico-espressivo della nuova città. Taut fornisce una lunga serie di esempi di spazi collettivi,
di luoghi rappresentativi della comunità degli uomini, altrettante concretizzazioni particolari
della Zukunftskathedrale: la Volkhaus (casa del popolo) “per l’incontro dei lavoratori, scambio delle
esperienze, premiazione delle fatiche più grandi”. Costruita su di un organismo membraniforme a
sette punte, essa è costituita da un ampio spazio in cui la collettività si possa radunare ed ascoltare
gli oratori che parlano dall’alto di una gru. Ai fianchi della vasta arena centrale, sono collocati
spazi per “mostre”, “laboratori per ricerche” e per lavorazioni artigianali, alberghi e luoghi per il
commercio, piattaforme per l’arrivo di aereoplani e, perfino silos di raccolta del grano da utilizzare
“nei tempi difficili”.
Una volta che tutto ciò sia realizzato, aggiunge Taut, che senso hanno più le frontiere, le divisioni
nazionali, lo spirito nazionalista? “Sopra la terra è stato costruito in modo eguale”, non v’è dunque
bisogno più di competere e di lottare per il necessario alla vita. Altra costruzione è il Gelehertenheim
(casa degli studi) che si affaccia sul mare, costituito da “ambienti di studio e abitazioni su due piani,
piattaforme con funzioni di cortili”, raccolti — e proprio qui il vetro, con le qualità simboliche che
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lo caratterizzano, non può mancare — attorno ad una Kristallsaal (sala di cristallo) dalla quale si
può accedere agli osservatori. L’organizzazione della scienza è basata su una struttura comunitaria
utopica, distaccata dal mondo come quella che, molti anni più tardi, Hermann Hesse immaginerà
nel Das Glasperlenspiel (il gioco delle perle di vetro), dove la scienza assume il ruolo guida di sintesi
di tutte le esperienze spirituali dell’uomo. Gli elementi naturali, l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra
delle antiche cosmogonie sono l’oggetto degli studi e vengono utilizzati, interpretati.
La cattedrale di cristallo si concretizza, ancora, nel Grosse Blume (grande fiore) dove, superati tutti i
limiti angusti della tecnica attuale, si assorbe energia solare “con lastre di vetro e lenti e specchi ustori
per ammassarla” nella Grosse Stern (grande stella) costituita dal tempio di cristallo, dalle dimore
dei saggi nei “cortili”, piscine e servizi danzanti. Come era già accaduto per la Zukunftskathedrale
in precedenza, ognuno dei singoli edifici ha, principalmente, un ruolo simbolico, rimanda, cioè, ad
un significato e a discorsi che sono fuori dall’architettura. In tal modo si viene delineando, al posto
di una città fisicamente identificabile — anche se ciò è possibile come molte delle realizzazioni
successive dell’architettura moderna stanno a dimostrare — l’esistenza di un discorso che Taut
svolge sulle nuove possibilità di vita tra gli uomini. Proseguendo, infatti, dal punto dov’è partito
— l’organizzazione del lavoro futuro in cui scompare ogni competitivita attraverso la realizzazione
dei princìpi della cooperazione — Taut affronta, l’uno dopo l’altro, i problemi più scottanti della
società moderna regolata dal grande capitale: l’organizzazione della cultura e della scienza come
capacità di analizzare e conoscere il mondo naturale sul pianeta ed oltre di esso; la produzione
energetica attraverso l’assorbimento dei raggi del sole; la libertà delle relazioni interpersonali
con “assoluta franchezza nei fatti sessuali... Il concetto del possesso è scomparso, quindi anche
il matrimonio. Tutto è talento prestato, piacere è solo gioia”; l’amministrazione della giustizia e
della proprietà privata perché “senza proprietà non vi sono delitti contro il patrimonio. Il reo ha
il dovere — se vuole rimanere nella comunità — di proclamare ad alta voce la sua azione. Non
c’è costrizione. Chi è riconosciuto colpevole ha il dovere di espiare di sua iniziativa. Nel caso di
delitto di sangue l’espiazione consiste nel fatto che l’omicida dal momento dell’atto rimane presso
l’assassinato e gli presti le onoranze funebri”; l’organizzazione scolastica: “la scuola, con lo stesso
stato e città è un concetto sconosciuto. Il bambino lavora dove vuole, nell’officina, nei campi e negli
orti, passeggia; nessuno lo coarta secondo la sua volontà ne gli impone uno stampo. Egli può vivere
la sua vita. Si amano i bambini, cioè si prendono e si lasciano come sono”. Come già è avvenuto in
campo filosofico, infine, così anche Taut, nella sua “profezia visionaria” dichiara la morte dell’arte:
“l’arte come realtà a sé è finita” poiché essa come mondo della mancanza e del desiderio inespresso
non ha più ragione di esistere.
Le ultime tavole del lavoro di Taut sono soltanto le possibili — o impossibili — rappresentazioni
“cosmiche” di questa alterità realizzata. La conclusione riporta al senso complessivo della
dissoluzione delle città:
“Si può disegnare la felicità? Noi, tutti, la possiamo sperimentare e costruire”.
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Si tratta — e Taut ne è perfettamente consapevole — di un manifesto, di un’improbabile
fantasticheria, come già all’inizio era stato preannunciato, certamente un’utopia. Ma, giunto a
questo punto, egli sembra chiedersi quale sia il senso dell’utopia, che cosa distingue la “prefigurazione
utopica” dal raziocinio funzionalista, qual è, insomma, la sua caratteristica positiva, al di là del
contenuto che, si è capito, è frutto di immaginazione.
“Utopia. — afferma Taut — Non è forse il sicuro, reale, l’utopia che nuota sullo stagno della pigra
abitudine? Non è forse il contenuto del nostro desiderio il vero presente?...”.
In una parola: come si può pretendere foss’anche di “razionalizzare” il mondo, di placare le sue
contraddizioni se non si ha presente la sua miseria concreta e se non si fa del desiderio la spinta
verso una prospettiva diversa?
9
LA DISSOLUZIONE DELLE CITTA’
La terra
OPPURE
una buona abitazione
oppure anche:
La via all’Architettura alpina
naturalmente è
solo un’utopia
e un breve
intrattenimento
benchè fornito di documentazione nell’appendice documentaria
per il gentilissimo lettore
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oppure una (“benchè alquanto prematura”) parafrasi
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del 3° millennio dopo Cristo.
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a tutte le possibilità di rinascita qualora non
si sia ancora maturi per accedervi).
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Pubblicato presso l’editrice Folkwang, Hagen in Westfalia - 1920
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Le illustrazioni
1. Lasciate crollare ...
2. Una cooperativa di lavoro
3.Cooperativa agricola
4. Centri di attività primaria
5. Piano di viabilità
6. Dalla regione dei giardinieri del vetro
7. Case di abitazione
8. Gruppi di abitazioni - da 300 metri di altezza
9. Idem a 1000 metri
10. Comunità e individualisti - da 5000 metri
11. Dispersione sulla terra - da 1500 metri
12. Casa del popolo
13. Centro studi sul mare
14. Il grande fiore - fonte di energia
15. Santuario degli ardenti
16. La grande stella
17. Abitazione dei saggi presso la grande stella
18. Nel grande tempio stellare
19. Piscine accanto al grande tempio stellare
20. Il carosello - Divertimento cosmico-comico in argento
21. Notte sulla terra - edifici risplendenti
22. Le stelle della terra
23. La grande chiesa con campanile eccentrico
24. Grande chiesa in costruzione
25. L’isola del tempio
26. Casa di cristallo tra i monti
27. Fiori e frutti
28. Architettura alpina
29. Santo! Santo! - Otrnato sacrale
30. La triadicità del cosmo
Realizzato al principio della primavera 1920 - ideato l’estate 1918
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Tavola 1
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Nessuna recinzione, perchè si tratta di una comunità
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e solidarietà; ciascuno vive di ciò che la comunità produce.
Il pane, tutto ciò che manca, e il sovrappiù vengono dall’esterno,
guadagnati attraverso lo scambio con il prodotto dell’attività professionale.
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Tavola 3
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Canali collegano i fiumi anche per l’ irrigazione
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maglie
proporzionata alla
densità di
dispersione sul
territorio.
La ferrovia
è morta.
Linee di treni
veloci?
Anche la
città è
morta.
Viaggiare? Ma si
vive già “dispersi”.
“Commercio su scala mondiale”?
Anch’esso è morto
linee aeree
per
viaggi
lunghi
per scambiare ricchezze interiori per
incontrarsi vicino alle
stelle
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Tavola 6
Il principio del superfluo mantiene il mondo
Lavoro competitivo è lavoro superfluo
Lavoro cooperativo porta alla sovrabbondanza
Dal
la r
egi
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tro
e
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del
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gia
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e
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Sopra la casa di abitazione
una casa oscillante di orchidee
con serbatoi d’acqua e
irradiatori solari mobili
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Tu
ua
er q
Ma p
Tutti i frutti del mondo
vengono qui
prodotti. E la pratica Glasarchitektur
diventa qui più che
pratica
17
Tavola 7
CONTENUTI DI VITA DIVERSI CREANO DIVERSE FORME DI VITA
I sensi si affinano. Eliminano la realtà ‘urbana’ e del tutto fanno una realtà
vissuta. Nei confronti della realtà concreta stessa si pongono come realtà
concreta e da essa prendono l’aspetto spirituale di tutte le cose.
Santa terra! Materia e spirito insieme, così come anche l’uomo.
Generato e generante, una sola cosa con la terra - rispetto ad
essa una unità, singolarità contrapposta a una grande molteplicità.
Più gli uomini sono lontani
tra loro nello spazio, più vivono una vita individuale
il cui maggior valore aumenta il valore dell’insieme.
Vivono più nell’altro perchè v’è la distanza - lo cercano
solo se più maturi, allora sono
suoi ospiti e hanno spazio per l’ospite. Ospitalità
tra loro così come la terra è ospitale
nei loro confronti.
La loro abitazione è sempre ‘singolare’ e quando vi sono altre comunità
vicine non vi sono casi di imitazione scimmiesca o pappagallesca
ma un modificare in infinite varianti
le medesime parti essenziali
della casa, per es.
Proiezioni verticali (piante)
pareti
appiccicate
In principio una ‘scatola’
di un solo vano abitabile
Forma variabile in relazione al vento, sole e posizione.
Divisione in pareti omogenee composte in modo
sempre diverso. La luce dall’alto, riscaldamento in cucina,
luce, tutto elettricamente. Parete interne mobili in modo
che l’interno dell’abitazione
sia in grado di adattarsi facilmente ad ogni desiderio.
Ogni membro della casa può isolarsi
facilmente da sè nella grande
cellula. Nessun armadio lo ostacola
perchè tutti gli armadi sono a muro e tutto
il resto è costituito da mobili mobilissimi.
Ogni parete
ha colore diverso anche all’esterno.
Il soffitto altrettanto, entrambi di elementi
di materiale isolante
agli angoli conn incastri e
forme modulari.
La casa
è trasformata con l’uomo, mobile
eppure stabile
la verticale richiederebbe una stabilità che per “tutti” sarebbe troppo dannosa e rientra
nel monumentale. E’ sufficiente appunto che le semplici case degli uomini siano solo
case. Difesa dalla pioggia, dal freddo o dal cielo ... ma non tane di talpe. Giacché ci consideriamo gli esseri meglio organizzati del mondo. Ma le capsule attorno ai nostri corpi
devono tenere una notevole DISTANZA dall’ABITAZIONE DELLE IDEE
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Tavola 8
Il
senso
di distanza
esige
distanza
in
spazio
e
forma
e
colore
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Tavola 9
Assenza
di barriere
20
Tavola 10
Comunità
e
individualisti
21
Tavola 11
22
Tavola 12
Chi vorrebbe ora creare frontiere!
Quale società potrebbe dire: Alt! Non oltrepassare questo ruscello o quel monte!
La terra è coltivata e irrigata allo stesso modo con la fatica di tutti - si vive dispersi dappertutto
tra glio oceani d’acqua e bosco -I grandi ragni - le città - non sono che
ricordi di un tempo remoto, e con esse
gli stati. - Città e stato sono morti
l’una con l’altro -- in luogo della nazione è
subentrata la patria -- e ciascuno la trova
dappertutto se lavora.
Non c’è più città e
campagna e nemmeno guerra e pace
Non si conoscono astrazioni alle quali
si dà potere su vita, lavoro, felicità e
salute. - Dalla comunanza naturale
nell’agire e nel vivere derivano
gli interessi comuni ed essi creano le proprie istituzioni
per la difesa, lo scambio per il perfezionamento
e lo sviluppo
per es.
CASA del POPOLO
Per il raduno dei lavoratori
scambio delle
esperienze
verifica
delle migliori prestazioni
Festa popolare
Sulla cima della gru
l’oratore (parla via radio segni e segnali, amplificatori)
Arena per spettacoli
posti a sedere ricavatidai
piani nei quali
si trovano gli Hotels -Ampia piattaforma per
aviatori
L’Arena è attraversata da un
canale,
sopra il ponte elevatore
per trasportare il grano
ai solos (S), scorta
per anni di carestia
Idem per industria
e artigianato
(H)
Sale e piazzali di
esposizione e dimostrazione
per l’agricoltura (L)
Parco di divertimenti
Via di scorrimento dalla via
di accesso alla piattaforma.
Arrivo per Acqua, terra, aria.
23
Tavola 13
Centro studi
Ambienti
di studio
e di abitazione su
due piani.
Piattaforme con funzione
di cortili.
Al centro
sala di cristallo.
Torri a puilastro
con scale
portano all’
osservatorio
(girevole
in ogni
direzione).
Accesso
sotterraneo
dalle dune.
Su questa
la
Colonia
dei
novizi
sul
- mare
Provvedono
col loro
lavoro
al centro
studi. Ivi
sono accolti
dopo aver
ottenuto importanti
risultati scientifici ...
Qui la scienza
non è addestramento
del cervello
ma:
studio
degli elementi
acqua, terra, aria,
conoscenza
delle loro forze
delle fluttuazioni
ecc. e la loro
utilizzabilità
il loro significato
religioso
astronomia
e
astrologia
24
Tavola 14
IL GRANDE
FIORE
Santuario per assorbire l’energia solare
con lastre di vetro e lenti e specchi ustori e ammassarla
in fari - segnalazione aerea -
La tecnica è ora completamente
diversa dalla preistoria delle
fabbriche con ciminiera
è impossibile con la costrizione
L’uomo è tanto trasformato
da non poter fare alcun lavoro L’uomo ha perso la
caratteristica di
che non sia gioia. Questo
essere come un cane
Primordiale
saggezza
rivive:
Assoluta franchezza
nei fatti sessuali- superamento degli istinti
mediante se stessi - fallo e rosetta nuovamente simboli sacri, la sconcezza è
impossibile
senza sotterfugi e silenzi
Il
concetto del
possesso è
scomparso - quindi
anche il matrimonio. Tutto è ‘talento
prestato’ - piacere è solo gioia.
25
Tavola 15
Santuario degli ardenti
Meta del pellegrinaggio
e raccolta di tutti coloro
che sono di grande passione
ricolmi.
Tempio di vetro rosso
rubino
All’interno del grande
tempio
la grande fiamma
che accetta e purifica
Tali edifici
si trovano
completamente isolati.
Distanza
da uomo a uomo
e distanza
in oggetti del tutto
che appartiene a tutti.
A tutti ugualmente lontano
e ugualmente vicino.
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Tavola 16
Ci si incontra
nell’
edificio di culto
Tempio di cristallo - dimora dei saggi
nei cortili - ingresso nei cortili solo dopo il bagno piscine e servizi
davanti
La grande stella
posti per la
nessun hotel
folla
ci si piantano
tende
tutt’intorno
solitudine
La terra
è generatrice
della religione
e
del culto
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Tavola 17
Abitazione dei saggi presso la grande stella
Pareti di mattoni di vetro. Divisioni di vani sottolineate da maioliche colorate.
Ornamenti cosmici. Tetto oro e rame e molto argento --i saggi hanno forza d’attrazione:
Vengono consulati i difficili casi giuridici
Amministrazione della giustizia in ciascuna comunità: Senza proprietà non vi sono delitti
contro il patrimonio. Il reo ha il dovere - se vuole rimanere nella comunità - di proclamare ad alta voce la sua azione. Non c’è costrizione. Chi è riconosciuto colpevole ha il
dovere di espiare di sua iniziativa. Nel caso di delitto di sangue l’espiazione consiste
nel fatto che l’omicida dal momento dell’atto rimane presso l’assassinato e gli presti
onoranze funebri. Da un omicida recidivo si proteggono le altre comunità imprimendogli
a fuoco un marchio sulla fronte. Può giungere presso i saggi per annientare il marchio di
Caino dopo una pluriennale umiltà a servizio libero.
Un secondo marchio in fronte gli conferisce la grandezza di chi ha superato se stesso.
Dai saggi viene chi soffre di malattie inguaribili e debilitanti.
Da loro vengono spontaneamente anche i bambini.
La scuola , con lo stato e la città è un concetto sconosciuto. Il bambino lavora dove
vuole, nell’officina, nei campi e negli orti, passeggia - nessuno lo coarta secondo la sua
volontà nè gli impone uno stampo. Egli può vivere la sua vita. Si amano i bambini, cioè
si prendono e si lasciano come sono. Sono in rovina tutte le prigioni, sono passate le
piaghe del leggere e dello scrivere. Si vede e si ode. Scrivere e leggere ora è puramente
tecnica. E’ una felicità nutrire e curare i bambini - come curare i fiori, innaffiarli, ecc.
Certo non si piantano i fiori se non si ha nè acqua nè terra.
28
Tavola 18
NEL
GRANDE
TEMPIO
STELLARE
Musica distribuita
nelle parti superiori
Le pareti dell’organo
inserite nelle pareti
e fanno risuonare
tutto l’edificio all’esterno
e all’interno come una
campana I colori
I
del vetro acquistano
fedeli ricevono prima di entrare
intensità
vesti colorate, diverse a seconda il
verso l’alto
grado del loro entusiasmo religioso. Secondo queste si dispongono.
illuminazione tra
I colori più splendenti brillano verso il centro. Da loro si separano gli
le doppie
oratori, sette - poi cinque attorno all’oratore principale nel centro - cele- pareti. Per chi
brazione orale-drammatica - spettacolo in cui la folla costituisce un’unità giunge con l’aereo
- non ci sono ‘spettatori’ e attori.
la casa splende
L’arte come realtà a sé finita - Tutti ne sono pervasi
nella notte come una
stella.
29
Tavola 19
Piscine accanto al grande tempio stellare
Solo dopo la purificazione si
prende parte alla celebrazione
e se ne riceve la veste adeguata
30
Tavola 20
IL CAROSELLO
Divertimento aereo cosmico-comico in argento
Sulla grande sfera file di sedili sovrapposti
E’ trasportata da aerei e si avvita
nel vento per mezzo di ali a spirali - piloti, travestiti da
comete, volano attorno al carosello
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Tavola 21
i grandi e piccoli
edifici della comunità
e le
strade dei fari di volo
notte
nella
splendono
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Tavola 22
Le stelle della terra
i templi risplendenti
salutano
le stelle
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Tavola 23
La grande CHIESA
con campanile eccentrico
Preghiera e crescente ricezione
Gratitudine delle comunità
nell’innalzare saloni
in un grande polimorfo
di generazione
in generazione
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Tavola 24
Grande chiesa in costruzione
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Tavola 25
figure
sonore
fiocchi
di neve
L’ISOLA DEL TEMPO
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Tavola 26
CASA DI CRISTALLO
TRA I MONTI
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Tavola 27
Fiori
L’amore alle
stelle fa sorgere
modelli miracolosi
di gruppi di stelle
e
frutti
Nelle chiese e nei santuari
le comunità li offrono quali
doni sacri
e in loro di anno in anno
i più scelti frutti e fiori
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Tavola 28
Inoltre
a questo
riguardo
la
Architettura
Alpina
Editrice
Folkwang
1919
Architettura
montana
FEDE E AMORE
diventano fede e amore alla terra , l’angelo
che ci porta. L’umanità si sente suo
organo e destinatario delle sue volontà di
ornarlo sempre più magnificamente. Prende
su di sè consapevolmente i sacrifici e
le fatiche del colossale lavoro di continuare
a trasformare sempre più le montagne
per porre freno alle energie sovrabbondanti
e agli istinti cattivi.
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Tavola 29
SANTO ...
40
Tavola 30
Utopia?
Non è forse il
‘sicuro’, ‘reale’
l’utopia
che nuota sullo
stagno dell’illusione e
della prigra abitudine!
Si può disegnare LA FELICITA’? ...!...?
Noi - tutti - la possiamo sperimentare - e
costruire
Non è forse
il contenuto del nostro desiderio
il vero presente
che poggia sulla roccia
della fede e
della conoscenza!
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