TRACCIA GNOSEOLOGICA Scienza, filosofia e religione a confronto. Uno dei problemi di natura gnoseologica su cui l’uomo continua ad interrogarsi riguarda il rapporto che lega tra loro la scienza, la filosofia e la religione che influenzano, indubbiamente, la nostra conoscenza, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. La filosofia indaga in maniera generale sull’essere, sul perché dell’esistenza delle cose, ricercando in ogni cosa quel contenuto formale, quel principio (arché) che ci consente di decretare l’esistenza della cosa stessa. Il metodo di cui si avvale la filosofia è un metodo razionale, che esalta le capacità intellettuali dell’uomo e la “ratio”, cioè quella facoltà che possediamo per nostra natura e che, apparentemente, ci contraddistingue dagli altri animali; è la nostra capacità di pensare e di esprimere i nostri pensieri attraverso il linguaggio. La speculazione filosofica e la cogitatio (cioè, appunto, l’atto di pensare) non hanno alcun fine: diremmo dunque che la filosofia ha per scopo un sapere disinteressato, fine a se stesso, un vero e proprio “amore per il sapere”, che è appunto il significato etimologico della parola “filosofia” stessa. Se dunque questi sono ordinatamente l’oggetto, il metodo e il fine della filosofia, diversi, o in parte diversi, saranno quelli di religione e scienza: - la scienza si occupa dello studio del mondo, della descrizione dei fenomeni naturali e delle relazioni coesistenti tra gli enti naturali; il metodo è sì razionale come quello della filosofia, ma il fine è pratico, cioè a dire che il sapere scientifico è volto alla messa in pratica della conoscenza nelle diverse branche di cui la scienza si avvale; - la religione ha come oggetto di studio la divinità, un’entità sovrasensibile la cui esistenza può essere spiegata solo attraverso la fede, che è il “metodo d’indagine” della religione, e per fine la salvezza. Il metodo della scienza. A primo impatto questi tre grandi “sistemi di conoscenza” sembrerebbero indipendenti tra loro, ma in realtà tra di essi può esistere una sorta di connubio che li lega indissolubilmente; e si può, in questo modo, far riferimento ad Agostino e alla sua celebre citazione “intelligo ut credam, credo ut intelligam” che ricalca una perfetta complementarità tra la fede e la ragione, stimate non come due entità antitetiche, ma come un unico strumento d’indagine che si avvale di due facce in stretta corrispondenza tra loro. Ancora, si può citare il grande Galileo, scienziato e allo stesso tempo filosofo, padre del moderno metodo scientifico. Il nocciolo della questione sta proprio qua, cioè nel rapporto tra filosofia e scienza: come interagiscono queste tra loro? quando, nell’ambito della ricerca, l’una compenetra l’altra? quale delle due è prioritaria? Innanzitutto è necessario che si analizzino nello specifico le caratteristiche del loro oggetto di studio e del metodo. Abbiamo posto in precedenza che la scienza si occupa della descrizione del mondo: essa ricerca una legge, ovvero una formula matematica universale che descriva un determinato fenomeno. Il fenomeno è letteralmente “id quod natura fit”, ciò che avviene naturalmente, ciò che si rivela ai nostri sensi; risulta spontaneo, dunque, intendere il metodo scientifico come razionale, poiché applica la ragione a qualcosa che è stato in precedenza testato attraverso la conoscenza empirica, ovvero dei sensi. Galileo Galilei pensò il metodo scientifico strutturato in diversi momenti, in primis quello dell’ osservazione. Il primo step di un’indagine di tipo scientifico consiste in una fase empirica, in cui, dall’osservazione di alcuni fenomeni si arriva alla formulazione di un’ ipotesi, che è una sorta di “legge in embrione”, ovvero una spiegazione congetturale avanzata in mancanza di dati certi. Prima che l’ipotesi si trasformi in legge, il fenomeno in esame deve essere riproposto con degli esperimenti che hanno la funzione di decretare la verità o la falsità della nostra ipotesi: se questa è falsa, allora bisogna o riformulare una nuova ipotesi o ripartire dall’osservazione del fenomeno, se, contrariamente, viene verificata, allora si può passare alla formulazione di una legge, cioè di una formula che esprima il fenomeno attraverso un linguaggio universale: l’ equazione matematica. La legge, per essere considerata vera, è necessario che soddisfi tutti i casi specifici che mostrano il fenomeno che ci si è posti di studiare: il termine di estensione generale (cioè la legge stessa) deve poter comprendere i casi particolari; possiamo concludere, dunque, affermando che il metodo scientifico è un metodo ipotetico deduttivo, che ha un enunciato generale come premessa e diverse conseguenza, derivanti dalla premessa, per deduzione logica. Ovviamente, una legge appena formulata non deve in alcun modo negare la veridicità di altre leggi dimostrate in precedenza: ciò significa che la scienza, in un certo senso, non deve contraddire se stessa. Il passaggio da scienza a filosofia attraverso il concetto di funzione e gli assiomi. La correlazione che lega la premessa alla o alle conseguenze è una funzione matematica che lega uno o più elementi di un insieme x con uno e un solo elemento dell’insieme y ; per cui supponendo che la legge appartenga a un insieme y di n elementi essa verrà correlata ad uno o più elementi dell’insieme x; a seconda del numero di elementi dell’insieme x coinvolti dalla relazione, si otterranno funzioni iniettive, suriettive o biunivoche. Ho scelto di presentare il concetto di funzione nell’ambito del metodo deduttivo per poter introdurre il concetto di verità, cioè la funzione logica per la quale ciò che pensiamo è identico a ciò che sperimentiamo. Secondo i criteri ben stabiliti dalla logica di Aristotele vi è, pertanto, una sorta di isomorfismo tra il reale, il nostro pensiero e il linguaggio, che è il mezzo con cui esprimiamo i nostri pensieri, e, dunque, nell’ambito della scienza corrispondenza perfetta tra il fenomeno osservato, la legge che lo descrive e il teorema che lo esprime attraverso il logos, ovvero l’enunciato che dà voce alla legge. La scienza è dunque un sistema che si dichiara attraverso leggi e teoremi, da cui poi sarà possibile ottenere altri enunciati, i corollari e dei teoremi inversi (in cui vi è l’inversione delle componenti sintattiche dell’enunciato: l’ipotesi e la tesi). Ogni teorema deve essere in grado di avvalersi di una dimostrazione, cioè di quella condizione che attesta la verità della tesi. Ma i teoremi divengono da altri teoremi in un processo logico che avanza fino all’infinito o vi sono dei pilastri ben saldi, intoccabili, incontrovertibili e indiscutibilmente veri? La presenza di questi postulati o assiomi all’interno di un sistema scientifico è necessaria affinché il sistema stesso si possa reggere autonomamente. Gli assiomi si fondano su un principio simile a quello su cui si basano i dogmi, ma mentre la verità di questi ultimi avviene per fede religiosa, la verità degli assiomi avviene per fede filosofica. È dunque manifesto che man mano che i concetti su cui si articola la scienza, qualunque sia l’ambito settoriale considerato (medicina, informatica, biologia, fisica, chimica …), vengono trasposti da un originario piano pragmatico e concreto a un piano logico risulta sempre più necessaria la fede nella filosofia, che diviene, così, una sorta di condizione necessaria e sufficiente per tutte le scienze. Uno dei presupposti filosofici su cui si fonda il metodo scientifico è la commensurabilità di tutte le cose, la cui misura è espressa attraverso un numero. Ma cosa sono i numeri? Sono degli enti matematici? E se così fosse, come devono essere intesi? Se la scienza si occupa di tutto ciò che è quantificabile oggettivamente non potrà certamente occuparsi di numeri: essa, semplicemente, si avvale di essi per esprimere ciò che descrive una legge o per misurare un corpo, ma non si avvale della capacità di descrivere dei numeri in sé, che non essendo entità fisiche, dotate di corpo, non possono essere misurate. I numeri vanno aldilà della fisica, sono cioè campo di studio della metafisica, quella che per Aristotele è la scienza che soggiace a tutte le scienze, in quanto si occupa dell’essere in senso pieno, dell’essenza, della forma, cioè della struttura interiore ed esteriore di qualsiasi ente corporeo, e della materia, la chora platonica, quel sostrato che è “mater” in senso pieno, e che sottopone gli enti ai nostri sensi. La filosofia come criterio necessario per la scienza Il ruolo della filosofia è dunque fondamentale per la scienza in quanto costituisce il caput e il finis della ricerca: essa è ciò che consente alle scienze di oggi di evolversi in maniera costante, secondo un processo di continuo “work in progress”, per il quale ogni risposta che la scienza dà è conseguita da numerose nuove domande che la filosofia si pone, consolidando dunque il suo ruolo primario e finale, essendo essa ciò da cui tutto ha origine e ciò in cui tutto ritorna per avere un nuovo inizio. Pertanto è formalmente errato distinguere in maniera netta la filosofia e le scienze poiché esse sono connesse da un forte legame, che mette in evidenza la priorità della filosofia, che si autoidentifica come una disciplina “per sé”, autosufficiente; lo stesso non potrà di certo dirsi per la scienza…