Lezione 2 - ASSOCIAZIONE ETABETAGAMMA

Diritto dell’esecuzione forzata – lezione n. 2 - 21.09.2011
ATTI PRELIMINARI AL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA : NOTIFICAZIONE
DI TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO
TITOLO ESECUTIVO :
bisogna sottolineare l‘importanza di tale titolo esecutivo,perché la presenza di quest’ultimo influenza tutta la
struttura del processo esecutivo. L’avere a monte un titolo esecutivo fa si che lo stesso processo esecutivo si
caratterizzi per il nascere come processo diretto ad attuare il comando contenuto nel titolo e non come
processo diretto ad un accertamento (come il processo di cognizione).
Le più recenti riforme (l’ultima del 2005) hanno inciso in maniera significativa sul titolo esecutivo e più
specificamente sull’individuazione di quelli che sono i titoli esecutivi.
Riferimento normativo da cui occorre partire è l’art. 474 c.p.c. – titolo esecutivo : “l’esecuzione forzata non
può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo,liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi…”.
Partiamo dal 1 comma che ci dà indicazioni in ordine alle caratteristiche che deve possedere un diritto
contenuto nel titolo perché si possa avere un titolo esecutivo. Il diritto deve infatti essere ex art 474 c.p.c.
certo , liquido ed esigibile.
- Il credito deve essere innanzitutto LIQUIDO , ossia determinato nel suo ammontare. Per aversi un titolo
esecutivo il credito deve essere determinato nel suo ammontare: non posso avere un titolo esecutivo sulla cui
base instaurare un processo esecutivo sulla base di una somma indeterminata.
- Altra caratteristica che deve possedere un titolo per essere esecutivo è l’ ESIGIBILITA’ : il credito
contenuto nel titolo non deve essere soggetto a termine o a condizione sospensiva,ovvero il termine deve
essere già scaduto o la condizione si deve essere già verificata.
Già sul piano della liquidità e della esigibilità si pone qualche problema. In realtà sulla esigibilità di meno
perché il concetto è abbastanza semplice ma sul piano della liquidità il concetto è più complesso di quanto
sebra.
Normalmente per dare l’idea di liquidità si rappresenta l’ipotesi in cui nei titoli giudiziali anziché
determinare esattamente l’importo del credito a cui viene condannato un soggetto si indicano una serie di
riferimenti,operazioni e di parametri sulla cui base la somma può essere individuata. Ciò accade molto
spesso nelle sentenze in materia di lavoro per crediti previdenziali dove l giudice non individua la somma
finale ma individua una serie di parametri sulla cui base si può arrivare a questa somma finale. Ci si è chiesti
se in questi casi tali titoli posseggano il requisito della liquidità e vedremo anche della certezza. Si ritiene per
lo più in giurisprudenza che la liquidità la certezza del titolo esecutivo potrebbe sussistere anche quando la
somma pur non essendo determinata nel suo ammontare può essere determinata con una serie di operazioni
aritmetiche. Quindi non necessariamente il titolo deve indicare precisamente la somma ma è indispensabile
che tale somma possa essere determinata con una serie di operazioni aritmetiche. Si parla di operazioni
aritmetiche perché deve essere estranea ogni tipo di valutazione perché nel momento in cui dovesse
subentrare un margine di valutazione non si può parlare di liquidità della somma,deve essere un operazione
meccanica nel senso che il giudice ha indicato tutti i criteri ma non ha effettivamente effettuato l’operazione.
- Sulla CERTEZZA occorre invece fare un discorso più complesso in quanto occorre parlare anche di non
omogeneità dei titoli esecutivi. Vedremo dall’enunciazione dell’art 474 cpc che ci sono dei titoli esecutivi
che sono giudiziali (sentenza di condanna) e dei titoli esecutivi extragiudiziali (cambiale, titolo di credito,
atto pubblico). Il grado di certezza dei titoli extragiudiziali è ovviamente minore rispetto ai titoli esecutivi
giudiziali.
In relazione al requisito della certezza si dice quindi che la valutazione su quest’ultima è una valutazione
rimessa al legislatore e non c’è un omogeneità dei titoli esecutivi sotto il profilo della certezza : è il
legislatore che caso per caso valuta se è opportuno attribuire la valenza di titolo esecutivo a un determinato
documento per svariati motivi. Ad esempio il motivo per i titoli esecutivi giudiziali è evidente in quanto
hanno il massimo della certezza per altri titoli invece,ad esempio per l’atto pubblico la valutazione del
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legislatore è legata alla particolare affidabilità del soggetto,ossia il notaio o il pubblico ufficiale che redige
questo atto pubblico. Quindi volta per volta possono esserci diversi motivi che spingono il legislatore a fgare
questo tipo di valutazione. Si tratta in ogni caso di una valutazione molto delicata perché per la scelta
effettuata dal legislatore in termini di certezza scatta la funzionalità del sistema : se il legislatore decide di
attribuire la valenza di titolo esecutivo a un determinato atto , se quell’atto è veramente dotato di una certa
certezza si ha un risparmio in termini di energie processuali perché se già si dà ad un determinato documento
tipo l’atto pubblico, la valenza di titolo esecutivo, per poter ottenere la prestazione contenuta in quell’atto
pubblico si può direttamente ricorrere al processo esecutivo. Se invece non attribuisco la valenza di titolo
esecutivo a quell’atto pubblico è necessario prima un processo di cognizione. Nel caso in cui il legislatore
non fa una valutazione corretta non si ottiene alcun vantaggio perché è chiaro che quella cognizione che non
sta a monte deve stare a valle e quindi deve comunque rientrare per il tramite dei giudizi oppositivi,quindi
ogni qualvolta si attribuisce la valenza di titolo esecutivo a un documento che non è propriamente dotato di
questa certezza è molto probabile che non si eviti il passaggio della cognizione perché lo si ritrova per il
tramite del giudizio oppositivo. Quindi sono delle valutazioni che il legislatore fa caso per caso:
originariamente, fino alla riforma del 2005,era titolo esecutivo l’atto pubblico ma non era titolo esecutivo la
scrittura privata autenticata. Con la riforma del 2005 è divenuto titolo esecutivo anche la scrittura privata
autenticata a dimostrazione del fatto che il legislatore ha fatto una valutazione diversa nel corso del tempo.
Prima riteneva che la scrittura privata autenticata non fosse dotata di quella sufficiente certezza tale da
attribuirle la valenza di titolo esecutivo e dal 2005 in poi ha fatto questo tipo di valutazione.
Inoltre, la certezza del titolo esecutivo non incide sulla possibilità o meno di attivare il processo di esecuzione
forzata,una volta che ad un atto si attribuisce la valenza di titolo esecutivo -sia esso giudiziale o stragiudiziale- questo
è idoneo ad attivare il processo di esecuzione forzata.
La minore o maggiore certezza di cui sono dotati i titoli esecutivi non è però del tutto irrilevante perché essa ha delle
ricadute : a seconda che il titolo esecutivo sia giudiziale o stragiudiziale , nel diritto di opposizione si ha un margine di
manovra più ampio o più ristretto. Se si tratta di un titolo esecutivo giudiziale e se del caso passato in giudicato ,si ha un
margine di manovra limitatissimo dovuto al vincolo del giudicato o comunque anche se non passato in giudicato si ha il
vincolo del principio della non permeabilità tra motivi di opposizione e motivi di appello:tutte le eventuali doglianze
devono essere fatte valere con il giudizio di appello e non con il giudizio di opposizione. Quindi l margine di manovra
che si ha in sede di opposizione all’esecuzione a fronte di un titolo giudiziale è molto limitato. Se si tratta di un titolo
extragiudiziale non vi sono tutti questi limiti. Quindi la maggiore o minore certezza del titolo esecutivo non ha una sua
ricaduta in termini di possibilità o meno di attivare il processo di esecuzione forzata ma ha delle ricadute significative
nell’ambito di quelle parentesi cognitive , ossia il giudizio di opposizione, che si inseriscono nell’ambito del processo di
esecuzione forzata.
Nel momento in cui il legislatore decide di attribuire la valenza di titolo esecutivo ad un determinato documento,se quel
documento è dotato di maggior certezza, porta con se queste garanzie anche nell’unica parentesi cognitiva possibile che
è il giudizio di opposizione; se non è dotato di quelle determinate garanzie, sconterà questa lacuna nell’unica parentesi
cognitiva possibile ce è il giudizio di opposizione nell’ambito del processo di esecuz. Forzata.
TITOLI ESECUTIVI IN FORZA ALL’ART.474 C.P.C. E PROBLEMATICHE INTERPRETATIVE.
L’art. 474 cpc dice:
“Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva;
2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali,
nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; (Numero così sostituito
dall’art. 1 della legge 28 dicembre 2005, n. 263)
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli,[ o le scritture private
autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute] (Parole soppresse dall’art. 1 della
legge 28 dicembre 2005, n. 263) ”
Al n.1) la norma parla genericamente di sentenze: è pacifico che le uniche sentenze che costituiscono titolo esecutivo
sono le sentenze di condanna e non le sentenze di mero accertamento o costitutive. In merito ai i provvedimenti e gli
altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva bisogna dire che l’inciso “gli altri atti” è legato
alle recenti riforme il cui dato più significativo è che si ritiene pacificamente che in questi altri atti rientrino anche i
verbali di conciliazione.
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Al n.2) in forza delle più recenti riforme sono divenuti titoli esecutivi anche le scritture private autenticate che prima
non costituivano titolo esecutivo,mentre erano già titolo esecutivo le cambiali e i titoli di credito.
In relazione alle scritture private autenticate il problema principale che si pone è se la valenza di titolo esecutivo sia da
attribuire alla sola scrittura privata autenticata in modo più aderente alla lettera o anche alle scritture private che
divengono autenticate in forza del riconoscimento di cui all’art. 215 cpc. La scrittura privata autenticata trova infatti la
sua efficacia probatoria nell’ambito del processo civile o in forza dell’autenticazione di un pubblico ufficiale che
accerta la provenienza delle sottoscrizioni,o nell’ambito del processo in forza dell’art. 215 cpc dove si dice che la
controparte ,cioè il soggetto nei cui confronti viene prodotta in giudizio una scrittura privata, ha l’onere disconoscerla
nella prima difesa utile se non lo fa si dà per riconosciuta.
Quindi si è posto il problema se anche queste scritture private che non sono state disconosciute ex art. 215 cpc
costituiscano titolo esecutivo ex art 274cpc, o in aderenza alla lettera della norma sono titolo esecutivo solo quelle che
sono state autenticate dal pubblico ufficiale. Ci si chiede cioè se l’equiparazione alla scrittura privata autenticata
dell’art. 215 cpc sia limitata all’efficacia probatoria del processo a cognizione piena, o se gli si può dare una valenza
maggiore tanto da far si ce diventi titolo esecutivo ex 274 cpc. Su tale punto non c’è una soluzione pacifica,ma la
dottrina maggioritaria tende a dare un interpretazione restrittiva e a ritenere titolo esecutivo solo le scritture private
autenticate. Altra parte della dottrina invece ritiene che anche il meccanismo di cui al 215 cpc consentirebbe alla
scrittura privata la possibilità di avere titolo esecutivo.
Al n. 3) l’atto pubblico era già considerato in passato titolo esecutivo,ma si sono avute anche a tale proposito novità.
In ultima analisi,dopo aver esaminato le caratteristiche che deve possedere un diritto per essere titolo esecutivo ex art.
274 cpc e quali bisogna considerare titoli esecutivi, bisogna chiedersi per cosa sono titoli esecutivi questi titoli,perché
l’ultima parte della norma dice che non tutti questi documenti sono titolo esecutivo per tutte le forme di esecuzione
forzata espropriazione ed esecuzione specifica. Vediamo infatti che la norma fa delle differenziazioni : “l’esecuzione
forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del 2 comma”
(per intenderci sentenze,altri provvedimenti ed atto pubblico). Quindi deduciamo che la scrittura privata autenticata è si
divenuta titolo esecutivo in forza della riforma del 2005, ma solo per le obbligazioni al pagamento di una somma di
denaro: sulla base di una scrittura privata autenticata si può attuare un processo di espropriazione forzata ma non di
esecuzione forzata specifica.
Anche l’atto pubblico ha avuto novità nel 2005 perché fino ad allora era titolo esecutivo esclusivamente per il
pagamento di una somma di denaro,in forza dell’ultimo inciso sopra menzionato invece,anche l’atto pubblico (non solo
la sentenza) è titolo esecutivo per l’esecuzione per consegna o rilascio,mentre non è titolo esecutivo per l’esecuzione di
obblighi di fare o non fare.
Occorre quindi capire se i titoli esecutivi sono tali per l’espropriazione forzata o soltanto per l’esecuzione specifica ed è
la stessa norma ad operare delle distinzioni: scrittura privata autenticata solo per l’espropriazione forzata, atto pubblico
e sentenza anche per l’esecuzione per consegna o rilascio non l’esecuzione specifica di obblighi di fare o non fare.
Chiaramente anche tali modifiche hanno sollevato problemi perché ora come ora sulla base del dettato del 474 cpc
stipulando ad es. un contratto di locazione dinanzi ad un notaio – quindi un atto pubblico – si avrà titolo esecutivo per il
rilascio dell’immobile: ciò ha appunto aperto delicate problematiche perché la disciplina della locazione nel nostro
ordinamento è peculiare. C’è infatti la possibilità del 4anni + 4 anni o dei 3 anni + 2 anni e quindi questo ha aperto delle
problematiche in ordine alla possibilità che effettivamente questo sia un titolo esecutivo: alla scadenza dei prima 4 anni
il contratto viene meno e quindi ci dovrebbe essere la necessità di un accertamento da parte del giudice. Il titolo
esecutivo dovrebbe recare in sé certezza e liquidità : la disciplina del contratto di locazione prevede che il contratto si
rinnova automaticamente alla scadenza dei 4 anni se non si sono verificate determinate condizioni,quella certezza del
titolo esecutivo viene meno.
COME SI INQUADRANO ALL’INTERNO DEL PROCESSO ESECUTIVO LA SUCCESSIONE NEL DIRITTO
CONTROVERSO , IL TITOLO ESECUTIVO E IL PROCESSO ESECUTIVO.
Per il TITOLO ESECUTIVO bisogna precisare che sotto il profilo soggettivo sia esso giudiziale o extragiudiziale si
avrà un soggetto a favore del quale è prevista una determinata prestazione e un soggetto che è tenuto,obbligato,a
realizzare una determinata prestazione. Può però accadere che si verifichino delle modificazioni di ordine soggettivo
proprio come si è visto nel caso di successione a titolo universale nel processo a cognizione piena : è possibile che nella
pendenza del processo cambi la titolarità di un bene oggetto del processo e quindi gli artt.110 e 111 cpc dettano una
disciplina per regolare tale tipo di eventualità. Questo tipo di fenomeno può verificarsi anche nel processo esecutivo ,
bisogna quindi vedere se esistono norme che vadano ad inquadrare tale situazione. Questo problema può riguardare
anzitutto il titolo esecutivo: cioè prima che inizi il processo esecutivo e dopo che già è stato emesso il titolo esecutivo, è
possibile che si abbia una modificazione soggettiva sia dal lato attivo che passivo del rapporto. Gli artt. 475 e 477 cpc
che si occupano di questo tipo di tematica in riferimento al titolo esecutivo. Non c’è invece alcuna norma che si occupa
di questa tematica con riferimento al processo esecutivo.
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Il fenomeno della successione ,a titolo universale o particolare,nel diritto controverso può porsi come una successione
che si verifica PRIMA del processo esecutivo, quindi nella pendenza del processo di cognizione: questo è solo un
problema di limiti soggettivi del titolo esecutivo, perché il titolo esecutivo è la sentenza di condanna e si tratta di
chiedersi quali siano il limiti soggettivi di questo titolo esecutivo. Ci si chiede cioè se il titolo esecutivo sentenza di
condanna può essere utilizzato solo dai soggetti indicati nella sentenza di condanna o anche dai soggetti diversi che
sono subentrati in quel determinato rapporto a titolo universale o particolare guardandolo dal lato attivo del rapporto,dal
lato passivo se quel titolo esecutivo sentenza di condanna può essere utilizzato contro soggetti diversi da quelli indicati
nel titolo esecutivo , che potrebbero essere gli eredi nella successione a titolo universale , o dei soggetti subentrati a
titolo particolare ad. Es. acquistando l’immobile oggetto di quella sentenza.
Quindi :
1 ipotesi ) il fenomeno successorio – a titolo universale o particolare – si verifica nel corso del processo di cognizione: il
problema in questo caso è dei limiti soggettivi del titolo esecutivo, cioè della sentenza di condanna ;
2 ipotesi ) Successione nel titolo esecutivo : il fenomeno successorio si verifica dopo che c’è già la sentenza di
condanna quindi nel titolo esecutivo ma prima che si è instaurato il processo di esecuzione. Anche qui ci dobbiamo
porre questo tipo di problema dal lato attivo e dal lato passivo del rapporto,perché la successione potrebbe riguardare la
posizione attiva
chi ha diritto ad ottenere la prestazione , o la posizione passiva
chi è obbligato a tenere una
determinata prestazione.
3 ipotesi ) il fenomeno successorio –a titolo universale o a titolo particolare – si verifica nel corso del processo
esecutivo che inizia con il pignoramento.
Stiamo discutendo a seconda delle varie ipotesi della possibilità di attivare o meno il processo di esecuzione forzata nei
confronti di un soggetto diverso da quello indicato nel titolo,della possibilità o meno che un determinato soggetto
utilizzi i rimedi oppositivi e se del caso quali. Se il fenomeno successorio si verifica nella pendenza del processo
esecutivo il debitore originario è parte o è terzo? È parte il debitore originario o il soggetto che vi è subentrato? Perché
se la parte deve utilizzare l’opposizione all’esecuzione opposizione di atti esecutivi, se è un terzo deve utilizzare
l’opposizione di terzo.
La prima ipotesi riguarda il processo di cognizione che ha una disciplina espressa ex artt.110-111 cpc.
Per quanto riguarda invece la 2 ipotesi,ovvero la successione nel titolo esecutivo abbiamo gli artt 475 e 477 cpc
In relazione alla 3 ipotesi , successione nel processo esecutivo , non abbiamo alcuna norma e dobbiamo chiederci come
viene disciplinato tale fenomeno e se possiamo far applicazione e in quale misura degli artt 110-111 cpc che sono le
uniche norme di cui disponiamo.
SUCCESSIONE NEL TITOLO ESECUTIVO artt. 475 e 477 cpc
Prima di guardare alle norme di riferimento e al loro controverso ambito di applicazione,soffermiamoci sulla
problematicità di questa situazione in particolare nel nostro ordinamento per le particolari scelte che ha fatto il nostro
legislatore in riferimento al processo esecutivo. In linea generale si tratta di stabilire nel momento in cui ci sia una
modificazione attiva o passiva del rapporto di cui al titolo esecutivo se l’esecuzione forzata possa comunque essere
instaurata dal nuovo titolare del diritto o possa essere instaurata nei confronti del nuovo titolare del diritto. Si tratta
quindi di ritenere se questo titolo esecutivo possa essere utilizzato o meno e se del caso con quali ricadute sul processo
esecutivo.
Si tratta però di una tematica particolarmente delicata nel nostro ordinamento perché il nostro ordinamento con
riferimento al processo esecutivo , a differenza di altri ordinamenti tipo quello tedesco, ha fatto una scelta di campo nel
senso di non prevedere nessuna forma di accertamento nella fase introduttiva all’instaurazione del processo di
esecuzione forzata,nessuna verifica in ordine all’attualità dell’esistenza del diritto concretizzato nel titolo esecutivo e
questo vale ance per la titolarità soggettiva del rapporto. Anche con il titolo esecutivo certo , come una sentenza di
condanna passata in giudicato che afferma ad esempio il diritto di un soggetto ad ottenere il pagamento di 100, non si
avrà mai la certezza che il diritto consacrato nel titolo sia attuale perché non potrà mai dare garanzia in ordine a dei fatti
sopravvenuti: il giudicato non può coprire i fatti sopravvenuti (es. se A ha una sentenza passata in giudicato che lo
condanna al pagamento di 100 e B paga 50 , c’è un fatto sopravvenuto. In realtà si potrebbe procedere all’esecuzione
forzata per 50 non per 100.). In relazione a questo tipo di problema l’ordinamento può optare o per una verifica in
limine al processo esecutivo in ordine all’attualità della pretesa contenuta nel titolo , oppure , come ha fatto a grandi
linee anche l’ordinamento tedesco, l’ordinamento italiano ha fatto una scelta di questo tipo : non prevede alcun
accertamento preventivo, ma l’ha reso eventuale posticipandolo nell’eventuale sede dell’opposizione.
Il nostro legislatore non effettua quindi alcuna verifica preliminare sull’attualità del comando contenuto nel titolo, ma se
si attiva un titolo esecutivo non più “attuale” , sarà allora onere della controparte instaurare un giudizio di opposizione
nel cui ambito contestare l’altrui diritto a procedere all’esecuzione forzata. La scelta di campo è o si fa la verifica
preliminarmente per evitare di instaurare una esecuzione illegittima, o si rende meramente eventuale e la si rimette
all’iniziativa del soggetto obbligato. Queste diverse scelte di campo rendono problematica la tematica di cui ci stiamo
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occupando in ordinamento che ha fatto una scelta come la nostra. Perche se l’ordinamento fa una scelta in limine litis
dell’attualità del comando del titolo , questo controllo potrebbe riguardare non solo il profilo oggettivo del diritto ma
anche quello soggettivo della titolarità e quindi la successione potrebbe essere oggetto della verifica. Nel nostro
ordinamento , che non prevede questa sede processuale non ha nemmeno una sede dove possa essere fatta una verifica
in ordine all’effettivo verificarsi di questo fenomeno successorio, anche questa finisce per essere una mera affermazione
del titolare del diritto che afferma sulla base del titolo esecutivo di essere l’erede di tizio e di attuare il titolo e quindi di
essere il soggetto che è subentrato nella proprietà di quel determinato immobile. Non c’è quindi una fase deputata ad
effettuare una verifica che possa essere estesa anche a quiesto passaggio. Quindi questo nell’impostazione prevalente.
Il dato fondamentale è che la problematica è molto delicata nell’assenza quantomeno in via espressa di una previsione
codicistica in merito ad una verifica in ordine alla successione a titolo universale o particolare di un titolo esecutivo. Le
uniche norme che troviamo nel codice sono 475 e 477: è possibile utilizzare il titolo esecutivo nei confronti di un
soggetto diverso da quello indicato nel titolo?
ART: 475 cpc – Spedizione in forma esecutiva – “Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli
atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere
muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti [disp. att. 153].”
La norma disciplina un peculiare adempimento a cui devono essere assoggettati i titoli esecutivi perché possa essere
attivato il processo di esecuzione forzata: devono essere spediti in forma esecutiva,ossia deve essere apposta la formula
esecutiva.
“La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto a favore della parte alla quale fu pronunciato il
provvedimento o stipulata l’obbligazione o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è
spedita”
Quindi nel 475 cpc un riferimento ai successori c’è e fa riferimento ai soggetti “a favore dei quali” quindi si occupa
sostanzialmente dell’ipotesi del lato attivo del rapporto e tale norma dice che la spedizione può essere fatta anche in
favore dei successori ma non dice altro. E’ chiaro quindi che questa diviene una norma particolarmente delicata che
apre questioni delicate in sede interpretativa: prima su tutte questa norma si applica anche alla successione a titolo
particolare o solo alla successione universale? Sorgono questi dubbi perché l’art. 477 cpc che invece si occupa del lato
passivo del rapporto non parla di successori ma parla di eredi,quindi è più semplice affermare per il 477 cpc che si
riferisce alla successione a titolo universale. L’art 475 cpc che invece parla di successori lascia questo dubbio tant’è
vero che parte della dottrina ritiene che nel 475 rientri anche al successione a titolo particolare ,non solo quella a titolo
universale.
ART. 477 cpc - Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi – “Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro
gli eredi, ma si puo’ loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo.
Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo
domicilio del defunto.”
Abbiamo quindi 2 norme che seppur in modo stringato disciplinano questo fenomeno della successione nel titolo.
Stiamo considerando in questa disamina la corrente dottrinale che ritiene che gli artt. 475-477 si riferiscano proprio
all’ipotesi in cui la successione si è verificata nel titolo esecutivo e non nel processo di cognizione perché si potrebbe
anche ritenere , come fa altra parte della dottrina, che in fondo queste 2 norme non sono altro che un completamento del
110e del 111 cpc continuando a disciplinare il fenomeno in cui la successione si sia verificata nel processo di
cognizione e si limitano a dire che in quell’ipotesi di fenomeno di successione il titolo esecutivo può essere esperito
anche nei confronti dei successori e il titolo esecutivo può essere utilizzato nei confronti degli eredi.
Quindi primo problema in relazione a queste norme è se si verificano al fenomeno di successione nel processo di
cognizione o nel titolo esecutivo: se si ritiene che si riferiscono all’ipotesi della successione nel titolo esecutivo si può
anche ritenere risolto un problemino nel senso che stiamo ritenendo che esistono delle norme nel codice che
disciplinano il fenomeno della successione nel titolo esecutivo,altrimenti dovremo concludere che neanche questo
fenomeno è disciplinato. Anche se riteniamo di avere queste due norme si tratta comunque di norme formulate in modo
stringato ed equivoco: la prima ci dice che il titolo può essere esperito anche a favore dei successori e la seconda ci dice
che il titolo vale contro gli eredi (la seconda dà minori problemi perché parlando di eredi circoscrive l’ambito di
applicazione riferendosi alla successione a titolo universale). Il primo grosso problema invece che pone la prima norma
è se si riferisce anche alla successione a titolo particolare o solo a quella titolo universale:secondo i più (la questione è
particolarmente controversa anche in giurisprudenza) si riferisce anche alla successione a titolo particolare. A questo
punto sorge questo problema:se si riferisce anche alla successione a titolo particolare ci si chiede se il pubblico ufficiale
debba effettuare un controllo nel momento in cui effettua questa spedizione in ordine all’avvenuta successione o non
debba fare alcun controllo. Anche qui c’è una norma nelle disposizioni d’attuazione che è l’art. 153 che sul rilascio del
titolo esecutivo dice “I. Il cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva a norma dell'articolo 475 del codice quando
la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto.” Quindi un controllo da parte del cancelliere è
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previsto ma non è certo il controllo relativo all’intervenuta successione,perché nel momento in cui parla di un
provvedimento formalmente perfetto si riferisce alla veste formale della sentenza, quindi non abbiamo una norma che
parla di un controllo sul punto o possa essere interpretata estensivamente. Ciò nonostante,non manca in dottrina chi
ritiene (come Capponi nel nostro testo) che il cancelliere dovrebbe comunque fare un controllo in ordine all’avvenuta
successione,anche se la verifica effettuata dal cancelliere non avrebbe alcuna efficacia preclusiva. La posizione
prevalente tende a ritenere che non debba essere fatto alcun controllo perché è una scelta del legislatore di non fare
nessun controllo in limine litis e di posticipare anche questo tipo di controllo – così come ogni altro tipo di verifica in
ordine alla legittimità del processo esecutivo – all’instaurazione di un giudizio di opposizione.
Delle due norme quindi a dare maggiori problemi è il 475 cpc.
Questa problematica resta assai complessa anche ove si guardi al processo esecutivo,alla 3 ipotesi prospettata sopra:
SUCCESSIONE NEL DIRITTO CONTROVERSO –A TITOLO UNIVERSALE/PARTICOLARE- CHE SI
VERIFICA NELLA PENDENZA DEL PROCESSO ESECUTIVO.
Si ha una successione o dal lato attivo o dal lato passivo del rapporto,cambia il titolare o il soggetto obbligato.
Anche questa è una problematica estremamente delicata perché , la soluzione che si accolga sul punto, ha delle ricadute
pratiche molto importanti tanto in riferimento all’ipotesi di successione dal lato passivo che dal lato attivo del rapporto.
Bisogna sottolineare in questo caso la totale assenza di norme di riferimento ,possiamo far riferimento solo agli artt.
110-111 cpc che disciplinano la successione a titolo universale o a titolo particolare nel diritto controverso con
riferimento al processo di cognizione. Da sempre la dottrina si interroga in ordine all’applicazione degli artt 110-111
con riferimento al processo esecutivo. L’impostazione che tende a prevalere, è che quelle norme possano trovare
applicazione ma devono essere adattate necessariamente al processo esecutivo. E’ questo il grosso problema perché si
tratta di intendersi sul concetto di “adattamento”. Dal lato passivo del fenomeno (nella pendenza del processo esecutivo
nel lato passivo del rapporto –debitore- si ha un fenomeno successorio),le uniche norme a cui possiamo far riferimento
sono nel cod. civile e disciplinano gli effetti della vendita dal debitore ad un terzo ma disciplinano i soli effetti
sostanziali della vendita non c’è alcuna norma che disciplina sul piano procedurale questo fenomeno. C’è una
perpetuatio legitimationis, la legittimazione prosegue nei confronti del debitore? La parte del processo esecutivo
continua ad essere il debitore,dopo che si è verificato il fenomeno successorio,o è il terzo?
La prima ricaduta importante in relazione a tale tema è stabilire quali sono i rimedi dei quali può avvalersi il terzo o il
debitore. Se parte continua ad essere il debitore si può avvalere dei rimedi della parte e non del terzo, che sono
l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi. Se invece è il terzo ad essere parte per effetto del
fenomeno successorio si dovrà avvalere dei rimedi del terzo e non della parte,quindi dell’opposizione di terzo ex art.
619 cpc. Quando si vedranno i rimedi oppositivi si noterà che oltre che cambiare i rimedi cambiano anche i termini per
proporli e cambiano anche le tipologie di vizi che si possono far valere. E’ quindi molto importante sapere se dopo la
successione un sogg deve essere considerato terzo o parte ,quindi se ad un sogg spettano i poteri della parte o del terzo.
Prima ricaduta quindi molto importante è legata alla individuazione dei rimedi oppositivi di cui può disporre il soggetto.
Anche sotto questo profilo non esiste una soluzione univoca e dottrina e giurisprudenza sono divise: una sentenza della
giurisprudenza del 1985 aveva ritenuto che il terzo acquirente assume la veste di successore a titolo particolare e quindi
tale sentenza diceva che pur non trovando applicazione diretta il 111 operavano comunque i principi fondamentali a cui
si ispira il 111 e quindi questo sogg aveva la possibilità di proporre opposizione ex 115 e ex 117 quindi poteva proporre
i rimedi oppositivi della parte subentrando nel processo e utilizzare l’opposizione agli atti esecutivi e l’opposizione
all’esecuzione. Quindi la cassazione dice che pur non potendo trovare applicazione diretta il 111 che è dettato per il
processo di cognizione si devono applicare i medesimi principi e quindi si tratta il soggetto acquirente come un
successore a titolo particolare abilitato ad utilizzare i rimedi della parte.
In più recente sentenza del 1993 e una del 2004 la Cassazione ha invece ritenuto che “ l’acquirente del bene pignorato
non può intervenire neppure in via lesiva nell’espropriazione forzata essendogli preclusa ogni attività ex 617 –cioè
ogni attività di opposizione agli atti esecutivi- di sindacato del processo esecutivo,e non può divenire parte , soggetto
passivo dell’esecuzione. L’unico mezzo di tutela riconosciutogli è l’opposizione di terzo ex art.619 al fine di far valere
l’originaria inesistenza o la nullità assoluta del vincolo originale e quindi di sottrarre il bene all’espropriazione. Al
terzo acquirente del bene pignorato è riconosciuta solo la facoltà di partecipare alla distribuzione del prezzo che
residua una volta che sia stato soddisfatto il creditore precedente che è intervenuto.” si tratta quindi di una posizione
diametralmente opposta : a seconda della posizione che si accoglie è chiaro che cambia la posizione del debitore e
dell’acquirente del bene pignorato. A seconda di chi si consideri parte del processo: se la parte è chi ha acquistato il
bene pignorato allora questo dovrà disporre di tutti i poteri della parte accedendo ai rimedi oppositivi ex 615 e 617
come aveva fatto la cassazione nell’ 85; se invece si segue l’impostazione della Cassazione del 2004 occorre prendere
atto che questo soggetto rimane un terzo e l’unico rimedio che potrà utilizzare è quello di terzo ossia l’opposizione di
terzo all’esecuzione,parte continuerà ad essere il debitore che continuerà ad avere tutti i poteri della parte.
In dottrina –questa posizione è seguita anche da Capponi- si tende a ritenere che il 111 non può trovare applicazione
diretta però si può applicare quello che è un principio fondamentale della disciplina del 111 ossia la perpetuatio
legitimazionis del debitore,nel senso che il giudizio prosegue nei confronti del debitore. Questa dottrina dice anche che
in realtà per stabilire quali sono le parti del processo esecutivo bisognerebbe guardare al pignoramento perché si dice
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che quello è il momento che cristallizza la situazione e in quel momento appare chiaro chi è il debitore e chi è il
creditore e quindi eventuali ulteriori modificazioni delle posizioni soggettive non incidono sulla qualità di parte.
Questo guardando al lato passivo.
Consideriamo ora il lato attivo. Qui si ha una scorporazione tra ciò che risulta dal titolo esecutivo e la realtà materiale
del rapporto e del fenomeno successorio.
Qui le ricadute fondamentali sono diverse: la più importante che è stata oggetto di una sentenza della cassazione è
quella di chiedersi se il debitore esecutato sia legittimato o meno a proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615
deducendo che chi sta procedendo nell’esecuzione forzata non è più il suo creditore. Quindi ci si chiede se a seguito di
un fenomeno successorio è possibile che il debitore proponga opposizione ex 615 e che basi questa opposizione solo sul
fatto che quel creditore non è più il creditore perché si è verificato un fenomeno successorio dal lato attivo.
Anche su questo punto non c’è uniformità di considerazioni.
Ci si chiede anche se il creditore non è più tale – perché si è avuto il fenomeno successorio- è legittimato a ricevere il
pagamento in sede di distribuzione forzata o eventualmente in sede anticipata (come per la conversione del
pignoramento) per un credito del quale non è più titolare (sempre a perché a causa del fenomeno successorio c’è un
nuovo creditore.). Ci si chiede,in sostanza, se il pagamento fatto al “vecchio” creditore abbia un efficacia liberatoria.
La Cassazione ,in una sentenza del 2001,ha ritenuto che oggetto dell’opposizione potrebbe essere la mera titolarità del
diritto,cioè l’essere attualmente creditore. Questa sentenza della Cassazione dice che il debitore può opporsi e può
addurre a motivo di opposizione il semplice fatto che quel creditore non è più il suo effettivo creditore perché c’è un
nuovo creditore. Questa sentenza è stata fortemente criticata da buona parte della dottrina che ha sostenuto una
posizione opposta a questa basandosi su diverse argomentazioni. La corrente dottrinale del testo di Capponi- ha
argomentato facendo leva sulle argomentazioni che abbiamo richiamato in precedenza, cioè facendo leva sul fatto che la
cristallizzazione del rapporto si ha al momento del pignoramento dove appunto si va a stabilire chi è creditore e chi è
debitore. Questa posizione fa buon gioco nel momento in cui si arriva a ritenere che non può essere legittimo motivo di
opposizione ex art. 615 il fatto che si sia modificata la titolarità attiva del rapporto , cioè che ci sia un nuovo creditore,
perché se il pignoramento cristallizza, quel creditore è un creditore che può portare avanti al procedura esecutiva (non si
può proporre opposizione solo facendo leva sul fatto che un soggetto non è più il creditore , coerentemente il creditore
che può avere le somme della distribuzione forzata è il creditore che può ricevere le somme in sede di conversione del
pignoramento). Problematiche anche queste che sono state risolte in modo diametralmente opposto dalla
giurisprudenza.
ATTIVITA’ PRELIMINARI RISPETTO AL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA: NOTIFICAZIONE DEL
TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO.
ATTO DI PRECETTO :
la norma di riferimento è l’art 480 cpc che individua il contenuto dell’atto di precetto :
art. 480 – Forma del precetto : “Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo
esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento
che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere a pena di nullita' l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se
questa e' fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando e' richiesta dalla legge. In
quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che
la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale.
Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune
in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al
giudice del luogo in cui e' stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice
stesso.
Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli
articoli 137 e seguenti.”
Prima osservazione da fare riguarda il comma 2 che prevede ce il precetto deve contenere a PENA DI NULLITA’
l'indicazione delle parti , della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa e' fatta separatamente, la trascrizione
integrale del titolo stesso, quando e' richiesta dalla legge. Quindi se il precetto non contiene questi elementi è nullo.
Invece deve ANCHE contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in
cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione (comma 3) :se non contiene questi elementi il precetto non sarà nullo
ma la sanzione sarà che in mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui e' stato
notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso.
Il precetto deve quindi indicare :
- le parti del rapporto (sogg. Attivo e passivo) ;
- l’oggetto della prestazione contenuta nel titolo;
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l’intimazione ad adempiere entro un determinato termine (minimo 10 giorni salvo l’autorizzazione dell’art 482
che dice che per motivi di urgenza il presidente del tribunale può autorizzare a derogare al termine dei 10 gg e
a procedere prima di quei 10 giorni. Quindi la regola sarebbe non prima dei 10 gg e vedremo che lo stesso
codice di proc. Civile prevede anche un termine massimo che non deve eccedere i 90 giorni. Questo significa
che il processo di esecuzione forzata non deve iniziare oltre 90 giorni altrimenti c’è la perdita di efficacia.);
avvertimento al soggetto (l’avvertimento si colloca nella logica della funzione del precetto che in sostanza è
quella di consentire al debitore di adempiere e quindi di evitare di subire il processo di esecuzione forzata e di
avvertirlo che può al contempo proporre opposizione all’esecuzione se sussistono dei motivi.).
La struttura del precetto completa il discorso fatto precedentemente perché se la logica è che il processo di esecuzione
ha a monte un titolo,che il titolo regge tutto il processo esecutivo, che le parentesi cognitive sono solo eventuali e che
non c’è nessun accertamento in limine nel processo esecutivo logica vuole che con un atto introduttivo preliminare (che
è il precetto) si possa intimare al debitore di pagare entro una determinata data o si darà inizio al processo di esecuzione
forzata indicandogli che ha la possibilità di proporre opposizione al precetto. La logica è che si danno quei 10 giorni per
evitare l’esecuzione forzata o per provocare quel processo a cognizione piena con l’opposizione al precetto che
garantisce in qualche modo lo svolgimento di un processo cognitivo , un accertamento, prima che sia aggredita la sfera
possessoria del soggetto obbligato. In fondo finchè non c’è il pignoramento il soggetto non viene aggredito,non ha
nessun danno, gli viene notificato il titolo esecutivo e il precetto: questa è anche la logica degli atti preliminari rispetto
al processo di esecuzione forzata.
NATURA DELL’ATTO DI PRECETTO :
la natura dell’atto di precetto che ha questo contenuto è un po’ equivoca, nel senso che sotto il codice del 1875 non si
dubitava del fatto che l’atto di precetto avesse natura processuale a tutti gli effetti,tant’è vero che l’atto di precetto,nel
caso di esecuzione immobiliare, veniva trascritto nei registri immobiliari con effetti analoghi a quelli del pignoramento
(quindi ha dignità di un atto processuale.).
nel codice del 40 invece,siccome ci sono questi atti prodromici e che viene trascritto il pignoramento e il processo
esecutivo inizia solo con il pignoramento, ci si interroga sulla natura dell ‘atto di precetto e se sia un atto di natura
processuale. In realtà è un atto esterno al processo esecutivo perché quest’ultimo inizia con il pignoramento,però è un
atto strettamente collegato al processo esecutivo perché si tratta di un atto prodromico rispetto al processo esecutivo ed
è un atto che perde efficacia se entro 90 gg non si inizia il processo esecutivo con il pignoramento ( se si notifica un atto
di precetto si ha questo spazio temporale non prima di 10 gg e poi si ha lo spazio di 90 gg per effettuare il
pignoramento perché altrimenti il precetto perde efficacia).
Ecco quindi spiegati i dubbi sulla natura dell’atto di precetto: è un atto esterno al processo esecutivo ma è strettamente
collegato a questo perché è prodromico rispetto al processo esecutivo e perché perde efficacia se non viene iniziato il
processo esecutivo entro 90 gg dalla notificazione del precetto.
Il codice ha cura anche di specificare in alcune norme talune previsioni in ordine alla NOTIFICAZIONE DEL TITOLO
ESECUTIVO E DEL PRECETTO.
Art. 479 cpc - Notificazione del titolo esecutivo e del precetto “Se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata
deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli artt. 137 e seguenti.
Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purche' la
notificazione sia fatta alla parte personalmente.”
Si tratta di individuare il rapporto che intercorre tra titolo esecutivo e precetto e quale disciplina li regola in relazione
alla notificazione. Il codice prevede espressamente la possibilità che il precetto il titolo esecutivo siano notificati
insieme ma in questo caso la notifica deve essere fatta alla parte personalmente.
Il quadro viene definitivamente completato dagli artt. 481 e 482 che disciplinano la cessazione dell’efficacia del
precetto e il termine per adempiere.
ART. 481 - Cessazione dell'efficacia del precetto “Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla
sua notificazione non e' iniziata l'esecuzione. [NON è INIZIATO IL PIGNORAMENTO]
Se contro il precetto e' proposta opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma dell'articolo
627.”
ART. 482 – Termine ad adempiere “ Non si può iniziare l'esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato
nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso;[salvo] ma il presidente
del tribunale competente per l'esecuzione o un giudice da lui delegato ( 2), se vi e' pericolo nel ritardo, può autorizzare
l'esecuzione immediata, con cauzione o senza[la logica qui è se questi 10 gg potrebbero pregiudicare il diritto e c’è
assoluta urgenza – questo lo valuta il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato- il presidente del tribunale o
un giudice da lui delegato autorizza a pignorare anche prima dei 10 giorni eventualmente disponendo una cauzione. La
cauzione viene utilizzata come contro cautela perché autorizzare con urgenza di pignorare un bene immobile se poi la
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richiesta è infondata potrebbe determinare un danno a carico della controparte]. L'autorizzazione e' data con decreto
scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell'ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi.”
Quindi –riepilogando- il processo esecutivo inizia solo con il pignoramento , gli atti preliminari sono la notificazione
del titolo esecutivo e del precetto, le modalità di notificazione sono disciplinate espressamente dal codice, il titolo
esecutivo ed il precetto possono essere notificati separatamente o insieme , ma se notificati insieme devono essere
notificati alla parte personalmente , il contenuto dell’atto di precetto è disciplinato dall’art 480 dove alcuni requisiti
sono previsti a pena di nullità e altri hanno una sanzione di tipo diverso che non è la nullità, l’atto di precetto ha una
funzione fondamentale perché ha la funzione di avvertire la controparte e metterla sull’avviso e di conse4ntirgli di
evitare il processo di esecuzione forzata o di istaurare un giudizio di opposizione che è quella parentesi cognitiva
meramente eventuale: la logica del codice del 40 si struttura sulla possibilità data alla parte di paralizzare la pretesa
altrui prima che intervenga il pignoramento, quindi la possibilità di fare opposizione a precetto e non opposizione
all’esecuzione che si ha dopo che sia stato instaurato il processo esecutivo con il pignoramento.
La natura dell’atto di precetto è discussa se sia processuale o meno posto che è un atto prodromico al processo esecutivo
ma collegato al processo esecutivo.
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