La Bibbia, il suo messaggio e i suoi influssi sul pensiero occidentale
L’ipotesi della rivelazione.
Platone, in uno dei suoi dialoghi più importanti e famosi, il Fedone, discutendo del problema
dell’immortalità dell’anima e della vita dopo la morte, scrive:
«Pare a me, o Socrate, e forse anche a te, che la verità sicura in queste cose nella vita presente non
si possa raggiungere in alcun modo, o per lo meno con grandissime difficoltà. Però io penso che
sia una viltà il non studiare sotto ogni rispetto le cose che sono state dette in proposito, e lo
smettere le ricerche prima di aver esaminato ogni mezzo. Perché in queste cose, una delle due: o
venire a capo di conoscere come stanno; o se a questo non si riesce, appigliarsi al migliore e al più
sicuro tra gli argomenti umani e con questo, come sopra una barca, tentare la traversata del mare.
A meno che non si possa con maggiore agio e minore pericolo fare il passaggio con qualche più
solido trasporto, con l’aiuto cioè della rivelata parola del Dio».
Platone cioè ipotizza che, di fronte a un problema di difficilissima soluzione per la ragione umana
(attinente alla dimensione soprannaturale) , Dio stesso possa venire incontro all’uomo e rivelargli la
verità; Platone non afferma che la rivelazione c’è o ci sarà, ma afferma che un’eventuale rivelazione
sarebbe molto “conveniente” per l’uomo.
Questa ipotesi, scaturita da una delle riflessioni filosofiche più alte e impegnative del pensiero greco,
viene realizzata dal Cristianesimo. Il Cristianesimo si presenta infatti come “rivelazione divina”,
come iniziativa di Dio che risponde alla ricerca umana di verità e di salvezza. La rivelazione divina è
costituita dalla Bibbia (che è la “Parola di Dio”) e dalla persona di Gesù Cristo (che è il Figlio di Dio
incarnato). Così infatti inizia il Vangelo secondo Giovanni:
«…la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio
nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”
Struttura e significato della Bibbia
Col nome di Bibbia (dal greco Biblìa= libri) si indicano 73 libri ritenuti ispirati da Dio, distinti in
Vecchio Testamento (46 libri) e Nuovo Testamento (27 libri).
Il Vecchio Testamento si divide a sua volta in libri storici, libri didattici e libri profetici. I primi
cinque libri (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) sono i libri della Legge (Torah) o
Pentateuco
Libri storici:
1. Genesi
2. Esodo
3. Levitico
4. Numeri
5. Deuteronomio
6. Giosué
7. Giudici
8. Rut
9. Samuele I
10. Samuele II
11. Re I
12. Re II
13. Cronache I
14. Cronache II
15. Esdra
16. Neemia
17. Tobia
18. Giuditta
19. Ester
20. Maccabei I
21 Maccabei II
Libri didattici o poetici:
22. Giobbe
23. Salmi
24. Proverbi
25. Ecclesiaste
26. Cantico dei cantici
27. Sapienza
28. Ecclesiastico
Libri profetici:
29. Isaia
30. Geremia
31. Lamentazioni
32. Baruc
33. Ezechiele
34. Daniele
35. Osea
36. Amos
37. Gioele
38. Abdia
39.Giona
40. Michea
41. Nahum
42. Abacuc
43. Sofonia
44. Aggeo
45. Zaccaria
46. Malachia
Il Nuovo Testamento è composto dai quattro Vangeli, dalle Lettere di San Paolo e degli Apostoli e
dall’Apocalisse
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1. Vangelo s. Matteo
2. Vangelo s. Marco
Lettere di S.Paolo: 11. Ai Filippesi
6. Ai Romani
12. Ai Colossesi
3. Vangelo s. Luca
7. Ai Corinti I
4. Vangelo s. Giovanni 8. Ai Corinti II
5. Atti degli Apostoli
9. Ai Galati
10. Agli Efesini
17. A Tito
22. Pietro II
18. A
23. Giovanni I
Filemone
13. Ai Tessalonicesi 19. Agli Ebrei 24. Giovanni II
I
14. Ai Tessalonicesi Lettere degli 25. Giovanni III
II
Apostoli:
15. A Timoteo I
20. Giacomo 26. Giuda
16. A Timoteo II
21. Pietro I
27. Apocalisse
Il messaggio biblico, per quanto di per sè non ispirato dalla ragione, ma dalla fede, ha avuto un tale
impatto storico ed ha inciso in maniera così profonda sulla concezione del mondo e della natura
umana (in particolare in Occidente), che deve essere considerato anche dal punto di vista filosofico
(Benedetto Croce, filosofo “laico” ha scritto un’opera intitolata: “Perché non possiamo non dirci
cristiani”) .
In questo senso, il Cristianesimo ha apportato alcuni nuovi e importanti contributi alla storia del
pensiero.
I più significativi contributi filosofici del messaggio biblico sono:
1) Il concetto di monoteismo (= esiste un unico Dio) che sostituisce il politeismo greco; le civiltà
antiche, compresa quella greca, concepivano il divino come una dimensione della realtà articolata e
differenziata: per essi era divino tutto ciò che era sacro, misterioso, non assoggettabile alla mente e al
potere dell’uomo. I più grandi filosofi greci si “avvicinarono” al monoteismo senza però affermarlo
con chiarezza: per esempio Aristotele parlò di Dio come Primo Motore Immobile, ma poi affermò
anche l’esistenza di altri Motori Immobili divini, ma subordinati al primo.
La Bibbia invece afferma con estrema decisione che esiste un solo Dio, e tutta la filosofia cristiana
considera il monoteismo conforme alla ragione, perché, se Dio è perfetto, eterno e infinito, può
essere solo unico, in quanto una molteplicità di dei comporterebbe una limitazione reciproca degli
stessi.
2) Il creazionismo. Secondo il racconto della genesi (primo libro della Bibbia), Dio ha creato tutte
le cose dal nulla: questo concetto biblico di creazione fa dipendere l’esistenza di tutta la realtà da un
atto libero di Dio; per la Bibbia Dio ha creato tutto ciò che esiste, anche la materia, quindi non c’è
nulla di pre-esistente a Dio e alla creazione. Ciò implica in primo luogo l’ originaria bontà di tutta la
realtà, compresa la materia (tutto è buono perché tutto è creato e voluto da Dio), ricordiamo che
invece nel pensiero greco influenzato dall’Orfismo c’era una valutazione negativa della materia e del
corpo. In secondo luogo il creazionismo implica la Trascendenza di Dio: “trascendente” significa
“totalmente distinto e diverso dalla realtà”, e infatti il Dio biblico è diverso da tutta la realtà perché
tutta la realtà è creata mentre Dio ne è il creatore.
N.B. alla concezione biblica di Dio trascendente si oppone la concezione immanentistica e panteistica
di Dio, per la quale Dio esiste dentro la realtà sensibile e si identifica con la totalità della realtà.
3) la provvidenza, cioè l’amore di Dio alle creature, e in particolare all’uomo. Ciò implica una
concezione nuova dell’amore: per i Greci l’amore era una manifestazione di mancanza e di bisogno e
quindi non era concepibile un Dio perfetto che amasse (infatti Aristotele ed Epicuro avevano
affermato che gli Dei, essendo perfetti, pensano solo a se stessi e trattano solo con i loro simili).
Invece per il cristianesimo l’amore è innanzi tutto amore donativo, gratuito, disinteressato e questo è
l’amore proprio di Dio che ama le creature non per bisogno, ma per ricchezza, per sovrabbondanza
di essere.
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Inoltre Dio ama non l’umanità in generale, ma ogni singolo uomo, ed è misericordioso e pieno di
sollecitudine anche per i peccatori, i deboli, i poveri ecc.
L’amore di Dio costituisce un modello anche per l’amore umano: quindi gli uomini possono
avvicinarsi a Dio imitandolo nell’amore donativo (donando la propria vita agli altri).
4) Antropocentrismo: nella Bibbia c’è una concezione del mondo fortemente antropocentrica che
non ha precedenti nella filosofia ellenica: l’uomo secondo la Bibbia ha una dignità superiore a quella
di tutte le altre creature, e quindi è “al centro” della creazione , infatti secondo la Bibbia l’uomo fu
creato a “immagine e somiglianza di Dio” e ricevette da Dio la “signoria” su tutte le cose; invece nel
pensiero greco l’uomo veniva generalmente considerato inferiore e subordinato rispetto al Cosmo e
rispetto ai corpi celesti.
N.B. La concezione antropocentrica non è caratteristica solo del periodo Umanistico-Rinascimentale
ma di tutto il pensiero cristiano; tuttavia nell’Umanesimo si diede un particolare risalto
all’antropocentrismo e nello stesso tempo si fece derivare la centralità dell’uomo dalle capacità
umane più che dalla volontà creatrice di Dio.
5) La dignità particolare dell’uomo nella creazione, il suo essere “a immagine e somiglianza di Dio”
consiste principalmente nel fatto che l’uomo è libero: non è determinato dall’istinto e dalla natura
(come gli altri esseri viventi) ma può scegliere. La libertà dell’uomo investe anche il rapporto con
Dio: l’uomo può riconoscere di dipendere da Dio e quindi obbedire alla sua volontà, oppure può
rifiutare questa dipendenza e vivere secondo un criterio proprio; quest’ultima scelta però viene
considerata dalla Bibbia come l’origine del male (il “peccato originale”), devastante per l’uomo
stesso, perché l’uomo che rifiuta Dio rompe il rapporto con la radice e la fonte del suo essere.
6) La realizzazione dell’uomo, la sua salvezza e la sua felicità consistono nella dipendenza
(riconosciuta e accettata) da Dio e quindi nell’obbedienza ai suoi comandamenti.
L’amore e l’umiltà sono le principali virtù del cristiano: infatti riconoscere e accettare la dipendenza
da Dio vuol dire amarLo, e l’umiltà è esattamente la disponibilità a dipendere, ad affidarsi a un Altro
per realizzarsi (così come il bambino si affida al padre e alla madre).
Pertanto per il cristianesimo la virtù morale consiste nella “buona volontà”, vale a dire nella volontà
umana che ama Dio e obbedisce ai suoi comandamenti.
Al contrario per i filosofi greci la principale virtù era la sapienza, e molto spesso veniva esaltata
l’autarchia, cioè l’autonomia del sapiente capace di trovare la propria realizzazione e felicità senza
dipendere da nulla.
7) Una disubbidienza al comando di Dio, originata dalla superbia (= la pretesa di non dipendere, di
essere autonomi, il contrario dell’umiltà), avrebbe causato la caduta dell’uomo; dal peccato
originale derivano il male, il dolore e la morte.
Dal peccato originale deriva soprattutto il fatto che l’uomo, anche se riconosce il bene, è incapace di
realizzarlo (pienamente e costantemente).
L’idea del peccato originale esisteva anche nella cultura greca (e anche in altre civiltà e religioni
antiche), infatti l’orfismo e i filosofi greci da esso influenzati avevano parlato di una colpa originaria,
tuttavia ne avevano parlato in modo generico, senza spiegare la vera natura di questa colpa.
IL CRISTIANESIMO
Occorre tuttavia precisare che il messaggio biblico si è proposto al mondo soprattutto attraverso la
predicazione, la testimonianza e la vita della Chiesa cristiana, e che il contenuto proprio del
cristianesimo non è in primo luogo una dottrina teologica o etica ma la persona stessa di Gesù
Cristo, che ha detto di sè : «Io sono la via la verità e la vita».
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Gesù Cristo, ebreo della stirpe di David, vissuto in Galilea e in Giudea e giustiziato a Gerusalemme
durante l’impero di Tiberio, è un personaggio storico, conosciuto principalmente (ma non
esclusivamente) attraverso la testimonianza dei quattro Vangeli.
La Chiesa ha sempre affermato che i 4 vangeli (di Matteo, Marco, Luca e Giovanni) sono racconti
veritieri, storicamente attendibili (a differenza dei vangeli apocrifi, che sono molto più fantasiosi, e
che non sono stati inseriti nella Bibbia proprio per la loro scarsa attendibilità storica).
A partire dal XVIII secolo molti studiosi hanno avanzato dubbi sulla “storicità” dei Vangeli, e hanno
sostenuto che i vangeli sono stati scritti molti decenni dopo la vita di Gesù Cristo, e sono il frutto di
una mitizzazione del Gesù storico operata dai suoi discepoli;
tuttavia oggi, anche sulla base di recenti scoperte archeologiche e filologiche, molti specialisti degli
studi biblici ripropongono la tesi tradizionale della storicità dei Vangeli (i Vangeli non sono opere
storiche nel senso stretto della parola: sono stati scritti con l’intento di ricordare e di trasmettere la
“buona novella” di Gesù ai discepoli, quindi gli Evangelisti hanno selezionato i fatti e i discorsi di
Gesù che ritenevano più significativi, più atti a suscitare la fede; questo però non significa che la
narrazione evangelica sia priva di veridicità storica).
Il contenuto della predicazione di Gesù Cristo può essere riassunto, in estrema sintesi, in queste tesi:
1) Il Dio unico, creatore, adorato dagli Ebrei, è prima di tutto un Padre buono, provvidente,
misericordioso nei confronti di ogni uomo , sollecito particolarmente della salvezza dei peccatori, dei
poveri, dei deboli ...
2) Gesù Cristo non è un uomo come tutti gli altri, non è neppure un uomo favorito da Dio, come un
profeta o un santo: Gesù Cristo si presenta come il Figlio di Dio, il Dio incarnato, Dio fatto uomo
per rivelare la verità su Dio e salvare gli uomini condividendo la condizione umana. Gesù Cristo
quindi non soltanto rivela la misericordia di Dio ma è egli stesso la manifestazione più alta della
misericordia di Dio. La rivelazione di Dio attuata da Gesù Cristo non è semplicemente un “discorso”
su Dio, ma è il fatto che Dio, il mistero inaccessibile, si rende incontrabile umanamente in Gesù
Cristo.
3) l’incontro con Cristo offre all’uomo la salvezza, cioé la liberazione dal male e dalle conseguenze
del male (anche la morte è sconfitta), la piena realizzazione umana e quindi la felicità e la vita eterna.
4) Cristo è presente nella comunità dei suoi discepoli (“dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io
sono presente in mezzo a loro”), quindi ogni uomo può seguire e incontrare Gesù Cristo, nella
comunità cristiana, che è la Chiesa. Partecipando alla vita della comunità cristiana l’uomo partecipa
alla vita di Gesù Cristo e viene salvato.
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