- Propagazione degli errori: Poi faccio il differenziale della quantità - Effetto Josephson per campione di forza elettromotrice − Se st’intensità di corrente è, in modulo, inferiore ad un valore di soglia Ic, non si rileva alcuna differenza di potenziale fra gli elettrodi di piombo e niobio − Se st'intensità di corrente supera l'Ic si rileva una caduta di potenziale − Se st'intensità aumenta ancora il dispositivo finisce per comportarsi come una resistenza A sto punto inondo il tutto con un'onda elettromagnetica. A causa dell'onda la caratteristica tensione/corrente del tutto si linearizzerà. Non del tutto però. Microscopicamente infatti la caratteristica risulta ancora discontinua ma è regolare e lineare a tratti. La tensione di Josephson è proprio la tensione dell’nsimo tratto V in cui la caratteristica è lineare, definibile attraverso due costanti universali: la costante di Planck h e la carica dell'elettrone e. h V = n 2 e frequenza Da cui, se definisco la costante di Josephson come 2e/h (quindi attenzione il reciproco di ciò che si vede nella formula), sarà n per uno su costante di josephson per frequenza. Dalla caratteristica tensione/corrente, contando i tratti a tensione costante, è possibile misurare la differenza di potenziale ai capi della giunzione per via indiretta,misurando la frequenza dell’onda incidente. Poiché le misure di frequenza sono basate sull’uso di campioni di tempo, notoriamente affetti da incertezze molto ridotte, la determinazione della f.e.m. è praticamente affetta dalla sola incertezza con cui si conosce il valore della costante di Josephson. - Effetto Hall quantizzato per campione di resistenza La lamina è di un qualunque materiale semiconduttore. Datogli quindi il campo e la corrente I tra le facce laterali, nasce poi sulle facce rimanenti una tensione detta Tensione di Hall che assume valori definiti dalla costante di Planck e dalla carica dell'elettrone così: Eh= h moltiplicato ancora per corrente n per e al quadrato Da cui deduco che la tensione è quantizzata in quanto capace di assumere valori lungo tutto n Attenzione mentre nell'effetto Josephson la costante presa in considerazione era proprio di Josephson ed era la reciproca di quella in formula, qui è semplicemente lei, ma con n=1. - Il condensatore calcolabile Si basa su quattro elettrodi cilindrici ad assi paralleli (quindi la disposizione) Con sezione trasversale di forma qualsiasi e dimensione assiale indefinita (quindi la forma) Posti a distanza infinitesima (la distanza ideale) Più altri due elettrodi cilindrici sempre sullo stesso asse ma separati da una distanza A (gli altri due tubi) Racchiusi in uno schermo tubolare (l'involucro) Ed immersi in un qualunque dielettrico isotropo ed omogeneo (Esempio il vuoto) Chiamiamo C13 la capacità che si crea, per unità di lunghezza degli elettrodi, fra gli elettrodi 1 e 3 quando gli elettrodi 2 e 4 sono collegati allo schermo E. Analogamente chiamiamo C24 quella che nasce, per unità di lunghezza degli elettrodi, fra gli elettrodi 2 e 4 quando gli elettrodi 1 e 3 sono collegati allo schermo. Sono dette le capacità incrociate specifiche. - Media e varianza Spesso invece di usare sigma si usa radice quadra di sigma al quadrato, che sarà dimensionalmente omogenea quindi con la media, ed a cui darò il nome di incertezza, ovvero quanto certe grandezze distano dalla media. Fx è la funzione di distribuzione di probabilità, ottenuta prendendo l'istogramma delle frequenze relative, normalizzandolo per un ampiezza delta x (quindi non moltiplicandolo per Dx, ma dividendolo) , e facendo il limite per delta x tendente a zero. Essendo una densità di probabilità, non rappresenta la probabilità che avvenga l’evento x ma la probabilità che si verifichi un evento all’interno di un intervallo di x centrato in x. Ed ha l'importante proprietà che nell'intervallo -infinito infinito è sempre uguale ad uno. Tuttavia non essendo sempre semplice o conveniente ottenere così la media o la varianza, ne faccio piuttosto delle stime, da cui le formule di media e varianza campionaria. - Propagazione delle incertezze 1) Prendo la normale formula delle misure indirette come nella propagazione degli errori 2) Suppongo che “si possa linearizzare intorno alle stime xie”, cosìcchè ho: 3) Scrivo ye, faccio che è uguale a sta formula qua, ma metto un E e parentesi quadre sia al primo membro che prima della parentesi tonda della sommatoria (che sarebbe la media tra i due valori) 4) E dal momento che la media di (xi – xie) è sempre 0, ho che: (cioè ho dimostrato che ciò che vale per la formula normale vale anche per le stime. Detto in termini ingegneristici, dice che se y si può linearizzare intorno alle stime xi,e, allora la stima di y è uguale alla funzione f(.) calcolata proprio nei punti delle singole stime delle variabili x) 5) Per capire poi quanto una y dista dalla sua media devo calcolarne la varianza 6) La varianza sarà quindi semplicemente Media di (y – ye) al quadrato 7) Tale quantità sarà uguale esattamente alla sommatoria del punto due, ma messa in parentesi, fatta al quadrato, e con l'operatore E attorno 8) A sto punto quello che mi serve è il calcolo di tale sommatoria. Ed essa sarà pari ad una somma di due membri 9) Il primo è semplice, è la formula del punto sette in cui la E è collassata solo sulla parentesi tonda finale, mentre il quadrato è collassato sia sul delta f su delta x, che sulla parentesi tonda finale. 10) Il secondo è più complesso. Innanzitutto c'è un 2 perchè doppio prodotto. 11) Poi due segni di sommatoria: uno con i che va da 1 ad n-1 , ed uno con j che va da i+1 ad n (consecutivi quindi). 12) Poi la derivata parziale in i e j 13) Ed infine l'operatore E con xi-xie, ed xj-xje) 14) Da cui, ecco la formula: 15) Infine, posso scrivere che la formula nel punto tredici è uguale alle incertezze su i e j, da cui la formula del punto 14 diventa - Incertezza A e B: Ovvero, stima tramite media campionaria e poi l'incertezza di tale stima sarà pari a - Fattore di copertura k dal libro - Amperometri: Voglio misurare la corrente assorbita da un resistore R. R0 è la resistenza del generatore Rprimo la resistenza equivalente del circuito Essendo la corrente con Equivalente Thevenìn uguale a GENERATORE/RESISTENZE (una R0+Rprimo), aggiungendo un amperometro in SERIE al carico, diverrà: - Essendo SEMPRE GENERATORE/RESISTENZE, ma ora resistenze = R0+R (non più primo)+Ramperometro), sarà meglio che, perchè la corrente sia vicina a quella da misurare, Ramperometro sia quindi molto piccola - Voltmetri: Essendo la tensione con Equivalente Norton: GENERATORE X (R/R0+Rprimo) Adesso aggiungo una resistenza in parallelo, e quindi la formula diverrà GENERATORE X (R IN PARALLELO A RVOLTMETRO) ------------------------------------------------R0 + R IN PARALLELO A RVOLTMETRO il che dirà che V', ovvero, la tensione dopo che ho inserito l'amperometro, sarà tanto più vicina alla corrente effettiva che circola nel circuito in misura a quanto RVOLTMETRO SARA' MOLTO MAGGIORE DI R, RESISTENZA DA MISURARE - Autoconsumo L' effetto degli strmuenti di misura viene valutato sulla base dell'autoconsumo: un amperometro dissipa (POTENZA DISSIPATA) per effetto Joule una quantità di energia pari a: AMPEROMETRO: Pd = I AL QUADRATO PER R DA CUI DEDUCO ANCHE DEVO RIDURRE LA RESISTENZA EQUIVALENTE ONDE RIDURRE AL MINIMO IL CONSUMO VOLTMETRO: Pd: V AL QUADRATO SU R, DA CUI DEDUCO CHE, VICEVERSA, DEVO RIDURRE LA RESISTENZA EQUIVALENTE ANCHE PER RIDURRE AL MINIMO IL CONSUME - Strumento magnetoelettrico E' fatto da: - Un magnete permanente - Il traferro a sezione circolare: - La bobina di sezione rettangolare, posta all'interno del traferro ed ancorata mediante una molla che consente una ROTAZIONE INTORNO ALL'ASSE DEL TRAFERRO. Funzionamento: 1) La bobina è percorsa dalla corrente I 2) Tale corrente interagisce con il campo magnetico B del traferro 3) La forma del traferro rende il campo magnetico RADIALE verso il centro del traferro Tutta questa interazione magica provoca una forza, che sarà uguale a F = B X N I X ELLE. Dove B è il campo magnetico, N il numero spire della bobina, I la corrente, e ELLE l'altezza della bobina. La bobina ha una rotazione tramite un braccio di d/2, dove d è la LARGHEZZA della bobina (di dimensione convenzionalmente uguale al diametro del traferro). Il campo B sarà sempre radiale rispetto al traferro, indipendentemente dall'angolo di rotazione della bobina => (conseguenza più che ovvia) F SARA' SEMPRE DIRETTA LUNGO LA TANGENTE AL CERCHIO DI ROTAZIONE, da qui, la coppia di forze che determinerà la rotazione (COPPIA MOTRICE sarà uguale a: Cm = 2 F X d/2 = F x d = B X NI X ELLE x d = (metto in un unica COSTANTE MOTRICE IL VALORE B X N X ELLE X d) kmotrice I A tale rotazione si opporrà l'azione della molla (che ha il doppio uso di portare anche la corrente alla bobina), proporzionale allo spostamento angolare. Cr = kmolla delta, dove delta è lo spostamento angolare, che ovviamente più è, e più la molla tira Per cui, quando le due coppie si eguagliano (raggiungimento dell'equilibrio) ho che Cm = Cr => kmolla delta = kmotrice I => delta = (kmotrice I/kmolla) => metto la I fuori => kmotrice/kmolla sarà S, sensibilità in corrente, ovvero variazione angolare delta causata da immissione di unità di corrente delta = SI. - Amperometro tramite magnetoelettrico La bobina può essere soggetta a riscaldamenti eccessivi, motivo per cui può essere sottoposta a correnti dell'ordine massimo di MILLIAMPER. Tuttavia posso aumentare la portata dello strumento mettendo la resistenza di shunt in parallelo al milliamperometro, che fa si che I CHE CIRCOLA NEL MILLIAMPEROMETRO = I EFFETTIVA MOLTIPLICATA PER (RSHUNT/RSHUNT+RA) Da cui ho che la resistenza deve avere un valore tale da portare la corrente al valore di fondo scala del milliamperometro nel momento in cui abbia in ingresso la massima corrente che voglio misurare. Da cui sostituisco nella formula precedente MILLIAMPEROMETRO con IFONDOSCALA, e IEFFETTIVA con IMAX, ed ottengo che Rs = Ra(IFS/IMAX-IFS) - Voltmetro tramite magnetoelettrico Posso realizzarlo immettendo in serie allo strumento magnetoelettrico (al milliamperometro) una resistenza MOLTO ELEVATA. La corrente che circolerà nel circuito sarà: I = (V/Rv+Ra (resistenza amperometro)) E quindi devo vedere che resistenza utilizzare. Quella necessaria affinchè con la tensione massima Vmax che voglio misurare si raggiunga il fondo scala IFS (stessa cosa immetto nella formula precedente Vmax al posto di V e IFS al posto di I, e poi calcolo tutto in funzione di Rv). Rv = Vmax/IFs - Strumento elettrodinamico Essenzialmente basato sull'interazione tra correnti che girano in uno stesso circuito. Formato da: - Una bobina fissa con spire dalla sezione maggiore in cui gira la corrente if - Una bobina mobile con spire dalla sezione minore in cui gira la corrente im Alla bobina mobile è fissato un ago la cui posizione indica lo spostamento angolare delta rispetto alla sua posizione di riposo. Nel sistema formato da cotali due bobine è immaginata un energia magnetica pari a: ½ Induttanza bobina fissa per (corrente if al quadrato) + ½ Induttanza bobina mobile per (corrente im al quadrato) + Mutua induttanza bobine per corrente if per corrente i m (ricordati che if e im sono sempre funzioni della variabile tempo) Inoltre posso dire che la coppia motrice sarà uguale alla derivata di tale energia magnetica, che poi sarà la derivata del solo ultimo termine della sommatoria rispetto allo spostamento angolare (e questo perchè l'unica variabile dipendente da DELTA è MUTUA INDUTTANZA). Tale dipendenza è di tipo cosinusoidale. Tuttavia nell'ipotesi di un intorno di pigreco/mezzi (intorno di ampiezza di circa pigreco/quarti), tale dipendenza è di natura lineare ed in tale intorno la Cm risulterà proporzionale al prodotto delle correnti nelle due bobine per una costante kmotrice (pari alla derivata della M.I. In pi greco mezzi), da cui gli assegno il nome di strumento a prodotto. Similmente a ciò che accade nel magnetoelettrico, la bobina mobile è ancorata ad una molla, la cui forza di richiamo è sostanzialmente la coppia che si oppone a quella motrice (resistente). Quindi l'equilibrio è sempre Cm=Cr => kmotrice x if x im = kmolla x spostamento delta => spostamento delta uguale al rapporto costante motrice su costante molla per le due correnti, e prenderò anche qui, similmente al magnetoelettrico, il rapporto tra le costanti come Ks, ovvero, Ksensibilità. Quindi, sarà così in corrente continua = spostamento angolare proporzionale alle correnti Mentre in corrente alternata, supposte le due correnti come sinusoidali e di andamento isofrequenziali, ma sfasate di un angolo fi: im = Im(seno di omega t) if= If(seno di omega t + f) Da cui si ottiene che la coppia motrice, data dal prodotto delle due correnti per la costante motrice (nell'intorno suddetto) è uguale a kmotrice moltiplicato (if im / 2) moltiplicato ancora per [(coseno di (fi) – coseno di (2omegat + fi))], e posso scindere questa cosa in due componenti, una di corrente alternata ed una di corrente continua. Componente continua: kmot x (if im/2) x coseno di fi (è il valore medio) Componente alternata: kmot x (if im/2) x coseno di (2omegat + fi) E lo strumento elettrodinamico è sempre costruito in modo da attenuare il più possibile le oscillazioni di Compalternata rispetto al valore medio. Da cui, l'uscita dello strumento sarà proporzionale solo alla coppia media e lo spostamento angolare sarà proporzionale unicamente al prodotto dei valori efficaci delle due correnti, ovvero a Imefficace x Ifefficace, ulteriormente moltiplicato x cos(fi), dove fi è l'angolo di sfasamento tra le due correnti. Da cui il delta sarà (Valore efficace Im) x (Valore efficace If) x Ksensibilità x cosfi Infine, c’è da dire che tale strumento è sensibile ai campi magnetici esterni, isofrequenziali con la corrente m I . Tale problema può essere risolto con tre metodi diversi: 1. schermi magnetici che si oppongono alla causa perturbatrice; 2. strumenti ferroelettrodinamici, nei quali la bobina fissa è avvolta nel ferro, che rende il coefficiente di mutua induzione M una funzione del campo magnetico; 3. strumenti astatici, che si compongono di due bobine fisse e due mobili, assemblate in modo da compensare l’influenza del campo magnetico esterno. - Mini-approfondimento: il valore efficace Dicesi Valore Efficace di una grandezza V di periodo T: - La radice - Di 1/T - Moltiplicato per l'integrale tra 0 e T - di v al quadrato, ovviamente in dt E rappresenta, per esempio, se applicato alla tensione, quel valore di tensione continua che dissipa su una resistenza la stessa potenza media dissipata da un segnale v(t) in un periodo T. - Milliamperometro fatto con l'elettrodinamico Nel milliamperometro impongo, con un collegamento in serie, che nelle bobine circoli la stessa corrente (e quindi anche i tutti i macchinari che verranno a seguire, lo sfasamento sarà NULLO, SEMPRE). A questo punto, prendendo la cosa dalle formule precedenti avrò: Corrente continua: Ks Im If = Ks I al quadrato Corrente alternata: Ks Imefficace Ifefficace = Ks Iefficace al quadrato Tale andamento quadratico imporrà che le tacche di lettura siano a distanza crescente. Lo strumento così realizzato sarà intrinsecamente un milli amperometro visto che correnti troppo alte imporrebbero surriscaldamenti non tollerabili dalla bobina - Voltmetro fatto con l'elettrodinamico Egualmente al magnetoelettrico, applico la resistenza di zavorra in serie. Se mi trovo in corrente continua, allora posso rappresentare le bobine semplicemente mediante le resistenze degli avvolgimenti Rm e Rf (e quindi Rm+Rf), da cui la corrente che scorrerà nel voltmetro rispetto all'applicazione della tensione V sarà I = V/(Rf + Rm)+ Rvoltmetro Da cui, posso verificare l'ampiezza della resistenza in base al fondoscala come nel magnetoelettrico. E lo spostamento angolare sarà uguale a: delta = Ksensibilità per I al quadrato, quindi V al quadrato per Ksensibilità su ((Rf+Rm)+Rvoltmetro), al quadrato Se invece mi trovo in corrente alternata, non devo più considerare unicamente la resistenza delle bobine, ma risulta indispensabile considerarne anche l'aspetto induttivo. Da cui avrò che chiaramente la prima cosa che cambia è la precedente formula per il calcolo della corrente. Iefficace = Vefficace/MODULO COMPLESSO DI: (Rtotale di f ed e m che sarà la loro solita somma) + Rvoltmetro + JomegaL (l'induttanza complessiva delle due bobine, semplicemente ottenuta dalla loro somma) Il modulo complesso si fa, lo sappiamo, con la somma dei quadrati sotto radice di parte reale (quindi la somma delle resistenze in un unico quadrato), e parte immaginaria (quindi omega V senza j nell'altro quadrato) Essendo quindi, come nell'altro caso, spostamento delta uguale a KappaEsse per il quadrato del valore efficace delle correnti, faccio il quadrato di quello che mi esce in base alla formula suddetta di iefficace e mi troverò delta uguale a: Ks -------------------------------------------------------- moltiplicato Vefficace al quadrato (R+Rv) al quadrato + (omegaL) al quadrato Da cui ottengo una dipendenza leggera dello spostamento dalla frequenza,e per limitare tale effetto devo far si che omega L ----------Somma delle resistenze Sia MOLTO MOLTO minore di 1 (ovvero si dice che devo limitare la frequenza ad una certa banda) - Amperometro fatto con l'elettrodinamico Per aumentare la portata da milliamperometro fino a valori dell'ordine di decine di ampère, collego innanzitutto le due bobine in parallelo, e poi aggiungo ad ognuna di esse in serie delle resistenze addizionali in modo da limitare l'afflusso di corrente alla bobina mobile. Prendo ALFA come stesso valore di rapporto Im/If = Rf/Rm Da cui, per la formula del partitore di corrente, ho, in corrente continua: (è un partitore di corrente per resistenze in parallelo, quindi ricorda che nella formula, la resistenza preponderante sarà opposta a quella richiesta) Im = I(Rf/ Rf+Rm) => I(alfa/1+alfa) If = I(Rm/Rf+Rm) => I(1/1+alfa) Per avere livelli accettabili la corrente deve essere mantenuto ALFA <1 Da cui, lo spostamento, sarà Ks x Im x If = le due componenti sopra moltiplicate tra loro, quindi I al quadrato x (alfa/(1+alfa) al quadrato) <------- SUPERFORMULA In corrente alternata invece i rapporti tra correnti invece di dare il semplice Rf/Rm deve considerare anche le componenti induttive delle bobine Quindi if/im = Rf + jomegaLf -------------------Rm + jomegaLm Da cui, alfa uguale a: 1 + jomegaLf/Rf alfa per ---------------------1 + jomegaLm/Rm Da cui, lo spostamento angolare sarà uguale a SUPERFORMULA, ma con il nuovo valore di alfa (non l'ultimo, il penultimo). Lo sfasamento, invece ovvero: arcotangente (omegaLf / Rf) – arcotangente (omegaLm /Rm) Deve essere portato a zero (abbiamo la stessa corrente come premesso nel milliamperometro, non conta se sia alternata, o continua), in modo da ottenere coseno di fi = 1, ed a tale fine è necessario imporrre l'uguaglianza fra gli argomenti degli arcotangenti - Wattmetro fatto con l'elettrodinamico Il wattmetro si occuperà della misurazione della potenza assorbita dal carico L, e in particolare di quella ATTIVA, che quindi sarà equivalente a: Valori efficaci della corrente (nel carico L) x Valori efficaci della tensione (ai capi di codesto carico L) x coseno di fi dello sfasamento Avrà un ramo amperometrico destinato alla misura della corrente (che è quindi la bobina fissa), ed uno voltmetrico destinato alla misura della tensione, ottenuto con la bobina mobile + una resistenza di zavorra, come detto nell'apposito paragrafo. If = iL se si suppone che il ramo voltmetrico assorba una quota di corrente trascurabile. Im = VL/Zv, con Zv pari all'impedenza del ramo voltmetrico, che quindi: In corrente continua = Somma delle resistenze,quindi Rm+R In regime alternato = Rm+R+ jomegaLm Da cui, l'indicazione dello spostamento angolare sarà, in regime continuo: Ks x IL x Vl/(Rm+R) => Ks x PotenzadiL In corrente alternata ho che A causa della presenza dell'impedenza sulla bobina mobile, la corrente Im sarà sfasata rispetto alla tensione ai capi dell'amperometrica vm, e quindi ai capi del carico stesso. Ed ho che l'angolo il cui coseno determina la potenza attiva assorbita dal carico è beta, compreso tra IL e VL, mentre quello che determina lo spostamento angolare è fi quello compreso tra IF e IM (ben più grande, che differirà da quest'ultimo per uno sfasamento e). Da cui, ho che: Spostamento angolare: Ks x Imefficace x Ifefficace cos fi = = Ks x (VL /Modulo del numero immaginario costituito da resistenza + induttanza della bobina mobile) x IL cos fi = -------------------| Ks VL IL cos fi | -------------------Che dunque avrà proprio un errore di sfasamento E, valutabile dall'espressione di potenza attiva: P = IL VL Cos fi => => Il DELTA P (quindi una determinata variazione di potenza) è uguale alla derivata della potenza sulla variazione di angolo beta, normalizzato per tale variazione db. => => Tale variazione la chiamo e. Mentre invece la derivata della potenza sarà semplicemente : - VL IL sen beta. Quindi, moltiplicato tale errore e. (che sappiamo che moltiplicare vuol dire ruotare) => => Da ciò posso ottenere l'espressione del valore assoluto, cioè DELTAP/P (ovvero, semplice risultato appena ottenuto su formula appena ottenuta, magari col meno tolto, e moltiplicato per e), ed il risultato è e tangente di b. => => L'ERRORE RELATIVO SARA' TANTO PIU' GRANDE QUANTO PIU' TENSIONE E CORRENTE DEL CARICO SONO VICINI ALLA PERFETTA QUADRATURA (perchè lo moltiplicherà per uno. Perchè non possa essere più d'uno però non l'ho capito). - Errori di inserzione Capita molto spesso di dover misurare SIA la corrente CHE la tensione in un circuito, ragion per cui debba inserire contemporaneamente un VOLTMETRO ed un AMPEROMETRO, che possono essere l'uno a monte od a valle dell'altro (le due dizioni, a monte e a valle, sono riferite al verso in cui fluisce l’energia , dal generatore all’utilizzatore.) VOLTMETRO A MONTE DELL'AMPEROMETRO: In questo caso la corrente non sarà affetta da valori di stima, mentre la tensione sul carico V del Voltmetro, sarà pari alla tensione effettiva del carico + un'influenza determinata dalla caduta di tensione sull'amperometro. Da cui, posso esprimere che l'errore relativo è: (V-Vv/V) = (Va/V) = (IaRa/V) caduta semplice formula tensione della tensione su V = (Ra * V/R) / V = Ra/R Ia = V/R elimino V e V perchè la corrente non è affetta da errore E quindi sarà tanto minore in relazione a quanto sarà piccola la resistenza dello strumento a valle (AMPEROMETRO) RISPETTO A QUELLA DEL CARICO. AMPEROMETRO A MONTE DEL VOLTMETRO Qui sarà invece l'amperometro a dare una misura errata. Infatti la corrente I misurerà sia la corrente effettiva nel carico che quella IV derivata dal VOLTMETRO. (I-Ia/I) = (Iv/I) = corrente derivata in I (V/Rv) / (V/R) = Rv/R semplice formula elimino V e V corrente la trasformo in tensione Da cui l'errore sarà tanto minore in relazione a quanto sarà grande la resistenza dello strumento a valle (VOLTMETRO) RISPETTO A QUELLA DEL CARICO. (sceglierò quindi la configurazione in base ai rapporti tra resistenze) - Oscilloscopio L'oscilloscopio è uno strumento utile a misurare segnali nel dominio del tempo: su un asse rappresenta l'ampiezza del segnale, su un altro simula lo scorrere del tempo. - Tubo a raggi catodici L'oscilloscopio è formato innanzitutto da un tubo a raggi catodici il cui scopo è rappresentare su di uno schermo la traccia che intendo visualizzare. Essa viene creata da un fascio elettronico che impatta su uno schermo di fosfori, i quali, eccitati dagli elettroni, emetteranno la luce, solitamente sulla banda del verde, nel momento in cui torneranno allo stato di quiete. Esso è sostanzialmente un tubo a vuoto e di simmetria cilindrica. Da sinistra a destra in esso troviamo: - CATODO: La sorgente del fascio di elettroni, un filamento alimentato con una tensione continua di 6.3 V, emetterà elettroni nel momento in cui raggiungerà una temperatura di 700-800°C. - CAMERA DI ACCELERAZIONE: una volta emessi, gli elettroni entrano nella camera mediante un foro in un diaframma posto nelle vicinanze del catodo. In tale camera gli elettroni vengono sottoposti ad una tensione Va, grazie ai quali la velocità finale passerà da zero ad un valore x (sostanzialmente, li accelera). Tale velocità si otterrà uguagliando due valori di energia: ENERGIA DI DIFFERENZA DI POTENZIALE INIZIALE = ENERGIA CINETICA FINALE CHE IO VOGLIO q x Va = (m di q x velocità che voglio al quadrato)/2 (poi ti svolgi tu l'equazione e vedi che esce sotto radice (velocità uguale 2qVa/Mq) - FOCALIZZAZIONE: Delle lenti elettromagnetiche riducono il fascio al minimo spessore possibile - PLACCHE DI DEFLESSIONE: Devono deflettere l'elettrone da una traiettoria meramente rettilinea grazie all'intervento di un campo elettrico applicato dall'esterno. Avrò le placche orizzontali che spostando il fascio in orizzontale rappresenteranno l'andamento temporale. E le placche verticali che spostando il fascio in verticale rappresenteranno l'ampiezza del segnale in ingresso. In esse dunque entra l'elettrone con velocità x. Tale elettrone sentirà la forza Fy dovuta all'azione del campo elettrico di ampiezza Ed/d, dove d è la distanza tra le due placche. E tale campo Ed è causato da una differenza di potenziale che sarà PROPORZIONALE al segnale che ho in ingresso. Quindi, Forza = Massa x Accelerazione = q x Ed/d (l'accelerazione è causata dal campo, che, sappiamo, è un insieme di vettori e quindi influenza il moto iniziale) E conseguentemente Velocità = Accelerazione x Tempo. Prendo l'accelerazione dalla precedente formula (q x Ed/d fratto Massa), la moltiplico per tempo ed ottengo la velocità dopo l'azione del campo elettrico. Dove t sarà il tempo durante il quale l'elettrone rimane sotto l'influsso delle placche , durante il quale se la velocità rimane costante, posso calcolarlo come Ld/vx, dove Ld sarà la lunghezza del percorso durante il quale tale elettrone rimane sotto tale influsso. L'elettrone uscito in questo modo dalle placche di deflessione avrà due componenti di velocità, una longitudinale vx ed una trasversale vy La distanza D detta “deflessione” ottenuta dopo un percorso di lunghezza L (ovvero, il tratto successivo ad Ld e passante dalle placche allo schermo vero e proprio) è pari a: velocità “y” trasversale per tempo velocità “y” trasversale = (come nella vecchia formula) F =ma =q Ed q Ed q Ed t QUINDI a= QUINDI V =at= d md ma tempo = due semplici formule spazio/velocità, presa sugli spazi Ld ed L, per cui diventa moltiplicato per Ld/vx per ancora L/vx Poi hai che, come detto sopra, l'energia della d.d.p. q x Va è uguale ad ½ massa dell'elettrone per velocità al quadrato, e quindi succedono sti passaggi: visto che 1 q Va= mq v al quadratoQUINDI mq v al quadrato che trovo al denominatore diventa q Va x 2 2 q Ea Ld L Ea Ld L Ea Ld L Ea Ld L 1 Ea Ld L 1 Ea Ld L =q =q = = = d mq vx al quadrato d mq vx al quadrato 2 d q Va 2 d Va 2 d Va 2 d Va Da cui deduco che: - La deflessione aumenta con l'aumentare del campo - La deflessione aumenta all'aumentare di L (distanza dalla fine delle placche allo schermo vero e proprio), quindi posso aumentarlo tantissimo per aumentare la risoluzione. Tuttavia parliamo di grandezze fisiche, quindi ciò può portare sia a limiti dovuti all'ingombro che alla focalizzazione più difficile quando aumenta la distanza - La deflessione aumenta con l'aumentare della lunghezza delle placche. Tuttavia una lunghezza eccessiva limita la frequenza massima del segnale. Infatti tutte le precedenti relazioni sono state fatte in condizioni di tensione Ed costante, ergo, quando l'elettrone passa per la placca non devono esserci significative variazioni di tensione e ciò limita la frequenza del segnale, ed è un problema se la placca è troppo lunga. ALTRI PARAMETRI Sensibilità di deflessione: DEFLESSIONE / Ed, espresso in centimetri su VOLT, e indica semplicemente quanti centimetri vengono deflessi per un singolo Volt. Fattore di deflessione: inverso della sensibilità, ed indicatore di quanti Volt sono necessari per deflettere un centimetro Linearità: indica l'uniformità della sensibilità su tutto lo schermo - Canale di amplificazione: SELETTORE DI INGRESSO, un selettore con il quale posso decidere tre modalità con cui applicare il segnale ai blocchi successivi: DC: Segnale senza modifica AC: viene isolata la componente continua in modo che sia visibile solo quella alternata mediante un filtro passa-alto; GND: al segnale di ingresso viene sostituita una tensione di riferimento, solitamente pari al potenziale di terra. Utile unicamente per la taratura. Mettiamo che io noti che l'offset sia diverso da zero, metto il segnale su GND, lo allineo alla tensione di riferimento tramite la vite che regola lo spostamento verticale, e l'ho ritarato. ATTENUAZIONE E PREAMPLIFICAZIONE, parte a valle del selettore, e necessaria per una corretta visualizzazione del segnale. LINEA DI RITARDO, necessaria a rendere il ritardo di propagazione sul canale orizzontale (base dei tempi, solitamente maggiore a causa della complessità dei circuiti) uguale a quello sul canale verticale (segnale in sé), senza il quale essi non sarebbero sincronizzati. AMPLIFICATORE, grazie al quale l'ampiezza del segnale viene portato ad un ampiezza tale da poter deflettere il fascio elettronico. Un'amplificazione standard è sull'ordine di x2000. Per qualunque strumento di amplificazione esiste un fattore chiamato banda per guadagno che è sempre costante e rappresenta il prodotto tra il modulo del suo guadagno (in questo caso di tensione), e la frequenza di taglio a 3db, qualunque cosa voglia dire. E da questo discende che un aumento dell'amplificazione necessariamente ridurrà la banda utile per lo strumento. Inoltre per evitare quella che viene definita distorsione trapezoidale nel CRT, provocata da campi elettrici e magnetici spuri esterni che possono distorcere l'immagine, l'uscita dell'amplificatore è bilanciata, ovvero, le differenze di potenziale da applicare alle placche non sono riferite a massa, ma sono simmetriche rispetto ad essa. EFFETTO DELL'AMPLIFICAZIONE, visto l'elevato guadagno che ottengo con l'amplificazione, la banda viene ridotta (per il suddetto rapporto che deve rimanere costante). Da cui, l'oscilloscopio potrebbe comportarsi come un filtro passabasso. - Richiamo sulla costante di tempo equivalente In un circuito RC la costante di tempo è una misura del tempo di risposta caratteristico del circuito. Il suo inverso è proporzionale alla frequenza di taglio. Il valore di questa costante si ottiene come prodotto della resistenza e della capacità elettrica del circuito: , se R viene espresso in ohm e C in farad, τ risulta espresso in secondi. In pratica è il tempo richiesto per caricare il condensatore, attraverso il resistore, al 63,2 % della sua capacità di carica totale; oppure per scaricarlo al 36,8 % della sua differenza di potenziale (in volts). La costante di tempo τ è collegata alla frequenza di taglio fc tramite: - Sonde attenuatrici compensate Potrei avere a che fare con un segnale di ampiezza tale che potrebbe arrecare danno al mio oscilloscopio. E quindi dovrò usare delle sonde attenuatrici che avranno il compito di ridurre di un fattore (solitamente x10, x100, o x1000), il mio segnale. Per comprendere il beneficio delle sonde cominciamo a comprendere il funzionamento dell'oscilloscopio senza sonde, modellato secondo: La generatrice del segnale, rappresentata dalla serie tra UN GENERATORE Vs ed una RESISTENZA Rs (Tipicamente sull'ordine dei 50 Ohm) L’impedenza di ingresso in Z di un oscilloscopio invece, collegata al circuito precedente, è modellabile dal parallelo tra una resistenza in R e una capacità in C , i cui valori tipici sono rispettivamente 1M e 10 20 pF. La capacità è spesso riferita ad un elemento parassita presente ad esempio alla vicinanza fra i due conduttori dei morsetti in ingresso. Il loro valore effettivo è fornito dal costruttore e può variare con la casa costruttrice e il modello. Tale impedenza può essere calcolata con la formula. (e, notiamo, tauIn lo è del solo circuito in ingresso, esclusa la parte generativa, ed è ottenuta sulla base dell'ipotesi che Rin sia MOLTO MAGGIORE della resistenza generativa RS) E notiamo che questa impedenza è una quantità dipendente dalla frequenza. Infatti più sarà la frequenza e minore sarà l'impedenza. Anche la tensione in ingresso del segnale si ripartirà differentemente in base alla frequenza. Applico alla tensione in ingresso dunque una formula di partitore : Vin=Vs Zin Formula sovrastante dell ' impedenza =Vs ZinRs RsFormula sovrastante delll ' impedenza Tramite passaggi che qui è inutile riportare uno per uno, ottengo che Vin=Vs 1 1 j omega tau ingresso Rs Rin E quindi, tau ingresso per Rs/Rin rappresenterà la costante di tempo dell'intero circuito (parte generativa + d'ingresso (oscilloscopio)). Ma sopratutto, vista la relazione naturale tra frequenza di taglio e costante di tempo in un circuito, che qualora il segnale contenesse frequenze al di fuori della frequenza di taglio, esso verrebbe trattato diversamente dallo strumento, e quindi ne verrebbe visualizzata unicamente una versione distorta. Da cui, l'importanza di ottenere una frequenza di taglio maggiore, perchè con essa distorcerei segnali all'interno di un intervallo di bande di frequenza molto maggiori. Ora, io una sonda attenuatrice, ancora una volta costituita da un'IMPEDENZA Z2, COSTITUITA A SUA VOLTA DA UN PARALLELO TRA UNA COMPONENTE RESISTIVA Z2 ED UNA CAPACITIVA C2, la andrei ad inserire tra il circuito generatore del segnale e quello dell'oscilloscopio. Ammettiamo adesso di volerne valutare la funzione di trasferimento (ovvero, la relazione matematica che vi è tra un segnale in ingresso ed uno in uscita in un sistema, che qui sarà semplicemente segnale in uscita/segnale in ingresso). Avrei che: Funzione di trasferimento Chiamiamola W = Zin (FORMULONE*) Z2Zin Dove a Zin se voglio posso sostituire la sovrastante formula di Zin, e a Z2 la sovrastante formula, ma con “2” al posto di “in”. Se lavoro in regime stazionario, la frequenza è nulla, e quindi dalla precedente formula dopo la suddetta sostituzione, se metto frequenza uguale zero otterrò semplicemente che: W0= Rin R2 Rin Da cui, con Rin = 1 Ohm, posso sostituire W0 con la frazione dell'attenuazione che voglio ottenere (1/1000 per l'attenuazione x1000, 1/100 per l'attenuazione x100, etc...), ed otterrò semplicemente che la resistenza R2 necessaria per ottenere tali compensazioni sarà FATTORE DI ATTENUAZIONE – 1. Certo, a guardare FORMULONE*, noto che comunque la funzione di trasferimento, e la conseguente attenuazione, rimangono funzione della frequenza. Se però equiparo tauDue e tauIn, la formula diventa la successiva, quella in regime stazionario. E l'operazione di equiparazione delle costanti di tempo, che mi consente di valutare il valore corretto di C2 (visto che R2 non lo posso regolare essendo esso determinato unicamente dal fattore di attenuazione che voglio infilarci), si chiama compensazione. E nella realtà tale capacità è ottenuta mediante il parallelo di due capacità: una fissa atta a compensare la parte più significativa della capacità parassita Cin, ed una regolabile atta ad una regolazione più fine. Tale regolazione avviene tramite l'emissione di un segnale ad onda quadra, generato dall'oscilloscopio e prelevabile mediante un morsetto di calibrazione: regolando nell'ambito di un intervallo di valori poco significativi C2, quando il segnale avrà l'andamento a onda quadra, allora potrò dire che la compensazione raggiunta sarà perfetta. Infine ora vediamo l'effettivo ampliamento della banda utile raggiunto tramite l'apposizione di sonde attenuatrici compensate, tramite questo calcolo: 1) Calcolo dell'impedenza equivalente: Zeq=Z2Zin= R2 Rin RinR2 = 1 j omega TauIn 1 j omega Tauin 1 j omega Tauin 2) Calcolo della ripartizione della tensione Vin= Zeq , che poi vai a sostituire con il valore sopra ottenuto ZeqRs 3) Fai dei passaggi, metti come ipotesi che R2+Rin >> Rs, ed ottieni che (che poi è uguale all'altra formula, solo che ha R2 in più Vin=Vs 1 1 j omega tau ingresso Rs R2Rin 4) In quest'ultima infine comparrà la costante di tempo equivalente dell'intero circuito, che posso chiamare TauDue, che sarà uguale a Rs tauingresso moltiplicato R2Rin 5) Vediamo che al crescere di R2, e quindi al crescere dell'attenuazione, la costante di tempo equivalente diminuisce in maniera quasi inversamente proporzionale, con il costante aumento in maniera quasi proporzionale della frequenza di taglio (visto il noto legame matematico tra i due) - Base dei tempi La base dei tempi è un diverso modo per chiamare il canale orizzontale, ossia quello che determina lo scorrimento del tempo. Per tale scopo la sezione orizzontale realizza un generatore di scansione, lo sweep generator, che produce una forma d’onda a dente di sega o a rampa con massimi e minimi di valori uguali e segno opposto, utilizzata per comandare la scansione orizzontale. La pendenza di tale rampa determina la velocità con cui si sposta il pennellino. Per la maggior parte degli oscilloscopi analogici, il generatore di scansione è calibrato in unità di tempo, ed è per tale motivo che spesso è denominato generatore della base dei tempi. Scansioni in rapida successione fanno si che il movimento del punto sia percepito come una linea continua. Il primo dispositivo della base dei tempi è un generatore degli impulsi di trigger. Il trigger determina l’istante in cui parte la scansione a seguito di condizioni predefinite che devono essere necessariamente soddisfatte. Queste condizioni prendono il nome di eventi o eventi di trigger e sono in genere definite su di un segnale, detto segnale di trigger, considerato significativo quando rappresenta il valore e la pendenza fissata dall'utente. Non è possibile definire gli eventi a caso, infatti, è necessario che sia visualizzata una traccia stabile. Ciò è possibile solo se il periodo X del segnale a rampa coincide con un multiplo intero del periodo Y , cioè X = mY , con m intero positivo. Se tale relazione non è soddisfatta, ad ogni spazzolata viene visualizzata una traccia che è disposta diversamente da quelle visualizzate in precedenza. La visione nitida e stabile della forma d’onda è provocata dal continuo passaggio del pennello elettronico del tubo a raggi catodici, sempre sulla stessa traccia. È pertanto necessario sincronizzare l’istante di partenza della rampa con il punto iniziale della porzione del segnale da visualizzare. Tale dispositivo è composto da: UN COMPARATORE: è un circuito a due ingressi (In uno avrò la tensione che vorrò misurare, e nell'altro una tensione nota) e due circuiti detti amplificatori operazionali: - Uno invertente (Un amplificatore invertente con operazionale si ottiene applicando la tensione di ingresso sul morsetto contraddistinto dal segno "-", mentre l'altro morsetto è a massa. Nell'amplificatore invertente il segnale periodico uscente viene sfasato di 180º rispetto all'ingresso (per questo il circuito è chiamato amplificatore "invertente") - Ed uno differenziale (Un amplificatore differenziale è un tipo di amplificatore elettronico che moltiplica la differenza tra due ingressi per un fattore costante, il guadagno differenziale) Tale circuito avrà due tipi di configurazioni, regolabili tramite un interruttore: una configurazione A ed una B, in cui rispettivamente i due ingressi saranno collegati uno all'invertente ed uno al differenziale, e viceversa Con la prima configurazione avrò che L'USCITA SARA' ALTA QUANDO Vin > Vriferimento E BASSA QUANDO Vin < Vriferimento. Ovviamente succederà l'opposto nella configurazione B. Si può dire sostanzialmente che la configurazione A, essendo quella di uso più comune, fa le veci della tensione che misuro. Così ad esempio da un segnale sinusoidale ottengo un segnale rettangolare, che in presenza della configurazione A avrà un cambio di polarità positiva quando la soglia viene attraversata con pendenza positiva, ed avrà un cambio di polarità negativa quando la soglia viene attraversata con pendenza negativa. Viceversa nella configurazione B. (questo lo ottengo grazie al comparatore che mi dice anche un secondo prima come era quindi so la derivata e la pendenza) UN DERIVATORE: il derivatore emette impulsi la cui polarità dipende dal verso della transizione del segnale (per cui avrò il passaggio dal segnale rettangolare ad un insieme di impulsi) UN CIMATORE: il cimatore infine permette il passaggio dei soli impulsi di polarità negativa. Infatti, secondo il dogma di pasquino, gli impulsi in corrispndenza di eventi di trigger possono essere solamente negativi, e quindi dovrò scegliere LA CONFIGURAZIONE B SE VOGLIO CHE LA VISUALIZZAZIONE PARTA DA UN LIVELLO VL CON PENDENZA POSITIVA LA CONFIGURAZIONE A SE VOGLIO CHE LA VISUALIZZAZIONE PARTA DA UN LIVELLO VL CON PENDENZA NEGATIVA Una volta quindi generati questi impulsi negativi che devo fare? Assicurarmi di generare un segnale che piloterà il pennello lungo l'asse orizzontale, e tale operazione è svolta dal circuito base dei tempi, costituito da UN GATE: DISPOSITIVO AD ISTERESI, ovvero cambia stato unicamente quando viene superata una soglia inferiore Vlow, od una superiore Vhigh. E quindi finchè il segnale di ingresso rimane nella suddetta fascia intermedia, l'uscita rimane quella imposta dalla precedente transizione UN GENERATORE DI RAMPA che posso ad esempio regolare su una soglia tale da far percorrere l'intervallo da Vlow a Vhigh in un certo intervallo di tempo UN HOLD OFF che riporta all'ingresso della gate l'uscita del generatore di rampa Funzionamento: immaginiamo di trovarci nelle condizioni iniziali nulle: - La gate ha in uscita un segnale basso - La rampa è in una condizione di riposo, supposta nulla - L'uscita dell'hold-off è uguale a Vlow Adesso, supponiamo di avere in ingresso l'impulso di trigger: 1) Esso si sommerà alla tensione nulla VHO 2) L'ingresso nella gate assumerà un valore più basso di VLOW 3) La gate cambierà stato presentando un valore alto 4) Il generatore di rampa genererà la rampa che verrà poi data alle placche di deflessione orizzontale 5) Quando continuano ad arrivare impulsi di trigger durante la salita della 6) 7) 8) 9) rampa non si modifica il comportamento del circuito perchè non modificheranno il comportamento della gate Quando la rampa invece tocca il valore Vhigh la gate tornerà al valore basso A quel punto il generatore di rampa, in un tempo detto di fly back, riporterà la rampa a zero Durante il fly back non si deve visualizzare nessuna traccia, e quindi viene generato dalla gate un segnale fortemente negativo, di circa 2 kV, che consenta di bloccare il flusso di elettroni, che verranno quindi spinti nella direzione opposta A partire dal momento in cui la rampa comincia la sua fase di scarica, il comportamento del circuito varierà sulla base delle impostazioni del circuito base dei tempi: - Supponiamo che il circuito non debba effettuare alcuna azione particolare: il segnale della rampa verrà replicato in uscita dall'hold off, in modo tale che il successivo impulso di trigger rimetterà in moto tutto il ciclo di generazione e farà ripartire una nuova visualizzazione del segnale. - Se invece configuro il tutto diversamente posso fare in modo tale che l'uscita dell'hold off venga mantenuta alta per un certo periodo dall'istante di inizio scarica della rampa. Tale periodo verrà detto di hold off. In questa configurazione il segnale che avrebbe rimesso di nuovo in moto tutto non rimetterà in moto una ceppa di nulla perchè si sovrapporrà al segnale ancora alto in uscita dall'hold off, e quindi non riuscirà a far scendere di nuovo il segnale in ingresso alla gate al di sotto di VL. Al termine del tempo di hold off il segnale tornerà al livello basso e un successivo impulso di trigger provocherà l’inizio della spazzolata. Il senso di tutto questo è fare risultare inefficaci i segnali che arrivano durante l'intervallo di hold off (perchè magari non di mio interesse) - Modalità di gestione del trigger Il segnale da cui prelevare le informazioni per la generazione degli impulsi di trigger può essere: INT: lo stesso segnale da visualizzare EXT: un altro segnale, sincronizzato con quello da visualizzare. Utile per visualizzare segnali di piccola ampiezza in cui il livello di trigger può essere affetto da elevata incertezza magari perchè dotato di rumore di fondo LINE: il segnale di rete (50 hz) Il trigger invece può essere impostato in modalità: NORMAL: come appena descritto, modalità usuale di funzionamento SINGLE/ONE SHOT: ha effetto solo il primo trigger. Utile se voglio fotografare un preciso evento AUTO: se non arriva un evento di trigger entro un tempo-limite viene emesso un impulso trigger autonomamente dallo strumento. Modalità diagnostica: mi consente per esempio di verificare se la mancanza di una traccia sull'oscilloscopio dipende da un errata impostazione del livello di trigger o un problema del segnale in sé. - Oscilloscopio a doppia traccia Per la visualizzazione di più tracce in ingresso contemporanee la soluzione più intuitiva sarebbe quella di utilizzare diversi canali per ogni segnale. Tuttavia è anche la più complessa e costosa dal punto di vista realizzativo. Si può usare un unico cannone elettronico, suddividere il fascio dando ad ogni minifascio un sistema di amplificazione distinto, ma ancora non è la soluzione più utilizzata. La soluzione più utilizzata infatti è quella di utilizzare un unico sistema di amplificazione orizzontale e verticale tra più segnali (dai 2 ai 4 di solito) tramite uno switching tra due modalità possibili: - ALTERNED: si dedica alternativamente la spazzolata a più segnali, e la possibilità di osservare due segnali contemporaneamente è data in contemporanea dalla persistenza dei fosfori sullo schermo e dalla persistenza dell'immagine sulla retina. Se ricavo il segnale di sincronismo da uno qualsiasi dei segnali tutto funziona bene in caso di segnali isofrequenziali, o nel caso in cui la frequenza di uno sia multplo della frequenza dell'altro. Invece in caso contrario si avranno dei problemi di visualizzazione. A questo punto posso rilevarlo alternativamente dai due segnali, facendo quindi in modo che ad ogni spazzolata il segnale di trigger sia effettivamente generato dal segnale che ne richiede la visualizzazione, tuttavia ciò farebbe perdere informazioni sulla fase relativa tra i segnali. Ed inoltre se uno dei due dovesse essere troppo lento o il suo intervallo di visualizzazione troppo ampio si avrebbe un effetto di sfarfallio. In tal caso si usa la modalità successiva. - CHOPPED: si dedica alternativamente a ciascun segnale un tempo Ts molto più piccolo del tempo intero di sweep (ovvero, dell'intervallo temporale rappresentato sullo schermo). Quindi la traccia sullo schermo sarà un insieme di particelle elementari. - Oscilloscopio Numerico: Gli oscilloscopi numerici impiegano un convertitore analogico/digitale per rappresentare la tensione sotto forma numerica, vantaggiosa per il fatto che l'evoluzione dei microprocessori consente la gestione e l'elaborazione di dati numerici con prestazioni sempre più elevate. Quindi posso ad esempio variare leggermente il risultato di un'elaborazione senza implementazioni circuitali complesse ma semplicemente variando un algoritmo. L'O.N. acquisisce la forma d'onda come serie di campioni, e poi quando ne ha abbastanza la ricostruisce e la traccia. Gli oscilloscopi numerici possono essere classificati in oscilloscopi a memoria digitale, oscilloscopi ai fosfori digitali, e oscilloscopi campionatori. Nel caso di segnali periodici, la larghezza di banda dell’oscilloscopio digitale è una funzione della larghezza della banda analogica dei componenti all’ingresso dell’oscilloscopio, alla quale in genere si fa riferimento con il termine punto a –3dB. Nel caso di eventi singoli o transitori, quali gli impulsi e i gradini, la larghezza di banda può essere limitata dalla frequenza di campionamento dell’oscilloscopio. Come negli oscilloscopi analogici, il trigger determina il momento in cui l'oscilloscopio inizia ad acquisire dati. - Convertitori A/D: I convertitori A/D si dividono in voltmetri numerici e convertitori a/d in senso stretto. Entrambi misurano un segnale in ingresso che per comodità si suppone essere una tensione. Poi se voglio misurare una corrente o qualche segnale di altro tipo basterà applicare ad esempio una resistenza di shunt per realizzare una relazione di tipo noto. I convertitori in senso stretto sono più veloci ma hanno il limite di dover operare su valori istantanei, pertanto suscettibili al rumore I voltmetri numerici invece sono più complessi e più lenti ma hanno un'elevata immunità (reiezione) nei confronti del rumore. Qui tratterò solo i convertitori veri e propri. I voltmetri saranno trattati (molto) più avanti. Quindi i convertitori passano da un valore analogico alla sua rappresentazione numerica, solitamente in binario. E questo viene effettuato in tre fasi: campionamento: in questa fase si passa dalla rappresentazione nel dominio del tempo continuo alla rappresentazione nel dominio del tempo discreto. Il segnale viene prelevato infissati istanti di tempo k t . Detto segnale prende il nome di segnale campionato. Il convertitore A/D infatti necessita di un tempo di conversione per trasformare la grandezza X in un valore numerico e rappresentarla nella base di numerazione scelta. Per eliminare cause di ambiguità, affinché c X sia la rappresentazione numerica della grandezza s X è necessario che quest’ultima non vari durante tutto il tempo di conversione. Questa condizione è soddisfatta solo se c X è un segnale continuo di ampiezza costante nel tempo, e se questa condizione è già soddisfatta dal segnale X allora non è strettamente necessario utilizzare il blocco campionatore. I campionatori vengono detti anche Sample & Hold, per il motivo che sono composti da un interruttore comandato da un segnale di temporizzazione alimentato da un clock che li pone alternativamente in due fasi, appunto sample in cui si carica un condensatore con il valore desiderato, ed hold in cui si cerca di mantenere tale carica quanto più a lungo possibile. Tale circuito è strutturato perchè la costante di tempo RC (dove la resistenza è dovuta a perdite ohmiche dell'interruttore) sia quanto più possibile infinitesima in fase di sample, ed infinita in fase di hold, in modo da fare avvenire la carica in maniera praticamente istantanea, e ritardare la scarica quanto più possibile. Secondo un teorema detto teorema del campionamento inoltre, la frequenza di campionamento deve essere maggiore del doppio della frequenza del segnale da campionare. Nel caso in cui questo teorema non sia soddisfatto si verifica il fenomeno dell' aliasing, ovvero della sovrapposizione in frequenza delle repliche del segnale. quantizzazione: tramite la quale l'asse reale viene suddivisa in intervalli DELTAV a cui assegnare la codifica. Ovvero, praticamente con essa determino la precisione del valore che voglio convertire (i valori in DELTAV collasseranno in un valore prestabilito V). Senza la quantizzazione la relazione ingresso/uscita sarebbe una retta di pendenza unitaria (la linea tratteggiata). Invece è così: Se poi ogni intervallo lo quantizzo con i valori medi degli intervalli, ottengo che l'errore massimo nel misurando è DELTAV MEZZI. Questo a meno che il segnale non superi il range di quantizzazione, ovviamente presente perchè il numero di bit in uscita porrà un intervallo limitato di valori visualizzabili. In tal caso l'errore di quantizzazione non sarà più limitato ma molto alto. - Convertitore Flash: Detto anche convertitore parallelo. I flash converter sono una classe di convertitori A/D caratterizzati da una elevata velocità di conversione, tanto da poter essere considerati quasi istantanei. Se N sono i bit in uscita è costituito da - 2 alla N resistenze poste in serie tra loro in modo da ripartire la tensione di riferimento Vr in valori compresi tra Vr e -Vr, - (2 alla N) – 1 comparatori che confrontano la tensione incognita con una opportuna frazione della tensione di riferimento (da N-1/N per i bit più significativi fino a 1/N per i bit meno significativi), - Una rete di codifica che implementa una tabella di verità medianta la quale la sequenza dei valori logici in uscita ai comparatori viene codificata, appunto, con una sequenza di N bit, e senza la quale si avrebbero dei biti ridondanti. Mettiamo ad esempio di avere 3 bit. Avrò: 8 resistori, 6 di valore R, uno di R/2, ed uno ancora di 3R/2 7 comparatori. La tensione verrà confrontata con ciascuno dei 7 valori di soglia. Tali valori si otterranno così: 1) Valuto la corrente presente nella serie di resistenze: Corrente= Tensione 2Vriferimento perchè vado da−Vr a Vr 2Vriferimento = = Resistenza La semplice somma delle resistenze 2 alla n x resistenza equivalente 2) Valuto per questo la formula della tensione DeltaV DeltaV = IR= prendo la formula della corrente di sopra elimino R ed R 2Vriferimento 2 alla N 3) Calcolo i valori di soglia dalla precedente formula, partendo da -VR fino ad arrivare a VR V1=−VRI R 2 Vx , dove x è1=V x−1IR Ottenendo per l'esempio di 3 bit, i valori di soglia (-Vr), -7/8, -5/8, -3/8, -1/8, 1/8, 3/8, 5/8, 7/8, (Vr) Grazie ai flash converter rileverò 2n livelli di tensione, ma non potrò stabilire il valore esatto di Vx, che, come già detto, premesso che sia all'interno del range massimo dei valori rappresentabili dal convertitore in oggetto, subirà un errore massimo di VR/2 alla n. Aumentando i bit ridurrò quindi l'errore, ma a svantaggio di una maggiore complessità realizzativa. Infatti dovrei per esempio realizzare molte resistenze tutte uguali, il che è parecchio difficile, e la sua mancata realizzazione non fa altro che provocare errori “a cascata”. Le dimensioni stesse del circuito aumentano inoltre, assieme alla potenza dissipata. - Convertitori in Pipeline: Le difficoltà causate dall'aumento in bit fanno optare per una soluzione differente: l'architettura a pipeline ne è un esempio. Suppongo di voler realizzare un'architettura ad 8 bit, succede che: 1) Converto il primo misurando con una risoluzione di 4 bit. Saranno i 4 bit più significativi 2) Riconverto tale risultato tramite un convertitore digitale analogico 3) Passo ad un sottrattore che mi dirà la differenza tra il valore digitale e quello della conversione appena ottenuta 4) Tale valore viene amplificato in modo da farne una nuova conversione. Più precisamente si “slitta” il valore di un quoziente 4, indi, moltiplicandolo per 2 alla N 5) Si converte tramite l'A/D e rappresentano i bit meno significativi della conversione E' possibile ottimizzare ulteriormente la procedura di conversione di tale convertitore tramite l'utilizzo di un secondo circuito Sample & Hold a valle del sottrattore il quale, mentre il secondo convertitore fa il suo lavoro, il primo può prelevare in ingresso un secondo campione. - Convertitori SAR: Ha come svantaggio tempi di elaborazione più lunghi rispetto ad un convertitore Flash, che comporta una maggiore complessità circuitale. Tuttavia se aumento i bit non devo aumentare in maniera esponenziale il numero di tutti i componenti come avviene nel Flash, riducendone il costo. Tuttavia poiché l'elaborazione avviene in serie e non in parallelo come nel flash, l'aumento del tempo di elaborazione è direttamente proporzionale al numero dei componenti. Esso è composto da : - Un comparatore per comparare la tensione in ingresso con il valore analogico corrispondente alla rappresentazione binaria dell'approssimazione corrente - Un'unità di controllo che modifica lo stato del SAR in base al confronto fatto dal comparatore - Un registro ad approssimazioni successive che presenta l'approssimazione in cifre digitali della cifra attualmente registrata - Un convertitore D/A che ha una tensione di riferimento in ingresso e converte il valore presente nel SAR in analogico e poi lo rimanda al comparatore Supponiamo 3 bit 1) All'istante 0 l'approssimazione presente nel SAR è 100 2) Tale quantità viene convertita dal D/A secondo la relazione: i= N−1 Vr moltiplicato per ∑ i=0 bit i . 2 alla iuno Quindi i termini della sommatoria su 3 bit saranno: - Vr per bit zero su due alla uno (cifra più significativa ed il bit decide se vale o no) - Vr per bit uno su due alla due = su quattro - Vr per bit due su due alla tre = su otto 3) Se fisso una tensione di riferimento semplice, come 10V, avrò che la prima tensione in uscita sarà la metà, perchè gli altri bit sono a 0 4) Immetto la tensione mia. Se è maggiore di questo 10 alzo il bit 0 ed il bit 1 Se è minore di questo 10 abbasso il bit 0 ed abbasso il bit 1 Quindi a linee generali si può dire che: - Sistemi il bit in analisi a seconda dell'esito del confronto - Alzi il successivo - Riesegua il confronto finchè i bit non sono finiti. Quelli precedenti non vengono più toccati. Un ciclo di comparazione avviene in un tempo Tc, che è la somma dei tempi necessari per le singole elaborazioni. La temporizzazione delle elaborazioni viene realizzata tramite un clock di periodo appunto Tc, e che definisce: - L'istante in cui il controller invia il comando al SAR - L'istante in cui il D/A deve effettuare la conversione In tale tipo di convertitore, la caratteristica di decodifica non rispetta la richiesta di essere rappresentativa dell'intervallo medio di quantizzazione. Per esempio il valore 000 non rappresenterà il valore medio del primo intervallo di quantizzazione, ma il vero e proprio valore 0. Ne risulta che l'errore massimo possibile sarà DeltaV e non DeltaV mezzi - Gestione della memoria: Negli oscilloscopi numerici o digitali, il convertitore A/D esegue continuamente la conversione della grandezza, con frequenza imposta dal segnale di clock, ed in assenza del segnale di trigger essi vengono trasferiti continuamente nella memoria di acquisizione. Essendo noto il periodo di campionamento, a seconda della memoria, tramite essa posso risalire al legame temporale tra i campioni memorizzati. Da un punto di vista logica la si può immaginare come un buffer circolare di capacità N, che quando prova ad acquisire il campione N+1, esso viene memorizzato nello slot n=1, che se aveva altro memorizzato sopra, verrà perso. Il trasferimento poi si interromperà quando si verificheranno le condizioni imposte sull'evento di trigger (mentre il sistema acquisisce campioni da memorizzare, all'istante T0 si verifica un evento di trigger, e nel frattempo nella memoria sono stati conservati gli ultimi N campioni). Il segnale di trigger può in questo modo influire sulla modalità di memorizzazione, ovvero, decido io quanti campioni M post-trigger devo visualizzare, dopo i quali andranno persi poiché non trasferiti nella memoria. Risulta quindi ovvio che io possegga in memoria campioni del segnale anche precedenti all'istante di trigger, cosa non presente nell'oscilloscopio analogico e che per esempio può essere indispensabile in casi di guasto: utilizzando la condizione di guasto stessa per generare l'impulso di trigger posso vedere come varia il segnale e quindi provare a risalire all'origine del guasto. M può essere uguale a 0 = nella memoria avrò solo campioni pre-trigger M può essere uguale ad N= la memoria viene interamente sovrascritta dai campioni post-trigger, che in questo modo quindi ovviamente riscrivono anche i pre-trigger precedentemente memorizzati. M può essere uguale ad una frazione di N= indicherà qual è la frazione di posttrigger che memorizzerò. N-tale frazione saranno invece i pre-trigger. Se per esempio tale frazione è N/2 avrò metà pre/trigger e metà post trigger. I primi oscilloscopi digitali avevano infatti come opzioni ZERO, M, ED M/2, mentre quelli più potenti ed attuali possono memorizzare un sacco di possibili M. M non può essere < N perchè non avrebbe senso M può essere > N,ed in tal caso ovviamente in memoria avrò solo elementi posttrigger. E' una configurazione utilizzata per ritardare l'acquisizione in memoria che inizierà quindi dopo il trigger. - Visualizzazione: Per ricavare quindi le info che mi interessano devo ricostruire da ciò che ho in memoria una forma d'onda, e ciò viene svolto dal blocco di visualizzazione, che a volte è indipendente, ed a volte fa parte di una struttura differente e condivisa (esempio un host a cui connetto l'oscilloscopio). La visualizzazione come blocco autonomo è di solito realizzata da un tubo catodico, che può avere configurazione vettoriale o raster (più utilizzato di recente) L'esempio più semplice di tubo vettoriale è quello di un tubo a raggi catodici come quello dell'analogico, in cui applico alle placche di deflessione un segnale di tensione appositamente convertito tramite un convertitore da DIGITALE ad ANALOGICO. Poi me ne servirà ovviamente anche un altro. La presenza della memoria non rende importanti le frequenze dei blocchi a monte ed a valle di essa. Il funzionamento del tubo raster invece è simile a quello di uno schermo televisivo. Lo schermo viene considerato come una matrice di NxM particelle elementari, dette PIXEL, ognuna delle quali emette luce quando viene eccitata da un fascio elettronico. E nel caso più semplice, i pixel sono scansionati con continuità dal fascio, e si accendono o meno a seconda dell'intensità da esso assunta durante la scansione. L'obiettivo del tubo raster è quindi quello di modulare l'intensità del fascio in maniera tale che ecciti solamente i pixel da me desiderati. Molto spesso una parte dello schermo è riservata alla visualizzazione della traccia, mentre una fascia orizzontale ed una verticale sono riservate ad informazioni alfanumeriche di altro tipo. La qualità della traccia è superiore in un oscilloscopio analogico La risoluzione invece è solitamente maggiore, anche se tutto dipende dai pixel della matrice - Oscilloscopio a memoria digitale: Solitamente l'oscilloscopio numerico è dotato di display raster, che permettono di visualizzare anche eventi transitori, ossia fotografie di eventi singoli. E si parla più specificatamente di oscilloscopio a memoria digitale quando l'andamento temporale è dedotto da un numero finito di campioni memorizzati. La presenza di una memoria consente loro di visualizzare il segnale anche quando effettivamente non è più presente. Tuttavia a differenza degli analogici non consentono di rappresentare vari livelli di intensità mentre il segnale è presente. Inoltre elaborano i segnali in maniera sequenziale/seriale, ed hanno in più agli analogici sottosistemi addizionali per l'elaborazione dei dati. Eccone una struttura tipica: - Amplificatore verticale con comandi per regolare il guadagno - Convertitore analogico/digitale con campionatore + clock - Memoria su cui vengono memorizzati i campioni - Microprocessore per gestire i processi di input/output oltre alle elaborazioni dei segnali presenti in memoria ed eventuali elaborazioni per migliorare la qualità del segnale - Memoria di visualizzazione in cui è presente il segnale da visualizzare E' ottimale per la visualizzazione di più segnali contemporaneamente, spesso fondamentale in alcune fasi di progettazione. In un oscilloscopio a memoria digitale con un'architettura così descritta, la memoria può inoltre essere considerata come elemento di separazione tra due diverse architetture. A monte del blocco/memorizzazione si trova un'architettura di tipo serie, e precisamente dei blocchi funzionali tra loro in cascata (ingresso, condizionamento analogico, sample & hold, convertitore a/d, etc.) A valle invece c'è un architettura parallela, o a bus, la cui gestione è affidata ad un microprocessore, e composta da elementi come l'input/output (molto importante perchè può consentire il collegamento dello strumento a computer per l'esportazione/importazione dei dati, oppure ad una stampante), il software di elaborazione e visualizzazione, etc. Ed il parallelismo delle operazioni in quest'ultima architettura fa sì che le frequenze di funzionamento dei blocchi funzionali non siano strettamente correlate come in architetture di tipo seriale, oltre a fornire generalmente un buon livello prestazionale. Tuttavia l'aumentare delle prestazioni rispetto allo strumento analogico ha il suo rovescio della medaglia: laddove in uno strumento analogico degli errori solitamente portano a leggere anomalie facilmente identificabili (ad esempio, mi aspetto un segnale stazionario, vedo delle fluttuazioni indesiderate, capisco che c'è un errore), in quello digitale la cosa porta a risultati completamente errati. Da cui, la necessità di aumentare anche la conoscenza e la dimestichezza di chi utilizza questi tipi di strumenti. - Campionamento: Campionare vuol dire convertire una parte del segnale in ingresso in un insieme di valori raccolti dalla sua forma d'onda. Equivale a scattare delle istantanee. Solitamente gli oscilloscopi digitali utilizzano due modalità per il campionamento, che, attenzione, non influiscono sulle impostazioni della base dei tempi in condizioni di basse velocità di scansione, ma si differenziano tra loro solo quando la frequenza del convertitore A/D non è sufficientemente alta per campionare correttamente il segnale. - Campionamento in tempo reale: E' il metodo standard, chiamato anche one-shot o single-shot E' ideale per analizzare quei segnali la cui frequenza (o gamma di frequenze) è inferiore alla metà della frequenza di acquisizione. In tal modo, vista questa gamma di frequenze, sicuramente il campionatore sarà in grado di acquisire un numero di campioni superiore a quello strettamente necessario perchè il processo possa dirsi svolto correttamente. E' il solo modo per acquisire transitori veloci o eventi singoli. Presenta quindi problemi relativi a transitori con frequenze particolarmente alte che dovranno essere campionati simultaneamente rispetto alla loro comparsa, se infatti la frequenza di campionamento non è sufficientemente alta, può presentarsi il problema dell’aliasing (noto come fenomeno di sovrapposizione delle code dello spettro). Il campionamento in tempo reale inoltre necessita dell'utilizzo di memorie particolarmente veloci. Infine ultimo problema è relativo alla necessità di adattare alla frequenza di campionamento, la velocità dei convertitori A/D. Le frequenze del campionamento ottenibili con gli attuali convertitori A/D rendono particolarmente complessa la realizzazione non solo del blocco di conversione, ma anche di quello di memorizzazione. Si deve infatti tenere presente che, ad esempio, con una frequenza di campionamento di 1GHz/s si ha a disposizione, sia per la conversione sia per la memorizzazione di ogni dato, un solo nanosecondo, e le soluzioni circuitali adottate dalle case costruttrici nella realizzazione di questi blocchi sono raramente rese note. I segnali sono quindi con questo campionamento solitamente rappresentati come punti, ma se sono particolarmente distanti possono essere uniti tramite funzioni di interpolazione: ovvero, funzioni in grado di approssimare l'andamento della curva tramite l'unione dei punti. Esiste l'interpolazione lineare che unisce i punti con dei segmenti, e quella sinusoidale, che ne permette l'unione tramite archi di curva, più adatta ai segnali con andamenti curvilinei. - Campionamento in tempo equivalente casuale od asincrono: Ha senso impiegarlo se il segnale è ripetitivo e la sua frequenza è troppo alta perchè possa essere campionato correttamente. I campioni vengono acquisiti indipendentemente dalla posizione del trigger, e vengono visualizzati in base al tempo intercorrente tra il campione ed il trigger. Verrano acquisiti sequenzialmente, ma in maniera casuale rispetto al trigger, da cui il nome di questo metodo. Questa indipendenza temporale inoltre elimina la necessità di linee di ritardo o pretrigger. A seconda della frequenza di campionamento e dell'intervallo di tempo sul display poi, il campionamento casuale può anche consentire di acquisire più di un campione ogni volta che c'è il trigger, ma a velocità di scansione più alte poi l'intervallo di acquisizione si può ridurre troppo fino a rischiare che il campionatore si perda dei trigger. Il limite della larghezza di banda per il campionamento in tempo equivalente asincrono è minore di quello relativo al campionamento in tempo equivalente sincrono. Se il tempo T, durata della porzione di segnale da analizzare è non noto, si utilizza la modalità di campionamento asincrona, dove si associa al campione acquisito il suo ritardo rispetto al precedente evento di trigger. Il ritardo si traduce in una diversa collocazione dei campioni nelle celle di memoria, in cui la loro posizione è determinata dal ritardo rispetto al trigger. Tra due successivi impulsi di trigger si preleverà un numero di campioni molto limitato, da cui poi la necessità di ricostruire la forma d'onda con diversi rilevamenti. Sia un segnale da analizzare di durata T0, ed N il numero di campioni acquisiti,la frequenza di campionamento equivalente sarà N/T0, mentre la frequenza di campionamento effettiva sarà la precedente fatto un fattore divisorio costante K > 1, e solitamente anche abbastanza elevato - Campionamento in tempo equivalente sequenziale o sincrono: Utile se conosco il periodo di tempo del segnale. L’oscilloscopio acquisisce un solo campione per trigger, indipendentemente dalla velocità di scansione. Quando il digitalizzatore rileva un trigger, acquisisce un campione dopo un ritardo molto breve ma specificato. Quando viene comandato il trigger successivo, il digitalizzatore incrementa il ritardo di una piccola quantità t e acquisisce un altro campione. E via così finchè non si riempie il periodo di tempo. Ha un ottima risoluzione temporale. Inoltre è tecnicamente più facile generare un Delta T piccolo e preciso che non fare un campionamento casuale/asincrono. Poiché con il campionamento sequenziale ciascun campione viene acquisito una volta rilevato il livello di trigger, non si può visualizzare il punto di trigger senza utilizzare una linea di ritardo analogica, che a sua volta può ridurre la larghezza di banda dello strumento. Se invece si può adoperare un pretrigger esterno, la larghezza di banda non cambia. - Convertitore D/A a resistenze pesate: Lo schema è strutturato in modo tale che la tensione di riferimento Vr faccia circolare una corrente nel ramo i solo se il relativo interruttore è chiuso (e quindi il bit i è alto). La corrente in quel ramo sarà I = V/2iR, e quindi la tensione in uscita sarà 1) Semplice formula della corrente 2) Porta -R, che è la resistenza finale in uscita, fuori, e dentro diventa la semplice somma delle correnti, da uno ad n ovviamente, ed in cui ogni corrente sarà abilitata solo se il relativo bit è alto 3) Trasformo la corrente in tensione 4) Semplifico R ed R (senza lasciare il segno meno) 5) Porto -Vr fuori 6) Risulterà semplicemente -Vr moltiplicato per un coefficiente, deciso da una semplice somma numerica in cui la potenza di 2, i, è annullata se in corrispondenza di bit 0, o spostata a reciproco in corrispondenza di bit 1 Gli svantaggi di tale convertitore sono: 1 La resistenza vista in ingresso da Vr varia ovviamente a seconda dei bit e per questo visto il variare della corrente, potrebbe causare variazioni anche nella tensione Vr; 2 Risulta molto difficile mantenere lo stesso valore di incertezza in un intervallo così ampio di valori delle resistenze. - Convertitore D/A R/2R: Anche per ovviare ad alcuni dei problemi del convertitore a resistenze pesate questo ha il vantaggio di avere resistenze di due soli valori, e nel fatto che, indipendentemente dal valore del bit i b , in ciascuna resistenza scorrerà sempre corrente: se l’interruttore è chiuso la corrente fluirà nel ramo, altrimenti fluirà verso terra. Per questo motivo, la resistenza vista dalla tensione R V sarà sempre la stessa, pari a R, indipendentemente dalla codifica binaria da convertire. VRiferimento In tal modo avrò, visto che ovviamente I = : R Corrente nel ramo 1 = I/2. Corrente nel ramo 2 = I1/2 Corrente nel ramo x = Ix-1/2 Da cui, semplicemente corrente nel ramo i = I/2 alla i LA FORMULA RISULTANTE DI VA/D SARA' UGUALE A QUELLA DEL CONVERTITORE A RESISTENZE PESATE - Voltmetri numerici: Un voltmetro numerico, come si evince dal nome, è uno strumento che effettua misure di tensione mediante una conversione A/D della grandezza in ingresso e che visualizza il risultato in forma numerica su un dispositivo di visualizzazione. Ecco lo schema: Voltmetri a valore istantaneo: forniscono il valore che il misurando agisce in un preciso istante temporale. Voltmetri ad integrazione: forniscono il valore del misurando lungo un determinato periodo di tempo, in modo da fornirne un valor medio. - Voltmetro a singola rampa (oppure conversione tensione/tempo): Funzionamento: 1) Ho una tensione da misurare Vx > 0 2) Avvio io utente un comando di “inizio misura” 3) Con tale comando l'unità di controllo dà al generatore di rampa un impulso di inizio generazione, e lui inizia a generare appunto una rampa (supposta con pendenza negativa, stabilita dal costruttore una tantum e non dall'utente) 4) Il primo comparatore rileva l'uguaglianza tra la rampa e la tensione in ingresso (valore FS, lo fa scendere finchè non incontra 0) 5) Il comparatore quindi cambia il suo stato, invia tale cambiamento di stato all'unità di controllo, il quale a sua volta manda il segnale di start (notare l'allineamento in figura: comparatore di sopra con start, e comparatore di sotto con stop) e apre la gate. 6) Ciò farà aumentare i valori contenuti nel contatore numerico 7) La rampa continua a scendere nel frattempo, ed arriverà ad un valore Toff nel quale il SECONDO comparatore cambierà stato, inviando il segnale di stop e chiudendo la gate 8) Il fatto che cambi stato prima C1 e poi C2 indica che il segno della tensione incognita è positivo. Il viceversa avrebbe indicato una tensione negativa. Succede il contrario ovviamente in caso di rampa positiva Tale uguale con la piccola q sotto è inteso come uguale nel senso di quantizzazione. Ovvero, la misura di T è convenzionalmente espressa come multiplo intero di segnali di clock Tc, anche se nella realtà non è quasi mai così. Insomma la formula non tiene conto di eventuali frazioni di Tc che potrebbero sussistere tra Ton e Toff, dovuta anche all'assenza di sincronismo tra il clock e tali segnali (che invece sono propagati da comparatori unità di controllo etc.), da cui posso fare la formula approssimata di T= T = (Nx + o – alfa) Tc, dove per alfa appunto si intende una frazione di periodo T in eccesso o difetto rispetto alla reale durata dell'intervallo di misura Per valutare il valore massimo che alfa può assumere poniamoci per semplicità nei casi limite in cui gli impulsi di clock arrivino subito prima e subito dopo gli istanti di apertura e di chiusura della gate. Se Ton e Toff sono gli istanti di inizio e di fine conteggio, avremo 4 diverse combinazioni: l’apertura della gate avviene subito dopo l’arrivo di un impulso e la chiusura subito dopo l’ultimo impulso, quindi l’errore è trascurabile T = NTc ; il primo impulso arriva subito dopo l’apertura della gate, generando così un intervallo vuoto per il quale viene comunque contato un impulso di clock, mentre la chiusura avviene subito dopo l’ultimo impulso. Si può scrivere c T = (N −1)T ; l’apertura della gate avviene subito dopo l’arrivo di un impulso e la chiusura subito prima dell’ultimo impulso che, quindi, non viene contato. Si può scrivere c T = (N +1)T ; non c’è un errore di conteggio né relativo all’istante di apertura né a quello di chiusura. I due errori, però, hanno segno opposto e quindi si compensano. Si può scrivere c T = NT . I 4 casi sono solo dunque le possibili combinazioni sulle stesse situazioni in Ton e Toff L'incertezza in questo voltmetro si misura tramite un approccio di tipo deterministico (ricordando: Quindi avrò: In cui il primo fattore con la tangente è la stabilità della rampa, dipendente da un'ideale linearità della rampa. Da cui potrei pensare di ridurla intervenendo sulla pendenza della rampa. Difatti riducendo tangentAlfa allontano l'istante di chiusura Toff, ed aumento T e quindi il numero di impulsi Nx, ma non sarebbe una soluzione propriamente ottimale visto che poi ci sarebbe maggiore incertezza nel rilevare l'uguaglianza tra tensioni in ingresso mentre la rampa si riduce. Il secondo fattore è dovuto alla stabilità del clock, per la quale si usano oscillatori al quarzo eventualmente termostatati per minimizzare gli effetti della temperatura Il terzo è dovuto al suddetto errore di conteggio (la derivata di Nx è uno), molto minimizzato se aumento il numero di impulsi contati poiché ridurrò il contributo relativo all'errore di conteggio. - Voltmetro a conversione tensione/frequenza E' un voltmetro ad integrazione. Anzi è stato il primo voltmetro a contenere un integratore (il circuito che fa da integratore si chiama amplificatore operazionale). Componenti: Amplificatore operazionale che integra tutto ciò che riceve. Qui avrà in ingresso la nostra tensione Vx tramite la resistenza Rx ed un treno di impulsi filtrato tramite la resistenza Ri (tale treno di impulsi avrà frequenza proporzionale alla tensione di ingresso da convertire, da cui il nome di voltmetro tensione/frequenza. La misura di tale frequenza si eseguirà poi contando il numero di impulsi generati durante un intervallo di tempo di durata prefissata.). L'amplificatore operazionale avrà in parallelo un condensatore ed un interruttore, e ciò che esce finisce in un comparatore assieme ad una tensione Vs detta tensione di soglia Funzionamento: 1) All'istante t=0 la tensione in USCITA pari IN MODULO a quella SUL CONDENSATORE è 0, grazie all'interruttore in parallelo a C che garantisce la scarica verso terra di un’eventuale tensione residua presente ai capi del condensatore. 2) Quando la misura comincia, l’interruttore si apre, e la Vout comincia a sentire l’effetto di Vx. 3) La tensione incognita, infatti, genera una corrente Ix = Vx/Rx che scorre tutta nel ramo di retroazione attraverso C perché l’elevata impedenza d’ingresso dell’amplificatore operazionale impedisce l’ingresso nel morsetto non invertente. dove il segno meno (−) è dovuto al fatto che tensione e corrente del condensatore hanno lo stesso verso. 4) Prendendo la formula 3.15, invertendo uno con Vx e ricordando che la divisione per j omega equivale ad un'integrazione, ho che: 5) Supponiamo che la tensione Vx sia costante e positiva: l’uscita sarà evidentemente una rampa decrescente. L’integrazione procede finché la Vout non raggiunge il livello Vs, evento che viene segnalato dal comparatore attraverso un cambiamento di stato. 6) Quando l'uscita del comparatore varia, fa sì che il generatore di impulsi emetta un impulso di ampiezza A e durata τ che, applicato alla resistenza Ri, dà un contributo addizionale alla corrente che circola nel ramo di retroazione del circuito integratore. 7) La polarità dell'impulso è settata in maniera tale che la corrente sia di segno opposto a quella associata alla tensione Vx 8) L’ampiezza A deve essere tale che la rampa in uscita sia di pendenza positiva (in generale, di segno opposto a quello determinato dal segnale d’ingresso). Affinchè ciò succeda per tutti i possibili valori di tensione incognita d’ingresso, è evidente che l’ampiezza A deve essere almeno pari al valore di fondo scala del voltmetro, ovvero all’ampiezza massima del segnale che il dispositivo può misurare. 9) Una volta esauritosi il contributo dell’impulso, dopo un intervallo τ, la corrente Ix ritorna ad essere l’unica a caricare il condensatore (perchè tale rampa positiva avrà scaricato il condensatore), e la rampa pertanto ritorna ad essere decrescente: un nuovo impulso viene generato quando essa torna ad eguagliare la tensione di soglia Vs, si conta un altro scatto di frequenza, ed il ciclo ricomincia. Cerchiamo ora di capire il legame matematico tra frequenza e tensione, osservando l'andamento della tensione tra i due istanti consecutivi in cui Vout raggiunge la soglia Vs (ad esempio, un t=t0, ed un t=t0+T). Ho che nell'intervallo T la tensione Vx (ovvero quella che voglio misurare) è sempre presente Mentre la tensione Vi, ovvero, quella generata dagli impulsi, è presente solo nel tempo tau di lunghezza impulso, da cui: Uno degli svantaggi di questo sistema è che se la tensione d'ingresso varia troppo rapidamente o presenta un elevato rumore sovrapposto al segnale, non si raggiunge mai la condizione di bilanciamento e quindi una lettura valida. - Voltmetro a doppia rampa Funzionamento (si parte da t=0): 1) L'unità di controllo commuta l'interruttore su Vx 2) L'unità di controllo apre l'interruttore così da scaricare il condensatore ed assicurarsi che Vout nel momento 0 sia appunto 0 3) L'unità di controllo resetta il contatore 4) La misura ha inizio e la misura Vx viene integrata in Vout. Che sarà: 5) La precedente è detta fase di runup, che si interrompe ad un tempo Tu impostato dall'utente in fase di configurazione iniziale. A Tu la tensione sarà (formula precedente, ma con Tu al posto di t), lo chiamo V* 6) Arrivato la fine del runup, l'unità di controllo dice alla gate di aprirsi, e di cominciare a far passare gli impulsi di clock che vengono quindi contati 7) Nel contempo l'interruttore viene commutato su Vr 8) Vr sarà di segno opposto rispetto a Vx, e quindi ciò imporrà una fase di scarica del condensatore (rundown). La tensione assumerà adesso l'espressione: V* - (formula precedente ma con VR al posto di Vx e (t-Tu) al posto di t 9) La scarica del condensatore si interromperà dopo un tempo Td tale che: Vout(Tu + TD) = 0. E questa formula si può anche scrivere come: Vout(Tu+TD) = V* - (formula precedente ma con VR al posto di Vx e TD al posto di t) 10) E quindi FORMULA PRECEDENTE IN VR E TD E' UGUALE A FORMULA PRECEDENTE IN VM, valor medio di Vx E TU (quest'ultima però di segno opposto alla prima, consigliando però di mettere quest'ultimo a segno positivo) 11) Arrivati a zero il comparatore invia lo stop alla gate 12) All'intervallo temporale Td verrà quindi associato un numero di impulsi di clock Td = nel senso di quantizzazione a ND x Tc 13) Supposto come stabile sia R che C sia nella fase di runup che di rundown posso levare le costanti di tempo dalla formula detta nella numero 10, e quindi avrò: − 1 1 VR TD= VM TU RC RC - Levo i due 1/RC e passo TU sotto quindi Vm=−VR TD TU - Metto TD come nella precedente formula Vm=−VR ND Tc TU - Metto TU come NU Tc e semplifico levando Tc a numeratore e denominatore Vm=−VR ND NU Al crescere della tensione e a parità di VR e NU, aumenterà quindi il numero di impulsi contati ND. Cioè più è pendente la rampa in fase di runup e più ovviamente ci vorrà tempo per la fase di rundown. - Voltmetro a doppia rampa: incertezza Da cui è escluso il conteggio di impulso Tu perchè si ritiene di poter sincronizzare la fase di run up con gli istanti di arrivo dei due impulsi. Quindi dipenderà da: - La stabilità della tensione di riferimento - L'incertezza nel conteggio della fase di scarica (che invece c'è), che ovviamente dovrò risolvere aumentando il numero di impulsi contati. - Potrei abbassare la tensione di riferimento Vr per aumentare il numero di conteggi in fase di run down, ma poi ci sarebbe maggiore incertezza nel rilevare l'uguaglianza tra tensioni mentre la rampa si riduce. - Allora potrei far partire la fase di Run Down da un V* più alto ma vedremo che ciò contrasta delle caratteristiche specifiche di V sulla reiezione del rumore (vedremo) - Nemmeno intervenire sui valori di resistenza o capacità servirebbe perchè poi interverrebbero sia sulla rampa in salita che in quella in discesa Allora una soluzione buona è nell'apportare una specifica modifica architetturale: ovvero, nel separare le pendenze della rampa di carica e scarica tramite due resistenze separate : una per Vx ed una per VR (quindi una resistenza nuova Ru per l'Up ed una per il Down, che sarà la solita R). A questo punto se metterò una Resistenza RU molto minore di R otterrò una rampa 10 volte più ripida di quella ottenuta con la configurazione base. Quindi anche V* sarà molto maggiore e di conseguenza maggiore il numero di impulsi contati nella fase di down. Quindi la nuova formula sarà la stessa precedente formula della tension media, ma moltiplicata per RU/R - Voltmetro a doppia rampa: confronto tra tempo di misura e risoluzione Ho che il tempo totale di misura di codesto simpaticissimo voltmetro è: Tmis = TU + TD = (NU + ND) Tc Invece la risoluzione, ovvero il minimo valore medio di tensione rintracciabile dallo strumento sarà preso dalla normale formula di V, sostituendo Vm con Vmin e ND con uno. Vmin = - VR/NU Da cui, per la famosa formula del Vmedio, ho la seguente formula: Vmin= −VR Vm VFS =dall ' equazione fondamentale , = per sostituzione di V con VFS NU ND NDMax Prendo le due equazioni VR VFS = NU NDMax Vm VFS = ND NDMax E vi ricavo ND ed NU passando ai reciproci e moltiplicando prima per VR e poi per VM Poi le metto nella formula di Tmis mettendo in evidenza NDMax Poi ancora sostituisco Vm con VFS per ottenere il massimo tempo possibile dei valori di misura TM, ottenendo la formula: 1 VR NDMaxTc VFS Da cui per ridurre il tempo di misura potrei ridurre la tensione di riferimento VR, ma con ciò accadrebbe che ridurrei la fase di runup con costante riduzione della risoluzione. Allora la cosa migliore è portarla al valore di fondoscala Da ciò si vede che l'esigenza di contenere i tempi di misura è in diretto contrasto con l'aumento di risoluzione. - Voltmetro multirampa rundown: Il voltmetro multirampa è un’evoluzione del voltmetro a doppia rampa rispetto al quale ha un maggior numero di rampe nella fase di rundown, caratteristica assicurata dall’impiego di un maggior numero di resistenze di ingresso dell’integratore, pari al numero di rampe da realizzare ed in rapporto di 1:10 una rispetto all’altra. 1) La fase di runup è identica al doppia rampa 2) Quando Vout, dopo Tu raggiunge il valore −Vm NU Tc , l'interruttore scende e RU C collega l'integratore alla tensione di riferimento supposta di segno opposto a Vx e mediata dalla resistenza di valore 10 alla meno 3 (mille), da cui inizia una fase di scarica che termina non quando la rampa incontra lo zero ma al primo impulso successivo. 3) L’intervallo di tempo totale sarà pari a T1 = (N1 + 1) Tc, dove N1 è il numero di impulsi contati fino al raggiungimento della tensione nulla. 4) Al raggiungimento di tale impulso l'interruttore viene di nuovo commutato su una tensione di segno opposto. A questo punto l’interruttore viene infatti commutato sulla tensione −VR connessa alla resistenza di valore 10 alla−2 R. Si instaurerà una nuova fase di carica del condensatore, stavolta con costante di tempo τ2 = R C/10 alla seconda che termina, analogamente al caso precedente, al primo impulso successivo al passaggio per lo zero 5) Idem per la rampa successiva, mentre la successiva ancora terminerà all'istante di passaggio per lo zero 6) Ecco il grafico dell'andamento Ovvero, riesce evidente che il vantaggio del voltmetro multirampa rispetto al doppia rampa consiste in : - Riduzione del tempo di misura a parità di risoluzione offerta - Aumento della risoluzione possibile a parità di tempo di misura - Fattore di reiezione NMRR e confronto tra voltmetri a integrazione e a valore istantaneo: Il primo svantaggio di quelli a integrazione è nel fatto che sono certamente più lenti. Infatti richiedono un tempo per integrare la grandezza all'ingresso che abbiamo chiamato runup. Quindi il valore visualizzato nel contatore sarà nell'integratore la grandezza media della tensione nel tempo di runup, mentre sarà nel valor istantaneo appunto il valore istantaneo. E la differenza tra i due risulta evidente nel caso di presenza di un segnale di rumore. Ammettiamo di avere oltre al segnale di ingresso V un segnale proveniente dalla tensione di rete, e che fa un rumore di Vn Seno di due pi greco effezero t, dove la frequenza effe è 50 hz. Nel Voltmetro a valore istantaneo tale rumore sposterà il punto in cui il segnale di ingresso interseca la rampa generata internamente dal voltmetro, spostando di un tempo e il punto di inizio della misura dell'intervallo T, ed aumentando così l'incertezza della misura Vediamo invece cosa succede al rumore Vn sin eccetera qualora venga integrato per un tempo T tra t e t+T E per valutare l'attenuazione del rumore a valle di tale filtro, introduco il fattore di reiezione di modo normale, oppure NMRR, definibile come il valore assoluto fra il valore massimo del rumore all'ingresso e all'uscita: pi greco effezeroT 20 logaritmo in base dieci di valore assolutodi seno della stessa quantità E ponendo effezeroT uguale lambda, posso valutare la reiezione in funzione di lambda Che dice che la reiezione si massimizza quando l'intervallo T di integrazione è un multiplo del periodo T0 (uno su effezero) del segnale di rumore. Inoltre dal grafico posso notare che anche se ho in sovrapposizione al segnale da misurare un rumore la cui frequenza non ha relazioni con il periodo di integrazione T, comunque ho una buona reiezione, che migliorerà al crescere del numero di periodi del rumore contenuti in T. ESERCIZI: per annullare un rumore somma di due frequenze x e y devo trasformare x ed y in tempo, poi trovare un comune multiplo tra tali tempi (che spesso si ottiene moltiplicandoli per le frequenze/10 ed è fatta) Se invece devo calcolare esplicitamente NMRR non dovrò far altro che ottenere la frequenza, moltiplicarla per l'intervalo di integrazione (o runup), tenendo considerando che se è espresso in millisecondi va convertito in secondi, e poi messo nella formula col 20 log 10 seno e quant'altro. - Campioni di resistenza e problemi per misurazioni di valore ohmico basso L'ohm è la resistenza elettrica di un conduttore metallico ai cui capi insorge la differenza di potenziale di 1 volt per effetto del passaggio di una corrente di intensità di 1 ampere. I campioni di resistenza sono resistori di caratteristiche note e stabili nel tempo. La qualità di una resistenza dipende dalla stabilità della resistività con cui è realizzato e dalla precisione delle sue caratteristiche geometriche. Il coefficiente di variazione della resistività con la temperatura è definito come l’incremento di resistenza corrispondente ad un incremento unitario della temperatura. Spesso i costruttori forniscono gli andamenti della resistività in funzione della temperatura in termini relativi. I campioni di resistenza vengono solitamente classificati in: 1. resistori di valore basso (inferiore a 1Ω ); 2. resistori di valore medio (compreso tra 1ohm e 1Megaohm); 3. resistori di valore alto (superiore a 1Megaohm). Nei primi l'inserzione del resistore nel circuito presenta problemi relativi alle resistenze “di contatto”, ovvero quelle resistenze addizionali che insorgono nel momento in cui si effettuano i collegamenti tra circuito e resistore, dell'ordine di 10 alla meno quattro ohm e dipendono: - Dall'estensione geometrica della superficie usata per realizzare il contatto. - Dalla pressione esercitata per serrare i morsetti utili alla misura Per cui, quanto più è piccolo il valore ohmico del resistore campione che si intende realizzare, e tanto più è opportuno prevedere morsetti di grosse dimensioni e ben saldamente connessi al circuito di misura. Tuttavia l'esigenza di avere morsetti di grosse dimensioni non coincide con la necessità di definire con precisione la lunghezza del resistore. Da cui, per soddisfare entrambe le suddette esigenze (precisione della lunghezza del resistore ed eliminazione di resistenze addizionali), si aggiungono altri due morsetti. Questi morsetti sono detti morsetti Voltmetrici, sono di dimensioni ridotte, e servono a prelevare la differenza di potenziale che si crea ai loro capi quando la resistenza è attraversata dalla corrente addotta attraverso i morsetti amperometrici. Il valore ohmico del resistore a 4 morsetti si riferisce al tratto di conduttore individuato dai morsetti volumetrici ( V1 e V2 ) che riescono a definire con buona precisione la lunghezza del resistore stesso, mentre i morsetti amperometrici ( A1 e A2 ), essendo di grosse dimensioni, sono usati per addurre la corrente nel resistore senza produrre cadute di potenziale significative. - Campioni di resistenza: problemi nelle misurazioni di valore ohmico elevato Per questi, i problemi che nascono sono connessi con l’insorgenza delle correnti di dispersione (correnti che si chiudono attraverso le conduttanze di dispersione) che possono assumere valori comparabili con il valore della corrente che fluisce all’interno del resistore stesso. Infatti, al crescere del valore ohmico del resistore, le correnti che lo interessano (a parità di tensione impressa) diventano sempre di minore intensità. Quando i valori di resistenza superano l’ordine dei megaohm, anche usando tensioni di un certo valore, le correnti in gioco nei circuiti di misura diventano estremamente piccole per cui assume sempre maggior peso l’effetto delle correnti di dispersione. Tutto ciò si risolve con: - Il fissaggio dei valori delle conduttanze di dispersione tramite apposite schermature, ottenute con il collegamento del resistore campione ad un apposito schermo tramite un morsetto opportunamente collegato in modo da evitare la misura delle correnti di dispersione - Si fa in modo che le correnti di dispersione non attraversino lo strumento di misura. Oltre a quanto detto finora bisogna fare delle considerazioni aggiuntive per la corrente continua ed alternata poiché bisogna compensare gli effetti di natura induttiva e capacitiva. L’effetto induttivo in genere viene compensato ripiegando il conduttore su se stesso in modo da produrre una circolazione di corrente (e quindi il campo magnetico ad essa associato) in metà filo in un verso, e nell’altra metà in verso opposto L'effetto capacitivo invece viene opportunamente ridotto tramite l'impiego di apposite geometrie - Misura di resistenze La scelta del metodo da adottare dipende sia dall’ordine di grandezza della resistenza da misurare sia dall’incertezza desiderata. A tal riguardo, si fa notare che la suddivisione in resistenze di piccolo, medio ed elevato valore è ovviamente grossolana ed ha il solo scopo di evidenziare come certe problematiche abbiano maggiore o minore peso in dipendenza del valore ohmico della resistenza che si desidera misurare. In particolare, useremo i seguenti metodi in base al tipo di resistenza: Caduta di potenziale, per resistenza di valore basso; Ponte di Wheatstone, per resistenze di valore medio; Metodo voltamperometrico, per resistenza di valore alto. - Metodo voltamperometrico (generico) E' il più semplice, basato sull'impiego di un voltmetro ed un amperometro e la legge di ohm. 1) Metto in serie al Resistore Rx un resistore regolabile (reostato di regolazione) ed un amperometro adatto alla corrente che immetterò nel resistore 2) La corrente dovrà essere di valore sufficientemente elevato in modo da provocare indicazioni significative nell’amperometro e nel voltmetro, ma di valore non tanto elevato da provocare un eccessivo riscaldamento della resistenza Rx per effetto joule. 3) Chiudo l'interruttore e metto la resistenza regolabile al massimo 4) A quel punto immetto corrente e abbasso il resistore regolabile finchè sull'amperometro non mi ritrovo la corrente da me immessa per la prova 5) Leggo il voltmetro e ottengo la resistenza facendo V/I 6) Faccio 3 prove da cui una media. In caso di misure incompatibili cerco di capire qual è stato il problema e riprovo 7) Disinserisco il voltmetro, riduco al minimo la corrente tramite il resistore regolabile ed apro l'interruttore togliendo la corrente. Tutte le prime mosse sono necessarie poiché non sono sicuro che la resistenza sia di tipo anti-induttivo - Metodo della caduta di potenziale: resistenze di valore basso Supponiamo di voler misurare la resistenza R di un resistore di basso valore. Tale resistenza sarà realizzata, presumibilmente, con un resistore a quattro morsetti. I due morsetti A1 ed A2 (detti morsetti amperometrici) sono usati per collegare il resistore al circuito di misura mentre gli altri due V1 e V2 (detti morsetti voltmetrici) sono usati per prelevare la caduta di potenziale mediante il voltmetro V. Collochiamo il voltmetro V a valle dell’amperometro A perché la resistenza R è molto minore della resistenza interna del voltmetro. Infatti, nelle ipotesi fatte, la resistenza R di basso valore ohmico sarà dell’ordine di qualche frazione di ohm mentre la resistenza del voltametro sarà almeno di qualche kΩ. Da cui poi semplicemente la resistenza sarà valutata come V/I L'incertezza posso valutarla con l'approccio probabilistico (ricordiamo): Che quindi qui sarà: - La regolazione della corrente per la misurazione verrà regolata tramite RVAr - L'amperometro A servirà a leggere l'ordine di grandezza della corrente di prova, definito preliminarmente in fase di progettazione della misura in base a: - Valori non troppo bassi perchè poi il rapporto tra segnale e rumore sarebbe sconveniente - Valori non troppo alti perchè innanzitutto ogni resistenza ha dei valori di potenza massima dissipabile oltre i quali non si garantisce nulla in merito all'incertezza o alla tolleranza massima, e poi perchè ad un eccessivo aumento di corrente corrisponderebbe un eccessivo aumento di temperatura Tuttavia non c'è sempre la piena garanzia che la corrente sia la stessa nei due istanti in cui misuro la corrente sulle due resistenze, visto che usiamo lo stesso voltmetro per le due misure di tensione, onde diminuire l’incertezza dovuta alla eventuale non-linearità della scala nella misura del rapporto delle tensioni). E quindi Per garantire la stabilità in tensione utilizzo un alimentatore stabilizzato in tensione i cui limiti di incertezza rientrino nell'incertezza desiderata Per garantire la stabilità della corrente invece di fare solo le due misure su Rx ed Rc , ne facciamo anche una terza che serve solo a verificare se durante la prova vi è stata una variazione di corrente. Pertanto, dal punto di vista operativo si procede secondo i seguenti passi: si misura la Vx , poi la Vc e poi nuovamente la Vx. Se il circuito è a regime, la terza misura risulterà uguale alla prima. Quanto detto finora però non contempla eventuali effetti termoelettrici dovuti a forze elettromotrici di contatto, descritti dagli effetti Volta e Seebeck. L’effetto Volta stabilisce che, dal contatto di due metalli differenti nasce una forza elettromotrice, detta appunto di contatto, che dipende dalla natura dei metalli. Se chiudiamo una maglia composta da un certo numero di metalli, la risultante delle forze elettromotrici di contatto è nulla e, quindi, nella maglia non si riscontra alcuna circolazione di corrente. Accanto all’effetto Volta esiste l’effetto Seebeck, che lo particolarizza affermando che l’effetto Volta è vero solo se tutte le giunzioni tra i metalli sono poste alla stessa temperatura, perché la forza elettromotrice di contatto oltre a dipendere dalla natura dei metalli posti a contatto, dipende anche dalla temperatura a cui sono realizzate le giunzioni. Effetto Seeback: un conduttore, con le estremità poste rispettivamente a temperatura T1 e T2 , è sede di un campo elettrico generato dal gradiente termico, che si manifesta con un incremento di tensione secondo la relazione dV =αdt dove alfa è il coefficiente di Seeback e dipende dal tipo di metallo. Da quanto detto, quando effettuo una misura di tensione collegando i puntali di un voltametro ai morsetti del circuito tra cui voglio misurare la caduta di potenziale, la tensione che misuro sarà influenzata anche dalle forze elettromotrici di contatto che si vengono a generare. In particolare, quando collego il voltmetro al circuito di misura realizzo una maglia chiusa. Quindi, se tutte le giunzioni che ho realizzato (quelle dove metto i puntali, quelle che sono collegate al voltmetro, e quelle interne al voltmetro) fossero alla stessa temperatura potrei dire che la lettura del voltmetro non è influenzata dalle forze elettromotrici di contatto perché la somma componente è nulla per effetto Volta, ma se non riesco a garantire questa condizione il voltmetro produrrà una indicazione influenzata dalla presenza delle forze elettromotrici di contatto. Nel metodo voltamperometrico tale problema sussiste in quanto si lavora con correnti abbastanza elevati che, per effetto joule, provocano inevitabilmente riscaldamenti di conduttori. Ne consegue che possono nascere forze elettromotrici che non si possono eliminare, perciò si cerca di evitare che esse influenzino la misurazione, portando a cinque le misure di tensione così: − Misuriamo prima Vx poi Vc. − Invertiamo il verso di circolazione della corrente usando il circuito invertitore − Misuriamo prima Vc poi Vx − Invertiamo ancora il verso della corrente - Misuriamo di nuovo la Vx. La quinta misura ha funzione di controllo e se è uguale alla prima vuol dire che la corrente si è mantenuta costante. Operando in questo modo, sia su Rx che su Rc abbiamo sia una misura a corrente diretta che una a corrente inversa, cambiando il segno della corrente cambia il segno delle cadute di tensione, ma le forze elettromotrici di contatto influenzano la misura sempre con lo stesso segno. - Metodo VoltAmperometrico per resistenze di valore elevato Anche per eseguire questa misura, si usa un metodo voltamperometrico (Fig. 5). Poiché le tensioni in gioco sono dell’ordine dei 500V 1000V, occorre usare un voltmetro (V) di portata opportuna collocato a monte dell’amperometro per minimizzarne gli effetti di autoconsumo. Inoltre, la misura di corrente sarà eseguita usando un nanoamperometro (nA) per avere la necessaria sensibilità di misura (parliamo di resistenze molto elevate quindi correnti molto basse e tensioni altissime). La resistenza Rx è di valore elevato e quindi è realizzata a tre morsetti due dei quali hanno funzione sia di morsetti amperometrici che voltmetrici (le resistenze di contatto sono trascurabili perché sono di molti ordini inferiori rispetto al valore di Rx), il terzo morsetto serve per risolvere i problemi connessi con le correnti di dispersione. Infatti non riuscendo ad eliminare queste correnti l’unico accorgimento che possiamo adottare è evitare che questo elemento di disturbo influisca sulla misura, facendo quindi in modo che le correnti di dispersione non attraversino l’amperometro. Per evitare di danneggiare irrimediabilmente strumenti sensibili come il nano o il milliamperometro, bisogna porre particolare attenzione alle correnti che circolano durante il transitorio iniziale quando si alimenta o si disalimenta il circuito di misura. Alla chiusura di T1 , supponendo inizialmente scarica la capacità parassita in parallelo ad Rx, accade che la resistenza Rx è cortocircuitata e nel circuito circola un picco di corrente uguale al rapporto tra la forza elettromotrice E e la resistenza equivalente secondo Thevenin vista dai suoi morsetti. Tale picco di corrente è quindi elevatissimo: infatti la E=500V÷1000V mentre la resistenza equivalente secondo Thevenin è dell’ordine di grandezza di qualche ohm. È quindi necessario proteggere il nanoamperometro con un tasto di cortocircuito T2 per tutto il tempo richiesto per l’estinzione del transitorio. - Metodo del Ponte di Wheatstone: Questo è il ponte di Wheatstone. Rx costituisce il misurando; • Ra ed Rb sono resistori campione di valore noto; • Rc è un resistore campione a decadi • G è un GALVANOMETRO, sensibile alla differenza di potenziale tra A e B, e che si trova su una diagonale detta diagonale di rivelazione • Il circuito sottostante è un circuito di alimentazione potenziometrica Si dice che il ponte è in equilibrio quando il galvanometro è sullo zero, quindi quando il suo indice è sulla posizione zero. Durante l’esecuzione della misura, la tensione E sostiene una corrente I che si ripartisce tra i due rami comprendenti, rispettivamente, il nodo A e il nodo B. In condizioni di equilibrio, è nulla per definizione la corrente che fluisce nella diagonale di rivelazione IG e quindi risulta (per la legge di kirchoff sui nodi): IA = IB IX = IC E considerando che, per IG NULLA risulterà anche VG, e quindi VAB nulla, avrò che (stavolta sulle maglie) IARA = IXRX IBRB = ICRC Da ste relazioni qua, si ottiene la relazione di equilibrio del ponte: Rx= Ra Rc Rb Pertanto, agendo sulla resistenza a decadi RC, si realizza la condizione di equilibrio e poi, applicando la relazione precedente (essendo noti RA, RB ed RC) si ricava il valore del misurando RX. Poiché nella fase iniziale della misura, il valore della resistenza incognita RX potrebbe essere anche molto diverso da quello che soddisfa la condizione di equilibrio, la corrente nella diagonale di rivelazione AB potrebbe essere molto maggiore di quella sostenibile dal galvanometro G. Per scongiurare il pericolo di danneggiare il galvanometro, si alimenta tramite il potenziometrico il ponte con tensioni inizialmente sufficientemente piccole (tali cioè da produrre correnti di squilibrio inferiori alla portata del galvanometro anche in condizioni di forte squilibrio iniziale). Infatti, bassi valori della tensione di alimentazione riducono la sensibilità del ponte che produce bassi valori di corrente di squilibrio anche in condizione di forte squilibrio. Per fornire poi ulteriore protezione si imposta un galvanometro con sensibilità bassa. Quando poi opero opportunamente sul resistore a decadi RC posso ridurre a poco a poco la tensione perchè il ponte sarà sempre più bilanciato. Aumentando poi la sensibilità potrò aumentare a poco a poco le decadi meno significative del resistore campione fino a raggiungere il tanto agognato bilanciamento. Certo, può accadere che visto che la sensibilità minima è stabilita dalla decade meno significativa di sto resistore campione, può accadere non sempre che si riesca a raggiungere lo zero. Magari imposto un valore e l'indice si trova a destra dello zero, poi lo vario di 0.1 ohm che è solitamente la sensibilità minima e poi si trova a sinistra. A questo punto risolvo il problema tramite un procedimento di interpolazione che mi consente di capire sulla base dei valori destro e sinistro ottenuti con la variazione di sensibilità minima e dell'ipotesi di linearità del galvanometro attorno allo zero, quale sarebbe teoricamente il valore che mi avrebbe portato al bilanciamento. Questo ipotetico valore di Rc0 si ottiene tramite la formula: Rc0=sensibilità minima ohm sinistro sinistrodestro - Incertezza nel Ponte di Wheatstone: - Incertezza di sensibilità Il fattore di incertezza di sensibilità è dovuto al fatto che si tratta di uno strumento basato sul raggiungimento di un punto di 0. E quindi potrei avere semplicemente una corrente talmente piccola da non essere rilevabile dallo strumento in questione ed indicata quindi come 0. Per trovarla esistono due approcci: uno a priori ed uno a posteriori. DEFINIZIONE: La variazione virtuale infinitesima dRx da dare ad Rx e che induce la minima variazione apprezzabile sul rivelatore di zero G, diviso radical 3 = se con Rx il ponte risulta bilanciato, ed Rx aumenta di valori inferiori a dRx, il galvanometrò rimarrà sullo zero. Il fattore moltiplicativo √3 è determinato dal passaggio da un’indicazione di tolleranza ad una di incertezza attraverso l’attribuzione di una distribuzione uniforme all’errore. - Metodo sperimentale per il ponte di Wheatstone Devo trovare un'espressione alternativa a quella detta in DEFINIZIONE poiché l'approccio, in quanto sperimentale, richiede l'operazione su grandezze reali anziché quelle variazioni virtuali immesse nella definizione. Quindi faccio sta relazione, la sostituisco nella relazione d'equilibrio del ponte, poi divido su Rx ed ottengo che ad una variazione relativa virtuale di Rx corrisponde una variazione relativa reale di Rc. Certo per definizione ad una variazione dRx il galvanometro si sposta del minimo deltaL, mentre ad una variazione dRc il galvanometro può spostarsi di più di deltaL Tuttavia posso fare ipotesi di linearità del ponte intorno al punto d'equilibrio. E quindi che la corrispondenza di una qualunque variazione DeltaC rispetto ad una variazione DeltaL, sia proporzionale alla corrispettiva variazione infinitesimale. I valori di DRc e Dλ possono essere ottenuti come la differenza in valore assoluto fra i valori Rs e Rd, e λs e λd ricavati durante la fase di determinazione numerica di R0 - Metodo teorico per il ponte di Wheatstone Per l'approccio teorico devo innanzitutto fare il circuito equivalente vista ai morsetti AB di collegamento del galvanometro La resistenza vista dal galvanometro si valuta sostituendo all'alimentazione E un corto circuito. Ra parallelo Rb + (serie) Rx Parallelo Rc Quindi : differenza delle due tensioni = Generatore per Resistenza di cui misuro la prima ddp fratto lei più quella in serie meno Resistenza di cui misuro la seconda ddp fratto lei più quella in serie A questo punto ho ottenuto il seguente circuito equivalente secondo Thevenìn Da cui, la corrente IG sarà ovviamente uguale a E0 fratto Req+Rg resistenza interna del galvanometro. - Convertitori AC/DC (alternata/continua) La misurazione di parametri caratteristici di tensioni alternate, quali ad esempio il valore di picco, di picco-picco, il valore efficace o quello medio convenzionale, può essere realizzata mediante l’impiego di voltmetri per la misura di tensioni continue a cui sono aggiunti stadi di ingresso che con sentono di ottenere in uscita un segnale proporzionale alla grandezza d’interesse. - Misuratore di tensione di picco Partiamo dalla definizione di DIODO, resistore non lineare In un ipotesi detta di caratteristica di funzionamento ideale, quando il diodo riceve in ingresso una tensione positiva si comporta come un resistore di valore ohmico molto basso, idealmente nullo. Invece quando riceve in ingresso una tensione positiva si comporta come un resistore di valore ohmico alto, idealmente infinito (Contropolarizzato) Dopo un iniziale transitorio che qui non mi interessa, la tensione ai capi del condensatore (che corrisponde a V0), si porta al valore di picco Vp di Vi. A questo punto ovviamente la tensione in ingresso comincia la fase di discesa (è un segnale periodico). Sul diodo a questo punto allora ho una Vd negativa, ergo non conduce una ceppa. Il condensatore comincia la scarica grazie alla presenza della resistenza R, con una costante di tempo Roff parallelo R per C, ed essendo Roff molto maggiore di R sarà quindi approssimativamente RC. Se tale costante di tempo è scelta in maniera opportuna—ovvero tale da essere τ ≫ T, con T periodo del segnale d’ingresso— allora la scarica, che in linea teorica assume un andamento esponenziale, si può approssimare con una retta, tanto meno pendente quanto maggiore è la costante di tempo τs. Tutto ciò prosegue finchè V0 non incontra nuovamente Vi. A questo punto Vd sarà di nuovo positivo ed il diodo ricomincerà a condurre. Quindi avverrà la carica del condensatore con costante di tempo R parallelo R on per C, che visto e supposto Ron molto minore di R, sarà approssimativamente RonC Dalla resistenza offerta dal diodo nelle due fasi, e dal valore di R e C dipende ovviamente l’andamento delle due fasi. In linea teorica, sarebbe preferibile avere τs = infinito e τc = 0 in modo che l’andamento del segnale d’uscita rappresenti il segnale V0 in figura, che rappresenta proprio il picco del segnale d'ingresso. Tuttavia tale condizione è di difficile realizzazione, per cui si verificherà un segnale come in V'0. Il segnale risultate Vo′, ovviamente, non rappresenta il valore di picco del segnale: tuttavia, se Vo′ viene posto all’ingresso di un voltmetro ad integrazione l’indicazione che se ne ottiene è certamente legata al valore di picco del segnale, sebbene essa risulti più bassa a causa della presenza del ripple, ovvero delle fluttuazioni del segnale Vo′ dovute appunto alla non idealità delle fasi di carica e scarica del condensatore. - Misuratore picco-picco Serve alla misurazione del valore picco-picco di tensioni non costanti nel tempo Formato da due dispositivi: quello di sinistra, costituito da un condensatore e un diodo, ha lo scopo di presentare in uscita, una volta esaurito il transitorio iniziale, la tensione Vd pari alla tensione Vx privata del suo valore di picco Vp. Il funzionamento del dispositivo a sinistra è così: 1) Applico in ingresso una tensione incognita corrispondente ad una sinusoidale + costante 2) Suppongo il condensatore inizialmente scarico 3) Nella maglia formata dal primo congegno fluisce una corrente che porta il diodo in induzione, inducendo su di esso una tensione per ipotesi di idealità nulla 4) Nel frattempo, la corrente carica il condensatore con la stessa velocità con cui evolve la tensione d’ingresso. Poiché la Vd in questa fase è nulla, risulta banalmente Vc = Vx. 5) Giunto al valore massimo, ovvero alla tensione di picco Vp, l’ingresso inizia la sua fase discendente. 6) Da questo momento in poi, poiché il condensatore tende a mantenere la tensione ai suoi capi costante al valore Vp, il diodo si trova in interdizione perché la tensione ai suoi capi è Vx − Vc = Vx − Vp < 0. (semplice legge delle maglie) 7) In uscita a questo congegno avrò pertanto la tensione d'ingresso privata del suo valore di picco, che risulta di valore negativo Questa tensione in uscita andrà al secondo congegno, che altro non è che un misuratore di picco con diodo invertito rispetto a quello precedentemente illustrato visto il segno meno. I voltmetri di picco e di picco picco hanno, generalmente, la scala tarata in valore efficace; in ipotesi di segnale sinusoidale, è possibile ricavare il valore di picco mediante la nota relazione: Questa relazione è valida solo per segnali sinusoidali: per altre classi di segnali, quindi, bisogna buttarsi su misuratori effettivi di valori efficaci (come le termocoppie) - Misuratore di valor medio - Raddrizzatore a singola semionda 1) Quando il segnale d’ingresso Vi è positivo il diodo conduce e in condizioni di idealità la caduta di tensione ai suoi capi è nulla. Pertanto l’uscita Vo sarà banalmente la replica dell’ingresso Vi. 2) Quando invece Vi è negativo, il diodo è in interdizione e l’assenza di corrente rende nulla la tensione sulla resistenza d’uscita, e di conseguenza il segnale Vo. Certo, in questo modo le tensioni negative non sono propriamente portate al valore positivo, ma letteralmente annullate. Quindi, per ottenere il valore medio convenzionale posso operare in due modi: - Integrare il segnale Vo sul semiperiodo del segnale d'ingresso Vi - Integrare il segnale Vo su tutto il periodo del segnale d'ingresso e poi moltiplicare il tutto per 2 Infine c'è da dire che nel caso di funzionamento reale il diodo ha una tensione di attivazione effettivamente differente da 0, e quindi la tensione di uscita rimarrà ferma al valore 0 per tutto il tempo in cui la tensione in ingresso è minore di quella sul diodo. - Raddrizzatore a doppia semionda Quattro diodi montati a coppia ed una resistenza dal quale viene prelevato il segnale in uscita. Quando il segnale d’ingresso Vi è positivo, sono in conduzione i diodi D1 e D4, e il segnale d’uscita ai capi della resistenza è, in condizioni ideali di funzionamento dei diodi, la replica del segnale d’ingresso. La corrente in questo caso fluirà dall’alto verso il basso, nel verso indicato dalla freccia. Quando la tensione d’ingresso è negativa, saranno attivi i diodi D2 e D3,ma poichè anche in questo caso la corrente fluisce secondo lo stesso verso del caso precedente, la tensione sarà ancora positiva. - Contatori numerici Misurare il tempo che intercorre tra due eventi significa confrontare due intervalli di tempo, quello sotto misura e uno campione, preso come riferimento. Scelto un generatore di impulsi stabile in frequenza, la misurazione può avvenire conteggiando il numero di impulsi che si ripetono nell’intervallo di tempo da misurare. Analogamente, la misura della frequenza di un segnale periodico può avvenire conteggiando il numero di oscillazioni del segnale che si verificano in un intervallo di tempo campione. Il contatore è uno strumento utilizzato per eseguire la misurazione di diverse grandezze, quali la frequenza, il periodo, l’intervallo di tempo ed il conteggio di impulsi con elevata precisione. Per questo motivo viene chiamato anche contatore universale. E posso usarlo per: - Vedere per quanto tempo un componente è attivo - Misurare i parametri dei segnali impulsivi come il tempo di salita e discesa - Vedere la lunghezza di un cavo elettrico tramite il tempo impiegato da un segnale ad attraversarlo - Misurare lo sfasamento introdotto da un circuito analogico Alcuni contatori possono inoltre eseguire operazioni sui valori misurati, come la media di una serie di misure o il confronto tra il valore misurato ed uno di riferimento oppure altre semplici elaborazioni dei dati. Il contatore universale è costituito da 5 blocchi fondamentali: 1. il circuito d’ingresso; 2. la base dei tempi (oscillatore e catena di divisori); 3. la porta logica (gate); 4. il circuito di controllo; 5. l’unità decimale di conteggio e visualizzazione. - Stadio di ingresso - Un circuito di accoppiamento AC/DC: - Nella posizione DC il segnale è inviato direttamente all'attenuatore, - Mentre nella posizione AC viene inserita una capacità in serie, che provvede ad eliminare la componente continua del segnale - Un attenuatore RC che consente di variare sia la sensibilità che l’ampiezza della finestra di trigger. - Un limitatore di tensione a diodi per protezione da eventuali sovraccarichi - Un convertitore di impedenza con regolazione di livello che trasforma l'alta impedenza in entrata in una bassa d'uscita - Un trigger di Schmitt che converte i segnali in impulsi logici: esso provvede a squadrare i fronti del segnale e permette, con la sua isteresi, di ridurre la sensibilità al rumore. L’isteresi del circuito di Schmitt produce una finestra di trigger, anzichè un solo livello, e quindi vengono prodotti impulsi in uscita solo quando l’ampiezza delle variazioni del segnale d’ingresso è sufficientemente elevata. Lo stadio d’ingresso prevede un controllo di pendenza che determina il funzionamento del trigger di Schmitt con segnali a pendenza positiva (+), per i quali si genera un impulso in corrispondenza dell’attraversamento del livello di trigger superiore, o negativa (-), per i quali si genera un impulso in corrispondenza dell’attraversamento del livello di trigger inferiore. Se lo strumento è troppo sensibile, avendo uno stadio d’ingresso a larga banda, può risultare sensibile al rumore. La sensibilità deve essere comunque correlata con l’impedenza d’ingresso, poiché maggiore è l’impedenza e maggiore è la sensibilità ai disturbi. - Base dei tempi La misurazione di grandezze come la frequenza, il periodo o l’intervallo di tempo, richiedono l’utilizzo di una base dei tempi di elevata stabilità e precisione. Essa dovrà inoltre consentire la massima flessibilità per quanto riguarda sia i tempi di abilitazione della porta logica che la frequenza del segnale che viene generato. Essa è costituita da un oscillatore molto stabile, eventualmente esterno, al quarzo e da una serie di “divisori”. - Porta logica Il segnale, condizionato dal circuito d’ingresso, attraversa la porta che generalmente è una porta logica (gate) a due ingressi: ad uno di essi viene collegato il segnale in esame, mentre all’altro un segnale di abilitazione fornito dal flip-flop del circuito di controllo, ai cui ingressi sono applicati i segnali di “start e di “stop, che quando mi trovo su start tutto viene inviato al circuito di conteggio e visualizzazione. Questa porta può avere delle limitazioni in frequenza tali che non posso garantire che vengano seguite le escursioni del segnale nella loro interezza e quindi potrei perdere qualche impulso. - Circuito di controllo Durante il ciclo di misurazione le condizioni operative devono essere controllate in modo che tutte le fasi siano eseguite correttamente. Questo compito viene assolto dal circuito di controllo, il quale esegue: • Il controllo della porta logica; • La generazione di un impulso di azzeramento (reset) per le decadi di conteggio e per i divisori della base dei tempi; • Il controllo del tempo di visualizzazione; • La generazione del segnale di controllo della memoria; • Il controllo di eventuali porte d’uscita verso la stampante o verso un computer. Costituita da un microprocessore. - Conteggio e visualizzazione • Un contatore a decadi che ovviamente procede dalla decade meno significativa che quando viene superata manda un impulso di riporto a quella superiore che incrementa; • Una memoria che consente di mantenere la visualizzazione mentre si effettuano le misurazioni successive; • Un decodificatore da formato BCD a formato decimale; - Misurazione diretta di frequenza Dove x(t) è il segnale di frequenza incognita Il blocco di condizionamento genera un impulso di tensione al termine di ogni ciclo, riproducendone proprio la frequenza, ma rendendola anche più semplicemente misurabile Il clock è un oscillatore, quindi un generatore di segnale di frequenza nota e stabile nel tempo Il blocco di condizionamento del gate attenzione non fa la stessa cosa del condizionamento del segnale ma genera un segnale rettangolare di durata Tc detto tempo di gate o di porta e che rappresenta il tempo campione. Il suo fronte di salita determinerà il segnale di start del conteggio Il suo fronte di discesa determinerà quello di stop Conteggio e visualizzazione pure un mongo capisce cosa sono Scelto un tempo di gate Tc, conteggiati N impulsi e determinato Tx periodo del segnale ho: Tc uguale in quantizzazione a Ntx E quindi frequenza x uguale in quantizzazione ad N/Tc (sono semplici passaggi di equazione) L'uguale in quantizzazione comporta il solito errore di frazioni di periodo contate in eccesso o in difetto. La risoluzione semplice invece semplicemente cresce all'aumento del tempo di gate. (perchè parliamo di crescita risoluzione come di diminuzione del relativo valore.) Per questo ci sono insiti rappori di proprzionalità inversa. - Misura diretta di periodo La risoluzione relativa invece è DeltaT/Tx = 1/N come nella misura diretta di frequenza, e che dimostra che la risoluzione crescerà all'aumentare del numero di impulsi conteggiati e per un fissato valore di Tc, al crescere di Tx. - Contatori reciproci Gli strumenti di misura che consentono di effettuare entrambe le misurazioni, sia di periodo sia di frequenza, prendono il nome di contatori reciproci. Essi contano il numero di impulsi associati sia al segnale di ingresso (fx) sia al segnale di riferimento (fc), che si verificano durante un dato tempo di misura, Tm. Notando che, per garantire la migliore risoluzione relativa occorre effettuare misurazioni di periodo per frequenze inferiori a fc, e misurazioni di frequenza per frequenze maggiori di fc, esso innanzitutto garantisce misure alla miglior risoluzione possibile. A seguito infatti del confronto tra : - Il numero di conteggi, N1, che caratterizzerebbero una misura diretta di frequenza - E quelli, N2, peculiari ad una misura diretta di periodo se risulta N1>N2 viene operata una misurazione di frequenza, altrimenti una misurazione di periodo, come indicato dalle seguenti relazioni: Presentando poi la grandezza richiesta eventualmente facendone il reciproco. - Incertezza nei contatori Per la misura della frequenza è dovuta a due contributi: l'errore di conteggio dovuto al fatto che il tempo di GATE Tm può non essere un multiplo di Tc, quindi posso contare un impulso in più o in meno. L'altro contributo invece è dovuto alla stabilità del clock che se non termostatati, presentano valori dell’ordine di 10-5 ¸10-6 , mentre se termostatati la loro stabilità si attesta intorno a 10-8 ¸10-9 . Si osserva che non è utile aumentare la risoluzione di misura quando l’incertezza associata al conteggio ha lo stesso peso dell’incertezza associata al clock Peggiore è il rapporto segnale rumore e maggiore è l’incertezza sul prodotto. Il senso di tale contributo legato al tempo t di e deriva dalla possibilità che commutazioni spurie legate al rumore attivino segnali di start o di stop, alterando il numero di conteggi e pregiudicando la bontà della misura. E questo contributo sarà minimo in presenza di derivata del segnale massima. - Termocoppie La termocoppia è un circuito elettrico costituito da due conduttori metallici, di differente materiale, saldati alle estremità per formare due giunzioni. In presenza di una differenza di temperatura tra le due giunzioni si genera , per effetto Seebeck, un flusso di cariche elettriche Aprendo una delle due giunzioni è possibile misurare una forza elettromotrice la cui polarità ed intensità è funzione del tipo di metallo e della temperatura alle giunzioni. - Effetto Peltier Effetto Peltier - è il duale dell’effetto Seebeck: una corrente elettrica di intensità I che circola in una termocoppia, provoca, per effetto Joule, una variazione di temperatura alle giunzioni. Se le due giunzioni J1 e J 2 sono inizialmente alla stessa temperatura, T1 = T2 , il passaggio della corrente I attraverso la giunzione J 2 ne determina il riscaldamento e la potenza dissipata da codesto J2 sarà Pd = Resistenza di j2 per I al quadrato. In regime di equilibrio termico, la potenza termica dissipata è pari a quella trasmessa alla giunzione Da cui si evince che la tensione ai capi della termocoppia è proporzionale al quadrato del valore efficace della corrente. Ciò motiva la scelta delle termocoppie per le misure di valore efficace. L’elevata sensibilità riscontrabile conferisce alla misura una buona qualità, ma questo tipo di soluzione, detta a riscaldamento diretto perché la corrente fluisce direttamente nella termocoppia, non consente una separazione elettrica tra il circuito di misura e quello sotto osservazione, generando indesiderati effetti di sovraccarico: valori di corrente relativamente elevati possono danneggiare la termocoppia. Si usa pertanto una metodologia detta a riscaldamento indiretto, in cui prima si fa passare la corrente in una resistenza di valore noto e poi con il riscaldamento per effetto joule di tale resistenza si riscalda la termocoppia. La metodologia costruttiva prevede che si interponga tra la resistenza e la giunzione un materiale che sia al contempo un buon isolante elettrico e un buon conduttore termico, come, ad esempio, il biossido di Titanio. I problemi in uno schema del genere sono: 1. Piccola sovraccaricabilità – per evitare la rottura del trasduttore, l’intensità della corrente non può essere troppo elevata; 2. Stabilità – esiste un limite alla validità del legame lineare tra la variazione di temperatura e la tensione rilevata; 3. Riferimenti termici costanti – l’ipotesi di T1 costante è riferita alla temperatura ambiente. Quest'ultimo problema è risolto da una soluzione circuitale del seguente tipo: In una soluzione del genere: Suppongo le due termocoppie come perfettamente uguali Suppongo nulle le tensioni alle giunzioni di entrambe le termocoppie V1 = 0 perchè R non si è ancora riscaldata V2 = 0 poiché la tensione di uscita Vu sarà ancora nulla Durante un transitorio breve il riscaldamento di R1 causa un aumento di V1 Si rileva uno squilibrio agli estremi dell'amplificatore differenziale L'amplificatore a guadagno G eroga una corrente che riscalda la seconda termocoppia tendendo a compensare lo squilibrio 8) L'uguaglianza tra V1 e V2 viene raggiunta con una precisione pari al guadagno dell'amplificatore 9) Vu, pari alla caduta di tensione tra A e C, sarà continua in quanto continue V2 ed a causa della progettazione dell'amplificatore differenziale messo lì per fare passare la sola componente continua 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) Permangono tuttavia altre cause di incertezza, tra le quali: · il guadagno G è finito, · le termocoppie non sono perfettamente uguali, · la seconda termocoppia, a differenza della prima, lavora sempre in continua, mentre la prima lavora in alternata; ciò significa che, pur essendo perfettamente uguali, il comportamento delle due termocoppie può essere differente al variare della frequenza del segnale in ingresso