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- Propagazione degli errori:
Poi faccio il differenziale della quantità
- Effetto Josephson per campione di forza
elettromotrice
− Se st’intensità di corrente è, in modulo, inferiore ad un valore di soglia Ic, non
si rileva alcuna differenza di potenziale fra gli elettrodi di piombo e niobio
− Se st'intensità di corrente supera l'Ic si rileva una caduta di potenziale
− Se st'intensità aumenta ancora il dispositivo finisce per comportarsi come
una resistenza
A sto punto inondo il tutto con un'onda elettromagnetica. A causa dell'onda la
caratteristica tensione/corrente del tutto si linearizzerà. Non del tutto però.
Microscopicamente infatti la caratteristica risulta ancora discontinua ma è
regolare e lineare a tratti. La tensione di Josephson è proprio la tensione dell’nsimo
tratto V in cui la caratteristica è lineare, definibile attraverso due costanti
universali: la costante di Planck h e la carica dell'elettrone e.
h
V = n 2 e frequenza
Da cui, se definisco la costante di Josephson come 2e/h (quindi attenzione il
reciproco di ciò che si vede nella formula), sarà n per uno su costante di josephson
per frequenza.
Dalla caratteristica tensione/corrente, contando i tratti a tensione costante, è possibile
misurare la differenza di potenziale ai capi della giunzione per via
indiretta,misurando la frequenza dell’onda incidente. Poiché le misure di
frequenza sono basate sull’uso di campioni di tempo, notoriamente affetti da
incertezze molto ridotte, la determinazione della f.e.m. è praticamente affetta dalla
sola incertezza con cui si conosce il valore della costante di Josephson.
- Effetto Hall quantizzato per campione di
resistenza
La lamina è di un qualunque materiale semiconduttore.
Datogli quindi il campo e la corrente I tra le facce laterali, nasce poi sulle facce
rimanenti una tensione detta Tensione di Hall che assume valori definiti dalla
costante di Planck e dalla carica dell'elettrone così:
Eh=
h
moltiplicato ancora per corrente
n per e al quadrato
Da cui deduco che la tensione è quantizzata in quanto capace di assumere valori
lungo tutto n
Attenzione mentre nell'effetto Josephson la costante presa in considerazione era
proprio di Josephson ed era la reciproca di quella in formula, qui è
semplicemente lei, ma con n=1.
- Il condensatore calcolabile
Si basa su quattro elettrodi cilindrici ad assi paralleli (quindi la disposizione)
Con sezione trasversale di forma qualsiasi e dimensione assiale indefinita (quindi
la forma)
Posti a distanza infinitesima (la distanza ideale)
Più altri due elettrodi cilindrici sempre sullo stesso asse ma separati da una
distanza A (gli altri due tubi)
Racchiusi in uno schermo tubolare (l'involucro)
Ed immersi in un qualunque dielettrico isotropo ed omogeneo (Esempio il vuoto)
Chiamiamo C13 la capacità che si crea, per unità di lunghezza degli elettrodi, fra gli
elettrodi 1 e 3 quando gli elettrodi 2 e 4 sono collegati allo schermo E.
Analogamente chiamiamo C24 quella che nasce, per unità di lunghezza degli
elettrodi, fra gli elettrodi 2 e 4 quando gli elettrodi 1 e 3 sono collegati allo
schermo. Sono dette le capacità incrociate specifiche.
- Media e varianza
Spesso invece di usare sigma si usa radice quadra di sigma al quadrato, che sarà
dimensionalmente omogenea quindi con la media, ed a cui darò il nome di
incertezza, ovvero quanto certe grandezze distano dalla media.
Fx è la funzione di distribuzione di probabilità, ottenuta prendendo l'istogramma
delle frequenze relative, normalizzandolo per un ampiezza delta x (quindi non
moltiplicandolo per Dx, ma dividendolo) , e facendo il limite per delta x tendente a
zero.
Essendo una densità di probabilità, non rappresenta la probabilità che avvenga
l’evento x ma la probabilità che si verifichi un evento all’interno di un intervallo
di x centrato in x. Ed ha l'importante proprietà che nell'intervallo -infinito infinito è
sempre uguale ad uno.
Tuttavia non essendo sempre semplice o conveniente ottenere così la media o la
varianza, ne faccio piuttosto delle stime, da cui le formule di media e varianza
campionaria.
- Propagazione delle incertezze
1) Prendo la normale formula delle misure indirette come nella propagazione
degli errori
2) Suppongo che “si possa linearizzare intorno alle stime xie”, cosìcchè ho:
3) Scrivo ye, faccio che è uguale a sta formula qua, ma metto un E e parentesi
quadre sia al primo membro che prima della parentesi tonda della
sommatoria (che sarebbe la media tra i due valori)
4) E dal momento che la media di (xi – xie) è sempre 0, ho che:
(cioè ho dimostrato che ciò che vale per la formula normale vale anche per le
stime. Detto in termini ingegneristici, dice che se y si può linearizzare intorno alle
stime xi,e, allora la stima di y è uguale alla funzione f(.) calcolata proprio nei
punti delle singole stime delle variabili x)
5) Per capire poi quanto una y dista dalla sua media devo calcolarne la
varianza
6) La varianza sarà quindi semplicemente Media di (y – ye) al quadrato
7) Tale quantità sarà uguale esattamente alla sommatoria del punto due, ma
messa in parentesi, fatta al quadrato, e con l'operatore E attorno
8) A sto punto quello che mi serve è il calcolo di tale sommatoria. Ed essa sarà
pari ad una somma di due membri
9) Il primo è semplice, è la formula del punto sette in cui la E è collassata solo
sulla parentesi tonda finale, mentre il quadrato è collassato sia sul delta f su
delta x, che sulla parentesi tonda finale.
10) Il secondo è più complesso. Innanzitutto c'è un 2 perchè doppio prodotto.
11) Poi due segni di sommatoria: uno con i che va da 1 ad n-1 , ed uno con j che
va da i+1 ad n (consecutivi quindi).
12) Poi la derivata parziale in i e j
13) Ed infine l'operatore E con xi-xie, ed xj-xje)
14)
Da cui, ecco la formula:
15) Infine, posso scrivere che la formula nel punto tredici è uguale alle incertezze
su i e j, da cui la formula del punto 14 diventa
- Incertezza A e B:
Ovvero, stima tramite media campionaria e poi l'incertezza di tale stima sarà pari a
- Fattore di copertura k dal libro
- Amperometri:
Voglio misurare la corrente assorbita da un resistore R.
R0 è la resistenza del generatore
Rprimo la resistenza equivalente del circuito
Essendo la corrente con Equivalente Thevenìn uguale a
GENERATORE/RESISTENZE (una R0+Rprimo), aggiungendo un amperometro in
SERIE al carico, diverrà:
- Essendo SEMPRE GENERATORE/RESISTENZE, ma ora resistenze = R0+R (non
più primo)+Ramperometro), sarà meglio che, perchè la corrente sia vicina a quella da
misurare, Ramperometro sia quindi molto piccola
- Voltmetri:
Essendo la tensione con Equivalente Norton:
GENERATORE X (R/R0+Rprimo)
Adesso aggiungo una resistenza in parallelo, e quindi la formula diverrà
GENERATORE X (R IN PARALLELO A RVOLTMETRO)
------------------------------------------------R0 + R IN PARALLELO A RVOLTMETRO
il che dirà che V', ovvero, la tensione dopo che ho inserito l'amperometro, sarà tanto
più vicina alla corrente effettiva che circola nel circuito in misura a quanto
RVOLTMETRO SARA' MOLTO MAGGIORE DI R, RESISTENZA DA
MISURARE
- Autoconsumo
L' effetto degli strmuenti di misura viene valutato sulla base dell'autoconsumo: un
amperometro dissipa (POTENZA DISSIPATA) per effetto Joule una quantità di
energia pari a:
AMPEROMETRO: Pd = I AL QUADRATO PER R
DA CUI DEDUCO ANCHE DEVO RIDURRE LA RESISTENZA EQUIVALENTE
ONDE RIDURRE AL MINIMO IL CONSUMO
VOLTMETRO: Pd: V AL QUADRATO SU R, DA CUI DEDUCO CHE,
VICEVERSA, DEVO RIDURRE LA RESISTENZA EQUIVALENTE ANCHE PER
RIDURRE AL MINIMO IL CONSUME
- Strumento magnetoelettrico
E' fatto da:
- Un magnete permanente
- Il traferro a sezione circolare:
- La bobina di sezione rettangolare, posta all'interno del traferro ed ancorata
mediante una molla che consente una ROTAZIONE INTORNO ALL'ASSE DEL
TRAFERRO.
Funzionamento:
1) La bobina è percorsa dalla corrente I
2) Tale corrente interagisce con il campo magnetico B del traferro
3) La forma del traferro rende il campo magnetico RADIALE verso il centro del
traferro
Tutta questa interazione magica provoca una forza, che sarà uguale a
F = B X N I X ELLE. Dove B è il campo magnetico, N il numero spire della bobina,
I la corrente, e ELLE l'altezza della bobina.
La bobina ha una rotazione tramite un braccio di d/2, dove d è la LARGHEZZA
della bobina (di dimensione convenzionalmente uguale al diametro del traferro).
Il campo B sarà sempre radiale rispetto al traferro, indipendentemente
dall'angolo di rotazione della bobina => (conseguenza più che ovvia) F SARA'
SEMPRE DIRETTA LUNGO LA TANGENTE AL CERCHIO DI ROTAZIONE, da
qui, la coppia di forze che determinerà la rotazione (COPPIA MOTRICE sarà uguale
a:
Cm = 2 F X d/2 = F x d = B X NI X ELLE x d = (metto in un unica COSTANTE
MOTRICE IL VALORE B X N X ELLE X d)
kmotrice I
A tale rotazione si opporrà l'azione della molla (che ha il doppio uso di portare anche
la corrente alla bobina), proporzionale allo spostamento angolare.
Cr = kmolla delta, dove delta è lo spostamento angolare, che ovviamente più è, e
più la molla tira
Per cui, quando le due coppie si eguagliano (raggiungimento dell'equilibrio) ho che
Cm = Cr =>
kmolla delta = kmotrice I =>
delta = (kmotrice I/kmolla) => metto la I fuori =>
kmotrice/kmolla sarà S, sensibilità in corrente, ovvero variazione angolare delta
causata da immissione di unità di corrente
delta = SI.
- Amperometro tramite magnetoelettrico
La bobina può essere soggetta a riscaldamenti eccessivi, motivo per cui può essere
sottoposta a correnti dell'ordine massimo di MILLIAMPER.
Tuttavia posso aumentare la portata dello strumento mettendo la resistenza di shunt
in parallelo al milliamperometro, che fa si che
I CHE CIRCOLA NEL MILLIAMPEROMETRO =
I EFFETTIVA MOLTIPLICATA PER (RSHUNT/RSHUNT+RA)
Da cui ho che la resistenza deve avere un valore tale da portare la corrente al valore
di fondo scala del milliamperometro nel momento in cui abbia in ingresso la
massima corrente che voglio misurare. Da cui sostituisco nella formula precedente
MILLIAMPEROMETRO con IFONDOSCALA, e IEFFETTIVA con IMAX, ed
ottengo che
Rs = Ra(IFS/IMAX-IFS)
- Voltmetro tramite magnetoelettrico
Posso realizzarlo immettendo in serie allo strumento magnetoelettrico (al
milliamperometro) una resistenza MOLTO ELEVATA. La corrente che circolerà nel
circuito sarà:
I = (V/Rv+Ra (resistenza amperometro))
E quindi devo vedere che resistenza utilizzare. Quella necessaria affinchè con la
tensione massima Vmax che voglio misurare si raggiunga il fondo scala IFS (stessa
cosa immetto nella formula precedente Vmax al posto di V e IFS al posto di I, e poi
calcolo tutto in funzione di Rv).
Rv = Vmax/IFs
- Strumento elettrodinamico
Essenzialmente basato sull'interazione tra correnti che girano in uno stesso circuito.
Formato da:
- Una bobina fissa con spire dalla sezione maggiore in cui gira la corrente if
- Una bobina mobile con spire dalla sezione minore in cui gira la corrente im
Alla bobina mobile è fissato un ago la cui posizione indica lo spostamento angolare
delta rispetto alla sua posizione di riposo. Nel sistema formato da cotali due bobine è
immaginata un energia magnetica pari a:
½ Induttanza bobina fissa per (corrente if al quadrato) +
½ Induttanza bobina mobile per (corrente im al quadrato) +
Mutua induttanza bobine per corrente if per corrente i m
(ricordati che if e im sono sempre funzioni della variabile tempo)
Inoltre posso dire che la coppia motrice sarà uguale alla derivata di tale energia
magnetica, che poi sarà la derivata del solo ultimo termine della sommatoria
rispetto allo spostamento angolare (e questo perchè l'unica variabile dipendente da
DELTA è MUTUA INDUTTANZA).
Tale dipendenza è di tipo cosinusoidale. Tuttavia nell'ipotesi di un intorno di
pigreco/mezzi (intorno di ampiezza di circa pigreco/quarti), tale dipendenza è di
natura lineare ed in tale intorno la Cm risulterà proporzionale al prodotto delle
correnti nelle due bobine per una costante kmotrice (pari alla derivata della M.I. In pi
greco mezzi), da cui gli assegno il nome di strumento a prodotto.
Similmente a ciò che accade nel magnetoelettrico, la bobina mobile è ancorata ad
una molla, la cui forza di richiamo è sostanzialmente la coppia che si oppone a
quella motrice (resistente).
Quindi l'equilibrio è sempre Cm=Cr =>
kmotrice x if x im = kmolla x spostamento delta =>
spostamento delta uguale al rapporto costante motrice su costante molla per le
due correnti, e prenderò anche qui, similmente al magnetoelettrico, il rapporto
tra le costanti come Ks, ovvero, Ksensibilità.
Quindi, sarà così in corrente continua = spostamento angolare proporzionale alle
correnti
Mentre in corrente alternata, supposte le due correnti come sinusoidali e di
andamento isofrequenziali, ma sfasate di un angolo fi:
im = Im(seno di omega t)
if= If(seno di omega t + f)
Da cui si ottiene che la coppia motrice, data dal prodotto delle due correnti per la
costante motrice (nell'intorno suddetto) è uguale a
kmotrice moltiplicato
(if im / 2) moltiplicato ancora per
[(coseno di (fi) – coseno di (2omegat + fi))], e posso scindere questa cosa in due
componenti, una di corrente alternata ed una di corrente continua.
Componente continua: kmot x (if im/2) x coseno di fi (è il valore medio)
Componente alternata: kmot x (if im/2) x coseno di (2omegat + fi)
E lo strumento elettrodinamico è sempre costruito in modo da attenuare il più
possibile le oscillazioni di Compalternata rispetto al valore medio.
Da cui, l'uscita dello strumento sarà proporzionale solo alla coppia media e lo
spostamento angolare sarà proporzionale unicamente al prodotto dei valori efficaci
delle due correnti, ovvero a Imefficace x Ifefficace, ulteriormente moltiplicato x
cos(fi), dove fi è l'angolo di sfasamento tra le due correnti.
Da cui il delta sarà (Valore efficace Im) x (Valore efficace If) x Ksensibilità x
cosfi
Infine, c’è da dire che tale strumento è sensibile ai campi magnetici esterni, isofrequenziali
con la
corrente m I . Tale problema può essere risolto con tre metodi diversi:
1. schermi magnetici che si oppongono alla causa perturbatrice;
2. strumenti ferroelettrodinamici, nei quali la bobina fissa è avvolta nel ferro, che rende il
coefficiente di mutua induzione M una funzione del campo magnetico;
3. strumenti astatici, che si compongono di due bobine fisse e due mobili, assemblate in modo
da compensare l’influenza del campo magnetico esterno.
- Mini-approfondimento: il valore efficace
Dicesi Valore Efficace di una grandezza V di periodo T:
- La radice
- Di 1/T
- Moltiplicato per l'integrale tra 0 e T
- di v al quadrato, ovviamente in dt
E rappresenta, per esempio, se applicato alla tensione, quel valore di tensione
continua che dissipa su una resistenza la stessa potenza media dissipata da un
segnale v(t) in un periodo T.
- Milliamperometro fatto con l'elettrodinamico
Nel milliamperometro impongo, con un collegamento in serie, che nelle bobine
circoli la stessa corrente (e quindi anche i tutti i macchinari che verranno a
seguire, lo sfasamento sarà NULLO, SEMPRE). A questo punto, prendendo la
cosa dalle formule precedenti avrò:
Corrente continua: Ks Im If = Ks I al quadrato
Corrente alternata: Ks Imefficace Ifefficace = Ks Iefficace al quadrato
Tale andamento quadratico imporrà che le tacche di lettura siano a distanza crescente.
Lo strumento così realizzato sarà intrinsecamente un milli amperometro visto che
correnti troppo alte imporrebbero surriscaldamenti non tollerabili dalla bobina
- Voltmetro fatto con l'elettrodinamico
Egualmente al magnetoelettrico, applico la resistenza di zavorra in serie.
Se mi trovo in corrente continua, allora posso rappresentare le bobine semplicemente
mediante le resistenze degli avvolgimenti Rm e Rf (e quindi Rm+Rf), da cui la
corrente che scorrerà nel voltmetro rispetto all'applicazione della tensione V sarà
I = V/(Rf + Rm)+ Rvoltmetro
Da cui, posso verificare l'ampiezza della resistenza in base al fondoscala come nel
magnetoelettrico. E lo spostamento angolare sarà uguale a:
delta = Ksensibilità per I al quadrato, quindi V al quadrato per Ksensibilità su
((Rf+Rm)+Rvoltmetro), al quadrato
Se invece mi trovo in corrente alternata, non devo più considerare unicamente la
resistenza delle bobine, ma risulta indispensabile considerarne anche l'aspetto
induttivo. Da cui avrò che chiaramente la prima cosa che cambia è la precedente
formula per il calcolo della corrente.
Iefficace = Vefficace/MODULO COMPLESSO DI:
(Rtotale di f ed e m che sarà la loro solita somma)
+ Rvoltmetro
+ JomegaL (l'induttanza complessiva delle due bobine, semplicemente ottenuta
dalla loro somma)
Il modulo complesso si fa, lo sappiamo, con la somma dei quadrati sotto radice di
parte reale (quindi la somma delle resistenze in un unico quadrato), e parte
immaginaria (quindi omega V senza j nell'altro quadrato)
Essendo quindi, come nell'altro caso, spostamento delta uguale a KappaEsse per il
quadrato del valore efficace delle correnti, faccio il quadrato di quello che mi esce in
base alla formula suddetta di iefficace e mi troverò delta uguale a:
Ks
-------------------------------------------------------- moltiplicato Vefficace al quadrato
(R+Rv) al quadrato + (omegaL) al quadrato
Da cui ottengo una dipendenza leggera dello spostamento dalla frequenza,e per
limitare tale effetto devo far si che
omega L
----------Somma delle resistenze
Sia MOLTO MOLTO minore di 1 (ovvero si dice che devo limitare la frequenza
ad una certa banda)
- Amperometro fatto con l'elettrodinamico
Per aumentare la portata da milliamperometro fino a valori dell'ordine di decine di
ampère, collego innanzitutto le due bobine in parallelo, e poi aggiungo ad ognuna di
esse in serie delle resistenze addizionali in modo da limitare l'afflusso di corrente alla
bobina mobile.
Prendo ALFA come stesso valore di rapporto
Im/If = Rf/Rm
Da cui, per la formula del partitore di corrente, ho, in corrente continua:
(è un partitore di corrente per resistenze in parallelo, quindi ricorda che nella formula,
la resistenza preponderante sarà opposta a quella richiesta)
Im = I(Rf/ Rf+Rm) => I(alfa/1+alfa)
If = I(Rm/Rf+Rm) => I(1/1+alfa)
Per avere livelli accettabili la corrente deve essere mantenuto ALFA <1
Da cui, lo spostamento, sarà Ks x Im x If = le due componenti sopra moltiplicate
tra loro, quindi
I al quadrato x (alfa/(1+alfa) al quadrato) <------- SUPERFORMULA
In corrente alternata invece i rapporti tra correnti invece di dare il semplice Rf/Rm
deve considerare anche le componenti induttive delle bobine
Quindi if/im = Rf + jomegaLf
-------------------Rm + jomegaLm
Da cui, alfa uguale a:
1 + jomegaLf/Rf
alfa per ---------------------1 + jomegaLm/Rm
Da cui, lo spostamento angolare sarà uguale a SUPERFORMULA, ma con il nuovo
valore di alfa (non l'ultimo, il penultimo).
Lo sfasamento, invece ovvero:
arcotangente (omegaLf / Rf) – arcotangente (omegaLm /Rm)
Deve essere portato a zero (abbiamo la stessa corrente come premesso nel
milliamperometro, non conta se sia alternata, o continua), in modo da ottenere
coseno di fi = 1, ed a tale fine è necessario imporrre l'uguaglianza fra gli argomenti
degli arcotangenti
- Wattmetro fatto con l'elettrodinamico
Il wattmetro si occuperà della misurazione della potenza assorbita dal carico L, e in
particolare di quella ATTIVA, che quindi sarà equivalente a:
Valori efficaci della corrente (nel carico L) x Valori efficaci della tensione (ai capi
di codesto carico L) x coseno di fi dello sfasamento
Avrà un ramo amperometrico destinato alla misura della corrente (che è quindi la
bobina fissa), ed uno voltmetrico destinato alla misura della tensione, ottenuto con
la bobina mobile + una resistenza di zavorra, come detto nell'apposito paragrafo.
If = iL se si suppone che il ramo voltmetrico assorba una quota di corrente
trascurabile.
Im = VL/Zv, con Zv pari all'impedenza del ramo voltmetrico, che quindi:
In corrente continua = Somma delle resistenze,quindi Rm+R
In regime alternato = Rm+R+ jomegaLm
Da cui, l'indicazione dello spostamento angolare sarà, in regime continuo:
Ks x IL x Vl/(Rm+R) => Ks x PotenzadiL
In corrente alternata ho che
A causa della presenza dell'impedenza sulla bobina mobile, la corrente Im sarà
sfasata rispetto alla tensione ai capi dell'amperometrica vm, e quindi ai capi del
carico stesso.
Ed ho che l'angolo il cui coseno determina la potenza attiva assorbita dal carico è
beta, compreso tra IL e VL, mentre quello che determina lo spostamento angolare è
fi quello compreso tra IF e IM (ben più grande, che differirà da quest'ultimo per uno
sfasamento e).
Da cui, ho che:
Spostamento angolare:
Ks x Imefficace x Ifefficace cos fi =
= Ks x (VL /Modulo del numero immaginario costituito da resistenza +
induttanza della bobina mobile) x IL cos fi =
-------------------| Ks VL IL cos fi |
-------------------Che dunque avrà proprio un errore di sfasamento E, valutabile dall'espressione di
potenza attiva:
P = IL VL Cos fi =>
=> Il DELTA P (quindi una determinata variazione di potenza) è uguale alla
derivata della potenza sulla variazione di angolo beta, normalizzato per tale
variazione db. =>
=> Tale variazione la chiamo e. Mentre invece la derivata della potenza sarà
semplicemente :
- VL IL sen beta. Quindi, moltiplicato tale errore e. (che sappiamo che moltiplicare
vuol dire ruotare) =>
=> Da ciò posso ottenere l'espressione del valore assoluto, cioè DELTAP/P
(ovvero, semplice risultato appena ottenuto su formula appena ottenuta, magari col
meno tolto, e moltiplicato per e), ed il risultato è e tangente di b. =>
=> L'ERRORE RELATIVO SARA' TANTO PIU' GRANDE QUANTO PIU'
TENSIONE E CORRENTE DEL CARICO SONO VICINI ALLA PERFETTA
QUADRATURA (perchè lo moltiplicherà per uno. Perchè non possa essere più d'uno
però non l'ho capito).
- Errori di inserzione
Capita molto spesso di dover misurare SIA la corrente CHE la tensione in un circuito,
ragion per cui debba inserire contemporaneamente un VOLTMETRO ed un
AMPEROMETRO, che possono essere l'uno a monte od a valle dell'altro (le due
dizioni, a monte e a valle, sono riferite al verso in cui fluisce l’energia
, dal generatore all’utilizzatore.)
VOLTMETRO A MONTE DELL'AMPEROMETRO:
In questo caso la corrente non sarà affetta da valori di stima, mentre la tensione sul
carico V del Voltmetro, sarà pari alla tensione effettiva del carico + un'influenza
determinata dalla caduta di tensione sull'amperometro. Da cui, posso esprimere
che l'errore relativo è:
(V-Vv/V) = (Va/V) =
(IaRa/V)
caduta semplice formula
tensione della tensione
su V
= (Ra * V/R) / V = Ra/R
Ia = V/R
elimino V e V
perchè la
corrente non è
affetta da errore
E quindi sarà tanto minore in relazione a quanto sarà piccola la resistenza dello
strumento a valle (AMPEROMETRO) RISPETTO A QUELLA DEL CARICO.
AMPEROMETRO A MONTE DEL VOLTMETRO
Qui sarà invece l'amperometro a dare una misura errata. Infatti la corrente I misurerà
sia la corrente effettiva nel carico che quella IV derivata dal VOLTMETRO.
(I-Ia/I) = (Iv/I) =
corrente
derivata
in I
(V/Rv) / (V/R)
= Rv/R
semplice formula
elimino V e V
corrente la trasformo
in tensione
Da cui l'errore sarà tanto minore in relazione a quanto sarà grande la resistenza
dello strumento a valle (VOLTMETRO) RISPETTO A QUELLA DEL
CARICO.
(sceglierò quindi la configurazione in base ai rapporti tra resistenze)
- Oscilloscopio
L'oscilloscopio è uno strumento utile a misurare segnali nel dominio del tempo: su
un asse rappresenta l'ampiezza del segnale, su un altro simula lo scorrere del tempo.
- Tubo a raggi catodici
L'oscilloscopio è formato innanzitutto da un tubo a raggi catodici il cui scopo è
rappresentare su di uno schermo la traccia che intendo visualizzare.
Essa viene creata da un fascio elettronico che impatta su uno schermo di fosfori, i
quali, eccitati dagli elettroni, emetteranno la luce, solitamente sulla banda del verde,
nel momento in cui torneranno allo stato di quiete.
Esso è sostanzialmente un tubo a vuoto e di simmetria cilindrica. Da sinistra a
destra in esso troviamo:
- CATODO: La sorgente del fascio di elettroni, un filamento alimentato con una
tensione continua di 6.3 V, emetterà elettroni nel momento in cui raggiungerà una
temperatura di 700-800°C.
- CAMERA DI ACCELERAZIONE: una volta emessi, gli elettroni entrano nella
camera mediante un foro in un diaframma posto nelle vicinanze del catodo. In tale
camera gli elettroni vengono sottoposti ad una tensione Va, grazie ai quali la velocità
finale passerà da zero ad un valore x (sostanzialmente, li accelera).
Tale velocità si otterrà uguagliando due valori di energia:
ENERGIA DI DIFFERENZA DI POTENZIALE INIZIALE =
ENERGIA CINETICA FINALE CHE IO VOGLIO
q x Va = (m di q x velocità che voglio al quadrato)/2 (poi ti svolgi tu l'equazione e
vedi che esce sotto radice (velocità uguale 2qVa/Mq)
- FOCALIZZAZIONE: Delle lenti elettromagnetiche riducono il fascio al minimo
spessore possibile
- PLACCHE DI DEFLESSIONE: Devono deflettere l'elettrone da una traiettoria
meramente rettilinea grazie all'intervento di un campo elettrico applicato dall'esterno.
Avrò le placche orizzontali che spostando il fascio in orizzontale rappresenteranno
l'andamento temporale.
E le placche verticali che spostando il fascio in verticale rappresenteranno
l'ampiezza del segnale in ingresso. In esse dunque entra l'elettrone con velocità x.
Tale elettrone sentirà la forza Fy dovuta all'azione del campo elettrico di ampiezza
Ed/d, dove d è la distanza tra le due placche.
E tale campo Ed è causato da una differenza di potenziale che sarà
PROPORZIONALE al segnale che ho in ingresso.
Quindi, Forza = Massa x Accelerazione = q x Ed/d (l'accelerazione è causata dal
campo, che, sappiamo, è un insieme di vettori e quindi influenza il moto iniziale)
E conseguentemente Velocità = Accelerazione x Tempo. Prendo l'accelerazione dalla
precedente formula (q x Ed/d fratto Massa), la moltiplico per tempo ed ottengo la
velocità dopo l'azione del campo elettrico.
Dove t sarà il tempo durante il quale l'elettrone rimane sotto l'influsso delle
placche , durante il quale se la velocità rimane costante, posso calcolarlo come
Ld/vx, dove Ld sarà la lunghezza del percorso durante il quale tale elettrone
rimane sotto tale influsso.
L'elettrone uscito in questo modo dalle placche di deflessione avrà due componenti di
velocità, una longitudinale vx ed una trasversale vy
La distanza D detta “deflessione” ottenuta dopo un percorso di lunghezza L
(ovvero, il tratto successivo ad Ld e passante dalle placche allo schermo vero e
proprio) è pari a:
velocità “y” trasversale per tempo
velocità “y” trasversale = (come nella vecchia formula)
F =ma =q
Ed
q Ed
q Ed t
QUINDI a=
QUINDI V =at=
d
md
ma
tempo = due semplici formule spazio/velocità, presa sugli spazi Ld ed L, per cui
diventa moltiplicato per Ld/vx per ancora L/vx
Poi hai che, come detto sopra, l'energia della d.d.p. q x Va è uguale ad ½ massa
dell'elettrone per velocità al quadrato, e quindi succedono sti passaggi:
visto che
1
q Va= mq v al quadratoQUINDI mq v al quadrato che trovo al denominatore diventa q Va x 2
2
q
Ea
Ld L
Ea Ld L
Ea Ld L Ea Ld L 1 Ea Ld L 1 Ea Ld L
=q
=q
=
=
=
d mq vx al quadrato
d mq vx al quadrato
2 d q Va
2 d Va
2 d Va
2 d Va
Da cui deduco che:
- La deflessione aumenta con l'aumentare del campo
- La deflessione aumenta all'aumentare di L (distanza dalla fine delle placche allo
schermo vero e proprio), quindi posso aumentarlo tantissimo per aumentare la
risoluzione. Tuttavia parliamo di grandezze fisiche, quindi ciò può portare sia a limiti
dovuti all'ingombro che alla focalizzazione più difficile quando aumenta la distanza
- La deflessione aumenta con l'aumentare della lunghezza delle placche. Tuttavia
una lunghezza eccessiva limita la frequenza massima del segnale. Infatti tutte le
precedenti relazioni sono state fatte in condizioni di tensione Ed costante, ergo,
quando l'elettrone passa per la placca non devono esserci significative variazioni di
tensione e ciò limita la frequenza del segnale, ed è un problema se la placca è troppo
lunga.
ALTRI PARAMETRI
Sensibilità di deflessione: DEFLESSIONE / Ed, espresso in centimetri su VOLT, e
indica semplicemente quanti centimetri vengono deflessi per un singolo Volt.
Fattore di deflessione: inverso della sensibilità, ed indicatore di quanti Volt sono
necessari per deflettere un centimetro
Linearità: indica l'uniformità della sensibilità su tutto lo schermo
- Canale di amplificazione:
SELETTORE DI INGRESSO, un selettore con il quale posso decidere tre modalità
con cui applicare il segnale ai blocchi successivi:
DC: Segnale senza modifica
AC: viene isolata la componente continua in modo che sia visibile solo
quella alternata mediante un filtro passa-alto;
GND: al segnale di ingresso viene sostituita una tensione di riferimento, solitamente
pari al potenziale di terra. Utile unicamente per la taratura. Mettiamo che io noti che
l'offset sia diverso da zero, metto il segnale su GND, lo allineo alla tensione di
riferimento tramite la vite che regola lo spostamento verticale, e l'ho ritarato.
ATTENUAZIONE E PREAMPLIFICAZIONE, parte a valle del selettore, e
necessaria per una corretta visualizzazione del segnale.
LINEA DI RITARDO, necessaria a rendere il ritardo di propagazione sul canale
orizzontale (base dei tempi, solitamente maggiore a causa della complessità dei
circuiti) uguale a quello sul canale verticale (segnale in sé), senza il quale essi non
sarebbero sincronizzati.
AMPLIFICATORE, grazie al quale l'ampiezza del segnale viene portato ad un
ampiezza tale da poter deflettere il fascio elettronico. Un'amplificazione standard è
sull'ordine di x2000.
Per qualunque strumento di amplificazione esiste un fattore chiamato banda per
guadagno che è sempre costante e rappresenta il prodotto tra il modulo del suo
guadagno (in questo caso di tensione), e la frequenza di taglio a 3db, qualunque cosa
voglia dire. E da questo discende che un aumento dell'amplificazione
necessariamente ridurrà la banda utile per lo strumento.
Inoltre per evitare quella che viene definita distorsione trapezoidale nel CRT,
provocata da campi elettrici e magnetici spuri esterni che possono distorcere
l'immagine, l'uscita dell'amplificatore è bilanciata, ovvero, le differenze di potenziale
da applicare alle placche non sono riferite a massa, ma sono simmetriche rispetto ad
essa.
EFFETTO DELL'AMPLIFICAZIONE, visto l'elevato guadagno che ottengo con
l'amplificazione, la banda viene ridotta (per il suddetto rapporto che deve rimanere
costante). Da cui, l'oscilloscopio potrebbe comportarsi come un filtro passabasso.
- Richiamo sulla costante di tempo equivalente
In un circuito RC la costante di tempo è una misura del tempo di risposta
caratteristico del circuito. Il suo inverso è proporzionale alla frequenza di taglio.
Il valore di questa costante si ottiene come prodotto della resistenza e della capacità
elettrica del circuito:
,
se R viene espresso in ohm e C in farad, τ risulta espresso in secondi.
In pratica è il tempo richiesto per caricare il condensatore, attraverso il resistore, al 63,2 % della sua
capacità di carica totale; oppure per scaricarlo al 36,8 % della sua differenza di potenziale (in volts).
La costante di tempo τ è collegata alla frequenza di taglio fc
tramite:
- Sonde attenuatrici compensate
Potrei avere a che fare con un segnale di ampiezza tale che potrebbe arrecare danno al
mio oscilloscopio. E quindi dovrò usare delle sonde attenuatrici che avranno il
compito di ridurre di un fattore (solitamente x10, x100, o x1000), il mio segnale.
Per comprendere il beneficio delle sonde cominciamo a comprendere il
funzionamento dell'oscilloscopio senza sonde, modellato secondo:
La generatrice del segnale, rappresentata dalla serie tra UN GENERATORE Vs
ed una RESISTENZA Rs (Tipicamente sull'ordine dei 50 Ohm)
L’impedenza di ingresso in Z di un oscilloscopio invece, collegata al circuito
precedente, è modellabile dal parallelo tra una resistenza in R e una capacità in C , i
cui valori tipici sono rispettivamente 1M e 10  20 pF. La capacità è spesso riferita ad
un elemento parassita presente ad esempio alla vicinanza fra i due conduttori dei
morsetti in ingresso. Il loro valore effettivo è fornito dal costruttore e può variare con
la casa costruttrice e il modello.
Tale impedenza può essere calcolata con la formula.
(e, notiamo, tauIn lo è del solo circuito in ingresso, esclusa la parte generativa, ed
è ottenuta sulla base dell'ipotesi che Rin sia MOLTO MAGGIORE della resistenza
generativa RS)
E notiamo che questa impedenza è una quantità dipendente dalla frequenza.
Infatti più sarà la frequenza e minore sarà l'impedenza.
Anche la tensione in ingresso del segnale si ripartirà differentemente in base alla
frequenza. Applico alla tensione in ingresso dunque una formula di partitore :
Vin=Vs
Zin
Formula sovrastante dell ' impedenza
=Vs
ZinRs
RsFormula sovrastante delll ' impedenza
Tramite passaggi che qui è inutile riportare uno per uno, ottengo che
Vin=Vs
1
1 j omega tau ingresso
Rs
Rin
E quindi, tau ingresso per Rs/Rin rappresenterà la costante di tempo dell'intero
circuito (parte generativa + d'ingresso (oscilloscopio)).
Ma sopratutto, vista la relazione naturale tra frequenza di taglio e costante di
tempo in un circuito, che qualora il segnale contenesse frequenze al di fuori
della frequenza di taglio, esso verrebbe trattato diversamente dallo strumento, e
quindi ne verrebbe visualizzata unicamente una versione distorta. Da cui,
l'importanza di ottenere una frequenza di taglio maggiore, perchè con essa distorcerei
segnali all'interno di un intervallo di bande di frequenza molto maggiori.
Ora, io una sonda attenuatrice, ancora una volta costituita da un'IMPEDENZA
Z2, COSTITUITA A SUA VOLTA DA UN PARALLELO TRA UNA
COMPONENTE RESISTIVA Z2 ED UNA CAPACITIVA C2, la andrei ad
inserire tra il circuito generatore del segnale e quello dell'oscilloscopio. Ammettiamo
adesso di volerne valutare la funzione di trasferimento (ovvero, la relazione
matematica che vi è tra un segnale in ingresso ed uno in uscita in un sistema, che qui
sarà semplicemente segnale in uscita/segnale in ingresso). Avrei che:
Funzione di trasferimento Chiamiamola W =
Zin
(FORMULONE*)
Z2Zin
Dove a Zin se voglio posso sostituire la sovrastante formula di Zin, e a Z2 la
sovrastante formula, ma con “2” al posto di “in”.
Se lavoro in regime stazionario, la frequenza è nulla, e quindi dalla precedente
formula dopo la suddetta sostituzione, se metto frequenza uguale zero otterrò
semplicemente che:
W0=
Rin
R2 Rin
Da cui, con Rin = 1 Ohm, posso sostituire W0 con la frazione dell'attenuazione che
voglio ottenere (1/1000 per l'attenuazione x1000, 1/100 per l'attenuazione x100,
etc...), ed otterrò semplicemente che la resistenza R2 necessaria per ottenere tali
compensazioni sarà FATTORE DI ATTENUAZIONE – 1.
Certo, a guardare FORMULONE*, noto che comunque la funzione di
trasferimento, e la conseguente attenuazione, rimangono funzione della frequenza. Se
però equiparo tauDue e tauIn, la formula diventa la successiva, quella in regime
stazionario.
E l'operazione di equiparazione delle costanti di tempo, che mi consente di valutare il
valore corretto di C2 (visto che R2 non lo posso regolare essendo esso determinato
unicamente dal fattore di attenuazione che voglio infilarci), si chiama
compensazione. E nella realtà tale capacità è ottenuta mediante il parallelo di due
capacità: una fissa atta a compensare la parte più significativa della capacità parassita
Cin, ed una regolabile atta ad una regolazione più fine.
Tale regolazione avviene tramite l'emissione di un segnale ad onda quadra, generato
dall'oscilloscopio e prelevabile mediante un morsetto di calibrazione: regolando
nell'ambito di un intervallo di valori poco significativi C2, quando il segnale avrà
l'andamento a onda quadra, allora potrò dire che la compensazione raggiunta sarà
perfetta.
Infine ora vediamo l'effettivo ampliamento della banda utile raggiunto tramite
l'apposizione di sonde attenuatrici compensate, tramite questo calcolo:
1) Calcolo dell'impedenza equivalente:
Zeq=Z2Zin=
R2
Rin
RinR2

=
1 j omega TauIn 1 j omega Tauin 1 j omega Tauin
2) Calcolo della ripartizione della tensione
Vin=
Zeq
, che poi vai a sostituire con il valore sopra ottenuto
ZeqRs
3) Fai dei passaggi, metti come ipotesi che R2+Rin >> Rs, ed ottieni che (che poi è
uguale all'altra formula, solo che ha R2 in più
Vin=Vs
1
1 j omega tau ingresso
Rs
R2Rin
4) In quest'ultima infine comparrà la costante di tempo equivalente dell'intero
circuito, che posso chiamare TauDue, che sarà uguale a
Rs
tauingresso moltiplicato R2Rin
5) Vediamo che al crescere di R2, e quindi al crescere dell'attenuazione, la
costante di tempo equivalente diminuisce in maniera quasi inversamente
proporzionale, con il costante aumento in maniera quasi proporzionale della
frequenza di taglio (visto il noto legame matematico tra i due)
- Base dei tempi
La base dei tempi è un diverso modo per chiamare il canale orizzontale, ossia
quello che determina lo scorrimento del tempo. Per tale scopo la sezione
orizzontale realizza un generatore di scansione, lo sweep generator, che produce
una forma d’onda a dente di sega o a rampa con massimi e minimi di valori
uguali e segno opposto, utilizzata per comandare la scansione orizzontale.
La pendenza di tale rampa determina la velocità con cui si sposta il pennellino.
Per la maggior parte degli oscilloscopi analogici, il generatore di scansione è
calibrato in unità di tempo, ed è per tale motivo che spesso è denominato
generatore della base dei tempi. Scansioni in rapida successione fanno si che il
movimento del punto sia percepito come una linea continua.
Il primo dispositivo della base dei tempi è un generatore degli impulsi di trigger.
Il trigger determina l’istante in cui parte la scansione a seguito di condizioni
predefinite che devono essere necessariamente soddisfatte. Queste condizioni
prendono il nome di eventi o eventi di trigger e sono in genere definite su di un
segnale, detto segnale di trigger, considerato significativo quando rappresenta il
valore e la pendenza fissata dall'utente. Non è possibile definire gli eventi a caso,
infatti, è necessario che sia visualizzata una traccia stabile. Ciò è possibile solo se
il periodo X del segnale a rampa coincide con un multiplo intero del periodo Y ,
cioè X = mY , con m intero positivo. Se tale relazione non è soddisfatta, ad ogni
spazzolata viene visualizzata una traccia che è disposta diversamente da quelle
visualizzate in precedenza. La visione nitida e stabile della forma d’onda è provocata
dal continuo passaggio del pennello elettronico del tubo a raggi catodici, sempre
sulla stessa traccia. È pertanto necessario sincronizzare l’istante di partenza della
rampa con il punto iniziale della porzione del segnale da visualizzare.
Tale dispositivo è composto da:
UN COMPARATORE: è un circuito a due ingressi (In uno avrò la tensione che
vorrò misurare, e nell'altro una tensione nota) e due circuiti detti amplificatori
operazionali:
- Uno invertente (Un amplificatore invertente con operazionale si ottiene applicando
la tensione di ingresso sul morsetto contraddistinto dal segno "-", mentre l'altro
morsetto è a massa. Nell'amplificatore invertente il segnale periodico uscente viene
sfasato di 180º rispetto all'ingresso (per questo il circuito è chiamato amplificatore
"invertente")
- Ed uno differenziale (Un amplificatore differenziale è un tipo di amplificatore
elettronico che moltiplica la differenza tra due ingressi per un fattore costante, il
guadagno differenziale)
Tale circuito avrà due tipi di configurazioni, regolabili tramite un interruttore: una
configurazione A ed una B, in cui rispettivamente i due ingressi saranno collegati
uno all'invertente ed uno al differenziale, e viceversa
Con la prima configurazione avrò che L'USCITA SARA' ALTA QUANDO
Vin > Vriferimento E BASSA QUANDO Vin < Vriferimento. Ovviamente succederà
l'opposto nella configurazione B.
Si può dire sostanzialmente che la configurazione A, essendo quella di uso più
comune, fa le veci della tensione che misuro.
Così ad esempio da un segnale sinusoidale ottengo un segnale rettangolare, che in
presenza della configurazione A avrà un cambio di polarità positiva quando la
soglia viene attraversata con pendenza positiva, ed avrà un cambio di polarità
negativa quando la soglia viene attraversata con pendenza negativa. Viceversa
nella configurazione B. (questo lo ottengo grazie al comparatore che mi dice anche
un secondo prima come era quindi so la derivata e la pendenza)
UN DERIVATORE: il derivatore emette impulsi la cui polarità dipende dal verso
della transizione del segnale (per cui avrò il passaggio dal segnale rettangolare ad
un insieme di impulsi)
UN CIMATORE: il cimatore infine permette il passaggio dei soli impulsi di polarità
negativa.
Infatti, secondo il dogma di pasquino, gli impulsi in corrispndenza di eventi di trigger
possono essere solamente negativi, e quindi dovrò scegliere
LA CONFIGURAZIONE B SE VOGLIO CHE LA VISUALIZZAZIONE
PARTA DA UN LIVELLO VL CON PENDENZA POSITIVA
LA CONFIGURAZIONE A SE VOGLIO CHE LA VISUALIZZAZIONE
PARTA DA UN LIVELLO VL CON PENDENZA NEGATIVA
Una volta quindi generati questi impulsi negativi che devo fare? Assicurarmi di
generare un segnale che piloterà il pennello lungo l'asse orizzontale, e tale operazione
è svolta dal circuito base dei tempi, costituito da
UN GATE: DISPOSITIVO AD ISTERESI, ovvero cambia stato unicamente quando
viene superata una soglia inferiore Vlow, od una superiore Vhigh. E quindi finchè il
segnale di ingresso rimane nella suddetta fascia intermedia, l'uscita rimane quella
imposta dalla precedente transizione
UN GENERATORE DI RAMPA che posso ad esempio regolare su una soglia tale
da far percorrere l'intervallo da Vlow a Vhigh in un certo intervallo di tempo
UN HOLD OFF che riporta all'ingresso della gate l'uscita del generatore di rampa
Funzionamento: immaginiamo di trovarci nelle condizioni iniziali nulle:
- La gate ha in uscita un segnale basso
- La rampa è in una condizione di riposo, supposta nulla
- L'uscita dell'hold-off è uguale a Vlow
Adesso, supponiamo di avere in ingresso l'impulso di trigger:
1) Esso si sommerà alla tensione nulla VHO
2) L'ingresso nella gate assumerà un valore più basso di VLOW
3) La gate cambierà stato presentando un valore alto
4) Il generatore di rampa genererà la rampa che verrà poi data alle placche di
deflessione orizzontale
5) Quando continuano ad arrivare impulsi di trigger durante la salita della
6)
7)
8)
9)
rampa non si modifica il comportamento del circuito perchè non
modificheranno il comportamento della gate
Quando la rampa invece tocca il valore Vhigh la gate tornerà al valore basso
A quel punto il generatore di rampa, in un tempo detto di fly back, riporterà la
rampa a zero
Durante il fly back non si deve visualizzare nessuna traccia, e quindi viene
generato dalla gate un segnale fortemente negativo, di circa 2 kV, che consenta
di bloccare il flusso di elettroni, che verranno quindi spinti nella direzione
opposta
A partire dal momento in cui la rampa comincia la sua fase di scarica, il
comportamento del circuito varierà sulla base delle impostazioni del circuito
base dei tempi:
- Supponiamo che il circuito non debba effettuare alcuna azione
particolare: il segnale della rampa verrà replicato in uscita dall'hold off, in
modo tale che il successivo impulso di trigger rimetterà in moto tutto il ciclo di
generazione e farà ripartire una nuova visualizzazione del segnale.
- Se invece configuro il tutto diversamente posso fare in modo tale che
l'uscita dell'hold off venga mantenuta alta per un certo periodo dall'istante di
inizio scarica della rampa. Tale periodo verrà detto di hold off. In questa
configurazione il segnale che avrebbe rimesso di nuovo in moto tutto non
rimetterà in moto una ceppa di nulla perchè si sovrapporrà al segnale ancora
alto in uscita dall'hold off, e quindi non riuscirà a far scendere di nuovo il
segnale in ingresso alla gate al di sotto di VL. Al termine del tempo di
hold off il segnale tornerà al livello basso e un successivo impulso di trigger provocherà l’inizio
della spazzolata.
Il senso di tutto questo è fare risultare inefficaci i segnali che arrivano durante
l'intervallo di hold off (perchè magari non di mio interesse)
- Modalità di gestione del trigger
Il segnale da cui prelevare le informazioni per la generazione degli impulsi di trigger
può essere:
INT: lo stesso segnale da visualizzare
EXT: un altro segnale, sincronizzato con quello da visualizzare. Utile per
visualizzare segnali di piccola ampiezza in cui il livello di trigger può essere affetto
da elevata incertezza magari perchè dotato di rumore di fondo
LINE: il segnale di rete (50 hz)
Il trigger invece può essere impostato in modalità:
NORMAL: come appena descritto, modalità usuale di funzionamento
SINGLE/ONE SHOT: ha effetto solo il primo trigger. Utile se voglio fotografare un
preciso evento
AUTO: se non arriva un evento di trigger entro un tempo-limite viene emesso un
impulso trigger autonomamente dallo strumento. Modalità diagnostica: mi consente
per esempio di verificare se la mancanza di una traccia sull'oscilloscopio dipende da
un errata impostazione del livello di trigger o un problema del segnale in sé.
- Oscilloscopio a doppia traccia
Per la visualizzazione di più tracce in ingresso contemporanee la soluzione più
intuitiva sarebbe quella di utilizzare diversi canali per ogni segnale. Tuttavia è anche
la più complessa e costosa dal punto di vista realizzativo. Si può usare un unico
cannone elettronico, suddividere il fascio dando ad ogni minifascio un sistema di
amplificazione distinto, ma ancora non è la soluzione più utilizzata. La soluzione più
utilizzata infatti è quella di utilizzare un unico sistema di amplificazione
orizzontale e verticale tra più segnali (dai 2 ai 4 di solito) tramite uno switching
tra due modalità possibili:
- ALTERNED: si dedica alternativamente la spazzolata a più segnali, e la possibilità
di osservare due segnali contemporaneamente è data in contemporanea dalla
persistenza dei fosfori sullo schermo e dalla persistenza dell'immagine sulla retina.
Se ricavo il segnale di sincronismo da uno qualsiasi dei segnali tutto funziona
bene in caso di segnali isofrequenziali, o nel caso in cui la frequenza di uno sia
multplo della frequenza dell'altro. Invece in caso contrario si avranno dei problemi di
visualizzazione.
A questo punto posso rilevarlo alternativamente dai due segnali, facendo quindi in
modo che ad ogni spazzolata il segnale di trigger sia effettivamente generato dal
segnale che ne richiede la visualizzazione, tuttavia ciò farebbe perdere informazioni
sulla fase relativa tra i segnali. Ed inoltre se uno dei due dovesse essere troppo lento o
il suo intervallo di visualizzazione troppo ampio si avrebbe un effetto di sfarfallio. In
tal caso si usa la modalità successiva.
- CHOPPED: si dedica alternativamente a ciascun segnale un tempo Ts molto più
piccolo del tempo intero di sweep (ovvero, dell'intervallo temporale rappresentato
sullo schermo). Quindi la traccia sullo schermo sarà un insieme di particelle
elementari.
- Oscilloscopio Numerico:
Gli oscilloscopi numerici impiegano un convertitore analogico/digitale per
rappresentare la tensione sotto forma numerica, vantaggiosa per il fatto che
l'evoluzione dei microprocessori consente la gestione e l'elaborazione di dati
numerici con prestazioni sempre più elevate. Quindi posso ad esempio variare
leggermente il risultato di un'elaborazione senza implementazioni circuitali
complesse ma semplicemente variando un algoritmo.
L'O.N. acquisisce la forma d'onda come serie di campioni, e poi quando ne ha
abbastanza la ricostruisce e la traccia.
Gli oscilloscopi numerici possono essere classificati in oscilloscopi a memoria
digitale, oscilloscopi ai fosfori digitali, e oscilloscopi campionatori.
Nel caso di segnali periodici, la larghezza di banda dell’oscilloscopio digitale è una
funzione della larghezza della banda analogica dei componenti all’ingresso
dell’oscilloscopio, alla quale in genere si fa riferimento con il termine punto a –3dB.
Nel caso di eventi singoli o transitori, quali gli impulsi e i gradini, la larghezza di
banda può essere limitata dalla frequenza di campionamento dell’oscilloscopio.
Come negli oscilloscopi analogici, il trigger determina il momento in cui
l'oscilloscopio inizia ad acquisire dati.
- Convertitori A/D:
I convertitori A/D si dividono in voltmetri numerici e convertitori a/d in senso stretto.
Entrambi misurano un segnale in ingresso che per comodità si suppone essere una
tensione. Poi se voglio misurare una corrente o qualche segnale di altro tipo basterà
applicare ad esempio una resistenza di shunt per realizzare una relazione di tipo noto.
I convertitori in senso stretto sono più veloci ma hanno il limite di dover operare
su valori istantanei, pertanto suscettibili al rumore
I voltmetri numerici invece sono più complessi e più lenti ma hanno un'elevata
immunità (reiezione) nei confronti del rumore. Qui tratterò solo i convertitori veri e
propri. I voltmetri saranno trattati (molto) più avanti.
Quindi i convertitori passano da un valore analogico alla sua rappresentazione
numerica, solitamente in binario.
E questo viene effettuato in tre fasi:
campionamento: in questa fase si passa dalla rappresentazione nel dominio del
tempo continuo alla rappresentazione nel dominio del tempo discreto. Il segnale
viene prelevato infissati istanti di tempo k t . Detto segnale prende il nome di segnale
campionato. Il convertitore A/D infatti necessita di un tempo di
conversione per trasformare la grandezza X in un valore numerico e
rappresentarla nella base di numerazione scelta. Per eliminare cause di ambiguità,
affinché c X sia la rappresentazione numerica della grandezza s X è necessario che
quest’ultima non vari durante tutto il tempo di conversione. Questa condizione è
soddisfatta solo se c X è un segnale continuo di ampiezza costante nel tempo, e se
questa condizione è già soddisfatta dal segnale X allora non è strettamente
necessario utilizzare il blocco campionatore.
I campionatori vengono detti anche Sample & Hold, per il motivo che sono composti
da un interruttore comandato da un segnale di temporizzazione alimentato da un
clock che li pone alternativamente in due fasi, appunto sample in cui si carica un
condensatore con il valore desiderato, ed hold in cui si cerca di mantenere tale carica
quanto più a lungo possibile. Tale circuito è strutturato perchè la costante di tempo
RC (dove la resistenza è dovuta a perdite ohmiche dell'interruttore) sia quanto più
possibile infinitesima in fase di sample, ed infinita in fase di hold, in modo da fare
avvenire la carica in maniera praticamente istantanea, e ritardare la scarica
quanto più possibile.
Secondo un teorema detto teorema del campionamento inoltre, la frequenza di
campionamento deve essere maggiore del doppio della frequenza del segnale da
campionare. Nel caso in cui questo teorema non sia soddisfatto si verifica il
fenomeno dell' aliasing, ovvero della sovrapposizione in frequenza delle repliche del
segnale.
quantizzazione: tramite la quale l'asse reale viene suddivisa in intervalli DELTAV a
cui assegnare la codifica. Ovvero, praticamente con essa determino la precisione del
valore che voglio convertire (i valori in DELTAV collasseranno in un valore
prestabilito V).
Senza la quantizzazione la relazione ingresso/uscita sarebbe una retta di
pendenza unitaria (la linea tratteggiata). Invece è così:
Se poi ogni intervallo lo quantizzo con i valori medi degli intervalli, ottengo che
l'errore massimo nel misurando è DELTAV MEZZI. Questo a meno che il segnale
non superi il range di quantizzazione, ovviamente presente perchè il numero di bit
in uscita porrà un intervallo limitato di valori visualizzabili. In tal caso l'errore di
quantizzazione non sarà più limitato ma molto alto.
- Convertitore Flash:
Detto anche convertitore parallelo. I flash converter sono una classe di convertitori
A/D caratterizzati da una elevata velocità di conversione, tanto da poter essere
considerati quasi istantanei.
Se N sono i bit in uscita è costituito da
- 2 alla N resistenze poste in serie tra loro in modo da ripartire la tensione di
riferimento Vr in valori compresi tra Vr e -Vr,
- (2 alla N) – 1 comparatori che confrontano la tensione incognita con una
opportuna frazione della tensione di riferimento (da N-1/N per i bit più
significativi fino a 1/N per i bit meno significativi),
- Una rete di codifica che implementa una tabella di verità medianta la quale la
sequenza dei valori logici in uscita ai comparatori viene codificata, appunto, con una
sequenza di N bit, e senza la quale si avrebbero dei biti ridondanti.
Mettiamo ad esempio di avere 3 bit.
Avrò:
8 resistori, 6 di valore R, uno di R/2, ed uno ancora di 3R/2
7 comparatori.
La tensione verrà confrontata con ciascuno dei 7 valori di soglia.
Tali valori si otterranno così:
1) Valuto la corrente presente nella serie di resistenze:
Corrente=
Tensione 2Vriferimento perchè vado da−Vr a Vr 
2Vriferimento
=
=
Resistenza
La semplice somma delle resistenze
2 alla n x resistenza equivalente
2) Valuto per questo la formula della tensione DeltaV
DeltaV = IR= prendo la formula della corrente di sopra elimino R ed R
2Vriferimento
2 alla N
3) Calcolo i valori di soglia dalla precedente formula, partendo da -VR fino ad
arrivare a VR
V1=−VRI
R
2
Vx , dove x è1=V  x−1IR
Ottenendo per l'esempio di 3 bit, i valori di soglia (-Vr), -7/8, -5/8, -3/8, -1/8, 1/8, 3/8,
5/8, 7/8, (Vr)
Grazie ai flash converter rileverò 2n livelli di tensione, ma non potrò stabilire il
valore esatto di Vx, che, come già detto, premesso che sia all'interno del range
massimo dei valori rappresentabili dal convertitore in oggetto, subirà un errore
massimo di VR/2 alla n. Aumentando i bit ridurrò quindi l'errore, ma a svantaggio di
una maggiore complessità realizzativa. Infatti dovrei per esempio realizzare molte
resistenze tutte uguali, il che è parecchio difficile, e la sua mancata realizzazione
non fa altro che provocare errori “a cascata”. Le dimensioni stesse del circuito
aumentano inoltre, assieme alla potenza dissipata.
- Convertitori in Pipeline:
Le difficoltà causate dall'aumento in bit fanno optare per una soluzione differente:
l'architettura a pipeline ne è un esempio.
Suppongo di voler realizzare un'architettura ad 8 bit, succede che:
1) Converto il primo misurando con una risoluzione di 4 bit. Saranno i 4 bit più
significativi
2) Riconverto tale risultato tramite un convertitore digitale analogico
3) Passo ad un sottrattore che mi dirà la differenza tra il valore digitale e quello
della conversione appena ottenuta
4) Tale valore viene amplificato in modo da farne una nuova conversione. Più
precisamente si “slitta” il valore di un quoziente 4, indi, moltiplicandolo per 2 alla N
5) Si converte tramite l'A/D e rappresentano i bit meno significativi della
conversione
E' possibile ottimizzare ulteriormente la procedura di conversione di tale
convertitore tramite l'utilizzo di un secondo circuito Sample & Hold a valle del
sottrattore il quale, mentre il secondo convertitore fa il suo lavoro, il primo può
prelevare in ingresso un secondo campione.
- Convertitori SAR:
Ha come svantaggio tempi di elaborazione più lunghi rispetto ad un convertitore
Flash, che comporta una maggiore complessità circuitale. Tuttavia se aumento i
bit non devo aumentare in maniera esponenziale il numero di tutti i componenti
come avviene nel Flash, riducendone il costo. Tuttavia poiché l'elaborazione
avviene in serie e non in parallelo come nel flash, l'aumento del tempo di
elaborazione è direttamente proporzionale al numero dei componenti.
Esso è composto da :
- Un comparatore per comparare la tensione in ingresso con il valore analogico
corrispondente alla rappresentazione binaria dell'approssimazione corrente
- Un'unità di controllo che modifica lo stato del SAR in base al confronto fatto dal
comparatore
- Un registro ad approssimazioni successive che presenta l'approssimazione in
cifre digitali della cifra attualmente registrata
- Un convertitore D/A che ha una tensione di riferimento in ingresso e converte il
valore presente nel SAR in analogico e poi lo rimanda al comparatore
Supponiamo 3 bit
1) All'istante 0 l'approssimazione presente nel SAR è 100
2) Tale quantità viene convertita dal D/A secondo la relazione:
i= N−1
Vr moltiplicato per
∑
i=0

bit i
.
2 alla iuno
Quindi i termini della sommatoria su 3 bit saranno:
- Vr per bit zero su due alla uno (cifra più significativa ed il bit decide se vale o no)
- Vr per bit uno su due alla due = su quattro
- Vr per bit due su due alla tre = su otto
3) Se fisso una tensione di riferimento semplice, come 10V, avrò che la prima
tensione in uscita sarà la metà, perchè gli altri bit sono a 0
4) Immetto la tensione mia.
Se è maggiore di questo 10 alzo il bit 0 ed il bit 1
Se è minore di questo 10 abbasso il bit 0 ed abbasso il bit 1
Quindi a linee generali si può dire che:
- Sistemi il bit in analisi a seconda dell'esito del confronto
- Alzi il successivo
- Riesegua il confronto finchè i bit non sono finiti. Quelli precedenti non vengono
più toccati.
Un ciclo di comparazione avviene in un tempo Tc, che è la somma dei tempi
necessari per le singole elaborazioni. La temporizzazione delle elaborazioni viene
realizzata tramite un clock di periodo appunto Tc, e che definisce:
- L'istante in cui il controller invia il comando al SAR
- L'istante in cui il D/A deve effettuare la conversione
In tale tipo di convertitore, la caratteristica di decodifica non rispetta la richiesta
di essere rappresentativa dell'intervallo medio di quantizzazione.
Per esempio il valore 000 non rappresenterà il valore medio del primo intervallo di
quantizzazione, ma il vero e proprio valore 0.
Ne risulta che l'errore massimo possibile sarà DeltaV e non DeltaV mezzi
- Gestione della memoria:
Negli oscilloscopi numerici o digitali, il convertitore A/D esegue continuamente la
conversione della grandezza, con frequenza imposta dal segnale di clock, ed in
assenza del segnale di trigger essi vengono trasferiti continuamente nella memoria di
acquisizione.
Essendo noto il periodo di campionamento, a seconda della memoria, tramite essa
posso risalire al legame temporale tra i campioni memorizzati.
Da un punto di vista logica la si può immaginare come un buffer circolare di
capacità N, che quando prova ad acquisire il campione N+1, esso viene memorizzato
nello slot n=1, che se aveva altro memorizzato sopra, verrà perso.
Il trasferimento poi si interromperà quando si verificheranno le condizioni
imposte sull'evento di trigger (mentre il sistema acquisisce campioni da
memorizzare, all'istante T0 si verifica un evento di trigger, e nel frattempo nella
memoria sono stati conservati gli ultimi N campioni).
Il segnale di trigger può in questo modo influire sulla modalità di memorizzazione,
ovvero, decido io quanti campioni M post-trigger devo visualizzare, dopo i quali
andranno persi poiché non trasferiti nella memoria.
Risulta quindi ovvio che io possegga in memoria campioni del segnale anche
precedenti all'istante di trigger, cosa non presente nell'oscilloscopio analogico e che
per esempio può essere indispensabile in casi di guasto: utilizzando la condizione di
guasto stessa per generare l'impulso di trigger posso vedere come varia il segnale
e quindi provare a risalire all'origine del guasto.
M può essere uguale a 0 = nella memoria avrò solo campioni pre-trigger
M può essere uguale ad N= la memoria viene interamente sovrascritta dai
campioni post-trigger, che in questo modo quindi ovviamente riscrivono anche i
pre-trigger precedentemente memorizzati.
M può essere uguale ad una frazione di N= indicherà qual è la frazione di posttrigger che memorizzerò. N-tale frazione saranno invece i pre-trigger. Se per esempio
tale frazione è N/2 avrò metà pre/trigger e metà post trigger. I primi oscilloscopi
digitali avevano infatti come opzioni ZERO, M, ED M/2, mentre quelli più potenti ed
attuali possono memorizzare un sacco di possibili M.
M non può essere < N perchè non avrebbe senso
M può essere > N,ed in tal caso ovviamente in memoria avrò solo elementi posttrigger. E' una configurazione utilizzata per ritardare l'acquisizione in memoria che
inizierà quindi dopo il trigger.
- Visualizzazione:
Per ricavare quindi le info che mi interessano devo ricostruire da ciò che ho in
memoria una forma d'onda, e ciò viene svolto dal blocco di visualizzazione, che a
volte è indipendente, ed a volte fa parte di una struttura differente e condivisa
(esempio un host a cui connetto l'oscilloscopio).
La visualizzazione come blocco autonomo è di solito realizzata da un tubo
catodico, che può avere configurazione vettoriale o raster (più utilizzato di recente)
L'esempio più semplice di tubo vettoriale è quello di un tubo a raggi catodici come
quello dell'analogico, in cui applico alle placche di deflessione un segnale di
tensione appositamente convertito tramite un convertitore da DIGITALE ad
ANALOGICO. Poi me ne servirà ovviamente anche un altro.
La presenza della memoria non rende importanti le frequenze dei blocchi a monte
ed a valle di essa.
Il funzionamento del tubo raster invece è simile a quello di uno schermo
televisivo. Lo schermo viene considerato come una matrice di NxM particelle
elementari, dette PIXEL, ognuna delle quali emette luce quando viene eccitata da
un fascio elettronico. E nel caso più semplice, i pixel sono scansionati con
continuità dal fascio, e si accendono o meno a seconda dell'intensità da esso assunta
durante la scansione.
L'obiettivo del tubo raster è quindi quello di modulare l'intensità del fascio in
maniera tale che ecciti solamente i pixel da me desiderati. Molto spesso una parte
dello schermo è riservata alla visualizzazione della traccia, mentre una fascia
orizzontale ed una verticale sono riservate ad informazioni alfanumeriche di altro
tipo.
La qualità della traccia è superiore in un oscilloscopio analogico
La risoluzione invece è solitamente maggiore, anche se tutto dipende dai pixel della
matrice
- Oscilloscopio a memoria digitale:
Solitamente l'oscilloscopio numerico è dotato di display raster, che permettono di
visualizzare anche eventi transitori, ossia fotografie di eventi singoli.
E si parla più specificatamente di oscilloscopio a memoria digitale quando
l'andamento temporale è dedotto da un numero finito di campioni memorizzati.
La presenza di una memoria consente loro di visualizzare il segnale anche quando
effettivamente non è più presente.
Tuttavia a differenza degli analogici non consentono di rappresentare vari livelli di
intensità mentre il segnale è presente.
Inoltre elaborano i segnali in maniera sequenziale/seriale, ed hanno in più agli
analogici sottosistemi addizionali per l'elaborazione dei dati. Eccone una struttura
tipica:
- Amplificatore verticale con comandi per regolare il guadagno
- Convertitore analogico/digitale con campionatore + clock
- Memoria su cui vengono memorizzati i campioni
- Microprocessore per gestire i processi di input/output oltre alle elaborazioni dei
segnali presenti in memoria ed eventuali elaborazioni per migliorare la qualità del
segnale
- Memoria di visualizzazione in cui è presente il segnale da visualizzare
E' ottimale per la visualizzazione di più segnali contemporaneamente, spesso
fondamentale in alcune fasi di progettazione.
In un oscilloscopio a memoria digitale con un'architettura così descritta, la memoria
può inoltre essere considerata come elemento di separazione tra due diverse
architetture.
A monte del blocco/memorizzazione si trova un'architettura di tipo serie, e
precisamente dei blocchi funzionali tra loro in cascata (ingresso, condizionamento
analogico, sample & hold, convertitore a/d, etc.)
A valle invece c'è un architettura parallela, o a bus, la cui gestione è affidata ad un
microprocessore, e composta da elementi come l'input/output (molto importante
perchè può consentire il collegamento dello strumento a computer per
l'esportazione/importazione dei dati, oppure ad una stampante), il software di
elaborazione e visualizzazione, etc. Ed il parallelismo delle operazioni in quest'ultima
architettura fa sì che le frequenze di funzionamento dei blocchi funzionali non siano
strettamente correlate come in architetture di tipo seriale, oltre a fornire
generalmente un buon livello prestazionale.
Tuttavia l'aumentare delle prestazioni rispetto allo strumento analogico ha il suo
rovescio della medaglia: laddove in uno strumento analogico degli errori solitamente
portano a leggere anomalie facilmente identificabili (ad esempio, mi aspetto un
segnale stazionario, vedo delle fluttuazioni indesiderate, capisco che c'è un errore), in
quello digitale la cosa porta a risultati completamente errati. Da cui, la necessità di
aumentare anche la conoscenza e la dimestichezza di chi utilizza questi tipi di
strumenti.
- Campionamento:
Campionare vuol dire convertire una parte del segnale in ingresso in un insieme di
valori raccolti dalla sua forma d'onda. Equivale a scattare delle istantanee.
Solitamente gli oscilloscopi digitali utilizzano due modalità per il campionamento,
che, attenzione, non influiscono sulle impostazioni della base dei tempi in
condizioni di basse velocità di scansione, ma si differenziano tra loro solo quando la
frequenza del convertitore A/D non è sufficientemente alta per campionare
correttamente il segnale.
- Campionamento in tempo reale:
E' il metodo standard, chiamato anche one-shot o single-shot
E' ideale per analizzare quei segnali la cui frequenza (o gamma di frequenze) è
inferiore alla metà della frequenza di acquisizione. In tal modo, vista questa
gamma di frequenze, sicuramente il campionatore sarà in grado di acquisire un
numero di campioni superiore a quello strettamente necessario perchè il processo
possa dirsi svolto correttamente.
E' il solo modo per acquisire transitori veloci o eventi singoli.
Presenta quindi problemi relativi a transitori con frequenze particolarmente alte
che dovranno essere campionati simultaneamente rispetto alla loro comparsa, se
infatti la frequenza di campionamento non è sufficientemente alta, può presentarsi il
problema dell’aliasing (noto come fenomeno di sovrapposizione delle code dello
spettro).
Il campionamento in tempo reale inoltre necessita dell'utilizzo di memorie
particolarmente veloci.
Infine ultimo problema è relativo alla necessità di adattare alla frequenza di
campionamento, la velocità dei convertitori A/D.
Le frequenze del campionamento ottenibili con gli attuali convertitori A/D rendono
particolarmente complessa la realizzazione non solo del blocco di conversione,
ma anche di quello di memorizzazione. Si deve infatti tenere presente che, ad
esempio, con una frequenza di campionamento di 1GHz/s si ha a disposizione, sia per
la conversione sia per la memorizzazione di ogni dato, un solo nanosecondo, e le
soluzioni circuitali adottate dalle case costruttrici nella realizzazione di questi blocchi
sono raramente rese note.
I segnali sono quindi con questo campionamento solitamente rappresentati come
punti, ma se sono particolarmente distanti possono essere uniti tramite funzioni di
interpolazione: ovvero, funzioni in grado di approssimare l'andamento della curva
tramite l'unione dei punti. Esiste l'interpolazione lineare che unisce i punti con dei
segmenti, e quella sinusoidale, che ne permette l'unione tramite archi di curva, più
adatta ai segnali con andamenti curvilinei.
- Campionamento in tempo equivalente casuale od
asincrono:
Ha senso impiegarlo se il segnale è ripetitivo e la sua frequenza è troppo alta
perchè possa essere campionato correttamente.
I campioni vengono acquisiti indipendentemente dalla posizione del trigger, e
vengono visualizzati in base al tempo intercorrente tra il campione ed il trigger.
Verrano acquisiti sequenzialmente, ma in maniera casuale rispetto al trigger, da cui
il nome di questo metodo.
Questa indipendenza temporale inoltre elimina la necessità di linee di ritardo o
pretrigger.
A seconda della frequenza di campionamento e dell'intervallo di tempo sul display
poi, il campionamento casuale può anche consentire di acquisire più di un campione
ogni volta che c'è il trigger, ma a velocità di scansione più alte poi l'intervallo di
acquisizione si può ridurre troppo fino a rischiare che il campionatore si perda
dei trigger.
Il limite della larghezza di banda per il campionamento in tempo equivalente
asincrono è minore di quello relativo al campionamento in tempo equivalente
sincrono.
Se il tempo T, durata della porzione di segnale da analizzare è non noto, si utilizza la
modalità di campionamento asincrona, dove si associa al campione acquisito il suo
ritardo rispetto al precedente evento di trigger. Il ritardo si traduce in una diversa
collocazione dei campioni nelle celle di memoria, in cui la loro posizione è
determinata dal ritardo rispetto al trigger.
Tra due successivi impulsi di trigger si preleverà un numero di campioni molto
limitato, da cui poi la necessità di ricostruire la forma d'onda con diversi rilevamenti.
Sia un segnale da analizzare di durata T0, ed N il numero di campioni acquisiti,la
frequenza di campionamento equivalente sarà N/T0, mentre la frequenza di
campionamento effettiva sarà la precedente fatto un fattore divisorio costante K > 1,
e solitamente anche abbastanza elevato
- Campionamento in tempo equivalente
sequenziale o sincrono:
Utile se conosco il periodo di tempo del segnale. L’oscilloscopio acquisisce un solo
campione per trigger, indipendentemente dalla velocità di scansione.
Quando il digitalizzatore rileva un trigger, acquisisce un campione dopo un
ritardo molto breve ma specificato. Quando viene comandato il trigger successivo, il
digitalizzatore incrementa il ritardo di una piccola quantità t e acquisisce un altro
campione.
E via così finchè non si riempie il periodo di tempo.
Ha un ottima risoluzione temporale. Inoltre è tecnicamente più facile generare un
Delta T piccolo e preciso che non fare un campionamento casuale/asincrono.
Poiché con il campionamento sequenziale ciascun campione viene acquisito una volta
rilevato il livello di trigger, non si può visualizzare il punto di trigger senza
utilizzare una linea di ritardo analogica, che a sua volta può ridurre la larghezza
di banda dello strumento. Se invece si può adoperare un pretrigger esterno, la
larghezza di banda non cambia.
- Convertitore D/A a resistenze pesate:
Lo schema è strutturato in modo tale che la tensione di riferimento Vr faccia circolare
una corrente nel ramo i solo se il relativo interruttore è chiuso (e quindi il bit i è alto).
La corrente in quel ramo sarà I = V/2iR, e quindi la tensione in uscita sarà
1) Semplice formula della corrente
2) Porta -R, che è la resistenza finale in uscita, fuori, e dentro diventa la semplice
somma delle correnti, da uno ad n ovviamente, ed in cui ogni corrente sarà
abilitata solo se il relativo bit è alto
3) Trasformo la corrente in tensione
4) Semplifico R ed R (senza lasciare il segno meno)
5) Porto -Vr fuori
6) Risulterà semplicemente -Vr moltiplicato per un coefficiente, deciso da una
semplice somma numerica in cui la potenza di 2, i, è annullata se in
corrispondenza di bit 0, o spostata a reciproco in corrispondenza di bit 1
Gli svantaggi di tale convertitore sono:
1 La resistenza vista in ingresso da Vr varia ovviamente a seconda dei bit e per
questo visto il variare della corrente, potrebbe causare variazioni anche nella
tensione Vr;
2 Risulta molto difficile mantenere lo stesso valore di incertezza in un intervallo così
ampio di valori delle resistenze.
- Convertitore D/A R/2R:
Anche per ovviare ad alcuni dei problemi del convertitore a resistenze pesate questo
ha il vantaggio di avere resistenze di due soli valori, e nel fatto che,
indipendentemente dal valore del bit i b , in ciascuna resistenza scorrerà sempre
corrente: se l’interruttore è chiuso la corrente fluirà nel ramo, altrimenti fluirà verso
terra. Per questo motivo, la resistenza vista dalla tensione R V sarà sempre la stessa,
pari a R, indipendentemente dalla codifica binaria da convertire.
VRiferimento
In tal modo avrò, visto che ovviamente I =
:
R
Corrente nel ramo 1 = I/2.
Corrente nel ramo 2 = I1/2
Corrente nel ramo x = Ix-1/2
Da cui, semplicemente corrente nel ramo i = I/2 alla i
LA FORMULA RISULTANTE DI VA/D SARA' UGUALE A
QUELLA DEL CONVERTITORE A RESISTENZE PESATE
- Voltmetri numerici:
Un voltmetro numerico, come si evince dal nome, è uno strumento che effettua
misure di tensione mediante una conversione A/D della grandezza in ingresso e che
visualizza il risultato in forma numerica su un dispositivo di visualizzazione.
Ecco lo schema:
Voltmetri a valore istantaneo: forniscono il valore che il misurando agisce in un
preciso istante temporale.
Voltmetri ad integrazione: forniscono il valore del misurando lungo un determinato
periodo di tempo, in modo da fornirne un valor medio.
- Voltmetro a singola rampa (oppure conversione
tensione/tempo):
Funzionamento:
1) Ho una tensione da misurare Vx > 0
2) Avvio io utente un comando di “inizio misura”
3) Con tale comando l'unità di controllo dà al generatore di rampa un impulso di
inizio generazione, e lui inizia a generare appunto una rampa (supposta con
pendenza negativa, stabilita dal costruttore una tantum e non dall'utente)
4) Il primo comparatore rileva l'uguaglianza tra la rampa e la tensione in
ingresso (valore FS, lo fa scendere finchè non incontra 0)
5) Il comparatore quindi cambia il suo stato, invia tale cambiamento di stato
all'unità di controllo, il quale a sua volta manda il segnale di start (notare
l'allineamento in figura: comparatore di sopra con start, e comparatore di sotto con
stop) e apre la gate.
6) Ciò farà aumentare i valori contenuti nel contatore numerico
7) La rampa continua a scendere nel frattempo, ed arriverà ad un valore Toff
nel quale il SECONDO comparatore cambierà stato, inviando il segnale di stop e
chiudendo la gate
8) Il fatto che cambi stato prima C1 e poi C2 indica che il segno della tensione
incognita è positivo. Il viceversa avrebbe indicato una tensione negativa. Succede il
contrario ovviamente in caso di rampa positiva
Tale uguale con la piccola q sotto è inteso come uguale nel senso di
quantizzazione.
Ovvero, la misura di T è convenzionalmente espressa come multiplo intero di
segnali di clock Tc, anche se nella realtà non è quasi mai così. Insomma la formula
non tiene conto di eventuali frazioni di Tc che potrebbero sussistere tra Ton e
Toff, dovuta anche all'assenza di sincronismo tra il clock e tali segnali (che invece
sono propagati da comparatori unità di controllo etc.), da cui posso fare la formula
approssimata di T=
T = (Nx + o – alfa) Tc, dove per alfa appunto si intende una frazione di periodo T in
eccesso o difetto rispetto alla reale durata dell'intervallo di misura
Per valutare il valore massimo che alfa può assumere poniamoci per semplicità nei
casi limite in cui gli impulsi di clock arrivino subito prima e subito dopo gli
istanti di apertura e di chiusura della gate. Se Ton e Toff sono gli istanti di inizio e
di fine conteggio, avremo 4 diverse combinazioni:
l’apertura della gate avviene subito dopo l’arrivo di un impulso e la chiusura
subito dopo l’ultimo impulso, quindi l’errore è trascurabile T = NTc ;
il primo impulso arriva subito dopo l’apertura della gate, generando così un
intervallo vuoto per il quale viene comunque contato un impulso di clock, mentre la
chiusura avviene subito dopo l’ultimo impulso. Si può scrivere c T = (N −1)T ;
l’apertura della gate avviene subito dopo l’arrivo di un impulso e la chiusura
subito prima dell’ultimo impulso che, quindi, non viene contato. Si può scrivere c T =
(N +1)T ;
non c’è un errore di conteggio né relativo all’istante di apertura né a quello di
chiusura. I due errori, però, hanno segno opposto e quindi si compensano. Si può
scrivere c T = NT .
I 4 casi sono solo dunque le possibili combinazioni sulle stesse situazioni in Ton e
Toff
L'incertezza in questo voltmetro si misura tramite un approccio di tipo
deterministico (ricordando:
Quindi avrò:
In cui il primo fattore con la tangente è la stabilità della rampa, dipendente da
un'ideale linearità della rampa. Da cui potrei pensare di ridurla intervenendo sulla
pendenza della rampa. Difatti riducendo tangentAlfa allontano l'istante di chiusura
Toff, ed aumento T e quindi il numero di impulsi Nx, ma non sarebbe una soluzione
propriamente ottimale visto che poi ci sarebbe maggiore incertezza nel rilevare
l'uguaglianza tra tensioni in ingresso mentre la rampa si riduce.
Il secondo fattore è dovuto alla stabilità del clock, per la quale si usano oscillatori al
quarzo eventualmente termostatati per minimizzare gli effetti della temperatura
Il terzo è dovuto al suddetto errore di conteggio (la derivata di Nx è uno), molto
minimizzato se aumento il numero di impulsi contati poiché ridurrò il contributo
relativo all'errore di conteggio.
- Voltmetro a conversione tensione/frequenza
E' un voltmetro ad integrazione. Anzi è stato il primo voltmetro a contenere un
integratore (il circuito che fa da integratore si chiama amplificatore operazionale).
Componenti:
Amplificatore operazionale che integra tutto ciò che riceve. Qui avrà in ingresso la
nostra tensione Vx tramite la resistenza Rx ed un treno di impulsi filtrato tramite la
resistenza Ri (tale treno di impulsi avrà frequenza proporzionale alla tensione di
ingresso da convertire, da cui il nome di voltmetro tensione/frequenza.
La misura di tale frequenza si eseguirà poi contando il numero di impulsi generati
durante un intervallo di tempo di durata prefissata.).
L'amplificatore operazionale avrà in parallelo un condensatore ed un interruttore, e
ciò che esce finisce in un comparatore assieme ad una tensione Vs detta tensione
di soglia
Funzionamento:
1) All'istante t=0 la tensione in USCITA pari IN MODULO a quella SUL
CONDENSATORE è 0, grazie all'interruttore in parallelo a C che garantisce la
scarica verso terra di un’eventuale tensione residua presente ai capi del
condensatore.
2) Quando la misura comincia, l’interruttore si apre, e la Vout comincia a sentire
l’effetto di Vx.
3) La tensione incognita, infatti, genera una corrente Ix = Vx/Rx che scorre tutta
nel ramo di retroazione attraverso C perché l’elevata impedenza d’ingresso
dell’amplificatore operazionale impedisce l’ingresso nel morsetto non invertente.
dove il segno meno (−) è dovuto al fatto che tensione e corrente del condensatore
hanno lo stesso verso.
4) Prendendo la formula 3.15, invertendo uno con Vx e ricordando che la divisione
per j omega equivale ad un'integrazione, ho che:
5) Supponiamo che la tensione Vx sia costante e positiva: l’uscita sarà
evidentemente una rampa decrescente. L’integrazione procede finché la Vout non
raggiunge il livello Vs, evento che viene segnalato dal comparatore attraverso un
cambiamento di stato.
6) Quando l'uscita del comparatore varia, fa sì che il generatore di impulsi
emetta un impulso di ampiezza A e durata τ che, applicato alla resistenza Ri, dà un
contributo addizionale alla corrente che circola nel ramo di retroazione del circuito
integratore.
7) La polarità dell'impulso è settata in maniera tale che la corrente sia di segno
opposto a quella associata alla tensione Vx
8) L’ampiezza A deve essere tale che la rampa in uscita sia di pendenza positiva
(in generale, di segno opposto a quello determinato dal segnale d’ingresso). Affinchè
ciò succeda per tutti i possibili valori di tensione incognita d’ingresso, è evidente
che l’ampiezza A deve essere almeno pari al valore di fondo scala del voltmetro,
ovvero all’ampiezza massima del segnale che il dispositivo può misurare.
9) Una volta esauritosi il contributo dell’impulso, dopo un intervallo τ, la
corrente Ix ritorna ad essere l’unica a caricare il condensatore (perchè tale rampa
positiva avrà scaricato il condensatore), e la rampa pertanto ritorna ad essere
decrescente: un nuovo impulso viene generato quando essa torna ad eguagliare la
tensione di soglia Vs, si conta un altro scatto di frequenza, ed il ciclo ricomincia.
Cerchiamo ora di capire il legame matematico tra frequenza e tensione, osservando
l'andamento della tensione tra i due istanti consecutivi in cui Vout raggiunge la soglia
Vs (ad esempio, un t=t0, ed un t=t0+T).
Ho che nell'intervallo T la tensione Vx (ovvero quella che voglio misurare) è
sempre presente
Mentre la tensione Vi, ovvero, quella generata dagli impulsi, è presente solo nel
tempo tau di lunghezza impulso, da cui:
Uno degli svantaggi di questo sistema è che se la tensione d'ingresso varia troppo rapidamente o
presenta un elevato rumore sovrapposto al segnale, non si raggiunge mai la condizione di
bilanciamento e quindi una lettura valida.
- Voltmetro a doppia rampa
Funzionamento (si parte da t=0):
1)
L'unità di controllo commuta l'interruttore su Vx
2)
L'unità di controllo apre l'interruttore così da scaricare il condensatore ed
assicurarsi che Vout nel momento 0 sia appunto 0
3)
L'unità di controllo resetta il contatore
4)
La misura ha inizio e la misura Vx viene integrata in Vout. Che sarà:
5) La precedente è detta fase di runup, che si interrompe ad un tempo Tu impostato
dall'utente in fase di configurazione iniziale. A Tu la tensione sarà
(formula precedente, ma con Tu al posto di t), lo chiamo V*
6) Arrivato la fine del runup, l'unità di controllo dice alla gate di aprirsi, e di
cominciare a far passare gli impulsi di clock che vengono quindi contati
7) Nel contempo l'interruttore viene commutato su Vr
8) Vr sarà di segno opposto rispetto a Vx, e quindi ciò imporrà una fase di scarica
del condensatore (rundown). La tensione assumerà adesso l'espressione:
V* - (formula precedente ma con VR al posto di Vx e (t-Tu) al posto di t
9) La scarica del condensatore si interromperà dopo un tempo Td tale che:
Vout(Tu + TD) = 0. E questa formula si può anche scrivere come:
Vout(Tu+TD) = V* - (formula precedente ma con VR al posto di Vx e TD al posto
di t)
10) E quindi FORMULA PRECEDENTE IN VR E TD E' UGUALE A
FORMULA PRECEDENTE IN VM, valor medio di Vx E TU (quest'ultima però
di segno opposto alla prima, consigliando però di mettere quest'ultimo a segno
positivo)
11) Arrivati a zero il comparatore invia lo stop alla gate
12) All'intervallo temporale Td verrà quindi associato un numero di impulsi di
clock
Td = nel senso di quantizzazione a ND x Tc
13) Supposto come stabile sia R che C sia nella fase di runup che di rundown
posso levare le costanti di tempo dalla formula detta nella numero 10, e quindi
avrò:
−
1
1
VR TD=
VM TU
RC
RC
- Levo i due 1/RC e passo TU sotto quindi
Vm=−VR
TD
TU
- Metto TD come nella precedente formula
Vm=−VR
ND Tc
TU
- Metto TU come NU Tc e semplifico levando Tc a numeratore e denominatore
Vm=−VR
ND
NU
Al crescere della tensione e a parità di VR e NU, aumenterà quindi il numero di
impulsi contati ND. Cioè più è pendente la rampa in fase di runup e più
ovviamente ci vorrà tempo per la fase di rundown.
- Voltmetro a doppia rampa: incertezza
Da cui è escluso il conteggio di impulso Tu perchè si ritiene di poter
sincronizzare la fase di run up con gli istanti di arrivo dei due impulsi. Quindi
dipenderà da:
- La stabilità della tensione di riferimento
- L'incertezza nel conteggio della fase di scarica (che invece c'è), che ovviamente
dovrò risolvere aumentando il numero di impulsi contati.
- Potrei abbassare la tensione di riferimento Vr per aumentare il numero di
conteggi in fase di run down, ma poi ci sarebbe maggiore incertezza nel rilevare
l'uguaglianza tra tensioni mentre la rampa si riduce.
- Allora potrei far partire la fase di Run Down da un V* più alto ma vedremo
che ciò contrasta delle caratteristiche specifiche di V sulla reiezione del rumore
(vedremo)
- Nemmeno intervenire sui valori di resistenza o capacità servirebbe perchè poi
interverrebbero sia sulla rampa in salita che in quella in discesa
Allora una soluzione buona è nell'apportare una specifica modifica
architetturale: ovvero, nel separare le pendenze della rampa di carica e scarica
tramite due resistenze separate : una per Vx ed una per VR (quindi una resistenza
nuova Ru per l'Up ed una per il Down, che sarà la solita R).
A questo punto se metterò una Resistenza RU molto minore di R otterrò una
rampa 10 volte più ripida di quella ottenuta con la configurazione base. Quindi
anche V* sarà molto maggiore e di conseguenza maggiore il numero di impulsi
contati nella fase di down. Quindi la nuova formula sarà la stessa precedente
formula della tension media, ma moltiplicata per RU/R
- Voltmetro a doppia rampa: confronto tra tempo
di misura e risoluzione
Ho che il tempo totale di misura di codesto simpaticissimo voltmetro è:
Tmis = TU + TD = (NU + ND) Tc
Invece la risoluzione, ovvero il minimo valore medio di tensione rintracciabile dallo
strumento sarà preso dalla normale formula di V, sostituendo Vm con Vmin e ND
con uno.
Vmin = - VR/NU
Da cui, per la famosa formula del Vmedio, ho la seguente formula:
Vmin=
−VR
Vm
VFS
=dall ' equazione fondamentale ,
= per sostituzione di V con VFS
NU
ND
NDMax
Prendo le due equazioni
VR
VFS
=
NU NDMax
Vm
VFS
=
ND NDMax
E vi ricavo ND ed NU passando ai reciproci e moltiplicando prima per VR e poi
per VM
Poi le metto nella formula di Tmis mettendo in evidenza NDMax
Poi ancora sostituisco Vm con VFS per ottenere il massimo tempo possibile dei
valori di misura TM, ottenendo la formula:
1
VR
 NDMaxTc
VFS
Da cui per ridurre il tempo di misura potrei ridurre la tensione di riferimento
VR, ma con ciò accadrebbe che ridurrei la fase di runup con costante riduzione
della risoluzione. Allora la cosa migliore è portarla al valore di fondoscala
Da ciò si vede che l'esigenza di contenere i tempi di misura è in diretto contrasto
con l'aumento di risoluzione.
- Voltmetro multirampa rundown:
Il voltmetro multirampa è un’evoluzione del voltmetro a doppia rampa rispetto
al quale ha un maggior numero di rampe nella fase di rundown, caratteristica
assicurata dall’impiego di un maggior numero di resistenze di ingresso
dell’integratore, pari al numero di rampe da realizzare ed in rapporto di 1:10
una rispetto all’altra.
1) La fase di runup è identica al doppia rampa
2) Quando Vout, dopo Tu raggiunge il valore
−Vm NU Tc
, l'interruttore scende e
RU C
collega l'integratore alla tensione di riferimento supposta di segno opposto a Vx e
mediata dalla resistenza di valore 10 alla meno 3 (mille), da cui inizia una fase di
scarica che termina non quando la rampa incontra lo zero ma al primo impulso
successivo.
3) L’intervallo di tempo totale sarà pari a T1 = (N1 + 1) Tc, dove N1 è il numero di
impulsi contati fino al raggiungimento della tensione nulla.
4) Al raggiungimento di tale impulso l'interruttore viene di nuovo commutato su
una tensione di segno opposto. A questo punto l’interruttore viene infatti commutato
sulla tensione −VR connessa alla resistenza di valore 10 alla−2 R. Si instaurerà una
nuova fase di carica del condensatore, stavolta con costante di tempo τ2 = R C/10
alla seconda che termina, analogamente al caso precedente, al primo impulso
successivo al passaggio per lo zero
5) Idem per la rampa successiva, mentre la successiva ancora terminerà all'istante di
passaggio per lo zero
6) Ecco il grafico dell'andamento
Ovvero, riesce evidente che il vantaggio del voltmetro multirampa rispetto al doppia
rampa consiste in :
- Riduzione del tempo di misura a parità di risoluzione offerta
- Aumento della risoluzione possibile a parità di tempo di misura
- Fattore di reiezione NMRR e confronto tra
voltmetri a integrazione e a valore istantaneo:
Il primo svantaggio di quelli a integrazione è nel fatto che sono certamente più
lenti.
Infatti richiedono un tempo per integrare la grandezza all'ingresso che abbiamo
chiamato runup.
Quindi il valore visualizzato nel contatore sarà nell'integratore la grandezza media
della tensione nel tempo di runup, mentre sarà nel valor istantaneo appunto il valore
istantaneo.
E la differenza tra i due risulta evidente nel caso di presenza di un segnale di
rumore.
Ammettiamo di avere oltre al segnale di ingresso V un segnale proveniente dalla
tensione di rete, e che fa un rumore di Vn Seno di due pi greco effezero t, dove la
frequenza effe è 50 hz.
Nel Voltmetro a valore istantaneo tale rumore sposterà il punto in cui il segnale di
ingresso interseca la rampa generata internamente dal voltmetro, spostando di un
tempo e il punto di inizio della misura dell'intervallo T, ed aumentando così
l'incertezza della misura
Vediamo invece cosa succede al rumore Vn sin eccetera qualora venga integrato
per un tempo T tra t e t+T
E per valutare l'attenuazione del rumore a valle di tale filtro, introduco il fattore
di reiezione di modo normale, oppure NMRR, definibile come il valore assoluto
fra il valore massimo del rumore all'ingresso e all'uscita:
pi greco effezeroT
20 logaritmo in base dieci di valore assolutodi seno della stessa quantità
E ponendo effezeroT uguale lambda, posso valutare la reiezione in funzione di
lambda
Che dice che la reiezione si massimizza quando l'intervallo T di integrazione è un
multiplo del periodo T0 (uno su effezero) del segnale di rumore.
Inoltre dal grafico posso notare che anche se ho in sovrapposizione al segnale da
misurare un rumore la cui frequenza non ha relazioni con il periodo di integrazione
T, comunque ho una buona reiezione, che migliorerà al crescere del numero di
periodi del rumore contenuti in T.
ESERCIZI: per annullare un rumore somma di due frequenze x e y devo trasformare
x ed y in tempo, poi trovare un comune multiplo tra tali tempi (che spesso si ottiene
moltiplicandoli per le frequenze/10 ed è fatta)
Se invece devo calcolare esplicitamente NMRR non dovrò far altro che ottenere la
frequenza, moltiplicarla per l'intervalo di integrazione (o runup), tenendo
considerando che se è espresso in millisecondi va convertito in secondi, e poi
messo nella formula col 20 log 10 seno e quant'altro.
- Campioni di resistenza e problemi per
misurazioni di valore ohmico basso
L'ohm è la resistenza elettrica di un conduttore metallico ai cui capi insorge la differenza di
potenziale di 1 volt per effetto del passaggio di una corrente di intensità di 1 ampere.
I campioni di resistenza sono resistori di caratteristiche note e stabili nel tempo.
La qualità di una resistenza dipende dalla stabilità della resistività con cui è
realizzato e dalla precisione delle sue caratteristiche geometriche.
Il coefficiente di variazione della resistività con la temperatura è definito come
l’incremento di resistenza corrispondente ad un incremento unitario della
temperatura. Spesso i costruttori forniscono gli andamenti della resistività in
funzione della temperatura in termini relativi.
I campioni di resistenza vengono solitamente classificati in:
1. resistori di valore basso (inferiore a 1Ω );
2. resistori di valore medio (compreso tra 1ohm e 1Megaohm);
3. resistori di valore alto (superiore a 1Megaohm).
Nei primi l'inserzione del resistore nel circuito presenta problemi relativi alle
resistenze “di contatto”, ovvero quelle resistenze addizionali che insorgono nel
momento in cui si effettuano i collegamenti tra circuito e resistore, dell'ordine di 10
alla meno quattro ohm e dipendono:
- Dall'estensione geometrica della superficie usata per realizzare il contatto.
- Dalla pressione esercitata per serrare i morsetti utili alla misura
Per cui, quanto più è piccolo il valore ohmico del resistore campione che si
intende realizzare, e tanto più è opportuno prevedere morsetti di grosse dimensioni
e ben saldamente connessi al circuito di misura.
Tuttavia l'esigenza di avere morsetti di grosse dimensioni non coincide con la
necessità di definire con precisione la lunghezza del resistore. Da cui, per soddisfare
entrambe le suddette esigenze (precisione della lunghezza del resistore ed
eliminazione di resistenze addizionali), si aggiungono altri due morsetti.
Questi morsetti sono detti morsetti Voltmetrici, sono di dimensioni ridotte, e
servono a prelevare la differenza di potenziale che si crea ai loro capi quando la
resistenza è attraversata dalla corrente addotta attraverso i morsetti amperometrici.
Il valore ohmico del resistore a 4 morsetti si riferisce al tratto di conduttore
individuato dai morsetti volumetrici ( V1 e V2 ) che riescono a definire con
buona precisione la lunghezza del resistore stesso, mentre i morsetti amperometrici
( A1 e A2 ), essendo di grosse dimensioni, sono usati per addurre la corrente nel
resistore senza produrre cadute di potenziale significative.
- Campioni di resistenza: problemi nelle
misurazioni di valore ohmico elevato
Per questi, i problemi che nascono sono connessi con l’insorgenza delle correnti
di dispersione (correnti che si chiudono attraverso le conduttanze di dispersione)
che possono assumere valori comparabili con il valore della corrente che fluisce
all’interno del resistore stesso. Infatti, al crescere del valore ohmico del resistore, le
correnti che lo interessano (a parità di tensione impressa) diventano sempre di
minore intensità. Quando i valori di resistenza superano l’ordine dei megaohm,
anche usando tensioni di un certo valore, le correnti in gioco nei circuiti di misura
diventano estremamente piccole per cui assume sempre maggior peso l’effetto
delle correnti di dispersione.
Tutto ciò si risolve con:
- Il fissaggio dei valori delle conduttanze di dispersione tramite apposite
schermature, ottenute con il collegamento del resistore campione ad un apposito
schermo tramite un morsetto opportunamente collegato in modo da evitare la
misura delle correnti di dispersione
- Si fa in modo che le correnti di dispersione non attraversino lo strumento di
misura.
Oltre a quanto detto finora bisogna fare delle considerazioni aggiuntive per la
corrente continua ed alternata poiché bisogna compensare gli effetti di natura
induttiva e capacitiva.
L’effetto induttivo in genere viene compensato ripiegando il conduttore su se stesso
in modo da produrre una circolazione di corrente (e quindi il campo magnetico ad
essa associato) in metà filo in un verso, e nell’altra metà in verso opposto
L'effetto capacitivo invece viene opportunamente ridotto tramite l'impiego di
apposite geometrie
- Misura di resistenze
La scelta del metodo da adottare dipende sia dall’ordine di grandezza della
resistenza da misurare sia dall’incertezza desiderata.
A tal riguardo, si fa notare che la suddivisione in resistenze di piccolo, medio ed
elevato valore è ovviamente grossolana ed ha il solo scopo di evidenziare come
certe problematiche abbiano maggiore o minore peso in dipendenza del valore
ohmico della resistenza che si desidera misurare. In particolare, useremo i seguenti
metodi in base al tipo di resistenza:
Caduta di potenziale, per resistenza di valore basso;
Ponte di Wheatstone, per resistenze di valore medio;
Metodo voltamperometrico, per resistenza di valore alto.
- Metodo voltamperometrico (generico)
E' il più semplice, basato sull'impiego di un voltmetro ed un amperometro e la
legge di ohm.
1) Metto in serie al Resistore Rx un resistore regolabile (reostato di regolazione) ed
un amperometro adatto alla corrente che immetterò nel resistore
2) La corrente dovrà essere di valore sufficientemente elevato in modo da
provocare indicazioni significative nell’amperometro e nel voltmetro, ma di
valore non tanto elevato da provocare un eccessivo riscaldamento della
resistenza Rx per effetto joule.
3) Chiudo l'interruttore e metto la resistenza regolabile al massimo
4) A quel punto immetto corrente e abbasso il resistore regolabile finchè
sull'amperometro non mi ritrovo la corrente da me immessa per la prova
5) Leggo il voltmetro e ottengo la resistenza facendo V/I
6) Faccio 3 prove da cui una media. In caso di misure incompatibili cerco di capire
qual è stato il problema e riprovo
7) Disinserisco il voltmetro, riduco al minimo la corrente tramite il resistore
regolabile ed apro l'interruttore togliendo la corrente. Tutte le prime mosse sono
necessarie poiché non sono sicuro che la resistenza sia di tipo anti-induttivo
- Metodo della caduta di potenziale: resistenze di
valore basso
Supponiamo di voler misurare la resistenza R di un resistore di basso valore.
Tale resistenza sarà realizzata, presumibilmente, con un resistore a quattro
morsetti. I due morsetti A1 ed A2 (detti morsetti amperometrici) sono usati per
collegare il resistore al circuito di misura mentre gli altri due V1 e V2 (detti morsetti
voltmetrici) sono usati per prelevare la caduta di potenziale mediante il voltmetro V.
Collochiamo il voltmetro V a valle dell’amperometro A perché la resistenza R è
molto minore della resistenza interna del voltmetro. Infatti, nelle ipotesi fatte, la
resistenza R di basso valore ohmico sarà dell’ordine di qualche frazione di ohm
mentre la resistenza del voltametro sarà almeno di qualche kΩ.
Da cui poi semplicemente la resistenza sarà valutata come V/I
L'incertezza posso valutarla con l'approccio probabilistico (ricordiamo):
Che quindi qui sarà:
- La regolazione della corrente per la misurazione verrà regolata tramite RVAr
- L'amperometro A servirà a leggere l'ordine di grandezza della corrente di
prova, definito preliminarmente in fase di progettazione della misura in base a:
- Valori non troppo bassi perchè poi il rapporto tra segnale e rumore sarebbe
sconveniente
- Valori non troppo alti perchè innanzitutto ogni resistenza ha dei valori di potenza
massima dissipabile oltre i quali non si garantisce nulla in merito all'incertezza o alla
tolleranza massima, e poi perchè ad un eccessivo aumento di corrente
corrisponderebbe un eccessivo aumento di temperatura
Tuttavia non c'è sempre la piena garanzia che la corrente sia la stessa nei due
istanti in cui misuro la corrente sulle due resistenze, visto che usiamo lo stesso
voltmetro per le due misure di tensione, onde diminuire l’incertezza dovuta alla
eventuale non-linearità della scala nella misura del rapporto delle tensioni). E
quindi
Per garantire la stabilità in tensione utilizzo un alimentatore stabilizzato in
tensione i cui limiti di incertezza rientrino nell'incertezza desiderata
Per garantire la stabilità della corrente invece di fare solo le due misure su Rx ed
Rc , ne facciamo anche una terza che serve solo a verificare se durante la prova vi è
stata una variazione di corrente. Pertanto, dal punto di vista operativo si procede
secondo i seguenti passi: si misura la Vx , poi la Vc e poi nuovamente la Vx. Se il
circuito è a regime, la terza misura risulterà uguale alla prima.
Quanto detto finora però non contempla eventuali effetti termoelettrici dovuti a
forze elettromotrici di contatto, descritti dagli effetti Volta e Seebeck.
L’effetto Volta stabilisce che, dal contatto di due metalli differenti nasce una forza
elettromotrice, detta appunto di contatto, che dipende dalla natura dei metalli. Se
chiudiamo una maglia composta da un certo numero di metalli, la risultante delle
forze elettromotrici di contatto è nulla e, quindi, nella maglia non si riscontra alcuna
circolazione di corrente.
Accanto all’effetto Volta esiste l’effetto Seebeck, che lo particolarizza affermando
che l’effetto Volta è vero solo se tutte le giunzioni tra i metalli sono poste alla
stessa temperatura, perché la forza elettromotrice di contatto oltre a dipendere dalla
natura dei metalli posti a contatto, dipende anche dalla temperatura a cui sono
realizzate le giunzioni.
Effetto Seeback: un conduttore, con le estremità poste rispettivamente a temperatura T1 e T2 , è sede
di un campo elettrico generato dal gradiente termico, che si manifesta con un incremento di
tensione
secondo la relazione
dV =αdt
dove alfa è il coefficiente di Seeback e dipende dal tipo di metallo.
Da quanto detto, quando effettuo una misura di tensione collegando i puntali di
un voltametro ai morsetti del circuito tra cui voglio misurare la caduta di
potenziale, la tensione che misuro sarà influenzata anche dalle forze
elettromotrici di contatto che si vengono a generare. In particolare, quando
collego il voltmetro al circuito di misura realizzo una maglia chiusa. Quindi, se
tutte le giunzioni che ho realizzato (quelle dove metto i puntali, quelle che sono
collegate al voltmetro, e quelle interne al voltmetro) fossero alla stessa
temperatura potrei dire che la lettura del voltmetro non è influenzata dalle forze
elettromotrici di contatto perché la somma componente è nulla per effetto Volta, ma
se non riesco a garantire questa condizione il voltmetro produrrà una
indicazione influenzata dalla presenza delle forze elettromotrici di contatto.
Nel metodo voltamperometrico tale problema sussiste in quanto si lavora con
correnti abbastanza elevati che, per effetto joule, provocano inevitabilmente
riscaldamenti di conduttori.
Ne consegue che possono nascere forze elettromotrici che non si possono
eliminare, perciò si cerca di evitare che esse influenzino la misurazione, portando a
cinque le misure di tensione così:
− Misuriamo prima Vx poi Vc.
− Invertiamo il verso di circolazione della corrente usando il circuito invertitore
− Misuriamo prima Vc poi Vx
− Invertiamo ancora il verso della corrente
- Misuriamo di nuovo la Vx.
La quinta misura ha funzione di controllo e se è uguale alla prima vuol dire che la
corrente si è mantenuta costante.
Operando in questo modo, sia su Rx che su Rc abbiamo sia una misura a
corrente diretta che una a corrente inversa, cambiando il segno della corrente
cambia il segno delle cadute di tensione, ma le forze elettromotrici di contatto
influenzano la misura sempre con lo stesso segno.
- Metodo VoltAmperometrico per resistenze di
valore elevato
Anche per eseguire questa misura, si usa un metodo voltamperometrico (Fig. 5).
Poiché le tensioni in gioco sono dell’ordine dei 500V  1000V, occorre usare un
voltmetro (V) di portata opportuna collocato a monte dell’amperometro per
minimizzarne gli effetti di autoconsumo. Inoltre, la misura di corrente sarà
eseguita usando un nanoamperometro (nA) per avere la necessaria sensibilità di
misura (parliamo di resistenze molto elevate quindi correnti molto basse e tensioni
altissime).
La resistenza Rx è di valore elevato e quindi è realizzata a tre morsetti due dei
quali hanno funzione sia di morsetti amperometrici che voltmetrici (le resistenze di
contatto sono trascurabili perché sono di molti ordini inferiori rispetto al valore
di Rx), il terzo morsetto serve per risolvere i problemi connessi con le correnti di
dispersione. Infatti non riuscendo ad eliminare queste correnti l’unico accorgimento
che possiamo adottare è evitare che questo elemento di disturbo influisca sulla
misura, facendo quindi in modo che le correnti di dispersione non attraversino
l’amperometro.
Per evitare di danneggiare irrimediabilmente strumenti sensibili come il nano o
il milliamperometro, bisogna porre particolare attenzione alle correnti che
circolano durante il transitorio iniziale quando si alimenta o si disalimenta il
circuito di misura.
Alla chiusura di T1 , supponendo inizialmente scarica la capacità parassita in
parallelo ad Rx, accade che la resistenza Rx è cortocircuitata e nel circuito
circola un picco di corrente uguale al rapporto tra la forza elettromotrice E e la
resistenza equivalente secondo Thevenin vista dai suoi morsetti.
Tale picco di corrente è quindi elevatissimo: infatti la E=500V÷1000V mentre la
resistenza equivalente secondo Thevenin è dell’ordine di grandezza di qualche ohm.
È quindi necessario proteggere il nanoamperometro con un tasto di cortocircuito T2
per tutto il tempo richiesto per l’estinzione del transitorio.
- Metodo del Ponte di Wheatstone:
Questo è il ponte di Wheatstone.
Rx costituisce il misurando;
• Ra ed Rb sono resistori campione di valore noto;
• Rc è un resistore campione a decadi
• G è un GALVANOMETRO, sensibile alla differenza di potenziale tra A e B, e
che si trova su una diagonale detta diagonale di rivelazione
• Il circuito sottostante è un circuito di alimentazione potenziometrica
Si dice che il ponte è in equilibrio quando il galvanometro è sullo zero, quindi
quando il suo indice è sulla posizione zero.
Durante l’esecuzione della misura, la tensione E sostiene una corrente I che si
ripartisce tra i due rami comprendenti, rispettivamente, il nodo A e il nodo B.
In condizioni di equilibrio, è nulla per definizione la corrente che fluisce nella
diagonale di rivelazione IG e quindi risulta (per la legge di kirchoff sui nodi):
IA = IB
IX = IC
E considerando che, per IG NULLA risulterà anche VG, e quindi VAB nulla, avrò che
(stavolta sulle maglie)
IARA = IXRX
IBRB = ICRC
Da ste relazioni qua, si ottiene la relazione di equilibrio del ponte:
Rx=
Ra
Rc
Rb
Pertanto, agendo sulla resistenza a decadi RC, si realizza la condizione di
equilibrio e poi, applicando la relazione precedente (essendo noti RA, RB ed RC) si
ricava il valore del misurando RX.
Poiché nella fase iniziale della misura, il valore della resistenza incognita RX
potrebbe essere anche molto diverso da quello che soddisfa la condizione di
equilibrio, la corrente nella diagonale di rivelazione AB potrebbe essere molto
maggiore di quella sostenibile dal galvanometro G. Per scongiurare il pericolo di
danneggiare il galvanometro, si alimenta tramite il potenziometrico il ponte con
tensioni inizialmente sufficientemente piccole (tali cioè da produrre correnti di
squilibrio inferiori alla portata del galvanometro anche in condizioni di forte
squilibrio iniziale). Infatti, bassi valori della tensione di alimentazione riducono la
sensibilità del ponte che produce bassi valori di corrente di squilibrio anche in
condizione di forte squilibrio.
Per fornire poi ulteriore protezione si imposta un galvanometro con sensibilità
bassa.
Quando poi opero opportunamente sul resistore a decadi RC posso ridurre a poco a
poco la tensione perchè il ponte sarà sempre più bilanciato. Aumentando poi la
sensibilità potrò aumentare a poco a poco le decadi meno significative del
resistore campione fino a raggiungere il tanto agognato bilanciamento.
Certo, può accadere che visto che la sensibilità minima è stabilita dalla decade
meno significativa di sto resistore campione, può accadere non sempre che si riesca
a raggiungere lo zero. Magari imposto un valore e l'indice si trova a destra dello zero,
poi lo vario di 0.1 ohm che è solitamente la sensibilità minima e poi si trova a
sinistra.
A questo punto risolvo il problema tramite un procedimento di interpolazione che
mi consente di capire sulla base dei valori destro e sinistro ottenuti con la
variazione di sensibilità minima e dell'ipotesi di linearità del galvanometro
attorno allo zero, quale sarebbe teoricamente il valore che mi avrebbe portato al
bilanciamento.
Questo ipotetico valore di Rc0 si ottiene tramite la formula:
Rc0=sensibilità minima ohm
sinistro
sinistrodestro
- Incertezza nel Ponte di Wheatstone:
- Incertezza di sensibilità
Il fattore di incertezza di sensibilità è dovuto al fatto che si tratta di uno strumento
basato sul raggiungimento di un punto di 0. E quindi potrei avere semplicemente
una corrente talmente piccola da non essere rilevabile dallo strumento in questione
ed indicata quindi come 0. Per trovarla esistono due approcci: uno a priori ed uno
a posteriori.
DEFINIZIONE: La variazione virtuale infinitesima dRx da dare ad Rx e che induce
la minima variazione apprezzabile sul rivelatore di zero G, diviso radical 3
= se con Rx il ponte risulta bilanciato, ed Rx aumenta di valori inferiori a dRx, il
galvanometrò rimarrà sullo zero. Il fattore moltiplicativo √3 è determinato dal
passaggio da un’indicazione di tolleranza ad una di incertezza attraverso
l’attribuzione di una distribuzione uniforme all’errore.
- Metodo sperimentale per il ponte di Wheatstone
Devo trovare un'espressione alternativa a quella detta in DEFINIZIONE poiché
l'approccio, in quanto sperimentale, richiede l'operazione su grandezze reali
anziché quelle variazioni virtuali immesse nella definizione.
Quindi faccio sta relazione, la sostituisco nella relazione d'equilibrio del ponte, poi
divido su Rx ed ottengo che ad una variazione relativa virtuale di Rx corrisponde
una variazione relativa reale di Rc.
Certo per definizione ad una variazione dRx il galvanometro si sposta del
minimo deltaL, mentre ad una variazione dRc il galvanometro può spostarsi di
più di deltaL
Tuttavia posso fare ipotesi di linearità del ponte intorno al punto d'equilibrio.
E quindi che la corrispondenza di una qualunque variazione DeltaC rispetto ad
una variazione DeltaL, sia proporzionale alla corrispettiva variazione infinitesimale.
I valori di DRc e Dλ possono essere ottenuti come la differenza in valore assoluto fra
i valori Rs e Rd, e λs e λd ricavati durante la fase di determinazione numerica di R0
- Metodo teorico per il ponte di Wheatstone
Per l'approccio teorico devo innanzitutto fare il circuito equivalente vista ai
morsetti AB di collegamento del galvanometro
La resistenza vista dal galvanometro si valuta sostituendo all'alimentazione E un
corto circuito.
Ra parallelo Rb + (serie) Rx Parallelo Rc
Quindi : differenza delle due tensioni =
Generatore per
Resistenza di cui misuro la prima ddp fratto lei più quella in serie meno
Resistenza di cui misuro la seconda ddp fratto lei più quella in serie
A questo punto ho ottenuto il seguente circuito equivalente secondo Thevenìn
Da cui, la corrente IG sarà ovviamente uguale a E0 fratto Req+Rg resistenza interna
del galvanometro.
- Convertitori AC/DC (alternata/continua)
La misurazione di parametri caratteristici di tensioni alternate, quali ad esempio il
valore di picco, di picco-picco, il valore efficace o quello medio convenzionale, può
essere realizzata mediante l’impiego di voltmetri per la misura di tensioni continue a
cui sono aggiunti stadi di ingresso che con sentono di ottenere in uscita un
segnale proporzionale alla grandezza d’interesse.
- Misuratore di tensione di picco
Partiamo dalla definizione di DIODO, resistore non lineare
In un ipotesi detta di caratteristica di funzionamento ideale, quando il diodo riceve
in ingresso una tensione positiva si comporta come un resistore di valore ohmico
molto basso, idealmente nullo.
Invece quando riceve in ingresso una tensione positiva si comporta come un
resistore di valore ohmico alto, idealmente infinito (Contropolarizzato)
Dopo un iniziale transitorio che qui non mi interessa, la tensione ai capi del
condensatore (che corrisponde a V0), si porta al valore di picco Vp di Vi.
A questo punto ovviamente la tensione in ingresso comincia la fase di discesa (è un
segnale periodico).
Sul diodo a questo punto allora ho una Vd negativa, ergo non conduce una
ceppa.
Il condensatore comincia la scarica grazie alla presenza della resistenza
R, con una costante di tempo Roff parallelo R per C, ed essendo Roff molto maggiore
di R sarà quindi approssimativamente RC.
Se tale costante di tempo è scelta in maniera opportuna—ovvero tale da essere τ ≫ T,
con T periodo del segnale d’ingresso— allora la scarica, che in linea teorica assume
un andamento esponenziale, si può approssimare con una retta, tanto meno
pendente quanto maggiore è la costante di tempo τs.
Tutto ciò prosegue finchè V0 non incontra nuovamente Vi. A questo punto Vd
sarà di nuovo positivo ed il diodo ricomincerà a condurre.
Quindi avverrà la carica del condensatore con costante di tempo R parallelo R on per
C, che visto e supposto Ron molto minore di R, sarà approssimativamente RonC
Dalla resistenza offerta dal diodo nelle due fasi, e dal valore di R e C dipende
ovviamente l’andamento delle due fasi. In linea teorica, sarebbe preferibile avere
τs = infinito e τc = 0 in modo che l’andamento del segnale d’uscita rappresenti il
segnale V0 in figura, che rappresenta proprio il picco del segnale d'ingresso.
Tuttavia tale condizione è di difficile realizzazione, per cui si verificherà un segnale
come in V'0.
Il segnale risultate Vo′, ovviamente, non rappresenta il valore di picco del
segnale: tuttavia, se Vo′ viene posto all’ingresso di un voltmetro ad integrazione
l’indicazione che se ne ottiene è certamente legata al valore di picco del segnale,
sebbene essa risulti più bassa a causa della presenza del ripple, ovvero delle
fluttuazioni del segnale Vo′ dovute appunto alla non idealità delle fasi di carica e
scarica del condensatore.
- Misuratore picco-picco
Serve alla misurazione del valore picco-picco di tensioni non costanti nel tempo
Formato da due dispositivi: quello di sinistra, costituito da un condensatore e un
diodo, ha lo scopo di presentare in uscita, una volta esaurito il transitorio iniziale, la
tensione Vd pari alla tensione Vx privata del suo valore di picco Vp.
Il funzionamento del dispositivo a sinistra è così:
1) Applico in ingresso una tensione incognita corrispondente ad una sinusoidale +
costante
2) Suppongo il condensatore inizialmente scarico
3) Nella maglia formata dal primo congegno fluisce una corrente che porta il
diodo in induzione, inducendo su di esso una tensione per ipotesi di idealità
nulla
4) Nel frattempo, la corrente carica il condensatore con la stessa velocità con cui
evolve la tensione d’ingresso. Poiché la Vd in questa fase è nulla, risulta
banalmente Vc = Vx.
5) Giunto al valore massimo, ovvero alla tensione di picco Vp, l’ingresso inizia
la sua fase discendente.
6) Da questo momento in poi, poiché il condensatore tende a mantenere la
tensione ai suoi capi costante al valore Vp, il diodo si trova in interdizione
perché la tensione ai suoi capi è Vx − Vc = Vx − Vp < 0. (semplice legge delle
maglie)
7) In uscita a questo congegno avrò pertanto la tensione d'ingresso privata
del suo valore di picco, che risulta di valore negativo
Questa tensione in uscita andrà al secondo congegno, che altro non è che un
misuratore di picco con diodo invertito rispetto a quello precedentemente
illustrato visto il segno meno.
I voltmetri di picco e di picco picco hanno, generalmente, la scala tarata in
valore efficace; in ipotesi di segnale sinusoidale, è possibile ricavare il valore di
picco mediante la nota relazione:
Questa relazione è valida solo per segnali sinusoidali: per altre classi di segnali,
quindi, bisogna buttarsi su misuratori effettivi di valori efficaci (come le
termocoppie)
- Misuratore di valor medio
- Raddrizzatore a singola semionda
1) Quando il segnale d’ingresso Vi è positivo il diodo conduce e in condizioni di
idealità la caduta di tensione ai suoi capi è nulla. Pertanto l’uscita Vo sarà
banalmente la replica dell’ingresso Vi.
2) Quando invece Vi è negativo, il diodo è in interdizione e l’assenza di
corrente rende nulla la tensione sulla resistenza d’uscita, e di conseguenza
il segnale Vo.
Certo, in questo modo le tensioni negative non sono propriamente portate al valore
positivo, ma letteralmente annullate. Quindi, per ottenere il valore medio
convenzionale posso operare in due modi:
- Integrare il segnale Vo sul semiperiodo del segnale d'ingresso Vi
- Integrare il segnale Vo su tutto il periodo del segnale d'ingresso e poi
moltiplicare il tutto per 2
Infine c'è da dire che nel caso di funzionamento reale il diodo ha una tensione di
attivazione effettivamente differente da 0, e quindi la tensione di uscita rimarrà
ferma al valore 0 per tutto il tempo in cui la tensione in ingresso è minore di
quella sul diodo.
- Raddrizzatore a doppia semionda
Quattro diodi montati a coppia ed una resistenza dal quale viene prelevato il
segnale in uscita.
Quando il segnale d’ingresso Vi è positivo, sono in conduzione i diodi D1 e D4, e
il segnale d’uscita ai capi della resistenza è, in condizioni ideali di funzionamento dei
diodi, la replica del segnale d’ingresso. La corrente in questo caso fluirà dall’alto
verso il basso, nel verso indicato dalla freccia.
Quando la tensione d’ingresso è negativa, saranno attivi i diodi D2 e D3,ma poichè
anche in questo caso la corrente fluisce secondo lo stesso verso del caso precedente,
la tensione sarà ancora positiva.
- Contatori numerici
Misurare il tempo che intercorre tra due eventi significa confrontare due
intervalli di tempo, quello sotto misura e uno campione, preso come riferimento.
Scelto un generatore di impulsi stabile in frequenza, la misurazione può avvenire
conteggiando il numero di impulsi che si ripetono nell’intervallo di tempo da
misurare. Analogamente, la misura della frequenza di un segnale periodico può
avvenire conteggiando il numero di oscillazioni del segnale che si verificano in
un intervallo di tempo campione.
Il contatore è uno strumento utilizzato per eseguire la misurazione di diverse
grandezze, quali la frequenza, il periodo, l’intervallo di tempo ed il conteggio di
impulsi con elevata precisione. Per questo motivo viene chiamato anche contatore
universale. E posso usarlo per:
- Vedere per quanto tempo un componente è attivo
- Misurare i parametri dei segnali impulsivi come il tempo di salita e discesa
- Vedere la lunghezza di un cavo elettrico tramite il tempo impiegato da un
segnale ad attraversarlo
- Misurare lo sfasamento introdotto da un circuito analogico
Alcuni contatori possono inoltre eseguire operazioni sui valori misurati, come la
media di una serie di misure o il confronto tra il valore misurato ed uno di
riferimento oppure altre semplici elaborazioni dei dati.
Il contatore universale è costituito da 5 blocchi fondamentali:
1. il circuito d’ingresso;
2. la base dei tempi (oscillatore e catena di divisori);
3. la porta logica (gate);
4. il circuito di controllo;
5. l’unità decimale di conteggio e visualizzazione.
- Stadio di ingresso
- Un circuito di accoppiamento AC/DC:
- Nella posizione DC il segnale è inviato direttamente all'attenuatore,
- Mentre nella posizione AC viene inserita una capacità in serie, che provvede ad
eliminare la componente continua del segnale
- Un attenuatore RC che consente di variare sia la sensibilità che l’ampiezza della
finestra di trigger.
- Un limitatore di tensione a diodi per protezione da eventuali sovraccarichi
- Un convertitore di impedenza con regolazione di livello che trasforma l'alta
impedenza in entrata in una bassa d'uscita
- Un trigger di Schmitt che converte i segnali in impulsi logici: esso provvede a
squadrare i fronti del segnale e permette, con la sua isteresi, di ridurre la
sensibilità al rumore. L’isteresi del circuito di Schmitt produce una finestra di
trigger, anzichè un solo livello, e quindi vengono prodotti impulsi in uscita solo
quando l’ampiezza delle variazioni del segnale d’ingresso è sufficientemente
elevata.
Lo stadio d’ingresso prevede un controllo di pendenza che determina il
funzionamento del trigger di Schmitt con segnali a pendenza positiva (+), per i
quali si genera un impulso in corrispondenza dell’attraversamento del livello di
trigger superiore, o negativa (-), per i quali si genera un impulso in corrispondenza
dell’attraversamento del livello di trigger inferiore.
Se lo strumento è troppo sensibile, avendo uno stadio d’ingresso a larga banda, può
risultare sensibile al rumore. La sensibilità deve essere comunque correlata con
l’impedenza d’ingresso, poiché maggiore è l’impedenza e maggiore è la
sensibilità ai disturbi.
- Base dei tempi
La misurazione di grandezze come la frequenza, il periodo o l’intervallo di
tempo, richiedono l’utilizzo di una base dei tempi di elevata stabilità e precisione.
Essa dovrà inoltre consentire la massima flessibilità per quanto riguarda sia i tempi di
abilitazione della porta logica che la frequenza del segnale che viene generato. Essa è
costituita da un oscillatore molto stabile, eventualmente esterno, al quarzo e da una
serie di “divisori”.
- Porta logica
Il segnale, condizionato dal circuito d’ingresso, attraversa la porta che
generalmente è una porta logica (gate) a due ingressi: ad uno di essi viene
collegato il segnale in esame, mentre all’altro un segnale di abilitazione fornito dal
flip-flop del circuito di controllo, ai cui ingressi sono applicati i segnali di “start e
di “stop, che quando mi trovo su start tutto viene inviato al circuito di conteggio e
visualizzazione. Questa porta può avere delle limitazioni in frequenza tali che non
posso garantire che vengano seguite le escursioni del segnale nella loro interezza e
quindi potrei perdere qualche impulso.
- Circuito di controllo
Durante il ciclo di misurazione le condizioni operative devono essere controllate
in modo che tutte le fasi siano eseguite correttamente. Questo compito viene
assolto dal circuito di controllo, il quale esegue:
• Il controllo della porta logica;
• La generazione di un impulso di azzeramento (reset) per le decadi di conteggio e
per i divisori della base dei tempi;
• Il controllo del tempo di visualizzazione;
• La generazione del segnale di controllo della memoria;
• Il controllo di eventuali porte d’uscita verso la stampante o verso un computer.
Costituita da un microprocessore.
- Conteggio e visualizzazione
• Un contatore a decadi che ovviamente procede dalla decade meno significativa
che quando viene superata manda un impulso di riporto a quella superiore che
incrementa;
• Una memoria che consente di mantenere la visualizzazione mentre si effettuano le
misurazioni successive;
• Un decodificatore da formato BCD a formato decimale;
- Misurazione
diretta di frequenza
Dove x(t) è il segnale di frequenza incognita
Il blocco di condizionamento genera un impulso di tensione al termine di ogni
ciclo, riproducendone proprio la frequenza, ma rendendola anche più semplicemente
misurabile
Il clock è un oscillatore, quindi un generatore di segnale di frequenza nota e stabile
nel tempo
Il blocco di condizionamento del gate attenzione non fa la stessa cosa del
condizionamento del segnale ma genera un segnale rettangolare di durata Tc detto
tempo di gate o di porta e che rappresenta il tempo campione.
Il suo fronte di salita determinerà il segnale di start del conteggio
Il suo fronte di discesa determinerà quello di stop
Conteggio e visualizzazione pure un mongo capisce cosa sono
Scelto un tempo di gate Tc, conteggiati N impulsi e determinato Tx periodo del
segnale ho:
Tc uguale in quantizzazione a Ntx
E quindi frequenza x uguale in quantizzazione ad N/Tc (sono semplici passaggi di
equazione)
L'uguale in quantizzazione comporta il solito errore di frazioni di periodo contate in
eccesso o in difetto.
La risoluzione semplice invece semplicemente cresce all'aumento del tempo di
gate. (perchè parliamo di crescita risoluzione come di diminuzione del relativo
valore.) Per questo ci sono insiti rappori di proprzionalità inversa.
- Misura diretta di periodo
La risoluzione relativa invece è DeltaT/Tx = 1/N come nella misura diretta di
frequenza, e che dimostra che la risoluzione crescerà all'aumentare del numero di
impulsi conteggiati e per un fissato valore di Tc, al crescere di Tx.
- Contatori reciproci
Gli strumenti di misura che consentono di effettuare entrambe le misurazioni,
sia di periodo sia di frequenza, prendono il nome di contatori reciproci. Essi
contano il numero di impulsi associati sia al segnale di ingresso (fx) sia al segnale
di riferimento (fc), che si verificano durante un dato tempo di misura, Tm.
Notando che, per garantire la migliore risoluzione relativa occorre effettuare
misurazioni di periodo per frequenze inferiori a fc, e misurazioni di frequenza
per frequenze maggiori di fc, esso innanzitutto garantisce misure alla miglior
risoluzione possibile.
A seguito infatti del confronto tra :
- Il numero di conteggi, N1, che caratterizzerebbero una misura diretta di frequenza
- E quelli, N2, peculiari ad una misura diretta di periodo
se risulta N1>N2 viene operata una misurazione di frequenza, altrimenti una
misurazione di periodo, come indicato dalle seguenti relazioni:
Presentando poi la grandezza richiesta eventualmente facendone il
reciproco.
- Incertezza nei contatori
Per la misura della frequenza è dovuta a due contributi: l'errore di conteggio
dovuto al fatto che il tempo di GATE Tm può non essere un multiplo di Tc,
quindi posso contare un impulso in più o in meno.
L'altro contributo invece è dovuto alla stabilità del clock che se non termostatati,
presentano valori dell’ordine di 10-5 ¸10-6 , mentre se termostatati la loro stabilità
si attesta intorno a 10-8 ¸10-9 .
Si osserva che non è utile aumentare la risoluzione di misura quando
l’incertezza associata al conteggio ha lo stesso peso dell’incertezza associata al clock
Peggiore è il rapporto segnale rumore e maggiore è l’incertezza sul prodotto.
Il senso di tale contributo legato al tempo t di e deriva dalla possibilità che
commutazioni spurie legate al rumore attivino segnali di start o di stop,
alterando il numero di conteggi e pregiudicando la bontà della misura.
E questo contributo sarà minimo in presenza di derivata del segnale massima.
- Termocoppie
La termocoppia è un circuito elettrico costituito da due conduttori metallici, di
differente materiale, saldati alle estremità per formare due giunzioni.
In presenza di una differenza di temperatura tra le due giunzioni si genera , per
effetto Seebeck, un flusso di cariche elettriche
Aprendo una delle due giunzioni è possibile misurare una forza elettromotrice la
cui polarità ed intensità è funzione del tipo di metallo e della temperatura alle
giunzioni.
- Effetto Peltier
Effetto Peltier - è il duale dell’effetto Seebeck: una corrente elettrica di intensità
I che circola in una termocoppia, provoca, per effetto Joule, una variazione di
temperatura alle giunzioni.
Se le due giunzioni J1 e J 2 sono inizialmente alla stessa temperatura, T1 = T2 , il
passaggio della corrente I attraverso la giunzione J 2 ne determina il riscaldamento e
la potenza dissipata da codesto J2 sarà Pd = Resistenza di j2 per I al quadrato.
In regime di equilibrio termico, la potenza termica dissipata è pari a quella
trasmessa alla giunzione
Da cui si evince che la tensione ai capi della termocoppia è proporzionale al
quadrato del valore efficace della corrente. Ciò motiva la scelta delle
termocoppie per le misure di valore efficace.
L’elevata sensibilità riscontrabile conferisce alla misura una buona qualità, ma
questo tipo di soluzione, detta a riscaldamento diretto perché la corrente fluisce
direttamente nella termocoppia, non consente una separazione elettrica tra il
circuito di misura e quello sotto osservazione, generando indesiderati effetti di
sovraccarico: valori di corrente relativamente elevati possono danneggiare la
termocoppia.
Si usa pertanto una metodologia detta a riscaldamento indiretto, in cui prima si fa
passare la corrente in una resistenza di valore noto e poi con il riscaldamento per
effetto joule di tale resistenza si riscalda la termocoppia.
La metodologia costruttiva prevede che si interponga tra la resistenza e la
giunzione un materiale che sia al contempo un buon isolante elettrico e un buon
conduttore termico, come, ad esempio, il biossido di Titanio.
I problemi in uno schema del genere sono:
1. Piccola sovraccaricabilità – per evitare la rottura del trasduttore, l’intensità della
corrente non può essere troppo elevata;
2. Stabilità – esiste un limite alla validità del legame lineare tra la variazione di
temperatura e la tensione rilevata;
3. Riferimenti termici costanti – l’ipotesi di T1 costante è riferita alla
temperatura ambiente.
Quest'ultimo problema è risolto da una soluzione circuitale del seguente tipo:
In una soluzione del genere:
Suppongo le due termocoppie come perfettamente uguali
Suppongo nulle le tensioni alle giunzioni di entrambe le termocoppie
V1 = 0 perchè R non si è ancora riscaldata
V2 = 0 poiché la tensione di uscita Vu sarà ancora nulla
Durante un transitorio breve il riscaldamento di R1 causa un aumento di V1
Si rileva uno squilibrio agli estremi dell'amplificatore differenziale
L'amplificatore a guadagno G eroga una corrente che riscalda la seconda
termocoppia tendendo a compensare lo squilibrio
8) L'uguaglianza tra V1 e V2 viene raggiunta con una precisione pari al
guadagno dell'amplificatore
9) Vu, pari alla caduta di tensione tra A e C, sarà continua in quanto continue
V2 ed a causa della progettazione dell'amplificatore differenziale messo lì
per fare passare la sola componente continua
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
Permangono tuttavia altre cause di incertezza, tra le quali:
· il guadagno G è finito,
· le termocoppie non sono perfettamente uguali,
· la seconda termocoppia, a differenza della prima, lavora sempre in continua,
mentre la prima lavora in alternata; ciò significa che, pur essendo perfettamente
uguali, il comportamento delle due termocoppie può essere differente al variare
della frequenza del segnale in ingresso
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