D_1416_72-48_Informativa_distrofie_maculari _Rev1

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Informativa
per l'indagine genetica
delle distrofie maculari
D/1416/72-48
Ed. 1
Rev. 1
del 12/03/2012
ex M/1416/72-18
SOD Diagnostica Genetica
Le distrofie maculari sono un gruppo eterogeneo di affezioni, che interessano la macula (parte centrale della retina)
determinate geneticamente, cioè da alterazioni a livello dei geni, sequenze del DNA ereditate due copie, una dal padre
e una dalla madre.
Le distrofie maculari sono malattie che in genere esordiscono nell’infanzia o nell’adolescenza, anche se talvolta
possono manifestarsi nell’età adulta. Il decorso clinico è in genere progressivo, provocando in alcuni casi una grave
perdita visiva nella seconda-terza decade di vita. Le maculopatie ereditarie di più frequente riscontro sono la malattia di
Stargardt, la distrofia dei coni, la malattia di Best e le distrofie a pattern. Gli aspetti clinici di queste patologie possono
essere anche molto simili, ponendo talvolta problemi di diagnostica differenziale.
La malattia di Stargardt, caratterizzata nella sua forma tipica da una progressiva perdita visiva nella prime due decadi di
vita, è determinata da una maculopatia atrofica spesso associata alla presenza sul fondo oculare di molteplici macchie
allungate bianco-giallastre (“flecks”), determinate da un diffuso accumulo di metaboliti (lipofuscine) a livello dell’ epitelio
pigmentato retinico. A livello angiografico la malattia di Stargardt presenta un segno tipico, la “coroide scura” (“dark
choroid”), caratterizzata da un aspetto omogeneamente scuro della coroide.
Dal punto di vista genetico la malattia di Stargardt viene in genere trasmessa con modalità autosomica recessiva, cioè
in un soggetto malato entrambi i geni ereditati dai genitori sono difettosi. Il gene responsabile è ABCR, che codifica per
una proteina di trasporto attraverso le membrane cellulari. Più raramente la malattia di Stargardt è trasmessa con
modalità autosomica dominante, cioè è sufficiente un solo gene alterato per determinare la malattia;in questo caso il
gene più frequentemente alterato è il gene ELOVL4, espresso specificamente a livello dei fotorecettori.
La distrofia dei coni è caratterizzata da una compromissione del sistema dei coni e dunque da riduzione dell’acuità
visiva, alterazioni del senso cromatico, fotofobia ed alterazioni del campo visivo. Vi sono forme stazionarie non evolutive
ed altre invece con andamento di tipo progressivo. Le forme progressive compaiono in genere in adolescenti e giovani
adulti e tendono ad aggravarsi fino all’età matura.
La distrofia dei coni può essere ereditata con modalità autosomica dominante, autosomica recessiva e legata al
cromosoma X. La forma dominante è stata associata principalmente ad alterazioni del gene CRX. La forma recessiva è
stata associata ad alterazioni di vari geni fra i quali il più frequente è il gene ABCR, responsabile anche della malattia di
Stargardt. Nelle forme legate al cromosoma X le donne portatrici sono di solito asintomatiche anche se in alcune
pazienti è possibile riscontrare delle modeste alterazioni, il gene implicato è RPGR.
La malattia di Best o distrofia maculare vitelliforme, è una maculopatia che nelle fasi iniziali si presenta in genere con
una tipica lesione rotondeggiante giallastra vitelliforme simile ad un tuorlo d’uovo al polo posteriore, con evoluzione
verso l’atrofia della regione maculare. Dal punto di vista anatomo-patologico anche questa malattia è associata ad un
accumulo di lipofuscine a livello dell’ epitelio pigmentato retinico, accompagnato da processi di atrofia. La malattia ha in
genere un andamento evolutivo, ma la sua storia naturale è estremamente variabile (età, esordio, progressione, etc.)
con espressioni cliniche diverse anche in membri della stessa famiglia.
Dal punto di vista genetico la malattia di Best viene in genere trasmessa con modalità autosomica dominante; il gene
principalmente responsabile è il VMD2, che codifica per una proteina localizzata nella membrana plasmatica
dell’epitelio pigmentato retinico, con funzioni di canale per il cloro. In una minore percentuale di casi sono riscontrate
Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi - sede legale: largo Brambilla, 3 - 50134 FIRENZE
SOD Diagnostica Genetica, padiglione 15 Piastra dei servizi, tel. 0557949363
www.aou-careggi.toscana.it
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alterazioni a livello del gene RDS/Periferina, che codifica per una proteina importante nella stabilizzazione strutturale
del segmento esterno dei fotorecettori.
Le distrofie a pattern sono un ampio gruppo di malattie con coinvolgimento dell’epitelio pigmentato retinico. Sono
caratterizzate da modesti disturbi della visione centrale associati a depositi di pigmento giallo, arancio o grigiastro
disposti a formare vari aspetti morfologici (“patterns”), che possono anche essere diversi nei due occhi. L’età
d’insorgenza è in genere giovanile-adulta; la prognosi visiva è in genere favorevole, con il mantenimento della funzione
visiva in almeno un occhio fino all’età avanzata.
Dal punto di vista genetico le distrofie a pattern si trasmettono con modalità autosomica dominante; i geni
principalmente responsabili sono RDS/periferina e VMD2, coinvolti anche nella malattia di Best.
Analisi genetica
Tipologia del campione e suo trattamento
Per effettuare la diagnosi molecolare è sufficiente un prelievo di sangue periferico o di altri tessuti. La
consulenza genetica è parte integrante del test e deve essere sempre eseguita.
L’ analisi molecolare si basa sui seguenti metodi:
amplificazione mediante PCR (Polymerase Chain Reaction) degli esoni del gene o dei geni studiati
sequenziamento delle regioni codificanti e di parte delle regioni introniche, per la ricerca delle mutazioni
puntiformi
In alcuni casi è possibile effettuare anche:
analisi mediante MLPA (Multiplex Ligation-Dipendent Probe Amplification) per la ricerca di delezioni o
duplicazioni, non rilevabili in sequenza
La tipologia di analisi molecolare eseguita può essere diversa rispetto a quello sopraindicato a seconda dei dati emersi
dalla consulenza genetica, durante la quale verranno specificati.
Per completamento dell’analisi può essere necessario eseguire l’esame sui genitori o su altri familiari.
In rarissimi casi è possibile dover ripetere il prelievo di sangue o tessuto a causa di problemi tecnici, assenza o scarsità
di materiale (DNA), necessità di approfondimenti diagnostici.
Nell’ambito delle malattie ereditarie, sia per analisi postnatali che prenatali, si eseguono studi familiari per valutare la
trasmissione della malattia; questo tipo di indagine oltre ad identificare i soggetti affetti, può evidenziare casi di non
paternità.
I risultati di un test genetico possono riguardare oltre al soggetto che lo ha eseguito, anche gli altri componenti del
nucleo biologico, in quanto le anomalie genetiche possono essere ereditabili e/o trasmissibili.
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