I semiconduttori e l`elettronica

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- F.239 -
I semiconduttori e
l’elettronica
Lo sviluppo attuale dell’elettronica è stato possibile
grazie all’uso di materiali semiconduttori, dei quali il più importante è il silicio. I semiconduttori, come sappiamo, sono materiali che hanno valori di resistività intermedi tra quelli dei conduttori metallici e quelli dei materiali isolanti. I semiconduttori
si distinguono dai conduttori metallici anche per il fatto che la loro resistività diminuisce all’aumentare della temperatura. Vedremo in questo capitolo come si spiegano queste proprietà dei materiali semiconduttori; considereremo poi come questi
materiali sono utilizzati per realizzare diodi e transistor, ossia i componenti fondamentali dei moderni apparecchi elettronici.
Figura 1. Circuito integrato.
1. Il passaggio della corrente elettrica nei semiconduttori
Sappiamo che nei conduttori metallici è presente un grande numero di portatori di carica: ogni atomo di un solido metallico cede infatti gli elettroni del suo
strato elettronico più esterno, lasciandoli liberi di muoversi in tutto il volume del me tallo. I materiali isolanti sono invece costituiti da molecole o cristalli formati da lega mi ionici o covalenti, nei quali tutti gli elettroni sono saldamente legati agli atomi.
- F.240 Nel caso dei materiali semiconduttori si ha una situazione intermedia tra
quella dei conduttori metallici e quella degli isolanti: solo pochi elettroni, uno ogni
109 atomi all’incirca, sono liberi di muoversi e di contribuire così al passaggio della
corrente elettrica. Vedremo ora come la presenza di portatori di carica nei semiconduttori possa essere dovuta a due cause: la temperatura o la presenza di impu rità all’interno del materiale semiconduttore.
I semiconduttori intrinseci
Sappiamo dallo studio della chimica che gli elementi appartenenti ai primi
gruppi della tavola periodica assumono una configurazione elettronica più stabile
cedendo gli elettroni dello strato elettronico esterno incompleto. Possono così legarsi gli uni agli altri mediante il legame metallico: gli atomi degli elementi del primo gruppo, come il sodio o il potassio, cedono un elettrone ciascuno; quelli del se condo gruppo, come il magnesio o il calcio, cedono due elettroni ciascuno, mentre
quelli del terzo gruppo, come l’alluminio, ne cedono tre.
Gli atomi degli elementi del quarto gruppo, come il carbonio, il silicio e il
germanio, possono invece raggiungere una configurazione elettronica stabile sia
cedendo sia ricevendo quattro elettroni ciascuno. Tendono quindi a formare cristalli
con una struttura a forma di tetraedro legati da legami covalenti, nei quali ogni
atomo si lega ad altri quattro atomi mettendo in comune con ciascuno di essi uno
dei suoi elettroni più esterni: la figura 2 mostra, per esempio, la struttura cristallina
di un diamante, formato da atomi di carbonio, mentre la figura 3 rappresenta in forma schematica la disposizione degli elettroni nei legami covalenti all’interno del cristallo. I cristalli formati da questi elementi, quando sono puri e a temperatura molto
bassa vicina allo zero assoluto, sono perfettamente isolanti perché tutti gli elettroni
sono legati agli atomi e non sono presenti portatori di carica liberi.
Figura 2. Il diamante è un cristallo di carbonio che si presenta allo stato grezzo con
una struttura ottaedrica, formata da due tetraedri sovrapposti. Questa forma è dovuta ai quattro legami covalenti omopolari con cui ciascun atomo di carbonio si
lega ad altri quattro atomi disposti secondo i vertici di un tetraedro regolare. Nel di segno ogni atomo è rappresentato da una sfera colorata; i legami sono rappresentati da barrette rosse che uniscono gli atomi. Una cella, composta da un atomo al
centro di un tetraedro e quattro atomi ai suoi vertici, è evidenziata in colore più intenso, mentre le linee blu mostrano la struttura tetraedrica del reticolo cristallino.
- F.241 -
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
Figura 3. Rappresentazione schematica della struttura cristallina del carbonio (diamante). Ogni atomo di carbonio è legato ad altri quattro atomi da un legame covalente formato da una coppia di elettroni (rappresentati da pallini azzurri).
Riscaldando il cristallo a una temperatura T, gli atomi che lo compongono
acquistano un moto di agitazione termica con un’energia cinetica media pari a circa
kT, che a temperatura ambiente è circa 0,025 eV. Poiché le velocità di agitazione
termica degli atomi sono distribuite secondo una distribuzione maxwelliana, in ogni
istante si avrà una certa percentuale di atomi con energia superiore a questo valore medio.
In un cristallo di carbonio (diamante) è necessaria un’energia di 5,33 eV
per strappare un elettrone a un legame covalente: si tratta di un’energia molto
grande rispetto all’energia media del moto di agitazione termica. In un diamante a
temperatura ambiente il moto di agitazione termica non è quindi in grado di liberare
elettroni: per questo il diamante è un buon isolante.
L’energia necessaria per strappare un elettrone a un legame covalente in
un cristallo di silicio è invece di soli 1,14 eV, ed è ancora più bassa, soli 0,67 eV,
nel caso di un cristallo di germanio. Anche se queste energie sono ancora grandi
rispetto all’energia media di agitazione termica degli atomi del cristallo, un piccolo
numero di elettroni può essere liberato. Il cristallo contiene quindi ora portatori di
carica liberi e può passare in esso una corrente elettrica. La densità di elettroni li beri in un cristallo di silicio puro alla temperatura di 20 °C è ne = 7,5 × 1015 el/m3,
mentre per un cristallo di germanio puro si ha ne = 1,2 × 1019 el/m3: si tratta di densità circa dieci ordini di grandezza minori di quelle tipiche dei metalli.
Quanto più elevata è la temperatura, tanto maggiore è l’energia media del
moto di agitazione termica degli atomi del cristallo e quindi è maggiore il numero di
elettroni liberi nel cristallo: questo spiega la diminuzione della resistività dei semiconduttori all’aumentare della temperatura.
Quando un elettrone, avendo acquistato una sufficiente energia, si libera
dalla coppia di atomi a cui è legato, si crea una “lacuna”, ossia un posto disponibile per un altro elettrone. Si dice allora che si è formata una coppia lacuna-elettrone
libero. Gli elettroni liberi che nel loro moto nel cristallo passano nei pressi di una la-
- F.242 cune possono “riempirla”, mentre contemporaneamente l’agitazione termica produce altre coppie lacune-elettroni liberi. Come mostra la figura 4, le lacune tendono a
migrare nella direzione del campo elettrico, comportandosi a tutti gli effetti come
portatori di carica elettrica positiva.
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
A
Si
Si
B
Si
Si
Figura 4. Rappresentazione schematica della struttura cristallina del silicio a temperatura ambiente. Alcuni elettroni abbandonano i legami a cui appartengono (A)
lasciando una “lacuna” (rappresentata da una macchia rossa). Elettroni provenienti
da legami vicini possono riempire la lacuna (B) lasciandone un’altra al loro posto.
Nel cristallo sono quindi presenti portatori di carica negativi (gli elettroni liberi) e
positivi (le lacune).
Il drogaggio dei semiconduttori
In un cristallo di silicio o di germanio puro il numero di portatori di carica è,
come abbiamo visto, molto piccolo. I semiconduttori puri, nei quali la presenza di
portatori di carica è dovuta esclusivamente alla formazione di coppie lacune-elettroni liberi dovuta al moto di agitazione termica e il numero di elettroni liberi è ugua le al numero delle lacune, sono detti semiconduttori intrinseci.
Nella maggior parte dei casi, però, i materiali semiconduttori contengono
impurità. È sufficiente la presenza di quantità anche molto piccole di impurità, an che solo un atomo ogni 105 o 106, perché il numero di portatori di carica presenti in
un materiale semiconduttore aumenti notevolmente e diminuisca quindi in misura
altrettanto notevole la resistività del materiale. Questo fatto è sfruttato per produrre
materiali semiconduttori, detti semiconduttori estrinseci, che hanno proprietà
elettriche ben determinate. L’inserimento in un materiale semiconduttore (generalmente silicio) di piccole quantità di altri atomi viene detto drogaggio del semiconduttore.
Supponiamo di inserire in un cristallo di silicio piccole quantità di atomi
pentavalenti, che hanno cinque elettroni nello strato elettronico più esterno, come
per esempio fosforo o antimonio. Quando uno di questi atomi sostituisce un atomo
di silicio nel reticolo cristallino, quattro dei suoi cinque elettroni esterni sono utiliz zati per formare legami covalenti ciascuno con un atomo di silicio. Il quinto elettro-
- F.243 ne non è utilizzato per formare un legame e resta legato molto debolmente: nel
caso in cui l’impurità sia costituita da un atomo di fosforo sono sufficienti 0,045 eV
per rimuoverlo. A temperatura ordinaria praticamente tutti gli atomi di fosforo perdono il loro quinto elettrone: questi atomi sono detti donatori perché “donano” ciascuno un portatore di carica al cristallo. Nei semiconduttori drogati con atomi donatori il numero di elettroni liberi è molto più grande di quello delle lacune: questi se miconduttori sono detti semiconduttori di tipo n, dove la lettera n sta per la carica
negativa dei portatori di carica. La figura 5 mostra una rappresentazione schematica di un semiconduttore di tipo n.
Si
Si
Si
Si
Si
Si
P
Si
Si
Si
B
B
Si
Si
A
Si
P
Si
Si
Figura 5. Rappresentazione schematica della struttura cristallina di un cristallo di
silicio drogato con atomi di fosforo. Oltre agli elettroni e alle lacune provenienti dai
legami covalenti del silicio (A), sono presenti nel cristallo anche elettroni liberi ce duti dagli atomi di fosforo (B). Nel cristallo vi è quindi un eccesso di portatori di carica negativi (elettroni).
Un semiconduttore può essere drogato anche con atomi che hanno solo
tre elettroni nello strato elettronico più esterno, per esempio atomi di alluminio o di
indio. In questo caso solo tre dei quattro atomi di silicio circostanti possono formare
un legame completo. Il legame con il quarto atomo di silicio è composto da un solo
elettrone, e costituisce quindi una “lacuna”. È sufficiente una quantità di energia
molto piccola (0,057 eV nel caso in cui l’impurità sia costituita da un atomo di alluminio) perché questa lacuna venga riempita da un elettrone ceduto da un legame
tra atomi di silicio adiacenti. Gli atomi di impurità come l’alluminio che “accettano”
elettroni dal cristallo sono detti accettori. Nei semiconduttori drogati con atomi di
questo tipo il numero delle lacune è molto superiore a quello degli elettroni liberi:
questi semiconduttori si dicono semiconduttori di tipo p, dove la lettera p sta per
la carica positiva dei portatori di carica presenti in questi cristalli, ossia delle lacune. La figura 6 mostra una rappresentazione schematica di un semiconduttore di
tipo p.
A seconda dello scopo a cui il cristallo drogato è destinato viene determinato il numero di atomi donatori o accettori, e quindi la densità di portatori di carica,
che generalmente viene mantenuta tra 10 17 e 1020 m-3 nel caso di cristalli di silicio e
tra 1020 e 1022 m-3 nel caso di cristalli di germanio.
- F.244 -
Si
Si
Si
Si
Si
Al
Si
Si
Si
Si
B
Al
Si
B
Si
A
Si
Si
Si
Figura 6. Rappresentazione schematica della struttura cristallina di un cristallo di
silicio drogato con atomi di alluminio. Oltre agli elettroni e alle lacune provenienti
dai legami covalenti del silicio (A), sono presenti nel cristallo anche lacune lasciate
dagli elettroni che hanno completato il legame incompleto degli atomi di allumino
(B). Nel cristallo vi è quindi un eccesso di portatori di carica positivi (lacune).
Termistori e fotoresistenze
Le proprietà elettriche dei semiconduttori intrinseci sono sfruttate in due
semplici componenti elettronici, i termistori e le fotoresistenze, sensibili rispettivamente alla temperatura e all’esposizione alla luce.
Nei termistori viene sfruttato il fatto che la resistenza elettrica di un materiale semiconduttore varia rapidamente all’aumentare della temperatura. Si tratta
di dischetti di materiale semiconduttore poco costoso, generalmente ossidi metallici, del diametro di pochi millimetri. Dalla misura della loro resistenza elettrica
si risale, attraverso un’opportuna taratura, a quella della temperatura. Poiché il
coefficiente termico dei materiali con cui sono realizzati i termistori è negativo (la
resistività diminuisce all’aumentare della temperatura) ci si riferisce spesso a
questi componenti elettronici con la sigla NTC (dalle iniziali di “Negative Temperature Coefficient”).
L’uso dei termistori per la misura della temperatura comporta alcuni vantaggi rispetto ai tradizionali termometri basati sulla dilatazione termica. Poiché la
variazione della resistenza di un termistore al variare della temperatura è molto
sensibile, mediante l’uso di termistori è possibile realizzare termometri in grado
di apprezzare facilmente variazioni di temperatura di un decimo di grado: la resistenza elettrica di un tipico termistore può infatti variare da 850 Ω a una temperatura di 50 °C a 170 Ω a una temperatura di 100 °C, fino a 50 Ω a una temperatura di 140 °C. Un termistore può inoltre essere molto piccolo e quindi avere una
piccola capacità termica.
- F.245 -
Nelle fotoresistenze viene invece sfruttato il fatto che l’assorbimento di
radiazioni luminose può produrre, in un materiale semiconduttore, la liberazione
di elettroni di legame e quindi la produzione di coppie di elettroni liberi e lacune.
Quando un materiale semiconduttore è esposto alla luce, perciò, aumenta il numero di portatori di carica in esso presente e quindi diminuisce la sua resistenza
elettrica. Una fotoresistenza è normalmente costituita da un dischetto di silicio o
di solfuro di cadmio con una superficie sensibile di qualche millimetro quadrato.
Al buio una fotoresistenza presenta una resistenza elettrica molto grande, ma se
viene esposta alla luce la sua resistenza elettrica diminuisce grandemente, anche di un milione di volte se l’intensità luminosa è molto elevata.
Figura 7. Fotoresistenza.
2. La giunzione pn e il diodo
I materiali semiconduttori sono utilizzati per realizzare dispositivi che permettono di manipolare in vario modo le correnti elettriche e realizzare così la grande varietà di strumenti elettronici di cui facciamo uso quotidianamente. I componenti fondamentali di tutti i circuiti elettronici sono i diodi e i transistor, il cui funzionamento è basato sull’accostamento di semiconduttori di tipo n con semiconduttori di tipo p.
L’uso di componenti elettronici realizzati con materiali semiconduttori si è
diffuso a partire dalla seconda metà del XX secolo. In precedenza le apparecchiature elettroniche erano basate sulle valvole termoioniche, costituite da tubi di vetro sotto vuoto nei quali la corrente elettrica è costituita da un fascio di elettroni
emessi da un filamento metallico riscaldato. I diodi e i transistor sono detti anche
dispositivi a stato solido, perché in essi il flusso della corrente elettrica avviene
all’interno di un materiale solido anziché essere costituito da un flusso di elettroni
nel vuoto come nelle valvole termoioniche.
La giunzione pn
Un cristallo semiconduttore di tipo n contiene più portatori di carica negativa, ossia elettroni liberi, che portatori di carica positiva. Un cristallo semiconduttore
di tipo p, invece, contiene più portatori di carica positiva, ossia lacune, che portatori
di carica negativa. In entrambi i casi i cristalli semiconduttori, isolati uno dall’altro,
sono elettricamente neutri.
- F.246 Consideriamo però un cristallo semiconduttore di tipo n posto a stretto contatto con un cristallo dello stesso semiconduttore di tipo p. La regione di contatto è
detta giunzione pn. Gli elettroni liberi e le lacune presenti in un cristallo semiconduttore tendono a spostarsi, nel loro moto disordinato, da regioni in cui hanno una
maggiore concentrazione a regioni di minore concentrazione, con un processo di
diffusione analogo a quello che si realizza in un gas. Attraverso la giunzione, quindi, elettroni liberi provenienti dal cristallo di tipo n diffondono nel cristallo di tipo p
mentre lacune provenienti dal cristallo di tipo p diffondono nel cristallo di tipo n.
Perdendo elettroni e ricevendo lacune, il cristallo di tipo n acquista una debole carica elettrica positiva, mentre il cristallo di tipo p diviene debolmente negativo. Nella regione di contatto si stabilisce un campo elettrico E 0 a cui corrisponde
una differenza di potenziale ∆V0 tra le due parti del cristallo semiconduttore. Questa differenza di potenziale ostacola il processo di diffusione e solo i portatori di carica dotati di maggiore energia possono oltrepassare la giunzione, dando luogo a
una debole corrente di diffusione idif.
L’esistenza di una corrente di diffusione idif tra i due cristalli tenderebbe a
incrementare la differenza di potenziale tra di essi. Nel materiale semiconduttore,
però, si formano continuamente coppie di elettroni liberi e lacune a causa del moto
di agitazione termica degli atomi di cui esso è composto. Quando una di queste
coppie di portatori di carica è prodotta nella regione della giunzione, sotto l’azione
del campo elettrico E 0 l’elettrone migra verso il cristallo di tipo n mentre la lacuna
migra verso il cristallo di tipo p. Si ha così una corrente di deriva ider che compensa la corrente di diffusione idif.
E0
-
p
n
-
-
A
-
+
+
+
+
A
-
-
-
-
+
+
+
+
-
ione negativo
dell’impurità trivalente
+
ione positivo
dell’impurità pentavalente
lacuna
elettrone
E0
-
-
-
- B +
-
-
-
-
B
+
+
+
+
+
+
+
E0
Figura 8. Rappresentazione schematica di una giunzione pn. Con A sono indicati
(nel disegno in alto) gli elettroni che dal semiconduttore di tipo n (a destra) diffondono nel semiconduttore di tipo p e le lacune che diffondono in senso inverso
creando un campo elettrico E 0 tra le due porzioni del semiconduttore. Con B sono
indicate (nel disegno in basso) le coppie di elettroni liberi e lacune che si creano
nella giunzione e vengono rimosse dal campo elettrico E 0 . Nella regione della
giunzione non si hanno portatori di carica e si forma un doppio strato di cariche
elettriche (gli ioni delle impurità evidenziati in colore).
- F.247 -
Figura 9. Diodi.
Per una giunzione pn tra due cristalli di silicio si producono in questo modo
una differenza di potenziale ∆V0 = 0,6 V e una corrente idif = ider = 10-8 A. La regione
in cui si stabilisce il campo elettrico E 0 può avere una larghezza d0 = 500 nm. Tale
regione si dice regione di svuotamento perché è praticamente svuotata da portatori di carica: ogni elettrone o lacuna che si trovi
all’interno di questa regione migra

fuori di essa per effetto del campo elettrico E 0 (figura 8)
Il diodo
Il diodo a giunzione è costituito da due cristalli semiconduttori che costituiscono una giunzione pn, a ciascuno dei quali è applicato un elettrodo metallico.
Supponiamo di applicare ai due elettrodi del diodo una differenza di potenziale ∆V tale che il cristallo di tipo p sia negativo rispetto al cristallo di tipo n. Si dice
allora che il diodo subisce una polarizzazione inversa (figura 10.c). La differenza
di potenziale ∆V si somma alla differenza di potenziale ∆V0 già presente attraverso
la giunzione pn: la barriera di potenziale attraverso la giunzione passa da ∆V0 a
∆V0 + ∆V, ostacolando maggiormente la diffusione dei portatori di carica tra i due
cristalli, la larghezza della regione di svuotamento aumenta e la corrente di diffusione idif diminuisce. La corrente di deriva idrr è invece indipendente dalla differenza
di potenziale attraverso la giunzione, e resta costante. Il diodo è allora attraversato
da una debolissima corrente i = ider – idif diretta dal cristallo di tipo n al cristallo di
tipo p, detta corrente inversa e rappresentata nella figura 11 dal ramo della curva
caratteristica corrispondente a valori negativi della differenza di potenziale. Poiché
le coppie lacune-elettroni libere che danno luogo alla corrente di deriva si formano
nella regione della giunzione a causa del moto di agitazione termica, l’intensità del la corrente inversa aumenta all’aumentare della temperatura.
- F.248 -
a)
-
p
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
E0
Vp > Vn
b)
-
p
Vp = Vn
c)
-
p
-
-
-
-
-
-
E0
E0
Vp < Vn
-
E
E
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
n
+
+
n
+
+
n
-
ione negativo
dell’impurità trivalente
+
ione positivo
dell’impurità pentavalente
+
+
lacuna
elettrone
Figura 10. (a) Diodo in polarizzazione diretta; (b) diodo non polarizzato; (c) diodo in
polarizzazione inversa.
i
corrente
diretta
0
corrente inversa
∆V
Figura 11. La curva caratteristica di un diodo a giunzione.
Se invece la differenza di potenziale ∆V applicata agli elettrodi del diodo è
tale da aumentare il potenziale del cristallo di tipo p e diminuire quello del cristallo
di tipo n, si dice che il diodo subisce una polarizzazione diretta (figura 10.a). La
differenza di potenziale attraverso la giunzione pn si riduce da ∆V0 a ∆V0 – ∆V, la
larghezza della regione di svuotamento diminuisce, la corrente di diffusione idif aumenta e il diodo è attraversato da una corrente diretta i = idif – ider nel verso che va
dal cristallo di tipo p al cristallo di tipo n. Se poi la differenza di potenziale ∆V applicata agli elettrodi del diodo viene resa maggiore della differenza di potenziale ∆V0,
- F.249 allora la barriera di potenziale presente attraverso la giunzione pn viene annullata e
i portatori di carica presenti
 nei due cristalli possono migrare liberamente, per effetto del campo elettrico E presente in tutto il cristallo: l’intensità della corrente aumenta quindi esponenzialmente con la differenza di potenziale applicata, come
mostra il ramo di destra della curva caratteristica rappresentata nella figura 11.
In pratica, trascurando la debolissima corrente inversa presente quando il
diodo è polarizzato inversamente, si può dire che il diodo permette il passaggio
della corrente in una sola direzione, quella che va dal cristallo di tipo p al cristallo di tipo n. Per questo il diodo è utilizzato nei circuiti elettrici come raddrizzatore
di corrente. Consideriamo il circuito rappresentato nella figura 12, nel quale il generatore produce una differenza di potenziale alternata Vin con un andamento sinusoidale come quello rappresentato nella figura 13.a. Poiché il diodo si oppone al
passaggio della corrente elettrica quando è polarizzato inversamente, la corrente
elettrica che lo attraversa avrà l’andamento rappresentato nella figura 13.b, composto da impulsi di corrente in corrispondenza degli intervalli di tempo nei quali il diodo è polarizzato direttamente.
∼
Vin
Vout
Figura 12. Circuito raddrizzatore composto da un generatore di tensione alternata,
un resistore e un diodo, rappresentato dal simbolo composto da una freccia triangolare e una barretta verticale.
1,5
1,5
V1
in
V out1
a)0,5
0,5
b)
00
0
-0,5
-0,5
-1
-1
-1,5
-1,5
0
20
40
t
60
80
100
0
20
40
t
60
80
100
Figura 13. a) Differenza di potenziale V in in entrata nel circuito della figura 12, in
funzione del tempo; b) differenza di potenziale V out in uscita.
Normalmente viene utilizzato come raddrizzatore di corrente un circuito più
complesso, composto da quattro diodi disposti in modo da formare un ponte di
diodi come indicato nella figura 14. È possibile ottenere allora attraverso il conduttore C una corrente elettrica che ha l’andamento rappresentato nella figura 15.b,
composta da impulsi di corrente che si susseguono senza interruzioni.
- F.250 -
∼
Vout
Vin
Figura 14. Raddrizzatore a ponte di diodi.
1,5
1,5
1
V in
V out1
0,5
0,5
a)
b)
00
00
-0,5
-0,5
-1
-1
-1,5
-1,5
0
20
40
t
60
80
100
0
20
40
t
60
80
100
Figura 15. a) Differenza di potenziale Vin in entrata nel circuito della figura 14, in
funzione del tempo; b) differenza di potenziale Vout in uscita.
La cella fotovoltaica
La giunzione pn è l’elemento fondamentale per la realizzazione di celle fotovoltaiche che permettono la conversione diretta di energia luminosa in energia
elettrica.
Una cella fotovoltaica è costituita da un cristallo di silicio di tipo n dello
spessore di circa 1 mm ricoperto da un sottile strato di silicio di tipo p dello spessore di circa 0,5 micron (figura 16). Lo strato di silicio di tipo p è esposto alla luce.
Poiché ogni fotone luminoso ha un’energia superiore all’energia dei legami covalenti del cristallo di silicio, pari a 1,1 V, l’esposizione alla luce provoca nello straterello superficiale di silicio la formazione di coppie di elettroni e lacune. Gli elettroni
così prodotti nella regione di tipo p vengono immediatamente spinti verso la giunzione dal campo elettrico E 0 lì presente. Si produce quindi un eccesso di cariche
elettriche negative nella regione di tipo n e un eccesso di cariche elettriche positive
nella regione di tipo p, a cui corrisponde una differenza di potenziale di circa 0,6 V.
Se le due parti della giunzione sono collegate tramite un circuito esterno in esso
fluisce una corrente elettrica la cui intensità risulta proporzionale all’intensità della
luce incidente.
- F.251 La cella fotovoltaica permette quindi di produrre direttamente energia elettrica a partire dall’energia luminosa solare, senza inquinamento di alcun tipo. Il suo
rendimento è però basso (tra il 10 e il 15 per cento) mentre il costo di produzione è
elevato, specialmente nel caso di impianti con grandi superfici che permettano di
ottenere potenze elevate. Per questo l’uso delle celle fotovoltaiche al silicio è limitato a casi particolari, come i satelliti artificiali o gli impianti di comunicazione instal lati in località remote.
luce
semiconduttore di tipo p
semiconduttore di tipo n
R
Figura 16. Cella fotovoltaica.
Figura 17. Il telescopio spaziale Hubble con i suoi due pannelli di celle fotovoltaiche, fotografato dallo Space Shuttle durante un’operazione di manutenzione.
Figura 18. Cella fotovoltaica utilizzata per l'alimentazione di una stazione meteorologica in una località di alta montagna.
- F.252 -
3. Il transistor
Il transistor è il componente fondamentale di tutti i moderni circuiti elettronici. È stato inventato nel 1948 da John Bardeen (1908-1991) e Walter H. Brattain
(1902-1987) mentre il suo principio di funzionamento fu chiarito l’anno successivo
da William Shockley (1910-1989).1 Essi chiamarono questo componente elettronico “transfer-resistor”, poi abbreviato in transistor, perché esso trasferisce una corrente attraverso un conduttore ad alta resistenza elettrica.
Esistono due tipi di transistor: il transistor a giunzione e il transistor a effetto di campo. In entrambi i casi si tratta di dispositivi a stato solido dotati di tre terminali metallici: una piccola variazione del potenziale di uno di essi, chiamato base,
provoca una grande variazione della corrente presente tra gli altri due elettrodi,
chiamati rispettivamente emettitore e collettore.
Figura 19. Diversi tipi di transistor.
Il transistor a giunzione
Il transistor a giunzione di tipo npn è costituito da un sottile strato di semiconduttore di tipo p, con uno spessore dell’ordine di 10 -2 mm, racchiuso tra due
cristalli di semiconduttore di tipo n. A ciascuno dei tre semiconduttori è collegato un
elettrodo metallico: la base al semiconduttore centrale, l’emettitore e il collettore
agli altri due semiconduttori. Il transistor di tipo pnp è analogo al transistor di tipo
npn, tranne che la base è un semiconduttore di tipo n, mentre emettitore e collettore sono semiconduttori di tipo p.
Consideriamo un transistor npn inserito in un circuito come quello rappresentato nella figura 20.a. L’emettitore è mantenuto a un potenziale Ve minore del
1
Bardeen, Brattain e Shockley ricevettero il premio Nobel per la fisica nel 1956 per l’invenzione del
transistor. Bardeen ricevette un secondo premio Nobel nel 1972 per la spiegazione della superconduttività nei metalli.
- F.253 potenziale Vb della base, mentre il collettore è mantenuto a un potenziale Vc più
grande. La differenza di potenziale tra la base e l’emettitore fa sì che gli elettroni
presenti nell’emettitore si diffondano nella base. Parte di questi elettroni vengono
raccolti dall’elettrodo collegato alla base, che è percorso dalla corrente di base ib.
A causa del piccolo spessore della base, però, la maggior parte degli elettroni che
dall’emettitore diffondono nella base raggiungono il collettore e vengono raccolti
dall’elettrodo collegato ad esso, che è percorso dalla corrente di collettore ic. Naturalmente la corrente ie che percorre l’emettitore è la somma delle due correnti ib e
ic:
ie = ib + ic
(1)
Se si fosse considerato invece un transistor di tipo pnp le polarità del circuito sarebbero risultate invertite rispetto a quelle indicate nella figura 20.a mentre i
portatori di carica all’interno del cristallo sarebbero stati principalmente lacune anziché elettroni.
e
+
b
p
+
+
+
+
+
-
+
+
n
a)
e
e
c
n
b)
-
p
-
-
b
n
+
-
-
+
-
e
c
ie
-
c
ic
b
ib
ib
Ve
p
ie
ic
b
-
c
+
Vb
+
+
Vc
Ve
-
+
Vb
Vc
Figura 20. (a) Rappresentazione schematica e simbolo utilizzato per rappresentare un transistor npn con lo schema dei potenziali e delle correnti; (b) lo stesso per
un transistor pnp. I simboli e, c e b stanno rispettivamente per emettitore, collettore
e base.
Nel realizzare un transistor si fa in modo che la corrente di base sia molto
piccola rispetto alla corrente raccolta dal collettore, per esempio 100 volte minore.
Se si varia di poco l’intensità della corrente che percorre la base, si ottiene allora
una grande variazione della corrente che attraversa il collettore: quindi il transistor
è in grado di amplificare piccole variazioni della corrente ib che percorre la
base.
Supponiamo allora che in certe condizioni le correnti ib e ic e la differenza di
potenziale Vc – Ve abbiano ben determinati valori. Se si fa variare la corrente di
- F.254 base ib di una quantità ∆ib mantenendo fissa la differenza di potenziale Vc – Ve, si
ottiene una variazione ∆ic della corrente ic che percorre il collettore. Il rapporto
β =
∆ ic
∆ ib
(2)
si dice fattore di amplificazione (in corrente) del transistor.
Le curve caratteristiche di un transistor
Consideriamo le curve caratteristiche di un transistor in un caso concreto.
Le figure 21 e 22 mostrano rispettivamente una curva caratteristica d’ingresso e le
curve caratteristiche di uscita di un transistor di tipo npn noto commercialmente
con la sigla BCW82.
Le curve caratteristiche d’ingresso di un transistor rappresentano la corrente di base ib in funzione della differenza di potenziale Vb – Ve tra la base e l’emettitore, per valori dati della differenza di potenziale Vc – Ve tra il collettore e l’emettitore. Esse sono simili a quella di un diodo: la giunzione pn tra l’emettitore e la base
può infatti essere attraversata da un flusso di portatori di carica solo in un verso, e
l’intensità di questa corrente aumenta rapidamente quando viene superata la differenza di potenziale di circa 0,6 V necessaria per eliminare la barriera di potenziale
presente attraverso la giunzione.
Le curve caratteristiche di uscita rappresentano invece la corrente ic che attraversa il collettore in funzione della differenza di potenziale Vc – Ve tra il collettore
e l’emettitore, per valori dati della corrente di base ib. In ogni caso, la corrente ic che
percorre il collettore aumenta dapprima all’aumentare della differenza di potenziale
Vc – Ve, e si mantiene poi praticamente costante quando si supera una differenza
di potenziale di circa 0,6 V.
ib (mA)
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
Vb - Ve (V)
Figura 21. Curva caratteristica d’ingresso di un transistor BCW82, per una differenza di potenziale Vc – Ve = +5 V.
- F.255 -
ic (mA)
10
ib = 30 µ A
ib = 25 µ A
8
ib = 20 µ A
6
ib = 15 µ A
4
ib = 10 µ A
2
ib = 5 µ A
0
0
0,4
0,8
1,2
1,6
2,0
Vc - Ve (V)
Figura 22. Curve caratteristiche di uscita di un transistor BCW82.
Come si spiega questo comportamento del transistor? Perché si possa
avere un flusso significativo di elettroni tra l’emettitore e la base è necessario sia
superata la barriera di potenziale presente attraverso la giunzione pn che divide l’emettitore dalla base. La base si deve quindi trovare a un potenziale Vb almeno 0,6
V superiore al potenziale Ve dell’emettitore. Se si dà questa condizione, a causa
del piccolo spessore della base si ha anche una diffusione di elettroni nel collettore
attraverso la giunzione pn che divide la base dal collettore. Ma se la differenza di
potenziale Vc – Ve tra collettore ed emettitore è minore di 0,6 V, allora il collettore si
trova a un potenziale Vc minore del potenziale Vb della base e gli elettroni che diffondono in esso vengono respinti. Solo quando il potenziale Vc del collettore è più
elevato del potenziale Vb della base, allora tutti gli elettroni che vi si diffondono vengono raccolti e si ha una corrente ic di intensità costante attraverso il collettore.
Il transistor come amplificatore
Consideriamo ora il transistor utilizzato come amplificatore. In questo caso
la differenza di potenziale Vb – Ve tra la base e l’emettitore viene mantenuta a un
valore di circa 0,7 V, in modo che, come risulta dalla curva caratteristica d’ingresso, si abbia una corrente di base ib di qualche decina di microampere. La differenza
di potenziale Vc – Ve tra collettore ed emettitore viene invece mantenuta a un valore superiore a 1 V, in modo che il transistor si trovi a operare nella regione in cui le
curve caratteristiche di uscita sono praticamente orizzontali. Una piccola variazione
∆ib della corrente dei base dà luogo allora a una grande variazione ∆ic della corrente nel collettore. Dalla figura 23 si vede che per questo tipo di transistor si ha allora
un fattore di amplificazione pari circa a 300: a una variazione della corrente di base
∆ib = 5 µA, per esempio, corrisponde una variazione della corrente di collettore ∆ic
= 1,5 mA, in modo che
β =
∆ ic
1,5 mA
=
= 300
∆ ib
5µA
- F.256 -
ic (mA)
10
ib = 30 µ A
ib = 25 µ A
8
ib = 20 µ A
6
ib = 15 µ A
∆ ic = 1,5 mA
4
ib = 10 µ A
2
∆ ib = 5 µ A
ib = 5 µ A
0
0
0,4
0,8
1,2
1,6
2,0
Vc - Ve (V)
Figura 23. Calcolo del fattore di amplificazione di un transistor.
Il transistor utilizzato come amplificatore costituisce l’elemento fondamentale dei circuiti di amplificazione di cui sono dotati gli apparecchi radio o i riproduttori di nastri magnetici: in questo caso il sistema di amplificazione è costituito da
molti stadi nei quali l’uscita di uno diviene l’ingresso del successivo, in modo che il
debole segnale elettrico prodotto, per esempio, dalla testina magnetica di un registratore a nastro può essere così amplificato e inviato a un sistema di altoparlanti
di grande potenza. Situazioni come quella appena descritta, nella quale i valori dei
potenziali elettrici e delle correnti presenti nei circuiti possono variare con continuità assumendo qualsiasi valore, costituiscono il campo di studio dell’elettronica
analogica.
Il transistor come interruttore
La realizzazione dei computer e di molti altri dispositivi di cui facciamo uso
quotidianamente è stata possibile grazie allo sviluppo dell’elettronica digitale, nella quale il potenziale elettrico presente nei vari punti del circuito può assumere solo
due valori: “alto” o “basso”, rappresentati da 1 e 0, o “VERO” e “FALSO”. Solitamente un potenziale elettrico inferiore a +0,5 V indica 0 o “FALSO”, mentre un potenziale elettrico pari a +5 V indica 1 o “VERO”.
All’interno di un computer i segnali elettrici corrispondenti ai valori 0 o 1
vengono manipolati in modo da realizzare operazioni secondo una logica binaria.
Gli elementi fondamentali di questi circuiti sono le cosiddette porte logiche, ossia
circuiti che forniscono un segnale di uscita in risposta a una combinazione di uno o
due segnali di entrata. La porta logica più semplice da realizzare e a partire dalla
quale si possono costruire tutti gli altri tipi di porte logiche è la cosiddetta porta
NAND. L’uscita di una porta NAND è pari a 0 solo se entrambi gli ingressi sono 1,
ed è pari a 1 in caso contrario.
Una porta NAND può essere realizzata utilizzando due transistor come interruttori, secondo lo schema mostrato nella figura 24. Supponiamo che uno dei
potenziali di entrata VA o VB sia minore di 0,5 V. La corrente di base ib del corri-
- F.257 spondente transistor è quindi nulla, come si ricava dalla curva caratteristica d’ingresso riportata nella figura 21. È quindi nulla anche la corrente ic tra l’emettitore e
il collettore del transistor. Il transistor si comporta allora come un interruttore aperto
e il potenziale di uscita Vout della porta è uguale al potenziale Vcc = +5 V con cui il
circuito è alimentato: il segnale in uscita corrisponde quindi a 1.
Se invece entrambi i potenziali di entrata VA e VB sono pari a +5 V, allora
sono diverse da zero le correnti di base ib di entrambi i transistor, che sono attraversati tra emettitore e collettore da una corrente ic di intensità non trascurabile. I
due transistor si comportano come due interruttori chiusi. Poiché la loro resistenza
elettrica è molto minore di quella del resistore R posto tra il potenziale di alimentazione Vcc e il potenziale di uscita Vout, il valore di quest’ultimo risulterà molto basso:
il segnale in uscita corrisponde quindi a 0.
Vcc
R
Vout
VA
VB
b
c
e
b
c
e
Figura 24. Porta NAND realizzata con due transistor usati come interruttori.
Le porte logiche
In matematica si parla di operazioni logiche quando si opera su variabili (dette “proposizioni”) i cui valori possono essere “VERO” o “FALSO” (1 o 0). La
più semplice tra queste operazioni è la negazione (NOT) la negazione di una
proposizione vera è una proposizione falsa, e viceversa la negazione di una pro posizione falsa è una proposizione vera. Il risultato delle operazioni logiche può
essere espresso da una tabella detta tavola di verità, che nel caso della negazione (tabella 1) ha una entrata (input) e una uscita (output): al valore 0 in entrata corrisponde il valore 1 in uscita, e viceversa al valore 1 in entrata corrisponde
il valore 0 in uscita.
- F.258 Tabella 1. Tavola di verità per l’operazione NOT.
Input
0
1
Output
1
0
Vi sono diverse operazioni logiche che compongono due diverse proposizioni. Tra di esse vi sono le seguenti.
Congiunzione (AND): la congiunzione di due proposizioni è vera solo se entrambe sono vere.
Disgiunzione (OR): la disgiunzione di due proposizioni è falsa solo se entrambe
sono false.
Negazione alternativa (NAND): la negazione alternativa di due proposizioni è
falsa solo se entrambe sono vere:
Negazione congiunta (NOR): la negazione congiunta di due proposizioni è vera
solo se entrambe sono false.
Disgiunzione esclusiva (XOR): la disgiunzione esclusiva di due proposizioni è
vera solo se una sola di esse è vera.
La tavole di verità per queste quattro operazioni logiche sono mostrate
nella tabella 2.
Tabella 2. Tavole di verità per operazioni logiche a due entrate.
Input A
0
1
0
1
Input B
0
0
1
1
AND
0
0
0
1
OR
0
1
1
1
Output
NAND
1
1
1
0
NOR
1
0
0
0
XOR
0
1
1
0
Tutte queste operazioni logiche possono essere realizzate da circuiti elettronici detti porte logiche. Abbiamo già visto come è possibile, per esempio, realizzare una porta logica NAND con due transistor usati come interruttori. Negli
schemi dei circuiti elettronici le porte logiche corrispondenti alle operazioni che
abbiamo qui elencato sono rappresentate dai simboli mostrati nella seconda colonna della tabella 3.
A partire da porte logiche NAND si possono realizzare tutti gli altri tipi di
porte logiche, come è mostrato nella terza colonna della tabella 3 (queste costruzioni si possono facilmente verificare utilizzando le tavole di verità riportate nella
tabella 2):
– la porta logica NOT si costruisce collegando le due entrate di una
porta NAND e usandole come un’unica entrata;
- F.259 -
– la porta logica AND si costruisce collegando una porta NOT all’uscita
di una porta NAND;
– la porta logica OR si costruisce collegando una porta NOT a ciascuna delle entrate di una porta NAND;
– la porta logica NOR si costruisce collegando una porta NOT all’uscita
di una porta OR;
– la porta logica XOR si costruisce con una combinazione di quattro
porte NAND.
Tabella 3. Simboli per le porte logiche
Porta
NAND
Simbolo
input A
output
input B
NOT
AND
input
input A
output
output
input B
OR
input A
input
input A
output
output
input B
output
input A
input B
output
input B
NOR
input A
output
input B
XOR
input A
input B
input A
output
input B
output
input A
output
input B
4. Circuiti integrati e microprocessori
Lo sviluppo dell’elettronica è stato caratterizzato da una crescente miniaturizzazione dei circuiti. Ciò è stato reso possibile dalla sviluppo di tecniche che hanno permesso di realizzare circuiti completi sulla superficie di un singolo cristallo di
silicio. Il componente fondamentale di questi circuiti è il transistor a effetto di
campo.
Il transistor a effetto di campo
Un transistor a effetto di campo è costituito da un dischetto di materiale semiconduttore di tipo p nel quale sono state realizzate due zone di materiale di tipo
n che costituiscono l’emettitore e il collettore del transistor (figura 25). Queste due
zone sono collegate da uno stretto canale di materiale di tipo n. Sulla superficie del
semiconduttore è depositato uno strato isolante di ossido di silicio, attraversato da
due elettrodi metallici in corrispondenza dell’emettitore e del collettore. Un altro
- F.260 elettrodo metallico, che costituisce la base del transistor, è depositato sopra lo strato isolante in corrispondenza del canale che unisce emettitore e collettore.
e
Vb
Vc
metallo
b
c
isolante
semiconduttore p
semiconduttore n
giunzione pn
canale
Figura 25. Schema di transistor a emissione di campo.
In un transistor di questo tipo l’intensità della corrente che attraversa il canale tra l’emettitore e il collettore è controllata dal potenziale della base. Supponiamo che il substrato semiconduttore e l’emettitore siano messi a terra (Ve = 0) e che
il collettore sia mantenuto a un potenziale positivo Vc, per esempio Vc = +10 V.
Supponiamo poi che il potenziale della base sia nullo: Vb = 0. Tra il canale di materiale di tipo n e il sottostante substrato di materiale di tipo p si ha una giunzione pn,
con una regione di svuotamento che limita la sezione del canale e quindi l’intensità
della corrente che può percorrerlo.
Portiamo ora la base a un potenziale positivo rispetto al substrato semiconduttore e all’emettitore, per esempio Vb = +1 V. La base e il sottostante canale
semiconduttore si comportano come le due armature di un condensatore, separate
dallo strato isolante di ossido di silicio: il canale acquista quindi un potenziale negativo –Vb opposto a quello della base, si ha polarizzazione diretta della giunzione
con una riduzione della larghezza della regione di svuotamento e un conseguente
aumento della sezione effettiva del canale: la resistenza elettrica del canale diminuisce e l’intensità della corrente che attraversa il transistor aumenta. 2
Se invece la base viene portata a un potenziale Vb negativo rispetto al
substrato semiconduttore e all’emettitore, il canale acquista un potenziale positivo
opposto a quello della base e si ha polarizzazione inversa della giunzione con una
aumento della larghezza della regione di svuotamento e una conseguente diminuzione della sezione effettiva del canale: la resistenza elettrica del canale aumenta
e l’intensità della corrente che attraversa il transistor diminuisce. Quindi una piccola
variazione del potenziale Vb della base dà luogo a una considerevole variazione
dell’intensità della corrente tra l’emettitore e il collettore, in modo analogo a come
nel transistor a giunzione una piccola variazione nell’intensità della corrente di
base ib dà luogo a una variazione considerevole dell’intensità della corrente di collettore ic.
2
I dati utilizzati in questo esempio si riferiscono al transistor noto commercialmente come 2N3797.
In questo caso la corrente ic passa da 3,0 mA per Vb = 0 a 5,5 mA per Vb = +1 V.
- F.261 -
Figura 26. Un “wafer” di silicio.
Il circuito integrato
La realizzazione di transistor a effetto di campo di piccolissime dimensioni
è stata resa possibile dallo sviluppo di una tecnica di tipo fotochimico. Si parte da
un cristallo di silicio drogato di tipo p, che viene tagliato a fette in modo da realizzare sottili dischetti che costituiranno il substrato del circuito, e si procede secondo
una serie di passi successivi:
1) si ossida la superficie del silicio, in modo da formare uno strato isolante
uniforme di ossido di silicio (SiO2);
2) si asporta l’ossido di silicio dalla zona corrispondente al canale che
congiungerà l’emettitore e il collettore;
3) si espone la superficie del cristallo a un’atmosfera di atomi del donatore per un tempo sufficiente perché questi diffondano nel silicio formando il canale di materiale di tipo n;
4) si ricopre nuovamente il cristallo con ossido di silicio;
5) si asporta l’ossido di silicio dalle zone corrispondenti all’emettitore e al
collettore;
6) si espone nuovamente il cristallo, per un tempo più lungo, all’atmosfera
di atomi del donatore, in modo da formare le regioni di tipo n corrispondenti all’emettitore e al collettore;
7) si ricopre la superficie del cristallo con uno straterello di alluminio;
8) si asportano infine delle striscioline di alluminio in modo da lasciare i
tre elettrodi del transistor isolati uno dall’altro.
Per asportare materiale da piccole aree ben delimitate si disegnano, ingrandite, le varie parti del circuito in bianco e nero e si realizza una pellicola foto grafica nella quale le aree da asportare nelle diverse fasi della lavorazione risultino
nere. Ogni volta si ricopre la superficie del cristallo di silicio con una pellicola di una
- F.262 sostanza, analoga a quella utilizzata nelle pellicole fotografiche, che ha la proprietà
di non essere più solubile a un opportuno bagno di sviluppo una volta esposta alla
luce. Si proietta poi l’immagine del circuito, rimpicciolita, sulla superficie del cristallo, si asporta la sostanza fotosensibile dalle zone che non sono state illuminate, e
si attaccano quindi chimicamente con un acido le zone del cristallo che non sono
protette dalla pellicola fotosensibile, la quale viene asportata al termine del processo.
In questo modo è possibile produrre contemporaneamente sulla superficie
di un unico cristallo di silicio un grande numero di componenti elettronici di piccolis sime dimensioni: non solo transistor, ma anche diodi, resistori e condensatori, oltre
a tutte le connessioni tra i diversi componenti. Si ottiene così un circuito integrato, ossia un circuito realizzato su un’unica lastrina, o “chip”, di silicio.
Figura 27. Un esempio di circuito integrato degli anni ’60.
I microprocessori
I comuni circuiti integrati sono progettati per realizzare ciascuno una sola
funzione. Lo sviluppo dei computer è stato però possibile grazie alla realizzazione
di circuiti programmabili, capaci di funzionare in modo estremamente versatile in risposta a specifiche sequenze di istruzioni o “programmi”. I circuiti integrati di questo tipo sono detti microprocessori.
Nel 1969 un’industria giapponese di computer chiese all’azienda americana Intel, specializzata nella realizzazione di circuiti integrati, di realizzare una serie
di cinque circuiti integrati da utilizzare in differenti macchine. Gli ingegneri della Intel, tra i quali ebbe un ruolo importante l’italiano Federico Faggin, decisero di realizzare un unico circuito integrato che potesse essere programmato per svolgere le
funzioni di tutti i cinque circuiti richiesti. Nacque così nel gennaio 1971 l’Intel 4004,
il primo microprocessore, funzionante alla frequenza di 108 kHz. A partire da allora
sono stati realizzati microprocessori sempre più complessi e più veloci. È stato
possibile raddoppiare la densità di componenti elettronici per unità di superficie all’incirca ogni anno, fino ad arrivare a microprocessori come per esempio il Pentium-IV della Intel, prodotto a partire dal 2002, funzionante alla frequenza di 2,8 GHz
- F.263 e contenente su un unico chip di silicio 42 milioni di transistor ognuno dei quali ha
una dimensione di 0,13 micron.
Figura 28. Il Pentium-IV, microprocessore realizzato nel 2002 contenente 42 milioni di transistor.
Figura 29. Ingrandimento di un transistor del microprocessore Pentium-IV. Le dimensioni del transistor sono di 0,13 micron, mentre la larghezza dei contatti metal lici è di 0,06 micron.
- F.264 -
Punti fondamentali
•
Il passaggio della corrente elettrica nei materiali semiconduttori (per esempio il
silicio) è dovuto sia al moto degli elettroni di conduzione sia al moto delle lacune, ossia dei posti lasciati liberi nel reticolo cristallino dagli elettroni di conduzione. La densità di portatori di carica in un semiconduttore e quindi la sua resistività può essere variata drogando il semiconduttore con piccole quantità di
impurità: atomi donatori per ottenere semiconduttori di tipo n o atomi accettori per ottenere semiconduttori di tipo p. (Paragrafo 1)
•
Attraverso una giunzione pn, ossia la superficie di contatto tra un semiconduttore di tipo p e un semiconduttore di tipo n, si stabilisce, per la diffusione dei
portatori di carica di diverso segno, una differenza di potenziale dell’ordine di
una frazione di volt. La giunzione pn costituisce un diodo che permette il passaggio della corrente elettrica in un solo senso, quello che va dal semiconduttore di tipo p al semiconduttore di tipo n. (Paragrafo 2)
•
I transistor sono particolari combinazioni di semiconduttori di tipo p e di tipo n
con tre terminali: base, emettitore e collettore. Una piccola variazione dell’intensità della corrente che percorre la base (transistor a giunzione) o del potenziale elettrico della base (transistor a effetto di campo) provoca una grande variazione dell’intensità della corrente tra l’emettitore e il collettore. I transistor
possono essere utilizzati nei circuiti elettronici come amplificatori o come interruttori. (Paragrafo 3)
•
La combinazione di più transistor permette di realizzare circuiti elettronici che
realizzano operazioni logiche. Questi circuiti sono l’elemento fondamentale dei
microprocessori programmabili su cui si basa il funzionamento dei calcolatori
elettronici. (Paragrafi 3 e 4)
Formule da ricordare
•
Fattore di amplificazione del transistor:
Simbolo
β
ic
ib
Grandezza
fattore di amplificazione
corrente di collettore
corrente di base
β =
∆ ic
∆ ib
(2)
Unità SI
A
A
Glossario
Accettore: atomo trivalente che, inserito
in un semiconduttore, tende e ricevere un
elettrone rendendo il semiconduttore di
tipo p (acceptor).
Cella fotovoltaica: dispositivo a stato solido che permette la conversione diretta
di energia luminosa in energia elettrica
(photovoltaic cell).
Circuito integrato: circuito elettronico
contenete diversi transistor e altri compo-
nenti realizzato su un unico “chip” di silicio (integrated circuit).
Diodo a giunzione: dispositivo a stato solito costituito da due cristalli semiconduttori separati da una giunzione pn (diode).
Dispositivo a stato solido: componente
di un circuito elettronico nel quale il flusso
della corrente avviene all’interno di un
materiale semiconduttore (solid state device).
- F.265 Donatore: atomo pentavalente che, inserito in un semiconduttore, tende a perdere un elettrone rendendo il semiconduttore di tipo n (donor).
Microprocessore: circuito integrato funzionante in risposta a specifiche sequenze di istruzioni (programmi) (microprocessor).
Drogaggio: aggiunta di piccole quantità
di atomi di impurità a un materiale semiconduttore (doping).
Porta logica: circuiti elettronici che forniscono in uscita un segnale di valore 0 o 1
in risposta a uno o due segnali di entrata
di valore 0 o 1 (logical gate).
Elettronica analogica: studio dei circuiti
elettronici nei quali le differenze di potenziale possono assumere valori variabili
con continuità (linear electronics).
Elettronica digitale: studio dei circuiti
elettronici nei quali le differenze di potenziale possono variare solo per valori discreti (digital electronics).
Fattore di amplificazione di un transistor: rapporto tra la variazione dell’intensità della corrente che percorre il collettore e la variazione dell’intensità della corrente che percorre la base (current gain).
Giunzione pn: superficie di contatto tra
un semiconduttore di tipo p e un semiconduttore di tipo n (p-n junction).
Lacuna: portatore di carica in un semiconduttore costituito da un posto lasciato
libero da un elettrone nel reticolo cristallino (hole).
Semiconduttore di tipo n: semiconduttore drogato con atomi donatori, nel quale i portatori di carica sono principalmente
elettroni liberi (n-type semiconductor).
Semiconduttore di tipo p: semiconduttore drogato con atomi accettori, nel quale i portatori di carica sono principalmente
lacune (p-type semiconductor).
Semiconduttore estrinseco: semiconduttore drogato con atomi di impurità (extrinsic semiconductor).
Semiconduttore intrinseco: elemento o
composto semiconduttore allo stato puro
(intrinsic semiconductor).
Transistor: dispositivo a semiconduttori
con tre terminali, nel quale una piccola
variazione di potenziale di un terminale
(base) controlla la corrente tra gli altri due
terminali (emettitore e collettore) (transistor).
Trattazione sintetica di argomenti (max 10 righe)
1.
Spiegare perché in un diodo una giunzione pn permette il passaggio della
corrente elettrica in una sola direzione.
2.
Descrivere il funzionamento di un transistor a giunzione a partire dall’esame
delle sue curve caratteristiche.
3.
Il funzionamento delle prime apparecchiature elettroniche si basava sull’uso
di valvole termoioniche e altri tipi di
tubi a vuoto. Le apparecchiature moderne utilizzano invece dispositivi a
stato solido. Quali vantaggi derivano
dal loro uso, e quali conseguenze ha
avuto la loro introduzione?
Quesiti a risposta singola (max 4 righe)
1.
Che cosa è una “lacuna” in un semiconduttore?
2.
Che cosa si intende per “drogaggio” di
un semiconduttore?
3.
Quali sono le due modalità di uso dei
transistor nei circuiti elettronici e i corrispondenti campi di applicazione?
Quesiti a risposta multipla
1.
Che tipo di portatori di carica è presente nei semiconduttori intrinseci?
A. Principalmente elettroni liberi.
B. Principalmente lacune.
C. Un uguale numero di elettroni liberi e di lacune.
D. Elettroni liberi o lacune, a seconda del tipo di semiconduttore.
- F.266 2.
Che tipo di portatori di carica è presente
nei
semiconduttori
estrinseci?
5.
Come si presenta la curva caratteristica di un diodo a giunzione?
A.
L’intensità della corrente è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale quando il diodo è
in uno stato di polarizzazione inversa.
B. L’intensità della corrente è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale quando il diodo è
in uno stato di polarizzazione diretta.
C. L’intensità della corrente aumenta
esponenzialmente con la differenza di potenziale quando il diodo è
in uno stato di polarizzazione inversa.
D. L’intensità della corrente aumenta
esponenzialmente con la differenza di potenziale quando il diodo è
in uno stato di polarizzazione diretta.
A. Principalmente elettroni liberi.
B. Principalmente lacune.
C. Un uguale numero di elettroni liberi e di lacune.
D. Elettroni liberi o lacune, a seconda del tipo di semiconduttore.
3.
Qual è l’effetto del drogaggio su un
cristallo semiconduttore?
A.
Viene aumentata la resistività del
materiale, mantenendo invariato il
tipo di portatori di carica presenti
in esso.
B. Viene diminuita la resistività del
materiale, mantenendo invariato il
tipo di portatori di carica presenti
in esso.
C. Viene aumentata la resistività del
materiale, cambiando il tipo di
portatori di carica presenti in esso.
D. Viene diminuita la resistività del
materiale, cambiando il tipo di
portatori di carica presenti in esso.
4.
6.
A.
Amplificare piccole variazione di
corrente.
B. Permettere il passaggio della corrente in un solo senso.
C. Invertire il senso della corrente
che attraversa il circuito.
D. Convertire direttamente energia
luminosa in energia elettrica.
Qual è il fenomeno fisico che spiega le proprietà di una giunzione pn?
La carica elettrica negativa nel cristallo di tipo n, dovuta alla presenza di elettroni come portatori di
carica, insieme alla carica elettrica
positiva del cristallo di tipo p, dovuta alla presenza di lacune come
portatori di carica.
B. La diffusione di elettroni nel cristallo di tipo p, che acquista una
carica elettrica negativa, insieme
alla diffusione di lacune nel cristallo di tipo n, che acquista una carica elettrica positiva.
C. La differenza di potenziale che si
stabilisce attraverso la superficie
di contatto dei due cristalli, analoga a quella che si ha attraverso la
superficie di contatto di due metalli diversi.
D. L’agitazione termica degli atomi
del materiale semiconduttore, che
determina una continua produzione di coppie di elettroni liberi e lacune nella regione della giunzione.
Qual è la funzione di un diodo in un
circuito elettronico?
A.
7.
Qual è la funzione di un transistor
in un circuito elettronico?
A.
Amplificare piccole variazioni di
corrente.
B. Permettere il passaggio della corrente in un solo senso.
C. Invertire il senso della corrente
che attraverso il circuito.
D. Trasformare una corrente alternata in una corrente continua.
8.
Che cosa si intende per “fattore di
amplificazione” di un transistor?
A.
Il rapporto tra la variazione di intensità della corrente che percorre
il collettore e la variazione di intensità della corrente che percorre
la base.
B. Il rapporto tra la variazione di intensità della corrente che percorre
il collettore e la variazione di in-
- F.267 tensità della corrente che percorre
l’emettitore.
C. Il rapporto tra la variazione del potenziale del collettore e la variazione di potenziale della base.
D. Il rapporto tra la variazione del potenziale del collettore e la variazione di potenziale dell’emettitore.
9.
Qual è l’operazione realizzata da
una porta logica NAND?
A.
La sua uscita è vera solo se entrambe le entrate sono false.
B. La sua uscita è vera solo se almeno una delle entrate è false.
C. La sua uscita è vera solo se una
sola delle entrate è falsa.
D. La sua uscita è vera solo se nessuna delle entrate è falsa.
10. Perché la porta NAND è la porta logica fondamentale dell’elettronica
digitale?
A.
Perché è la più utilizzata nei circuiti elettronici.
B. Perché la tavola di verità dell’operazione logica NAND è particolarmente semplice.
C. Perché è l’unica porta logica che
può essere realizzata utilizzando
solo due transistor.
D. Perché tutti gli altri tipi di porte logiche possono essere realizzati
come combinazioni di porte
NAND.
11. Qual è la principale differenza tra i
transistor a giunzione e i transistor
a effetto di campo?
A.
Nei transistor a giunzione piccole
variazioni di intensità di corrente
danno luogo a grandi variazioni di
potenziale elettrico, mentre nei
transistor a effetto di campo piccole variazione di potenziale elet-
trico danno luogo a grandi variazioni di intensità di corrente.
B. Nei transistor a giunzione piccole
variazioni di intensità di corrente
danno luogo a grandi variazioni di
intensità di corrente, mentre nei
transistor a effetto di campo piccole variazione di potenziale elettrico danno luogo a grandi variazioni di intensità di corrente.
C. Nei transistor a giunzione piccole
variazioni di potenziale elettrico
danno luogo a grandi variazioni di
potenziale elettrico, mentre nei
transistor a effetto di campo piccole variazione di potenziale elettrico danno luogo a grandi variazioni di intensità di corrente.
D. Nei transistor a giunzione piccole
variazioni di potenziale elettrico
danno luogo a grandi variazioni di
intensità di corrente, mentre nei
transistor a effetto di campo piccole variazione di intensità di corrente danno luogo a grandi variazioni di intensità di corrente.
12. Perché la realizzazione del transistor a effetto di campo ha permesso
lo sviluppo dei moderni calcolatori
elettronici?
A.
Perché per il funzionamento di
questo tipo di transistor si richiedono differenze di potenziale molto piccole, facilmente disponibili
all’interno di un calcolatore.
B. Perché è il tipo di transistor con
cui possono essere realizzate le
porte logiche utilizzate nell’elettronica digitale.
C. Perché sulla superficie di un singolo cristallo di silicio possono essere realizzati molti transistor di
questo tipo di dimensioni estremamente piccole.
D. Perché il processo di fabbricazione di questo tipo di transistor è
particolarmente economico.
Soluzioni: 1.C, 2.D, 3.D, 4.B, 5.D, 6.B, 7.A, 8.A, 9.B, 10.D, 11.B, 12.C.
Esercizi complessi
La porte logiche
1. Qual è l’uscita della combinazione di
porte logiche mostrata nella figura 30
quando entrambe le entrate sono “VERO”?
Motivare la risposta.
[“VERO”]
- F.268 -
input A
output
input B
Figura 30.
2. Costruire la tavola di verità per una
porta NAND e tre entrate, ossia una porta
logica la cui uscita sia “FALSO” solo se tutte e tre le entrate sono “VERO”, e mostrare
come può essere realizzata utilizzando
porte logiche a due entrate.
5. Quando si sommano due numeri binari, la somma delle cifre meno significative (i
bit A e B in input) ha quattro possibilità: la
somma (S) può essere 0 o 1, e il riporto
(R) può essere 0 o 1. Verificare che la
combinazione di porte logiche mostrata
nella figura 32 (“half-adder”) esegue correttamente questa operazione e costruire la
tavola di verità per i valori di S e di R.
input A
output S
input B
3. Una luce di allarme su un’automobile
deve accendersi solo se si verificano queste condizioni: 1) il motore è acceso; 2) la
cintura di sicurezza dell’autista è slacciata;
3) se il sedile del passeggero è occupato,
la sua cintura di sicurezza è slacciata. Progettare una combinazione di porte logiche
a quattro entrate che comandi la luce di allarme.
4. Un circuito integrato che permette di
realizzare tutti i tipi di porte logiche è il cosiddetto “quad-NAND”, che contiene quattro porte NAND disposte come mostra la figura 31. Indicare come devono essere collegati tra loro i piedini di entrata e quale
deve essere usato come uscita, per ottenere i seguenti tipi di porte logiche: AND, OR,
NOR e XOR.
+
output R
Figura 32. Schema di un circuito “half-adder”.
6. Quando si sommano due numeri binari, la somma di due cifre qualsiasi (i bit A e
B in input) deve tener conto anche del riporto dalla somma delle cifre precedenti
(Rin). Come risultato si hanno quattro possibilità: la somma (S) può essere 0 o 1, e il
riporto (Rout) può essere 0 o 1. Verificare
che la combinazione di porte logiche mostrata nella figura 33 (“full-adder”) esegue
correttamente questa operazione e costruire la tavola di verità per i valori di S e di R.
(HA sta per “half-adder”, il circuito a cui si
riferisce l’esercizio 5.
input Rin
14
13
12
11
10
9
8
output S
HA
input A
HA
output Rout
input B
Figura 33. Schema di un circuito “full-adder”.
1
2
3
4
5
6
7
0V
8
1
7
Figura 31. Schema di un circuito integrato
“quad-NAND”.
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