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L’8 settembre a Formia e Gaeta
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Friday, 06 November 2009 17:06 - Last Updated Sunday, 08 November 2009 11:48
8 settembre 1943, una data storica per l’Italia, uno dei momenti più drammatici della nostra
storia contemporanea. Molto è stato scritto sugli avvenimenti che si susseguirono in quella
caldissima estate del 43’ , ma nel nostro amato golfo, a Formia e Gaeta cosa accadde dopo
l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati?
Facciamo un passo indietro e cerchiamo di inquadrare il contesto. Siamo nel punto di svolta
della seconda guerra mondiale, la Germania nazista, che domina l’Europa da ormai 4 anni, ha
subito duri colpi in Africa Settentrionale, in Russia e nei cieli inglesi; l’Italia, dopo aver perso le
colonie, è stata invasa dalle forze anglo-americane sbarcate in Sicilia nel giugno del 43’. Questa
ennesima sconfitta militare ha fatto scoppiare definitivamente la crisi politica del regime fascista
che ormai aveva perso l’appoggio della popolazione, della monarchia e dell’esercito. Il 25
luglio, il re Vittorio Emanuele III, dopo la seduta del Gran Consiglio del Fascismo (l’organo
supremo del Partito Nazionale Fascista) che aveva sfiduciato l’operato di Benito Mussolini,
fece arrestare il Duce destituendolo da ogni potere. Il Monarca affidò la guida del paese al
maresciallo Pietro Badoglio che, duranti i suoi 45 giorni di governo, si distinse soprattutto per
ambiguità e scarso decisionismo. L’Italia decise quindi di uscire definitivamente dal conflitto,
stipulando un armistizio con gli anglo-americani che fu firmato a Cassibile, in Sicilia il 3
settembre. Nel frattempo i tedeschi, che dall’inizio della guerra erano alleati dell’Italia, intuendo
il voltafaccia italiano, invasero di fatto il nostro paese.
Si giunse quindi all’8 settembre, il giorno in cui gli Alleati diffusero la notizia dell’armistizio
stipulato con gli italiani. In questa drammatica giornata fu consumata una delle più tristi pagine
del nostro esercito. Il maresciallo Badoglio, insieme al re ed alla sua corte, si preoccuparono
esclusivamente di organizzare nei minimi dettagli la fuga, compiuta nella notte tra l’8 e il 9
settembre, da Roma a Brindisi dove sarebbero stati protetti dagli Alleati. I comandi militari
presenti in Italia e sugli altri fronti di guerra europei non ricevettero alcuna indicazione per
fronteggiare la prevedibilissima reazione germanica. I tedeschi, che avevano già occupato i
punti strategici della penisola, diedero vita all’operazione “Asse”: il disarmo dell’esercito italiano.
Le truppe italiane conobbero momenti di sbandamento assoluto: dopo l’annuncio dell’armistizio
si abbandonarono a manifestazioni di gioia illudendosi che la guerra fosse definitivamente finita,
ma poche ore dopo furono violentemente attaccate dai tedeschi. La maggior parte dei soldati
italiani si arresero ai tedeschi: circa 600.000 uomini furono fatti prigionieri.
E a Formia cosa accadde?
Dopo il primo bombardamento aereo sulla cittadina di Formia avvenuto due giorni prima, la sera
dell’8 settembre la paura e lo sgomento lasciarono il posto alla felicità assoluta. I formiani, dopo
aver ascoltato il proclama di Badoglio che annunciava l’armistizio, manifestarono tutta la loro
gioia. La gente era stanca della guerra, mai veramente voluta ed era convinta che tutto stesse
volgendo verso la tanto sospirata pace. In realtà, per la cittadina di Formia e per gli altri comuni
del Golfo di Gaeta, la data di inizio del periodo più nero della seconda guerra mondiale è
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proprio l’8 settembre 1943, da quando la popolazione si trovò stretta in una morsa fatale tra i
bombardamenti alleati e la feroce occupazione tedesca.
La notte tra l’8 e il 9 settembre, infatti, alle ore 2:45, alcuni bombardieri inglesi “Wellington”
colpirono la cittadina del Golfo, con l’intento di bloccare le vie di comunicazione tra il Lazio e la
Campania, in vista dello sbarco di alleato a Salerno. La popolazione, svegliata dal suono delle
sirene, in preda al panico si precipitò per le strade; alcuni provarono a raggiungere i pochi rifugi
negli scantinati dei palazzi.
Anche quella notte, quasi tutte le bombe finirono in mare; solo alcune caddero in piazza Mattei
e nei pressi della stazione ferroviaria causando la morte dei primi due civili: Augusto Di Nucci e
Rosaria Pellegrino. L’ingenuità dei formiani si scontrò con la cruda realtà: i tedeschi avevano
facilmente occupato la città, ritenuta strategicamente importante per la presenza della stazione
ferroviaria, della via
Appia e per la vicinanza a Gaeta, presidio militare. Alle ore 22:00 dell’8 settembre, soldati
tedeschi della 15° Divisione corazzata “Hermann Goering”, esibendo un falso ordine di cambio
della guardia occuparono la stazione, il porto e i distretti
telefonici. I pochi militari italiani presenti a Formia tornarono nelle loro case lasciando
incustodito il magazzino della sussistenza militare di via Abate Tosti che, subito dopo, fu
saccheggiato dalla popolazione.
Se a Formia i tedeschi riuscirono facilmente ad occupare i punti nevralgici della città, a Gaeta si
registrò, la sera dell’8 settembre, uno dei pochi episodio di resistenza. Nella cittadina tirrenica vi
era il presidio militare italiano più importante dell’intera provincia di Littoria. Il comando della
base militare dipendeva dal 4° Reggimento costiero, che aveva sede ad Itri. Il presidio militare
di Gaeta, comandato dal colonnello Nicolò Rattazzi, poteva contare sull’8° squadrone di
Cavalleria, addetto
alla difesa costiera, sull’ex milizia volontaria Milmart, predisposta per la contraerea con sede
alla caserma “Bausan” e sul comando di Marina sito al Molo S. Antonio, agli ordini del capitano
di fregata Mariano De Martino. Completavano il quadro della base militare di Gaeta, la 1°
flottiglia motosiluranti e la 2° flottiglia MAS, entrambe comandate dal capitano di fregata,
Alessandro Michelangioli.
I tedeschi erano presenti sul territorio di Formia, Gaeta e Itri con la 15° Panzergranadier, agli
ordini del generale Rodt. Questa divisione, che era stata completamente rinnovata dopo le
sconfitte dell’Africa settentrionale, aveva combattuto validamente in Sicilia.
Il capo delle forze tedesche nell’Italia meridionale, il fedelmaresciallo Albert Kesselring, volle
presidiare con forze ben armate e addestrate il Golfo di Gaeta, considerandolo uno dei punti
focali della strategia alleata.
Rodt sapeva che l’ordine di esecuzione del piano “Achse” (il disarmo dell’esercito italiano)
sarebbe stato più difficile da eseguire a Gaeta rispetto a Formia. La base di Gaeta poteva
contare su circa 1.000 uomini, sulle corvette in porto e anche su una discreta presenza di armi
d’artiglieria (per lo più cannoni) poste sulle colline
di Conca, Cuostile e Monte Orlando.
I tedeschi, consapevoli di dover affrontare reparti della marina (la parte migliore delle forze
armate italiane), diedero un drammatico colpo psicologico ai militari e alla popolazione. La notte
tra l’8 e il 9 settembre aerei della Luftwaffe bombardarono il centro storico di S. Erasmo
danneggiando gravemente la chiesa cattedrale, un episodio che può essere considerato una
rappresentazione emblematica del lungo martirio della popolazione Gaetana.
Il bombardamento fu preceduto dal lancio di razzi illuminanti. Quella drammatica sera si
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trovavano nelle acque del porto: la nave-officina “Quarnaro”, le corvette “Gru”, “Gabbiano” e
“Pellicano”, il sommergibile “Axum”, la nave ospedale “Toscana”, le motosiluranti 55 e 64 e altre
unità minori in riparazione. La presenza di queste navi militari, in particolar modo la Quarnaro,
evidenziava l’importanza strategico-militare della cittadina di Gaeta.
Alle ore 2:15 del 9 settembre, alcuni tedeschi armati salirono a bordo della corvetta “Gabbiano”
chiedendo al tenente di vascello Nino Foresi (comandante della nave) di schierarsi con la
Germania. L’ufficiale italiano decise di interpellare in merito il capitano della corvetta “Pellicano”,
il tenente di vascello, Amleto Ferraù, ma mentre si stava incamminando verso l’altra banchina,
dopo essere sceso dalla nave, per
ascoltare il parere del suo collega più anziano, il comandante in seconda della
“Gabbiano”, il sottotenente di vascello Osvaldo Perucca, comandò l’improvvisa
partenza della corvetta. I tedeschi rimasti a bordo si gettarono in mare cercando di
raggiungere la terra, mentre i loro commilitoni che stavano aspettando sul molo, mitragliarono i
marinai in fuga sulla “Gabbiano”, ferendone tre. Il comandante Foresi, insieme ad altri marinai
rimasti sulla banchina venne fatto prigioniero. Le altre corvette , la “Pellicano” e la Gru” insieme
al sommergibile “Axum”, partirono immediatamente insieme alla “Gabbiano”, guadagnando il
largo. In seguito, i soldati tedeschi attaccarono la nave “Quarnaro” e la caserma dei marinai,
dove rubarono grandi quantità di armi perché il personale era nei ricoveri antiaerei. Alcune
centinaia di militari italiani, insieme ai marinai della “Quarnaro”, reagirono riuscendo a
riconquistare la caserma, dopo una cruenta battaglia con perdite da ambo le parti.
Il mattino seguente la “Quarnaro”, agli ordini del capitano di corvetta Aniello Guida, (il capitano
di vascello Pietro Milella era in missione a Roma) non essendo partita insieme alle altre
imbarcazioni (disponeva ancora di motori a vapore che dovevano riscaldarsi 18 ore prima di
partire) fu costretta a rispondere ai colpi di artiglieria sferrati dai tedeschi, irritati per essersi fatti
sfuggire tutto il naviglio italiano. Alle 11 due ufficiali tedeschi chiesero al comando di presidio di
arrendersi, minacciando di bombardare l’intero centro abitato. Il comandante del presidio Nicolò
Rattazzi, rifiutò di rispondere perché la decisione spettava al colonnello Musci, comandante del
4°
reggimento costiero. Nel frattempo sia Formia che l’intera pianura pontina erano
state occupate dai tedeschi, determinati ad assoggettare definitivamente anche la cittadina di
Gaeta (era pronta per essere utilizzata anche una colonna motocorazzata). A questo punto,
Musci, constatato l’assoluto isolamento dei soldati italiani e la conseguente impossibilità di
ricevere rinforzi dai territori circostanti, decise di
arrendersi ai tedeschi. Il colonnello ordinò l’affissione di un proclama con il quale
divulgò la notizia: “Proclama alla popolazione. Cittadini, stamane
la città di Gaeta è stata occupata da truppe tedesche. Ho avuto assicurazione
che la popolazione sarà rispettata. Il coprifuoco avrà vigore dalle ore 19 alle ore 5. Raccomando
la massima calma, in questa tragica ora, per non aggravare le sorti della nostra adorata Patria.”
Purtroppo, i militari tedeschi non rispettarono minimamente i gaetani, acuendo l’immane
tragedia della popolazione. I soldati germanici occuparono rapidamente i punti nevralgici della
città, ultimando le operazioni di disarmo dei soldati italiani alle ore 20 del 9 settembre. I tedeschi
non riuscirono ad impossessarsi di tutti gli armamenti perché molte munizioni furono nascoste,
ma la beffa più grande fu, indubbiamente, la fuga delle corvette “Gabbiano”, “Pellicano”, Gru” e
del sommergibile “Axum”. Inoltre, la mattina del 9 i tedeschi si lasciarono scappare anche la II
flottiglia MAS, la I flottiglia motosiluranti e altre sette motosiluranti che, ignorando la caduta di
Gaeta, erano giunte da Capri per unirsi alle altre
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imbarcazioni.
I nazi-fascisti provarono almeno a recuperare la “Quarnaro”, ma non vi riuscirono. Il 13
settembre per punire il mancato rispetto degli accordi di resa del porto , la minarono e la
incendiarono, facendo rimanere per molto tempo il relitto abbattuto su un fianco.
Gabriele Novelli
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