Riceviamo, e con piacere pubblichiamo, un articolo del Prof. Giorgio Giorgetti che tratta una questione della massima attualità. Primavera è tempo di vaccinazione. Sempre di più ci domandate cosa siano i vaccini, come funzionano, come rispondono alla vaccinazione i pesci. Con queste note Vi proponiamo un salto di qualità nelle conoscenze in piscicoltura, un aiuto al singolo allevatore perché possa gestirsi il programma vaccinale sulla base delle proprie conoscenze e delle proprie necessità. Sapere come rispondono i pesci ai vaccini e come vengono fatti, aiuterà il produttore ad usare meglio ed a ragion veduta questo importantissimo sistema profilattico, in linea con i più avveduti criteri di ecocompatibilità e benessere animale. IL SISTEMA IMMUNITARIO DEI PESCI L’acquacoltura in questi ultimi decenni ha subito un rapido sviluppo e trasformazione, dovuti in particolar modo alle possibilità offerte da nuove tecnologie, da più approfondite conoscenze delle condizioni ambientali, da nuove formulazioni mangimistiche, ecc. Progressi significativi si sono avuti in particolare per quanto riguarda la conoscenza della biologia di molte specie allevabili, la fisiologia, le correlazioni esistenti tra pesce ed ambiente, la patologia, la capacità di difesa naturale od acquisita, ecc. Sotto quest’ultimo aspetto notevoli sono stati i progressi dovuti all’applicazione pratica dei sistemi di immunità attiva (vaccinazioni) contro le principali malattie che condizionano l’allevamento ittico. Diversi sono oramai i ricercatori che si dedicano a questo specifico settore, come pure numerosi sono i convegni specializzati che si tengono periodicamente. L’immunologia ittica, nell’ambito delle ricerche applicate in acquacoltura, si stà sempre più sviluppando, chiarendo aspetti lasciati “aperti” in questi anni, agevolata da tecniche e metodi utilizzati da ricerche analoghe effettuate in altre specie animali e nell’uomo. DIFESE ASPECIFICHE I meccanismi di difesa aspecifica comprendono molti fattori capaci di prevenire le infezioni o di rispondere in modo tale da controllarne la diffusione e limitare le lesioni tissutali. Agiscono in modo generale e aspecifico, in quanto non legati all’agente eziologico e non dotati di un meccanismo di “memoria”. Sono localizzati in varie zone e presentano caratteristiche peculiari. La prima barriera di difesa è data dalla cute e dalle mucose, rinforzate dalla secrezione di muco. Le cellule caliciformi del tessuto cutaneo, delle branchie, della mucosa del tratto gastrointestinale producono, infatti, continuamente muco che può aumentare in caso di irritazione ed infezione. Diversi sono i componenti del muco, ricordiamo: il lisozima (che agisce sui mucopolisaccaridi solitamente presenti sulle pareti batteriche), una batteriolisina (non mediata ne da lisozima ne da anticorpi), enzimi proteolitici, la properdina, una proteina C-reattiva, il complemento (che può essere attivato dal lisozima, da enzimi proteolitici, dalla properdina, dalla proteina C-reattiva, ecc. e non solo dal complesso antigene-anticorpo), ecc. La stessa integrità cutanea rappresenta un ostacolo alla penetrazione dei patogeni; in mancanza di questa, i batteri penetrano nell’organismo grazie ai liquidi tissutali, che sono ottimi terreni di coltura. L’epidermide del pesce inoltre può rispondere alle irritazioni mediante iperplasie cutanee. Il tratto gastroenterico, oltre a difendersi attraverso la produzione di muco, si oppone creando un ambiente avverso ai patogeni attraverso l’acidità, associata alla secrezione di enzimi digestivi. Nel caso che i patogeni penetrino nell’organismo, a livello tissutale, con la risposta infiammatoria si attiva una ulteriore linea di difesa. La risposta infiammatoria dei pesci, sotto molti aspetti, è simile a quella di altri animali; si attua principalmente con: aumento della permeabilità capillare, afflusso di cellule ematiche, liberazione di mediatori chimici e di fattori sierologici, fagocitosi, cicatrizzazione progressiva (proliferazione di fibroblasti). La fagocitosi sembra essere uno dei meccanismi essenziali di difesa antimicrobica e si esplica attraverso l’azione dei macrofagi, alcuni dei quali presentano pigmenti melanici. Sono diffusi in molti tessuti, inclusi branchie e peritoneo, ma sono principalmente presenti come cellule reticoloendoteliali nel rene, nella milza, nell’atrio cardiaco (almeno nelle specie ittiche). Sono influenzati dalle linfochine, pur dimostrando un ruolo più restrittivo rispetto a quello svolto nei mammiferi. Oltre al lisozima e al complemento, il siero dei pesci contiene altri fattori umorali. Il complemento, che è specie specifico, se attivato svolge diverse azioni: chemiotassi di leucociti, immunoaderenza, aumento di fagocitosi e lisi intracellulare, ipersensibilità, neutralizzazione virale, inattivazione delle endotossine, ecc. DIFESE SPECIFICHE Si instaurano in modo “mirato” verso il patogeno. Quale risultato dell’attività umorale e cellulare, sono presenti negli anticorpi, che possono essere rinvenuti liberi nel siero o nel muco, oppure legati a linfociti, macrofagi e polimorfonucleati. La capacità da parte dei pesci di produrre anticorpi è nota da diversi anni ma, come per la risposta infiammatoria, esistono aspetti ancora non completamente chiariti. Le uniche immunoglobuline definite appartengono ad una classe che corrisponde, sulla base del peso molecolare delle catene pesanti e leggere (P.m. 700.000), alle IgM dei mammiferi. La natura degli anticorpi è diversificata: agglutinine, precipitine, anticorpi fissanti il complemento, antitossine, ecc. La risposta immunitaria sembra dipendere dalla temperatura, non solo per quanto riguarda la comparsa o meno di anticorpi, ma anche per l’intensità della risposta stessa. VACCINAZIONE NELLE SPECIE ITTICHE I primi successi nella vaccinazione del pesce risalgono a circa 40 anni fa, quando vennero ottenuti i primi positivi risultati nella vaccinazione della trota fario (Salmo trutta fario) contro l’Aeromonas salmonicida (Foruncolosi). La ricerca sull’immunizzazione delle specie ittiche subì comunque un arresto, o perlomeno un forte rallentamento, a causa della mancanza di ricercatori nel settore, ma particolarmente per la contemporanea comparsa di numerosi prodotti terapeutici (chemioantibiotici), che parvero costituire la soluzione dei principali problemi sanitari in acquacoltura. Soltanto recentemente si è riacceso l’interesse per lo studio della vaccinazione per molteplici ragioni: a) non esistono trattamenti terapeutici efficaci contro le malattie virali; b) i risultati ottenuti con l’uso di chemioantibiotici e disinfettanti contro le malattie batteriche sono per lo più temporanei, cosicché i trattamenti devono essere ripetuti più volte, non assicurando, comunque, la completa eradicazione della malattia; inoltre stanno assumendo un ruolo sempre più preoccupante fenomeni di resistenza ai chemioantibiotici da parte di specie batteriche; c) i trattamenti contro le malattie parassitarie sono di dubbia efficacia e non garantiscono lunga protezione; d) l’uso dei chemioantibiotici costituisce un problema connesso alla salute pubblica, tra cui non ultimo la presenza di residui di farmaci nelle carni, per cui è necessario sospendere i trattamenti per tempi più o meno lunghi prima del consumo. A queste ragioni, eminentemente sanitarie, vanno aggiunte le gravi conseguenze economiche derivanti da uno stato sanitario precario. Si pensi, ad esempio, all’aumento dei costi di produzione per l’acquisto dei mangimi medicati e dei prodotti terapeutici, al calo di produzione conseguente alle perdite di animali ed al minor incremento di peso di questi ultimi, quando stressati da eventi patologici. Si pensi infine alla difficoltà, per l’allevatore, di stendere programmi produttivi a causa della non prevedibilità che spesso caratterizza la comparsa di problemi sanitari. La vaccinazione si colloca quindi nel ciclo produttivo come un costo quantificabile a priori e capace di fornire all’allevatore migliori condizioni operative. I vaccini commerciali attualmente disponibili (reperibili sul mercato internazionale) riguardano solamente alcune malattie batteriche, quali Vibriosi, Bocca Rossa e Foruncolosi. Diversi vaccini sperimentali sono tuttora in fase di studio: malattie virali: Setticemia Emorragica Virale, Necrosi Pancreatica Infettiva, Necrosi Ematopoietica Infettiva, Viremia Primaverile della carpa, Malattia Virale del pesce gatto, ecc.; malattie batteriche: Eritrodermatite della carpa, Setticemia enterica del pesce gatto, Malattia batterica renale dei salmonidi, Edwardsiellosi del pesce gatto e dell’anguilla, Pasteurellosi e Pseudotubercolosi della seriola, ecc.; malattie parassitarie: Ictioftiriasi, Saprolegnosi. I vaccini sono costituiti da un “concentrato” di antigeni inattivati e sono formulati in modo tale da essere compatibili con il metodo di somministrazione prescelto. L’antigene, come è noto, non è altro che una frazione, più o meno cospicua, del virus, del batterio o del protozoo responsabile dell’insorgenza della malattia. Esso può far parte della struttura esterna dell’unità patogena (es. per i protozoi le proteine ciliari) o del suo interno (es. cataboliti, endotossine). In ogni caso l’antigene è in grado di stimolare il sistema immunitario in modo tale che, ad una successiva comparsa del patogeno vivo e virulento, il medesimo possa essere riconosciuto e reso inoffensivo dal sistema immunitario. Tra i mezzi fisici di inattivazione si ricordano il calore, l’ultrasonicazione; tra i mezzi chimici i più comunemente usati sono la formaldeide, il cristalvioletto, il cloroformio. Al fine di ottenere elevate quantità di antigene è necessario disporre di adeguati metodi produttivi e di condizioni ambientali controllate (terreni colturali artificiali, temperatura, pH, ecc.). In casi particolari, ad esempio per la produzione di vaccini contro parassiti obbligati, gli antigeni vengono ottenuti attraverso la coltivazione di forme parassitarie biochimicamente affini, in grado comunque di crescere su terreni artificiali. La fase finale della produzione di un vaccino consiste nella verifica dell’inattivazione, nell’aggiunta di eventuali sostanze adiuvanti e conservanti e nella verifica dell’efficacia. I vaccini possono essere somministrati per penetrazione forzata o per assorbimento naturale. I principali metodi, riassunti in tabella 1, sono i seguenti: 1) per iniezione: il vaccino è iniettato per via intramuscolare, intracelomatica o intracardiaca, a seconda del tipo di vaccino, della specie ittica e della taglia degli animali da vaccinare. Gli svantaggi di questa tecnica sono molteplici ed in particolare la manipolazione degli animali, che va fatta previa anestetizzazione, la ridotta capacità operativa, l’alta incidenza di mano d’opera. Questa tecnica è frequentemente usata nei riproduttori di elevato valore economico, che di solito si trovano in quantitativo limitato in un numero ridotto di impianti. Inoltre non è praticabile su soggetti di piccola taglia. E’ spesso usata nella ricerca scientifica in quanto assicura una maggiore penetrazione di vaccino nel pesce, rendendo così possibile lo studio dell’efficacia del vaccino disgiuntamente dalla tecnica di somministrazione. 2) per nebulizzazione (spray): consiste nella spruzzatura della soluzione vaccinale micronizzata sul corpo del pesce momentaneamente estratto dall’acqua per 2-5 secondi. Gli animali vengono posti, a tale scopo, su un nastro trasportatore traslante al di sotto dell’elemento nebulizzatore. Questo metodo richiede attrezzature complesse e costose, ma assicura per alcune specie (trota iridea) un buon assorbimento ed una resa quantitativa ottimale del vaccino. 3) per via orale: il vaccino, mescolato all’alimento, viene assorbito dall’apparato digerente del pesce. La tecnica è molto semplice, ma molto spesso di scarsa efficacia, a causa del processo di denaturazione subito dalle proteine antigeniche ad opera del pH acido dello stomaco. E’ spesso usata come tecnica complementare ad altre. 4) per immersione: il metodo si basa sulla naturale capacità del pesce di assorbire acqua, mediante le aperture cutanee e branchiali, dall’ambiente circostante. Talvolta la vaccinazione per immersione può essere preceduta da una immersione disidratante in soluzione iperosmotica, al fine di ottenere un assorbimento più intenso della soluzione vaccinale. Quest’ultima variante determina comunque un intenso stress, particolarmente su animali giovani, e ciò rende preferibile il semplice bagno normo-osmotico. Questa tecnica è molto semplice e rapida, non richiede particolari attrezzature; può essere praticata diluendo il vaccino 1:10, immergendo il pesce (rapporto soluzione/pesce 2:1) per 30-120 secondi. I livelli di immunizzazione ottenibili sono molto interessanti. Non è impiegabile nelle specie ittiche abbondantemente coperte di muco (anguilla, pesce gatto). Si possono effettuare vaccinazioni per bagno prolungato (≥ 1 ora) con maggiore diluizione della soluzione vaccinale (1:500/1:5000). Tabella n. 1 Metodi di somministrazione dei vaccini nei pesci (Hill, 1984) Metodo Immersione Bagno Nebulizzazione Iniezione Orale Diluizione 1:3/1:10/1:100 1:500/1:5000 1:3/1:10/1:100 non diluito (*) Tempo di Esposizione 5-120 secondi ≥ 1 ora 2-5 secondi nell’alimentazione (*) dalla letteratura non è possibile ricavare dati uniformi. I parametri che maggiormente influenzano la risposta immunitaria conseguente alla vaccinazione sono i seguenti: a) età del pesce: la risposta immunitaria è più intensa e duratura quanto maggiore è l’età del pesce. Nel caso dei Salmonidi la risposta immunitaria permane per circa 120 giorni in animali di 1 grammo, per circa 180 giorni in animali di 2 grammi, mentre per gli avannotti di 4 grammi o più permane almeno un anno. b) tecnica di somministrazione del vaccino: tra le diverse descritte il bagno normo-osmotico sembra essere quella consigliabile se si vogliono vaccinare molti pesci di piccola taglia; per i riproduttori può essere più conveniente vaccinare per iniezione. c) tempo di contatto tra pesce e soluzione vaccinale: nella vaccinazione contro la Vibriosi dei Salmonidi è stato dimostrato che immersioni di durata inferiore ai cinque secondi non garantiscono l’instaurarsi di un livello immunitario sufficiente, si consiglia pertanto tempi superiori (30 secondi o più). d) concentrazione degli antigeni nella soluzione vaccinale: pare essere ottimale attorno a 107 cellule/ml nella vaccinazione per immersione contro la Vibriosi e contro la Bocca Rossa, 104 virus/ml nella vaccinazione contro la Setticemia Emorragica Virale (S.E.V.) - prove sperimentali. e) temperatura dell’acqua al momento della vaccinazione: pare che solo la fase induttiva della risposta immunitaria primaria sia dipendente dalla temperatura e non il rilascio degli anticorpi. In generale maggiore è la temperatura e più rapido ed elevato è il titolo anticorpale ematico che si ottiene. f) fattori fisiologici, sanitari ed ambientali: il pesce deve essere in buone condizioni di salute al momento della vaccinazione; se questo non si verifica (stati fisiologici di stress, malattie in atto, ecc.) la reazione al vaccino sarà meno intensa. Prof. Giorgio Giorgetti