preferire, nell'amministrazione dello Stato, i forestieri ed i connazionali della Dinastia ai regnicoli. F u il fragore delle armi che chiamò fuori, ad un tratto, dal suo silenzio la persona del Ruffo. Siamo nel 1268 : fra le cure del riordinamento interno del Regno ed i negoziati volti ad ingrandire ed a rinforzare il tronco della sua stirpe con l'innestargli — per servirci dell'immaginosa frase di Saba Malaspina — le più illustri e potenti case regnanti d'Europa, Carlo I credette giunta anche l'ora di estendere i suoi domini, soprattutto sull'altra sponda dell'Adriatico. Sull'Albania, sul ducato d'Atene, sulle contee di Corfù e di Zante egli vantava diritti acquisiti per tante vie ; ma le sue ambizioni si fondavano allora sul trattato di Viterbo del 1267, per cui s'era assunto l'obbligo di restituire al debole e mendico Baldovino di Courtenay, in cambio dei suoi diritti sull'Acaja, il trono imperiale di Costantinopoli, che, com'è noto, era stato usurpato dal Paleologo . A questo fine era stato diposto che i feudatari del Regno convenissero a capo dei loro armati nel porto di Brindisi, ove si veniva allestendo una flotta imponente. Fra quelle milizie in pieno assetto di guerra, mancava Pietro Ruffo. Essendosi ammalato nel corso del gennaio del 1268, s'era visto nell'impossibilità di pigliar parte alla spedizione, onde aveva chiesto al re di dispensarlo e di sostituirlo con persona di suo gradimento. Ed il re, considerando « quod eius presentia est... in Regno utile et eciam oportune » > non solo aveva aderito al desiderio espressogli da Pietro, ma aveva ingiunto al giustiziere di Val di Orati e Terra Giordana di non molestarlo, s'egli non aveva inviato alla mo1 2 1 SABA MALASPINA, I V , 2 0 ; V, 5. 2 F . CERONE, La sovranità napoletana sulla Morea, pag. 15-17, 22-23; G. M. MONTI, Il Mezzogiorno d'Italia nel Medio Evo (Bari, 1931), pag. 87 ; W. MILLER, The Latins in the Levant (London, 1908), pag. 110-112.