La popolazione Perché partire dalla popolazione? La crescita economica deriva dall’energia. E per molti secoli l’uomo è rimasto la macchina principale in grado di trasformare il cibo in lavoro. Data l’importanza, nelle economie del passato, dell’uomo come fattore di produzione, è necessario dunque iniziare a conoscere questi uomini: quanti erano, dove erano concentrati, quali erano i meccanismi che ne regolavano i ritmi di nascita e morte. Le fonti • dati quantitativi parziali: si tratta di dati che si riferiscono solamente a determinati gruppi di persone. • inventari: ad esempio quelli delle proprietà fondiarie nel Medioevo, dove veniva descritta la proprietà fondiaria di un ente religioso insieme alla popolazione che vi abitava. • fonti fiscali: sono le fonti più usate prima dei censimenti. Estimi, catasti, testatico (imposizioni sulle teste) o sulle case. Le fonti • fonti ecclesiastiche: liste tenute dai parroci o dai vescovi sulla popolazione di una parrocchia o di una diocesi. Sono i cosiddetti “stati delle anime”. • censimenti: i primi censimenti risalgono al XIV secolo, ma spesso sono limitati a piccole regioni. In Spagna e in Italia i primi censimenti sono della fine del Cinquecento, in Francia e Inghilterra della metà del Seicento. Due grandi momenti di discontinuità nella storia della popolazione: •rivoluzione agraria del neolitico: ha inizio più o meno nell’8.000 a.C., quando gli uomini iniziarono a lavorare la terra in modo continuativo dando così avvio all’agricoltura, che a sua volta determinò un forte aumento della popolazione; •rivoluzione industriale: a partire dalla fine del XVIII secolo. Tra queste due grandi fasi di discontinuità la popolazione mondiale è andata sempre sostanzialmente aumentando, ma con tassi di crescita più modesti rispetto agli incrementi corrispondenti alle due “rivoluzioni”. Dal X secolo e fino ai giorni nostri, per l’Europa il periodo può essere diviso in tre grandi fasi di 300‐400 anni ciascuna: •Dal X all’inizio del XIV secolo: l’aumento fu di circa il 3 per mille all’anno; si passò dai 30 ai 70 milioni di abitanti; •Dal XIV alla metà del XVII secolo: tra cadute e risalite, nel complesso la popolazione aumentò dello 0,8 per mille all’anno; si passò dai 70 ai 90 milioni. Dopo la forte caduta a metà del Trecento, a causa della terribile epidemia di peste, ci fu una ripresa dalla metà del Quattrocento fino all’inizio del Seicento, seguita da un periodo di stagnazione; •Dalla seconda metà del XVII secolo fino al XX: l’aumento annuo fu del 5,6 per mille; la crescita fu pronunciata soprattutto nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento; si passò da meno di 100 milioni a 500 milioni. • Dopo la caduta del primo Medioevo, lungo movimento espansivo iniziato nel X secolo e in corso ancora oggi, con una forte interruzione, tuttavia, alla metà del Trecento e un rallentamento durante il Seicento. • Spostamento degli equilibri da sud a nord. Nell’antichità le popolazioni più numerose si trovavano nel Mediterraneo. A partire dal Medioevo, e poi soprattutto nell’età moderna, l’area mediterranea perse peso in termini relativi a vantaggio dell’area centro‐settentrionale. • Nel tardo Medioevo, la popolazione europea era circa il 20‐30% di quella totale, e così fino al 1800; nel corso del XIX secolo tale proporzione raggiunse il 25% nel 1900 e poi è diminuita di nuovo. • Densità più alte lungo un asse ideale che tagliava il continente, dalla Toscana fino all’Inghilterra meridionale passando per la Lombardia, la Francia centro‐settentrionale e i Paesi Bassi • Toscana, 40 abitanti per kmq • area veneta, 38 abitanti per kmq • Milano, 34 abitanti per kmq • Parigi, 33 abitanti per kmq • Londra, 28 abitanti per kmq • Nel Cinque‐Seicento la densità media in Europa si aggirava intorno ai 10 abitanti per kmq; in Cina, nello stesso periodo, raggiungeva i 30‐40 abitanti • Tassi di urbanizzazione (percentuale degli abitanti urbani sul totale) intorno al 15‐20% circa. Solamente nel 1900 in Europa i tassi di urbanizzazione raggiunsero il 28%. • Peso della peste di metà Trecento sui tassi di urbanizzazione. • L’Italia, area urbanizzata per eccellenza fino al Cinquecento, nel corso del Seicento perde il suo primato; nello stesso periodo si assiste a un’espansione delle grandi città, soprattutto delle città capitali. • Nel 1500 c’erano solo quattro città (Parigi, Napoli, Milano, Venezia) che superavano i 100.000 abitanti; nel 1700 erano otto tra i 100.000 e i 200.000 abitanti (Roma, Venezia, Milano, Madrid, Lisbona, Vienna, Mosca, Palermo), due tra i 200.000 e i 400.000 (Napoli e Amsterdam) due oltre i 400.000 (Londra e Parigi) La transizione demografica • Nell’Europa pre‐industriale, all’alta natalità faceva riscontro un’alta mortalità soprattutto infantile. • Dalla metà del 1700 e poi nel 1800, con la rivoluzione industriale, inizia a calare la mortalità per il progresso medico e dell’igiene, e rimane alta la natalità con un forte incremento di popolazione. • Dopo la seconda metà del Novecento, decresce anche la natalità e quindi la popolazione rimane abbastanza stabile. Termina così la transizione demografica.