La frutta nell’ arte Pagina Caravaggio (1571-1610) è anche famoso per il “Canestro di frutta”. Caravaggio rende con grande veridicità e virtuosismo pittorico gli oggetti rappresentati e le sue creazioni sono scevre da retorica e molto vicine alla realtà quotidiana, ritratta nella sua imperfezione, come si vedrà per la frutta. I contrasti tra luce ed ombra rendono la drammaticità delle composizioni da lui effigiate nella fase della maturità: egli arrivò ad un uso della materia cromatica eccezionalmente corposo. Vi sono molti aspetti realistici: fogli di vite accartocciata perché non fresca, le foglie della pesca forate ,(addirittura è presente un foro nella mela). Predominano i colori caldi che caratterizzano i frutti. La frutta è il simbolo della vita e diviene la protagonista della scena. Si può scorgere un significato recondito: la fugacità della bellezza che tende a svanire e la precarietà della vita umana. La luce evidenzia il contrasto tra i chicchi di uva matura e quelli verdi. La fonte luminosa pone in risalto il rosso della mela e la mela diviene simbolo della vanità dei beni terreni (vanitas), che sono destinate a dissolversi e decomporsi. Le foglie e la frutta sono destinate a deperire, come la bellezza, lo splendore e l’entusiasmo della giovinezza che, con struggente malinconia, vengono ricordate nella vecchiaia dell’umana esistenza. Tutta la composizione ci ricorda quanto sia breve e fugace il nostro passaggio terreno. Caravaggio dipinse anche un ragazzo che sbuccia la frutta, in un piano a colori vivaci i frutti che spiccano sul bianco del fanciullo intento, con espressione compita e seria, a quest’azione. 28 La frutta attraversa i secoli e diviene immagine fissata per sempre nei quadri dei più grandi e celeberrimi pittori. Arcimboldo ( 1526 / 1593 ) fu un creativo artista del 1500, famoso e imitatissimo per le teste composte. Egli utilizzava foglie, fiori, frutti con fantasia, accuratezza ed armonia. L’uomo e la natura si uniscono dando luogo ad inconsuete immagini. Molte sono le nature morte dei fiamminghi del ‘600 anche minori. Fu genio e sregolatezza, condusse una vita tormentata, contro la morale e i canoni del tempo: già nel canestro di frutta risulta evidente quanto la verità possa essere più forte rappresentando oggetti. In ogni quadro è visibile la percezione che il pittore ha della realtà. E’ qui evidente un naturalismo assoluto. Le cose sono rappresentate con l’anima investigativa propria di uno scienziato, con un’analisi che appare quasi botanica. Vi sono anima ed energia in questi oggetti inanimati e gli oggetti acquistano vigore e spiritualità straordinarie che sono, senza dubbio, fuori dal comune. Sono esposti i dettagli con molto realismo nella loro imperfezione naturale: la foglia è ingiallita, il fico è spaccato, le foglie a steli sono butterate e la luce crea lo spazio entro cui sono posti gli oggetti e le figure umane. Nei secoli, passando a un tema sacro, sono state dipinte molte Madonne con il ciliegio da famosi pittori e da altri artisti meno noti. All’interno della Chiesa “Santa Maria” di Viatosto, un borgo sito a 2.5 km da Asti, si trova una tavola lignea trecentesca raffigurante la Madonna con il Bambino, detta Madonna delle ciliegie. Un’altra Madonna col Bambino detta “Madonna delle ciliegie” è stata dipinta da Stefano di Giovanni detto “Il Sassetta”,(1392-1450). Egli fu il primo pittore senese del Pagina A Firenze il Ghirlandaio (1449-1494) affresca nel convento di Ognissanti, “L’ultima cena”. La narrazione degli eventi ha un ruolo importante. I temi iconografici sono gli alberi di limoni (sullo sfondo) che vengono associati alla figura della Vergine e l’aureola sul capo di Cristo. Colpisce nell’opera la precisione della descrizione dei dettagli. I colori caldi vengono usati con soluzione di continuità senza lasciare spazi vuoti. 29 Rinascimento. Effettuò uno studio della tridimensionalità che muove dalle ricerche dei fratelli Lorenzetti per ricollegarsi alle sperimentazioni prospettiche brunelleschiane. Pagina Nel 1475, il veneto Carlo Crivelli (1430 circa- 1494 circa) dipinge una tempera su tavola conosciuta come Madonna Lochis, dal nome del collezionista che la acquisì nel 1866. Fortemente influenzato dal Mantegna, Crivelli dedica molta attenzione alla simbologia. Il paesaggio retrostante alla Madonna col bambino è, nel lato sinistro del quadro rigoglioso, mentre nella parte destra presenta alberi spogli: la vita che viene donata dopo la morte (per colpa del peccato originale) e in seguito alla morte di Gesù Cristo. La pittura dettagliata, trae ispirazione da quella fiamminga per la ricchezza di particolari, come quelli che si notano in primissimo piano, appoggiati sulla balaustra di marmo. Il garofano rosso, collocato verticalmente, è il fiore di Dio, mentre il cetriolo collocato sotto il braccio di Maria celebra la purezza della madre di Gesù: un elogio alla verginità. Nell’opera dell’artista veneto si intravede una preziosità inedita e cristallina e, nello stesso tempo, un gusto quasi ossessivo e dolente. Ecco dunque i suoi cesti di frutta, palpabili e contemporaneamente estranei alla realtà, ritratti per sempre nella 30 Le immagini allegoriche del giardino fiorito sono densi di significati; sul lato sinistro il Ghirlandaio ritrae il cardellino, icona della Passione, mentre sulla finestra a destra si scorge un pavone, animale che rimanda all’immortalità dell’anima che ambisce alla salvezza della vita eterna, grazie al sacrificio di Cristo. Palme e cipressi dicono del martirio, mentre i melograni sono un richiamo al sangue di Gesù. La tavola imbandita rappresenta l’eleganza che stride con l’allocazione conventuale. Comunque sia, il Ghirlandaio dipinge una tovaglia di lino bianco, ricamata con ippogrifi blu a “punto Assisi”, bottiglie e bicchieri di vetro sottile, e ritrae una natura morta costituita dal pane e il vino (il corpo e il sangue di Cristo, secondo le Scritture), le albicocche (simbolo del peccato), la lattuga (richiamo alla penitenza), le arance (frutto del Paradiso). E, naturalmente, le ciliegie, emblema della Passione. loro dimensione puramente estetica; i personaggi dei polittici, le superbe Maddalene e le Madonne , maestose negli eleganti broccati, nei mantelli di pesante velluto rosso vermiglio, nelle incredibili acconciature elaborate tra fili di perle preziose. Il patrono di Monza, Gerardo Tintore, è il “santo delle ciliegie”, il dono che dovette fare ai custodi del tempio per poter pregare un’intera notte nel Duomo del capoluogo lombardo. Rinascimento nell’arte italiana. Pagina In Botticelli si assiste ad una ferma e sicura padronanza dello spazio che si nota nella disposizione degli angeli attorno a Maria e i personaggi detengono scultoree e variate fisionomie. Il volto di Maria ricorda quello della Venere e sono presenti le rose e i gigli, tipicamente mariani; la melagrana rimanda anche alla Resurrezione. Lo spazio assume un grande rilievo a dispetto del piccolo formato dell’opera, dilatandosi nella cerchia degli angeli attorno a Maria, attraverso la quale si è compiuta la storia salvifica dell’umanità. Nella seconda metà del ‘400 assistiamo all’apice del 31 Botticelli (1445-1510) dipinse la “Madonna della melagrana”. Maria è al centro della scena e attorno a lei si dispongono sei angeli. La melagrana è simbolo di abbondanza, regalità e fecondità; i chicchi rossi sono il presagio del sacrificio di Gesù per tutta l’umanità dolente; i chicchi uniti nel guscio rimandano all’unità della Chiesa. 32 Pagina Vi è un ritorno al classico antico da cui si trae ispirazione sia dal punto di vista formale che razionale. Le corti signorili facilitano la ricerca e permettono la diffusione delle conoscenze artistiche. L’urbinate Federico Barocci (1528-1612) ci dona l’immagine de “Il riposo durante la fuga in Egitto”, conosciuto come la Madonna delle ciliegie. Egli interpreta la semplicità e la quotidianità delle scene sacre in modo naturalistico, creando un legame affettivo fra lo spettatore e la composizione, che gli permette di sperimentare l’estasi del trasporto devozionale. I perlacei colori primari impreziosiscono i gesti quotidiani. Dal dipinto traspare serenità, armonia, incanto nel bambino, che appaiono in contrasto con la Passione di Gesù e la sofferenza della croce. Non è la palma a nutrire lungo il percorso Giuseppe, Maria e Gesù, ma una pianta di ciliegio: simbolo eucaristico al pari del pane che si intravede dalla bisaccia collocata a terra vicino ai piedi della Madonna. Il paesaggio luminoso e di colore vivido che si apre alle spalle allude, come riconosce Ambra Grieco, “all’intera umanità per la quale il futuro sacrificio di Gesù sembra essersi consumato”. Tiziano Vecellio (1480 circa-1576) ha dipinto la “Madonna con le ciliegie”. Nel quadro una tenda rossa fa da sfondo dietro la Madonna, il Bambino e i santi. Gesù offre le ciliegie alla madre, riferimento al peccato originale e al colore rosso del sangue della passione. I personaggi sono animati da un senso di movimento, la cromia è accesa e corposa. La Madre è assorta e il Bambino si appoggia a lei con grande naturalezza intrisa di tenerezza. 33 Pagina Tiziano sviluppa una pittura con valenze opposte: solidità/evanescenza e pesantezza/lievità. L’equilibrio coloristico è perfetto, con l’impiego di preziose sfumature, effetti di luce ed ombre e gradevoli contrasti. Tiziano crea un effetto di grande realismo oltre che di centralità del gruppo Madonna-Bambino. Tiziano e Raffaello hanno guidato i più grandi pittori per tutti i secoli successivi fino al secolo decimo nono. Tiziano sa rendere i temi mitologici e religiosi in composizioni in cui, accanto ad elementi di riflessione moraleggiante, vi è un dinamismo vitale e un colorismo scintillante. L’esaltazione della vita e l’ottimismo prevale nelle opere giovanili. Annibale Carracci (1560-1609) dipinge la Sacra Famiglia. L'iconografia del dipinto deriva da una tradizione nel Cinquecento e riscontrabile già in Mantegna; il rosso delle ciliegie ha un chiaro significato di prefigurazione della passione di Cristo. Su questo tema nel Cinquecento sono state poi create molte repliche, anche in collezioni private. Il pittore recupera nelle sue tele la lezione classicista del Rinascimento italiano e la proietta nell’arte del Seicento; i quadri ricevono nuovi effetti spettacolari. Egli descrive le figure umane e lo spazio naturale con grande armonia, avendo una concezione eroica ed aulica della natura. Anche in questo quadro il viso di Maria è pensieroso, pervaso da una tristezza e angoscia infinite per il futuro del Bambino che si sacrificherà per donare la salvezza a tutta l’umanità. Giovanni da Udine dipingendo i festoni con frutta e verdura si rifà nel 1518-1519 agli alimenti naturali dell’antichità e inserisce le figure in festoni vegetali che ricordano un pergolato che si staglia sotto un cielo di un azzurro intenso. Nei festoni sono effigiate quasi duecento specie botaniche differenti. Ha descritto ogni elemento in modo accurato sia dal punto di vista cromatico che morfologico. I frutti in questo periodo erano appannaggio degli strati più abbienti della popolazione Pagina 34 perché crescevano sugli alberi e quindi più in alto e vicini a Dio. Tedesco di Olomuc, ma olandese per stile pittorico, Georg Flegel (1566-1638), dipingendo tre anni prima di morire la Natura morta con ciliegie, denota un virtuosismo pittorico vicino all’arte orafa, per la precisione e la dovizia di particolari. Il pane, il vino, le ciliegie non sono più soltanto oggetti reali, ma sono pervasi di significati allegorici, così come il formaggio (simbolo di durata) e la libellula (della fugacità, ma anche della luce divina creatrice) spostano l’asse su una dimensione atemporale che si spinge oltre il reale. Nel quadro “La venditrice di frutta”, Vincenzo Campi (15361591) si pone in contrasto coi modelli fiamminghi e raffigura la frutta (ciliegie comprese) accuratamente impilata a piramide in canestri o su piatti. Una classificazione che è frutto della scienza botanica e che si distingue dal Capriccio del milanese Arcimboldo, dove i frutti costituiscono l’ennesimo “memento mori”. La ciliegia è anche un bene di lusso, un prodotto costoso, soprattutto a certe latitudini. E di ciliegie, e altri frutti, sono piene le tavole imbandite nelle nature morte Seicentesche: siamo in epoca Barocca, periodo che eleva l’opulenza a sfarzo e a “modus vivendi”, soprattutto per l’alta borghesia e la nobiltà. Anche Van Gogh, Manet, Degas, Monet e Gauguin verranno folgorati dal ciliegio e dai fiori del lontano Oriente. Al punto che nessuno di loro resterà insensibile di fronte a quelle bellezze, dando vita al nuovo stile chiamato Giapponismo. La Madonna è rappresentata anche con altri frutti. Ad esempio Pierre Mignard (1612-1695), ritrae la “Vergine con l’uva”; questo pittore fu un celebre ritrattista alla corte di Luigi XIV. L’uva, con le mele e il melograno, l’uccello ed i gigli sono l’emblema della Vergine, il simbolo del sangue del Redentore ma significano anche allegria, amicizia e convivialità. La vite, con i suoi grappoli, costituisce un chiaro riferimento ad Israele. Il vero ceppo della vite di Dio è Gesù che proclama “Io sono la vite e voi i tralci”. Nel Nuovo Testamento il vigneto rappresenta il regno dei cieli. Pagina Hans Burgkmair (1473 – 1531) dipinse la “Madonna con l’uva”; la tela venne realizzata dopo molti studi preparatori. La scena è dominata da una sapiente 35 Sempre in ambito di vite, Gian Battista Cima da Conegliano (1460-1518), dipinse la “Madonna della pergola”. Maria è il veicolo di Redenzione, è assorta nel presagio della passione del figlio; il marmo vermiglio e la vita del pergolato costituiscono una chiara allusione al sangue di Cristo versato per noi peccatori. Il destino è scritto nel volume che tiene sulle ginocchia e nei libri di San Girolamo e San Giacomo. La luce filtra attraverso il pergolato e accarezza la figura. Il dipinto pare pervaso da un’aura di sospensione attonita. I santi campeggiano in un’architettura che si apre su alti cieli pieni di luce. Il paesaggio è dolce e sfumato e i personaggi hanno un atteggiamento mite e soave. Il pittore Luca Cambiaso (1527 – 1585) è l’unico esempio di pittura enoica del ‘500 ligure: infatti egli dipinse la “Madonna del vino”. Anche altri pittori si interessarono dell’argomento uva e vite: due anonimi dipinsero una “Madonna con la vigna” e una “Madonna con il bambino e l’uva”, rispettivamente a Gorizia e Genova. struttura architettonica e dietro il muro si scorge un rigoglioso paesaggio. La Vergine porga al Bambino l’uva e tiene sulle ginocchia un libro in cui sarà predetto il destino. Pagina Sempre Lucas Cranach (14721553), dipinge un’altra Vergine: “Madonna con il bambino sotto un melo”; l’albero fa da sfondo al ritratto della Vergine assorta e Gesù tiene in mano un pomo; la sua arte, dopo il 1520, si orientò verso uno stile simile al manierismo: le forme si allungano, divengono più sottili, i personaggi acquistano importanza in rapporto al 36 Lucas Cranach (1472-1553) dipinge la “Madonna con l’uva e il bambino”; i tratti della Vergine sono molti simili all’altra Madonna con il melo, di cui parliamo sotto; i vestiti sono meno lussuosi ed imponenti; il telo, posto alle spalle delle due figure, è sorretto da due soavi angioletti pare proteggere la Vergine e suo figlio dal futuro. Il paesaggio è sfumato e si intravede una roccia. paesaggio diventato quasi una semplice decorazione e le loro differenti pose divengono più elaborate, con molta cura per l'abbigliamento raffinato; i drappeggi in quest’opera sono numerosi ed eleganti. Pagina Il genere natura morta nasce nel ‘ 500, con la pittura di genere che raffigura scene di vita quotidiana. “Natura morta” è un termine che ha origine nella seconda metà del 1700 per identificare gli oggetti inanimati. Spesso i frutti vengono mostrati all’interno; si percepisce una vitalità immobile. In Italia, tra il 1591 ed il 1594, Ambrogio Figino (1552-1608) dipinge un piccolo quadro con le pesche, intitolato “Piatto metallico con pesche e foglia d’uva”, i pomi disposti sul piatto sono impreziositi dai pampini verdi di varia grandezza, I colori autunnali rimandano al concetto di vanitas, cioè all’inevitabile caducità delle cose naturali e della bellezza destinata precocemente a sfiorire e a svanire. La luce sbianca una parte del bordo del piatto e infonde forma e rotondità ai prelibati e dolci frutti. L’autore indugia con atteggiamento manieristico su alcuni aspetti della natura morta e si addentra con precisione a rappresentare alcuni particolari resi in modo molto minuzioso, limpido e cristallino. L’opera potrebbe essere stata vista dal giovane Caravaggio, in quegli anni ancora attivo a Milano. 37 Gian Battista Cima da Conegliano (1460-1518) dipinse nel 1496 – 98 la “Madonna dell’arancio”. Il protagonista è il paesaggio reso più vivido dalla luce nitida. La Madonna ha in grembo il Bambino; è caratterizzata da connotazioni umane e siede su un blocco roccioso sotto un arancio. Vicino a lei sono posti San Gerolamo e San Ludovico di Tolosa; quest’ultimo ha un ricco mantello intarsiato dai gigli di Francia. Lo spettatore può dialogare con i personaggi. L’albero di arancio è simbolo di castità e i suoi fiori bianchi alludono alla purezza della Madonna il cui manto riprende i colori del frutto. Il dente del leone allude alla passione di Cristo; la quercia simboleggia la “fortitudo” e l’edera è l’emblema della croce di Cristo e della vita eterna, perché sempreverde. 38 Pagina Tra i pittori del periodo spicca una donna, la milanese Fede Galizia e lo storico dell’arte Flavio Caroli così si esprime: “rappresenta il suo mondo interiore attraverso una meditazione formale rigorosissima, con virtuosismi nell’uso della luce. I frutti sono semplici e sobri, la fugacità del tempo si intravede nel piccolo fiore che sta appassendo e in una mela aperta che si ossida”. Le nature morte olandesi del Seicento mostrano un motivo frequente e ricorrente. Una tavola opportunamente decorata è carica di fiori, bicchieri di Murano, porcellana, conchiglie e frutti di mare, più un’abbondanza di frutta. Evaristo Baschenis (1617-1677) dipinge “Piatto di mele su stipo”; in primo piano vi è una mela vicino a un bocciolo di rosa; sia le mele disposte in secondo piano che questa sono in parte bacate. Il rosso acceso è in contrasto con lo sfondo scuro e il quadro tende a un vivace realismo nella rappresentazione della frutta. Le mele non perfette, alludono alla fugacità della giovinezza, che, come la rosa presto sboccia, ma presto è destinata a fiorire, portandosi via i sogni e le illusioni tipiche di questo periodo dell’esistenza umana. Domenico Gargiulo detto “Micco Spadaro” (1609-1675) ha ritratto “Cesta con fichi, mele, pere e fiori di gelsomino”. Questa cesta contiene dei fichi maturi spaccati e in primo piano appaiono delle mele e delle pere. Il pittore è famoso per aver rappresentato molte scene di vita quotidiana della Napoli a lui coeva. Giusepe Ruoppolo era un pittore di genere e di nature morte specializzato anche in agrumi tipici frutti della costiera amalfitana. In questo dipinto sono raffigurati: limoni, arance e agrumi, i frutti sono rugosi e bitorzoluti e su di essi si concentra la luce che si riflette anche su un secchio di rame pieno d’acqua che contiene un carciofo. I toni predominanti sono il giallo, l’arancio e l’ocra. La pittura è fortemente intrisa di elementi naturalistici evidenti attraverso la resa delle rugose scorze dei frutti. Si vedono altri frutti in altre nature morte del periodo: un limone con la buccia nella “Natura morta con frutta” , in Un dessert, nella “Natura morta”, nella “Natura morta con ostriche, limoni, frutti di mare e frutta con brocca di terracotta azzurra e bianca su una tavola drappeggiata” e in innumerevoli altri. Nel frattempo gli artisti spagnoli dipingevano nature morte in uno stile del tutto proprio. Con la stessa materia dei contemporanei olandesi, invece di enfatizzare l’accumulazione lussuosa, ponevano l’attenzione sulla bellezza delle singole forme di vita, sui contrasti di colore e tessitura. Conferendovi un contenuto intellettuale e talvolta spirituale, invece di crogiolarsi semplicemente nella sensualità gli spagnoli definirono un nuovo genere, noto come bodegones. I bodegones raffiguravano elementi in uno spazio chiuso, caratterizzati da un’atmosfera di serenità. Un bodegòn assemblava frutti, una coppa di vetro o un vaso, un uccello esotico e le pieghe di un tessuto elegante. Pagina Il quadro mostra, da sinistra a destra, alcuni limoni, cedri per la precisione, su un vassoio di metallo, alcune arance in un canestro con un ramo fiorito in cima, una rosa con accanto, su un altro vassoio metallico simile, una fragile tazzina semipiena di acqua. La buccia dei cedri e delle arance chiede di essere toccata tanto è convincente l’illusione. Le radiografie hanno mostrato che il piatto di cedri, originariamente, era stato affiancato da un vassoio di patate dolci candite. Di quest’opera ha scritto Charles Sterling “il pittore accorda l’arabesco della foglia con la curva del limone e fa rispondere il bordo della tazzina a quello del canestro”. Ciò che superficialmente appare come bodegon è in realtà un dipinto religioso. Alcuni autori vi leggono un omaggio simbolico alla Vergine Maria. Una chiave di questa interpretazione è la rosa, che non è in acqua ma è giustapposta con l’acqua della tazzina in porcellana bianca: un fiore è offerto con umiltà presumibilmente ad una signora. Così si può leggere la superficie orizzontale come un altare, sul quale sono state poste varie offerte devozionali. A confermare l’allusione mistica sono vari simboli che associano l’amore e la purezza divina (la rosa e la tazzina piena d’acqua) con la castità (limoni ed arance) e la fecondità (i fiori d’arancio). 39 Uno tra i creatori di bodegones era Zurbaran (1598- 1664) il più grande pittore dell’Andalusia durante il regno di Filippo III, cioè durante il periodo medio del Barocco, che dipinse” Limoni, arance e una rosa”. Pagina Jodocus Van de Hamme (1629-1657) ha ritratto “Vecchio sdraiato vicino verdura e frutta”; l’uomo è circondato da frutta e verdure variopinte, variegate e colorate. Il vecchio, con gli occhi ebbri di vino coglie succosi acini di uva. Si scorgono verdi carciofi con foglie accartocciate, sedani, peperoncini ancora attaccati al ramo, un succoso melograno e dei cotogni. La luce si incentra su una zucca spaccate e anche un’angurie e un fico sono aperti per scatenare 40 Nel lavoro preparatorio infine si possono interpretare le patate dolci come allusioni alla dolcezza divina. Nella collezione civica di palazzo Mazzetti ad Asti, vi sono quattro nature morte di Octavianus Monfort, di cui una con frutta, fiori e gambero di fiume su alzata in rame sbalzato; nelle altre compare anche della verdura. La frutta è dipinta con grande somiglianza al vero e colorismo delineato; sono raffigurate pere giallo sfumato, le mele e le ciliegie di un vivido rosso e le prugne più scure. Dietro al gambero in primo piano spicca un limone tagliato a metà; racchiude la composizione un contenitore di ceramica finemente decorato con tonalità blu/azzurre in contrasto con il colore della frutta. In secondo piano è delineato un delicato fiore rosaceo. Giovanni Stanchi (1608-1673) dipinge “Fichi, susine, prugne e meloni su alzata” oltre a “Uva, meloni e melogran i su alzata”. I due pendant costituiscono il trionfo della natura posta su diversi ripiani. La frutta è la protagonista e trabocca rigogliosamente, i chicchi d’uva sono attraversati dalla luce che conferisce loro un aspetto cristallino. Sono ritratti mele, cotogni e melograni spaccati. In uno dei due quadri vi è anche una piccolo fonte d’acqua che zampilla. Quasi sospeso compare un gruppo di pesche a sinistra con il fogliame e a destra un fico è ormai molto maturo e si appoggia inerte su un ramo. In primo piano appoggiate sul marmo due angurie tagliate e finemente effigiate con la polpa e semi. Anche nell’altra composizione con i fiori prevale il medesimo intento descrittivo. Sull’ultimo piano dell’alzata i fichi spaccati attentano al gusto e all’olfatto dello spettatore; nel secondo piano le susine sono vellutate e si rivolgono al tatto. In basso le deliziose pesche e gli invitanti meloni si rivolgono alla vista. I fiori sono rose, gelsomini e garofani e il tratto è fine, prezioso e elegante. Pagina Egli dipinse “Frutta del midì”. Fu autore di molte nature morte rappresentanti frutta e fiori. I colori della frutta e verdura rappresentate sono in netto contrasto, le ricche variazioni cromatiche sono conferite dal pittore con ricche e sapienti pennellate. Il colore, dato a piccole macchie, si manifesta nel suo valore soggettivo ed emotivo. La spazialità non ha confini e le forme sono dilatate. Renoir rappresenta anche ”Le fragole” (1908). Il pittore fa largo uso della tavoletta dei rossi, graduandone le varie tonalità, ci regala il senso del fluire delle forme e modella i volumi attraverso minute pennellate, restituendo una freschezza ed una fragranze vivide e vitali. Renoir, in giovanile età, fu decoratore di porcellane e si avvicinò a questo genere. Poi negli anni novanta, con il ritorno alla pittura di interni domestici, si accinge a dilettarsi con fiori e frutta e questo olio su tela costituisce un esempio di raffinata esecuzione. Renoir fu per tutta la vita attento ai mutamenti pittorici e di gusto; nel “vaso di fiori con natura morta” ancora 41 sensazioni tattili e olfattive. La natura è rappresentata in un rigoglioso fluire nel momenti della sua massima maturazione. La pennellata è decisa nel ritrarre tutti i frutti e le verdure in un trionfo dei sensi. Sono presenti le verdure che venivano usate in modo capillare nei periodo considerato. Nel 1614 anche un letterato, Giacomo Castelvetro scrive un racconto sulle erbe e i frutti che si mangiano in Italia. “ Composizione all’ aperto di rape, cetrioli e mele” del maestro del secondo pendant attivo in Lombardia e seconda metà del secolo 17º; le mele in primo piano sono di un rosso fiammante, con vibranti colpi di luce. Il fulcro della scena e è la grande zucca e accanto compaiono mucchietti di frutta concentrata sul davanti della composizione pittorica. Renoir (1841-1919) nel 1870 dipinge “Il pero inglese”. Le opere di questo periodo presentano novità veramente importanti. La pittura di Renoir si svincola dal disegno. L'artista si affida principalmente al colore. Un colore molto libero, steso puro a macchie. Il lavoro del pittore è innanzitutto quello di scoprire quell'entità sensoriale definita "colore locale": in pratica, il colore effettivamente prodotto in punto particolare della scena dalla luce e dal gioco delle ombre. Quindi, cercare di tradurla il più fedelmente possibile sulla tela. una volta fa emergere in primo piano queste succose pesche che attraggono il punto di vista di chi le osserva , quasi a farsi mangiare, e, in secondo piano, colloca i fiori che per contrasto si stagliano sullo sfondo; nel 1892 erano molto di moda le pitture floreali accostate alla nature morte, come in questo caso o in altri quadri egli dipinge splendidi bouquet di fiori e lascia sempre intuire allo spettatore il destinatario dell'omaggio floreale, senza fornirgli una risposta. Pagina rappresentare la natura. L’artista si concentrerà sulle variazioni cromatiche prodotte dai fenomeni naturali e atmosferici: il freddo, la nebbia, il gelo. Riproduce queste variazioni mediante pennellate libere e sottili di colore puro, steso a macchie. E sarà proprio l’analisi del colore e degli effetti luministici a impegnarlo maggiormente. Pissarro infatti venne aspramente criticato, nel corso della prima mostra impressionista del 1874, per la sua propensione a raffigurare i comuni ortaggi al posto di una vegetazione più nobile e raffinata. Tuttavia, anche lo stesso Pissarro in una lettera del 1867 al figlio Lucien, si descrisse non tanto come un contadino con il pennello, ma piuttosto come “un borghese squattrinato”, come un uomo non indicato ad un solo ambiente. E dal 1893 abbandonerà i soggetti campestri per dedicarsi a quelli più urbanizzati. Ma l’allegria e la bonomia della campagna resteranno in lui. Sarà il suo carattere conciliante a tenere unito il gruppo degli impressionisti parigini per tanti anni. La natura morta è oggetto delle sperimentazioni formali degli impressionisti. Cézanne (1839 – 1906) dipinse anche “Frutta con vaso di fiori”. La natura morta entra nei quadri di molti pittori fra il ‘600 e l’ ‘800 e ne diviene protagonista con dignità pari agli esseri umani. Si scardina la gerarchia di generi attribuendo valori alla forma. Cézanne ha dipinto anche altri vasi e cestini di frutta. 42 Camille Pissarro (1830-1903) viene spesso legato al mito della campagna. I suoi quadri sembrano inneggiare ai campi, agli orti, alla terra lavorata, ai personaggi che popolano questi luoghi. Dal ‘Frutteto a Louveciennes’ al ‘Giardino a Pontoise’, dall’ ‘Orto e alberi in fiore’ all’ ‘Orto a Eragny’. Pissarro abiterà spesso in dimore campestri e dedicherà molti anni della sua vita a 43 Pagina “Mele e arance” di Cézanne costituisce una delle più famose nature morte in cui domina l’interesse per le forme plastiche nascoste negli oggetti. Cézanne ritiene sia necessario fornire l’immagine di quanto vediamo, dimenticando quanto sia apparso prima di noi. Egli dipinge paesaggi, frutta, fiori; è un grande amante della verità, appassionato ed ingenuo, austero e sensibile, dicevano i critici d’arte del periodo a lui coevo. Rainer Maria Rilke ( 1875 – 1926) afferma che ”le sue nature morte sono meravigliosamente occupate con se stesse” Per Kandinsky (1866 – 1944) ”Cézanne porta la natura morta ad un’altezza in cui le cose esteriormente morte diventano interiormente vive” Nel 1866 dipinge “Nature morte – zucchero pere e tazza blu” Egli lavora in maniera impulsiva sul colore con la spatola, tocchi spessi ed irregolari costruiscono le forme con vigore. Per le pere usa i verdi, i gialli e gli arancioni. Gli oggetti emergono dal fondo grazie alla forza del colore denso e pastoso con una viva attenzione per l’uso sapiente della luce che aveva imparato anche dagli artisti spagnoli del ‘600. In “Vaso caffettiera e frutta” del 1867/69 risulta l’influsso di Manet (1832-1883) per gli stridenti contrasti di neri e di bianchi, ma anche l’influenza di Chardin per le forme semplificate ed espressive. Egli indaga gli oggetti in modo analitico, gli oggetti hanno una purezza espressiva nelle loro forme, posti in risalto dalla forza della luce, ferma e brillante. Traspare un senso di quiete ed assorta contemplazione. I frutti sono adagiati su una tovaglia candida, da cui emergono e si stagliano con la forza dei loro contorni neri. Nel 1890 effigia “Zuccheriera bricco e piatto con frutta”. Cézanne afferma”ai fiori ho rinunciato, appassiscono subito, i frutti sono più fedeli. Ad essi piace che gli si faccia il ritratto.” Come visto, il pittore ha grande interesse per i frutti; egli predilige le mele, le pere, le pesche e le arance per la loro forma semplice ed arrotondata. Il celebre artista riesce a cogliere l’essenza della loro bellezza insita nel valore cromatico. Gli oggetti sembrano essere spinti fuori dalla tela anche grazie all’ardita diagonale dello zoccolo e della parete. Anche in questa tela sono riposte su una tovaglia bianca. Nel 1899 ritrae ”Natura morta con mele e arance”. Questi oggetti colorati sono vivi, sprigionano gioia grazie al loro spazio cromatico reso ancora più evidente con 44 Pagina il contrasto con in drappo ornamentale a disegni geometrici e con la sobria tovaglia bianca. Il dipinto sprigiona un grande dinamismo ed anche i frutti sono disposti a piramide. Le forme sono sempre vive ed essenziali, l’accentuato cromatismo delle mele è declinato in una sua forma di giallo, arancione e rosso. Nel 1895 – 1898 dipinge ”Natura morta con mele”. Le mele paiono sul punto di cadere dal tavolo e l’artista analizza il rapporto che lega gli oggetti allo spazio. Il calore dei rossi e dei gialli contrasta con la freddezza e severità dei blu e dei grigi. Nulla è lasciato al caso nella meticolosa disposizione degli oggetti. Le mele sono in primo piano ed un bendaggio sulla sinistra funge da quinta. Le forme ellittiche sono semplici e pure. Invece rossi, verdi e gialli emanano una grandissima forza espressiva, magnifica ed essenziale. Cézanne in”Natura morta con paniere” rappresenta le pere e le mele poste davanti e dietro ad una giara con rafia intrecciata e in primo piano spicca una lattiera decorata. I colori accesi ed il canestro ricorrono in altre nature morte del pittore che con perizia indaga fra i confini delle pittura pura. Si deve inoltre agli impressionisti la responsabilità di aver fatto risorgere gli agrumi come oggetti degni di raffigurazione. Paul Cézanne il leggendario pittore di mele, includeva spesso nelle sue opere delle arance nelle sue nature morte. Anche in un particolare di ”Colazione sull’erba” di Manet (1832 – 1883) sono rappresentati cestini, frutta (pesche e ciliegie) e i contrasti di luce conferiscono l’effetto plastico. Anche Manet, come Renoir, Cézanne e Monet trova nelle nature morte un laboratorio prezioso in cui sperimentare una svariata gamma coloristica. In ”Natura morta con melone e pesche” spicca il bagliore della candida tovaglia, la cui nitidezza il pittore paragona”a uno strato di neve appena caduto”. Dopo il 1870 il pittore isola alcuni frutti: li dispone su un supporto o sfondo neutro, come nel caso de”Il limone”, che appare fragile e trasparente. Un altro quadro intitolato”Frutta sul tavolo” del 1864 raffigura pesche, uva e fichi spaccati. Il pittore rappresenta tutti gli oggetti con pari dignità e rigore stilistico. Matisse (1869 – 1954) nel 1899 dipinge “Buffet e tavolo”. Egli dipinge nature morte con caffettiera e nature morte, in cui si intrecciano motivi impressionisti e di Cezanne e arriva a questo olio su tela, in cui dispiega un sofisticato pointillisme, ispirato da Paul Signac. L’immagine è nuda e luminosa. Sono rappresentati piatti, alzate con frutta, pane e frutti sparsi. Matisse così si esprime con i colori, basandosi sulle affinità o su contrasti con cui si possono ottenere effetti pieni di attrattiva. Inoltre, Matisse era appassionato di arance. La loro vista era motivo di piccole epifanie quotidiane, portenti di gioia e della bellezza della vita. Uno dei momenti più belli della vita professionale di Matisse fu infatti quando Picasso acquistò la sua “Natura morta con cesto di arance “nel 1912. Per Matisse il piacere fu tale che, ogni Capodanno, avrebbe fatto inviare un cesto di arance al suo amico e grande rivale. Van Gogh (1853 – 1890) dipinge”Ramo di mandorlo in fiore” nel 1890. I suoi petali sono perlacei e si stagliano in un cielo blu che tende al turchese sembrando ancora più luminosi; egli assapora l’arrivo della primavera. I fiori sono simboli di vita e rinascita della primavera imminente e forse l’opera fu ispirata dalle stampe giapponesi, tanto in voga in quel contesto storico. La stanchezza della febbrile vita parigina e il desiderio di calore e tranquillità spinsero Van Gogh a trasferirsi nel febbraio 1888 ad Arles, una cittadina nel meridione francese. In questo luogo il pittore si lasciò ispirare dal paesaggio e dalla luce del sud e – come durante il suo periodo olandese – dalla vita in campagna. Dipinse gli alberi da frutto in fiore ed i campi di grano appena fuori città. Pagina . Anche ”L’albero di pesco” emana serenità e maggiore fugace dolcezza ma la vita per il genio è dannazione. Ogni 45 Il quadro emana serenità, pacatezza e si distanzia dai toni vibranti, forti, pervasi di drammaticità che caratterizzano la produzione del geniale pittore. Fu dipinto per la nascita del nipote, evento che forse regalò al tormentato e prolifico artista un attimo di serenità Pagina Van Gogh assegnava alle nature morte un valore propedeutico: la mela diventa il simbolo e l’emblema di un modo di vita e della creazione artistica. La luce spesso è costruita e le ombre a volte sono studiate per ingannare l’occhio o ne vengono generate di non rispondenti a una sorgente luminosa reale. La natura stessa della sua pittura, così singolare ed emotiva, ha portato a considerarlo un artista unico, diverso da tutti e, anche se il suo esempio fu fondamentale per molti successivi movimenti artistici, Vincent è rimasto completamente senza allievi, uno di quei geni che ha cambiato il corso della storia dell'arte. Camille Pissarro, altro grande pittore di fine Ottocento, aveva detto di lui: "costui o diventerà pazzo, o ci farà mangiare la polvere a tutti quanti. Se poi farà l'uno e l'altro, non sono in grado di prevederlo". L’impressionismo è stato caratterizzato da una gioiosità di fondo. Al contrario l’espressionismo, a cominciare da Van Gogh, esprime sentimenti e sensazioni più intense e dolorose, che toccano l’intimità della natura umana. 46 particella di colore di Van Gogh vive ed esprime luce. Van Gogh ama molto i fiori, rappresenterà mandorli e peschi per tutta la vita. Egli travalica la pittura con la vita e anche in questo dipinto va al di là dell’eleganza decorativa delle giapponeserie dell’epoca. Con ”Alberi di pesco in fiore”, nel 1889, il pittore cerca invano quiete nell’imminente arrivo della primavera. L’opera è divisa in tre parti, il vasto spazio occupato dal cielo, una porzione della strada posta in primo piano e poi il paesaggio in cui svettano i peschi in fiore. Van Gogh affascinato come era dal colore giallo, forse per l’abuso dell’assenzio, incluse limoni nelle sue nature morte, come la “Natura morta con arance, limoni e guanti azzurri”. Dipinse altre famose nature morte in cui la frutta è protagonista, insieme ad altri oggetti inanimati. Paul Gauguin (1848 – 1903) dipinge nel 1890 ”Natura morta con mele, pere e ceramiche”. Si assiste ad un acceso cromatismo, i contorni sono ben definiti; in ”Natura morta con ventaglio” i colori sono più bui ma anche qui gli oggetti quotidiani offrono all’artista un campo di indagine ricco di enorme potenzialità espressiva. I colori simboleggiano la poesia nascosta delle cose. I colori e la disposizione degli oggetti, le ombre risentono dell’influenza delle stampe giapponesi, influsso che venne esercitato su tutta la pittura impressionista di genere. Il Cubismo manifestò una predilezione per la natura morta. Juan Gris dipinse spesso agrumi come nel “Piatto di frutta, bicchieri e limoni”. Emilio Longoni (1859- 1932) dipinge “Angurie intere e a fette sul tavolo”. A partire dagli anni ‘50 dell'ottocento le nature morte ritrovano popolarità e splendore come ebbero nel seicento e nel settecento; la pittura chiara e luminosa, tende alla resa della verità e i semi conferiscono un connotato di intenso Pagina Fernando Botero (1932) dipinge “Natura morta con caffettiera” Alcuni artisti, come Botero, ritraggono gli oggetti in modo molto spiritoso, con colori particolari e forme tondeggianti e rigonfie, creando dipinti a metà tra la fiaba e la caricatura. 47 realismo. Gaetano Belli (1857 1920) raffigura “ Ragazza con cesta di pesche”; egli riesce a infondere nei suoi quadri lo spirito di provincia fra ottocento e novecento, questa ragazza si colloca in una rappresentazione di vita quotidiana. L'effetto luministico è prezioso. La fanciulla, in primo piano, ha un viso leggiadro e colpito dalla luce, il foulard porta ricami dorati; lei sorregge il cestino colmo di pesche e gli stessi frutti sono contenuti nella cesta posta dietro. Le pesche hanno colore e forme differenti, molto vicino al vero. Pagina Dal 1885 al 1920, lo stile era il Naturalismo, che riprendeva l’incisione e l’enfasi dell’arte popolare americana di quel periodo. Nacquero etichette, simili a cartoline, raffigurano paesaggi californiani, tipicamente un agrumeto sullo sfondo di alte montagne. Si credeva che le etichette fossero servite come richiamo per la casalinga che comprava la frutta al mercato. Tra queste etichette ricordiamo “Home of Ramona” della Piru Citrus Association nella Ventura Country, il cui copyright fu concesso nel 1900 a Elpiano Del Valle. L’etichetta pubblicizza arance Valencia, una delle quali è mostrata nel suo involucro di carta nell’angolo in basso a destra. L’aranceto è in secondo piano e lo sfondo è occupato da late montagne innevate. L’ispirazione dell’etichetta fu il romanzo Ramona di Helen Hunt Hackson ambientato nel Rancho Camulos. Le etichette statiche furono sostituite a partire dalla prima guerra mondiale, con immagini di velocità e movimento americani. Molte di queste descrivevano treni merci che trasportavano le casse di agrumi verso i consumatori negli Usa dell’Est. L’arte delle etichette mostra l’americanizzazione in atto, pertanto si raffigurano solitamente temi americani e raramente esotici. Tuttavia c’è un eccezione: un sotto-tema di questa arte è scozzese. 48 Giorgio De Chirico ( 1888-1978) ha dipinto “Frutta con sfondo di paese”: colloca sul davanzale di una finestra frutti di vario tipo (grappoli d’uva, limoni, mele, cocomero), e all’interno di un canestro, senza soluzione di continuità; sembra che gli oggetti si trasformino dapprima nelle colline della fascia intermedia e poi nelle nuvole dello sfondo. Egli dipinge anche “Frutta e testa scultorea sul tavolo”. Su un piano disposto un piede bianco su cui appaiono cotogni, limoni, grappoli d'uva con effetto luministico; gli oggetti sono i soli protagonisti della scena Luciano Ventrone ( 1943 – vivente) realizza un quadro che pare una fotografia; lo sfondo nero crea un contrasto con il rosso delle ciliegie; esse sono il frutto del paradiso ma anche simbolo della passione di Cristo. La sua rappresentazione è proprio vicina all'esperienza visiva della fotografia