Gli straordinari aspetti geologici della Sila GINO MIROCLE CRISCI STEFANO MARABINI FABIO PROCOPIO GIAN BATTISTA VAI FRANCESCO MUTO 1. Uno sguardo sulle caratteristiche dell’altopiano della Sila La Sila costituisce un vasto acrocoro a forma rettangolare, in direzione N-S, posizionato nella parte centrale della Regione Calabria ed esteso per circa 1.700 chilometri quadrati, interrotto irregolarmente da catene e cime più elevate, come M. Botte Donato (m. 1928), Monte Nero (m. 1881), Monte Stella (m. 1812), Monte Gariglione (m. 1765) e Monte Femmina Morta (m. 1770). I suoi limiti morfologici sono la Piana di Sibari e la parte terminale del Fiume Crati a nord; le valli dei fiumi Crati e Savuto ad ovest; la piana di Lamezia Terme, il fiume Amato, la Sella di Marcellinara e la costa ionica catanzarese a sud; il marchesato e la costa ionica crotonese e cosentina ad est. La superficie sommitale del Massiccio, in riferimento alla quale si usa la definizione di Altopiano Silano, conserva ancora i caratteri di una vasta spianata continentale, evoluta in clima caldo-umido tra il Pliocene superiore ed il Pleistocene inferiore, con un intenso stato di alterazione nelle rocce affioranti, tale da formare una magnifica e matura superficie d‟erosione, con morbide dorsali da cui si originano i principali fiumi della regione (Crati, Tacina, Neto, Trionto, Savuto, Corace, ecc.). Le morfologie delle valli, in alcuni punti, si presentano larghe e piatte e costituiscono il risultato del modellamento glaciale attivo fino a circa 10.000 anni fa, visibili sul versante nord-ovest del monte Botte Donato, dove le tracce glaciali sono rappresentate da accumuli morenici affioranti tra le quote 1.600 m e 1.750 m s.l.m. e da porzioni di roccia dalle caratteristiche striature. Il paesaggio cambia repentinamente dai cigli delle spianate sommitali fino ai 600 m s.l.m, dove si riconoscono i piani di faglia che hanno agito sull‟intenso innalzamento della regione. Le ricostruzioni geotettoniche datano l‟emersione del massiccio silano a circa 7 milioni di anni (Ma), con un tasso di sollevamento di circa 0.2-0.4 mm/anno, * Ordinario di Petrografia - Università della Calabria e-mail: [email protected] ** Libero Professionista - Geologo e-mail: [email protected] *** Libero Professionista - Geologo e-mail: [email protected] **** Responsabile Museo Geologico Giovanni Capellini - Università degli Studi di Bologna e-mail: [email protected] ***** Ricercatore - Università della Calabria e-mail: [email protected] sinergie, rapporti di ricerca n. 37, Maggio 2013, pp. 95-102 ISSN 0393-5108 96 GLI STRAORDINARI ASPETTI GEOLOGICI DELLA SILA che nel solo Quaternario ha raggiunto i 500 metri. Su questi versanti si imposta un‟orografia con versanti scoscesi, valli fortemente incise, gole lunghe e strette e zone franose estese (v. fig. 1). Fig. 1: Sistema di faglie in direzione E-W che hanno rialzato il massiccio silano Fonte: foto di Fabio Procopio. A valle, superato il salto morfo-tettonico, affiorano depositi postorogeni, con morfologia in genere dolce e ondulata, in particolare nella fascia pedemontana della Valle del Crati e della Stretta di Catanzaro, dove appaiono grandi corpi sedimentari, con forma a ventaglio e pendenze blande, posti allo sbocco dei fiumi nelle piane alluvionali (conoidi solcati dalle classiche fiumare) che rappresentano una delle più importanti ed interessanti forme del paesaggio pedemontano. Il sollevamento della Sila rende l‟altopiano un‟area favorevole alla conservazione di indicatori geomorfologici e pedostratigrafici, importanti per ricostruire l‟evoluzione del clima sulla Terra negli ultimi Ma. Un esempio sono gli orizzonti di alterazione spessi fino a decine di metri (paleosuoli), formatosi al di sopra delle rocce cristalline, che favoriscono la grande varietà biologica e il significato ecologico della Sila come ecosistema forestale, dimostrando una volta di più la rilevanza dei fattori geologici nei caratteri della vegetazione. Basta dare un sommario sguardo d‟insieme alla Carta Geologica d‟Italia, per capire come il territorio calabrese presenti caratteri anomali rispetto alla quasi totalità del territorio nazionale ed estraneo al generale contesto geologico dell‟Italia meridionale. G. MIROCLE CRISCI - S. MARABINI - F. PROCOPIO - G.B. VAI - F. MUTO 97 Le rocce cristalline, che compongono quasi totalmente i rilievi della Sila, spiccano nettamente rispetto alle rocce sedimentarie (calcaree e terrigene) che affiorano in gran parte dell‟Appennino meridionale e della Sicilia. Questo perché la Sila appartiene all‟Arco Calabro Peloritano, una provincia geologica ben distinta ed esotica nel contesto Mediterraneo, delimitata da un complesso sistema tettonico composto da due grossi apparati strutturali trasversali, che chiudono i terreni cristallini rispetto alle catene sud-appenninica (linea di Sangineto) e maghrebide (linea di Taormina) (v. fig. 2). Fig. 2: Schema geologico e tettonico della zona centrale del Mediterraneo Fonte: Amodio Morelli et al., 1976. 98 GLI STRAORDINARI ASPETTI GEOLOGICI DELLA SILA 2. La struttura geologica della Calabria Nello specifico la struttura geologica della Calabria e in particolare la porzione del blocco silano comprende: 1. una successione di rocce paleozoiche marine fossilifere di età Cambriano superiore, Ordoviciano, Siluriano, Devoniano e parte bassa del Carbonifero, in sostanziale continuità stratigrafica, deformate e metamorfosate in diverso grado dall‟orogenesi ercinica e intruse poi da varie generazioni di graniti fra 300 e 275 Ma, da cui si riesce a risalire che la Calabria faceva parte del supercontinente unico detto Pangea, localizzata in posizione marginale non lontana dalla zona di separazione della porzione nord (Laurussia), da quella sud (Gondwana) ripetutamente mobilizzata durante il Permiano; 2. la frammentazione del Pangea, iniziata con l‟espansione dell‟Oceano Tetideo Mesozoico (180 - 65 Ma), che è registrata nelle Sila Greca dai filoni sedimentari di “Verrucano” e seguita da depositi ammonitici giurassici che riempiono le grandi fratture dentro i graniti ercinici e il metamorfismo paleozoico incassante; 3. la chiusura dell‟Oceano Tetideo testimoniato, in Sila, dalle prime fasi dell‟orogenesi alpina con duplicazioni tettoniche all‟inizio del Terziario (60-45 Ma); 4. la tettogenesi appenninica, ancora attiva, che occupa l‟intero Neogene (circa 253 Ma) e affiora nelle zone pedemontane del Marchesato e Catanzarese; 5. la fase di riorganizzazione tettonica del Messiniano, che si sovrappone alla crisi Messiniana di salinità (5,95-5,33 Ma), trova conferma nei gessi risedimentati e nei sali del Crotonese contrapposti a quelli selenitici in posto del Catanzarese, e nei potenti accumuli di ghiaie del Messiniano terminale; 6. la fase più recente di apertura oceanica del Mar Tirreno, intorno al vulcano sottomarino Marsili (a partire da 1,8 Ma), motore della migrazione verso oriente del blocco calabro e dell‟innalzamento del sistema a coltri della Sila in ambiente emerso e progressivamente montano; 7. la struttura dell‟arco magmatico vulcanico delle Isole Eolie e l‟inviluppo dei fuochi dei terremoti profondi, lungo una superficie molto inclinata all‟interno del mantello, fino alla profondità di 500 km. Con una tale complessità geologica, caratterizzata da spiccate diversificazioni stratigrafiche, geomorfologiche e idrogeologiche, il Parco Nazionale della Sila rappresenta un archivio geologico degli ultimi 500 Ma, sede di una spiccata variabilità dei processi abiotici (geo-diversità), elementi base per gli ecosistemi, a cui si assegna un notevole valore paesaggistico, geologico e geomorfologico che, associato al complesso sistema orografico e topografico, lo rende ricco di emergenze geologiche e geomorfologiche (geositi e geo-parchi) di interesse nazionale e internazionale, tra l‟altro ancora ben conservate e in molti casi uniche nel loro genere (v. fig. 3). G. MIROCLE CRISCI - S. MARABINI - F. PROCOPIO - G.B. VAI - F. MUTO 99 Fig. 3: Canyon nella Sila catanzarese Fonte: foto di Fabio Procopio. 3. Il valore mondiale del territorio Un patrimonio naturale di un pianeta vitale e in perenne cambiamento affascina, ma può anche atterrire i nostri occhi con le sue pagine di pietra e le vestigi di tanti incredibili processi geologici che hanno da sempre flagellato la regione, come i tragici terremoti e le intense precipitazioni che riversandosi sui ripidi versanti e le strette pianure attivano frane, con superfici di scorrimento anche molto profonde, e alluvioni. Le escursioni a questi principali “geositi” offrono i nuovi laboratori dell‟apprendimento negli archivi del pianeta, per educarci a convivere con i suoi pericoli, mitigandone i rischi e valorizzandone il patrimonio scientifico e culturale. Lo straordinario valore universale della Sila e di gran parte della Calabria può essere racchiuso nei seguenti punti: a) la Sila è un pezzo della catena delle Alpi che si trova interposto a due porzioni della catena degli Appennini al centro del Mediterraneo; costituito da coltri di rocce antiche, di età dal Precambriano al Paleozoico, che sono state piegate (per spinta) e metamorfosate (per carico) durante il Carbonifero (orogenesi ercinica, c. 330 - 300 Ma), a cui si associano altre coltri fatte di rocce più recenti, mesozoiche, che insieme alle precedenti sono state tutte deformate e metamorfosate una seconda volta nel Cretaceo (orogenesi alpina, c. 100-80 Ma); 100 GLI STRAORDINARI ASPETTI GEOLOGICI DELLA SILA b) i processi di trascorrenza ed estensione tipici del Mediterraneo, con progressivo denudamento lungo faglie listriche di portata crostale, hanno reso possibile la risalita delle rocce granulitiche della crosta inferiore fino al culmine dell‟altopiano silano durante la successiva convergenza eo-alpina. Oggi possiamo ammirare tre principali fette della crosta ercinica, le granuliti (fetta profonda), la Formazione Castagna (fetta intermedia), e la Formazione Bagni (fetta superiore), tutte esposte sotto i nostri piedi e offerte ai nostri occhi, ma non nel loro ordine originario, bensì capovolte: sta a noi immaginare come e quali forze immani siano riuscite a rovesciarle; c) la Sila e gli altri blocchi della Calabria, coinvolti nella fase deformativa eoalpina, sono a contatto sia a N che a S con la catena degli Appennini formata da rocce del Mesozoico e Terziario, piegate e in parte metamorfosate in età neogenica e quaternaria (20-1 Ma), in entrambi i contatti tettonici gli Appennini si immergono sotto la Calabria, che appare come assisa su di essi; d) un tempo i vari blocchi della Calabria erano uniti a Spagna e Francia tramite la Sardegna, circa 20 Ma fa la Sardegna e la Calabria iniziarono a staccarsi attraverso una rotazione in senso antiorario, successivamente in seguito all‟apertura oceanica del Mar Tirreno (10-8 Ma), la Calabria iniziò ad isolarsi dalla Sardegna spostandosi prima verso E poi verso SE, per oltre 600 km negli ultimi 4 Ma. Il principale motore di questa migrazione e dell‟apertura del tirreno è la veloce subduzione della crosta oceanica ionica, fredda e antica (Permiano), al di sotto dell‟arco calabro e del bacino di retro arco tirrenico, che genera lo spettacolare sollevamento della Calabria e terremoti fino a 500 km di profondità di magnitudo anche superiore a 7. Le due forze motrici responsabili di questo biblico esodo della Calabria attraverso il Mediterraneo sono la subduzione della crosta ionica, che è la più antica fra quelle note sulla Terra, e l‟apertura Pliocenica-Pleistocenica di quel piccolo oceano che è il Tirreno, uno dei più giovani al mondo. La convergenza di questi due processi, temporalmente estremi, nella tettonica a zolle appare veramente unica e di valore universale. I monumenti geologici e i processi formativi elencati, saltuariamente e non tutti insieme, sono osservati da esploratori e scienziati in regioni isolate, lontane, spesso in condizioni estreme, difficili da raggiungere e visitare, praticamente inaccessibili alle masse popolari. Nel caso della Sila, invece, l‟accesso e la visita risultano agevoli e invitanti, facilitati dalla esistenza di un Parco Nazionale e in uno scenario naturale e suggestivo. G. MIROCLE CRISCI - S. MARABINI - F. PROCOPIO - G.B. VAI - F. MUTO 101 Bibliografia citata AMODIO MORELLI L., BONARDI G., COLONNA V., DIETRICH D., GIUNTA G., IPPOLITO F., LIGUORI GIUNTA G., PERRONE V., PICCARETTA G., RUSSO, M., SCANDONE P., ZANETTIN-LORENZONI E., ZUPETTA A. (1976), “L‟arco calabro-peloritano nell‟orogene appenninico-maghrebide”, Mem. Soc. Geol. It., n. 17, pp. 1-60. Bibliografia consultata BOENZI F., PALMENTOLA G. 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